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SECONDA SERIE

AVVERTENZA

l. Il presente volume, il XX della seconda serie, raccoglie il materiale documentario relativo al periodo compreso tra il 26 luglio 1886 e il 30 luglio dell'anno seguente. In realtà non esiste alcun riferimento storico di qualçhe rilevanza per la politica internazionale del Regno che abbia determinato la data iniziale, ma solo l'esigenza di una razionale suddivisione quantitativa della pubblicazione relativa a questa serie. La data finale, al contrario, è con tutta evidenza rispondente ad una correlazione di notevole impatto sulla storia dei rapporti tra l'Italia e i principali Paesi europei. Con la morte di Depretis si concludeva infatti un decennio della storia del Paese che preludeva al periodo crispino propulsore di differenti e a volte opposte interpretazioni della politica estera italiana.

Personaggio centrale del presente volume è il ministro degli esteri di Robilant. Reso infatti prudente, per quanto lo consentisse il suo carattere, dalla consapevolezza e dalle esperienze del periodo precedente alla Consulta, ma allo stesso tempo forte della propria posizione politicamente indipendente e quindi non ricattabile, egli riusciva a catalizzare intorno alla sua carica la massima parte delle iniziative di politica estera sfuggendo ogni altrui ingerenza. Favorito comunque dalla pressocché incondizionata fiducia del re e dalla declinante salute del primo ministro.

Ha inizio di conseguenza un periodo di razionalizzazione della politica estera del Regno che si può identificare soprattutto, ma non solamente, con la revisione della Triplice Alleanza, postulato intorno al quale questa si era sviluppata nell'ultimo quinquennio. La documentazione del volume conferma, precisa e apporta nuovi elementi ad una tesi tradizionale, anche se poco approfondita dalla storiagrafia italiana ed internazionale: la coincidenza in quei mesi tra la fine del 1886 e l'inizio dell'anno seguente di una congiuntura internazionale parzialmente favorevole all'Italia con la presenza a capo della nostra diplomazia di un uomo dotato di abilità, dignità e fermezza. I documenti presentati in questo volume mettono in evidenza come di Robilant abbia saputo sfruttare al meglio le complicazioni balcaniche iniziate nel settembre 1885 con la riunione alla Bulgaria della Rumelia orientale e proseguite con l'abdicazione del principe di Battenberg, il fallimento dei tentativi di Bismarck per una divisione dei Balcani in due sfere di influenza e la conseguente rottura dell'alleanza dei tre imperatori. Di Robilant poteva dunque, e non si lasciò sfuggire l'occasione, trasformare la Triplice da quella unilaterale richiesta di protezione del 1882 in una alleanza nella quale gli interessi italiani fossero considerati e protetti. Prendere tempo, nonostante alcune sollecitazioni di de Launay, e cercare di conoscere le reali intenzioni di Bismarck e Kalnoky sono solo alcuni aspetti della sua azione diplomatica non priva di accelerazioni a gennaio quando giudicava la situazione la più propizia per il raggiungimento delle proprie finalità. I successivi accordi nel Mediterraneo con la Gran Bretagna e con la Spagna come del resto lo stesso rinnovo della Triplice si perfezionavano con di Robilant già dimissionario. Niente più che un particolare di scarsa rilevanza. La documentazione dimostra che nulla fu mutato da Depretis, né poteva essere altrimenti.

Dell'episodio di Dogali, che in ogni caso fu l'occasione scatenante per le dimissioni di Robilant, sono marcatamente sottolineate le successive trattative tendenti alla liberazione dei prigionieri e la decisa presa di posizione del ministro degli esteri nei confronti dell'atteggiamento del generale Gené, giudicato privo di dignità.

I documenti relativi alle relazioni italo-francesi sono maggiormente indirizzati all'analisi dei rapporti marittimi tra i due Paesi volendo evidenziare la nuova direzione delle stesse. Non più una ossessiva attenzione alle problematiche africane, rimanendo sempre invariato pur se di alto livello il reciproco fondamentale interesse per la Germania. Le crescenti difficoltà nei negoziati per la convenzione di navigazione sono il preludio all'inversione di tendenza economica, commerciale, finanziaria e di conseguenza politica che si affermerà nel periodo crispino. Non a caso ad esse si accompagnano una serie di difficoltà che acuiscono il clima politico, pur nella loro relativa irrilevanza, come il problema dell'exequatur in Madagascar o delle protezioni accordate dal consolato francese a Massaua.

Il problema del porto franco di Batum, le preoccupazioni del Governo per le missioni religiose in Cina, l'approfondirsi della rivalità tra Gran Bretagna e Russia in Persia, il riaffacciarsi agli orizzonti europei della questione cretese vivacizzano gli interessi del Ministero degli esteri come forse raramente era successo nel passato. Al contrario il riemergere delle problematiche dei rapporti tra Italia e Santa Sede, favorito da una circolare del cardinale Rampolla, non sembra preoccupare eccessivamente la Consulta.

È significativo infine che, anche se era stato il più efficace difensore degli interessi internazionali italiani, di Robilant fu rimpianto più all'estero che non in Italia. Il sincero rincrescimento di Berlino e Vienna era d'altra parte sostenuto dai timori che suscitava la preminente posizione che avrebbe assunto Crispi nell'ultimo Ministero Depretis.

. 2. I documenti pubblicati in questo volume sono tratti principalmente dall' Archivio Storico Diplomatico del Ministero degli affari esteri, dalle serie e dai fondi seguenti: Ministero degli affari esteri: 1861-1887, Serie I, Gabinetto e Segretariato Generale: Corrispondenza telegrafica e Carteggio confidenziale e riservato; Serie III, Divisione politica: Registri copia-lettere in partenza e Rappporti in arrivo; 1869-1914, Archivio segreto di Gabinetto; Rappresentanze diplomatiche: Ambasciata d'Italia a Berlino, Ambasciata d'Italia a Londra, Ambasciata d'Italia a Vienna; Carte di Robilant; Ministero dell'Africa Italiana.

Alcuni documenti provengono anche dalle Carte Crispi e dalle Carte Depretis conservate presso l'Archivio Centrale dello Stato.

3. Vari documenti erano già editi, integralmente od in parte, nelle seguenti pubblicazioni (tra parentesi l'abbreviazione usata nel testo);

Libro Verde 54, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal ministro degli affari esteri (di Robilant) nella tornata del 23 novembre 1886, Reclami di italiani in Colombia, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1886 (LV 54);

Libro Verde 55, Documenti Diplomatici presentati alla Camera dal ministro degli affari esteri (di Robilant) nella tornata del 23 novembre 1886, Bulgaria, Roma, tipografia della Camera dei deputati, 1886 (L V 55);

Libro Verde 58, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio ministro ad interim degli affari esteri (Crispi), Canale di Suez, seduta del 27 febbraio 1888, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1888 (LV 58);

Libro Verde 60, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio ministro ad interim degli affari esteri (Crispi) di concerto col ministro della guerra (Bertolè-Viale), Massaua, seduta del 24 aprile 1888, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1888 (LV 60);

Libro Verde 66, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal presidente del Consiglio ministro ad interim degli affari esteri (Crispi), Etiopia, seduta del 17 dicembre 1889, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1890

(LV 66);

Libro Verde 69, Documenti Diplomatici presentati al Parlamento italiano dal Presidente del consiglio ministro ad interim degli affari esteri (Crispi), Bulgaria, seduta del 17 dicembre 1889, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1890

(LV 69);

Nouveau Recueil général de traités et autres actes relatifs aux rapports de droit international. Continuation du grand recueil de G. Fr. de Martens par H. Triepel,

serie terza, tomo X, Leipzig, Librairie Theodor Weicher, 1920 (MARTENs);

Die Grosse Politik der Europdischen Kabinette 1871-1914, vol. IV, Die Dreibundmdchte und England, Berlino, Deutsche verlagsgesellschaft fiir Politik und Geschichte, 1922 (GP);

Documents diplomatiques Français (1871-1914), serie prima (1871-1900), tomo VI (8 avril 1885 -30 décembre 1887), Paris, Imprimerie Nationale, 1934 (DDF);

L'Italia in Africa, serie storica, vol. l, Etiopia-Mar Rosso, tomo V, Documenti (1885-1886), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1966;

L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, Documenti (1887-1888), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1972;

F. CRISPI, La prima guerra d'Africa, Documenti e Memorie, a cura di T. Palamenghi-Crispi, Milano, Garzanti, 1939;

F. CURATO, La questione marocchina e gli accordi itala-spagnoli del 1887 e del 1891, vol. I, Sino alla caduta del ministro Moret (14 giugno 1888), Milano, Edizioni di Comunità, 1961;

A. F. PRIBRAM, The Secret Treaties of Austria-Hungary 1879-1914, vol. I, Text of the Treaties and Agreements, New York, H. Ferting, 1967;

E. DEL VECCHIO, Il fallimento delle trattative fra Italia e Francia nel 1886, in Storia e Politica, VIII (1969), pp. 617-664;

E. DEL VECCHIO, Di Robilant e la crisi dei rapporti marittimi itala-francesi, Milano, Giuffré, 1970.

4. La collaborazione della dott. Maria Laura Piano Mortari ha accompagnato la stesura di ogni volume che finora ho curato nell'ambito della pubblicazione dei Documenti Diplomatici Italiani, e quella della dott. Rita Luisa De Palma sta diventando anch'essa un fattore di costante riferimento contribuendo ormai da tempo a questo lavoro di ricerca e pubblicazione.

Sarebbe problematico distinguere i rispettivi ambiti di lavoro. Esse hanno effettuato in maniera indifferenziata una lettura sistematica della ricca documentazione, hanno completato l'apparato critico, la preparazione della stampa nonché la revisione dei testi redigendo infine le appendici, l'indice sommario, quello dei nomi e la tavola metodica.

Ad ambedue dunque, ancora una volta, un sentito ringraziamento per la passione, la cura e la professionalità con le quali hanno lavorato a questo volume. Sono grato alla signora Andreina Marcocci per la trascrizione di numerosi documenti manoscritti in italiano ed in francese di difficile lettura.

EDOA.RDO DEL VECCHIO


DOCUMENTI
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA1

T. 652. Roma, 26 luglio 1886, ore 12,45.

Je crois nécessaire que V.E. sache que le Gouvernement du roi ne compte pas pour le moment reprendre des négociations quelconques relativement à une convention de navigation; il faut absolument que quelques mois se passent pour que de part et d'autre on soit bien fixés sur les vrais services du commerce et des marines marchandes respectives. Cette expérience faite, nous verrons s'il nous convient de traiter à nouveau ou bien de continuer sans régime conventionnel. Je prie donc V.E. de se maintenir dans une entière réserve en présence de chaque ouverture qu'on pourrait lui faire pour de nouvelles négociations ou meme pour l'établissement d'un modus vivendi.

2

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1357. Parigi, 26 luglio 1886, ore 15,10 (per. ore 18).

Dans un entretien que j'ai eu hier avec M. Freycinet, j'ai écarté toute intention de représaille de notre part, ainsi qu'une partie de la presse cherche à le faire croire dans les mesures prises par notre Gouvernement à l'égard des navires français. l'ai insisté sur ce point que V.E. ne ferait que se conformer aux dispositions précises de la loi. Il m'a répondu qu'il ne doutait pas de ces sentiments et que de son còté il ne ferait que se prévaloir de la latitude que lui accordait la loi française pour conformer aux nòtres les mesures prises à l'égard de nos bàtiments. Il m'a communiqué un télégramme du chargé d'affaires de France d'après !eque! on examinerait à notre ministère si, comme on le croit ici, la navigation d'escale en Italie serait de droit commun d'après notre loi elle-meme. Il espère avoir demain une réponse à ce sujet.

M. Freycinet m'a confirmé la nouvelle donnée hier, qu'environ deux-cent-cinquante barques de peche attendaient sur !es còtes d'Alger d'etre autorisées à ce sujet (par]

le ministre de la marine et le gouverneur d'Alger, dont il attendai t une réponse. Il m'a répété qu'il était tout disposé à rendre réciprGquement moins difficiles les rapports non conventionnels de nos deux marines et qu'il se proposait de soumettre à V.E. un nouveau projet de convention qui comprendrait la précédente du 30 avril remaniée aves les articles additionels relatifs au cabotage.

l 1 Ed. in E. DEL VECCHIO, Il fallimento delle trattative fra Italia e Francia nel 1886, in Storia e Politica, VIII (1969), p. 664.

3

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. PERSONALE S.N. Roma, 26 luglio 1886.

Già ebbi occasione .di farle conoscere, col mio carteggio privato, i miei intendimenti a riguardo della gravissima questione che si connette colla scadenza, al 30 maggio dell'anno venturo, del nostro Trattato di alleanza coll'Austria-Ungheria e la Germania.

Non avendo avuto eguale opportunità di trattare quell'argomento col r. ambasciatore a Vienna, dirigo oggi stesso al conte Nigra la lettera riservata di cui le unisco copia1 . Parvemi tanto più necessario impartire speciali istruzioni al di lei collega presso la Corte di Sua Maestà Imperiale e Reale Apostolica, in quanto che, secondo ogni probabilità, questa volta ancora il cancelliere imperiale potrebbe voler mantenere a nostro riguardo il principio da lui ripetutamente espresso, che, per andare a Berlino, bisogna passare per Vienna.

In tutto ciò che scrivo al conte Nigra, l'E.V. non troverà se non la conferma, con qualche maggiore svolgimento forse, delle idee che già ebbi a chiarirle; ad ogni modo, è mio desiderio che, verificandosi il caso, ella conformi, dal canto suo, in modo assoluto la sua attitudine e il suo linguaggio alle istruzioni da me impartite al r. ambasciatore a Vienna.

4

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. PERSONALE S.N. Roma, 26 luglio 1886.

Come le è noto, col 30 maggio dell'anno prossimo scade il Trattato d'alleanza stipulato a Vienna fra l'Italia, l'Austria-Ungheria, e la Germania il 20 maggio 1882; dieci mesi ci separano dunque ancora da quell'epoca.

Tale spazio di tempo è ampiamente sufficiente perché i tre Governi si decidano nel da farsi, ed eventualmente traducano in atto le loro determinazioni. Non è però men vero che in affare di simile importanza conviene studiare in antecedenza, con tutta la necessaria ponderazione, la grave questione che ci si presenta, e precisare prima se da parte nostra convenga addivenire a qualche entratura cogli altri Gabinetti, e in caso contrario quale accoglienza abbiasi a fare all'iniziativa che l'uno

o l'altro dei due Gabinetti sarebbe per prendere in proposito. Intorno a tale delicatissimo argomento giudico opportuno farle conoscere fin d'ora tutto il mio pensiero, affinché l'E.V. ne abbia norma per l'attitudine che dovrà osservare verso il conte Kalnoky.

Entro certi limiti, e più all'interno che all'estero, il Trattato del 1882 fu di qualche utilità per l'Italia; grandissimo fu, a mio avviso, il vantaggio che ne ritrassero la Germania e l'Austria. Assai più proficua per noi avrebbe potuto essere la nostra alleanza coi due Imperi, se avessimo saputo farci ricercare invece dimostrarci con tanto ardore bramosi d'imbrancarci a quella compagnia. L'errore commesso non deve più ripetersi se non vorremo continuare ad essere più tollerati che bene accolti da due Imperi, come ebbe a verificarsi sino ad ora.

La due Potenze ci hanno dimostrato in ogni circostanza come l'accordo conchiuso nulla avesse di cordiale di intimo; il Paese se ne è accorto, ne fu ferito nel suo amor proprio, e quindi, vano è il dissimularlo, generale è la ripugnanza alla continuazione di un simile stato di cose.

Con sufficiente chiarezza feci intendere al conte Kalnoky, prima di lasciar Vienna, che conveniva mi si aiutasse a preparare il terreno per il rinnovamento della alleanza; la stessa cosa feci manifestare dal conte de Launay al principe di Bismarck allorché assunsi la direzione del Ministero degli affari esteri.

Si da una parte che dall'altra ebbi buonissime parole; ma nell'ordine dei fatti non si verificò nessun cambiamento. La astensione da scambio di idee con noi si mantenne completa come in passato. Nessuna circostanza fu colta o fatta nascere per affermare la solidarietà d'interessi esistente fra i due Imperi e noi. Venne quindi interamente meno quella preparazione del terreno che, come dissi, avevo fatto comprendere essere necessario onde rinnovare l'alleanza.

A fronte di un tale stato di cose confesso francamente che non mi sentirei l'animo da porre mano a trattative per la stipulazione di una nuova alleanza; è quindi mio intendimento che da parte nostra si eviti tutto ciò che potrebbe avere l'apparenza anche solo di una iniziativa al riguardo.

Se l'uno o l'altro dei due Gabinetti imperiali crederà di prendere tale iniziativa, non mancherò di esaminare le proposte che ci saranno fatte; ma, per conto mio, non accetterò l'invito, che eventualmente mi si potrebbe fare, di formolare io le proposte.

Non esiterò, poi, all'occorrenza, a far comprendere che non ravviso indispensabile, per le nostre relazioni coi due Imperi, il regime dell'alleanza.

Fin che conserverò la direzione del Ministero degli affari esteri, mi studierò, per quanto dipende da noi, che i nostri rapporti coi due Imperi, non solo nulla lascino desiderare in fatto di correttezza, ma che anzi siano improntati alla più schietta amicizia; e mi lusingo che l'assenza di un'effettiva alleanza sarà anzi assai giovevole a sviluppare quelle realmente cordiali ed intime relazioni che il vigente trattato non riuscì a fare attecchire.

Ben inteso che non voglio affatto escludere l'eventualità della stipulazione, ad un momento dato, di un trattato d'alleanza avente un preciso, determinato, prossimo scopo; anzi questa è l'idea che specialmente accarezzo, sembrandomi fra tutte la più pratica, e quella pare che meglio risponde alle reciproche situazioni.

Conseguentemente agli apprezzamenti che ebbi a svolgerle, desidero che ella si astenga, nel modo il più completo, nei suoi discorsi col conte Kalnoky, ed eventualmente con altri personaggi, da qualsiasi accenno alla questione della continuazione o rinnovazione del trattato d'alleanza, evitando anche tutto ciò che potrebbe fornire occasione, al conte Kalnoky o ad altri, di porre seco lei la conversazione su quell'argomento. Se poi, malgrado tale sua estrema riserva, qualche entratura le venisse fatta, ella dovrà mostrarsi priva di istruzioni di sorta onde accettare la conversazione su sì delicato argomento, e salvo che gliene faccia formale invito dovrà astenersi dall'assumere l'impegno di riferirmi quanto le sarà stato detto. Al tempo stesso, però, ella non dovrà lasciare il menomo dubbio che anche in avvenire la nostra politica estera possa menomamente scostarsi da quell'indirizzo che con molta precisione fu da noi seguito in questi ultimi anni e specialmente durante la recente crisi balcanica; indirizzo che non può dar luogo ad equivoci per chi tenne dietro ai fatti, che trovarono il loro opportuno commento dei miei dispacci resi colla massima lealtà di pubblica ragione colla loro pubblicazione nei successivi Libri Verdi presentati al Parlamento.

Non ho d'uopo d'aggiungere all'E.V. che mi tornerà gradito ricevere da lei tutte quelle maggiori informazioni che colla massima prudenza le riuscirà di raccogliere intorno agli intendimenti del Governo austro-ungarico a riguardo del delicatissimo argomento che forma oggetto della presente lettera.

3 1 Cfr. n. 4.

5

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4248. Berlino, 2 7 luglio 1886 (per. il 31).

Je remercie V.E. du télégramme du 24 juillet 1 , sur la substance de la note anglaise remise à Pétersbourg au sujet de Batoum, et de la réponse de la Russie. Le sous-secrétaire d'Etat m'a dit aujourd'hui, à sa réception hebdomadaire, que le chargé d'affaires britannique était disposé à lui donner lecture confidentielle de cette note, mais qu'il s'en abstint, ayant pu s'apercevoir que mieux valait ne pas constater à Berlin quelque divergence de vues sur la démarche de son Gouvernement à Pétersbourg, contrairement à l'attitude adoptée par d'autres Cabinets, et mème par celui de Constantinople. Il est vrai que ce dernier ne se montre guère rassuré par les déclarations de la Russie de vouloir maintenir avec l'Empire ottoman des

rapports de bon voisinage, et craint qu'on ne lui ménage de nouvelles et graves surprises. Aussi, par mesure de précaution, concentre-t-il des troupes vers Kossovo et la Macédonie, et il a raison de le faire, en ce qui concerne du moins les agissements révolutionnaires dans les Balkans. Mais pour ce qui regarde la Russie, rien ne laisse actuellement supposer qu'elle vise à une intervention armée.

Le comte de Berchem n'avait, ajoutait-il, aucune indication sur les entretiens récents à Kissingen entre le prince de Bismarck et le com te Kalnoky; mais la rencontre de ces deux hommes d'Etat, de mème que la visite prochaine de l'empereur François-Joseph à l'empereur Guillaume ne pouvaient ètre envisagées que comme la confirmation d'un accord durable entre les deux Etats, basé sur une confiance réciproque, sur une communauté d'intérèts et sur le ferme désir d'assurer et de maintenir la paix. M. de Giers aura aussi une entrevue avec le chancelier, et il y a lieu de lui attribuer d'avance un caractère pacifique. Il se passe d'ailleurs un fait qui démontre à lui seui dans quelles dispositions se trouve la Cour de Russie. Malgré ses goùts de solitude au sein de sa famille, l'empereur Alexandre a invité Charles-Louis, et sa femme l'archiduchesse Marie-Thérèse à se rendre à Petérhof. L'impératrice Maria-Feodorovna a sans doute beaucoup contribué à cette décision en suite de ses sentiments de sympathie pour l'archiduchesse, mais le consentement du tsar est très significatif. Pour s'en rendre compte, il suffit de se rappeler l'animosité qui règne en Russie contre l'Autriche jusque dans de hautes sphères. Or, si le souverain se piace au-dessus de ce courant, et prend l'initiative d'un semblable acte de courtoisie, il s'en serait bien gardé s'il existait chez lui une intention quelconque d'entrer dans une voie qui aboutirait à des complications dangereuses pour la tranquillité générale. Il y a certes des points obscurs dans la situation telle qu'elle se présente aujourd'hui, mais rien de menaçant selon les calculs de probabilité.

Le sous-secrétaire d'Etat s'est borné à ces considérations. Il niait, incidemment, que la visite faite la semaine dernière par l'archiduc Charles-Louis à Potsdam se rattachàt à l'invitation pour Petérhof. L'archiduc était venu uniquement pour communiquer au prince impérial les fiançailles de son fils puiné avec la princesse Marie de Saxe, et visiter ensuite l'Exposition de Beaux-Arts à Berlin.

Le com te Kalnoky a passé deux jours à Kissingen, et comme l'entente cordiale entre les deux Empires n'a pas subì d'accrocs, on doit supposer que dans ces conversations il aura été moins question du passé que de l'avenir, d'eux-mèmes que des tiers. La Russie surtout, et son attitude dans les Balkans, ses allures des plus malveillantes envers la Bulgarie, ses invites peu déguisées à la Serbie, au Monténégro et à la Grèce, tout cela ne peut à moins que de donner à réfléchir à Vienne, et il n'aurait pas été étonnant que sur ces points et sur d'autres encore, le comte Kalnoky eùt eu des confidences à faire et des conseils à démander au prince de Bismarck.

On fai t remarquer, non sans raison, que l'union étroite de l' Allemagne et de l' Autriche est considérée comme représentat le maintien du sta tu quo territorial, par conséquent comme un signe de paix; mais qu'il en est autrement lorsque la Russi e se trouve en tiers. A vec elle l'inconnu entre en scène, et les bruits de guerre se mèlent aux accords pacifiques. Il est possible qu'on lui fasse tort. On aura néanmoins bien de la peine à faire revenir l'opinion assez générale que la Russie est une Nation envahissante et conquérante, qui se croit prédestinée par la nature et son histoire à élargir toujours plus ses limites.

Dans !es conjonctures actuelles, le Cabinet de Berlin, tout en surveillant les manoeuvres de certains partis en Russie, se croit rassuré contre un réveil de sympathie envers la France. La rectification un peu raide du Journal de Saint-Pétersbourg, relativement au ròle attribué au général Fredericks lors de la fète de Nouart, ressemble assez à une douche froide lancée à propos sur !es espérances parisiennes, pour que M. de Giers ne trouve en Allemagne que des fronts rassérénés.

5 1 T. 648, non pubblicato nel vol. XIX della serie Il.

6

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 851/133. Londra, 2 7 luglio 1886 (per. il 30).

Essendo corsa la voce che il Governo di Madagascar stia negoziando un imprestito in Londra ed abbia offerto, fra le altre guarentigie, la rendita delle dogane dell'isola, l'ambasciata di Francia in Londra ha trasmessa al Foreign Office una protesta contro tali negoziati ed ha pubblicato l'avviso che l'E.V. trovarà qui unito 1• L'ambasciata dice che le condizioni dell'imprestito sono una violazione del trattato fra la Francia ed il Madagascar del 17 dicembre 1885; che il Governo della Repubblica non ammette la validità di accordi stipulati senza di esso, e manifesta riserve circa le conseguenze che ne potrebbero nascere per gl'interessati. Lord Rosebery non ha ancora dato alcun risposta.

7

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 118. Roma, 28 luglio 1886.

L'ambasciatore d'Inghilterra, venuto oggi a vedermi, m'ha fatto conoscere il testo del dispaccio che lord Rosebery aveva rivolto all'ambasciatore della regina in Pietroburgo circa l'affare di Batum. Io ne l'ho ringraziato, dicendogli che, per una gentile attenzione di lord Rosebery, noi già avevamo potuto prendere conoscenza testuale di questo documento.

Sir Savile Lumley avendo, poi, chiesto il mio avviso sulla questione, gli ho detto che veramente io non vedeva alcuna differenza, dal punto di vista politico,

fra un porto franco ed un porto semplicemente commerciale; nulla impedisce infatti, in ambo i casi che, fortificato, il porto divenga una piazza militare.

L'ambasciatore mi ha anche espresso il desiderio di sapere se io avessi fatto una risposta alla comunicazione russa, ed io gli ho risposto negativamente. Sinora, gli dissi, non mi fu domandata alcuna risposta; se mi verrà chiesta, mi limiterò a dichiarare di aver preso nota della comunicazione.

Ad una successiva interrogazione dell'ambasciatore ho risposto che non vedevo l'opportunità d'una conferenza per l'affare di Batum; la troverei anzi pericolosa .

Allora l'ambasciatore ha soggiunto aver lord Rosebery dichiarato che giammai l'Inghilterra, prenderebbe parte ad una conferenza avente per iscopo di sanzionare una violazione del Trattato di Berlino.

Sir Savile Lumely desiderando da ultimo conoscere i miei apprezzamenti sulla nota inglese, gli ho risposto evasivamente, che, cioè, io non avea, per conto mio, veruna osservazione a fare circa quel documento.

6 1 Non pubblicato.

8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL CONTE ANTONELLI 1

D. S.N. Roma, 28 luglio 1886.

Ho ricevuto contemporaneamente *quattro* rapporti di V.S.: due datati *da Boru-Mieda il 142 e il 15 marzo 3 , gli altri due* da Antoto il 15 aprile 4 e l'Il maggio 5•

Oltremodo interessante è stata per me la lettura di questa sua corrispondenza che fa conoscere le più recenti notizie dello Scioa, pervenuteci finora in modo incompleto e confuso, e serve a darci un esatto concetto dello stato dei nostri rapporti col re Menelik.

La situazione, per quanto riguarda gli interessi italiani in codeste regioni, si è certamente complicata dopo la nostra occupazione di Massaua. Non possono quindi non aver gran peso, agli occhi miei, le osservazioni ed i suggerimenti che le detta la conoscenza degli uomini e delle cose. Per ora devo !imitarmi però a questa risposta preliminare: mi riservo farle conoscere le determinazioni alle quali il Governo crederà d'appigliarsi, dopo che

2 Cfr. L'Italia in Africa. serie storica. vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo V, Documenti ( 1885-1886), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1966, pp. 244-245.

3 lvi, pp. 246-247.

4 Cfr.. LV 66, pp. 214-216.

5 lvi, pp. 211-230.

9 avremo parlato col dottor Ragazzi, che sarà accolto con piacere ed ascoltato con interesse.

E poiché è questa la prima volta che mi si offre l'occasione di scriverle, non voglio, né devo omettere di manifestarle la grande estimazione in cui tengo la sua abnegazione, intelligenza ed energia. L'Italia, chiamata ad esercitare un'azione civilizzatrice in Etiopia, finirà per trionfare degli ostacoli che le si parano dinanzi; a questo auspicato successo avrà potentemente contribuito l'opera intelligente e perseverante di V.S.

8 1 Ed., con l'omissione del brano fra asterischi, in LV 66, pp. 233-234.

9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA1

T. 665. Roma, 29 luglio 1886, ore 23,45.

Le chargé d'affaires de France est revenu aujourd'hui m'entretenir de nos difficultés en matière de navigation et de pèche. Je lui ai fait, à cet égard, la remarque que si ces difficultés existent ce n'est certainement pas à nous que la responsabilité doit en ètre attribuée. M. Gérard m'a demandé si une solution ne pourrait encore se réaliser par le maintien d'une part des abonnements aussi pour l'escale, et le maintien d'autre part de patentes de nos pècheurs jusqu'à la fin de la campagne. l'ai répondu d'abord au chargé d'affaires que d'après une communication de M. de Freycinet dont V.E. m'avait télégraphié la substance depuis le 20 de ce mois 2 , nous avions cru que le maintien des patentes pour nos pècheurs était désormais un fait. Maintenant, en présence de la proposition qui venait de m'ètre soumise à l'égard de l'escale je devais finalement déclarer que la loi en vigueur chez nous m'empèchait de la prendre en considération. De plus, l'incertitude actuelle étant intolérable pour les intéressés, je devais prier M. le chargé d'affaires de faire savoir à M. de Freycinet que, si, dans le delai de très peu de jours, la question de la pèche n'était pas réglée nous devions considérer la négociation comme ayant échoué et nous restituerions les abonnements payés au pro rata pour le rest de l'accord. Ainsi tous les navires français sans exception aucune demeureraient à l'avenir assujettés au paiement intégral des taxes réglementaires. l'ai loyalement prévenu M. Gérard que la suppression immédiate des abonnements en cours ne serait pas une petite affaire pour le pavillon français qui fait la navigation internationale.

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9 1 Ed. in E. DEL VECCHIO, Di Robilant e la crisi nei rapporti marittimi itala-francesi, Milano, Giuffrè, 1970, pp. 174-175. 2 T. 1334, non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

10

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 29 luglio 1886.

Je terminais ma lettre d'avant-hier 1 en disant que peut-ètre le comte Kalnoky se serait entretenu à Kissingen avec le prince de Bismarck au sujet de nos accords avec les deux Empires, et vous ferait des ouvertures. Mes prévisions sur le premier point se sont réalisées. Ainsi que je vous l'ai télégraphié 2 , il m'est revenu hier d'une manière indirecte mais certaine, qu'il a été parlé à Kissingen du renouvellement du Traité d'alliance. La personne qui m'a donné ce renseignement ignorait lequel de ces hommes d'Etat avait pris les devants, et je n'aurais pu d'ailleurs, vu la réserve absolue que vous m'avez imposée, chercher à en apprendre davantage sur ce point, pas plus que si la question -que j'appellerais d'étiquette -touchant l'initiative pour les négociations ultérieures, avait été abordée. Il me résulte cependant, que Kalnoky s'est prononcé dans un sens favorable à une prolongation, et qu'il s'est trouvé d'accord avec le chancelier sur toutes les questions qui ont été examinées et par conséquent sur celle aussi, en principe, du renouvellement.

Il semblerait que, telle étant la situation des choses, des ouvertures devraient arriver de Vienne à Rome. Il m'a paru opportun de vous le faire savoir sans retard, pour que vous vous prépariez éventuellement à répondre en conformité de ce que vous estimeriez le plus avantageux à nos intérèts.

11

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Karlsbad, 29 luglio 1886 (per. il l° agosto).

Oggi vidi il conte Schouwaloff, mio antico collega al Congresso di Berlino, il quale mi confidò alcune cose che potrebbero forse interessarti. Te le riferisco per quel che valgono, ma per te solo.

Ei disse l'opinione pubblica essersi in Russia alquanto mutata riguardo alla questione d'Oriente, al tempo dell'ultima guerra russo-turca l'imperatore non aveva alcun desiderio d'impadronirsi di Costantinopoli, ma ora si domanda che il Mar Nero diventi un mare esclusivamente russo, si vuole quindi che almeno uno degli stretti appartenga alla Russia per la qual via si giunge a Costantinopoli. Allorché il maire di Mosca pronunziò il suo famoso discorso, le autorità vollero impedire che

2 T. s.n. del 28 luglio, non pubblicato.

esso comparisse nei giornali, ma l'imperatore ordinò si lasciasse pubblicare, allegando essere bene che le aspirazioni della Russia fossero note alle Potenze.

Riguardo alla Bulgaria egli affermò l'imperatore non darvi alcuna importanza, mentre era invece indispensabile pel dominio del Mar Nero però non pensare esso menomamente all'occupazione di quello Stato, Bismarck, da sei mesi non cessare invero dal suggerirgli tale occupazione, e di domandare quali erano i suoi intendimenti affine di coadiuvarlo sempre ne' limiti degli accordi coll'Austria, ma alla Russia bastare che la Bulgaria non frapponga ostacoli all'esecuzione de' suoi disegni, e fra pochi anni essa avrà in quelle acque un'ingente flotta.

Il conte Schouwaloff vede quindi le cose piuttosto in nero, massime coll'assunzione al potere di lord Salisbury cui attribuisce un'odio implacabile contro la Russia, il che crede sia una esagerazione.

10 1 Non pubblicata.

12

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 241. Pietroburgo, 30 luglio 1886 (per. il 6 agosto).

Ringrazio l'E.V. per il dispaccio di questa serie n. 332, che, in data delli 22 corrente mese l, ella mi fece l'onore di dirigermi, dispaccio che aveva tratto a tentativi di riavvicinamento praticati dal Governo bulgaro verso quello imperiale.

Nella conversazone che tenni jeri col signor de Giers ebbi la opportunità di constatare che le informazioni trasmesse dal r. agente in Sofia coincidevano cogli apprezzamenti di questo ministro degli esteri circa la velleità nel Governo bulgaro di riacquistare il favore dello tzar. Però, da quanto mi disse il signor de Giers, l'imperatore non ha l'intenzione di modificare il suo atteggiamento e quindi non si presentò neppure la opportunità di far conoscere a quali condizioni un riavvicinamento avrebbe potuto avverarsi. Il signor de Giers non mi nascose che l'ostacolo sta nel complesso istesso delle cose prodottesi in Bulgaria, in conseguenza degli avvenimenti del settembre. Così potei intendere che mentre infatti la Bulgaria risveglierà sempre le simpatie di questa corte, non sarà Io stesso per quanto riguarda il principe ed il suo Governo.

La conversazione col ministro si isvolse eziandio sopra altri punti delle questioni all'ordine del giorno e giudico opportuno di riassumere, intorno ad esse, le impressioni da lui espressemi.

Mi confermò di nuovo la cordialità dei rapporti che corrono tra la Russia e la Turchia e quanto il sultano fosse premuroso di cogliere le opportunità per dimostrare i suoi sentimenti di amicizia. Lo tzar vi è assai sensibile e li contraccambia senza però imprimere a queste dimostrazioni una forma troppo incoraggiante. Così,

allorché la famiglia imperiale soggiornò a Livadia, il sultano le fece l'invio di casse contenenti dei ninnoli orientali e l'imperatore vi corrispose in questi giorni, trasmettendogli una ricca pelliccia in zibellino e la lettera che accompagnava questo donativo, contrariamente a quanto venne asserito dai giornali, conteneva semplicemente le frasi d'uso in simili circostanze.

Il signor de Giers non attribuisce grande importanza all'incontro avvenuto ultimamente tra il conte Kalnoky ed il principe di Bismarck e crede che lo scambio d'idee fra questi due personaggi non produrrà un accordo più intimo dell'esistente tra l'Austria e la Germania.

In quanto ai suoi progetti di viaggio, il signor de Giers mi disse che partirebbe nella prima metà di agosto, dopo che si saranno compiute le feste che si preparano in Peterhof per onorare gli augusti ospiti della corte imperiale, cioè la regina di Grecia, la granduchessa d'Edimborgo e l'arciduca Carlo Luigi colla consorte. L'unico motivo che induce il signor de Giers ad allontanarsi in questi frangenti dalla residenza imperiale è quello d'assistere in Karlsbad alle nozze di una sua figlia col signor Rosetti, già segretario presso questa legazione di Rumania. Durante il suo viaggio il ministro non eviterà un incontro col cancelliere dell'Impero germanico né col conte Kalnoky; tuttavia, questi incontri saranno, a quanto mi lasciò intendere il signor de Giers, solo occasionati dal desiderio di non dar luogo alle dicerie che certamente correrebbero nel caso essi non si effettuassero. Parlando del suo ritrovo col ministro degli esteri austriaco, impiegò queste parole: «Sono troppo amico personale del conte Kalnoky per non procurarmi il piacere di stringergli la mano». Ma, allorché nel corrente della conversazione occorse di rammentare la Serbia ove temonsi delle novità, impiegò alcune frasi all'indirizzo del ministro austriaco, attribuendo gli imbarazzi in cui trovasi quel Regno alla imprudenza, per lo meno, commessa da lui coll'incoraggiare quello Stato alla guerra contro la Bulgaria.

In ultimo venne fatta menzione della Francia, ed, a questo proposito, il signor de Giers rammentò i gratissimi ricordi lasciati dal generale Chanzy, al quale fu legato da particolare amicizia. Non mi negò che col tratto di tempo indebolendosi la spiacevole impressione prodotta nell'imperatore dal modo col quale venne richiamato il generale Appert, il conte di Morhenheim sarà autorizzato a riprendere la direzione dell'ambasciata in Parigi e si accoglierà qui un nuovo ambasciatore di Francia.

Con tutto ciò gli ultimi atti del Governo francese sono dalla corte imperiale severamente giudicati ed impediscono il ristabilimento di rapporti più cordiali.

12 1 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

13

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1383. Ischl, 1° agosto, ore 12 (per. ore 14, 10).

Kalnoky est venu me voir hier pendant que j'était sorti. Je lui ai rendu la visite. Je lui ai demandé s'il avait reçu ma lettre concernant question d'ambassadeur. Il m'a dit que naturellement on n'enverrait pas Dubsky, puisqu'il vous déplaìt, et on ne laissera pas non plus Ludolf; on cherchera quelque autre: il ne m'a nommé personne. Il a pris ensuite initiative de me parler de son entrevue avec Bismarck. Il m'a dit qu'il avait trouvé le chancelier en bon esprit et d'accord avec lui pour continuer l'entente telle qu'elle existe. Ja l'ai écouté sans dire mot: du reste, comme vous voyez, ce n'a pas été long. Maintenant mon impression est que l'entrevue n'a eu d'autres effets que de confirmer l'accord préexistant et qu'il n'y a pas eu de nouveaux engagements, mais ce n'est qu'une simple impression. Quant à ce qui nous regarde, mon sentiment est que Kalnoky ne se figure pas qu'il puisse y avoir une difficulté quelconque à renouveller le traité tel quel. Selon les instructions de V.E. 1 je ne lui en ai pas dit un seui mot. De son còte il ne m'en a point parlé. Je dois le revoir mardi à Vienne, où je vais pour recevoir votre courrier, mais je continuerai à garder réserve que vous m'avez ordonnée, et je reviendrai passer encore une semaine à Ischl. Kalnoky ira à Gastein le 7 auprès de S.M. l'Empereur. Je ne pense pas qu'il me fasse d'autres confidences au sujet de l'entrevue et je suis presque sùr qu'il ne pense pas à nous faire en ce moment des communications à l'égard du renouvellement de l'alliance. S'il en fera ce ne sera, je crois, à la veille de l'expiration. Kalnoky continue d'ètre optimiste et fort tranquille.

14

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

L. PERSONALE. Roma, 1° agosto 1886.

Ho ricevuto la tua interessantissima lettera del 29 scorso 1 . Non so fino a qual punto il conte Schouwaloff (tuo antico collega al Congresso di Berlino) sii attualmente iniziato nelle segrete cose del suo sovrano. Ad ogni modo ciò che egli ti ha detto riveste tutti i caratteri dell'autenticità, e quindi va tenuto nel massimo conto.

Voglio sperare che la venuta al potere di lord Salisbury tempererà alquanto gli ardori dello tzar e così allontanerà eventualità che sarebbero per noi gravissime, visto i compensi che Bismarck non mancherebbe di assicurare all'Austria.

Se saprai altro ti sarò grato di tenermene informato. Ti prevengo che già ti ho diretto un'altra lettera a Karlsbad senza indicazione di alloggio ignorando dove eri disceso. In caso fanno ricerca alla posta.

13 Cfr. n. 4. 14 1 Cfr. n. Il.

15

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 132. Monaco di Baviera, 2 agosto 1886 (per. il 6).

Il principe di Bismarck, qui giunto sabato la sera e ripartitone questa mane per Gastein, può esser contento del suo soggiorno a Monaco e della cordiale accoglienza ricevuta non solo dalla Corte e dal Governo ma dalla popolazione della città. Dal brano di giornale che ho qui l'onore di acchiudere 1 vedrà V.E. i particolari più esatti riguardo a tale accoglienza.

In quanto alla importanza politica del fatto, seguito non molto dopo la visita dell'imperatore di Germania, essa non può sfuggire ad alcuno. Tali avvenimenti contribuiscono potentemente a consolidare in Baviera, che è dopo la Russia lo Stato più considerevole della federazione imperiale, la grande opera unitaria iniziata nel 1871. Essi dimostrano a chiare note la scomparsa per sempre della linea del Meno e la possibilità del pacifico, cordiale accordo della Germania del nord con quella del sud, di cui il Regno di Baviera è parte principale.

Guardati da questo lato siffatti avvenimenti debbono rallegrare tutti coloro che non solo in Germania ma in tutta Europa tengono al mantenimento della pace, epperò m'affretto a segnalarli con vero compiacimento all'alta attenzione dell'E.V.

Il principe di Bismarck, all'infuori del ristretto pranzo di famiglia presso S.A.

R. il principe reggente non ha accettato a causa della sua salute, qualsiasi altro invito. Fui, come gli altri miei colleghi, a !asciargli una carta da visita, che egli prima di partire, mi ha gentilmente restituita.

16

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 677. Roma, 4 agosto 1886, ore 23.

L'incertitude d'une résolution dans laquelle Gouvernement français nous laisse étant ruineuse pour nos pècheurs et grave aussi pour l'Etat à cause des subsides qu'il faut leur donner durant l'attente, veuillez prévenir M. Freycinet ou qui le remplace que si jusqu'au six nous n'avions pas de réponse définitive, nous devrions à notre grand regret considérer la négociation comme close et ordonner dès le sept au matin la cessation du bénéfice des abonnements en cours pour les navires français avec effet rétroactif à la date du ler avril indiquée dans précédent télégramme 1 .

16 1 T. 667 del 30 luglio, non pubblicato.

15 1 Non si pubblica.

17

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 124. Roma, 4 agosto 1886.

Anche dopo le più minute investigazioni del comandante La Greca, che fece sosta a Zeila con la «Cariddi» una seconda volta nello scorso giugno, la situazione nostra, rispetto al triste episodio di Gildezza, continua ad essere la stessa come appariva dai dispacci che, circa questo argomento, ebbi a dirigere al conte Corti nello scorso maggio.

Tranne alcuna variante di lieve importanza, i fatti sono oramai assodati in conformità della versione che tosto se ne raccolse fin dal primo momento; ed è del pari riconfermata la diretta responsabilità dell'emiro di Harrar nell'eccidio. Però i particolari continuano a fare difetto, e ci mancano ancora non pochi elementi che, fissando il nostro giudizio, potrebbero esser norma alle altre ulteriori risoluzioni.

In tale stato di cose, desidererei che tra noi e il Governo britannico rimanesse ferma la mutua ed amichevole intelligenza di considerare come tuttora aperto lo studio della questione, e di nulla fare, nel frattempo, che possa pregiudicarlo. Questo accordo, essenzialmente intimo e cordiale, dovrebbe soprattutto applicarsi a certe velleità della Francia, di cui furono forse esagerate, in questi ultimi tempi, le manifestazioni e la portata, ma che meritano, in ogni modo, e per debito di cautela, assidua attenzione. È certo che, se, mentre l'opinione pubblica in Italia stima non peranco chiuso il doloroso incidente di Gildezza, sopravvenissero tali fatti che mutassero lo statu quo di Harrar e Zeila, scalo naturale della contrada, gravissima ne sarebbe l'impressione, e non senza danno per i buoni rapporti che fortunatamente legano Roma con Londra.

Vorrei che la S.V. si procacciasse prossima opportunità di esprimersi in questo senso con lord Iddesleigh, col quale mi preme di continuare le schiette e confidenti comunicazioni che sono oramai tradizione fra i due Gabinetti 1 .

18

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. PERSONALE S.N. Roma, 5 agosto 1886.

Il signor di Keudell venne oggi a farmi la sua visita di congedo 1 , annunciandomi che partiva questa sera per Saint-Moritz da dove si sarebbe più tardi recato in Germania per ossequiarvi l'imperatore, e presentarsi al cancelliere.

18 1 Sul colloquio vedi anche GP, vol. IV, n. 822

Parvemi indicata l'opportunità di chiarirgli il mio modo di vedere intorno alla non lontana scadenza della nostra alleanza coi due Imperi, sembrandomi questo il miglior mezzo di farlo pervenire a conoscenza del principe di Bismarck.

Dopo di aver parlato di cose indifferenti avendo potuto constatare il desiderio del mio interlocutore di udire dalla mia bocca cose di maggior importanza, gli dissi che tenevo ad assicurarlo che, se menomamente non mi ero dipartito da quella linea politica da me con precisione indicatogli allorché avevo assunto alcuni mesi or sono la direzione degli affari esteri, fedele ad essa mi avrebbe ritrovato al suo ritorno in ottobre; e che menomamente non me ne sarei scostato anche in seguito con o senza trattato d'alleanza, d'intimo accordo colla Germania e l'Austria-Ungheria essendo ai miei occhi sicura guarentigia di quella pace europea che sta in cima dei desiderii dell'Italia.

Nell'udire queste mie dichiarazioni l'ambasciatore germanico mostrossene grandemente impensierito; e non mi nascose essere a parere suo grave l'eventualità da me contemplata che il trattato d'alleanza non avesse più a rinnovarsi. Egli infatti osservavami che ove si venisse a conoscere la cessazione del patto d'alleanza, locché quasi inevitabilmente si verificherebbe, l'impressione che nell'un e nell'altro senso se ne proverebbe in Europa sarebbe sommamente grave; e non basterebbe a distruggerla, il vedere l'Italia continuar per intanto a provvedere d'accordo coi due Imperi.

Il signor di Keudell avvalorava il suo dire, non celandomi l'assai difficile posizione in cui la Germania potrebbe trovarsi, ove dovesse trovarsi costretta a far fronte contemporaneamente contro la Russia e contro la Francia senza già poter come per il passato fare assegno assoluto sull'Italia non sapendo cioè più se doveva considerare l'Italia come amica o come avversaria. Egli aggiungevami che evidentemente l'intima alleanza coll'Austria è questione di vita e di morte per la Germania; la strettissima unione dei due Imperi essendo l'unico mezzo di tener testa al sempre più minaccioso panslavismo. Senza però dirlo esplicitamente, lasciavami comprendere che anche quell'unione senza il complemento che riceve dall'Italia non sarebbe sufficiente allo scopo.

Mostrai di dividere il suo modo di vedere, ma non gli celai le difficoltà contro le quali mi tocca lottare, non essendo a dissimularsi quanto poco sia popolare in Italia il rinnovamente del patto d'alleanza. Gli ricordai il desiderio da me fattogli fin dai primi giorni del mio Ministero: ciò che gli avevo detto cioè intorno alla necessità che mi si aiutasse in tempo a predisporre l'opinione pubblica in favore dell'alleanza. Gli dissi che eguale linguaggio avevo tenuto al conte Kalnoky nel lasciare Vienna: ma non gli celai che non potevo dichiararmi soddisfatto dell'accoglienza che i miei desideri aveva trovato presso i due Gabinetti imperiali. Immutata infatti era rimasta la posizione fatta all'Italia nell'alleanza, cosa di cui l'opinione pubblica si rendeva perfettamente conto da noi. Infatti nessuna palpabile prova dell'intimità dei due Imperi a nostro riguardo fu data in questi ultimi mesi. Non mai una prova d'amicizia, assenza completa di fiduciosa comunicazione, del che in particolare tutti rilevano la prova nel fatto, che il principe di Bismarck non trova mai l'occasione di conferire personalmente col r. ambasciatore a Berlino.

Il signor di Keudell non solo credette contestare questi miei apprezzamenti ma anzi ne ammise l'esattezza confessandomi i torti a nostro riguardo del suo Governo, dicendomi queste precise parole: «C'est vrai, j'en conviens, nous avons été fautifs!»

Egli si ribatté allora sull'Austria mostrandomi comprendere quanto grande sia l'ostacolo posto al rinnovamento dell'alleanza dalla non restituita visita dell'imperatore Francesco Giuseppe, e chiesemi se credevo impossibile che a ciò si riparasse ancora. Non mancai di rispondere esser mio convincimento che la controvisita a Roma potrebbe ancora benissimo effettuarsi, ma che troppo conoscevo la Corte austriaca per non essere persuaso che ciò non si farebbe più.

S.E. riferendosi allora ai molti articoli comparsi in questi giorni sui nostri giornali sul tema dell'alleanza rilevò anche il lamento quasi generale che esso non provveda a tutelare i nostri interessi nel Mediterraneo, ed indirettamente accennò alla possibilità di colmare quelle lacune. Tosto però egli osservò non esservi più pericolo di sorta che la Francia voglia impossessarsi della Tripolitania, avendo già ben troppi imbarazzi coloniali sulle braccia.

Non credetti per conto mio ammettere questo ottimistico apprezzamento, e poisi anzi in sodo che la presenza al confine della Tripolitania del generale Allegro che ben può dirsi un Boulanger numero due è fatta per convincermi che al momento che si crederà opportuno s'inventeranno i krumiri necessari a condurre a Tripoli al risultato ottenuto a Tunisi. E qui gli dissi: «Badate che tengo a manifestarvi colla massima franchezza ciò che succederebbe in Italia ove i francesi s'impadronissero di Tripoli. Allorché avvenne l'occupazione di Tunisi unanime fu lo sdegno degli italiani contro i francesi, da ciò ne nacque l'appoggio che il Governo trovò nell'opinione pubblica per stringere colla Germania e l'Austria quell'alleanza che si credeva atta ad impedire il riconoscimento di simili eventi. Ove oggi a malgrado l'alleanza la bandiera francese dovesse sventuratamente sventolare a Tripoli, non fatevi l'ombra di una illusione, il grido d'indignazione universale sarebbe diretto contro quell'alleanza che non ci avrebbe schermito contro si grave jattura: l'opinione si farebbe prevalente che se ci fossimo alleati alla Francia ciò non sarebbe successo, avendoci questa ripetutamente lasciato intendere che a patto che seguissimo un'altra politica essa sarebbe tutta disposta ad accodarsi con noi a riguardo della Tripolitania; e quindi a malgrado il fatto compiuto inevitabilmente l'Italia si butterebbe nelle braccia della Francia, tanto per sfogo di rabbia come per guarentirsi contro ulteriori catastrofi».

Questo mio linguaggio persuase talmente il mio interlocutore che egli non esitò a dirmi che divideva pienamente il mio modo di vedere. Ancora una volta il signor Keudell dissemi: «Nous avons été fautifs, je le sens, je le comprends parfaitement».

La nostra conversazione durò così oltre un'ora avendoci condotti l'uno e l'altro a citare fatti particolari, non abbastanza importanti per menzionarli qui, ma che tutti di comune consenso avvaloravano la tesi da me sostenuta.

Nel porre termine al nostro colloquio gli ripetei la dichiarazione con la quale vi avevo dato principio, assicurando che a malgrado tutto essa resterebbe regola invariabile della mia condotta.

Non ho creduto affidare all'ambasciatore di Germania speciale incarico di ripetere al principe di Bismarck tutta la nostra conversazione, ma neppure gli dissi che questa dovesse intendersi siccome particolare fra noi due. Dirò anzi che il signor di Keudell senza prendere meco impegno che non gli chiedevo volle farmi comprendere che non avrebbe taciuto le cose da me dettegli e che anzi se ne sarebbe valso per raggiungere quegli scopi al cui riguardo l'opera sua, siccome egli asserivami, fu mai sempre intenta.

Probabilmente l'ambasciatore non ripeterà al principe cancelliere tute le cose da me dette gli; ma ad ogni modo i discorsi che seco lui avrò saranno informati ai concetti da me svoltigli, parvemi quindi opportuno porgere all'E.V. esatta conoscenza di quella nostra conversazione, affinché eventualmente possa più tardi conformarvi il suo linguaggio.

Come l'E.V. avrà notato mentre ho messo innanzi con una certa precisione l'ipotesi che l'alleanza non abbia più a rinnovarsi, non ho neppure escluso assolutamente l'ipotesi contraria; le cose da me dette potranno dunque servire tanto per un caso come per l'altro.

Non ho d'uopo di aggiungere qui, sembrandomi evidente che se da parte dei nostri attuali alleati, ci venissero fatte delle proposte concrete, di natura a tutelare efficacemente in avvenire la dignità e l'interesse della Corona, e del Paese, sarebbero da noi prese nella dovuta considerazione, esaminate, discusse ed accettate se le ritenessimo convenienti.

La sola cosa che intendo escludere per ora si è un'iniziativa da parte nostra.

17 1 Per la risposta cfr. n. 36.

19

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 925. Roma, 5 agosto 1886.

Essendo stato oggi a restituire al conte di Mouy la visita che S.E. m'aveva fatto ieri, ne tolsi occasione per manifestargli, con la mia schiettezza, il nostro pensiero circa i rapporti nostri con la Francia 1 .

Dissi all'ambasciatore essere mio fermo prosposito che i reciproci rapporti fra i due Stati continuino, per quanto da noi possa dipendere, a mantenersi sopra una base di reciproca cordialità e di buon vicinato. Nulla tralascerò dal canto mio, per. evitare che, dal contatto giornaliero fra due Paesi aventi per la loro mutua prossimità così grande copia di relazioni e d'affari comuni, sorgano dissidii o conflitti, e nulla tralascierò, del pari, acciò le discrepanze, se per avventura sorgessero malgrado il nostro buon volere, abbiano tosto soddisfacente soluzione. Faccio pieno assegnamento, per riuscire nel mio intento, sopra la cooperazione del Governo della Repubblica.

In questo momento non esiste tra l'Italia e la Francia altra questione che meriti la particolare nostra sollecitudine all'infuori di quella che concerne i rapporti marittimi. Non volli, nel mio colloquio col signor de Mouy, scendere ai particolari della controversia. Mi limitari a due osservazioni.

Dissi, anzitutto, all'ambasciatore che, agli occhi miei, la questione suscitata dalla mancata approvazione, da parte della Camera francese, della Convenzione di navigazione del 30 aprile scorso, doveva considerarsi come affatto estranea alla reciproca situazione politica tra i due Paesi. Non mancano, in Francia come in Italia, giornali che, per iscopi che non importa indagare, vorrebbero allargare i limiti

della controversia, attribuendole quasi un carattere di antagonismo nazionale, e facendone quel che suolsi dire una questione politica. Un simile modo di considerare la vertenza è affatto disforme dalla realtà delle cose; certo, poi, è diametralmente contrario agli intendimenti del R. Governo. Non vediamo noi periodicamente rinnovarsi, e quasi perpetuarsi, conflitti economici di grandissima rilevanza tra Germania ed Austria-Ungheria, che pur sono, e continuano ciò malgrado ad essere strette, l'una verso l'altra, da vincoli tali che molto s'accostano ad una vera e propria unione politica? Non vedo perché dovrebbe accadere altrimenti tra la Francia e l'Italia, le quali possono perfettamente, a mio avviso, trattare con serenità e pacatezza delle loro ragioni, nella materia commerciale e nella materia marittima, senza che ne siano turbate le reciproche relazioni.

L'altra osservazione è questa. Oramai, dal 15 luglio in poi, siamo, per quel che riflette la navigazione, senza trattato; ond'è cominciato per i due Paesi l'esperimento del regime comune. Noi non abbiamo, dal canto nostro, obiezione di massima contro la stipulazione di un nuovo trattato. Però è mia salda opinione che non convenga affrettarne di soverchio la stipulazione, e giovi invece di lasciare che l'esperimento si svolga in tutta la sua pienezza. Così appariranno meglio, mancando il beneficio convenzionale, i rispettivi bisogni; così, mercé la pratica quotidiana, potrà recarsi più sicuro e miglior giudizio sulla giusta misura delle vicendevoli concessioni e dei patti da concordarsi.

Tali furono i concetti da me esposti al conte di Mouy. Ritengo che questi, recandosi nei prossimi giorni a Parigi, se ne farà interprete presso il suo Governo. Desidero che V.E. ne tragga pure norma, ad ogni opportuna occasione, nei suoi discorsi con codesti ministri.

19 1 Su questo incontro vedi anche DDF, tomo VI, n. 278.

20

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE A BERLINO E PARIGI E ALLE LEGAZIONI A BRUXELLES, MADRID E IN CINA

D. Roma, 5 agosto 1886.

L'Osservatore romano pubblica, oggi, un articolo nel quale sono minutamente esposti i fatti e i criteri che condussero alla istituzione, in Cina, di una rappresentanza della Santa Sede, con carattere espressamente diplomatico.

Mi sembra utile di comunicarle questo articolo, evidentemente di sorgente officiosa, siccome utile informazione, ed a complemento del carteggio che ebbi già a tenere con lei circa il presente argomento.

Notevole è soprattutto questa circostanza che mi preme di rilevare: la Santa Sede, da cui certo emana l'ispirazione dell'articolo, è recisa ed assoluta nel rivendicare a sé la tutela degli interessi religiosi cattolici nell'Impero cinese; mentre invece, rispetto alla protezione sulle persone, a cui la Francia pretende, la Santa Sede si vale di una formola negativa, astenendosi da ogni dichiarazione esplicita di riconoscimento, e lasciando, a questo riguardo, il Governo francese di fronte al Governo cinese.

21

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 76. Therapia, 5 agosto 1886 (per. 1' 11).

Ebbi l'altr'ieri la visita del gran vizir. Argomento principale del nostro colloquio fu la questione di Batum. Sua Altezza dicevami di avere avuto notizia della risposta fatta dalla Russia alla protesta del Gabinetto britannico, in questa risposta il Governo di Pietroburgo si stupiva che l'Inghilterra vedesse nella soppressione del porto franco di Batum infrazione al Trattato di Berlino, al quale s'era mantenuto e dichiarava di volersi mantenere ligio. Kiamyl pacha opinava che, allo stato attuale delle cose, il meglio era di prendere atto di questa dichiarazione della Russia. A suo avviso il Governo inglese stesso non darà seguito all'incidente, contentandosi di aver formulata una protesta che, all'occorrenza potrà servirgli di addentellato. Fino ad ora la Porta non ha risposto alla comunicazione del Gabinetto di Pietroburgo.

Avendomi il gran vizir fatta diretta allusione al contegno delle Potenze nella questione, colsi l'occasione per isviluppare a Sua Altezza le considerazioni contenute nel dispaccio di V.E. n. 78 del 25 luglio 1 . Dissi che, sotto il punto di vista commerciale, a noi era assolutamente indifferente che Batum continuasse ad essere porto franco, non avendo l'Italia colà interessi particolari da patrocinare; sotto il punto di vista politico, cioè dell'intangibilità del Trattato di Berlino, un'azione diplomatica del Governo del re non avrebbe condotto ad alcun utile e pratico risultato, ed avrebbe anzi potuto rendere assai più difficile la situazione della Sublime Porta in faccia alla Russia, i cui propositi non sarebbero stati modificati da una nostra riserva. Astenendosi, come ha fatto, dal sollevare obiezioni contro la misura adottata dal Gabinetto di Pietroburgo riguardo a Batum, l'Italia colla sua prudente condotta ha inteso rendere un segnalato servizio alla Turchia ed alla causa della pace. Sua Altezza mi rispose che comprendeva il sentimento che ci aveva guidati in siffatta vertenza, nonché l'opportunità di non inasprire l'animo della Russia con riserve che non avrebbero punto mutato lo stato della quistione 2 .

22

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 679. Roma, 6 agosto 1886, ore 22.

J'ai reçu la communication officielle de l'ambassade de France que vous m'annoncez par votre télégramme d'hier 1• Il est donc entendu que nous prolongerons

2 Per la risposta cfr. n. 32. 22 1 T. 1394, non pubblicato.

aux batiments français la jouissance des abonnements en cours pour la navigation internationale, loyalement et légalement exercée, autant que durera pour nos pècheurs la jouissance des droits en cours par eux payés. Comme compensation, cependant, aux graves pertes que l'Etat et !es pècheurs ont déjà dù subir pour la cessation de la pèche pendant plusieurs jours, si la concession réciproque que nous nous faisons devait de nouveau brusquement cesser, nos dispositions de réciprocité à l'égard des batiments français auraient effet rétroactif à dater du premier aoùt.

21 1 Non pubblicato nel vol. XIX della serie seconda.

23

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4252. Berlino, 6 agosto 1886 (per. il 10).

Les yeux vont se tourner vers Gastein, où !es empereurs d'Autriche et d'Allemagne, accompagnés de leurs premiers ministres, se rencontreront après-demain. C'est la continuité, la confirmation de l'entente existante entre le deux Empires, et qui tout récemment encore avait été constatée à Kissingen. A ce propos, dans la dernière visite que je lui ai faite mardi dernier, le sous-secrétaire d'Etat me disait que dans ces jours la correspondance n'avait pas été très active entre le chancelier et lui, mais suffisante pour qu'il pùt en induire la cordialité des rapports entre Berlin et Vienne, et le parfait accord pour le maintien de la paix générale. Il n'était pas à prévoir qu'il se produisìt aucun incident sérieux et prochain de nature à la troubler. Dans !es Balkans, il règne sans doute une certaine agitation, qu'il convient de surveiller de très près. Il semble que la Turquie fait bonne garde. Ses mesures de désarmement ne s'appliquent pas au corps d'armée réparti entre !es garnisons de Salonique, Monastir et Kossovo. L'effectif en est maintenu et mème renforcé.

Le sous-secrétaire d'Etat ajoutait que M. de Giers s'aboucherait aussi bientòt avec le prince de Bismarck, et que c'était un indice rassurant sur !es dispositions de l'empereur Alexandre qui d'ailleurs venait de faire déclarer à Constantinople ses meilleurs sentiments d'amitié envers le sultan.

Je faisais allusion aux notes discordantes de quelques organes influents de la presse russe, et cela mème à l'égard de l'Allemagne et de l'Autriche. Ce fai t n'échappait point à l'attention du Cabinet de Berlin, et était certes regrettable. Mais il fallait tenir compte, disait le comte de Berchem, des conditions de la Russie. Les journaux y sont muselés quant à la politique intérieure, et l'on juge à propos d'ouvrir en quelque sorte une soupape de surèté, en ne !es contrariant pas trop dans leurs élucubrations sur la politique étrangère. Quoiqu'il en soit, le Cabinet de Berlin a confiance dans le caractère, plein de loyauté et de droiture, de l'empereur Alexandre, et dans l'amitié traditionelle entre !es deux Maisons régnantes.

Te! a été le langage du sous-secrétaire d'Etat. Il est de fait que !es Cours de Vienne et de Berlin sont en bons termes avec celle de Petérsbourg.

Cela n'empèche pas que le parti panslaviste ne remette, de temps en temps, sur le tapis l'idée d'une alliance entre la Russie et la France. Il est vrai qu'elle n'est ni faite, ni près de l'ètre. Le seui point de rapprochement qui existe entre les deux Pays, c'est une antipathie commune, quoique pour des motifs différents, envers l' Allemagne.

L'orgueil national russe se sent humilié par le développement de l'Empire voisin, qui a pris peu à peu, parmi les Puissances de l'Europe, la piace occupée jadis parla Russie de Catherine II, d'Alexandre 1er et de l'empereur Nicolas. De là un certain malaise, dont on trouve les traces surtout dans les cercles militaires, mais aussi dans d'autres classes de la population.

La Russie se croit, vis-à-vis de l' Allemagne, un peu dans la position de la France après Sadova; elle se considère comme vaincue sur des champs de bataille où elle n'a pas combattu. C'est une impression déraisonnable et presque maladive, mais dont les conséquences peuvent devenir graves, si l'on s'y abandonne, comme la France en a fait la dure expérience.

Pour le moment, l'on n'en est encore qu'aux mesures de défiance; la Russie dégermanise l es provinces baltiques, comme l' Allemagne dérussifie l es provinces polonaises; de part et d'autre on entrave le commerce aux frontières. Cela ne produit guère d'autre effet pratique que d'entretenir et d'enraciner les ressentiments réciproques, tout en tenant en réserve, pour le moment où l'on voudrait s'en servir, des motifs, ou des prétextes de conflit.

D'un autre còté, si les rapports de Cour à Cour, de Cabinet à Cabinet, sont actuellement satisfaisants, entre la Russie et l'Autriche, dans sa majorité l'opinion publique de chacun de ces Pays, n'est pas, tant s'en faut, dans la mème courant d'idées.

On comprend, dès lors, la difficulté de la tàche des Gouvernements pour maintenir les relations de triple alliance, ou de triple amitié.

24

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 242. Pietroburgo, 6 agosto 1886 (per. il 12).

La partenza del signor de Giers per Franzensbad, ove dimora la sua famiglia, avrà luogo dopo domani, 8 del corrente. Mi confermò jeri il ministro che la sua assenza dalla capitale sarebbe alquanto breve, e che l'unico obiettivo suo quello era di assistere alle nozze della figlia, nozze che saranno celebrate in Karlsbad, o ve. trovasi una cappella ortodossa.

In quanto al suo incontro, sia col principe di Bismarck, sia col conte Kalnoky, nulla havvi di prestabilito. Da ciò che mi disse, sembrami più probabile quello col conte Kalnoky, anziché col gran cancelliere, giacché questi dimorando a Gastein una visita colà lo discosterebbe troppo dal suo cammino.

Le intemperanze della stampa russa, la quale va continuamente spiando le sue mosse fantasticando sopra i motivi del suo viaggio, molestano assai il signor di Giers. Anzi, di questi giorni, essendosi sensibilmente accresciuta la veemenza colla quale questi giornali di consueto attaccano l'Austria ed in special modo la Germania, credette di attirarvi sopra l'attenzione dell'imperatore, ed a me disse: «On dirait un fait exprès». E qui giova notare che l'autorità più direttamente chiamata ad ingiungere maggior prudenza alla stampa quella sarebbe del ministro dell'interno; ora questi, oltre ad essere un rivale in politica del signor de Giers, è inclinato a favorire gli sforzi di quel partito che vorrebbe spingere la Russia alle avventure.

Stante il punto in cui era giunta la nostra conversazione, chiesi al signor de Giers s'egli iscorgeva, come prossime, nuove complicazioni le quali potessero far pericolare la pace. Egli mi disse francamente che il punto nero, per la Russia, era sempre il principe di Bulgaria, dirimpetto al quale l'imperatore non cangierebbe di atteggiamento, astendendosi però, dal canto suo, da qualsiasi cosa di natura a provocare una aperta rottura. Ma non eravi modo a farsi illusione sul malvolere del nuovo Ministero inglese, di cui raccoglierebbonsi le prove ne' suoi maneggi in Bulgaria. Del resto, i rapporti politici, sia coll'Austria, come colla Germania, mantenevansi corretti, benché dovesse notare che ad entrambe non dispiacevano gl'imbarazzi che alla Russia procurava il contegno del principe di Battenberg, aggiungendo che, essendo questi un principe tedesco, godeva le simpatie di quelle due corone.

25

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Karlsbad, 6 agosto 1886.

Oggi ebbi un colloquio con Nubar pascià, del quale ti vo' dare qualche cenno. Egli disse non credere che gli inglesi se ne andranno mai dall'Egitto, poiché il Governo del khédive, spogliato del suo prestigio, non potrebbe sostenersi da sé, e l'Inghilterra non vorrebbe abbandonarlo ad altri. Anche nell'eventualità di complicazioni sul Bosforo o nell'India, l'autorità militare s'opporrebbe allo sgombro di quel territorio si importante come pegno dell'avvenire, e come strada per l'estremo oriente.

Egli mi domandò indi cosa eravamo iti a fare a Massaua, domanda che del resto s'intende di frequente. Ed aggiunse già ai tempi del Ministero Menabrea il Governo egiziano era stato richiesto di cedere qualche punto sul Mar Rosso per istabilirvi una stazione penitenziaria, cui egli aveva risposto che se si volevano far morire i nostri condannati meglio valeva farli morire in Italia, né valeva la pena di fare tanti sacrifizi per occupare delle località dove gli europei non potevano vivere, e che non si prestavano in verun modo né alla colonizzazione né ai commerci. E siccome io gli diceva essere assolutamente impossibile di ritirarci egli conchiudeva il miglior consiglio essere di diminuire quanto era possibile, riducendola per esempio a quattro, o cinquecento uomini, la guarnigione, non cercare d'estendersi all'interno, piuttosto mutare spesso la guarnigione, amicarsi le tribù vicine, incoraggiare con dei doni ai capi le carovane provenienti dall'Abissinia e da Kassala, non intervenire menomamente nelle cose religiose dell'Abissinia, piuttosto, presentandosi l'occasione, cattivarsi con dei doni ai kopti la religione abissina, tanto più che la Russia manifestava delle tendenze a mettersi in quella via; le rendite delle dogane servirebbero a pagare le spese dell'occupazione. Né consigliava di mandare missioni al re Giovanni.

Nubar pascià toccò eziandio dell'Harrar. Disse aver deplorato che l'Inghilterra, per ragioni di malintesa economia obligasse l'Egitto a ritirare la sua guarnigione da quei luoghi, dove era già stato introdotto uno stato di cose assai migliore. Ma cosa fatta capo ha, ed assai pericoloso sarebbe ora di ritornarvi.

Mille grazie per la tua del lo agosto 1 giuntami ieri. Il conte Schouvaloff lasciava Karlstad due ore dopo il colloquio di cui già ti feci cenno.

26

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 102. Vienna, 8 agosto 1886 (per. il 10).

Oggi l'imperatore d'Austria deve giungere a Gastein per far visita all'Imperatore di Germania, ivi giunto da parecchi giorni. L'imperatrice Elisabetta vi si trova egualmente.

Il conte Kalnoky vi giungerà pure oggi e il principe di Bismarck lo ha preceduto di poco. È pure annunziato l'arrivo a Gastein del conte Erberto di Bismarck, figlio del gran cancelliere.

A vero dire l'incontro dei due imperatori e dei loro ministri all'occasione della cura che l'imperatore Guglielmo è solito fare a Gastein, non è cosa nuova; è anzi diventato un fatto usuale. Più il vecchio imperatore germanico avanza negli anni, e maggiore si fa la convenienza per l'imperatore d'Austria, suo alleato, di fargli nei suoi Stati una visita, che il calcolo delle probabilità avverte non potersi ripetere ormai per molte volte. Ma il ripetuto incontro dei due ministri, a cui è affidato dai due imperatori la direzione della politica estera rispettiva, la presenza del segretario di Stato per gli affari esteri di Germania, conte Erberto di Bismarck, e segnatamente l'assenza da Gastein d'ogni rappresentante della Russia e dell'Italia, danno a questa visita un'apparenza particolare che è molto commentata nella stampa europea. I giornali austriaci d'oggi se ne occupano in modo speciale come quelli di Germania, e come faranno probabilmente quelli di Russia, di Francia e d'Italia.

Sarebbe temerario il trarre un'induzione qualsiasi dall'assenza del signor de Giers da Gastein. Il ministro russo è solito recarsi a Franzensbad; ma non fu mai, credo, a Gastein in occasione dell'incontro dei sovrani di Germania e d'Austria-Ungheria. Se le mie informazioni sono esatte, il signor de Giers non verrà nemmeno quest'anno a far visita al conte Kalnoky, a meno che questi prenda a questo proposito un'iniziativa che non è prevista. Bensì nel suo passaggio per Berlino e per la Germania il ministro russo, vedrà probabilmente anche questa volta il principe di Bismarck, e questa visita basterà a constatare che nulla è innovato nelle relazioni dei tre Imperi, benché le disposizioni della pubblica opinione in Russia e in Austria-Ungheria, se deve giudicarsi dal linguaggio dei rispettivi giornali, non possa dirsi migliorata da un anno in qua.

Né credo che questo incontro dei due imperatori a Gastein e quello dei loro ministri a Gastein e a Kissingen, abbiano per effetto la stipulazione di nuovi impegni all'infuori di quelli già presi in occasione della fatta alleanza o in altre occasioni precedenti. Ma è evidente che in quest'incontro e nello apparato con cui è fatto si deve vedere una conferma solenne dell'alleanza dei due Imperi centrali, alleanza più intima e più stretta di quanto possa essere cogli stessi Imperi, dall'uno lato, quella della Russia, e dall'altro quella dell'Italia. Il significato speciale di quest'incontro sta adunque in questo e in null'altro. Tale almeno è la mia impressione, puramente personale, attesoché io non ebbi né avrò probabilmente alcuna informazione diretta di quanto si passò a Kissingen e di quanto si passerà a Gastein, e non posso quindi avventurarmi a induzioni che sarebbero puramente speculative. La sola informazione che ebbi sul convegno di Kissingen fu, a suo tempo, da me telegrafata all'E.V. da Ischl 1 , dove il conte Kalnoky, di ritorno da Kissingen, mi aveva detto che l'effetto di quel convegno era stato di riconoscere d'accordo che si doveva continuare ciò che già esisteva. Se ora a Gastein si possano assumere nuovi impegni reciproci, in previsione di futuri eventi, non saprei dire, e nemmeno saprei immaginare in previsione di quali eventi. Ma se ciò sarà, è probabile che ne appariranno ben tosto gli indizii.

25 1 Cfr. n. 14.

27

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. PERSONALE S.N. Berlino, 9 agosto 1886 1

J'ai l'honneur d'accuser réception de la dépeche du 26 juillet échu 2 qui m'a été remise le 5 aoùt par le courrier Signoroni ainsi que de la copie d'une lettre adressée

27 1 I rapporti relativi ai negoziati riservati sono generalmente privi dell'indicazione della data di arrivo.

Cfr. n. 3.

par V.E. au com te Nigra au su jet de notre traité d'alliance avec l' Allemagne et l' Austriche-Hongrie 3 . Je me ferai un devoir de me conformer, à l'occurrence, aux instructions tracées à l'ambassadeur du roi à Vienne.

Elles confirment pleinement les intentions que vous me manifestez dans vos dernières lettres particulières, lorsque je me permettais de suggérer l'idée d'une rencontre entre V.E. et le prince de Bismarck. Je pensais que ce pourrait ètre utile soit pour établir des rapports personnels, soit pour chercher à pénétrer ses intentions sur l'argument délicat qui nous préoccupe à juste titre. Je n'entendais pas que nous prissions sur ce point une initiative. Il ne se serait agi que d'amener habilement le chancelier, et sans nous déclarer tout d'abord, à s'expliquer le premier en lui laissant le sentiment de la spontanéité. V.E. ne partageait pas mon opinion. Comme en beaucoup de choses, il existait le pour et le contre. Je ne me dissimule nullement que c'était peut-ètre aller au devant d'assurances générales et peu concluantes, nous exposer à ce qu'on nous envoyàt de Ponce à Pilate. Mais il importait quand mème, surtout dans les conjonctures actuelles, que le chancelier vous connùt personnellement, échangeàt ses vues avec !es vòtres, mème en dehors de la question du Traité d'alliance. Tel a été le motif de mon insistance. Ce qu'il n'aura pas eu la chance de dire en voie directe au ministre des affaires étrangères de Sa Majesté ce qu'il se préparait peut-ètre à dire lorsqu'il apprenait par le prince Reuss (je ne sais où celui-ci en avait puisé la nouvelle) que vous vous proposiez de passer !es Alpes, il le gardera maintenant par devers lui, et plus que jamais il laissera la parole à Vienne.

Je vois, monsieur le ministre, par v otre télégramme, du l er aoùt 4 , tout ce qu'il y a eu d'incomplet dans le langage tenu au comte Nigra par le comte Kalnoky à son retour de Kissingen. Mais évidemment quand le ministre austro-hongrois parlait de continuer l'entente telle qu'elle existe, il faisait aussi allusion aux rapports avec l'Italie, dont il s'était agi aussi dans ses entrevues récentes avec le chancelier, ainsi que je le télégraphiais avec une entière certitude en date du 28 juillet 5 .

Il résulterait donc qu'on ne vise de ce còté qu'à un renouvellement pur et simple de notre traité d'alliance. Est-ce là le dernier mot? Ou n'at-i! été làché d'une manière un peu nébuleuse que pour sonder nos propres vues? En présence de notre taciturnité, se résoudra-t-on peut-ètre à Vienne, à se prononcer avec plus de précision afin de scruter le fond de votre pensée.

Elle est évidemment contraire à des engagements à long terme. V.E. n'aurait en vue qu'un traité ayant «un but précis, déterminé et prochain». Ce programme offre certes des avantages, s'il ne dépendait que de nous de le faire prévaloir. Mais

4 T. s.n., non pubblicato, ma cfr. n. 13.

5 T. s.n., non pubblicato.

sommes-nous bien siìrs qu'au moment donné l'Autriche et l'Allemagne auraient besoin de notre alliance, dans le cas surtout où comme aujourd'hui elles pourraient compter sur un Cabinet anglais s'inspirant de principes conformes à ceux de lord Salisbury? Ne nous garderaient-elles pas quelque rancune de notre répugnance à maintenir !es anciens accords?

Moi non plus, je ne suis pas de ceux qui ont approuvé en entier ce qui s'est fait en 1882. Mais à cette époque nous n'etions assez forts ni pour la défensive, ni pour l'offensive. Il nous fallait des appuis éventuels contre la France. Nous !es avons obtenus à titre de réciprocité. C'était l'essentiel, malgré certaines lacunes. Pour des motifs connus à V.E., !es relations de confiance faisaient néanmoins défaut. Mais depuis votre avènement au pouvoir, !es rapports sont en voie d'amélioration, lors mème qu'ils laissent encore assez à désirer. Le pii qui avait été pris d'une abstention d'échange de vues avec nous, tend à disparaìtre ainsi que j'ai pu le constater durant la dernière crise des Balkans. Il serait regrettable si !es Cabinets de Vienne et de Berlin éprouvaient quelque froissement d'amour propre de ce que nous ne nous soucions pas de prolonger !es engagements réciproques. Nous risquerions alors de perdre le terrain, que nous avons en partie regagné sous votre Ministère, V.E. est trop modeste, quand elle affirme que depuis l'année dernière un mieux ne s'est pas produit dans la situation.

D'un autre còté, il ne serait pas aisé d'introduire dans un nouveau traité des clauses de nature à sauvegarder nos intérèts maritimes. Dans l' Adriatique, le Cabinet de Berlin favorise !es convenances de l'Autriche, ainsi qu'il l'a prouvé pour la Bosnie et l'Herzégovine. Il ne fera rien qui puisse affaiblir cette Puissance vers la còte orientale de l' Adriatique. L'Autriche et l' Allemagne ne consentiraient pas à nous voir prendre pied sur cette còte. Et quant au maintien du status quo dans la Méditerannée proprement dite, il n'est pas à prévoir que l'une ou l'autre de ces Puissances veuille assumer des obligations de garantie. Comment pourraient-elles intervenir pour coopérer avec nous à conserver ce qui reste d'équilibre dans ces parages, si l' Angleterre ménageait quelque surprise comme celle de Chypre, si elle annexait définitivement l'Egypte s'il se préparait une agression contre le Maroc, un attentat contre l'intégrité de la Grèce, une campagne de la France pour s'emparer de la Tripolitaine, pour réaliser ses aspirations vers la Syrie?

Quoiqu'il en soit, la situation générale, malgré ou à cause des protestations de paix par trop multipliées, n'est pas tout à fait rassurante, et il pourrait très bien arriver qu'avant l'échéance du Traité actuel, il surgit quelque grave complication qui obligeait de serrer !es liens, en mettant !es trois alliés en mesure de prendre position en conciliant autant que possible leurs intérèts.

J'ai entendu émettre la supposition, vu l'apparat donné plus que de coutume à l'entrevue des empereurs Guillame et François-Joseph à Gastein et de leurs premiers ministres, qu'il s'agit de sanctionner le renouvellement du Traité d'alliance entre l' Allemagne et l'Autriche. En tout cas, d'après des indications dont la trace doit exister à notre ministère, !es arrangements conclus à Vienne en 1879 avaient aussi une pointe tournée éventuellement contre l'Italie.

26 1 Cfr. n. 13.

27 3 Cfr. n. 4.

28

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4253. Berlino, 10 agosto 1886 (per. il 14).

Dans la visite que je lui ai faite aujourd'hui, le sous-secrétaire d'Etat, maintenait, à propos de l'entrevue de Gastein, les mèmes appréciations qu'il avait déjà énoncées (rapport n. 4252, du 6 aoùt) 1 . Son importance gìt surtout dans la constation des excellentes relations entre l'Allemagne et l'Autriche pour un but essentiellement pacifique. Il ne s'agissait pas de combinaisons nouvelles dans le domaine politique, mais de continuer un état de choses dont l'heureuse influence à été démontrée durant la crise dans les Balkans. Si les détails lui échappent sur les pourparlers de Kissingen qui ont précédé ceux de Gastein, il avait tout lieu de contester le récit de certains journaux prétendant qu'il a vai t été procédé à un renouvellement des accords établis entre les deux Empires. L'entente existe sur les anciennes bases et n'a nul besoin d'une prolongation.

Quant à la Russie, M. de Giers, à son passage ici pour se rendre à Franzensbad, venait de lui tenir un langage des plus pacifiques. Ce rninistre disait que sa présence au pouvoir constitue une des garanties que le Cabinet impérial poursuit une action préservatrice de la paix, et que toute politique aventureuse se trouve en dehors de son programme. M. de Giers se rencontrera dans quelques semaines à Varzin avec le chancelier.

Je demandais s'il était vrai que le Gouvemement russe eùt répliqué sur un ton acerbe à la note anglaise relative à l'incident de Batourn. Le comte de Berchem savait qu'il existait en effet une réponse du Cabinet de Saint-Pétersbourg, mais il n'en connaissait pas les termes. Lors mème que de part et d'autre chacun persiste dans sa manière de voir, le sous-secrétaire d'Etat doutait fort de l'exactitude d'une version foumie par le Journal des Débats.

En me réferant à mon télégramme de ce jour 2•.•

29

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 918/162. Londra, 10 agosto 1886 (per. il 14).

La presenza a Gastein di sir W. White, ministro d'Inghilterra in Rumania, al momento del convegno degli imperatori di Austria e di Germania, ha dato occasione a taluni giornali di asserire che l'Inghilterra ha fatto tentativi per entrare in alleanza coi due Imperi tedeschi.

28 1 Cfr. n. 23. 2 T. 1407, non pubblicato.

Ora la presenza di sir W. White a Gastein è cagionata da motivi suoi privati non da ordini del Governo della regina; ed è noto all'E.V. che l'Inghilterra non ha mutato la sua antica politica di non collegarsi con alcuna potenza se non per uno scopo definito e d'imminente attuazione che non si scorge quale potesse essere nel presente momento.

30

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE A BERLINO E PARIGI E ALLE LEGAZIONI A BRUXELLES, MADRID E IN CINA

D. Roma, 11 agosto 1886.

Con dispaccio del lO giugno scorso 1 , le feci conoscere alcuni particolari della missione confidenziale adempiuta presso la S. Sede, per conto del Governo cinese, dal signor Dunn, funzionario del Celeste impero.

La memoria unita a quel mio dispaccio si chiudeva con la precisa indicazione del pensiero del R. Governo rispetto a due interrogazioni del signor Dunn: se, cioè, noi riconosciamo il diritto di protezione che la Francia si arroga in Cina sopra i cattolici di ogni nazionalità, e se siamo disposti a concedere la nostra protezione in Cina ai missionari di nazionalità italiana. La risposta nostra fu recisamente negativa sul primo punto, affermativa sul secondo.

Il signor Dunn, che presentemente travasi a Londra, ci fa sapere confidenzialmente che, con lettera del 2 giugno, egli aveva riferito al Governo cinese, e più precisamente al vicerè Lì, la conclusione nostra, e che ora gli è pervenuta la seguente risposta telegrafica: «Ci compiaciamo del linguaggio del Governo italiano, e lo ringraziamo per l'espressione dei suoi amichevoli sentimenti».

Mi giova pigliar nota della cosa nel mio carteggio con lei, anche per conveniente sua informazione.

31

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE RISERVATA. Vienna, 9-11 agosto 1886.

La sua importantissima lettera riservata del 26 luglio scorso 1 contiene, sull'attitudine da tenersi verso il Governo austriaco (e naturalmente anche verso il Governo

31 Cfr. n. 4.

30 germanico) all'occasione della scadenza della nostra alleanza coi due Imperi, istruzioni molto precise. Ufficialmente non ho da rispondere che una cosa sola, cioè che quelle istruzioni saranno da me fedelmente eseguite; e questa risposta è contenuta nella lettera ufficiale, ma confidenziale, che ella troverà qui unita 2•

Ciò fatto, ella non avrà discaro, suppungo, ch'io aggiunga qui, in via particolare, le osservazioni che mi sono suggerite dal grave argomento, e che le esporrò secondo che mi vengono al pensiero, non astringendomi ad un ordine assolutamente esatto.

L'alleanza del 1882, ella lo riconosce, non fu senza utilità per l'Italia, ma ella soggiunge, più per l'interno che per l'estero. Per ciò che spetta alla nostra politica estera, l'utilità del trattato del 20 maggio 1882 consistette principalmente, a mio avviso, nell'imprimere a questa nostra politica una direzione precisa, che prima non aveva e nel generare in Italia un sentimento di sicurezza che le fu di grande sollievo dopo il Congresso di Berlino e dopo gli eventi di Tunisi. Io non so fino a qual punto la nostra alleanza coi due Imperi contribuì a migliorare le relazioni fra l'Italia e la Francia dopo quell'epoca.

Ma pure una certa azione favorevole, comunque indiretta, in questo senso l'ha dovuta esercitare. Mentre, d'altro lato, essa non impedì che le nostre relazioni coll'Inghilterra, all'occasione della questione egiziana, divenissero più strette e più importanti. In quell'occasione, parlando col commissario germanico presso la Conferenza di Londra, ben inteso in via privata e fuori dal seno della conferenza, io avevo altamente rivendicato, di fronte alle pretese germaniche, l'iniziativa e la preponderanza che dovevano spettare all'Italia nelle questioni mediterranee anziché alla Germania, in concorrenza coll'Inghilterra e colla Francia. Adunque l'alleanza non impedì la nostra azione indipendente nella sfera di attività non contemplata da essa; e in questa sfera ci permise così di agire con maggiore risoluzione. Questi i vantaggi per noi. Per i due Imperi i vantaggi furono pure incontestabili. L'Austria si sentì sicura alle spalle, e poté rivolgere tutta la sua attività alle cose d'Oriente. La Germania, oltre al vantaggio indicato dalla cresciuta securità dell'Austria sua alleata, ne ritrasse pure un aumento di forza di fronte alla Francia. La conseguenza di tutto ciò sarebbe che i tre Stati dovrebbero avere a cuore di continuare quell'alleanza e fare ogni sforzo per rinnovarla. Ora come va, che l'Italia, dall'una parte, si sente disgustata e piuttosto ripugnante a rinnovare l'alleanza, e d'altra parte l'Austria e la Germania hanno l'apparenza di non apprezzarla abbastanza e non mostrano alcun impegno per confermarla?

La questione è complessa, e risulta da una moltiplicità di fatti, alcuni dei quali risalgono ad epoche passate.

Cominciamo da noi. L'Italia soggiace alla malattia dei nostri tempi. È affetta da nevrosi. È malcontenta. Guarda intorno a sé, e vede che la Francia s'è ingrandita in faccia a lei, con Tunisi, e che malgrado gli errori del suo reggimento interno e il cattivo stato delle sue finanze, allarga i suoi possessi al Tonkino, a Madagascar, al Congo e altrove. L'altra nostra vicina, l'Austria-Ungheria, occupò la Bosnia e l'Erzegovina, tiene in dipendenza la Serbia e aumentò così la sua posizione in Oriente e sull'Adriatico. L'Inghilterra pigliò Cipro, occupa l'Egitto e continua la sua espan

31 sione fuori d'Europa su tutte le parti del globo. La Russia allargò il suo immane impero asiatico, occupò Merv e gli accessi all'Afghanistan e alla Persia, estese il suo dominio nel Mar Nero, vi risuscitò una flotta di guerra e ripigliò la Bessarabia. La Germania gettò arditamente le basi d'un vasto impero coloniale occupando territori più estesi della superficie dell' Allemagna. Di fronte a tutti questi ingrandimenti territoriali, la povera Italia non può vantare che due scogli, Assab e Massaua, dispendiosi e improduttivi, dell'acquisto dei quali sembra più pentita che soddisfatta. Essa avrebbe desiderato che mercè l'alleanza coi due potenti Imperi, avrebbe potuto ottenere qualche solido e produttivo acquisto territoriale, sia alla sua frontiera, sia altrove. Essa avrebbe anche ridotto i suoi desideri entro i limiti molto più modesti contentandosi di semplici soddisfazioni d'amor proprio, purché i due suoi alleati avessero in qualche guisa pubblicamente dimostrato di tener l'Italia, non già come pedissequa, ma come amica e compagna di grado pari. Ora sembra al sentimento italiano che né anche questo sia stato ottenuto. Quindi la ripugnanza, che si manifesta negli organi della pubblica opinione in Italia, a continuare in un'alleanza dalla quale non si crede di poter ricavare adeguati compensi. Sia o non sia esagerato il sentimento che l'Italia ha della propria forza e della propria importanza nel mondo, questo sentimento esiste, e ciò basta per ispiegare i suoi disgusti, i suoi disinganni e le presenti sue ripugnanze.

Passiamo all'Austria. Ella che ne ha toccato il polso da vicino e per lunghi anni, conosce meglio di me i sentimenti di questo Paese e di chi lo governa. Qui furono assuefatti a considerarci da secoli come i nemici ereditari, e non senza ragione finché l'Austria dominava in Italia. Ora la causa scomparve, interamente o quasi. Ma per le condizioni della natura umana, un qualche lievito degli antichi sentimenti è pure rimasto, quantunque questi non si esprimano più che di rado, e anzi si combattono, credo, sinceramente. Tuttavia l'ostacolo non sta in ciò. Anche la Prussia fu considerata, e con maggior ragione, le nemica ereditaria dell'Austria, e i sentimenti di Maria Teresa lasciarono traccia nel cuore dei suoi discendenti, e dei discendenti dei vinti di Friedberg e di Rosbach. E questi sentimenti dovettero risorgere vivaci dopo Sadowa nel cuore dell'Austria contemporanea diventata ora alleata intima della Germania. Le ragioni per cui l'Austria sembra mancare di fiducia, d'intimità e di deferenza verso l'Italia, sono, a mio avviso, ben altre. E prima di tutte è l'irredentismo, che comunque frenato dal Governo e dalla parte più calma della pubblica opinione italiana, pure si mantiene vivo e non lascia passare alcuna occasione senza affermarsi. Questa ragione non si può far scomparire interamente finché l'Austria possiede territori geograficamente e etnograficamente italici, ma si può attenuare, e lo si può appunto con un'alleanza, reciprocamente proficua. Un'altra ragione della poca deferenza dell'Austria verso l'Italia, si è l'opinione che qui si ha della nostra forza militare. L'Austria si crede ed è militarmente più forte dell'Italia. Colla Germania alle spalle, essa sente che non ha gran bisogno di noi. Colla Prussia nemica in armi, essa ci vinse per terra e per mare con forze inferiori. È naturale ch'essa pensi che ci vincerà ancora, e tanto più ora che la Germania, da nemica, le si fece alleata. Checché si dica e checché si faccia, noi siamo ancora, in Europa, sotto l'impressione di Custoza e di Lissa. E questa situazione può durare pur troppo finché l'Italia abbia avuto la fortuna di cancellare su altri campi di battaglia gli errori di La Marmora e le colpe di Persano. Il che vuoi dire che l'Italia, per causa di quegli eventi, si trovò d'allora in poi e si trova anche ora nell'alternativa di rimanere sotto il peso di immeritate sconfitte o di desiderare d'essere travolta in una grossa guerra, per aver l'occasione d'affermare la sua forza militare.

Quanto alla Germania, essa è personificata dal suo gran cancelliere, e fa di noi quella stima che questi ne fa. Il principe di Bismarck è un uomo di Stato positivo che giudica uomini e popoli secondo il bisogno che ha di essi e secondo la proporzione di forza reale che essi gli rappresentano. Ora l'Italia, alla Germania sussidiata e spallegiata dall'Austria, non può essere d'un ajuto necessario, indispensabile, come fu nel 1866. Tutt'al più l'Italia potrebbe riuscir molesta alla Germania, se si unisse alla Francia in un guerra di rivincita. Ma spingendo la Francia in Tunisia, il principe di Bismarck sapeva bene di rendere per lungo tempo impossibile una lega delle due Nazioni latine. Non fa quindi meraviglia se egli ci tratta con una serena indifferenza e anche con una certa noncuranza. N o n ha bisogno di noi. E per le stesse ragioni dette di sopra, ha una mediocre stima della nostra forza militare. Egli ha poi per un Governo democratico e per una società democratica, come sono il Governo e la società in Italia, una ripugnanza istintiva e invincibile. Oltre di ciò, il cancelliere ha contro l'Italia un gravame antico, da lui non obbliato mai, e sono le accuse di Lamarmora verso di lui, accuse che furono non solamente tollerate in Italia, ma in certi circoli anche sostenute e approvate. Ci fu un momento in cui noi ebbimo questo formidabile uomo nelle nostre mani, e fu nel 1865 e 1866 alla vigilia della guerra. Io mi ricordo quando egli saliva le scale della mia casa a Parigi e stava lungamente combinando con me il modo d'arrivare all'alleanza prusso-italica e alla guerra contro l'Austria. La sua fiducia in noi era allora intiera e non finta. Il miserabile modo con cui da noi fu condotta la guerra, e l'attitudine del nostro Governo verso di lui in quell'emergenza ci alienarono il suo animo, credo, per sempre. Potrà essere di nuovo nostro alleato in date circostanze, perché egli subordina i suoi sentimenti all'interesse del suo Paese e del suo sovrano, ma il suo cuore non sarà più con noi, ed è vano lo sperare che si stabilisca fra esso e i nostri governanti, quali che siano, una vera intimità.

Questo è dunque lo stato delle cose, quale almeno appare agli occhi miei. In Italia, sentimento molto alto, forse esagerato, della propria forza e della propria importanza in Europa, ripugnanza a continuare in un'alleanza che non produce vantaggi positivi e immediati. In Austria e in Germania, convinzione bene stabilita che l'alleanza dell'Italia è utile bensì, ma non necessaria, e che in ogni caso non vale sacrifizii positivi, finché perdura lo stato attuale in Europa; valutazione modesta, troppo modesta, della nostra forza militare; e perciò poco o nessun impegno nel domandare la continuazione dell'alleanza, e probabile risoluzione di rifiutare ogni compenso materiale immediato, all'infuori di quello della conservazione della pace e della guarantigia del territorio attuale rispettivo. In queste condizioni ella ha deciso che da noi non si debba fare alcun passo, né dire una parola, nel senso di rinnovamento dell'alleanza, che anzi si debba evitare di porgere occasione ad un'entratura su questo argomento. E sta bene, per ora almeno. Credo anch'io che non ci conviene di far buon mercato della nostra alleanza, e di mostrare un soverchio impegno. Ma sarà d'uopo badare alle conseguenze. Bisogna prevedere il caso in cui i Governi d'Austria e Germania si decidano a non far nessun passo nemmeno essi, e così verrà la scadenza tacita dell'alleanza nella primavera ventura. A caso vergine, si può essere amici senza essere alleati. Ma dopo un'alleanza cessata, è difficile il rimanere amici come prima, quantunque lo si dichiari bene esplicitamente. Qualche cosa di cambiato ci sarà, forse più in apparenza che in realtà, ma ci sarà o almeno si crederà che ci sia. E sta appunto qui il pericolo. A scongiurare il quale occorrerà far pervenire ai due Governi una dichiarazione onestamente sincera che non lasci dubbio sulle nostre intenzioni. E una dichiarazione ugualmente netta dovrà farsi al Parlamento, a fine di tagliar corto ai falsi commenti e alle ingiuste supposizioni, e far comprendere al nostro Paese che oramai per sentirsi sicuro, piu che sulle alleanze, deve contare sulle proprie forze e sulla propria energia. Ma non siamo ancora giunti là. In dieci mesi la situazione può mutarsi. Per ora, e per qualche mese ancora la questione è prematura. Ella fece bene a darci le sue istruzioni per nostra norma e perché con entrature precipitate non si pregiudichi la situazione. Ma non prendiamo una risoluzione definitiva e irrevocabile anzi tempo. Per ora non c'è nulla da fare, tranne il serbare un silenzio completo e una completa riserva. Fra tre o quattro o cinque mesi si vedrà come la situazione sarà, ed ella potrà in allora o confermarsi nelle idee che ha di già indicato, o sottometterle a nuovo esame. Intanto, a me sarà facile l'evitare l'occasione d'entrature in questa materia col conte Kalnoky, senza contare ch'io dovrò chiederle bentosto un congedo, del quale ho bisogno per molte ragioni.

Esaurito così questo argomento, conchiuderò questa lettera aggiungendo alcune poche informazioni.

Come le ho telegrafato da Ischl3, ho comunicato schiettamente, benché in via confidenziale, al conte Kalnoky l'impressione fatta sopra di lei dalla notizia che Dubsky potesse essere chiamato a surrogare Ludolf presso la nostra Corte. E non solo a Kalnoky, ma in di lui assenza anche a Szi:igenyi partecipai confidenzialmente il contenuto del di lei relativo telegramma. Questo ufficio riescì nell'intento. Pochi giorni dopo, quando vidi a Ischl il conte Kalnoky di ritorno da Kissingen, questi mi dichiarò che l'idea di quella nomina era abbandonata, dal momento che essa dispiaceva a lei così forte. Però il conte Kalnoky mi dichiarò nel tempo stesso, che Ludolf sarebbe presto messo a riposo. E qui soggiunse qualche parola, che mi fece credere che era stato informato che ella si era espresso intorno a Ludolf in modo così poco lusinghiero da rendere il cambiamento inevitabile. Non mi disse nulla intorno al possibile successore. Non pronunziò alcun nome. Soltanto osservò che anche in Austria, come dappertutto, era sommamente difficile il trovare un buon ambasciatore. In questa stessa occasione Kalnoky mi fece un'osservazione che debbo riferirle. Ella si ricorderà che nel telegramma del 20 luglio4 mi diceva, a proposito del Dubsky, che questo personaggio, a di lei avviso, era il meno adatto a mantenere relazioni cordiali fra i due Governi in mezzo alle difficoltà che non si potrebbero dissimulare. Nella lettera da me scritta a Kalnoky su questo proposito io aveva ripetuto questa frase del di lei telegramma. Ora il conte Kalnoky, ricordandomi la stessa frase, mi disse che non sapeva bene a quali difficoltà ella facesse allusione, attesoché egli non ne vedeva punto. Io non rilevai l'osservazione, e tacqui. Non la rilevai, perché se l'avessi fatto, la questione si sarebbe portata sulle difficoltà per il rinnovamento dell'alleanza, e questo, benché io non fossi ancora in possesso della

31 Cfr. n. 13. 4 T. 637 del 20 luglio non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

34 di lei lettera, io voleva assolutamente evitare. Ma l'osservazione non deve essere perduta per noi, giacché essa dimostra che il conte Kalnoky, proseguendo nel suo solito sistema di ottimismo, o crede davvero che non vi sono difficoltà per le relazioni dei due Governi, o desidera crederlo. Lascio a lei il fare a questo proposito le induzioni che le sono suggerite dalla situazione.

Il viaggio dell'arciduca Carlo Ludovico e dall'arciduchessa sua consorte, aPeterhoff, non ha uno scopo politico speciale. Quando le LL.AA.II e RR. furono a Mosca all'occasione dell'incoronamento, furono invitate a passare per Pietroburgo, che l'arciduchessa bramava forte di visitare. Ma in quella circostanza l'accettare un tale invito, che avrebbe condotto all'invito di parecchi altri principi presenti in Mosca, pareva ed era indiscreto. L'arciduca e l'arciduchessa si scusarono adunque, ma promisero una visita in occasione più propizia. Quando ci fu poi il convegno di Kremsier, l'arciduchessa Maria Teresa, ricordando quell'antico invito e quella promessa, espresse il suo vivo desiderio d'andarci anch'essa col marito, tanto più che dal lato russo, oltre i sovrani e i loro figli, c'erano pure il granduca Vladimiro e la granduchessa Maria Paulovna. Quel desiderio, nemmeno allora, non fu soddisfatto, e trovò ostacolo in alto luogo. Ora poi l'arciduchessa, a cui la visita in Russia stava pur sempre a cuore, trovò modo di farsi ricordare la promessa data, parlandone essa stessa di proposito al principe Lobanov, e così fu rinnovato l'invito e il viaggio deciso.

Questa visita arciducale a Peterhoff, benché priva, come dissi, d'un vero carattare politico, viene però a proposito per temperare alquanto l'impressione prodotta ovunque, e principalmente in Russia, dal convegno di Gastein e dall'apparato con cui lo si volle circondare. Io le scrissi a questo proposito in via ufficiale, e sono dolente di non poter aggiungere a quelle poche notizie nulla di nuovo. Naturalmente non mi fu fatta nessuna speciale confidenza su questo soggetto, e quindi non saprei dirle altro tranne che segnalarle il fatto della specie di ostentazione che caratterizza un convegno, al quale oltre i due imperatori e altri augusti personaggi, come l'imperatrice d'Austria e il principe Federico-Guglielmo di Prussia, assistettero il principe di Bismarck e suo figlio, ed il ministro per gli affari esteri di Austria-Ungheria. È evidente che si volle dare così al pubblico europeo e alle cancellerie europee una prova manifesta e lampante dell'intimità e dell'indissolubilità dell'alleanza dei due Imperi centrali. Il signor de Giers non è della partita, né si crede, in questa ambasciata di Russia, che egli abbia in questo anno un convegno col conte Kalnoky, a meno che questi ne prenda l'iniziativa, il che non è ritenuto come probabile. Bensì il signor de Giers, verosimilmente al suo ritorno in Russia da Franzensbad, deve incontrarsi col principe di Bismarck.

P.S. Non le ho parlato del seguito dell'incidente Jansky, che ebbe per corollario l'ammessione a riposo del generale Edelsheim-Gyulay, il quale ebbe per successore Pejacsevich, surrogato alla sua volta nell'ispettorato della cavalleria dal principe Croy (Leopoldo ). So che Cerruti ne ha scritto e che quanto egli ne scrisse le fu comunicato. Ora tutto è tornato più o meno nell'antica calma. Ma il rumore fu grande, e dicesi che Tisza ne abbia avuto un pò di piombo nell'ala. Pejacevich è desolato, ben sapendo le difficoltà a cui va incontro, sia per causa pella sua nazionalità, sia per la popolarità che lasciò dietro a sé il suo predecessore. Croy invece è raggiante, e ricevette a Ischl, ove lo incontrai, le mie felicitazioni con marcata soddisfazione. Ma chi ne gode più di tutti è la principessa Rosa.

Vienna, Il agosto.

P.S.

Oggi fu pubblicata una lettera dell'imperatore a Tisza, che le ho mandato nella corrispondenza ufficiale, e colla quale l'imperatore dopo aver disapprovato che si tenti di metter l'esercito in antagonismo coi sentimenti della popolazione, da a Tisza, al quale esprime intera fiducia, il mandato d'illuminare la popolazione a questo riguardo e di impedire e reprimere all'uopo col rigore delle leggi ogni illegale agitazione che possa prodursi ulteriormente intorno all'argomento di cui sopra. La lettera è controfirmata da Tisza, e fu certamente concertata fra l'imperatore e lui a Ischl.

30 1 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

31 2 Non pubblicata.

32

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 82. Roma, 12 agosto 1886.

Col pregiato rapporto n. 76 di questa serie 1 mi riferisce il tenore di un colloquio avuto giorni fa, col gran vizir, nel quale discorrendo della questione di Batum, ella ha avuto occasione di svolgere a Sua Altezza le considerazioni contenute in un precedente mio dispaccio sull'argomento.

Approvo il linguaggio tenuto in questa circostanza da V.E., com'è grato scorgere da quanto ella mi scrive, che il gran vizir abbia apprezzato il sentimento che ha guidato la prudente nostra condotta nell'accennata vertenza.

33

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 83. Roma, 13 agosto 1886.

Il r. console a T ripoli segnala in un suo recente rapporto a questo r. ministero 1 il grave fermento che attualmente esiste fra le tribù arabe in alcuni kaimacanati e muderie della provincia per le vessazioni relative alla esazione delle imposte. Gravi lagnanze si mossero in proposito al governatore il quale, per accontentare qualcuna

33 1 R. 76 del 7 agosto, non pubblicato.

delle tribù reclamanti surrogava il kaimakan di Gibel-Ifren con una persona più severa ancora di quella che si era voluto rimpiazzare.

Col pretesto che quel territorio è infestato da tribù tunisine, così prosegue il console di S.M., faceva scortare il kaimakan da 300 cavalieri kurugli armati. Gli effetti di questa misura non si fecero aspettare, e giunsero il 6 agosto seicento e più arabi fra uomini e donne, i quali si accamparono fuori della città. Pare abbiano intenzione di rivolgersi al console inglese pregandolo di appoggiare presso il valì i loro reclami contro il modo troppo severo di esigere il tributo delle decime, vessazioni queste che la ridussero in sì misero stato. Il valì per impedire di eseguire il progetto loro di rivolgersi al console britannico, li fece circondare di guardie.

I mancati raccolti, la crisi commerciale, le continue esigenze e i bisogni sempre crescenti di un forte esercito stanziato in Tripolitania che deve a spese della provincia fornirsi e mantenersi, la cattiva amministrazione, sono tutte cause che produssero la difficile situazione. Non son pagati gl'impiegati. L'amministrazione militare è in debito verso i fornitori. Il valì è accusato a Costantinopoli dal ferik che le tasse non sono pagate, o se pagate si erogano a scopi diversi che non sieno i militari. Questo stato di cose avrà quindi obbligato il valì ad aggravare la mano sui poveri arabi in tanta miseria ridotti. In questi fatti tuttavia occorre tener presente altra circostanza in relazione alle condizioni politiche della Tripolitania. Dove l'agitazione si manifesta maggiore si è al confine della Tunisia. Il console di Francia assicurava, il cavalier Grande, esistere positivamente questo fermento nelle tribù della Tripolitania; fermento difficile a reprimersi. Finalmente, soggiunge il r. console, che se non si cambia tattica da parte degli agenti francesi ai confini della Tunisia, potrebbero, è questa però una semplice ipotesi, cogliere il pretesto della cattiva amministrazione, dell'agitazione degli arabi, della rivalità manifesta fra il valì e il ferik, per far divampare un maggior incendio. Chi sa, egli dice, che gli arabi, accampati oggi vicino alla città, non facciano credere volersi rivolgere al console britannico per poi ricorrere a quello di Francia.

È questo un cenno più abbreviato del rapporto del cavalier Grande. Ho voluto comunicarlo ad ogni buon fine alla S.V. perché, offrendosene propizia occasione ella possa far comprendere come torni opportuno che il Governo ottomano e le autorità che ne dipendano, facciano attentamente sorvegliare questo movimento, essendo veramente essenziale che con una buona ed umana amministrazione, si rimuova il pericolo di gravissime complicazioni. In questo senso mi sono pure espresso col signor console a T ripoli 2 .

Il nostro linguaggio valga altresì a dimostrare la lealtà e la schiettezza dei nostri propositi 3 .

3 Galvagna rispose con R. 85 del 25 agosto del quale si pubblica il seguente brano: il ministro degli esteri «mi dichiarò che comprendeva tutta la gravità della situazione ... e fatto venire un funziona1io superiore del ministero gli diede, in mia presenza, l'ordine di redigere immediatamente un rapporto al gran visir per chiamare la di lui attenzione sui fatti da me esposti e sulla necessità di porvi riparo».

32 1 Cfr. n. 21.

33 2 D. s.n. del 13 agosto, non pubblicato.

34

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO

D. 249. Roma, 14 agosto 1886.

Ringrazio la S.V. pel rapporto confidenziale del 20 luglio ultimo 1 , relativo ai discorsi che le furono tenuti da cotesto ministro di Spagna intorno alla situazione del Marocco.

Noi abbiamo già a più riprese espresso, a questo riguardo, il nostro pensiero. Non vogliamo prendere iniziative; ma, se il Marocco, od altra Potenza, proponesse la revisione del regime delle protezioni, assai volentieri presteremmo la nostra cooperazione, desiderosi di far cessare gli abusi che si deplorano.

Quanto alla guarentigia della integrità territoriale del Marocco, allora soltanto potremmo prendere in considerazione un simile concetto, quando si abbia certezza che, sia gradito, oltre che dalla Spagna, almeno dalla Germania e dall'Inghilterra. Messo innanzi intempestivamente un simile progetto, anziche assicurare l'avvenire, precipiterebbe la catastrofe. Su questo punto conviene adunque che la S.V. si tenga in grande riservatezza.

35

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 106. Vienna, 14 agosto 1886 (per. il 17).

In seguito alle istruzioni contenute nel dispaccio di V.E. n. 100 di questa serie in data 7 maggio scorso 1 , mi feci premura di partecipare all'Imperiale e Reale Ministero degli affari esteri che il Governo di Sua Maestà trovava accettabili le proposte del Governo austro-ungarico tanto per ciò che riguardava la sostituzione dei termini antichi con altri composti di materiale di diverso colore, quanto per l'autorizzazione da darsi alla commissione circa l'impianto e la riparazione dei termini di confine. Gli feci pur noto che il Ministero dell'interno aveva incaricato il prefetto di Verona di prendere gli opportuni concerti col capo dell'autorità politica a Roveredo per la pronta riunione della commissione internazionale, incaricata dei lavori di rettifica del confine fra l'Italia e il Tirolo.

Con nota verbale in data 9 corrente 2 , questo Ministero Imperiale e Reale degli affari esteri m'inviò, in risposta, copia delle istruzioni compartite 1'8 luglio scorso dal Ministero Imperiale e Reale dell'interno alla Luogotenenza Imperiale e Reale d'Innsbruck sui lavori di delimitazione in discorso, con preghiera di farlo pervenire

2 Non pubblicata.

al più presto all'E. V. onde evitare nuove divergenze fra i pit(ni poteri dei commissari austriaci e quelli dei commissari italiani.

Come risulta dal testo di quelle istruzioni, il signor De Trentini, che è succeduto al signor Ebner, come capo dell'amministrazione politica di Roveredo, lo surrogherà pure nell'ufficio che il primo teneva in seno della commissione internazionale.

Nel trasmetter! e qui unito il documento in discorso 3, ...

34 1 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

35 1 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

36

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 934/171. Londra, 14 agosto 1886 (per. il 19).

Mi pregio segnare ricevimento del dispaccio che l'E.V. mi fece l'onore di dirigermi il 4 corrente (124 serie politica)l.

In un colloquio che ebbi con lord Iddesleigh 1'11 corrente circa gli avvenimenti di Gildezza, mi espressi con la Sua Signoria nel modo indicato nel suddetto dispaccio, non tralasciando di menzionare alcuna particolare cosa contenuta in esso. Misi, sopra ogni altro, in rilievo che non potevasi considerare come terminato l'esame della questione della responabilità dell'emiro dell'Harrar nei fatti di Gidezza; e che era necessario di mantenere lo statu quo in Zeila e nell'Harrar, contro ogni possibile velleità della Francia.

Lord Iddesleigh prese nota di tutte le mie dichiarazioni sopra questi capi.

Mi pregò quindi d'assicurare l'E.V. che era suo vivo desiderio di mantenere con lei lo scambio di comunicazioni amichevoli e confidenziali che, per si lungo tempo, aveva distinto le relazioni fra l'Inghilterra e l'Italia. Soggiunse che egli sperava rendere tali relazioni, se fosse possibile, ancora più intime. In una lettera privata mi confermò quindi le cose anzidette.

Ebbi l'onore d'informare l'E.V. di ciò che precede col telegramma d'ieri3.

37

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 726. Parigi, 15 agosto 1886 (per. il 20).

Mi recai ieri a far visita al signor de Freycinet giunto in Parigi per presiedere il Consiglio dei ministri, e donde ripartirà tosto per recarsi di nuovo a Mont-sous

2 Cfr. n. 17. ·

3 T. 1412, non pubblicato.

Vaudrey presso il presidente della Repubblica. S.E. mi parlò dell'accordo intervenuto fra i nostri due Governi per stabilire un modus vivendi provvisorio rispetto alla navigazione internazionale ed alla pesca e mi espresse il suo rincrescimento pel ritardo avvenuto nella notificazione simultanea ed immediata di quell'accordo in tutti i porti francesi del Mediterraneo relativamente alla pesca, ora però i lamenti dei nostri pescatori paiono cessati e non sembra che questo Governo voglia valersi della riserva da lui accennata rispetto alla pesca, di sospendere, cioè, all'uopo il dritto di pesca, il che dovrebbe recare per parte nostra la necessità di usare rappresaglie verso la navigazione internazionale francese. Durante i pochi giorni in cui fu sospesa per i nostri pescatori la facoltà di esercitare la loro industria, pervennero al Governo da varie piazze del litorale, lamenti per mancanza di pesci sui mercati.

Una questione che preoccupa assai il pubblico e che fu oggetto di discussione nel Consiglio dei ministri sopracennato, è quella della destinazione di un rappresentante del Vaticano presso la Corte di Pekino.

Benché dai recenti dispacci di V.E. sembra risultare che il Vaticano sia ben deciso a farsi rappresentare a Pekino, tuttavia questo Ministero ha fatto pubblicare dai giornali che la questione non era ancora decisa. La grande agitazione che si cerca di creare in Francia per farle considerare come un'offesa ai suoi diritti ed al suo prestigio in Asia, il togliere parzialmente il protettorato a cui pretende sopra i cattolici in parecchie di quelle regioni, quella agitazione, dico, è mantenuta, così ho da credere, dal clero francese stesso che esercita, a nome del protettorato, sopra i missionarii delle altre Nazioni e specialmente sugli italiani, una supremazia talvolta molesta che questi sarebbero lieti di scuotere, come me ne ho potuto più volte accorgere conversando con parecchi nostri missionarii.

È certo che ove il fatto avvenisse ciò darebbe un pretesto a coloro che propugnano in Francia l'abolizione del Concordato ed in conseguenza del bilancio del culto.

Nel breve colloquio che io ebbi col signor de Freycinet non credetti di doverlo interpellare su quell'argomento che si trova tuttora nella fase di incertezza e d'irritabilità nervosa, per cui non avrei potuto sperare qualche risposta esplicita in proposito.

35 3 Non allegato.

36 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo V, cit., pp. 341-342.

38

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 80. Therapia, 18 agosto 1886 (per. il 24).

Ho già riferito a V.E. nel rapporto n. 74 del 27 luglio 1 che questo ambasciatore di Russia, al suo ritorno a Costantinopoli, aveva avuto l'onore di rimettere a S.M. Abdul-Hamid una lettera assai amichevole dello imperatore Alessandro. Erano scorsi appena pochi giorni ed il signor Nelidov, otteneva una seconda udienza per presentare al sultano una pelliccia di altissimo prezzo che lo czar gli inviava in dono.

Mi risulta che nei colloqui avuti in queste due circostanze l'ambasciatore di Russia si sarebbe studiato di dissipare nell'animo del sultano qualsiasi sospetto sulle intenzioni men che pacifiche attribuite al Gabinetto di Pietroburgo, e che, per quanto lo consente il carattere timoroso e mutabile di Abdul-Hamid, egli vi sarebbe in gran parte riuscito.

Preparatosi in tal modo propizio il terreno, il signor Nelidov s'adoprerebbe ora ad insinuare nell'animo del sultano l'idea di un'alleanza difensiva tra la Turchia e la Russia. Incaricato del negozio sarebbe il Riza bei, segretario particolare di Sua Maestà, noto strumento del Gabinetto di Pietroburgo che ne ricompensa largamente i servigi. Riza bei avrebbe già iniziata la sua campagna, rappresentando al sultano tutti i vantaggi che esso ritrarrebbe da un accordo con la Russia, mercé il quale l'impero ottomano non soltanto si assicurerebbe l'amicizia di un potente vicino, ma si vedrebbe altresi garantito contro ogni pericolo esterno.

La persona autorevole che mi ha confidati questi dettagli, affermavami altresi che si vorrebbe innanzi tutto indurre il sultano ad indirizzare allo czar una lettera nella quale fosse enunciato «il desiderio di più stretti rapporti d'amicizia tra i due Imperi»; questa lettera servirebbe d'entratura al negozio.

Mi consta che fino ad ora Sua Maestà resiste a queste insinuazioni.

38 1 Non pubblicato.

39

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, ACTON, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1500. Sofia, 20 agosto 1886, ore 23,08 (per. ore 10,35 del 28).

Dans la matinée a été affichée proclamation Gouvernement provisoire, qui dit prince Alexandre s'est pour toujours retiré du tròne, avoir signé abdication s'étant aperçu que son règne était nuisible aux bulgares, que le Gouvernement provisoire aura direction pays jusqu'à ce que l'Assemblée nationale se sera prononcée; déclarait veiller maintien ordre, respect vie, bien des citoyens et des garnisons, à qui on recommande tranquillité. Finit par rappeler que le czar n'occupera pas Principauté Unie sans aide protection. Aucune communication n'à été faite jusqu'à présent aux agents diplomatiques.

40

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 2274. Roma, 20 agosto 1886.

L'incaricato d'affari di Germania venne testé a darmi lettura di un telegramma direttogli, per ordine del cancelliere, dal conte Berchem. Questo telegramma risponde al dispaccio del signor di Keudell, in cui questi riferiva la conversazione meco avuto il 5 corrente, che, dal canto mio, portavo a conoscenza deli'E.V. con mia lettera, riservata alla persona, dello stesso giorno 1 . In esso però, mentre non si fa cenno delle cose da me effettivamente dette all'ambasciatore germanico, si rileva invece un passo del rapporto del signor di Keudell in cui questi diceva che, sebbene non avessi con lui esplicitamente tenuto parola del mio desiderio d'incontrarmi col principe di Bismarck, gli era però rimasta l'assoluta impressione che quell'incontro sarebbe stato da me vivamente desiderato.

Sua Altezza (così si esprimeva il conte Berchem nel suo telegramma) è spiacente dell'evidente e non facilmente spiegabile equivoco occorso in questa faccenda. Infatti (così dice press'a poco il telegramma) «il conte di Launay, accennando ad un viaggio in Boemia che il conte di Robilant avrebbe avuto intenzione di fare nell'estate, aggiungeva, come suo personale apprezzamento, che ciò fornirebbe al ministro propizia occasione d'incontrarsi col principe di Bismarck in qualche luogo di Germania, come Monaco, Kissingen o Gastein». Quella conversazione essendo stata debitamente riferita al cancelliere, Sua Altezza aveva fatto rispondere all'E.V. dal conte Berchem che, dal canto suo, egli sarebbe parimenti lieto di aver l'opportunità di fare la personale conoscenza del suo collega italiano, ma che, la sua salute non consentendogli di venire egli stesso a visitarmi in Italia, il solo mezzo perché c'incontrassimo sarebbe ch'io andassi a trovarlo in Germania; che, però, il darmi un appuntamento di tale natura, senza un'imperiosa necessità, sembravagli cosa meno corretta e poco cortese a mio riguardo. A tali parole (all'incirca), ripetute dal conte Berchem, l'E.V. avrebbe risposto che non era più il caso di discorrere ulteriormente in proposito, poiché da recenti notizie avute le risultava che non avevo punto intenzione di recarmi quest'anno in Boemia, ne altrove all'estero.

Il principe di Bismarck teneva, però, a che tutto ciò pervenisse a mia conoscenza; premendogli, anzitutto, che, ad ogni modo, non potessi menomamente dubitare della premurosa accoglienza che egli avrebbe fatto ad un mio desiderio d'incontrarmi seco lui, desiderio, che ove le circostanze ne avessero consentito l'adempimento, egli avrebbe pienamente meco diviso.

Il conte d'Arco avendomi pregato di dirgli ciò che doveva rispondere a quel telegramma, non esitai ad incaricarlo di ringraziare, a nome mio, il cancelliere per gli amichevoli intendimenti a cui ebbe ad ispirarsi la comunicazione che mi volle far fare; che, in quanto alla questione del mio incontro seco lui, non poteva che ripetere e confermare ciò che già gli avevo detto ieri a tale riguardo, aggiungendo che, persuaso, come più che mai sono, della cordiale accoglienza che troverei, se una circostanza imperiosa rendesse necessario un mio personale incontro con Sua Altezza, non mancherei, all'uopo, di procurarmene l'occasione.

Non credetti, però, dover tacere che, se stava di fatto che l'E.V. mi aveva in una sua lettera particolare manifestata la convenienza, a suo modo di vedere, di trarre partito del pretesto, che ho sempre a mia disposizione, di andare in Boemia

a passare qualche tempo presso la famiglia di mia moglie, per esprimere al cancelliere il desiderio di andarlo a visitare, ovunque si trovi, in Germania od in Austria, io le avevo risposto che, pur apprezzando grandemente quella sua idea, che risponderebbe pienamente ad un mio vecchio desiderio, non ne avrei ravvisato opportuna l'attuazione in questo momento, ritenendo che quel mio viaggio avrebbe levato, si nella stampa italiana che in quella estera, un rumore del tutto fuori di proporzione collo scopo e coi risultati da raggiungersi. Neppure, poi, gli tacqui che l'E.V. non ebbe a farmi cenno di sorta di quanto al riguardo erale stato detto dal conte Berchem, a cui ignoravo completamente che ella avesse tenuto parola del progetto da lei ideato e suggeritomi. Del pari osservai che non una parola al riguardo era stata da me detta su quell'argomento al signor di Keudell, tanto più che, come gli dicevo, un viaggio all'estero non era affatto entrato nei miei progetti per quest'anno.

Nel rendere di tutto ciò informata l'E.V. non posso nasconderle che, stante l'importanza della questione, benché questa non sia ormai più che retrospettiva, mi sarebbe assai grato che ella si compiacesse riferimi, con precisione, come le cose si siano effettivamente passate fra lei ed il conte Berchem nelle conversazioni che, stando al telegramma di Berlino, ella avrebbe avuto con quell'alto funzionario su quel delicato argomento.

40 1 Cfr. n. 18.

41

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 82. Therapia, 21 agosto 1886 (per. il 28).

Il 6 luglio scorso lord Rosebery indirizzava a questo ambasciatore d'Inghilterra un dispaccio con facoltà di darne comunicazione alla Sublime Porta quando il momento paresse a S.E. propizio.

Il dispaccio ricorda l'impegno assuntosi dal Governo ottomano coll'articolo 61 del trattato di Berlino d'introdurre senza ritardo utili riforme nella amministrazione dell'Armenia; accenna alle pratiche già fatte a tal proposito dal lord Dufferin, constata con rammarico la niuna cura datasi dalla Sublime Porta di migliorare le sorti delle popolazioni dell'Asia minore, rileva il malcontento che serpeggia in molti vilayet a causa del pessimo andamento della cosa pubblica; insiste affinché il Governo del sultano s'accinga con la dovuta sollecitudine alla applicazione delle riforme riconosciute necessarie al benessere di quelle popolazioni; e termina col dichiarare che, perdurando questo deplorevole stato di cose, il Gabinetto di Londra non troverebbesi più in grado di difendere, di fronte all'opinione pubblica inglese, il principio dell'integrità territoriale dell'Impero ottomano qualora si trattasse di staccarne provincie che, a buon diritto, si lagnano della mala amministrazione ottomana.

Questo dispaccio non è stato da sir Edward Thornton comunicato alla Porta che la scorsa settimana, e mi risulta che esso ha prodotto colà ed al Palazzo viva e dolorosa impressione.

Una circostanza voglio far rilevare a V.E. ed è che il dispaccio di lord Rosebery porta la data del 6 luglio ed è quindi posteriore di pochi giorni alla decisione presa dalla Russia riguardo a Batum, v'ha quindi evidentemente una relazione tra i due fatti; il Governo britannico ha voluto forse far avvertito il Gabinetto di Pietroburgo ch'esso continua ad interessarsi alle sorti avvenire delle provincie asiatiche della Turchia che non intende abbandonare al beneplacito della Russia.

42

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 730. Parigi, 21 agosto 1886 (per. il 24).

Appena ricevuto il telegramma di V.E. in data del 17 corrente 1 , S.E. il generale Menabrea incaricò il cavaliere Sernicoli di fare le più diligenti indagini per appurare se alcun sintomo indicasse che la passione degli anarchici si fosse negli ultimi anni riaccesa contro il Papato e se fosse perciò verosimile che da alcuni di essi si meditasse un attentato contro la persona del pontefice. In mancanza di qualsiasi informazione più precisa atta a convalidare il sospetto che un simile attentato si prepari, non era difatti possibile di dare alle prime indagini un altro obbiettivo.

Ho l'onore di trasmettere ora qui unito all'E.V. il rapporto col quale il cavaliere Sernicoli si sdebitò dell'incarico avuto e da cui risulta per lo meno la poca probabilità della notizia che fu data a codesto ministro dell'interno.

ALLEGATO

L'ISPETTORE DI PUBBLICA SICUREZZA, SERNICOLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

R. Parigi, 21 agosto 1886.

Dalle indagini da me fatte con tutta diligenza è risultato, che nei comitati e gruppi anarchici, sia francesi sia italiani, esistenti a Parigi, fra le tante proposte più o meno

fantastiche discusse in questi ultimi tempi, non fu mai questione di progetti di attentati contro la vita del papa.

Anzi posso assicurare, in seguito a rapporti di persone che assistono alle riunioni le più segrete, che del papa non si è mai parlato né in bene né in male.

Ritengo pertanto che la notizia fatta pervenire al r. ministero, circa un progetto di attentato contro il Vaticano, per ciò che riguarda gli anarchici francesi e quelli di Parigi, sia assolutamente priva di fondamento.

42 1 T. 697, non pubblicato.

43

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 245. Pietroburgo, 21 agosto 1886 (per. il 26).

Nessun sintomo fa presentire un riavvicinamento immediato della Russia alla Francia. Alcuni fatti prodottisi in questi ultimi scorsi mesi hanno dimostrato che l'imperatore, nel quale alla fine si concentra tutta la direzione della politica estera di questo Impero, ha fatto marcatamente notare l'isolamento in cui egli lascia la Francia.

Che questa non negligenti alcuna occasione per affermare le questioni nelle quali la Russia può aver interesse a separarsi dalla Germania, ed in tali questioni mettersi d'accordo con essa, è naturale. La Francia trova poi qui il suo alleato nel partito, e non è piccolo, che nutre tendenze panslaviste.

Malgrado ciò l'antipatia di questa Corte, e per conseguenza del Governo verso la Francia. è abbastanza palese; si ha e ripugnanza ad annodare legami di stretta amicizia con un Paese il cui regime non è simpatico, ed esitanza a trattare con un Governo che presenta agli occhi dei governanti russi poca stabilità.

Finora la Repubblica non inviò alcun ambasciatore, e l'imperatore non mostrò desiderarne, dopo che fu messo a riposo il generale Appert. Questi era riuscito ad occupare una eccellente posizione presso la Corte imperiale, e, rimanendo lui, forse la Francia si sarebbe potuta avvicinare di più alla Russia. Ma il Governo francese più preoccupato di conservare la repubblica che di fare una politica estera vantaggiosa al proprio Paese, troncò il lavoro preparatorio richiamando il generale Appert perché di sentimenti non repubblicani. Né è a dire che al Governo francese importi poco che la Francia non sia qui rappresentata da un ambasciatore.

Esso rimproverò all'incaricato d'affari che successe al generale Appert, di non essere riuscito né a far gradire il generale Billot, né a far esprimere dal Governo imperiale il desiderio di avere un ambasciatore francese in questa capitale. Il signor Ternaux-Compans, non giudicandosi meritorio di tal rimprovero, chiese d'esser messo in disponibilità credendo di non più godere la fiducia del suo Governo. La sua domanda non fu accettata, e fu collocato invece a riposo. Ora egli, rimasto a Pietroburgo senza alcuna veste ufficiale, fu fatto segno, nelle feste che ebbero luogo a Peterhoff, in occasione della visita degli arciduchi d'Austria, della regina e dei principi di Grecia, alla più grande attenzione di tutta la Corte imperiale mentre invece il nuovo incaricato d'affari di Francia è lasciato in abbandono.

Di quanto ho l'onore di comunicare col presente mio rapporto all'E.V. condivido l'opinione dei miei colleghi, coi quali ci scambiammo a tal proposito le nostre idee.

44

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DALLA VALLE 1

D. 292. Roma, 22 agosto 1886.

Facendo seguito al mio dispaccio del 30 maggio u.s. 2 e riferendomi al rapporto del barone Blanc in data del 6 giugno 2 .

La prego di notificare a S.E. il ministro di Stato che il protocollo tra l'Italia e la Colombia, firmato a Parigi addi 24 maggio 1886, per regolare il procedimento della mediazione della Spagna nelle controversie pendenti tra i due Governi, è stato approvato, tanto dal Governo del re, quanto dal Governo colombiano.

Copia del protocollo è stata, a suo tempo, già rimessa a codesto Gabinetto.

Come corollario di siffatta notificazione, e in conformità di identica richiesta che sta per esser fatta dal rappresentante di Colombia a Parigi, la S. V. vorrà, in nome del R. Governo, formalmente richiedere S.E. il ministro di Stato di volerei porgere nuova prova di benevolenza coll'accettare, nei termini oramai convenuti tra le due parti, la mediazione che queste intendono offrire al Governo di S.M. la Regina reggente.

Intorno al compito che a codesta legazione rimane assegnato nel corso della mediazione, mi riservo di porgerle, in breve, opportune istruzioni. Intanto la S.V. vorrà officiosamente e confidenzialmente annunciare a S.E. il ministro di Stato che, volendo rendere più agevole e più spedita, in quanto da noi possa dipendere, l'opera del mediatore, ho divisato d'inviare a Madrid il cavaliere Segrè, già r. incaricato d'affari in Bogotà, il quale conoscendo ogni più minuto particolare delle singole controversie, potrà prestare utilissima collaborazione al rappresentante di S.M., mentre questi, e questi soltanto, dovrà avere, col ministro di Stato, rispetto alla mediazione, rapporti e comunicazioni ufficiali 3 .

2 Non pubblicato nel vol. XIX della serie Il.

3 Con R. 319 del 29 agosto, non pubblicato, Dalla Valle riferi che Moret gli avrebbe inviato quanto prima l'accettazione ufficiale della mediazione.

44 1 Ed. in LV 54, p. 118.

45

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, ACTON, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 543. Sofia, 22 agosto 1886 (per. il 30).

Dai miei precedenti rapporti n. 540 di ieril e n. 542 di oggi l, l'E.V. avrà potuto scorgere che nelle difficili circostanze in cui travasi adesso il corpo diplomatico-consolare di Sofia, in seguito all'arresto ed espulsione del principe Alessandro ed alla formazione di un governo provvisorio non basato sulla costituzione, io mi adoperai a tenermi continuamente unito ai colleghi di Germania, Inghilterra, Austria e di Francia, e regolare la mia condotta su quella che tutti d'accordo ci siamo prefissa.

Cioè: riserva assoluta; non avere alcuna relazione ufficiale col governo provvisorio; tutelare la colonia in caso di disordini; salvaguardare durante lo stato di assedio i privilegi accordati agli stranieri dai trattati; cercare officiosamente di consigliare il rispetto dei beni di Sua Altezza e della sua persona nel viaggio fino alla frontiera.

Ciò in attesa delle istruzioni che tutti chiedemmo.

Nel supplicare l'E.V. di volersi degnare d'impartirmi le istruzioni che nell'alto suo discernimento crederà opportune, mi sono permesso, nel telegramma di questa sera2 , che qui confermo, di esprimere il mio umilissimo avviso in proposito.

Assai più dell'Italia, altre Potenze, l'Austria, l'Inghilterra, la Germania, per non parlare della Russia che sembra adesso padrona della situazione, sono direttamete interessate in Bulgaria e in Rumelia, e devono quindi risentirsi delle conseguenze degli ultimi avvenimenti.

A me pare dunque che la nostra politica in questo Paese, pel momento almeno, debba essere circospetta e riservata fin quando i Gabinetti d'Europa non abbiano chiaramente mostrato le loro intenzioni.

D'altra parte occorre anche attendere che la Bulgaria tutta si pronunzi sull'espulsione del principe e sul ritorno verso la Russia; giacché finora tutto fu opera di pochi soldati che forse non si rendevano ben conto di quello che facevano; gli abitanti di qui si mostrano indifferenti, probabilmente per tema di una repressione militare; e dal resto del Principato e dalla Rumelia nulla si sa sull'attitudine del popolo e dell'armata.

Non insisto più a lungo su questo argomento, parendomi aver già troppo osato emettendo la mia opinione in materia sì delicata e di esclusiva competenza del R. Governo.

Nella speranza però che V.E. vorrà degnarsi di scusare il mio ardimento 3 .

2 T. 1502, non pubblicato.

3 Annotazione a margine del l settembre di Robilant: «Si è regolato molto bene. Ha riferito ottimamente sono molto contento di lei».

45 1 Non pubblicato.

46

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1440. Therapia, 23 agosto 1886, ore 18,20 (per. ore 19,30).

Tout le monde ici, à l'exception peut-ètre de l'ambassadeur de Russie, était loin de prévoir les événements qui se sont accomplis ces jours-ci à Sofia. Quant à la Porte, surprise autant que nous tous: ses intentions pour le moment sont énoncées dans le télégramme circulaire de cette nuit, dont V.E. aura déja eu communication. Les nouvelles reçues depuis de la Bulgarie signalent une réaction en faveur du prince Alexandre et un commencement de désaccord entre !es membres du Gouvernement provisoire. Si ce désaccord s'accentuait il y aurait lieu de craindre l'anarchie d'abord et ensuite la guerre civile. Cette éventualité cause beaucoup de préoccupation à la Porte, car elle pourrait nécessiter une intervention armée pour le rétablissement de l'ordre, intervention que la Turquie, pour sa part, déclinerait sans aucun doute, et qui serait acceptée et exécutée par la Russie. C'est dans ce sens que viennent de me parler le ministre des affaires étrangères et le secrétaire général, qui m'ont également laissé entrevoir le désir de provoquer la réunion de la conférence.

47

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 717. Roma, 24 agosto 1886, ore 13,20.

D'après les nouvelles plus récentes de notre vice-consul à Rustciuk 1 , le mouvement de Sophia a un tout autre caractère que celui indiqué dans son premier télégramme2 • Le Gouvernement provisoire avait voulu faire croire qu'il résultait de l'union de tous !es partis. On voit maintenant que c'est un coup d'état de M. Zankoff et du parti russe. Le vice-consul ajoute que la population est mécontente, mais qu'elle n'ose pas bouger à cause de l'état de siège. Notre consul a Philippopoli télégraphie qu'une contre-révolution a éclaté dans cette ville avec l'appui de l'armée et qu'o n y a nouvellement proclamé le prince Alexandre.

47 1 T. 1448 del 23 agosto, non pubblicato. 2 T. 1434 del 21 agosto, non pubblicato.

48

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA 1

D. 87. Roma, 24 agosto 1886.

L'ambasciatore di Turchia è venuto, per istruzione del suo Governo a darmi lettura e !asciarmi copia dell'acchiuso telegramma 2• Una identica comunicazione, naturalmente, è stata diretta alle singole Grandi Potenze.

Non mi soffermerò sulla prima parte del telegramma, là dove la Sublime Porta riproduce le istruzioni che, al primo annuncio dei casi di Sofia, furono impartite al commissario ottomano presso il Governo principesco. Agli occhi nostri, l'importanza del documento consiste soprattutto nella seconda parte, dove la Sublime Porta dichiara di non volersi dipartire, in questa circostanza, dalla linea di condotta che si è prefissa fin dall'inizio della questione rumeliota, e di volersi giovare, anche nella nuova fase della questione, del concorso delle Potenze per ricondurre lo stato delle cose, in Bulgaria, a condizioni normali e conformi alle stipulazioni internazionali.

Fotiades pascià desiderava conoscere il mio pensiero, tale essendo, come apparisce dal telegramma, l'ordine pervenutogli dal suo Governo. Ma io dovetti, a mia volta, dichiarargli la impossibilità, in cui mi trovo, di pronunciarmi in un senso qualsiasi, mentre mi sono assolutamente ignoti la genesi e lo svolgimento dei fatti. Vedremo, a suo tempo, se non sia il caso di fare rimostranza formale per la assoluta e violenta interruzione d'ogni comunicazione telegrafica, da cui non furono immuni, a Sofia, neppure gli agenti delle Potenze; sta, in ogni modo, il fatto che la deposizione del principe sarebbe avvenuta nella notte tra il 20 e il 21, ed oggi ancora, mentre le scrivo, non ci è pervenuto, dalla agenzia in Sofia, pur un cenno di ciò che ivi è occorso.

Per il momento io non potevo quindi, -dissi all'ambasciatore ottomano, -che ringraziare la Sublime Porta della sua comunicazione, e riconoscere che il procedimento da essa adottato ha, verso le Potenze, un carattere essenzialmente corretto.

L'attuale incidente di Sofia avviene quando appunto sono assenti dalle loro sedi ufficiali quasi tutti i ministri dirigenti e gli ambasciatori. Questa sarà, anche questa volta, come già lo fu lo scorso anno, ragione di indugio. Espressi, nondimeno, all'ambasciatore ottomano la lusinga che non tardino a giungere notizie dirette, sicure, officiali, e che lo scambio di idee tra i Gabinetti possa tosto iniziarsi e condursi a soddisfacente conclusione.

48 1 Ed. in LV 55, pp. 11-12. 2 lvi, pp. 10-11.

49

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, ACTON, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1517. Sofia, 25 agosto 1886, ore 13,20 (per. ore 23,20 del 28).

24 aout, midi. -M. Karaveloff vient de faire faire aux représentants Grandes Puissances la communication officielle suivante: !es nouvelles de la province et de la Roumélie sont très alarmantes. Armée entière, peuple hostile au Gouvernement provisoire, et se révoltent M. Stambuloff à Tirnovo et colone1 Mutkouroff ont été proclamés ... 1 Les régiments d'infanterie de Viddin, Philippopolis, Tirnovo marchent sur la capitale. En face de gravité de la situation le représentant russe, d'accord avec Gouvernement provisoire, offre à M. Karaveloff de prendre le pouvoir avec le ministre de la guerre Nikiforoff et le président de la Chambre des députés Stambuloff. Ces personnages seraient !es trois régents selon la constitution et nommeraient un Ministère. M. Karaveloff demande conseil aux représentants Grandes Puissances, leur assurant purement et simplement saura maintenir ordre. Six représentants réunis, bien que sans instructions, vue l'urgence, et pour éviter effusion de sang, ont décidé à unanimité d'engager M. Karaveloff à accepter offre. Agent diplomatique fut chargé de donner verbalement ce conseil; Karaveloff accepte Gouvernement provisoire et le major Grueff démissionnaire. Régence est formée comme ci-dessus. Corps diplomatique très irrité parce qu'on a retenu toutes !es dépèches télégraphiques. Je prie V.E. envoyer instructions 2 et accuser réception de mes deux télégrammes 3 .

50

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4255. Berlino, 25 agosto 1886 (per il 29).

Il sottosegretario di stato conte di Berchem, in una visita che mi occorse di fargli oggi, non avendo avuto luogo ieri il solito suo ricevimento ebdomandario, mi parlò, prima ancora che io gliene muovessi domanda, dei recenti fatti di Bulgaria. Il

Cfr. n. 55. 3 T. 1503 del 22 agosto e T. 1505 del 24 agosto, non pubblicati.

Ministero imperiale degli affari esteri non aveva, riguardo ad essi, alcuna diretta notizia, essendo interrotte le comunicazioni con quel Paese; risultavagli solo, a non poterne dubitare, che al primo moto rivoluzionario avvenuto in Sofia, contrario al principe Alessandro, erane subentrato un altro, in Filippopoli e altrove, a lui favorevole; essere in ogni modo indispensabile, prima di addentrarsi nell'esame di tali avvenimenti o discutere come che sia intorno a essi, di conoscerne con esattezza i particolari di fatto, non potendo aver luogo un giudizio od una deliberazione qualsiasi sulla base di semplici informazioni molto spesso contraddittorie e confuse,

o di congetture. In questo senso il conte di Berchem si era pure espresso coi rappresentanti di Russia e di Inghilterra che si erano recati da lui per scandagliare, parmi, gli intendimenti del Governo germanico di fronte ai detti avvenimenti. Che poi lo avesse fatto anche con quello di Turchia, e se avesse avuto da parte di quest'ultimo una comunicazione analoga a quella ricevuta da V.E. non potei appurare. Intanto egli si preoccupava moltissimo della sorte del principe, di cui mancavano già da troppi giorni positive notizie. Noi siamo dicevami, molto inquieti sul conto suo, non già perché egli sia principe tedesco, ma per puro sentimento umanitiario a quest'ora dovrebbe trovarsi già su territorio russo: ma perché dunque non giungono ancora ragguagli a suo riguardo?

Nel telegramma che ebbi l'onore di inviare oggi stesso all'E. V. 1 su questo oggetto, feci osservare che il sottosegretario di stato aveva posto molto insistenza nel parlarmi delle inquietudini sue e del suo Governo sulla sorte del principe di Bulgaria. Debbo ora giungere che ho stimato opportuno di mostrarmi penetrato io pure di quel sentimento e di esprimere la personale mia convinzione che il Governo del re condivide certamente quell'interessamento e quelle preoccupazioni 2• Terminava il conte di Berchem chiedendomi quale fosse l'apprezzamento dei giornali italiani sui fatti di Bulgaria.

Al che avendo io risposto che per quel poco che mi constava, stante la vicinanza così prossima dei casi occorsi, la stampa nostra parevami inclinata ad attribuire la disposizione del principe Alessandro ad un intrigo del partito panslavista, si astenne da ogni commento in proposito.

Credo inoltre prezzo dell'opera il far notare a V.E. che allorquando il mio interlocutore ribadiva il soggetto delle inquietudini sulla sorte del principe, non mancava di farmi comprendere che nel fondo, poi, poco preme, d'altra parte, alla Germania, di quelle 3 del popolo alla testa del quale egli trovavasi.

Ringraziando in questo incontro l'E.V. dei telegrammi che si compiacque dirigermi il 22 ed il 24 corrente sugli avvenimenti in discorso\ ho l'onore di rinnovarle ...

2 Annotazione di Robilant a margine: «Se non si sbilancia mai più di così, non c'è da temere».

3 Annotazione di Robilant a margine: «che quelle?».

4 T. 708, non pubblicato; cfr. n. 47.

49 1 Gruppo indecifrato.

50 1 T. 1461, non pubblicato.

51

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIA TE

T. 731. Roma, 26 agosto 1886, ore 13,35

Voici l'ensemble de nos reinseignements. l) Le Gouvernement éphémère est tombé à Sophia, et l'autorité du prince est à peu près retablie partout en Bulgarie comme en Roumélie. Le Ministère s'est reconstitué dans la présidence de Karaveloff. 2) Le prince débarqua à Reni, libre, poussant son chemin vers l'occident.

52

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 2278. Roma, 26 agosto 1886.

Il signor de Keudell aveva, poco prima di lasciar Roma, riassunto, in apposito rapporto, le manifestazioni della pubblica stampa, in Italia, rispetto al rinnovamento di particolari accordi colla Germania e coll'Austria-Ungheria. A questo rapporto risponde ora la cancelleria germanica, con dispaccio in data di Berlino, 20 agosto corrente, di cui l'incaricato d'affari imperiale, conte d'Arco, mi diede oggi conoscenza.

Il dispaccio fa cenno, in primo luogo, delle allusioni che dai nostri giornali continuamente si fanno alla visita non restituita dai sovrani di Austria-Ungheria ai nostri sovrani. Vi si osserva che l'Italia non dovrebbe attribuire alla cosa importanza maggiore di quella che realmente ha, dovendosi por mente che l'imperatore Francesco Giuseppe ha duplici doveri, verso il re d'Italia e verso il papa, e che, trattandosi in certa guisa di affare tra l'imperatore e il suo confessore, è difficile di erigersi a giudici in proposito.

Il dispaccio passa indi agli accordi da stabilirsi . tra l'Italia e i due Imperi, e nota che la stampa italiana considera quegli accordi dal punto di vista dei mutamenti territoriali che potrebbero esserne la conseguenza, mentre invece l'alleanza fra i due Imperi ha precisamente per iscopo principale, anzi unico, il mantenimento assoluto dallo stato di cose attuale, senza mutamenti territoriali qualsiasi. Questo fu appunto l'obiettivo del convegno di Gastein, nel quale nulla venne stipulato ex nova, e solo fu riconosciuto, anzi viemmeglio riconfermato, lo stato di cose preesistente. Circa il convegno di Gastein, e l'apparente maggior solennità che questa volta ebbe, il dispaccio fornisce altresi spiegazioni oramai ben note e che sarebbe inutile di qui ripetere.

Ho risposto al conte d'Arco osservando, anzitutto francamente che io non comprendeva come potesse figurare in un documento della cancelleria germanica l'incidente della visita non restituita dai sovrani austro-ungarici ai nostri sovrani, imperocché questo incidente concerne esclusivamente l'Austria-Ungheria e l'Italia; premessa la quale riserva, dovevo anche soggiungere il mio apprezzamento essere alquanto diverso da quello espresso nel dispaccio del 20 agosto 1•

Rispetto al rimanente, io non avevo -dissi all'incaricato d'affari -osservazione alcuna da fare, salvo questa: che ogni lega od accordo per il mantenimento della pace implica necessariamente la previsione che questa possa essere turbata; ed infatti la contingenza di ostilità è sempre contemplata in simili stipulazioni, e se ne vogliono prendere in considerazione, regolandole, le possibili conseguenze.

E così ebbe termine il nostro colloquio, del quale giova rimanga traccia nel mio carteggio con codesta ambasciata.

53

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

P.. RISERVATO S.N. Homburg, 26 agosto 1886.

La dépèche que vous m'avez fai t l'honneur de m'écrire en date du 5 aoùt 1 , m'a été remise ici le 22 de ce mois par M. le chevalier de Robilant.

J'en ai pris lecture avec le plus vif intérèt. Les raisonnements de V.E. resteront gravés dans ma mémoire pour l'éventualité où je serais ultérieurement appelé à y conformer mon langage.

Maintenant que vous avez expliqué à l'ambassadeur d'Allemagne, au su jet de l'échéance de nos accords avec les deux Empires, votre m~mière de voir semblable à celle que vous me mandiez dans vos communications précédents, la giace est en quelque sorte rompue. Il faut espérer qu'elle ne se réformera pas. J'en aurais été presque certain si l'occasion s'était présentée, ou se présentait bientòt d'une rencontre entre V.E. et le chancelier. Vos appréciations exposées de vive voix et à brùle-pourpoint avec l'autorité que leur ajouterait encore votre qualité de conseiller de la Couronne, auraient produit une sérieuse impression. Mais je crains que l'entremise d'un tiers n'ait pas l'efficacité suffisante. D'un autre còté, je ne voudrais pas que le prince de Bismarck prìt trop à la lettre votre déclaration qu'avec ou sans alliance nous nous appliquerions à maintenir un accord intime avec l' Allemagne et l'Autriche-Hongrie. Si à Berlin et à Vienne on se croyait, quand meme, sùrs de l'Italie, ce ne serait pas le moyén de convaincre ces deux Gouvernements de la

53 1 Cfr. n. 18.

convenance, pour eux aussi, de renouveler l'alliance sous de meilleures conditions à notre égard. Il vaudrait mieux laisser planer un certain vague sur nos dispositions ultérieures, afin qu'ils y voient un motif de plus de nous faire des ouvertures acceptables.

Je me réfère d'ailleurs à ce que j'ai précédemment écrit avec cette franchise de langage que personne ne saurait prendre à mal, parce qu'elle n'est dictée que par ce que j'estime ètre dans l'intérèt du roi et du Pays. Nous ne devons rien négliger, comme V.E. le fait avec circonspection et dignité, pour que des arrangements nouveaux sauvegardent davantage nos intérèts. Mais si tous nos efforts échouaient, il serait, à mon avis, préférable de renouveler à peu près telles quelles les anciennes clauses, que de rester sans Traité. L'Autriche aurait alors barre sur nous; l'Allemagne, obbligée par position à soutenir per fas et nefas une alliée dont elle ne peut se passer, pourrait se trouver dans la nécessité pour la river toujours, plus de son coté, à faire des concessions à notre détriment. L'absence d'une alliance avec l'Italie, les délivrerait au besoin l'une et l'autre de tout scrupule. Il y a la France il est vrai; mais l'Italie monarchique ne saurait ètre l'alliée de la République. Et si le peuple italien était assez insensé pour se jeter dans ses bras, pour vouloir dans un moment de dépit forcer la main à ses gouvernants, nous signerions en ce cas une bien mauvaise lettre de change et les maux, qui en résulteraient, seraient plus graves encore que les conséquences d'une occupation française dans la Tripolitaine. Il ne m'est pas prouvé d'ailleurs, si pareille tentation en Afrique se faisait par la France et si nous nous mettions résolument en travers, que l' Allemagne et mème l' Angleterre se montreraient indifférentes et ne donneraient pas signe de vie. Mais l'attitude de la première de ces Puissances serait toute autre dans le cas où nous aurions en l'air de ne plus nous soucier des anciens accords, quelque incomplets qu'ils fussent. Je pense, au reste, que si au Iieu du role de spectateur nous eussions pris hardiment le role d'acteur lors de l'occupation de Tunis, les événements auraient suivi un autre cours. Nous aurions pu prendre à notre tour des gages.

Je transmets ce rapport sous double enveloppe à mon fondé de pouvoirs à Turin, avec l'instruction de le mettre à la poste.

52 1 Cfr. n. 40.

54

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 96. Belgrado, 26 agosto 1886 (per. il 2 settembre).

Quantunque in questi giorni io non abbia conversato col re, pure mi sembra utile di qui riassumere ciò che Sua Maestà è andata esprimendo alle persone di maggiore fiducia che ha avuto occasione di vedere. Deplora la rivoluzione bulgara e manifesta simpatia per il principe Alessandro. Anzi aveva pensato a telegrafargli per dirgli che se torna in Bulgaria il passato sarebbe dimenticato e sperava procedere di pieno accordo con lui, pensiero a cui però non fu dato seguito. Il re ha aggiunto con un amico mio: «En defendant sa peau je défends ma peau», giacché è un cattivo esempio per questi giovani popoli il disfarsi così dei propri reg~itori; al di sopra degli interessi politici stanno i principii che bisogna mantenere illesi. Ha chiamato disgustosi gl'intrighi russi. All'incaricato d'affari d'Austria ha palesato la sua dispiacenza per l'indifferenza dei giornali di Vienna e di Berlino, ed ha osservato ciò non essere un incoraggiamento per sé e per gli altri che seguono la politica dei Gabinetti di quei due Paesi. Sua Maestà crede che dopo il convegno di Franzensbad, al più fra una o due settimane, si saprà se il principe Alessandro torna, com'egli spera, e se si ricorrerà ad un congresso. Secondo notizie privatamente pervenutegli, finora il principe di Bismarck e il signor di Giers non avrebbero potuto accordarsi sulla scelta di un successore. Ove il Battenberg sia rimosso non può prevedere che due soluzioni: o l'occupazione russa

o un principe debole o impopolare; situazione in entrambi i casi precaria e gravida d'incertezze per la penisola dei Balcani.

Due cose, signor ministro, questo Governo soprattutto teme in Bulgaria, e sono: l'occupazione russa e una candidatura Karageorgevich. Spera che il Gabinetto di Vienna avrà autorità sufficiente per garantirlo contro ambo queste eventualità, che il re Milano considererebbe come il principio della propria fine. L'influenza austriaca in Serba sparirebbe completamente e i membri stessi dell'attuale Gabinetto sarebbero i primi, come l'uno di essi affermò l'altro giorno, ad accorrere a Sofia a recitare il mea culpa davanti alla Russia.

Il re Milano non ha rinunziato al suo viaggio all'estero; anzi al primo momento di quiete, ancorché fosse per brevissimo tempo, si recherà in Austria e a Vienna. In questi giorni vede di continuo il conte Bray, verso il quale adesso manifesta viva simpatia.

55

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, ACTION

T. 734. Roma, 27 agosto 1886, ore 16,30.

Abstenez vous de tout acte de reconnaissance officielle d'un Gouvernement quelconque tant que vous n'en recevrez pas l'ordre; n'entretenez donc que des rapports officieux d'accord avec ceux de vos collègues qui ont des instructions analogues, dans le seul but du maintien de l'ordre et de la protection de nos nationaux.

56

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DALLA VALLE

D. 293. Roma, 27 agosto 1886.

Il barone Franchetti, con rapporto del 21 corrente l, confermando un telegramma dello stesso giorno 2 , m'informava che il signor Moret era animato da un vivo desiderio di concertare un'azione comune coll'Italia nella questione della protezione delle missioni religiose in Cina; temeva solo complicazioni con la Santa Sede. Pareva al barone Franchetti che il signor Moret desideri anzi tutto una chiara esposizione del mio modo di vedere.

In questa materia, il nostro concetto, come apparisce dal precedente carteggio, si può riassumere in questi tre punti:

l) Non ammettiamo la pretesa della Francia di proteggere i missionari di nazionalità italiana come se fossero francesi;

2) Siamo disposti a proteggere i missionari di nazionalità italiana, concedendo loro passaporti, al pari di qualunque altro cittadino;

3) Desideriamo che il Governo cinese conosca formalmente questo duplice nostro intendimento, che noi faremo opportunamente noto a Pechino.

Se il signor Moret conviene nel nostro pensiero, si potrebbero mandare ai rispettivi rappresentanti istruzioni identiche e foggiate secondo i principii qui sopra espressi.

Noi abbiamo oramai, mercé le dichiarazioni del Governo cinese e mercé la recente manifestazione officiosa del Vaticano, la certezza che simili istruzioni non possono suscitare conflitti né col Governo imperiale, né con la Santa Sede.

57

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 111. Vienna, 27 agosto 1886 (per. il 29).

Il conte Kalnoky, a cui avevo fatto esprimere il desiderio di vederlo per parlargli degli eventi di Bulgaria, mi diede oggi convegno al Ministero degli affari esteri, dove non mancai di recarmi. Il colpo di mano di Sofia e i fatti che ne

56 1 R. 315, non pubblicato. 2 T. 1435, non pubblicato.

seguirono avevano sorpreso, e spiacevolmente sorpreso, il ministro imperiale austro-ungarico. La pretesa connivenza dell'Austria e della Germania in quest'avvenimenti, della quale parlò una parte della stampa evidentemente presa alla sprovvista e scombussolata, deve considerarsi, appena mi occorre il dirlo, come sogno di mente turbata.

Il conte Kalnoky mi disse che era tuttavia privo di ragguagli diretti su tutto ciò che era succeduto a Sofia e nelle altre località del Principato bulgaro e della Rumelia; per conseguenza egli doveva riservare il giudizio sino a più esatte e più autentiche informazioni. La di lui impressione era che gli eventi di Sofia erano il resultato di una congiura, la quale aveva avuto per effetto <Ji far partire il principe, ma poi era stata sventata e disfatta. Il principe Alessandro era perciò in questo momento, di diritto di fatto, tuttora principe della Bulgaria, benché si trovi in realtà su territorio straniero. Di fatti le ultime notizie recano che il principe Alessandro è atteso oggi a Leopoli (Lemberg) d'onde deve proseguire il suo viaggio per la Germania.

Il conte Kalnoky trova la circolare turca singolarmente indulgente e assai debole giacché in essa il Governo del sultano sembra prendere facile partito della pretesa demissione del principe Alessandro, e a proposito degli eventi di Sofia, non fa che esprimere qualche dubbio sul grado di legalità dell'atto che ha privato il principe Alessandro (così la circolare) della sua dignità. Il ministro austro-ungarico è di parere che il Governo russo non fu direttamente mescolato nello attentato di Sofia, ma non può disconoscere che gli agenti russi e specialmente il console russo a Sofia, fecero tutto il possibile per comprometterlo. Per buona ventura (soggiungeva il conte Kalnoky) le relazioni fra i Governi d'Austria e di Germania da l'un lato, e quelle della Russia dall'altro, sono in tale intimità da impedire una conflagrazione generale.

Questo è tutto ciò che il conte Kalnoky mi ha detto, in sostanza, sui gravi eventi di Sofia, il di cui esito finale è tuttora incerto. Devo aggiungere che ho trovato il ministro imperiale assai annoiato e disgustato di questi fatti, ma perfettamente calmo.

Il conte Kalnoky non andrà a Franzensbad a far visita al signor de Giers, ma ci è in questo stesso giorno il principe di Bismarck il quale vi rappresenterà la parte dei due Imperi centrali alleati.

Quale che possa essere il conflitto degli interessi dei tre Imperi, e specialmente dell'Austria e della Russia, sul terreno bulgaro-rumeliota, è evidente che le relazioni risolutamente pacifiche e amichevoli dei tre Sovrani, e dei loro rispettivi Governi, sono un'arra di pace per l'Europa.

Quanto all'Inghilterra, è da prevedersi che, se il principe Alessandro in seguito a questi fatti cesserà di governare la Bulgaria, ciò sarà probabilmente a scapito dell'influenza inglese. Ma il Gabinetto di Londra non deve scordare che l'anno scorso esso appoggiò efficacemente il movimento rumeliota e si oppose al ritorno puro e semplice allo stato di cose determinato dal Trattato di Berlino. Ora quella infrazione al Trattato di Berlino ne produsse parecchie altre e ne produrrà, purtroppo, ancora in avvenire. Il Gabinetto di Londra potrà esserne spiacente, ma non avrà molta ragione di lagnarsene.

58

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, ACTON, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 548. Sofia, 27 agosto 1886 (per. il 5 settembre).

Il signor Stephen, reggente l'agenzia diplomatica britannica, mi disse quest'oggi avere appreso da fonte certa, e potermi quindi assicurare che il rappresentante russo in Sofia aveva fatto ieri, a nome del suo Governo, la seguente dichiarazione al signor Karaveloff:

«Constare al Gabinetto di Pietroburgo che la Serbia mobilizzava l'esercito e si approntava a muovere guerra alla Bulgaria; che la Russia offriva ai bulgari il suo aiuto morale e materiale purché essi rinunciassero a richiamare in Paese il principe Alessandro. In caso contrario la Russia tenere pronte tre divisioni di truppe, delle quali una ad Odessa, per occupare il Principato».

Io mi affrettai a comunicare telegraficamente quando precede all'E.V. con telegramma che qui confermo l, facendo però le più ampie riserve; riserve che qui rinnovo e sulle quali insisto, non avendo riescito ad appurare simile notizia, che per la sua gravità avrebbe già dovuto trapelare da altre fonti, mentre invece sento dire che la Serbia non si occupa punto della mobilizzazione.

Il mio collega d'Inghilterra, a proposito di quanto asseriva, mi osservava che la Russia, pur essendo riuscita nel suo intento, a sbarazzarsi cioè del principe Alessandro, aveva dovuto provare dopo gli avvenimenti del 21, una grande disillusione. Essa credeva che coll'allontanare il principe Alessandro, che si figurava impopolare ed odiato dai bulgari e rumelioti l'intiero Paese si sarebbe mostrato contento e, ritornato docile, a chiedere l'alta sua protezione; invece avvenne precisamente il contrario: il popolo non si mostra soddisfatto, ma è sdegnato e proclama traditori quelli che fecero ed approvarono la rivolta; non si rivolge alla Russia per invocare l'assistenza, ma domanda il ritorno del principe.

Subìto lo scacco, il Governo imperiale cerca ora di riconquistare la sua egemonia qui con altri mezzi; ed il migliore è parso quello di profittare del turbamento che regna nel Paese per obbligare i bulgari, collo spavento di una guerra serba, colla minaccia di un'occupazione militare, ad accettare il fatto compiuto e gettarsi nelle sue braccia.

Mi diceva pure il signor Stephen che negli ultimi giorni il signor Bogdanoff aveva dato ordine alla Banca nazionale bulgara di versargli immediatamente una forte somma che la Bulgaria aveva depositato poco alla volta a titolo di partecipazione alle spese della guerra russo-turca; somma che era bensì destinata alla Russia, ma di cui, in caso di bisogno, la Bulgaria avrebbe potuto disporre. Alla vigilia della rivolta il Governo principesco era in trattative per contrarre un prestito vantaggiosissimo colla banca di Darmstadt; deposto il principe, la banca ruppe le trattative ed il Paese trovasi ora nella più squallida miseria: vuota la cassa dell'erario, la fortuna liquida dei privati quasi nulla, la banca senza valute. Si afferma che

manca persino il denaro per pagare i viveri delle truppe. Si potrebbe quindi credere che la Russia, ritirando la forte somma dalla banca, si appigli all'espediente di provocare una crisi finanziaria, per ridurre la Bulgaria a ricorrere ad essa.

Ho creduto che non riescirebbe privo d'interesse il riferire queste osservazioni che non mi sembrano mancare di una certa giustezza, e dalle quali, se non altro, si può dedurre che l'opinione del rappresentante inglese, il cui maggior studio qui è quello di osservare la politica russa, sarebbe che la rivolta del 21 venne ordita ed effettuata sciente l'agenzia russa. A tal proposito non posso celare che questa opinione è divisa da molti, è quasi diventata pubblica. Parecchi dei miei colleghi pensano nella stessa guisa, benché affermano nulla sapere di positivo al riguardo, e basarsi solo su congetture. Il signor von Saldern, incaricato d'affari di Germania, mi ricordava l'incidente riferito dal conte de Sonnaz nei suoi rapporti n. 504 e 507 in data delli 10 e 12 luglio u.s. 2 Non è molto tempo il signor Bogdanoff rispondendo ai signori Karaveloff e Stambu1off, che gli chiedevano a quali condizioni la Russia avrebbe aderito ad un riavvicinamento con la Bulgaria, aveva dichiarato che l'ostacolo al riavvicinamento era il Governo bulgaro, nel quale il Gabinetto di Pietroburga non aveva fiducia, e che con governo si alludeva anche a Sua Altezza; era come dire: «allontanate il principe e saremo di bel nuovo amici» ...

58 1 T. 1499, non pubblicato.

59

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 1508. Vienna, 28 agosto 1886, ore 15,50 (per. ore 17,10).

D'après mes informations, Bismarck et Giers se sont mis d'accord sur le point que le prince Alexandre ne doit plus en tout cas reprendre le Gouvernement de la Bulgarie. Quant au choix du successeur !es deux ministres ont pris engagement de s'entendre. On croit pouvoir compter sur Karaveloff qui ne désire nullement le retour du prince Alexandre. Tenez ces renseignements comme exacts.

60

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 738. Roma, 28 agosto 1886, ore 23,30.

Je prie V.E. communiquer à M. de Sonnaz ce qui suit: «le désire que vous vous rendiez sans délai a Sophia. Vous y observerez une attitude d'extreme réserve.

Pour l'Italie, tant que le concert des Puissances n'aura pas pris de nouvelles délibérations définitives, le prince Alexandre est toujours encore prince de Bulgarie, et gouverneur général de la Roumélie. Vous n'engagerez donc jusqu'à nouvel ordre aucune relation officielle avec tout Gouvernement quelconque qui s'établirait sans la présence du prince à Sophia. Vous vous bornerez aux relations officieuses aptes à garantir les intérets de nos ressortissants. Dans votre langage, tout en ne cachant pas les sympathies que l'éclatante bravoure du prince et ses hautes qualités l~i avaient assurées en ltalie, vous ferez comprendre qu'on forme les meilleurs voeux pour que le peuple bulgare se rende enfin digne de l'indépendance que le Congrès de Berlin lui a assuré; nous tenons à ce que l'ordre soit au plutòt rétabli dans la Principauté, et surtout à ce que les récents, on ne peut plus déplorables événements n'ayent pas pour conséquence de plus graves préoccupations pour l'Europe. C'est donc essentiellement à ce point de vue que nous nous placerons pour envisager avec la plus grande impartialité, les résolutions à prendre pour notre part dans le concours des Puissances sur les propositions qui seront mises en avant par les Cabinets, évidemment plus directement intéressés que nous à l'avenir de cette zone de la peninsule des Balkans. Je compte pleinement sur votre tact et votre expérience, et vous prie de me tenir bien au courant des facts, comme de vos appréciations». Je prie puis V.E. de conformer à l'occasione et toujours avec une grande réserve so n langage à ces instructions formulées pour M. de Sonnaz.

58 2 Non pubblicati nel vol. XIX della serie Il.

61

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA, ACTON, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

T. 1519. Sofia, 28 agosto 1886 (per. stesso giorno).

Les pourparlers entre Stambouloff et Karaveloff sont rompus, ne pouvant se mettre d'accord. Ce dernier vient de me dire qu'il considère situation, extrèmement grave, car tout le Pays et l'armée sont pour Stambouloff qui gouverne au nom de Son Altesse. Cet état de choses irrite Russie et provoquera occupation militaire. Karaveloff m'a dit que lui et son Gouvernement désiraient aussi retour du prince, mais que pour le moment il fallait rétablir ordre, tandis que si Gouvernement favorisait agitation pour rappeler prince, la Russie irritée occuperait Pays immédiatement. Il m'a di t encore savoir que l'Autriche et l' Allemagne sesont entendues avec la Russie, en attendant des troupes obéissant à M. Stambouloff marchent vers la capitale, on ignore dans quelles intentions.

61 1 Il documento reca la data del 18 agosto seguita da un punto interrogativo. Tuttavia è riconducibile al 28 agosto come si desume dagli eventi e dalla posizione nel registro dei telegrammi.

62

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, A ... 1

L. PERSONALE RISERVATA. Roma, 28 agosto 1886.

La ringrazio per la sua lettera particolare e riservata del 9 corrente 2 : e mi compiaccio grandemente di constatare anzitutto che sostanzialmente siamo pienamente d'accordo.

Il sommo conto in cui tengo l'alto di lei senno e l'eccezionale sua esperienza mi rende particolarmente preziosa quella conformità delle nostre vedute.

Più volte in passato ho dovuto constatare i non lievi inconvenienti risultanti dall'assenza di una direzione unica: questa è essenzialmente la ragione delle istruzioni ch'io ebbi ad impartirle col mio foglio del 26 passato luglio 3 , e di cui trasmisi copia al conte de Launay\ affinché all'evenienza egli abbia pure a conformarvi il suo linguaggio, la sua attitudine. Ciò premesso devo ringraziarla vivamente per le osservazioni ch'ella si è compiaciuto svolgermi nella sua precisata lettera particolare del 9, intorno al grave argomento che forma oggetto della presente nostra corrispondenza.

Non ho d'uopo di dirle che apprezzerei grandemente che collo svolgersi degli avvenimenti, ella mi continui le sue osservazioni, i suoi apprezzamenti. Le risultanze possono mutare, ed è chiaro che ciò verificandosi potrebbero mutare del pari i nostri interessi, e conseguentemente i nostri intendimenti.

Divido il di lei modo di vedere intorno a molti degli apprezzamenti da lei svoltimi, ed ammetto anche di non aver rilevato tutto il conto in cui io pure tengo il fatto incontestabile, che mercé il Trattato del 1882, fu impressa alla nostra politica estera una direzione precisa, che purtroppo aveva intieramente perduta.

Troppo giusto è poi anche ciò ch'ella osserva che «l'Italia, alla Germania sussidiata e spalleggiata dall'Austria, non può essere di un ajuto necessario indispensabile, come fu nel 1866».

Aggiungerò ancora, che l'Italia non può neppure più essere alla Germania quell'aiuto che la sua accessione all'alleanza le fu nel 1882, poiché allora quella nostra accessione decise la Russia ad accostarsi agli altri due Imperi; ed ora a malgrado tutto la Russia non si distaccherà più facilmente dalla Germania.

In ultima analisi quindi, Bismarck non ha più bisogno di noi, e non ce lo nasconde; e questo si è per me l'argomento principale che a mio modo di vedere deve consigliarci a mantenere un attitudine di massima riserva. Legarci inutilmente,

Cfr. n. 4. 4 Cfr. n. 3.

proprio pel solo gusto di indossare fare la livrea bismarckiana, questo non mi va. Se sapremo renderei veramente forti tanto col completare i nostri armamenti di terra e di mare, quanto con un savio indirizzo politico sì all'interno che all'estero, e se mostreremo di avere coscienza di questa nostra forza, allora, ma allora soltanto la nostra alleanza sarà ricercata, apprezzata, e tale da dare buoni frutti.

Seguendo un diverso sistema non raccoglieremo che disinganni, e peggio!

Trovo giustificate le considerazioni ch'ella mi svolge intorno alla sistemazione assai difficile in cui ci troveremo, volendo mantenerci semplicemente amici dopo di essere stati alleati (amico dopo di essere stato amante, è la miglior amicizia quando ci si riesce). Concordo con lei nella convenienza, quell'eventualità si presenterà, di far pervenire ai due Governi una dichiarazione eventualmente sincera che non lasci dubbi sulle nostre intenzioni; ed al tempo stesso di fare al Parlamento una dichiarazione egualmente netta, che tagli corto ai falsi commenti; e ciò ella non può dubitare ch'io la farò e carrément.

Degli affari di Bulgaria non le parlo ancora, poiché oggi che le scrivo ne so ancora troppo poco, e d'altronde è evidente che conviene aspettare il risultato del colloquio di Franzensbad. Speriamo che non vi sia contraccolpo oltre la frontiera della Bulgaria, ma certo sarà un bel miracolo se la cosa potrà essere localizza t a.

Nel mio telegramma relativo al Dubsky 5 facevo cenno «delle difficoltà» (fra i due Governi) «che non si potrebbero dissimulare». Kalnoky a questo proposito le disse che non sapeva bene a quali difficoltà facessi allusione.

Quell'ingenuità conveniva al conte Kalnoky per provocare inutilmente spiegazioni. Ma salta agl'occhi anche di un cieco che con l'affare della visita non restituita, e con i troppo ricordi di un passato ancora assai prossimo, l'ambasciatore d'Austria si trova a Roma in una posizione ben altrimenti difficile che non è quella dei suoi colleghi di tutte le altre Potenze. Ci vuole prudenza, garbo e tatto, ma se una delle tre manca allora nascono i guai. Quando sentirà mettere innanzi qualche nome, se il candidato ha moglie, badi anche la prego locché questa non sia merce avariata, poiché come di ragione simile merce non incontra con l'augusta nostra sovrana. Del resto comprendo benissimo, conoscendo perfettamente tutto il corpo diplomatico austriaco, che Kalnoky non sappia quasi dove batter la testa per trovare la persona che occorrerebbe qui.

Nella sua lettera ella mi parla del suo congedo. Desidero vivamente che le circostanze consentano ch'ella possa fra breve allontanarsi da Vienna; ma la pregherei di non muovere per ora, tanto perché proprio la sua presenza a Vienna potrebbe da un momento all'altro essere necessarissima ma anche perché tutti i giornali urlano se un nostro rappresentante si allontana dal suo posto mentre c'è una questione sul tappeto europeo.

Sii però sicuro che tosto sarà possibile non mancherò di avvisarla.

62 1 Il documento pubblicato è una copia dattiloscritta tratta dalle Carte di Robilant di cui non si trova l'originale. Il destinatario non è indicato ma si tratta con ogni probabilità di Nigra. 2 Cfr. n. 31. 3

62 5 Cfr. n. 31, nota 4.

63

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 735. Parigi, 28 agosto 1886 (per. il 31 ).

Ebbi l'onore di segnalare all'E.V. ieri col telegrafo 1 un articolo del giornale Le Matin intitolato, Paris, Rome, Pékin che a ragione poteva considerarsi come emanata da qualche suggerimento ufficioso e che presentava il signor di Freycinet come risoluto a non capitolare nella questione pendente col Vaticano circa l'invio di un nunzio apostolico a Pechino.

Nell'articolo era messo in rilievo l'atteggiamento chiaro, fermo ed energico preso negli ultimi giorni dallo ambasciatore di Francia presso il Vaticano ed era dichiarato essere perfettamente a Leone XIII che il giorno stesso in cui egli firmasse la nomina di un nunzio con carattere diplomatico a Pechino, vi sarebbe rottura immediata dei rapporti tra la Francia e la Santa Sede. Non solo vi si presentavano poi come pericolose per gl'interessi della Santa Sede le conseguenze d'una tale rottura, ma si aggiungeva pure una minaccia più diretta mettendo in vista la pubblicazione dei documenti relativi alle trattative che il Governo francese farebbe, per spiegare e giustificare la sua decisione agli occhi del Paese.

Era certo che i lunghi negoziati si erano un poco inaspriti negli ultimi giorni ed io seppi da questo incaricato d'affari di Germania che il nunzio, dopo un recente colloquio avuto col signor di Freycinet, gli aveva confidato di avere trovato il presidente del Consiglio molto più tenace e più reciso nel suo linguaggio che nelle precedenti conversazioni. D'altro lato, parecchi giornali ripetevano la notizia dello imminente richiamo del signor Lefebvre de Béhaine da Roma, presentando questo richiamo come una rottura dei rapporti diplomatici. Una nota ufficiosa dell' Agence Havas smentiva ieri sera tale notizia, dicendo che essa era almeno prematura.

Non mi pare troppo avventato di credere che queste varie manifestazioni non coincidessero a caso col momento critico dei negoziati.

Comunque sia, il nunzio ha avuto oggi un'altra udienza del signor di Freycinet ed ha poc'anzi detto all'incaricato di affari di Germania, il quale me lo ripeté, che l'accordo si farebbe, avendo Sua Santità consentito a mandare soltanto un delegato pro tempore in missione straordinaria a Pechino.

63 1 T. 1491, non pub1icato.

64

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 736. Parigi, 28 agosto 1886 (per. il 31).

Dopo otto giorni dall'ora in cui scoppiò la crisi bulgara coll'arresto e con l'allontamento del principe Alessandro, essa non è ancora entrata dal periodo degli avvenimenti che da mane a sera sconcertano ogni previsione, e da quello di intrighi, d'accordi e di influenze particolari, nella fase di un esame pacato e di una azione comune di tutte le Potenze firmatarie del Trattato di Berlino.

Nel rapido succedersi delle più contraddicenti notizie telegrafiche non fu finora facile nemmeno di appurare prontamente la verità di fatti materiali, svisati ogni istante da diversi e contrarii interessi. Tanto più dovettero necessariamente riuscire incerti, confusi ed arbitrarii i giudizii della opinione pubblica ~ed in questo Paese più che altrove ~sulle vere origini della rivoluzione bulgara, sulla mano che scatenò la burrasca, sulle intenzioni di taluna potenza più direttamente interessata nelle sorti della Bulgaria, e sulle intelligenze precorse allo scoppio. La prima impressione che qui si manifestò, appena giunta la notizia della espulsione del principe Alessandro, ammetteva tale avvenimento come per lo meno preveduto e discusso nei convegni di Peterhof e di Gastein. Come ebbi l'onore di telegrafarlo all'E.V. in data del 23 1 , l'assenza del ministro degli affari esteri, della maggior parte dei membri del Gabinetto e degli ambasciatori, non permetteva di verificare in quale misura quella impressione esistesse in sfere più competenti. Potei allora soltanto riferirle che la sorpresa destata generalmente dalla catastrofe era un poco attenuata presso questo Ministero degli affari esteri dalle informazioni che vi si avevano sui raggiri del partito russo in Bulgaria; pareva però prevalervi il sentimento che invece di creare un pericolo per la pace generale, la partenza del principe Alessandro ne rimuoverebbe uno di più in più minaccioso a causa della persistente irritazione dello czar contro il principe di Battenberg.

Nella prima conversazione che su tale oggetto io ebbi col direttore degli affari politici, signor Charmes, esso mi disse che il Gabinetto francese rimarrebbe spettatore della crisi durante il suo stato acuto aspettando di meglio conoscere gli eventi per farsi una opinione sulla situazione e sul partito da prendere, desideroso anzitutto ed in ogni ipotesi di contribuire con la sua azione al mantenimento della pace. Una sola comunicazione ufficiale sui casi di Bulgaria, quella stessa che V.E. ebbe da codesto ambasciatore di Turchia e cui riferivasi il suo telegramma del 24 corrente2, era stata fatta al Gabinetto francese dall'incaricato di affari di Turchia per invocare il concorso delle Potenze pel ripristinamento di una situazione normale in

64 1 T. 1443, non pubblicato. 2 T. 721, non pubblicato ma cfr. n. 47.

Bulgaria. In assenza del ministro degli affari esteri, nessuna risposta era stata data dal signor Charmes a quella partecipazione.

Tra i fatti pervenuti a notizia di questo Gabinetto e concordati con quelli telegrafatimi dalla E.V. vi era quello che le autorità russe a Reni prima di mettere in libertà il principe Alessandro, avrebbero ricevuto la sua parola di onore che egli sarebbe ritornato direttamente in Bulgaria. Il signor Charmes ne concludeva che il principe non era stato condotto a Reni alla saputa o col consenso del Governo russo. In quanto al movimento favorevole al principe che erasi prodotto in Bulgaria, il signor Charmes osservava che l'armata bulgara doveva tanto più mostrarsi devota al principe in quanto che tutti gli ufficiali indigeni di recente promozione avevano a temere, in caso di un mutamento, il ritorno degli ufficiali russi già richiamati dallo czar e che li rimpiazzerebbero.

Il signor de Freycinet, reduce a Parigi da giovedì e da cui ebbi una udienza ieri, mi espose sommariamente il sunto delle sue informazioni, dicendomi che esse non gli erano pervenute né da Sofia né da Filippopoli ma che le aveva in parte da Bukarest, da Costantinopoli, da Rustciuk, ed in parte dalle sue ambasciate. Nella situazione di quell'ora era anzitutto importante di conoscere i passi e la decisione del principe Alessandro che si diceva essere avviato verso Darmstadt. Il signor de Freycinet non aveva ancora la notizia del suo arrivo in quella città. Lo si informava soltanto che una contraria corrente d'influenza agiva od era per agire sull'animo del principe. Da un lato telegrammi spediti da Sofia e le deputazioni inviate in sua cerca dovevano eccitarlo vivamente al ritorno; dall'altro diversi membri della famiglia del principe e suggerimenti di certe corti estere tendevano ad indurlo ad un'altra risoluzione. Le personali disposizioni del principe Alessandro non erano note al signor de Freycinet; nondimeno S.E. sapeva dallo ambasciatore di Francia a Londra che lord Salisbury non credeva propenso il principe Alessandro a riprendere il potere.

Per ciò che concerne l'atteggiamento dei Gabinetti delle Grandi Potenze, il signor de Freycinet mi disse che esso era dappertutto quello dell'osservazione e dell'attesa. Egli si astenne da ogni giudizio sulla origine della crisi e da ogni voto su tale o tal'altra soluzione, ma mi espresse il suo vivo desiderio di potere contribuire al mantenimento della pace.

65

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1522. Costantinopoli, 29 agosto 1886, ore 22,10 (per. ore 23,15).

Le retour du prince Alexandre en Bulgarie a déjoué ici toutes les prévisions. Ambassadeur de Russie n'en revient pas. Dans une conversation que je viens d'avoir avec lui, il n'a pas laissé entrevoir intention de son Gouvernement de s'opposer à la réstauration du prince, mais il prévoit que en tout cas la reprise du pouvoir sera de courte durée à cause des grandes difficultés contre lesquelles aura à lutter; il pense que 'la mission de Dolgorouky n'aura plus lieu.

66

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1525. Vienna, 30 agosto 1886, ore 8,10 (per. ore 9,40).

Les journaux disent que Giers a été à la rencontre de Bismarck à Eger. C'est faux: la rencontre a eu lieu à la gare de Franzensbad. II y a là une différence qu'il importe remarquer parce qu'elle a sa signification.

67

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1028/205. Londra, 30 agosto 1886 (per. il 4 settembre).

L'ambasciatore d'Inghilterra a Costantinopoli ha presentato alla Porta una memoria in cui si dimostra la necessità di eseguire qualche riforma in Armenia, in conformità dell'articolo LXI del Trattato di Berlino.

In conseguenza di ciò, gli ambasciatori di Francia, di Germania e di Turchia in Londra ricevettero ordini di chiedere a lord Iddesleigh se fosse seguito in Armenia qualche fatto, ad essi non noto, che richiedesse pronti provvedimenti, in un tempo in cui l'attenzione di tutti è rivolta alla Bulgaria.

Lord Iddesleigh avrebbe risposto ai suddetti ambasciatori che egli non era consapevole di alcun nuovo avvenimento in Armenia; e che l'ambasciatore della regina a Costantinopoli aveva presentato la memoria di cui si tratta in seguito ad istruzioni ricevute dal precedente Gabinetto inglese.

Avendo io chiesto a lord Iddesleigh di darmi notizia delle dette istruzioni, Sua Signoria mi partecipò, con preghiera di restituzione, un dispaccio di lord Rosebery a sir E. Thornton in data del 6 luglio scorso. Esso porta la seguente postilla: «Confidenziale. Da non essere pubblicato».

Ho l'onore di spedirne qui unita la traduzione all'E. V 1•

67 1 Non si pubblica.

68

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 1029/206. Londra, 30 agosto 1886 (per. il 4 settembre).

Facendo seguito al mio rapporto d'oggi (205 serie politica) t, ho l'onore di partecipare all'E.V. che lord Iddesleigh non fu in alcun modo avvertito dell'intenzione di sir E. Thornton di presentare alla Porta la memoria circa le riforme in Armenia che fu argomento di quel rapporto.

Il dispaccio di lord Rosebery a sir E. Thornton, di cui ebbi cura di spedire una traduzione all'E.V., e di cui lord lddesleigh aveva poca notizia, lascia alla sagacia ed alla prudenza dell'ambasciatore di scegliere il tempo acconcio a stimolare la Porta a dar esecuzione all'art. LXI del Trattato di Berlino. Secondo lord Iddesleigh, il momento presente non sarebbe opportuno.

Mi è stato detto inoltre che, nel 1883, lord Dufferin, allora ambasciatore a Costantinopoli, avrebbe fatto notare al Governo della regina l'inutilità d'insistere per l'attuazione di alcuna riforma in Armenia; e che in varie congiunture, il principe di Bismarck, nelle sue conversazioni coll'ambasciatore d'Inghilterra a Berlino, avrebbe consigliato il Governo britannico di astenersi, per ora, di ritornare sull'argomento di quelle riforme, per cagione anche dei pericoli che potrebbero nascerne per l'Impero ottomano.

Il dispaccio con cui il Foreign Office commise a sir. E. Thornton di fare rimostranze alla Porta circa le dette riforme, benché sottoscritto da lord Rosebery (che ne tolse tutta la responsabilità), sarebbe stato opera del signor Bryce, sottosegretario di Stato nel passato Ministero, il quale ha attinenze colle società riformatrici che si riuniscono nell'Exeter Hall, e sarebbe stato più preoccupato della necessità della riforma, in astratto, che della possibilità che fosse attuata in questo momento.

Comunque ciò sia, il Governo della regina non ha alcuna intenzione per ora, d'insistere maggiormente circa quelle riforme.

69

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Cintra, 30 agosto 1886.

So dai giornali che sei di ritorno a Roma e temo che l'atto di pirateria bulgaro ti abbia accorciato la tua villeggiatura.

Ti ringrazio della letterina che hai voluto scrivermi prima di partire da Roma, per verità non avevo capito allora il pericolo Vaticano ma l'ho capito dopo coll'atto che annulla la famosa bolla di Clemente XIV.

A questo proposito debbo dirti che ieri facendo 1 una visita a monsignor Vannutelli mio vicino di campagna e reduce ultimamente dai bagni di Cauteretes (Pirenei) da dove fu chiamato dal Santo Padre per consultarlo sul grave affare della protezione dei cattolici in Cina arrogatasi dalla Francia; Leone XIII voleva mandare monsignor Vannutelli a Parigi in missione straordinaria per comporre questo litigio tra il Vaticano e il Governo francese ma poi questa idea non ebbe seguito e questo signor nunzio si trovò al più presto a Lisbona. S.E. mi disse ieri che, per quanto lusinghiera fosse questa missione a Parigi, era contento non avesse avuto luogo, sia per le difficoltà che intravedeva e che attualmente si sono di fatti aggravate fino al punto della probabile partenza dell'ambasciatore francese da Roma, sia per delicatezza verso il suo collega nunzio a Parigi.

Ritornando ora alla maggiore importanza della mia visita jeri al nunzio, il quale come sai mi permette il mio franco linguaggio, anzi mi ha sovente chiesto di tenerglielo, seppi da lui che non era più a Roma quando il sommo pontefice ha reintegrato i gesuiti in tutta la loro essenza, non per boila mi disse S.E. ma per rescritto in seguito di petizione deiia Compagnia di Gesù che chiedeva questa reintegrazione legale dappoiché l'aveva già di fatto con successive concessioni di precedenti pontefici.

Io dissi a monsignore che l'atto pontificale attuale a mio parere era un atto ben ardito, fosse pur bo11a o rescritto e forse le sue conseguenze sarebbero più cattive che buone, ma che senza arrogarmi giudizi di tanto rilievo, era certo del cattivo effetto che produrrebbe ne11'opinione pubblica la quale perlomeno sarebbe ébranlée ne1Ia sua fiducia di moderazione neii'attuale sommo pontefice.

Monsignor Vannute11i confessò schiettamente che non si credeva a Roma che questo semplice rescritto, concedendo di diritto quanto la Compagnia di Gesù godeva già di fatto, avrebbe fatto così cattivo effetto, e soggiunse: «Vedrà marchese che verranno altri atti i quali affermeranno la fiducia nelle idee di moderazione di Leone XIII». Naturalmente S.E. non poteva dirmi di più ma la mia impressione è que11a che monsignor Vannute11i non avrebbe consigliato questo rescritto.

P. S. Se lo giudichi, come io Io credo, conveniente si dovrà scambiare con italiane le decorazioni portoghesi aiie quali allude il mio qui unito rapporto in data di jeri 2 , meno s'intende il Gran Cordone deila Torre e Spada conferito al principe Luigi. Hanno posto qui tanto empressement a decorare ammiraglio, comandanti ed ufficiali de1la nostra divisione navale, che anche noi mi pare dobbiamo rispondere a tanta cortesia tanto più che qui sono oltremodo friands di decorazioni e la Corte desidera sempre molto i suoi dignitari decorati. Ti manderò la lista portoghese coi nomi quando tornerà il re perché la regina mi

69 1 Sic. Sta, con molta probabilità, per «facevo». 2 R. 681, non pubblicato.

disse voleva aspettarlo nella fondata supposizione che noi scambieremmo le onorificenze conferite agli italiani. La regina stessa acccompagnando a bordo il principino ha rimesso personalmente ai nostri decorati le insegne, ed è doppia cortesia perché in Portogallo non si conferiscono insegne se non in certi casi determinati. Sono certo che il re me ne parlerà subito al suo ritorno. Sua Maestà sarà qui tra il 20 e 25 settembre da quanto mi disse la regina.

68 1 Cfr. n. 67.

70

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 253. Pietroburgo, 31 agosto 1886 (per. il 5 settembre).

Confermandole il mio telegramma di ieri sera 1 ho l'onore d'informare l'E. V. che, secondo il modo di vedere di S.E. Vlangaly, la situazione in Bulgaria si complicherà col ritorno del principe Alessandro in quello Stato.

L'assetto politico della penisola balcanica è ben !ungi dall'essere stabile; la stabilità non si otterrà, al mio debole giudizio, che il giorno in cui si lascierà piena libertà di governo interno, ed indipendenza a quei piccoli Stati, ed essi cesseranno d'essere sotto la tutela di grandi potenze. Disgraziatamente tutto fa credere che ciò non sia per avverarsi, giacché in quel giorno sarebbero creati serii ostacoli all'effettuazione di agognati possessi in Oriente da due potenti Imperi.

L'opinione pubblica in questo Paese reclama l'intervento armato in Bulgaria, malgrado ciò l'imperatore si mantiene contrario a tale idea, a condizione però che la condotta del principe non ve lo obblighi, ed a condizione pure che non si voglia trattar duramente i partigiani della Russia in Bulgaria.

S.E. Vlangaly mi diceva: «Nous ne sommes pas intervenus quand le parti russe a appelé, voulez-vous que nous y intervenons maintenant qu'ils ne nous veulent pas?

Conseguenza del ritorno del principe Alessandro è il contrordine dato al principe Dolgorouki che doveva recarsi in Sofia, come ebbi l'onore di telegrafare all'E.V. Ora la missione del generale Dolgorouki sarebbe inopportuna.

In questo momento la politica della Russia è una politica d'aspettativa, ma, e ciò lo seppi da persona sicura, essa procede d'accordo colla Germania. A conferma della mia asserzione posso citare il telegramma giunto qui ieri da Berlino, che dà il riassunto d'un comunicato ufficiale comparso nella ultra-officiosa Norddeutsche Zeitung, pubblicato allo scopo di far tacere i giornali tedeschi che presero a cuore la causa del principe Alessandro. L'articolo della Norddeutsche Zeitung, al quale io alludo sarà già pervenuto alla conoscenza dell'E.V., ed è marcante la

frase: «Nessun uomo di Stato tedesco ha il diritto di sacrificare le nostre relazioni colla Russia a profitto d'un principe di Bulgaria fosse pure un angelo sotto forme umane».

Che il suddetto comunicato sia ufficiale mi fu anche assicurato da questo incaricato di affari di Germania.

Conchiudo il presente rapporto col riferirle a titolo d'informazione che secondo Vlangaly il principe Alessandro non potrà più durare a lungo sul trono di Bulgaria (qualche volta i desideri si pigliano per realtà) e che dai circoli governativi si lascia scorgere una grande soddisfazione per ciò che si passò nella visita di Bismarck a Giers.

70 1 T. 1532, non pubblicato.

71

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 112. Vienna, 31 agosto 1886 (per. il 4 settembre).

Oggi ho potuto intrattenermi col conte Kalnoky e interrogarlo intorno alla attitudine che il Governo austro-ungarico intende tenere in seguito agli eventi di Bulgaria ed al ritorno del principe Alessandro sul territorio bulgaro.

S.E. mi disse che aveva impartito all'agente austro-ungarico a Sofia l'istruzione di governarsi con molta riserva in presenza di uno stato di cose ancora incerto e mal noto, ma di tenere verso il principe Alessandro e il Governo che agisce in di lui nome la stessa condotta e le stesse relazioni che gli erano imposte prima della cospirazione, la quale in sostanza non costituisce che un incidente e non mutò la situazione legale del principe e del Principato. Il conte Kalnoky crede che le altre Potenze, eccettuata forse la Russia, agiranno nello stato attuale delle cose in Bulgaria, in un senso presso a poco identico. Che se questo stato di cose fosse modificato, sia per qualche ulteriore passo che il principe facesse nel senso dell'unificazione della Rumelia, sia per qualche altro fatto che tocchi le stipulazioni di Berlino, allora, sarà il caso per le Potenze d'avvisare al da farsi.

Quanto alle intelligenze che possono essere state prese, fra il principe di Bismarck e il signor de Giers a Franzensbad intorno a quest'oggetto, il conte Kalnoky non mi fece speciali e precise confidenze. Egli si limitò a dirmi che al momento dell'incontro dei due ministri a Franzensbad, si ignorava ancora la decisione del principe Alessandro di rientrare in Bulgaria, decisione che non fu presa se non dopo l'arrivò a Lemberg del principe Luigi, fratello del principe Alessandro, e non si sapeva poi nulla di certo intorno al modo con cui la popolazione bulgara avrebbe accolto questo ritorno del suo principe; ma che in ogni caso l'accordo fra il gran cancelliere germanico e il ministro russo non poteva essersi fatto, secondo lui, se non sopra un punto già conosciuto e sul quale era difficile il non accordarsi, cioè: che nell'alternativa del mantenimento ad ogni costo del principe Alessandro sul trono di Bulgaria o dell'amicizia della Russia, la scelta doveva essere per quest'ultima. È poi nella natura di tali impegni di essere subordinati, alla ragione della opportunità e alle esigenze di situazioni e di fatti transitori.

In sostanza, dalle mie informazioni avute da sorgente non austriaca, e non contraddetta in fondo dal linguaggio del conte Kalnoky, risulterebbe che l'abbandono eventuale del principe Alessandro per accondiscendere alle esigenze della Russia, sarebbe stato consentito dal principe di Bismarck nel suo recente convegno col signor de Giers.

Per intanto si è in un momento d'aspettativa, anche a Pietroburgo, dove la missione del principe Nicolò Dolgorouki a Sofia fu sospesa.

72

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DALLA VALLE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 320. Madrid, 31 agosto 1886 (per. il 4 settembre).

Ho l'onore di qui unita inviare all'E.V. la traduzione in italiano della nota, pervenutami oggi soltanto, benché datata dal 28 corrente, colla quale S.E. il signor Moret mi comunica ufficialmente che il Governo di S.M. Cattolica, onoratissimo della domanda fattagli da quello del re, è fortunato di poter accettare la mediazione tra l'Italia e la Colombia, nella speranza di contribuire così al completo ristabilimento dei buoni rapporti fra le due Nazioni.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI SPAGNOLO, MORET, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, DALLA VALLE

NOTA. Madrid, 28 agosto 1886.

Ho ricevuto la nota che, con data di ieri, V.S. ha voluto dirigermi per parteciparmi, d'incarico di S.E. il generale Robilant, ministro degli affari esteri, che il protocollo fra l'Italia e la Colombia, firmato a Parigi il 24 maggio di questo anno, le cui stipulazioni determinano le basi alle quali dovrà attenersi la mediazione della Spagna nelle controversie pendenti fra quei due Paesi, aveva già ricevuto l'approvazione di S.M. il Re d'Italia come quella del Governo colombiano. V.S. mi domandava nello stesso tempo, pure riferendosi alle istruzioni

del signor ministro degli affari esteri, se il Gabinetto di Madrid vede alcun inconveniente ad esercitare la mediazione, che, secondo ciò che fu convenuto fra ambe le parti, i due Governi hanno intenzione di offrire a S.M. la Regina reggente.

In risposta m'incombe di manifestare a V.S. che il Governo di cui ho l'onore di far parte, grato dell'onore che gli vien fatto, si presterà con piacere ad esercitare la mediazione desiderata da quelli d'Italia e di Colombia, colla speranza di contribuire al completo ristabilimento delle loro buone relazioni, ispirandosi per l'adempimento della sua missione al più perfetto spirito di equità e di giustizia ed ai suoi sentimenti di sincera e cordiale amicizia per le due Nazioni, che sollecitano il suo intervento per l'assesto delle loro controversie attuali e passeggere.

72 1 Ed. in LV 54, pp. 123-124.

73

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1543. Costantinopoli, r settembre 1886, ore IO, 15 (per. ore 12,05).

A la Porte on pense que la détermination du prince Alexandre de se rendre à Philippopoli peut avoir pour but d'aller y proclamer l'union effective de la Rumélie orientale et la Bulgarie et l'on craint qu'un pareil acte n'offre à la Russie l'occasion de prende sa revanche. Ambassadeur d'Allemagne paraìt croire que l'occupation de la Bulgarie est chose arrétée par le Cabinet de Saint-Pétersbourg qui n'attend plus qu'un prétexte pour le faire. Ambassadeur d'Angleterre est personnellement d'avis que le mieux serait si le prince abdiquait.

74

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 296. Roma, 1° settembre 1886.

l) Porgendo, con dispaccio del 22 agosto scorso 1 al marchese Dalla Valle le prime istruzioni circa la mediazione spagnuola nella nostra controversia colla Colombia, mi riservavo di aggiungere, in breve, istruzioni complementari sul còmpito assegnato a codesta legazione nella mediazione stessa. Tale è il tema di questo mio dispaccio.

2) Ritengo che in nome del Governo colombiano non tarderà ad essere rivolta a codesto ministro di Stato domanda identica a quella che la S.V. gli ha diretto in nome del R. Governo, di esercitare cioè formalmente la mediazione; in tal caso nulla si opporrebbe ormai a che s'inizi il lavoro. Presumo altresì che il Governo spagnuolo si affretterà a designare il funzionario incaricato, nel fatto, di esercitare le funzioni di mediatore, e che questi, a sua volta, inaugurerà l'opera sua invitando il r. rappresentante a Madrid, quale organo del Governo italiano, a dire se intenda di assumere in questa circostanza, secondo la consuetudine, l'officio di commissario ad hoc. A questa domanda preliminare la S.V. dovrà rispondere (verbalmente o per iscritto, secondoché la domanda le sarà stata rivolta nell'una o nell'altra forma) che effettivamente il rappresentante di Sua Maestà ha mandato e poteri di commissario per la mediazione, e si trova quindi in grado di scambiare, per questo oggetto, tutte quelle comunicazioni che siano per tornare opportune. La S.V. vorrà, in tale occasione, aggiungere, in forma confidenziale e verbale, che al cavalier Segre, già incaricato d'affari a Bogotà, è stato affidato l'ufficio di delegato speciale presso la regia legazione, acciò questa possa valersi della sua esperienza e delle notizie che egli possiede.

3) Così costituita la mediazione, dovrà porsi mano al procedimento segnato nell'articolo 2° del protocollo 24 maggio, ove sono indicati gli scopi, l'indole e l'estensione della mediazione.

4) Volendosi, da parte nostra, osservare esattamente quel procedimento, la

S.V. presenterà tosto l'elenco dei reclami, dichiarando che noi li riteniamo tutti fondati in giustizia. Tale elenco dovrà riprodurre le due colonne (nome dei reclamanti e titolo del reclamo) del foglio che qui acchiudo (annesso 1) 2• La S.V. troverà in altro foglio (annesso II) 2 brevi osservazioni, che riflettono i reclami, o singolarmente, o per categorie; questo foglio è esclusivamente per istruzione di lei.

5) Il rappresentante colombiano, a sua volta, opporrà, o per tutti i nostri reclami, o per alcuni di essi, eccezioni che il mediatore esaminerà certo con imparziale diligenza, e circa le quali il mediatore stesso ci metterà preliminarmente in grado di deliberare. Quantunque nel secondo foglio qui unito già siano prevedute le obiezioni che probabilmente verranno sollevate, intendo che, prima di rispondere,

V.S. me ne informi particolareggiatamente, trasmettendomi copia delle comunicazioni colombiane. Dal canto mio, le porgerò precise istruzioni in proposito, dopo avere anche sentito, se occorre, nei casi più gravi, quelli tra i reclamanti che trovansi in Europa.

6) È evidente che la enumerazione delle domande nostre non ha un carattere tassativo. Le omissioni non potranno quindi essere eccepite a danno degl'interessati, né dal Governo colombiano, né dalla commissione arbitrale in Bogotà. Già sappiamo che, per essere attualmente priva di titolare la r. legazione in Colombia,

alcuni rr. sudditi, benché aventi ragioni da esperire, si sono finora astenuti dal produrre le loro istanze; a tanta distanza è anche possibile che esistano reclami a noi ignoti tuttora V.S. avrà cura di formolare in proposito una espressa riserva, che non sarà forse oppugnata dal rappresentante colombiano, e che il mediatore prenderà, non ne dubito, in benevola considerazione. Imperocché neppure si potrebbe obiettare che venga così meno, a Colombia, il mezzo di eccepire la non serbata neutralità; il Governo di Bogotà deve conoscere gl'individui contro cui si possa rivolgere la imputazione, e noi siamo pronti ad accettare per essi l'opera del mediatore anche quando si tratti di persone che non reclamarono finora.

7) Astrazione fatta delle domande riflettenti atti anteriori od estranei all'ultima rivoluzione, ed eccettuando pure i reclami Cerruti, Mazza e Valle-Biglia, rispetto ai quali il mediatore dovrà evidentemente, per la peculiare indole loro, esprimere la sua opinione in contemplazione delle circostanze particolari a ciascuno di essi, gioverebbe per gli altri proporre ed ottenere, anziché singole conclusioni, la enunciazione di dichiarazioni di massima, quali sarebbero le seguenti:

a) Il Governo colombiano è responsabile delle requisizioni, occupazioni, contribuzioni di guerra od imprestiti forzosi, od altri oneri qualsiansi arrecati ai rr. sudditi da autorità civili o militari della repubblica o dei singoli Stati durante l'ultima guerra;

b) è responsabile delle espropriazioni e requisizioni fatte dai ribelli; c) è responsabile dei danni sofferti da sudditi italiani in Colon per l'incendio perpetrato dai rivoltosi e pel saccheggio che ne fu la conseguenza, quando le forze armate degli Stati Uniti d'America intervennero per domare la ribellione.

8) La prima dichiarazione è conforme al diritto internazionale ed al trattato in vigore tra l'Italia e la Colombia. Essa ha, anche nel caso presente, la sua naturale limitazione, non potendone fruire le persone che non serbarono la neutralità; la prova, pàò, deve nei singoli casi essere prodotta dal Governo colombiano e vagliata in nostro contraddittorio dal mediatore.

9) La seconda dichiarazione non coincide con le teorie che da tempo tendono a prevalere e già prevalsero in alcuni paesi. Però, in Colombia, nelle passate rivoluzioni si indennizzarono anche i danni arrecati dai ribelli; ed è cosa giusta, sia per la frequenza, durata ed estensione delle guerre civili, sia per l'art. 91 della costituzione colombiana imperante ancora nel 1885, che così suona: «Il diritto delle genti fa parte della legislazione nazionale. Le sue disposizioni avranno vigore specialmente nei casi di guerra. In conseguenza, vi si può por termine per mezzo di trattati fra i belligeranti, i quali dovranno rispettare le pratiche umanitarie delle nazioni cristiane e civili».

10) Quanto alla terza dichiarazione, non ci dissimuliamo, benché sia in certa guisa un corollario della seconda, le ragioni che si vorranno invocare per combatterla. Attenderemo, per discuterle, di vederle formulate. In ogni modo, e soprattutto qualora ella avesse ragione di dubitare che il mediatore propenda verso sentenza contraria alla nostra tesi, gioverà che in tempo utile, e prima che la causa trovisi pregiudicata, ella enunci questa formale riserva: che agli italiani danneggiati si debba, in qualsiasi ipotesi, applicare il trattamento che fosse per essere stipulato, a tale riguardo, pei nazionali d'altre potenze. Così potremo giovarci della efficacia che gli offici di altri governi, aventi reclami maggiori, potranno esercitare sulle deliberazioni del Governo colombiano.

11) Queste istruzioni generali non escludono naturalmente quelle più particolari che la S.V. avesse ancora a chiedermi, man mano che la mediazioni si verrà svolgendo. Le presenti sono destinate a servirle come criterio fondamentale, da adattarsi, naturalmente con le debite cautele e modificazioni, ai singoli casi.

74 1 Cfr. n. 44.

74 2 Non pubblicato.

75

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, DE SIMONE, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ 1

R. RISERVATO 39. Assab, 1° settembre 1886 (per. il 4).

Il fatto del possesso di Margable, contestato finora da parte del sultano di Raheita, dovrà necessariamente presto o tardi portare ad una soluzione definitiva imperciocché è falsa l'opinione che i dankali si sottomettano col tempo a credere che le terre di loro spettanza siano nostre. Vi si oppone l'ingordigia del guadagno, la volontà del comando, la innata diffidenza del selvaggio. È perciò mio dovere di esporre alla S.V. Illustrissima esplicitamente come i fatti si svolsero a tal riguardo dal tempo della compra di questo territorio fino ad ora, acciò possa giudicare con cognizione di causa, come peggior sistema sia stato quello di non essere chiari nel domandare e promettere come nel mantenere.

Il cavalier Branchi fu il primo ad intravedere il male di tale sistema; ed infatti egli sollevò la questione come dal foglio in data 10 settembre 1881 n. 91 2 col quale rapporta aver sospeso il pagamento della rata di talleri 3200 essendosi il sultano Berehan rifiutato ad accettare il possesso italiano di Margable, ed egli accennava pure come il professore Sapeto avesse agito di malafede verso i dankali, non esponendo loro quali fossero le condizioni del contratto e ciò fu non errore ma mancanza gravissima poiché dal principio mise in dubbio la nostra lealtà e buona fede. Ciò nonostante il contratto fu reso pubblico e quindi i dankali seppero che noi si era in diritto di reclamare Margable e la costa comprata.

Con lettera n. 96 del 23 settembre 1881 3 è detto: «... fu di comune accordo stabilito (egli venne in Assab ai 18 e vi si trattenne due giorni ospitato con circa

100 seguaci) che egli (Berehan) dichiarerebbe ai suoi figli che Margable era compresa nella vendita fattaci, e che alla tribù farebbe una dichiarazione meno esplicita. Quella cioè che le due e le 4 miglia del contratto s'intendevano effettivamente da mare a monte e che qualunque fosse il territorio compreso in questa misura, esso si doveva considerare come definitvamente alienato all'Italia. Tale dichiarazione fu fatta dal Berehan al cavalier Branchi, in presenza del comandante «il Fieramosca» cavalier Frigerio.

In seguito a questo fatto il cavalier Branchi accordava al capo di Margable Mohamed Scheim una pensione mensile di 10 talleri e che tuttora si corrisponde al suo successore (lettera 11 gennaio 1882 n. 128) 4•

Però nonostante le dichiarazioni fatte, il Berehan ricominciò a sostenere che egli non aveva venduto che le sole isole e nessun punto di terra ferma, ragione per cui il r. commissario col comandante cavalier Caramagna e l'ingegnere signor Scaramucci, il 31 gennaio 1882 si recarono a Margable e procedettero alla misurazione ed alla presa di possesso del villaggio che risultò non distare dal mare che solo 2.520 metri prossimativamente e che perciò includevasi nel nostro possesso anche la foresta di Margable ed i pozzi (lettera 4 febbraio 1882 n. 133) 5 .

Malgrado ciò il Berehan seguitava le sue opposizioni, contrariando anche la costruzione di un pozzo a Margable fatto cavare per ordine dell'autorità italiana (lettera del cavalier Pestalozza, 4 novembre 1882 n. 20 l) 4•

Il citato cavalier Pestalozza con foglio n. 296, del 26 ottobre 1883 6 riferiva al superiore Dicastero degli esteri com'egli avesse finalmente ottenuto la rinunzia in iscritto da parte del Berehan (della quale ne rimetteva copia) di ogni rivendicazione

o pretesa sopra Margable mediante una indennità di 400 talleri, che egli per mancanza di fondi prelevò dal deposito del conte Antonelli previo consenso e consiglio dello stesso signore.

Con la lettera n. 275 Roma 19 maggio 1884 7 il ministro degli esteri faceva conoscere al r. commissario civile come si fosse conchiusa con il Abd-er-Rahman l'accordo risultante da altra diretta collettivamente all'Anfari, all'Hummed Loeita, all'Oasir, ed Abu Baker di Raheita. Tale accordo era fondato nel mantenimento dei patti conchiusi in passato e della legge circa la sovranità del territorio di Assab. Solo si dichiara di rispettare le proprietà private a Margable e concedere una semplice autonomia amministativa al villaggio.

L'Abd-er-Rahman con apposita dichiarazione ha accettato in nome proprio e dei suoi committenti tale accordo.

È chiaro che queste misure dovettero essere prese in seguito a reclami sporti, principalmente da quei di Raheita, quali maggiori interessati e sopra tutto dal Oasir che seguiva la tattica spiegata dal suo predecessore Berehan colla certezza di ottenere compensi pecuniari.

5 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo Il, cit., p. 224.

6 Cfr. L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, tomo III, Documenti (1883-1885), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato 1960, pp. 29-30.

7 Non pubblicato nel vol. XVII-XVIII della serie Il.

È chiaro inoltre che niente fu alterato dalle concessioni ministeriali per tutto ciò che riguarda possesso assoluto, come la S.V. Illustrissima potrà rilevare dalla acclusa copia della lettera succitata e dall' Abd-er-Rahman accettata con apposita dichiarazione.

Finora tutto dimostrava che noi si fosse i legittimi possessori del territorio. Però con lettera riservata, della quale accludo copia 8 il cavalier Branchi fa le sue rimostranze al R. Governo, perché pubblicamente nel darne lettura ai dankali era stato traviato il senso reale della lettera ministeriale. Margable cessava di essere italiana.

Quali potessero essere i moventi di una tale decisione, per cui indussero l'Abd-er-Rahman a far si che l' Antonelli dichiarasse nullo il contratto preesistente? L'interesse privato, quello pubblico, le querimonie continue dei successori di Berehan, che ne seguivano il sistema, o gli intrighi continui dei dankali, compresovi l' Anfari? A me non risulta; resta però incontestato il dispiacevolissimo fatto del quale se ne risentono oggi le gravi conseguenze che si è dichiarato ai dankali mostrando loro una carta con suggello italiano, la quale affermava che nullo era l'acquisto. Ne sorge quindi quale conseguenza il dilemma per i dankali, o che noi avessimo preteso il non acquisito o che l'Antonelli avesse dichiarato una cosa non vera. Qualunque però sia la credenza loro, essa è sempre per noi sfavorevole, e V.S. Illustrissima giudicherà che ormai la posizione del r. commissario in Assab, per tal riguardo, riesce penosissima, poiché, se da un lato vede la giustizia dei nostri diritti, con tanta pazienza, lavoro e danaro acquistata, dall'altro lato travasi di fronte la dichiarazione di un emerito italiano che sconfessa tali diritti e che a sua volta dovrebbe essere sconfessato.

Riassumendo in breve, e senza alcun esame critico, tutto ciò che ho esposto, è mio dovere far conoscere che il possesso di Margable è necessario poiché, possedendo noi tutta la costa fino a capo Syntiar (come dal contratto), non si può ammettere che nei nostri domini vi sia un territorio indipendente dalle nostre leggi e quindi neutro. Ciò che costituisce un precedente pericoloso e probabilmente potrebbe essere origine di gravi quistioni, ove il sultano di Raheita trascinato da malaugurati consigli potesse avere l'idea di alienarlo al primo acquirente.

Inoltre non è pratico che la testa di linea di una via importante come quella dell' Aussa sia sotto altra giuridizione che non la italiana poiché Margable costituisce il vero ed unico posto adatto alle carovane per i pascoli e l'acqua ed è in ultimo per le abitudini dankale il posto ove generalmente convergono i commercianti di schiavi per contrattare le merce.

Facendo sapere alla S.V. Illustrissima che per ora la quistione è stata lasciata da parte come da ordine ricevuti e nella convinzione di aver sollevato un dispiacevole fatto la prego a credere che vi sono stato indotto dalla mia coscienza sia perché V.S. Illustrissima fosse minutamente consapevole del modo come tale vertenza si e svolta, sia perché si addivenga ad una soluzione chiara ed esplicita che salvaguardi i nostri diritti senza che si possa tacciare di aver mancato ai nostri patti.

75 R L. riservata del 15 giugno 1884, non pubblicata. In allegato è anche una copia della L. del 17 maggio 1884, non pubblicata, del ministro degli esteri a Mohammed Anfari, Hummed Loeita e Abu Bekr.

75 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo V, cit., pp. 344-347 (trasmesso da Genè al Ministero degli esteri con R. 621 del 10 settembre). 2 Cfr. L'Italia in Africa, serie storica, vol. l, Etiopia-Mar Rosso, tomo II, Documenti (1859-1882), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato 1959, pp. 205-206. 3 lvi, p. 209.

75 4 Non pubblicato nel vol. XIV della serie II.

76

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1549. Pietroburgo, 2 settembre 1886, ore 14,50 (per. ore 16,55).

Journal officiel publie un télégramme adressé par le prince de Bulgarie à l'empereur. Le télégramme est très humble. Remercie l'empereur pour l'envoi du colone) Dolgorouki, exprime désir de pouvoir donner preuve définitive du dévouement inaltérable envers empereur. Conclut ainsi: «Le principe monarchique m'a forcé de rétablir la légalité en Bulgarie et Roumélie. La Russie m'ayant donné ma couronne c'est entre les mains de son souverain que je suis prèt à la remettre». Réponse de l'empereur est très-hautaine et raide: la voi ci textuelle: «I'ai reçu télégramme de V otre Altesse, ne puis approuver votre retour en Bulgarie, prévoyant conséquences sinistres pour le Pays, déjà si éprouvé. La mission du prince Dolgorouki devient inopportune. Je m'abstiendrai de tout immixtion dans le triste état des choses auquel la Bulgarie a été réduite tant que vous y resterez. Votre Altesse appréciera ce qu'elle a à faire. Je me réserve de juger ce que me commandent la mémoire vénérée de mon père, les intérèts de la Russie et la paix de l'Orient. Alexandre». Ces deux télégrammes ont produit ici grand étonnement mèlé d'orgueil et satisfaction. Personne ne s'y attendait. Prince de Bulgarie a donné lui-mème l'occasion aux russes de se venger du mauvais résultat du coup de main. Pourvu que le prince ne soit tombé dans un piège?

77

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1047/211. Londra, 2 settembre 1886 (per. il 7).

Com'ebbi l'onore di partecipare all'E. V. quest'oggi col telegrafo 1 , il Governo della regina è penosamente impressionato dalla risposta data dall'imperatore di Russia al telegramma del principe Alessandro del 30 agosto scorso, pubblicata oggi stesso nella Gazzetta Ufficiale di Pietroburgo. Lord Iddesleigh mi disse che egli non avrebbe dato fede alla autenticità della notizia di siffatta pubblicazione se non gli fosse stata confermata dall'ambasciatore inglese a Pietroburgo. Avendo io chiesto di nuovo a lord Iddesleigh quali fossero le intenzioni del Governo della regina nella presente condizione di cose, Sua Signoria mi rispose, di nuovo, che la potenza più interessata nella quistione era la Germania e che egli aveva, il giorno precedente,

fatto il suo possibile per convincere di ciò («to impress it upon») il conte d'Hatzfeldt, ambasciatore di Germania, allo scopo di indurre il Governo di Berlino ad interporsi colla Russia in favore del principe Alessandro. L'ambasciatore di Germania aveva risposto (e ne ero già stato informato oggi stesso da S.E.), che la questione del principe Alessandro non interessava guari il il Governo di Berlino.

77 1 T. 1554, non pubblicato.

78

IL REGGENTE L'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO, VENANZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1401. Alessandria, 3 settembre l 886 (per. il 10).

Attesa la probabilità d'un accordo fra l'Inghilterra l'Egitto e l'Italia per una crociera combinata nel Mar Rosso, onde impedire la tratta, come V.E. si degnava parteciparmi coll'ossequiato dispaccio del l o agosto u.s. n. l037 serie politica 1 , io mi permetto sottoporle alcuni apprezzamenti e considerazioni circa l'opportunità, da parte nostra, di attribuirci, anziché il tratto di costa immediatamente partendo da Massaua ( esempii grazia 2 da Ras Starub) allo stretto di Ba b-el-Mandel, una parte più a nord di Massaua e, quindi, estendere la nostra sorveglianza su zona alquanto più vasta del litorale.

È certo che l'assunzione della crociera dà in certo qual modo alla Potenza che la disimpegna un carattere di sovranità nel tratto di costa in cui essa effettua, in modo riconosciuto dalle altre Potenze, la sua sorveglianza. Ciò posto, io credo sarebbe nostro interesse di estendere il limite al nord di Massaua per tratto di costa da sorvegliarsi, spingendoci, almeno, fino alla foce del torrente (ned) Lebka. E la ragione di ciò sta nella circostanza che, se mai l'Italia dovrebbe un giorno fare la spedizione nel Sudan o solo anche fino a Keren, sarebbe da esaminare se non convenisse iniziarla, piuttosto che da Massaua, dalle foci del Lebka. La strada, percorribile con cammelli, cioè dalle carovane, che conduce a Keren, passa per Ai:n-Lebka, ossia al punto della valle del Lebka che sbocca dalle montagne degli Abab nella regione pianeggiante del Samhar. Ora, partendo dalla foce del Lebka, la marcia si farebbe lungo il letto del torrente e, quindi, tornerebbe più facile procurare acqua, scavando, come si usa, pozzi nell'alveo; da Massaua, per arrivare ad El Ai:n, bisogna percorrere circa 120 chilometri attraverso il deserto Sceb, privo di acqua, mentre la distanza dalle foci del Lebka ad El Ai:n è di soli 30 chilometri circa.

Questi pochi dati pare bastino a mettere in evidenza che, per noi, sarebbe utile fare atto di sovranità fino alle foci del Lebka, ottenendo, nell'accordo di cui sopra,

78 1 Non pubblicato. 2 Sic.

79 la sorveglianza della costa a partire da dette foci, che figurano nella carta m prossimità di Ras Koba3 .

79

L'INCARICATO D'AFFARI, A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 256. Pietroburgo, 4 settembre 1886 (per. il 17).

Come ebbi l'onore di telegrafare oggi all'E. V. 1 il telegramma indirizzato da

S.M. l'imperatore di Russia a S.A. il principe di Bulgaria fu dallo zar stesso concepito.

Ciò tronca ogni diceria di possibile riconciliazione tra i due sovrani e, dimostra come S.M. Alessandro III sia irrevocabilmente decisa a non permettere che il Principato di Bulgaria sia più a lungo retto da Alessandro di Battenberg.

Il tuono altero e risoluto del telegramma voleva essere mitigato da Vlangaly e Jomini, personaggi di carattere pacifico e più concilianti; i loro consigli dovettero però infrangersi contro la ferma volontà dello zar. Questi intollerante della persistenza del principe Alessandro a non volergli dare la soddisfazione d'abdicare, e sicuro dell'appoggio morale del cancelliere tedesco, telegrafò in quel modo poco diplomatico, ma molto autoritario.

In parecchie conversazioni che io ebbi con questo incaricato d'affari di Germania dovetti convincermi che anche in questa occasione il principe Bismarck mantiene inalterato il suo principio di non fare politica di sentimento. Egli per conseguenza non dà retta alla pubblica opinione tedesca ed abbandona il principe Alessandro alla sua sorte, non opponendosi acché l'influenza russa sia nuovamente esercitata in Bulgaria, rientrando questa nella sua sfera d'interessi.

80

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 92. Roma, 5 settembre 1886

Col pregiato suo rapporto del 30 scorso mese l, la S.V. mi riferiva un colloquio avuto con il primo segretario di codesta ambasciata di Francia, circa le cose

Genè (cfr. n. 95) e che «provvisoriamente il limite nord ... era stato di fatto fissato ad Emberemi».

della Tripolitania e la voce del prossimo arrivo di una squadra italiana nei mari del Levante. Approvo il linguaggio da lei tenuto, in questa circostanza, con il diplomatico francese. In ogni modo, però, siccome sta in fatto che le minacce contro la Tripolitania vengono dalla Francia, e non da noi, è ben inteso che la

S.V. deve valersi d'ogni mezzo opportuno per ristabilire, agli occhi della Porta, lo stato vero delle cose. E poiché sembra che l'ambasciata francese tratti liberamente di questo soggetto con i ministri del sultano, non sarà male che ella pure ne discorra apertamente, additando loro quelle notizie che le verremo porgendo circa le mosse del generale Allegro, il trasferimento del presidio di Gabes e Kerzis, e tutti quegli altri fatti che possano riuscire a sparger luce sulla politica francese nella Tripolitania.

78 3 Con D. 1051 dell'Il settembre, non pubblicato, di Robilant rispondeva che avrebbe interrogato

79 1 T. 1562, non pubblicato.

80 1 R. 92, non pubblicato.

81

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 94. Roma, 6 settembre 1886.

La conversazione che ebbi, oggi, coll'ambasciatore di Turchia per l'affare speciale a cui si riferisce il telegramma testé spedito le 1 , mi parve propizia occasione per dirgli apertamente l'animo mio rispetto alle cose di Tripoli.

A ogni incidente nuovo che sorga, o accenni a sorgere, in Oriente, vanno tosto in giro, circa pretesi disegni dell'Italia sopra Tripoli, le voci più singolari e le più assurde. E non solo la Sublime Porta se ne commove, ma, seguendo un suo costume che può riuscire pericoloso assai, confida le sue trepidazioni ad altre Potenze, e ne ricerca i consigli, senza discernere, con sufficiente cura, se questi possano, secondo la verosimiglianza, essere, o meno, disinteressati. «Desidero (dissi recisamente a Photiades pascià) eliminare ogni ambiguità o dubbiezza; desidero che la Sublime Porta non abbia a rivolgersi altrove per conoscere il nostro pensiero; desidero, in una parola, che questo nostro pensiero le sia, una buona volta e per bocca mia, manifesto così, che sia oramai argomento esaurito».

E qui senza ambagi dichiarai a Photiades pascià che noi non abbiamo disegno alcuno sopra Tripoli. Tutti sanno che non sono punto tenero delle imprese africane, e sanno pure quale sia, a tale riguardo, il mio programma. Di più non mi faccio illusione alcuna: dubbii vantaggi ci offrirebbe il possesso di Tripoli, mentre non potrebbe essere che il frutto di gravi sacrifici. «C'est (gli dissi) un os dur à ronger». In conclusione, noi non domandiamo meglio, che veder durare a Tripoli il dominio del sultano e lo statu quo attuale.

Ma, per converso -e qui pregai l'ambasciatore di prestarmi tutta la sua attenzione -, se mai la Sublima Porta, o consentisse, o si lasciasse strappare, rispetto a Tripoli, una concessione qualsiasi che alteri menomamente lo status quo a vantaggio di altra Potenza, in tale ipotesi noi non rimarremmo certo indifferenti, e non prenderemmo norma che dai nostri interessi di sicurezza e di equilibrio nel Mediterraneo. Dipende adunque, per quanto ci concerne, dalla Sublime Porta stessa l'avere, rispetto a Tripoli, lo spirito sgombro da ogni molesta preoccupazione.

Photiades pascià mi promise di essere, presso il suo Governo, fedele interprete delle mie parole. Nondimeno ripeto anche a lei le mie testuali dichiarazioni, le quali, eventualmente, le potranno giovare come regola di linguaggio.

81 1 Con T. 752, non pubblicato, di Robilant dava notizia della richiesta, fatta alla Turchia, di richiamare il console generale a Napoli.

82

IL REGGENTE IL CONSOLATO AD ADEN, V. BIENENFELD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. S.N. Aden, 6 settembre 1886 (per. il 18).

Arrivò in Assab una carovana dallo Scioa via Aussa.

V.E. avrà certamente notizie dirette dal conte Antonelli.

Colla suddetta carovana arrivò un corriere di S.M. il Re Menelik (l'uomo che godeva la fiducia del defunto Antinori e che era rimasto custode della nostra stazione di Let Marefià), si chiama Giuseppe ed è abissino.

Egli mi consegnò una lettera di S.M. il Re Menelik la quale ho l'onore di accludere a V.E. in originale e tradotta. · Sua Maestà si lagna di essere da molto tempo privo di notizie da Roma e mi prega di comunicargli tutto ciò che è a mia conoscenza. L'abissino Giuseppe mi diede le informazioni che ho l'onore trasmettere a V.E. in separato foglio.

Il r. commissario di Assab e il dottor Nerazzini mi pregano subito che avrò ricevuto le informa:zioni che desidero dal Giuseppe di rimandarlo dovendolo far proseguire tosto per Massaua. Lo rimando con questo corriere.

Chiesi al Giuseppe quale era lo scopo del suo viaggio a Massaua, mi rispose che il re Menelik desiderava sapere al di lui ritorno quali erano i rapporti tra le autorità italiane ed il re Giovanni d'Abissinia.

L' Anfari di Aussa, come mi aveva promesso con sua lettera Mohamed Loeita, manda in Assab con Abd er Rahman i $ 10.000 e l'avorio che si era trattenuto. Il Loeita scenderà pure alla costa coll' Abd er Rahman.

Credo al loro arrivo vorranno regolare l'affare di Margable e perciò avviserò nuovamente il r. commissario di Assab di far attenzione di non inasprire la questione ed insistere sulla prima decisione di non venir ad alcuna trattativa sino al ritorno del conte Antonelli.

ALLEGATO I

IL RE DELLO SCIOA, MENELIK, AL REGGENTE IL CONSOLATO AD ADEN, V. BIENENFELD

L. Entotto. 17 luglio 1886.

Come state? Io per grazia di Dio sto bene e così le mie armate. Siccome a tutt'oggi non abbiamo avuto notizie dall'Europa vi mando Giuseppe affine mi mandate tutte le notizie che sono a vostra conoscenza.

Lo mando anche per vedere se tutto l'avorio è arrivato ad Assab.

Ve lo raccomando onde egli possa ritornare in buona salute e presto.

ALLEGATO Il

Il re Menelik ed Antonelli trovansi ad Entotto. Ras Darghiè, zio del re Menelik, travasi nel Paese Galla arussi a otto giorni dallo Scioa con circa ventimila uomini, dei quali duemila circa con fucili. C'è poi una seconda spedizione comandata da degiac Wolde Gabriel con circa ottomila uomini, la maggior parte armati di fucile; questi si trovano nell'Ittu galla.

Wolde Gabriel ha scritto all'emiro di Harrar che intedeva che l'emiro gli portasse il tributo spettante al re di Scioa. L'emiro ha risposto che non l'avrebbe portato né mandato. Wolde Gabriel scrisse al re Menelik del rifiuto dell'emiro. Il re gli rispose che la stagione essendo troppo avanzata che aspettasse che passasse la stagione delle piogge e che nel mese di novembre avrebbe preso una decisione. Si crede per certo che Menelik in persona si recherà a conquistare l'Harrar.

Giunse alle orecchie del re che l'Italia si preparava a fare una spedizione contro l'emiro di Harrar, appena lo seppe ordinò a Gabriel di non entrare in Harrar, ma di attendere mandando a chiedere all'emiro soltanto il tributo. Nel frattempo giunsero le piogge. Se la notizia della spedizione italiana non fosse giunta allo Scioa a quest'ora l'Harrar sarebbe già stato occupato da Wold Gabriel.

Il comandante d'Obock scrisse al re Menelik che egli prese tutti i paesi dell costa e comperò tutti i terreni della pianura del sale sino a Farré, cioè per circa giorni undici di marcia dalla costa.

Il re fu furioso allorché intese questa notizia e vorrebbe sapere cosa c'è di vero. Il re Menelik desidera pure essere immediatamente informato delle intenzioni del Governo italiano su Harrar desiderando vivamente di agire seco lui d'accordo. Io sono incaricato d'attendere le notizie e poscia subito partire per lo Scioa.

V.E. vedrà che queste comunicazioni riguardanti l'Harrar combinano con quelle avute dal Sacconi di Harrar.

82 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo V, cit., pp. 342-343.

83

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 754. Roma, 7 settembre 1886, ore 15.

Voici le télégramme adressé par le Cabinet anglais à son agent à Sophia, et don t l'ambassadeur d' Angleterre m'a donné communication: «Rappelez sérieusement au prince Alexandre qu'il a été elu sous le Traité de Berlin, et que son élection fut confirmée par toutes les Puissances, et non seulement parla Russie. Il est donc impossible qu'il puisse abdiquer dans les mains de la Russie seule. Une telle mesure produirait la plus grande confusion, et probablement un danger sérieux».

84

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ 1

D. 252. Roma, 7 settembre 1886.

Ebbi ieri mattina il telegramma che la S.V. mi aveva spedito, la sera innanzi 2 , per farmi conoscere la comunicazione fatta, a lei ed ai colleghi suoi, in forma verbale dal presidente della Camera dei deputati e dal presidente del consiglio. Il signor Stambuloff e il signor Radoslavoff le avevano dichiarato che non permetterebbero al principe Alessandro di partire a meno che le Grandi Potenze porgano queste garanzie: l) che non vi sarà occupazione russa; 2) che sarà mantenuta l'indipendenza della Bulgaria; 3) che non vi sarà ingerenza straniera negli affari interni del Paese. In ogni modo, poi, i due presidenti lasciavano intendere che Sua Altezza non potrebbe partire prima della convocazione dell'assemblea, già indetta per l'l l settembre (nuovo stile), giorno onomastico dello czar e del principe.

A dire il vero, la situazione, nel Principato, ci si presenta così confusa ed intricata da rendere, nel fatto, ed anche astraendo da ogni considerazione d'ordine generale, impossibile un serio giudizio. Mi basti accennare all'atteggiamento degli ufficiali, che i più recenti telegrammi di lei indicano vario nelle località diverse, ed alle comunicazioni che la S.V. mi telegrafa venirsi scambiando tra personaggi non aventi certo titolo a trattare officialmente di cose spettanti al concerto delle Potenze.

In ogni modo, è per me evidente che la comunicazione verbale a lei rivolta, ieri l'altro, dai signori Stambùloff e Radoslavoff non è tale, né per la sostanza sua, né per la forma, da richiedere risposta. Nondimeno mi sta a cuore che ella conosca,

2 T. 1571, non pubblicato.

a tale riguardo, il mio preciso pensiero, così che il linguaggio di lei possa trame, in ogni evenienza, norma sicura.

Fin tanto che non consterà che il principe Alessandro abbia, di sua spontanea volontà, rinunciato alla corona, tutto ciò che accade nel Principato, quale che sia la gravità degli avvenimenti, è questione d'ordine interno, nella quale non abbiamo, per il momento, da interloquire. Quando poi l'abdicazione del principe fosse per divenire un fatto compiuto, le prescrizioni stesse del Trattato di Berlino, rettamente applicate, additano i procedimenti da seguirsi in tale contingenza.

Per conto nostro, noi vediamo nella esecuzione pura e semplice del Trattato di Berlino la più sicura garantia di pace per l'Europa, d'ordine e di tranquillità per la penisola dei Balcani. Del resto, noi saremmo sempre pronti, in quanto ci concerne, a prestare il nostro concorso leale e disinteressato all'opera che, mirando a quello scopo, riunisse l'unanime assenso delle Grandi Potenze.

Questi sono, in questo momento, i miei concetti li ho riassunti in un telegramma, poco dianzi speditole, che qui le confermo 3 ...

84 1 Ed. in LV 55, pp. 24-25.

85

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4262 1 . Berlino, 7 settembre 1886 (per. il 12).

Mi sono astenuto dal recarrni oggi di nuovo dal segretario di Stato, parendomi ancor troppo recente la prima mia visita (rapporto n. 4261) 2 , ma conferii però col barone de Holstein, capo della sezione politica nel dipartimento imperiale degli affari esteri, presso il quale avevo occasione già di condurmi per altra ragione di servizio. Non si avevano, così mi disse, sulle cose di Bulgaria, maggiori notizie di quelle che il pubblico conosce per la serie di telegrammi editi dalle varie agenzie. L'ultimo comparso di questi, proveniente dalla agenzia Havas, dove trovasi la risposta del Governo russo ai diversi quesiti sottopostigli dal Ministero bulgaro a proposito della abdicazione del principe, pareva al barone di Holstein che indicasse, da parte del detto Governo intenzioni assai più moderate di quanto generalmente si era congetturato. A suo dire siffatta moderazione è da attribuirsi soprattutto allo czar, il quale, pur considerando la presenza del principe Alessandro in Bulgaria come un'offesa, non è però inclinato, come lo era invece il genitore di lui, a far sue le aspirazioni dei panslavisti, e molto meno poi ancora è proclive a complicazioni da cui possa scaturire la guerra 3 . Circa l'atteggiamento della Germania,

2 R. del 3 settembre, non pubblicato.

3 Annotazione a margine di Robilant: «Oh! Oh!».

il mio interlocutore ripeteva le cose già note. Anche nel caso, secondo lui, in cui la Russia, nel rimaneggiare le faccende bulgariche, credesse di passare oltre al consenso delle altre Potenze, la Germania non le farebbe la guerra per obbligarvela. Essa non guarda in ciò che ai fini della propria politica, la quale mira alla conservazione della pace europea. Se l'Inghilterra procede esclusivamente a tenore dei propri interessi mercantili, non preoccupandosi troppo di quelli generali del continente, è necessario che gli altri Stati provvedano.

Essa, d'altronde, non potrebbe frapporre ostacoli serii a tale programma, né vi è da temere che si rivalga in Armenia od altrove. «Elle a la digestion difficile», diceva il barone di Holstein, «comme l' Autriche, en ce moment» 4 .

Conchiudeva poi osservando che il Governo britannico ha torto di far attaccare, come ha fatto, in un giornale ufficioso, quale è lo Standard, da paragonarsi (diceva egli) alla Nord Deutsche Allgemeine Zeitung, la politica del principe di Bismarck nella fase attuale.

A proposito dell'articolo pubblicato su tale argomento dal primo dei giornali or nominati, val la pena di notare che il secondo, nella sua risposta, dopo aver combattuta la pretesa inconciliabilità degli interessi austriaci coi russi, mette fine col dire che il principe di Bismarck, anziché sedersi entre deux chaises come pretenderebbe lo Standard, ha voluto invece collocare, sopra la solida base di tre, la propria politica.

Approfitto di questa occasione per ringraziare V.E. dei telegrammi direttimi il 45

ed il 66 corr.

84 3 T. 755, non pubblicato.

85 1 Annotazione a margine di Robilant: «Buon rapporto».

86

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 96. Therapia, 7 settembre 1886 (per. il 14).

Col rapporto n. 92 del 30 agosto scorso 1 ho riferito a V.E. un colloquio avuto col primo segretario dell'ambasciata di Francia intorno agli affari di Tripoli di Barberia. Messo sull'avviso dalle cose dettemi dal signor Jarozinski, potei procurarmi da persona autorevolissima precise informazioni sullo stesso delicato argomento.

La notizia di una nostra intromissione a pro delle missioni cattoliche italiane in Tripolitania, era stata mandata direttamente al sultano da Pszenny effendi, console generale di Turchia a Napoli, accompagnata da ragguagli sui preparativi che si stan facendo in Italia in vista di una prossima occupazione di Tripoli.

5 T. 746, non pubblicato.

6 T. 749, non pubblicato.

Come mi è riuscito ora di appurare, è lo Pszenny uno di quei tanti individui di cui il sultano si serve segretamente per iscopi suoi particolari, o per sorvegliare e controllare gli atti e le parole di quei funzionari dei quali Sua Maestà maggiormente diffida. Egli era stato mandato a Napoli per invigilare e riferire sulla condotta dell'ex khédive Ismail pacha, ed è in premio dei servigi resi in tale circostanza che egli fu dal palazzo imposto al Ministero degli affari esteri come console generale a Napoli. I rapporti confidenziali di Pszenny effendi non sono mai indirizzati alla Sublime Porta, ma direttamente al palazzo, e tenuti talmente segreti che il più delle volte il contenuto di essi non è comunicato neppure al gran vizir.

Questa volta però le informazioni trasmesse produssero tale impressione sull'animo del sultano che, chiamato a sé Kiamil pacha, Sua Maestà gli diè l'ordine di conferire in proposito con l'ambasciatore di Francia. Il conte di Montebello non si lasciò sfuggire così propizia occasione per mettere in mala vista il Governo del re, e rincarando la dose dei sospetti a nostro riguardo, suggerì l'idea di stabilire tra la Turchia e la Francia un'intesa per tener d'occhio ai maneggi dell'Italia in Tripolitania e per impedire che questa dia esecuzione ai suoi progetti. L'ambasciatore della Repubblica, per dare maggior peso alla sua proposta ed infondere maggior fiducia nell'animo del sultano, dichiarava al gran vizir che la Francia non aveva mai aspirato alla conquista di Tripoli, e che ricuserebbe il possesso di quella provincia ancorché dalla Germania le venisse fatto invito o offerta opportunità di occuparla.

Tale è, signor ministro, da quanto mi fu assicurato, lo stadio attuale del negoziato. A mio credere esso non condurrà ad alcun pratico risultato, mancando da un lato qualsiasi elemento d'accusa contro di noi, ed essendo dall'altro sempre viva la diffidenza del sultano verso la Francia dopo l'occupazione della Tunisia.

Per non compromettere la persona che mi ha fornito questi dettagli e per non togliermi il mezzo di ottenere ulteriori notizie su quest'importante argomento, ho stimato conveniente di non tenerne per ora parola al ministro imperiale degli affari esteri; tanto più che la comunicazione da me fattagli giorni sono, d'ordine di V.E., mi sembrava sufficiente a dimostrare la lealtà della nostra condotta e delle nostre intenzioni. Ma altro è alla Sublime Porta, altro al palazzo il modo di giudicare le cose.

85 4 Annotazione a margine di Robilant: «Buona questa».

86 1 Non pubblicato.

87

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 257. Pietroburgo, 7 settembre 1886 (per. il 17 ).

Confermandole il mio telegramma d'oggi 1 ho l'onore d'informare l'E.V. che l'ambasciatore d'Inghilterra è incaricato d'esprimere al Governo russo il desiderio

del suo Governo che il principe Alessandro resti sul trono di Bulgaria, riconciliandosi collo czar, ed ottenendo anche una specie di riinvestitura dalle Potenze.

Questa notizia mi fu data confidenzialmente dall'incaricato d'affari di Germania, il quale mi soggiunse ancora, che, nella conversazione avuta con lui, sir R. Morier lasciò trapelare la possibilità che la flotta inglese entri nel Mar Nero se i russi occupassero la Bulgaria.

Quando ebbe luogo la suddetta conversazione sir R. Morier non aveva ancor visto Giers, ritornato appena avantieri alle 9 di sera.

Domani soltanto i capi missione saranno ricevuti da S.E. e sarà allora mia cura d'indagare se, ed in quali termini, fu espresso il desiderio del Governo britannico, e quale accoglienza ottenne, per tosto informarne l'E.V.

87 1 T. 1588, non pubblicato.

88

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1589. Vienna, 8 settembre 1886, ore 13,45 (per. ore 16,50).

Kalnoky part aujourd'hui pour !es manoeuvres en Galicie. Il n'y a pas de doute qu'il regrette !es engagements pris par Bismarck à Franzensbad. Mais il ne peut et ne veut s'y opposer. Reste à savoir si l' Autriche profitera de l'insinuation qui a dù lui ètre faite indirectement par la Russie au sujet des compensations éventuelles. Jusqu'à présent rien ne le prouve, mais je n'en répondrais pas. Je pense qu'il s'agirait dans la pensée du Gouvernement russe, de l'annexion définitive de la Bosnie et Herzégovine, y compris peut-ètre Novi Bazar et Métrovitz. Je remercie

V.E. de ses télégrammes. Le terrain du Traité de Berlin me semble la base légale et la seule possible dans l'état actuel des choses en Bulgarie.

89

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 259. Pietroburgo, 8 settembre 1886 (per. il 17).

Oggi S.E. de Giers, di ritorno da due giorni in questa capitale, ricevette i capi missione accreditati presso la corte imperiale.

Non mancai com'era mio dovere, di recarmi da lui per conoscere il suo modo di vedere, e, se possible, gli intendimenti della Russia, nella presente circostanza d'inquietudine prodottasi in tutta l'Europa per i recenti avvenimenti bulgari.

Dopo esserci scambiate parole di cortesia, come d'uso, S.E. mi diede per il primo la notizia che il principe Alessandro era partito da \~ofia per recarsi a Lom-Palanka, dove prenderebbe comiato dai suoi fidi partigiani e lascerebbe la Bulgaria. Non mancò di farmi marcatamente sentire che il ritiro del principe favorsce la causa della pace.

Nel giro della conversazione portai il discorso su ciò che più mi premeva conoscere, se, cioè, il Governo imperiale avrebbe mantenuta l'assicurazione, datami già, giorni sono, da Vlangaly, e confermatami pure da questo incaricato d'affari di Germania, che la Russia non occuperebbe militarmente la Bulgaria, la quale avrebbe continuato a godere della propria indipendenza.

S.E. mi ripeté tale assicurazione: «Il nostro intervento», così mi disse «sarà nella via legale, dando consigli, se il caso si presenterà, per mantenere l'ordine in quelle regioni, che la Russia, con grandi sacrifici, rese indipendenti: la Germania stessa è con noi perché sa che non abbiamo intenzioni occulte».

Se la Russia finora non prese l'iniziativa di scambio d'idee cogli altri Gabinetti sulla linea di politica a seguirsi in questa occasione, si fu perché come l'imperatore l'ha dichiarato nel suo telegramma, la Russia s'asteneva dall'ingerirsi negli affari di Bulgaria, in quanto essi riguardavano i rapporti internazionali di quel paese, finché il principe Alessandro vi regnava. Ora, appena l'assemblea bulgara si sarà riunita e si sarà pronunciata, il Gabinetto imperiale si metterà in diretta comunicazione cogli altri Gabinetti della Grandi Potenze per scambiarsi reciprocamente le proprie idee a tal proposito.

A dire di Giers il suo Governo non avrebbe finora alcun candidato da proporre alla successione dell'abdicatario principe di Bulgaria. Ebbi già l'onore di telegrafare oggi stesso all'E.V. il contenuto del presente rapporto 1 .

90

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ 1

T. 763. Roma, 9 settembre 1886, ore 22,20.

Sans que ce soit le cas de faire aucun acte spécial de reconnaissance de la Régence vous continuerez purement et simplement avec son Gouvernement les rapports officiels que vous aviez avec le Gouvernement princier.

90 1 Ed. in italiano in L V 55, p. 30.

89 1 T. 1594, non pubblicato.

91

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 114. Vienna, 10 settembre 1886 (per. il 12).

Il principe Alessandro di Battenberg, dopo avere abdicato e dopo avere costituito una Reggenza a Sofia, lasciò il territorio bulgaro e traversò ieri il territorio autro-ungarico per rendersi in Germania. Dopo le intelligenze prese a Franzensbad fra il principe di Bismarck e il signor de Giers, delle quali a suo tempo resi confidenzialmente conto a V.E., era chiaro che l'abdicazione del principe Alessandro era divenuta una necessità ineluttabile. È cosa soddisfacente che almeno questa abdicazione e la successiva partenza del principe da Sofia, sieno avvenute senza disordine e senza spargimento di sangue, come si poteva temere. L'opinione pubblica in Austria-Ungheria seguì con viva emozione le fasi successive di questo dramma che si svolse e si sta svolgendo in Bulgaria. Le simpatie per il principe abdicatario e la ripugnanza a piegarsi all'influenza russa sono quasi generali nella stampa austro-ungarica. Ma in sostanza le intelligenze di Franzensbad non trovarono, né troveranno quì un'opposizione effettiva nel Governo, il quale desidera anzitutto la conservazione della pace europea e quindi sta irremovibile nell'alleanza germanica e conseguentemente si tiene all'amicizia della Russia.

Una prova evidente della simpatia delle popolazioni austro-ungariche verso il principe Alessandro sarà di già stata portata all'E.V. dai telegrammi che resero conto del passaggio di S.A. lungo il territorio dell'Impero e specialmente a Pest e a Vienna. Nella prima di queste città il principe fu salutato alla stazione da folla numerosa, aringato da personaggi di marca, accolto dalla scolaresca con bandiera spiegata e vivamente acclamato con grida d'evviva per lui e con altre ostili alla Russia. Sembra anzi che una folla di studenti siasi recata al consolato russo con grida e fischi. Ma di questa dimostrazione V.E. avrà il debito rendiconto dal r. consolato in Pest. Qui a Vienna il principe Alessandro giunse jeri sera, e traversò la città dalla stazione della Stadsbahn a quella della Westbahn. In entrambi le stazioni fu acclamato dalla folla, e nell'ultima la dimostrazione fu particolarmente viva. Nessuna autorità locale fu a ricevere il principe, eccetto il generale Lehne, il quale in uniforme si recò a salutarlo all'arrivo, e l'accompagnò dall'una all'altra stazione. Alcuni giornali dicono che il generale Lehne ebbe missione di salutare il principe a nome dell'imperatore. Ma altri invece assicurano che questo generale fu a salutare il principe come suo compatriota (essendo esso nativo di Darmstadt, secondo si dice), e egli rimise lettere e telegrammi da parte del padre, il principe Alessandro di Assia. Non so in questo momento quale delle due versioni sia la vera. Ma il saperlo non importa nulla.

Mi pregio di mandar qui unito all'E.V. un numero della Wiener Allgemeine Zeitung, di ieri sera 1 , che fu sequestrata dalla polizia per il suo articolo di fondo.

91 1 Non si pubblica.

92

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 620. Massaua, 10 settembre 1886 (per. il 24).

Ho l'onore di trasmettere a V.E. copia del foglio 1° corrente, n. 41, del r. commissario civile di Assab, al quale sono unite una lettera del conte Antonelli al detto r. commissario ed altra dell' Anfari all' Antonelli stesso, e ciò per il caso che questi documenti già non le siano pervenuti direttamente da Assab.

*Risultando dalle medesime che il conte Antonelli è in ottime relazioni coll' Anfari di Aussa, e che quindi pare non si abbia a temere per detto conte è che l'Anfari, come da altre lettere sue e dei suoi, non è che un parolajo, ho invitato il cavaliere De Simone di vedere, quando gli occorresse di scrivere al detto Anfari od ai suoi agenti, se non è meglio farlo in tono brusco, in modo da fargli capire che i malcontenti siamo noi e che l' Aussa non può mettersi in allarme*.

ALLEGATO I

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, DE SIMONE, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSSO, GENÈ

L. Assab, l" settembre 1886.

Ho l'onore di trasmetter alla S.V. Illustrissima una lettera del conte Antonelli ed un allegato-traduzione di una lettera di Mohamed Anfari a lui diretta.

Da esse si rileva come questo non è contento di noi.

Per dovere mi permetterò esporre alla S.V. Illustrissima alcune mie osservazioni sia

all'una che all'altra lettera. Il signor conte Antonelli chiaramente esprime che, se la via non è libera, e se l'Anfari è malcontento di noi, ciò devesi alle influenze di gente straniera ed indigena a noi avversa.

Ora sembra inutile ripetere come l'avidità di guadagni non soddisfatti spinga contro di noi la maggioranza dei dankali a ciò aggiungasi anche il timore della nostra forza alla quale sono convinti che un giorno dovranno necessariamente cedere, abbenché finora nessun nostro atto possa dar ragione a questa loro supposizione. Havvi però delle eccezioni, e queste devonsi cercare nella povera gente che trova in noi una provvidenza, imperciocché, io ho cambiato per essa la elemosina in retribuzione di lavoro, seguendo gli intendimenti del R. Governo. Ora è certo che se maggiori fossero i mezzi, minori sarebbero le ostilità, avendo così, una quantità di gente se non nemica, neutrale.

La strada inoltre soggiunge l' Antonelli, se non è mal sicura, la lettera dell' Anfari è poco rassicurante, però dice che il maggior impedimento viene dallo scontro della carovana di Barrai con i dankali di Badù.

*È chiaro che altrove devesi ricercare l'origine di questa poca sicurezza e non già nella nostra attitudine, perciò non so spiegarmi come lui possa supporre che noi avessimo concorso al malcontento dell'An fari.

Quanto poi alla lettera dell'Anfari devesi considerare che il dankalo, niuno escluso (come l'eperienza e il continuo trattarlo ha dimostrato), mente per abitudine di mentire. Non io solo confermo questo fatto; illustri viaggiatori, altre autorità, altri uomini furono concordi e lo sono nell'accertare nei dankali questo bruttissimo vizio.

L' Anfari mente, e sa di mentire, poiché né il comandante di Beilul, né i nostri soldati si sono mossi dal campo. Non c'è stato finora alcun movimento che abbia anche lontanamente accennato ad un avanzarsi oltre i limiti stabiliti. Egli aggiunge allo indulto di questa sua menzogna anche la minaccia: «succederanno delle disgrazie», egli dice, e da chi causate? Da loro certamente, poiché noi non si è arrecato male ad alcuna persona, restando tranquilli e quieti. Nella seconda parte, quando accenna alla carovana degli schiavi, mente lo stesso imperciocché tutte le informazioni avute al riguardo sono concordi, e la gente di Margable ha osato rinfacciarmi avere io agito male verso di loro poiché avendo visto i schiavi a Margable avevo taciuto (vedi rapporto del maggior Cauda e processo verbale dei rr. carabinieri sull'occorso di Margable). Anche il sultano di Raheita ha pubblicamente dichiarato in questi ultimi giorni in presenza dei suoi savi e del dottor Nerazzini, al quale feci rilevare l'importanza della frase che egli non m'aveva parlato dei schiavi che erano a Margable perché appartenenti ad una nostra carovana.

Quanto poi alla voluttà di fare ammazzare due donne, l'accusa è tanto codarda che non torna conto il rilevarla e tornarvi su. Per quanto poi riflette la libertà della via deli'Aussa è lecito dimandare:

È stata, è veramente libera, e da quando? Dopo il passaggio del conte Antonelli, che è costato sacrifici abbastanza rilevanti, chi è che ha avuto il passo libero? Il dottor Traversi e l'Aprico, questo perché raccomandato dal re Menelik, quello sotto spoglie di servo. Gli altri che vi si avventurarono dovette il commissario assoggettarsi a pagare un oneroso pedaggio (2000 talleri per tre persone).

L' Anfari dice che ha sospeso l'invio delle carovane. Quali? Quelle dei schiavi certamente no. Egli le spedisce a Ras-Kachuna per imbarcarli per Gedda, evitando però Beilul, ed anche ora ve ne sono due in viaggio, una delle quali composta tutta di donne e fanciulli gallas. Carovane di merci nemmeno furono impedite a progredire, dappoiché quelle dei dankali seguitano ad arrivare alla costa.

Di grosse e d'importanti di negozianti europei non ve ne sono né ve ne saranno per ora. Salvo quella del conte Antonelli, ed una di queste era stata già trattenuta dal tempo all'Aussa. Come ebbi l'onore d'informare V.S. Illustrissima già da diverso tempo, e lo fu per ragioni estranee alla nostra attitudine, assicurandomi l' Anfari stesso che solo la mancanza dei cammelli non ne permetteva l'invio; quindi anche questo preteso suo ordine è una menzognera minaccia.

Da tutto ciò che ho esposto* mi permetto dedurre che l'Anfari è indispettito non dal supposto avanzarsi delle truppe italiane, né dall'attitudine del comandante di Assab, che egli privatamente anzi loda, bensì dal non aver ottenuto la vendita di Beilul, e dal non essere stato corrisposto a chissà quali sue infondate ed a me ignote pretese.

ALLEGATO Il

IL CONTE ANTONELLI AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, DE SIMONE

L. Dingai Mesghia, 28 luglio 1886.

Mi pregio rimettere copia alla S.V. Illustrissima della traduzione dall'arabo di una lettera del sultano Mohamed Anfari che ho ricevuto il 22 dell'andante mese di luglio. L'Anfari comincia a mostrarsi molto malcontento di noi e fa prevedere che se continua così accadranno disgrazie.

Avrei voluto immediatamente partire ma il re Menelik desidera che resti qui fino al mese di ottobre ed io non ho creduto conveniente disgustarmi col re che mi mostra tanta deferenza e che mi usa ogni sorta di riguardi speciali.

Era però necessario una azione pronta a nostro favore presso l' Anfari: fu dunque deciso di mandare all'Aussa lo sceik Abd-el-Rahman come uomo di fiducia dell'Anfari e che pubblicamente ha sposato la nostra causa. Molte dicerie furono fatte sul conto di questo abissino agente dankalo e disgraziatamente fu anche attaccato da gente nostra; io credo invece che oltre il nostro interesse politico è nostro dovere sostenere efficacemente questo uomo che oggi viene accusato di aver venduto Beilul all'Italia pubblicamente e segretamente l'Aussa.

Il lavoro contro l'Italia è collegato dalla costa a qui e fa centro all' Aussa.

Da Beilul si scrive contro di noi continuamente.

*Da Tagiura fanno scrivere i francesi*.

All'Aussa c'è il sultano Humed Loeita di Gobhad, *agente francese e pagato dal Governo francese*. Qui poi abbiamo una schiera di nemici a capo dei quali sta Mohamed Abu Baker sostenuto anche da qualche autorità scioana.

Infatti sono partiti e partono continuamente doni per Mohamed Anfari dalla parte di Mohamed Abu Baker, il quale domanda di fare la pace con il sultano di Aussa e già esiste uno scambio di lettere.

Prevenni il re di questi fatti e gli feci notare che, qualora Mohamed Abu Baker fosse entrato negli affari di Aussa, essendo esso un nostro antico avversario *ed un agente francese*, certamente che la via di Aussa si sarebbe perduta per noi italiani. Il re diede ordini a S.E. azage Wolde Tezadek di impedire che agenti dell' Abu Baker si mischiassero in affari a loro estranei, ma l'azage nemico di Abd-el-Rahman eseguirà molto lentamente gli ordini sovrani.

Non si può dire che la via sia malsicura ma certo l'ultima lettera dell' Anfari è poco rassicurante e dà molto a pensare.

Il dottor Ragazzi, Cicognani e Viscardi dovevano partire già dal maggio decorso ma furono trattenuti qui non perché la via non era sicura all'Aussa, ma perché la gente di Badò (fiume Hawosche) a due giornate dal confine scioano aveva detto che non voleva più che gli europei passassero pel loro paese. Questo fatto era indipendente dalle questioni che possiamo avere col sultano Anfari, perché la gente di Badò ebbe lo scontro con la carovana francese dove fu ucciso Barrai e chiedevano vendetta per la gente che gli era stata uccisa dagli abissini e dagli europei di quella carovana.

E qui credo opportuno ricordare quel fatto. La gente di Badò era partita per fare una spedizione contro gli ittu galla loro antichi e continui nemici; passarono per Mullo ed erano al torrente di quella stazione quando sopraggiunse la piccola carovana Barrai.

Sembra che questo, malcontento di vedere tanta gente gli comandasse di disperdersi credendo che erano là per attaccar lui e la sua gente. Senza venire a spiegazioni partì un colpo di fucile che uccise un dankalo: la signora che era con Barrai ferì un dankalo col revolver. Si accese la zuffa: tutti i servi di Barrai restarono uccisi (credo quattordici persone). Il signor Saviuri che era col forte della carovana ruppe le casse ed armò tutti con fucili Vetterly e con questi si salvò uccidendo e ferendo più di sessanta persone.

Dopo questo fatto non era prudente far partire i nostri italiani: io mi trovavo col re negli Aussi Galla, quando fui di ritorno trovai che si era fatto benissimo di non far partire nessuno se non v'era sicurezza. Si è dovuto trattare la pace e tutti i capi principali di Badò sono venuti qui ed hanno giurato che essi stessi accompagneranno i nostri viaggiatori fino all' Aussa. A questi poi si aggiunga Abd-el-Rahman ed io spero che così saranno tolte tutte le difficoltà.

Stante però la stagione avanzata e l'assicurazione che ho del re di potere partire in ottobre, ci siamo consultati col dottor Ragazzi ed abbiamo veduto che non era più il caso che esso si recasse in Assab e poi in Italia. Il re allora ha pregato il dottor Ragazzi di mandare alla costa Giuseppe interprete di Let-Marefià. Questo uomo è al nostro servizio circa da sei anni, è molto intelligente, urge che ritorni qui con buone impressioni sul nostro conto, ed io lo raccomando caldamente alla S.V. Illustrissima. Sarebbe cosa ottima che lo si mandasse in Massaua, a Beilul, a Raheita affinché quando ritornerà qui sia al caso di dare al suo re ampie spiegazioni.

Giuseppe è allievo della missione cattolica Massaia, fu istruito a Marsiglia.

E prima di chiudere questo mio rapporto mi permetta la S.V. che le faccia una proposta.

Se la S.V. crede, potrebbe incaricarmi di trattare con l'Anfari tutte le questioni che riguardano la sicurezza della via e l'assestamento della costa. Si dovrebbe in tal caso scrivere dalla S.V. all'Anfari per prevenirlo che al mio passaggio per l'Aussa ho da lei incarico di trattare di simili affari, e lo pregasse di restare tranquillo fino a quell'epoca. Identica cosa sarebbe bene che la S.V. scrivesse a questa Maestà e ciò per avere un appoggio maggiore verso l'Aussa.

Intanto se Abd-el-Rahman non riuscirà a calmare l'Anfari, verrà in Assab per mettersi d'accordo con la S.V. Illustrissima.

Io torno a scrivere all'Anfari d'inviare in Assab un uomo di sua fiducia *alla S.V.* Uguale raccomandazione ho fatto ad Abd-el-Rahman nel caso limitasse oggi la sua gita fino l' Aussa.

In quanto ai signori Cigognani e Viscardi, essi partono con la gente di Badò con Giuseppe di Let-Marefià con un uomo del re e con Abd-el-Rahman sotto l'alta protezione del re di Scioa.

ALLEGATO III

IL SULTANO DELL'AUSSA, MOHAMMED IBN ANFARI, AL CONTE ANTONELLI

L. ... , l" luglio 1886.

Quello che debbo dirvi, o figlio mio, io non conosco gli affari degli europei: quello che avevano accomodato è stato oggi cambiato.

Voi siete mio figlio, venite subito da me con Abd-el-Rahman. Ciò che torno a ripetervi è che gli italiani che sono a Beilul non sono miei amici e dovete scrivere questo al vostro Governo e che sappia quello che mi hanno fatto e che faccia partire la gente cattiva. Il comandante che si trova a Beilul ha passato il suo posto ed è entrato nel mio territorio; se fa così certo accadrà quanche disgrazia. Voi siete mio figlio, scrivete subito al vostro Governo.

Ho pure scritto la stessa cosa al re Menelik perché pure lui scriva al Governo italiano. La gente cattiva devono farla partire da Beilul. Vi ho scritto tutto ciò per spiegarvi le cose.

Ho saputo che in Assab il comandante ha messo in prigione Abd-el-Kader (capo della carovana del re Menelik): lui quando ha inteso che per la via di Assab mancava l'acqua, ha preso la strada di Beilul per poi dal Targhan scendere ad Assab: quando è arrivato a Dohole, qualche cammello è morto, allora ha lasciato là la carovana ed è andato in Assab, appena è arrivato è stato messo in prigione. Mentre imprigionavano Abd-el-Kader, i soldati sono andati a Margable, dicendo che andavano a prendere gli schiavi; arrivati là non hanno potuto fare altro, hanno ucciso due donne perché non era vero che c'erano gli schiavi.

Appena ho saputo questa cosa ho arrestato tutte le carovane e ho detto: «fino a che non arriverà Antonelli e Abd-el-Rahman, nessuno scenda in Assab con le carovane». Voi venite subito, non restate più allo Scioa.

92 1 Ed., con data del 15 settembre, con l'omissione dei brani fra asterischi e qualche variante, in LV 66, pp. 234-238.

93

IL CONTE ANTONELLI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. S.N. Entotto, 10 settembre 1886, (per. il 7 febbraio 1887 ).

Ho l'onore di rimettere all'E.V. una lettera di questo re di Scioa, indirizzata al nostro Augusto Sovrano.

Mi lusingo che all'E.V. sarà pervenuto il mio lungo rapporto datato da Entotto, 10 maggio del corrente anno 2• La situazione da quell'epoca non ha subìto variazioni, e ciò anche a causa delle grandi piogge che, per circa tre mesi, chiudono tutte le comunicazioni al nord.

La lettera che oggi il re invia al nostro sovrano mi fu in gran parte comunicata ed è una prima confessione di questa Maestà sulla sua delicata condizione rispetto all'imperatore.

Dopo ciò, io insisto sempre più per partire, perché credo assolutamente inutile continuare ad aderire, come feci fino ad ora, a tutti i desiderii di questo bravo re.

2 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

ALLEGATO

IL RE DELLO SCIOA, MENELIK II, AL RE D'ITALIA, UMBERTO I

L. ... , 8 settembre 1886.

Per ciò che è avvenuto quest'anno nel Mar Rosso, si è prodotta molta commozione nel nostro Paese. Le truppe di Vostra Maestà, venute in Massaua ed in altri luoghi di tutta la costa, accampandosi sembravano truppe che entrassero contro tutta l'Abissinia. Vostra Maestà mandò un inviato al re di Abissinia, per informarlo, per qual ragione avea occupato Massaua, ed a me mandò una lettera scritta il 25 di hamlé (luglio) 1885 3 . Questa lettera informava pienamente che Vostra Maestà non desiderava punto essere nemico, ma invece stringere amicizia coll'Abissinia. Tutto questo che il vostro Governo ha fatto per mostrare la sua sincerità, ha calmato alquanto l'animo del re di Abissinia, ma non lo ha posto in pienissima sicurezza. Ora, dopo che, alla fine, avevamo congedato il conte Pietro Antonellì, nell'esistenza, l'abbiamo pregato di restare ancora un'altra volta. Fino a tanto che io ignoro se Vostra Maestà sta o non istà in amicizia col re di Etiopia, è per me molto sconveniente il mandare ambasciatori. Il nostro amico conte Antonelli, inviato da Vostra Maestà perché non cessasse la nostra amicizia, molti servigi ci ha prestati, ed attualmente ci presta; e spero che, prima di congedarlo compirà felicemente tutti gli affari, per i quali Vostra Maestà lo ha mandato. Ora pensando che non piacerebbe a Vostra Maestà che io rimandassi senza seguito il conte Antonelli, e che era meglio trattenerlo; informandone Vostra Maestà, abbiamo mandato questa lettera perché Vostra Maestà sappia tutto l'accaduto. Non è mancanza da mia parte; non rompo punto l'amicizia con Vostra Maestà, e se Vostra Maestà, farà osservazione che non sono stati rimandati gli ambasciatori, dichiaro che la nostra amicizia non è punto diminuita. Prego che Iddio prolunghi la vosta vita, guardi il vostro esercito, estenda il vostro regno.

93 1 Ed. in L'Italia in Africa, serie storica, vol. I, Etiopia-Mar Rosso, Documenti (1887-1888), tomo VI, a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafico dello Stato, 1972, pp. 12-13 (in allegato al R. 36 del 23 gennaio 1887 del commissario civile ad Assab) e in LV 66, pp. 238-239.

94

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. 770. Roma, Il settembre 1886, ore 15,30.

Un télégramme Reuter en date de Londres, ce matin, parle des préparatifs qu'on ferait dans plusieurs arsénaux anglais pour l'armement éventuel de trente navires marchands. Tàchez de me télégraphier le plus tòt possible ce qu'il y a de vrai dans cette nouvelle 1 .

94 1 Cfr. n. l03.

93 3 Ci si riferisce probabilmente a quella del 23 luglio: cfr. serie II, vol. XIX, n. 27.

95

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÉ

D. 528. Roma, 11 settembre 1886.

Con rapporto in data 3 corrente di cui le trasmetto una copia1 , il cavalier Venanzi reggente la r. agenzia in Egitto suggerisce d'estendere la nostra crociera e quindi la nostra sorveglianza più al nord d'Emberemi, almeno fino alle foci del Lebka, allo scopo di assicurare sulla costa una base più adatta ad una nostra eventuale operazione verso l'interno.

La prego di farmi conoscere il suo parere su questo suggerimento, avvertendo che, in ogni caso, prima di enunciare proposte su tale materia, attenderemo che

o dall'Egitto o dall'Inghilterra si ripigli l'iniziativa per la definitiva stipulazione di un accordo intorno al servizio di sorveglianza di cui si tratta.

96

L'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RIVA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4263. Berlino, 11 settembre 1886 (per. il 17).

S.M. l'imperatore Guglielmo ha lasciato Berlino e si trova ora in Alsazia, dove stanno per aver luogo, come è già noto a V.E. le grandi manovre tedesche del presente anno. Prima di allontanarsi da quelle regioni, l'imperatore si recherà solennemente anche a Metz. Il fatto è per sua natura assai semplice. Ma quella nuova affermazione di potenza, da parte dell'impero, all'estremo confine delle provincie che sono soggette tuttora, in Francia, di tanto rimpianto e di aspirazioni così poco dissimulate, sembrami non priva di significato, nelle circostanze attuali, e per lo meno meritevole di qualche riflessione, se si coordina all'insieme dell'odierno stato di cose. V.E. vorrà perdonarmi se, abusando forse della facoltà che mi è concessa in questo momento, mi prendo la libertà di esporle, quali esse siano, le considerazioni che si affacciano alla mia mente, a tale proposito.

La politica attuale del principe di Bismarck, la quale, sebbene ascosa nei suoi ultimi fini, lascia però scorgere una quantità sufficiente di frammenti da permettere che se ne indovinino le linee generali, sembra rivolta essenzialmente a far sì che la Germania si trovi pronta a respingere un attacco della sua mal traquillità vicina. Mercé l'opera del Gran cancelliere, la Germania si mette, se così mi è lecito di esprimermi, in guardia. E questa posizione di guardia, è a vasto giro, quale conviene

all'importanza degli interessi che mira a difendere ed all'impeto di chi potrebbe aggredirla. Sia all'interno che all'estero il principe di Bismarck ha cercato, evidentemente, di dare all'impero la più solida base possibile, in questo momento. All'interno coll'amicizia assicuratasi del principe reggente di Baviera, a cui vennero prodigate ripetute dimostrazioni di simpatia, manifestamente dirette a rendere da quel lato, quanto più forte sia possibile, la posizione. Allo stesso fine sono rivolti, a mio giudizio, i convegni che ora, nella occasione appunto delle grandi manovre, avranno luogo tra l'imperatore e parecchi principi e sovrani della Germania, fra i quali anche il re di Sassonia, invitato a fargli corona.

All'estero poi, coi rinnovati patti coll'Austria, e colla garanzia procuratasi di un atteggiamento pacifico da parte della Russia, alla quale, come ben vedesi, venne concessa in ricambio, per quanto almeno riflette la Germania, la desiderata libertà d'azione in Bulgaria combinata colla necessaria acquiescenza mercé forse un corrispettivo che tuttora rimane ignoto, da parte dell'altro impero.

Grazie a questi savii provvedimenti ed ai non meno savii apparecchi militari, di cui non spetta a me di segnalare gli incessanti progressi, la Germania appare, a chi la osserva, come perfettamente in arnese per poter sfidare il pericolo. Esiste questo realmente? Non è mio compito il sentenziare sopra così ardua materia. Affermasi che il vecchio imperatore vada dicendo, con burlevole allusione all'odierno ministro della guerra di Francia: «State attenti al fornaio!». Ciò sarebbe, in certo modo, altro sintomo di un sentimento sempre vivo delle sorprese che possono venire da quella parte. L'irritazione lungamente frenata, una certa coscienza di riacquistata forza e forse la necessità politica di uno sfogo al di fuori, sono elementi di cui nessuno può mìsurare gli effetti. Ma se la Germania, ben atteggiata in guardia come è, presentasse tale un ostacolo da dissuadere, al momento dato, l'aggressione dal tentare l'impresa, non potrebbe il furore guerriero di questo deviare e scatenarsi su altri, per esempio su noi? E non potrebbe darsi il caso che alla Germania, ed a chi sta con essa, convenga allora di disinteressarsi, entro certi limiti, nella questione, di lasciar fare?

Invoco di nuovo il compatimento dell'E.V.

95 1 Cfr. n. 78.

97

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 745. Parigi, 11 settembre 1886, (per. il 14).

La nomina del signor Herbette ad ambasciatore di Francia a Berlino, che io ebbi l'onore di annunciare all'E. V. col mio telegramma dell'altro ieri l, giunse

molto inaspettata al corpo diplomatico non meno che al pubblico in generale. Il signor H erbette appartiene da ventisei anni alla carriera estera; fino al 1870 egli era nella carriera consolare. Il 4 settembre di quell'anno il signor Jules Favre allora ministro degli affari esteri se lo aggiunse in qualità di segretario. In appresso egli fu delegato alla Commissione europea del Danubio e membro della missione straordinaria al Congresso di Berlino. Il signor di Freycinet gli affidò nel 1880 la direzione del personale del Ministero dell'estero, e, quando ritornò al potere nel 1885, lo volle capo del suo Gabinetto. L'avergli egli ora affidato un posto di particolare fiducia, quello che si considera come il più arduo per la diplomazia francese, prova che il signor di Freycinet non solo ha un alto concetto della sua idoneità, ma che aspetta particolari servizii da un amico che conosce le intime tendenze della sua politica.

Essendomi recato ieri a congratularmi col nuovo ambasciatore egli mi disse che non aveva accettata senza apprensione e senza esitazioni la missione addossatagli, ma che essendo già stato in precedenza a Berlino egli vi aveva amici, e sperava di potervisi rendere utile. Il suo precipuo compito, ci disse, sarà quello di fare meglio conoscere al principe di Bismarck il vero stato degli animi e le vere tendenze presenti dell'immensa maggioranza in Francia e di dissipare qualche meno esatto giudizio inspirato da relazioni di agenti che hanno idee preconcette. In ispecie egli potrebbe fargli fede che niuno qui cerca, come troppo sovente si ripete, l'occasione di una guerra di rivincita. Il paese, diss'egli, facilmente s'infiammerebbe tutto intiero, in un istante, per una questione mediterranea; ma la questione di Alsazia-Lorena non gli appare più che nelle lontane nubi delle contingenze a venire, ed esso ripudia le ardenti impazienze di Déroulède e dei suoi pochi seguaci. Avendo io osservato che l'opinione pubblica in Germania pareva attribuire al generale Boulanger idee non molto dissimili da quelle dello stesso Déroulède, il signor Herbette mi rispose che erano ben lungi dal vero coloro i quali volevano ravvisare nel ministro francese della guerra un uomo propenso ad ingerirsi di politica estera. Da quando egli è collega del signor di Freycinet, il generale Boulanger non avrebbe mai tentato di pesare con una parola sulla condotta degli affari esteri. In quanto all'opinione sorta in Germania od altrove che il Governo presente di Francia corresse il pericolo di essere trascinato dal radicalismo, il signor Herbette diceva che il presidente del Consiglio, anziché debole ed oscillante, come da taluni lo si credeva, era capace delle più energiche decisioni e della maggior fermezza, allorquando occorreva. D'altronde (mi parve degna di nota questa frase) lo stesso principe di Bismarck negli ultimi giorni avrebbe modificata a tale riguardo la sua opinione sul signor di Freycinet.

Lascio giudice l'E.V. a quanto in queste dichiarazioni meriti attenzione. Chi ricordi i tentativi di un riavvicinamento con la Germania, fatti prima dal signor Gambetta, poi dal signor Ferry (lo stesso Herbette ricordava che poco prima della caduta di questo secondo era stato convenuto un convegno tra lui ed il principe cancelliere) non troverà sicuramente improbabile il tentativo di una evoluzione verso la Germania preparata dal signor di Freycinet in un .momento in cui più deve pesare alla Francia il suo isolamento, in cui si attribuiscono all'Inghilterra ogni sorta di disegni nel Mediterraneo, ed in cui per contracolpo di ciò che avviene nella penisola balkanica può anche maggiormente modificarsi a danno della Repubblica la situazione della Gran Brettagna in Egitto.

Perché in esso trovo riprodotte ed ampliate alcune delle idee che mi furono ieri espresse dal signor Herbette, io credo di dover segnalare all'E.V. un articolo del Figaro di oggi intitolato: Hors de France MM. Herbette, de Freycinet et Bismarck il quale serve quasi di commento ad alcune frasi del mio interlocutore.

97 1 T. 1599, non pubblicato.

98

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Madrid, li settembre 1886 (per. il 18).

Al mio ritorno a Madrid domenica scorsa trovai un biglietto del signor ministro di Stato, che mi dava appuntamento per lo stesso giorno alle 4. Nel colloquio che egli prolungò fino alle 7, il signor Moret si dimostrò ansioso di persuadere me e, possibilmente, il Governo del re, che il Governo spagn'uolo, -cioè il ministro di Stato ed il presidente del Consiglio, coll'approvazione della regina-, hanno definitivamente risoluto di associarsi alla politica estera dell'Italia e per conseguenza di unirsi a quel gruppo delle Potenze centrali, alle quali sembra pure avvicinarsi, fortunatamente, l'attuale Gabinetto britannico. Il signor Moret, ai miei suggerimenti d'incaricare di tali notificazioni al R. Governo un agente suo, rispose non poterlo fare, stante il cambio troppo frequente del personale diplomatico spagnuolo; egli insistette molto, perché io mi incaricassi di recare verbalmente a notizia personale dell'E.V. informazioni circa le risoluzioni del Governo spagnuolo. Gli dissi che non era certo d'incontrare l'E.V. in Piemonte, ove intendeva di recarmi; e che ad ogni modo, non solo non mi credeva autorizzato a farmi latore di proposte del Governo spagnuolo, ma neppure avrei preso la responsabilità di informazioni tanto gravi, quando egli, ministro di Stato, non avesse creduto di precisare e formolare in un testo scritto le sue dichiarazioni. Il signor Moret si riservò di cercare una formola concreta per la quale fosse sicuro dell'approvazione del presidente del Consiglio. Questi si trova alla Granja presso

S.M. la Regina Reggente.

Ieri il signor Moret mi pregò nuovamente di recarmi al Ministero; egli m'invitò a scrivere sotto il suo dettato il testo seguente, come espressione dei desideri del Governo della Regina reggente.

«Dans l'état actuel de groupement des Etats européens, l'Espagne étant portée tant par ses institutions, que par ses intérèts territoriaux vers le groupe des Puissances centrales, désire connaitre dès à présent Ics intentions du Gourvernement italien sur !es points suivants:

I. Si l'Espagne venait à ètre invitée de quelque part et dans quelque forme que ce soit, à se joindre formellement à l'entente des trois Etats, l'Italie serait-elle disposée à agréer cette accession de l'Espagne?

II. Dans le cas de cette accession le Gouvernement italien serait-il disposé à considérer l'Espagne comme adhérant plus particulièrement à l'Italie toujours dans les principes de l'entente générale?

III. Les points sur lesquels l'entente pourra se faire peuvent etre les suivants: l) garantie de la paix générale; 2) défense commune contre toute agression avec ou sans garantie de l'intégrité territoriale; 3) solidarité entre les intérets spéciaux de l'Espagne et de l'Italie en Afrique» 1 .

Il signor Moret aggiunse che la forma interrogativa del testo precedente non significa già che si desideri d'investigare la politica altrui, ma sembrò la forma più conveniente colla quale un Governo che, purtroppo si trova in grave inferiorità di situazione e di risorse, può aprir la via ad accordi, cui è già risoluto, se altri non li respinge.

Non ho dissimulato al signor Moret che avrei recato il suo linguaggio a notizia dell'E.V. a titolo di semplice informazione, come è mio dovere, senza poter prevedere se V.E. vi avrebbe dato seguito per mio intermediario, od altrimenti 2•

99

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1609. Costantinopoli, 12 settembre 1886, ore 12 (per. ore 12,15).

Gran vizir me disait hier au soir qu'à son avis la Russie est forcée de demander le concours des autres Puissances dans le règlement de la question bulgare à cause des difficultés qu'elle rencontre à la régler toute seule. Son Altesse croit que le Cabinet de Saint-Pétersbourg tàchera de trainer les choses en longueur autant que possible, afin de pouvoir dans I'entretemps gagner !es populations, qui lui sont en majorité hostiles et assurer ainsi l'élection de la personne de son choix. Il me revient également qu'avant de procéder à l'élection du nouveau prince, la Russie voudrait qu'on révisait la constitution bulgare. Le grand-vizir considérait la situation comme très-tendue entre la Russie et l'Angleterre. Je sais d'autre part que ces deux Puissances tiraillent chacune de son c6té le sultan pour qu'il se prononce en faveur de l'une ou de l'autre. A l'ambassade de Russie on croit imminent l'envoi d'un commissaire en Bulgarie, qui pour le moment pourrait etre le général Dolgorouki, mais que plus tard, si les circonstances l'exigent, serait le général Gourko.

2 Per la risposta cfr. n. 175.

98 1 Il testo del memorandum è pubblicato in F. CURATO, La questione marocchina e gli accordi itala-spagnoli del 1887 e del1891, vol. I, sino alla caduta del ministro Moret (14 giugno 1888), Milano, Edizioni di Comunità, 1961, pp. 271-272.

100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RIVA

D. 2289. Roma, 13 settembre 1886.

Con dispaccio del 9 di questo mese 1 le diedi notizia di un mio colloquio coll'incaricato d'affari di Germania, nel corso del quale ebbi ad osservare al conte d'Arco come la questione bulgara, segnatamente nella nuova fase in cui essa è ora entrata, fosse, a mio avviso, di quelle rispetto a cui le particolari relazioni esistenti fra l'Italia e la Germania additano la opportunità d'uno scambio di idee tra i due Gabinetti. Io coglievo, anzi, quella circostanza per inaugurare, senz'altro, tale scambio di idee, comunicando all'incaricato d'affari germanico le istruzioni da ultimo impartite al r. agente a Sofia.

Oggi è venuto da me il conte d'Arco, dicendomi avere egli ricevuto dal principe di Bismarck espresso incarico di vivamente ringraziarmi per l'iniziativa da me presa nella presente occasione. A sua volta, poi, il principe cancelliere desiderava darmi notizia dei suoi intendimenti circa lo stadio attuale delle cose bulgare.

Anche il Gabinetto di Berlino ha riconosciuto, al pari del r. Governo, il Governo della Reggenza, con la differenza che, dovendo mutare il titolare dell'agenzia imperiale, lo ha munito di nuove credenziali.

Sua Altezza stima che lo stato presente delle cose durerà lungamente, a cagione sopratutto della difficoltà di trovare un principe adatto al trono di Bulgaria, e di trovarlo tale che possa essere ad unanimità accettato dalle potenze, così come prescrive tassativamente il Trattato di Berlino.

A parere del cancelliere germanico, il miglior partito, per le Potenze, è di immischiarsi il meno che sia possibile in ciò che intanto accade nel Principato. Sua Altezza non mancò di porgere consigli in tal senso a quelle Potenze che, per circostanze geografiche, sono più direttamente interessate.

Ho risposto al conte d'Arco ringraziando lo, e dicendogli che concordavo perfettamente con Sua Altezza in codesti suoi apprezzamenti.

101

IL MINISTRO A BUCAREST, TORNIELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 713. Bucarest, 13 settembre 1886, (per. il 16).

Malgrado tutti i pericoli dei calcoli congetturali, si comprende che la posizione fatta dalle presenti condizioni politiche dell'Europa agli Stati di secondaria potenza

induca quest'ultimi a seguire con grande attenzione tutti i sintomi che potrebbero rilevare prossimi mutamenti nelle combinazioni dei maggiori potentati. In un allegato al mio rapporto politico del 17 dicembre dell'anno passato e nello stesso rapporto di quella data, n. 593 1 , ebbi occasione di segnalare a V.E. ciò che questo Governo pensava e prevedeva nei rapporti della Germania con la Russia. Gli ultimi eventi di Bulgaria sembrano avergli dato ragione. Riesce quindi cosa ben naturale che, nella fase attuale, qui non si perdano di vista anche le semplici sfumature che si producono nelle manifestazioni politiche dei Gabinetti di Berlino e di Vienna. Ho sentito osservare, ed annettervi gran peso, che, mentre alle manovre russe furono ammessi soltanto, insieme al principe Guglielmo, alcuni ufficiali tedeschi, al quartiere generale dell'imperatore Francesco Giuseppe in Gallizia è stato espressamente invitato il duca di Cambridge, generalissimo inglese. Ho udito analizzare la composizione delle folle plaudenti che a Pest ed a Vienna si portarono incontro al principe Alessandro nel suo recente passaggio per le stazioni ferroviarie di quelle due città. Si osservava che a comporle, oltre coloro che sono animati da sentimento avverso alla Russia, aveano dovuto concorrere i molti che con quelle dimostrazioni intendono protestare anticipatamente contro la continuazione di una politica che potrebbe condurre la Monarchia nella necessità di fare dispendiose occupazioni di altri territori, delle quali l'opinione pubblica contesta il vantaggio e che sono tutt'altro che popolari nelle due parti della monarchia.

Riferisco queste cose perché, udendole da persone che hanno parte nella condotta delle cose politiche del Paese, mi pare che il conoscerle possa giovare a formarsi un concetto delle disposizioni nelle quali qui oggi si vive. Ben inteso, se i mutevoli eventi ne dessero ragione, le disposizioni potrebbero anche in Rumania mutarsi.

100 1 D. 2286, non pubblicato.

102

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Vienna, 13 settembre 1886.

Devo ringraziarla molto per le sue lettere riservate del 28 1 e 31 agosto 2 , recatemi dal corriere, il quale tornato ora da Pietroburgo e Berlino prosegue per Udine e porterà questa mia lettera.

2 Non pubblicata.

Al momento in cui scrivo il conte Kalnoky non è ancora tornato dalle manovre di Galizia; perciò non posso dirle nulla di positivo intorno al di lui modo di vedere sullo svolgimento ulteriore degli eventi in Bulgaria. Il cattivo umore per ciò che successe colà e per gli impegni presi a Franzensbad da Bismarck è evidente in tutta la stampa austro-ungarica, e non deve essere minore al Ballhausplaz. Ma quegl'impegni saranno subìti qui. E se il Governo russo non precipita le cose, io non prevedo che l'Austria si opponga efficacemente al ritorno in Bulgaria d'un regime che fu per qualche anno perfettamente tollerato dall'Europa, di quel regime cioè secondo il quale la Russia designava al principe di Bulgaria i ministri e i comandanti militari. Il rinnovamento di quel regime mi pare fin d'ora implicitamente consentito dalla Germania e quindi dall'Austria. La Turchia e la Francia lasceranno fare, e l'Inghilterra sola, rimarrà impotente. Se non che rimane la popolazione bulgara della quale pure conviene tener conto. Accetterà essa un tale regime dopo avere assaggiato per un momento la gloria militare e l'indipendenza? Qui veramente è il cardine della questione. Dall'un lato il bisogno d'indipendenza dei bulgari, dall'altro lato il costante disegno della Russia di tenere la Bulgaria avvinta nel cerchio della sua influenza. E non c'è che dire, la Russia aspetterà, bordeggierà, finché occorra; ma non rinunzierà al prezzo dei sacrifizi da lei fatti nella guerra bulgara del 1878. L'imperatore Alessandro è circondato da panslavisti, e ha decorato Kaskhoff in questi giorni. Nessuna influenza prevarrà contro queste tendenze. Ella sa senza dubbio che la risposta al telegramma del principe Alessandro fu mandata senza che Giers fosse punto consultato. Adunque tenga gli occhi fissi a Pietroburgo. Le sorprese verranno di là. Per ora intanto all'infuori del telegramma circolare comunicatole da Uxkull, e che fu comunicato anche qui, non si sa altro delle intenzioni della Russia, e Lobanoff, tornato a Vienna da pochi giorni, e senza altre istruzioni. In mezzo agli imbarazzi e alla confusione di questa questione bulgara, mi pare che le Potenze non abbiano e non possano avere che un faro per guida, e questo è il Trattato di Berlino. La base del Trattato di Berlino sembra per ora accettata da tutti, anche dai russi. Però il Trattato di Berlino non previde l'abdicazione e non previde la reggenza in caso di abdicazione. Converrà perciò che l'assemblea bulgara si riunisca il più presto possibile e confermi legalmente la reggenza o ne costituisca un'altra. Allora si entrerà nella stretta legalità.

Ora torno alle sue lettere e specialmente a quella diretta a de Launay 3 ch'ella ebbe la cortesia di comunicarmi. Io le confesso candidamente che se fosse stato possibile lo scegliere le occasioni, avrei, a luogo suo, ritardato ancora un po' di tempo prima di far conoscere a Bismarck ciò ch'ella disse a Keudell. Avrei voluto, ancora per due o tre mesi tener la bocca ermeticamente chiusa e astenermi da ogni cosa che potesse parere una provocazione, un invito a confidenze. Ma non si è sempre padroni delle occasioni. Ella trovò quella della partenza di Keudell per la Germania e ne profittò. Dal momento in cui ella

credette di dover parlare, non si poteva tenere un linguaggio più netto, pm giusto, più elevato di quello ch'ella tenne a Keudell. Quella lettera a de Launay rimarrà un documento importante e memorabile nella storia della nostra politica estera. Una sola cosa mi rincresce ed è che la sua lettera non sarà messa sotto gli occhi del principe di Bismarck. Keudell, se pure ne parlerà al principe, gliene dirà solo quel tanto che gli piacerà, ma non oserà dirgli tutto. I rappresentanti germanici non osano più dir la verità a quattr'occhi al loro temibile capo. Un'altra volta, se vuol far pervenire a Bismarck qualche cosa di grave, mi mandi una lettera a me, in francese, e io commetterò l'indiscrezione di darla a Reuss, che è forse il solo che tratti Bismarck con una certa confidenza; questo, ben inteso, a piena notizia di de Launay, e quando sia riconosciuto che non convenga prendere la via ufficiale del nostro ambasciatore a Berlino, che è pur sempre la più corretta e la migliore. Allo stato delle cose ella vedrà se non convenga ancora che de Launay faccia in modo che quella lettera sia messa sotto gli occhi del gran cancelliere. Lasciate da banda le questioni di forma, la cosa che veramente importa si è il considerare gli effetti della politica indicata in quella lettera. Bisogna prevedere il caso in cui la Germania e l'Austria, sicure per ora dell'amicizia della Russia, ci piglino in parola e lascino scadere il Trattato d'alleanza. L'opinione pubblica in Italia è ora contraria al rinnovamento puro e semplice dell'alleanza difensiva. La dichiarazione ch'ella fece e che rinnoverà, di continuare nell'amicizia dei due Imperi centrali anche senza trattato, tranquillerà fino ad un certo punto la Germania e l'Austria, e anche l'opinione pubblica italiana. Ma l'impressione, è vano il celarlo, sarà grande in Europa e in Italia. Io conosco un po' il mio Paese, ed ella lo conosce anche meglio di me. L'Italia non ama sentirsi isolata. Non ha ancora coscienza della propria forza, e non ignora che da sé sola è inferiore in forza militare sia all'Austria, sia alla Francia. Vi sarà quindi un periodo assai difficile a passare per noi. L'opinione pubblica in Italia diverrà inquieta di nuovo dal momento in cui non avrà più sotto gli occhi la bussola che la guidava. Dovremo aspettarci a incontrare ostacoli in ogni questione e per parte della Francia e per parte dell'Austria e per parte della Germania, sia per il commercio e per la navigazione, sia per le comunicazioni e i transiti e le ferrovie, sia per le relazioni col Vaticano. Ii Governo del re avrà perciò bisogno di coraggio, e di grande fermezza. Il complemento degli armamenti per terra e per mare gli si imporranno come un'assoluta necessità. La politica interna-anti-irredentista dovrà essere confermata senza esitazioni e senza debolezze. Insomma si è appunto in tali circostanze che si vedrà se l'Italia è, o non è, una Grande Potenza. Io non credo che questo periodo, così difficile per noi, possa durare a lungo. Ma lungo o piccolo converrà passarlo arditamente, e forse è bene che per la prima volta l'Italia pensi davvero a far da sé. Passato questo periodo, quando cioè per la forza delle cose la Russia venga a distaccarsi dall'amicizia austro-germanica, o la Germania si stacchi dall'alleanza austriaca per accostarsi alla Russia, o si spostino altramente le leghe attuali, l'alleanza dell'Italia sarà tanto più ricercata quanto maggiore e più fiera sarà stata la sua riserva, più indipendente il suo contegno, più corrette e più giuste le sue relazioni con tutte le Potenze. È questa una politica ardita e degna di un uomo di Stato. Ma badi, chi la inaugura dovrà metter la in atto e continuarla. Avviso a chi tocca! Io non mi figuro, e lei non si figura certo un tale programma in mano di ministri più o meno teneri per l'irredentismo o che lascino rinnovare i fasti di Tunisi e del Congresso di Berlino. Al postutto è poi anche possibile che la Germania e l'Austria si decidano, anche nello stato presente di cose, a prendere l'iniziativa di proposte per il rinnovamento dell'allc;anza. In questo caso, come ella ben disse, le proposte saranno prese nella debita considerazione, e accettate se trovate convenienti.

Dalla lettura dei documenti diplomatici ho capito che le riuscì nojoso il commérage intorno alla di lei supposta visita al principe di Bismarck, e mi chieggo ancora come andò questa storia. Io qui, sempreché mi si parlò delle di lei presunte peregrinazioni, dissi sempre a chi me ne parlò (Kalnoky non me ne parlò mai) che ella non intendeva, per quanto era a mia notizia, di fare escursioni o visite politiche di qualsiasi specie.

Ella crede che io non debba ancora andare in congedo per qualche tempo. Aspetterò dunque ancora. Intanto mi limiterò ad andare qualche giorno per settimana a Salisburgo e a Garmisch nelle montagne, dove Alberto Rothschild mi ha invitato a cacciare i cervi. A questo modo potrò godere un po' di fresco di quando in quando, senza allontanarmi da Vienna dove verrò a veder Kalnoky ai suoi ricevimenti settimanali. Ma spero che le sarà possibile il !asciarmi libero in ottobre.

101 1 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II. l02 1 Cfr. n. 62.

102 3 Cfr. n. 18.

103

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1118/233. Londra, 14 settembre 1886 (per. il 17).

L'Il corrente uno o due giornali di Londra, pubblicarono la notizia che <<l'Ammiragliato Inglese aveva dato ordine di allestire, negli arsenali, armamenti per trenta navi mercantili, per il caso che fossero necessari».

Questa notizia non cagiona alcuna sorpresa, non fu materia di alcun commento, essendo noto che, da cinque o sei anni il parlamento ed i giornali raccomandano al Governo di aumentare il naviglio di guerra, di riordinare gli arsenali e di tenersi apparecchiato e servirsi, al bisogno, dei vapori della Compagnie private, come navi da guerra. Essa cagionò però qualche apprensione fuori di Inghilterra e, col telegramma dell'Il corrente, l'E.V. mi fece l'onore di chiedermi se fosse vera 1 . La notizia è ben fondata.

Cionondimeno, prima di rispondere, mi corse l'obbligo di sincerarmi della importanza che potesse avere. E fu dopo vari colloquì che ebbi ieri con persone autorevoli che non esitai più a partecipare all'E.V. col telegrafo 2 che i provvedimenti di cui si tratta erano d'indole amministrativa, allo scopo di soddisfare, in qualche modo, l'opinione pubblica che si lagna delle condizioni presenti della marineria britannica, non conforme, da quanto dicesi, alla potenza della nazione ed alle necessità dei tempi. Questi provvedimenti sono dovuti, anzitutto, all'operosità di lord Marcus Beresford (uno dei lords dell'ammiragliato) che ha promesso molte riforme ed è tale da mantenere le promesse. Né sono stati i soli provvedimenti presi dall'ammiragliato. Ordini sono stati dati all'arsenale di Chalham di allestire, senza ritardo, navi in costruzione da lungo tempo; ed una commissione d'inchiesta è stata scelta per sindacare l'ordinamento amministrativo dei vari uffici navali e militari. Non ho dubbio alcuno che, nel dare tali ordini, il primo ministro ed il primo lord dell'ammiragliato hanno posto mente alle condizioni politiche dell'Europa, alle future difficoltà che possono nascere ed alla necessità per l'Inghilterra di tenersi bene armata per rendere la sua parola autorevole.

Secondo però quanto mi fu detto e ripetuto ieri: l) lord Iddesleigh e sir James Fergusson non avrebbero alcuna informazione ufficiale di siffatti armamenti. 2) Nei due ultimi consigli di Gabinetto non ne sarebbe stata fatta parola, essendo cosa intesa e stabilita da molto tempo.

103 1 Cfr. n. 94.

104

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA E VIENNA

D. Roma, 15 settembre 1886.

Mi pregio farle tenere qui unito copia di un rapporto direttomi, in data dell' 11 settembre corrente 1 , dal commendator Ressman r. ministro reggente l'ambasciata a Parigi.

Richiamo l'attenzione di lei sul contenuto di detto rapporto, nel quale si protrebbe vedere l'indizio di una vera e propria evoluzione della politica francese. Ravviso quindi come importantissimo che ella, così perspicace e in condizioni così

favorevoli per vedere in fondo le cose, voglia invigilare e raccogliere, tosto riferendone, ogni sintomo che possa, a questo riguardo, giungere a sua notizia 2 .

103 2 T. 1612 del 13 settembre, non pubblicato. 104 1 Cfr. n. 97.

105

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 101. Therapia, 16 settembre 1886 (per. il 22).

Mi sono recato ieri alla Sublime Porta, ed ho avuta col ministro degli affari esteri e col mustechar una lunga conversazione sugli affari di Tripoli.

Dopo aver ricordata a S.E. la comunicazione che avevo avuto l'onore di fargli, tre settimane or sono, intorno alla deplorevole situazione interna della Tripolitania, gli diedi conoscenza dei varii fatti occorsi più di recente in quella provincia, non escluso l'ultimo incidente a noi noto, del combattimento seguito tra due tribù sul confine tunisino e della cattura di due soldati francesi. Dissi che questi fatti non solo costituivano una seria minaccia per la tranquillità pubblica della Tripolitania, ma preparavano altresì il terreno a più gravi complicazioni. Said pacha avendomi dichiarato che i fatti ai quali accennavo gli erano completamente ignoti. «È una ragione di più», gli dissi «perché io ne segnalai tutta la gravità a V.E. Vi furono dei krumiri in Tunisia, potrebbero esservene pure in Tripolitania. S.E. il conte di Robilant fece giorni sono all'ambasciatore ottomano delle dichiarazioni che escludono persino l'ombra di un sottinteso o d'un malinteso. Gli avvertimenti che ora noi diamo alla Sublime Porta sui pericoli che minacciano la Tripolitania sono il complemento di quelle dichiarazioni, sono la prova irrefragabile della lealtà delle nostre intenzioni. Se, come ritengo, Photiades pacha fu fedele interprete delle parole del conte di Robilant, V.E. avrà rilevato che, se siamo espliciti nel ripudiare solennemente qualsiasi disegno ostile su Tripoli, con non minore franchezza noi preveniamo sin d'ora la Porta che dinanzi ad un atto qualunque che alterasse in favore di un'altra Potenza lo statu quo attuale della Tripolitania, noi non potremmo rimanere indifferenti. Rimosso dunque ogni timore dal lato dell'Italia, sta al Governo ottomano di provvedere acché non si presenti l'entualità da noi preveduta che muterebbe i nostri propositi riguardo a Tripoli». Said pacha avendomi detto che Photiades pacha non aveva mandata che una succinta relazione del colloquio avuto con V.E. credetti conveniente di ripetergli testualmente quanto ella ebbe a dichiarare all'ambasciatore ottomano. Il ministro mi manifestò la sua viva gratitudine per la comunicazione da me fattagli, dissemi che apprezzava la lealtà delle nostre dichiarazioni e ne riconosceva la importanza; aggiunse che da quanto io gli aveva esposto, la situazione in Tripolitania appariva veramente grave, e terminò coll'assicurarmi che della nostra conversazione egli informerebbe immediatamente il gran vizir, affinché fossero prese d'urgenza tutte le misure atte a prevenire i pericoli da me segnalati.

104 2 Per le risposte da Berlino e Londra cfr. nn. 124 e 118.

106

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 750. Parigi, 16 settembre 1886 (per. il 20).

A quanto mi fu detto jeri dal presidente del Consiglio, la sola comunicazione ufficiale che dopo l'ultimo nostro colloquio gli pervenne relativamente agli affari di Bulgaria, fu quella del telegramma circolare del signor di Giers in cui era detto che anzi tutto il Gabinetto di Pietroburgo avrà cura di contribuire colla sua influenza al mantenimento dell'ordine e della tranquillità interna ed esterna in Bulgaria e che a tal fine contava sulla cooperazione del Governo francese.

L'E.V. erasi compiaciuta di darmi notizia col suo telegramma del lO corrente 1 dell'eguale comunicazione fattale da cotesto ambasciatore di Russia.

Il signor de Freycinet rispose con poche parole affermando, al pari dell'E.V., la buona volontà di giovare coi propri consigli in quel senso, ma senza fare allusione al Trattato di Berlino.

Domandai a S.E. se a sua notizia fosse già stato messo innanzi da alcuna Potenza il nome di un candidato al trono di Bulgaria. Il signor de Freycinet mi rispose negativamente, dicendo che nemmeno prevedeva ancora quale potesse essere la scelta. Gli pareva però che l'Inghilterra non si terrà facilmente paga dello scacco avuto e che tenterà o di fare eleggere in Bulgaria un principe che le convenga, o di provvedere in qualche altro modo alla propria influenza. A tale proposito egli ricordava come il signor di Lascelles avesse preso, più apertamente di tutti, le parti del principe Alessandro, in ispecie quando Sua Altezza ritornò a Sofia, e come la regina Vittoria si fosse anche personalmente compromessa a favore del principe, cui, dicevasi, Sua Maestà aveva indirizzato un telegramma per impegnarlo a ritornare in Bulgaria.

Ora la regina Vittoria esercita meritatamente una notevole personale influenza sulla politica del suo Paese; essa ha una marcata predilizione per il marchese di Salisbury il quale dal suo lato deve certamente, per la ragione stessa del grande ascendente della regina tenere il maggior conto delle tendenze di Sua Maestà (secondo il linguaggio di questo ministro d'Inghilterra, che me lo ripeteva anche poc'anzi, il Governo inglese si sentirebbe invece più libero e meno fortemente interessato dopo la caduta del principe di Battenberg appunto perché Sua Maestà era sostenuta in ispecie dalla regina).

La conversazione tra il signor de Freycinet e me essendosi portata sull'applicazione pratica del Trattato di Berlino e dell'accordo del 5 aprile pel regolamento della situazione in Bulgaria e nella Rumelia orientale, S.E. mi disse non parerle che possa sorgere altra difficoltà fuorché quella di decidere se i cinque anni di funzione del governatore generale di Rumelia previsti dall'art. XVI del Trattato di Berlino decorreranno dal giorno dell'elezione del nuovo principe di Bulgaria oppure se questi continuerà nelÌa Rumelia il quinquennio cominciato dal principe Alessandro.

Apprezzando la situazione in generale, pareva al signor ministro degli affari esteri che per ora vi fosse soltanto una sosta in oriente, ma che il ripetersi delle piccole crisi, così come frequente apparire di bolle sul corpo tradisce un sangue ammorbato, era foriero di uno scoppio finale e che lo stato delle cose restava grave e pericoloso.

Anche il signor de Freycinet ebbe sentore di tentativi fatti dalla Russia a Costantinopoli per trascinare il sultano ad una alleanza o per gli affari di Bulgaria soltanto, o forse più estesa. Erasi difatti negli ultimi tempi notata la eccezionale frequenza dei rapporti fra il sultano e l'ambasciatore russo; ma il conte di Montebello arguisce dalla stessa insistenza, con cui Sua Maestà più volte gli aveva affermato il proprio desiderio di agire in concerto con tutte le Grandi Potenze, che quei tentativi non approdarono.

106 1 T. 769 è in realtà dell'l l settembre, non pubblicato.

107

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 157. Roma, 17 settembre 1886.

In una lettera che il generale Gené, comandante superiore dei nostri presidi d'Africa ricevé da Portsmouth il 28 luglio u.s. dal signor Harrison Smith (ufficiale inglese che fu nella primavera scorsa in Abissinia per incarico del suo Governo) 1 questi fa cenno del suo probabile e non lontano ritorno a Massaua.

Ella ricorderà che il signor Harrison Smith, tornando dal suo viaggio, espresse al generale Gené la speranza d'esser nominato console d'Inghilterra a Massaua, e che sapendosi quali sono le idee e le simpatie di quell'ufficiale in fatto di politica africana, il conte Corti fu pregato di lasciar comprendere al Governo inglese che, una tal nomina non ci sarebbe gradita. Lord Rosebery, allora segretario di Stato per gli affari esteri, disse al conte Corti (rapporto confidenziale 2 giugno u.s. n. 85) 2 , che non sapeva nulla della missione del signor Smith ma che terrebbe conto delle nostre osservazioni essendo sempre animato dal desiderio di farci cosa grata.

Desidererei ora che V.S., in relazione con le intelligenze scambiate fra il conte Corti e lord Rosebery, s'informasse se il signor Smith debba prossimamente ritornare in Africa, come lo farebbero credere alcune frasi della sua lettera ed in che qualità 3 .

2 Cfr. serie II, vol. XIX, n. 460.

3 Con R. 1115/246 del 21 settembre, non pubblicato, Catalani riferiva di aver comunicato, anche al sottosegretario di Stato inglese, il non gradimento italiano di Smith, nell'eventualità della nomina di un console a Massaua. Con R. 1265/296 del 14 ottobre, non pubblicato, Catalani escluse il compimento di tale scelta.

107 1 R. 588 del 14 agosto, non pubblicato.

108

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÉ

D. 538. Roma, 17 settembre 1886.

Ringraziandola delle informazioni, fornite con rapporto del 26 agosto p.p. n. 600 1 , circa l'insediamento di due missionari in Assab, soggiungo che avemmo modo di far conoscere a Propaganda Fide che i missionari da inviarsi nei nostri possedimenti africani debbono. essere italiani. È per noi una conditio sine qua non.

109

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 158. Roma, 18 settembre 1886.

Da un recente rapporto del r. console generale a Calcutta 1 estraggo le seguenti informazioni che reputo di qualche interesse per lei.

Gl'inglesi, scrive il cavalier Gallian, non si sarebbero decisi ad occupare l'altra Birmania se le segrete mene politiche della Francia, spinte con qualche avventatezza dai suoi agenti consolari a Mandalay, non li avessero per così dire, forzati. Due erano i motivi che li ritenevano da quell'occupazione: la controversia anglo-russa per i confini dell'Afghanistan e le ristrettezze pecuniarie delle finanze indiane.

Quest'ultimo fatto è confermato dall'applicazione della nuova tassa income-tax ed un nuovo prestito di 29 a 24 milioni di franchi all'interesse del 4% che il r. console generale prevede sarà con facilità sottoscritto.

110

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 159. Roma. 18 settembre 1886.

I telegrammi recanti l'annunzio della caduta del principe Alessandro di Bulgaria, produssero, a quanto riferisce il r. console generale a Calcutta, in data 28

agosto p.p. 1 , una qualche impressione nell'elemento inglese in India perché si teme che il trionfo della politica russa nei Balcani la renda più ardita verso la frontiera afgana, per esser poi più libera nell'eterna questione orientale.

Un primo ritorno lo si scorge nell'aver risollevata la questione di territorio, per cui la Commissione britannica che si trovava nel porto fin dall'anno scorso, per ultimare la delimitazione, ebbe ordine di ritirarsi, col pretesto che i due Governi s'intenderanno direttamente.

L'apertura poi della nuova linea ferroviaria, che giunge ora fino a Merv, cioè a sole 150 miglia dal piccolo deserto che separa la frontiera russa da quella afgana, fa credere che i russi non tarderanno ad avanzarsi con qualche altro motivo, ed è perciò che il Governo delle Indie spinge i lavori di difesa in tutta la linea e specialmente tra Quetta e Kandahar.

108 1 Non pubblicato. 109 1 Non pubblicato.

111

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 104. Therapia, 18 settembre 1886 (per. il 22).

Da qualche tempo circolano, sul conto dell'Inghilterra, delle voci che mi sono astenuto sin qui dal riferire a V.E. perché basate su semplici conghietture. Secondo queste voci l'Inghilterra sarebbe in procinto di occupare qualche isola ottomana dell'arcipelago; si parlò dapprima di Candia, più tardi di Metelino, quindi di Tassos. Si disse che, battuta dalla Russia sul terreno bulgaro, e persuasa che tosto o tardi il Gabinetto di Pietroburgo sarà predominante nei consigli della Sublime Porta, l'Inghilterra voglia assicurarsi nell'arcipelago una posizione poco discosta dai Dardanelli pel giorno in cui l'alleanza della Russia colla Turchia divenisse un fatto compiuto. Le mie indagini non mi permettono ancora di pronunciarmi sul maggiore

o minore fondamento di queste voci. Quel che v'ha di positivo è che, per conto del Governo britannico, sonosi stabiliti ultimamente dei considerevoli depositi di carbone e di vettovaglie tanto a Metelino che a Tassos e che questi depositi sono destinati a provvigionare la squadra inglese che si trova attualmente nell'arcipelago; lo che si adduce per conseguenza che sia nei progetti del Gabinetto di Londra di mantenere per qualche tempo una forza navale in questi mari.

Un fatto che ha nei momenti attuali una speciale importanza e che mi sono affrettato a riferire or ora per telegrafo 1 a V.E., è il seguente: la regina d'Inghilterra spedì in questi giorni a suo figlio, il duca d'Edimburgo, che trovavasi con la squadra a Smirne, un telegramma per prevenirlo che al suo giungere a Costantinopoli egli troverebbe nuove istruzioni richieste dalla situazione politica che si aggrava. Questo

III 1 T. 1634 del 18 settembre, non pubblicato.

112 telegramma, essendo stato spedito in chiaro, venne a conoscenza delle autorità e comunicato alla Porta ed al Palazzo, dove destò le più vive inquietudini. Sua Altezza Reale arriverà a Costantinopoli posdomani 20 ed il sultano lo attende con manifesta trepidazione.

110 1 Non pubblicato.

112

IL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO 86. Tripoli, 18 settembre 1886 (per. il 28).

In uno dei miei rapporti, accennava di volo all'E.V. che le relazioni personali tra il console di Francia ed il pascià erano piuttosto intime. Ed io riteneva ciò sintomo di un accordo tra le due autorità per venire entrambi ad una amichevole soluzione della vertenza, che 1 i ripetuti attacchi fra le tribù della frontiera davano luogo. Allora era in giro, nel sud della Reggenza, il ministro Cambon, ed egli, per sue ragioni particolari, voleva forse fare sapere che quella regione, dove si dubitava della sua sottomissione, fosse intieramente devota alla Francia. Egualmente si credette opportuno, ancor qui, tenendo a bada l'autorità locale, di procedere per la stessa via del signor Cambon, iniziando una condotta pacifica e direi di conciliazione. Ma non appena quegli partito, che le tribù furono alle prese con maggior vigoria di prima. Gli ultimi fatti non hanno certamente contribuito ad eliminare un residuo di malumore e diffidenza che poteva anteriormente esistere tra i due personaggi; ma al contrario, servì piuttosto ad accrescere il sospetto tra le due parti. E, come purtroppo avviene in questi paesi, che ogni questione di genere amministrativa

o politica, genera e prende un aspetto intieramente personale, così tra il pascià ed il console di Francia, più che rappresentanti di due Potenze rivali in Tripolitania, son venuti ad esserlo personalmente. Ad aumentarne l'animosità pare che sia valsa l'amicizia intima tra il pascià ed il console inglese, che non simpatizza, per ragioni di futili motivi, col signor Destréets, il quale crede forse il signor Hay come l'ispiratore degli atti del pascià. Una circostanza mi induce a questa conclusione.

Il signor Destréets non è certamente l'uomo che sa mascherare a tempo debito il suo pensiero, ed egli, giorni fa, giusto nella ricorrenza della visita del Curban Bairam, teneva un lungo discorso al valì dei rapporti ch'egli (Destréets) aveva avuto coi diversi pascià di Bagdad, Aleppo e Gerusalemme e che vari di quei governatori erano stati destituiti, ed altri nominati per opera di lui e fra gli altri, uno (non saprei di Bagdad o di Aleppo) malgrado che fosse appoggiato e sostenuto personalmente dal console inglese di quel luogo, fu destituito e rimpiazzato da persona ben visa alla Francia.

Il valì riferì al console inglese il colloquio avuto, e tacciando il console di Francia d'imprudente, ne scorgeva in esso una minaccia ed un avviso. E perché il signor Destrées comprendesse bene quanta offesa avesse recato all'animo del pascià un simile discorso, e quanto calcolo ne facesse di simili minacce, egli, nel restituire le visite ai consoli che da lui erano andati a complimentarlo in occasione del Bairam, fece pubblicamente mostra di lasciare da parte il console di Francia, e si recò da quello inglese e poscia da me, e meco s'intrattenne più del solito, cosa che venne notata. Fin oggi intanto il pascià non ha restituito la visita al signor Destréets.

Ho creduto mio dovere di riferire questi particolari lasciando ogni commento al savio giudizio dell'E.V.

112 1 Sic.

113

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 754. Parigi, 20 settembre 1886 (per. il 23).

L'ambasciatore di Germania ritornò ieri qui dal suo congedo. Sono andato oggi a fargli visita, e perché fui sempre con S.E., che già conobbi a Londra, nei migliori termini, e perché m'importava di conoscere le impressioni che qui riporta dai suoi colloquii in Germania. Già riassunsi in un telegramma 1 ed ora confermo le cose più degne di nota che nella conversazione, un po' rottamente, mi furono dette dal conte di Miinster, e che in qualche misura possono interessare l'E.V.

L'ambasciatore imperiale parlando della situazione in Bulgaria insistette sul fatto che tutta la politica del principe di Bismarck e tutti i suoi sforzi tendevano ad evitare una conflagrazione tra la Russia e l'Austria, il nodo della questione stando nella rivalità tra queste due Potenze. Se l'Inghilterra, diceva il mio interlocutore, si fosse decisa o potesse decidersi, come non pare, ad agire e ad andare innanzi, l'Austria, e forse ançhe l'Italia, la seguirebbero, ed allora la situazione muterebbe anche per noi. Ma con l'Inghilterrra inerte e non disposta a tirare la spada, un'altra politica s'impone. Ogni sua parola mi pareva tradire un sentimento di diffidenza verso la Russia, come tradiva pure l'attenzione con cui si sorvegliano dal principe cancelliere i movimenti della diplomazia russa. Egli mi domandò premurosamente se qui si fosse annunziato il vicino ritorno del barone di Morenhein, osservando che al postutto quello non era il pià pericoloso degli ambasciatori. Accennando alla presente situazione dell'Italia il conte di Miinster diceva o fingeva di credere che la Russia avesse fatti scandagli a Roma, mettendo in vista il Trentina come prezzo di una alleanza. Egli poi si querelò della debolezza dello czar rispetto al partito panslavista che lo spinge vigorosamente ad avventure.

Discorrendo della nomina del signor Herbette ad ambasciatore di Francia a Berlino e degli indizii di un ravvicinamento col Gabinetto germanico che il signor di Freycinet vorrebbe apprestare, il conte di Miinster disse che dal suo lato egli sicuramente terrà al capo del Gabinetto francese il linguaggio più gentile e conciliante, e che senza dubbio anche a Berlino una buona accoglienza sarà fatta al nuovo ambasciatore della Repubblica ed un orecchio cortese gli sarà prestato; ma che in ogni evento ed anche in presenza di belle proposte, la maggiore oculatezza e circospezione s'imponevano per la Germania verso ogni entratura proveniente da qui.

113 1 T. 1643 del 20 settembre, non pubblicato.

114

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Roma, 20 settembre 1886.

La ringrazio vivamente della tanto cortese sua lettera del 18 sera1 , testé giuntami.

Il primo giorno dopo la partenza di Malvano, avendo avuta sulle spalle la direzione consolare, ho avuto un momento non dirò di paura ma di nervosità: ora però le cose si sono messe perfettamente in carreggiata per quel che riguarda l'andamento diciamo così meccanico, della direzione politica; Peiroleri, d'altra parte, è tornato, e quindi son ridivenuto calmo. Il conte anzi marchese Bianchi è partito in congedo, pare per dispetto di non dover reggere la direzione: poco male! Bardi, per via molto indiretta, mi ha fatto sapere che sperava che io non gli facessi dare le istruzioni per mezzo di Cicero, ma gliele dessi direttamente, il che ho fatto; ciò lo ha reso molto lieto e zelante.

Oggi per la prima volta, dopo la penultima lettera, ho visto d'Arco. Gli ho parlato dell'affare dei rumeliotti: domani farò partire il dispaccio, che aveva già pronto, per Berlino.

Uxkull è venuto a leggermi un telegramma, nel quale si sconfessa quella frase del manifesto del principe Alessandro, nella quale si diceva che la Russia avea dato al principe assicurazioni che la libertà e i diritti dei bulgari sarebbero rispettati. Il Governo russo dichiara di non aver avuto bisogno di un intermediario come il principe Alessandro per far sapere ciò ai bulgari che debbono alla Russia la loro esistenza politica.

Lumley è pure venuto: domandava notizie. Si lamentava molto delle segrete ostilità della Francia contro l'Inghilterra, sia per ciò che riguarda le isole Ebridi sia per ciò che riguarda l'Egitto.

Come avrà visto, ho fatto smentire le sciocche accuse di Cavallotti, ponendo in chiaro che nessuna istruzione era partita da Roma, ma che abbiamo approvato la condotta tenuta da Dalla Valle.

Vi è nella Nuova Antologia un curioso articolo di Bonghi che parte, come tutti i giornali italiani, dal solito teorema che è imminente la spartizione materiale della penisola dei Balcani. Ho detto alla Rassegna di rispondere qualcosa a questo proposito: che il principio, dal quale doveva informarsi la politica italiana era che la spartizione materiale non avvenisse, e quindi togliere tutte le ragioni d'attrito fra le Grandi Potenze: quanto alla spartizione morale e d'influenza, ce ne dovevamo impensierire poco, perché, lo si sa, i popoli sono ingrati, e le influenze non sono durature. Ho raccomandato all'attuale direttore della Rassegna, il Cecconi, di non dire ciò come concetto ispirato, ma come una conseguenza che il giornalista tira da tutta la politica da lei seguita in quell'anno. Il ministro non può e non deve fare teorie: spetta ai giornalisti trarre queste dall'opera di lui.

D'Arco oggi è venuto a dirmi che il principe imperiale, invece di lunedì (oggi) sarebbe giunto mercoledì. Per strano caso mi era giunto poco prima un telegramma del prefetto di Pavia, nel quale si diceva che il principe era giunto ieri. Ho scritto a Morana della contraddizione fra questi due telegrammi ufficiali. Credo che il prefetto di Pavia abbia preso un uomo biondo qualsiasi per il principe imperiale. Avrà ricevuto il telegramma di Gené che dice terminato il ghiaccio 2 . Ho scritto e mandato Bardi da Racchia, per sollecitare l'invio del ghiaccio naturale, la cui mancanza potrebbe, in questa stagione essere funesta.

Ho telegrafato a lei ed a Rattazzi la notizia della insurrezione a Madrid: ho creduto farlo, essendo troppo secco il telegramma Stefani, e non comprendesi da esso l'esito della rivolta, esito che dal telegramma di Blanc si vede essere felice per la monarchia, almeno per ora.

114 1 Non rinvenuta.

115

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE A BERLINO E PARIGI E ALLE LEGAZIONI A BRUXELLES, MADRID E IN CINA

D. Roma, 21 settembre 1886.

Le informazioni confidenziali che ho ricevuto in questi giorni dal signor Dunn, incaricato dal Governo cinese di negoziare col Vaticano, concordano con quelle trasmesse da V.S. 1 intorno alla decisione presa da Leone XIII di aggiornare la partenza del suo legato straordinario in Cina.

115 1 Questo ed altri documenti del periodo fine settembre inizio ottobre recano la firma di Robilant il quale non era a Roma.

Sono inoltre in grado d'aggiungere:

l) che il pontefice venne in questo divisamento cedendo alle intimazioni della Francia che, in un linguaggio come non era accaduto alla Santa Sede d'intendere prima d'ora, minacciò d'abolire il bilancio dei culti e di sopprimere l'ambasciata presso la Santa Sede;

2) che il principe di Bismarck ha fatto sapere al papa che approvava questa sua decisione 2•

114 2 T. 1640 del 20 settembre, non pubblicato.

116

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BERLINO, RIVA

D. 2292. Roma, 2 l settembre l 886.

In una recente conversazione con lord Iddesleigh, il cavalier Catalani, r. incaricato d'affari a Londra, chiese se il Governo della regina credeva che la Rumelia orientale avesse o no il diritto di mandare rappresentanti all'assemblea, che dovrà riunirsi in Sofia per procedere all'elezione di un principe. Lord lddesleigh rispose che aveva lungamente riflettuto a ciò, senza venire a capo di trovare la soluzione della difficoltà. Non era dubbio alcuno che, in conformità del Trattato di Berlino, la Rumelia orientale non aveva voce nell'elezione del principe di Bulgaria; ma restava a vedere se, in conformità del recente accordo di Costantinopoli, potesse pigliar parte a quell'elezione.

Interrogato se il Governo della regina fosse inclinato ad un partito piuttosto che all'altro, lord Iddesleigh rispose che trattavasi d'interpretazione di trattati e che il Governo della regina approverebbe quella interpretazione che fosse più conforme alla legalità.

La questione trattata in questo colloquio merita, a parer mio, d'essere attentamente esaminata.

Non v'ha dubbio che, stando rigorosamente al Trattato di Berlino, la Rumelia orientale non potrebbe concorrere alla elezione del principe di Bulgaria. Conviene però riflettere che la situazione creata alla Bulgaria e alla Rumelia orientale dal Trattato di Berlino, fu modificata dal protocollo di Costantinopoli del 5 aprile scorso, pel quale il Governo della Rumelia orientale è conferito al principe di Bulgaria. Quel protocollo potrebbe forse invocarsi come fondamento giuridico dell'intervento dei rumelioti nella elezione del principe; ma non è ciò quel che più importa. Il vantaggio che, secondo il nostro modo di vedere, si ritrarrebbe da

quell'intervento, sarebbe l'evitare le perturbazioni che potrebbero nascere dalla elezione di un principe che ai rumelioti fosse poco gradito.

Non siamo noi quelli a cui spetti porre la questione della quale è parola, e non la poniamo. Nella previsione peraltro che essa possa sorgere, e tenendo a risolverla d'accordo col Gabinetto di Berlino, col quale, in simili questioni, abbiamo comuni gl'intenti, ho pregato ieri l'incaricato d'affari di Germania di far conoscere questo nostro modo di vedere a S.A. il principe di Bismarck, acciò egli possa in tempo opportuno, comunicarci i suoi apprezzamenti.

Confermandole così il telegramma or ora direttole su questo argomento 1 ...

115 2 R. 751 del 17 settembre, non pubblicato.

117

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 2294. Roma, 22 settembre 1886.

Ricevo da Costantinopoli un rapporto in data 14 corrente 1 , in cui, dopo avere accennato che si proponeva spiegare schiettamente al sultano, in una prossima udienza, i nostri intendimenti rispetto a Tripoli, il barone Galvagna aggiunge nuove informazioni sulle pratiche in corso fra l'ambasciatore di Francia conte di Montebello e la Sublime Porta riguardo a Tripoli e agli affari d'Egitto.

Le comunico una copia di quel rapporto, richiamando la sua attenzione sulla seconda parte.

Appena si presenti a V.E. propizia occasione, o facendola opportunamente nascere, in caso di soverchio ritardo, desidero che ella faccia conoscere al segretario di Stato, o a chi per lui, che noi non abbiamo prestato nessuna fede all'allusione fatta dal conte di Montebello di un'eventuale condiscendenza della Germania verso la Francia nella questione di Tripoli.

Una tale ipotesi non sarebbe affatto conciliabile coi sentimenti amichevoli che ci professa la Germania che ben sa quanta importanza si annette in Italia al mantenimento dello statu quo a Tripoli e qual grave offesa si reputerebbe un ulteriore turbamento nell'equilibrio politico del Mediterraneo.

Se i nostri interessi nella questione di Tripoli dovessero mai esser danneggiati, con consenso espresso o tacito della Germania, su di questa più che sulla Francia si riverserebbe irrefrenabile l'odiosità dell'opinione pubblica, che avrebbe esperimentato l'amicizia del potente Impero più che inutile dannosa.

116 1 T. 780, non pubblicato. 117 1 R. 100, non pubblicato.

118

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1158/252. Londra, 22 settembre 1886 (per. il 26).

Col dispaccio del 15 corrente (155 serie politica)!, l'E.V. mi fece l'onore di parteciparmi un rapporto del commendator Ressman circa un nuovo indirizzo che si vorrebbe dare alla politica francese nelle relazioni con la Germania.

Le notizie che ho avute ieri da sir James Fergusson, sotto-segretario di Stato del Foreign Office, confermano quelle ottenute dal r. ministro in Parigi dalla miglior fonte possibile. Secondo sir James Fergusson, il Governo della regina è stato informato che un ravvicinamento avrebbe luogo fra la Francia e la Germania, a proposta del principe di Bismarck, che desidererebbe impedire.

119

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI

R. CONFIDENZIALE l. Londra, 23 settembre 1886 1

Ricevetti le lettere che la S.V. si compiacque dirigermi il 18 2 ed il 193, colle quali mi diede commissione d'indagare il pensiero del Governo britannico rispetto la cessione di Zeila all'Italia.

Nel tentare di adempire un tale incarico, stimai opportuno, prima di volgermi a lord Iddesleigh, di ricorrere ai buoni uffici di una persona di fiducia di Sua Signoria. Nel mio discorso con tale persona, presi le mosse dai recenti avvenimenti di Gildezza. Parlai quindi delle velleità della Francia d'impadronirsi dell'Harrar; e feci notare che, se una spedizione francese metteva piedi nell'Harrar, e lo potrebbe agevolmente da Tagiura, buona parte del Paese dei somali e dell'immenso territorio dei galla (che si estende forse al filone del bacino del Nilo), sarà sottoposta, fra non moltissimi anni, al protettorato della Francia. Se una tale probabilità, soggiunsi, è vista con indifferenza dal Governo inglese, non avevo più nulla da dire. Ma nel caso contrario, il modo di condursi del Governo inglese era, a parer mio, inesplicabile. Sono circa due anni che il Governo italiano chiede all'Inghilterra la cessione di Zeila, che è la sola porta per la quale noi possiamo entrare nell'Harrar ed impedire altrui d'andarvi, ed il Governo inglese, invece di stimolarci e di aiutarci,

119 1 Manca l'indicazione della data di arrivo.

2 Non rinvenuta.

3 Si tratta della L. del 19 settembre, conservata in estratto tra le carte Robilant, non pubblicata, ma riassunta al n. 130.

risponde con tiepidezza. Si dovrebbe credere che l'Inghilterra ha l'intenzione di ritenere il possesso di Zeila. Ma ciò non è. M'è stato dichiarato più volte al Foreign Office che, nella Costa dei Somali, l'Inghilterra si tiene paga di Berbera ed ha l'intenzione di restituire Zeila alla Turchia. Ora chi restituisce alla Turchia può accorgersi aver dato alla Francia.

Quanto alle conseguenze che potrebbero nascere dalla cessione di Zeila, possiamo giudicarle da un fatto precedente. L'Inghilterra ci diede Massaua, dal clima malsano e dal suolo sterile (dove per rispetto dei diritti dell'Abissinia siamo stretti da un cerchio di ferro e non ci concediamo il refrigerio d'un po' d'aria pura); ma, da quanto m'assicurò il marchese di Salisbury, quella cessione non cagionò altre conseguenze che talune visite prolungate e ripetute dell'ambasciatore di Turchia al Foreign Office.

Io confido, conchiusi, che lord Iddesleigh vorrà sopportare una simile prova per essere utile ad una nazione che non dimentica i benefizi.

Il mio interlocutore promise di riferire ogni mia parola a lord lddesleigh, e ritornò lo stesso giorno per farmi consapevole, in risposta, che Sua Signoria desiderava vedermi il giorno 25. Soggiunse però due cose, di cui presi nota e che riferisco quasi ad verbum.

l) «Ii Governo inglese desidera essere aiutato dall'Italia nelle faccende dell'Egitto, e dall'Italia e dall'Austria nella quistione della Bulgaria. Si tratterebbe ben inteso d'un aiuto diplomatico non militare».

2) «Ii Governo italiano avrebbe forse potuto intavolare negoziati coll'Abissinia per ottenere un ampliamento di territorio nei pressi di Massaua, valendosi del signor Harrison Smith. Invece di ciò si è opposto perfino alla scelta di quest'ultimo all'ufficio di viceconsole in Massaua, che non era in mente del Governo inglese».

118 1 Cfr. n. 104.

120

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO

D. 351. Roma, 24 settembre 1886.

La r. legazione in Atene, ha segnalato già più di una volta gli sforzi della Russia per cattivarsi le simpatie della Grecia ed attirarla nell'orbita della sua politica. Un sintomo dei progressi fatti in tal senso si scorge ora nell'attitudine della stampa ellenica. Tutti i giornali, scrive ora il r. incaricato d'affari in Atene, che per non avere aderenze immediate col Governo, si sogliono chiamare indipendenti, si palesano sempre più deferenti per codesto Impero; gli ufficiali mostrano una riservatezza eccessiva e quasi degna di sospetto, mentre quelli del partito d'opposizione dànno l'allarme sulla politica del Governo e sui pericoli d'un'alleanza colla Russia.

Ho stimato utile di farle noto quanto sopra per sua notizia.

121

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT .

R. CONFIDENZIALE 590. Sofia, 24 settembre 1886 (per. il 2 ottobre).

Questa mane il ministro degli affari esteri mi riferì che avendo avuto, un momento prima, un colloquio col reggente la agenzia russa, signor Necludoff, gli aveva espresso la speranza che il generale Kaulbars farebbe presto conoscere il candidato al trono bulgaro gradito dalla Russia ed accetto dall'Europa; poiché il Governo della Reggenza non poteva aspettare molto tale designazione, ed in caso non si volesse indicare alcun candidato, esso metterebbe fuori il suo.

Il signor Natchevich non avendomi detto di più, io, seguendo le istruzioni di riserva fornitemi dall'E.V., mi astenni dall'addentrarmi nella delicatissima questione della candidatura, e quindi non domandai spiegazioni a S.E.

Poco dopo, per altro, venni a sapere dalle più attendibili persone, cosa nascondevano le parole del ministro bulgaro.

Vari membri del Governo, scorgendo quasi impossibile la rielezione del principe Alessandro, a motivo del veto della Russia, vogliono tentare di proporre la candidatura del re Carlo di Rumania al Principato ed al Governatorato della Rumelia orientale. Essi pensano così accontentare la Nazione rumena, gettare le prime basi di una confederazione balcanica; credono inoltre che l'Austria-Ungheria e la Serbia gradirebbero il concetto. Il fatto poi che il re Carlo non ha prole maschile permettebbe di stabilire che in avvenire il principe Alessandro I sia per essere il presunto erede della Rumania e della Bulgaria; il che fisserebbe in modo definitivo l'unione personale dei popoli delle due sponde del Danubio per servire di riparo alla marcia dei russi su Costantinopoli.

Sono stato pure informato che il signor Lascelles cui si era fatta parola due giorni or sono della candidatura del re Carlo, l'ha combattuta vivamente asserendo essere un'idea niente affatto pratica; che il sovrano della Rumania, se indipendentemente, non accetterebbe mai di diventare principe vassallo del sultano e governatore turco; che del resto la Russia non accoglierebbe bene questo concetto.

Sir Lascelles telegrafò al Foreign Office ed a sir White a Bucarest; a Londra gli venne l'ordine di sconsigliare la candidatura del re Carlo, che era un nonsense, sir White rispose pure che l'idea era non pratica.

L'agente diplomatico inglese spinge, non so se per ordine del suo governo o se motu proprio, la Reggenza a fare rieleggere il principe Alessandro, ciò che costituisce il desiderio della grande maggioranza del popolo bulgaro, e poscia, quando la rielezione sarà rigettata quel che pare certo, a lasciare l'Europa indicare un candidato che la Nazione accetterà, perché costretta riservandosi così l'avvenire.

Confermo col presente rapporto il mio telegramma d'oggi 1 .

Il signor Natchevich disse una parola della candidatura del re Carlo al rappresentante austro-ungarico; ma il signor de Burian prese la cosa come uno scherzo e non volle entrare nell'argomento.

121 1 T. 1667, non pubblicato.

122

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 1672. Londra. 25 settembre 1886, ore 16,25 (per. ore 18,55).

Malgré que Gouvernement anglais n'ait pas reçu aucune ouverture officielle du Cabinet autrichien, lord Iddesleigh m'a dit qu'il s'attendait à un changement d'attitude de l'Autriche dans l es prochaines phases de la question bulgare. Selon lui il y a vai t lieu à espérer que l' Angleterre serait appuyée sur cette question par l'Autriche, attendu la communauté d'intérèts des deux Pays.

123

L'INCARICATO D'AFFARI, A LONDRA, CATALANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI

T. CONFIDENZIALE S.N. 1 Londra, 25 settembre 1886 2 .

Déchiffrez vous mème. [Réponse à vos lettres du 19 3 e du 20 4 courant]. J'ai sondé lord Iddesleigh au sujet de la cession de Zeila. Il m'a promis lundi prochain une réponse définitive. Les difficultés qu'il m'a fait entrevoir sont les suivantes. l) La crainte que la Russie et la France ne demandent, comme compensation, la cession d'un autre port turc ou égyptien. 2) La promesse faite par l'Angleterre à la Turquie de lui restituer Zeila. 3) Le mode de procéder pour l'occupation italienne. Nous avons examiné et discuté les deux points derniers, et je lui ai fait remarquer qu'il y aurait peut-ètre deux solutions à la question, savoir: ou que le Gouvernement anglais, se référant à la notification faite par Granville à la Porte en mai 1885, donnàt avis à Constantinople de son intention d'abandonner Zeila dans un court délai et, avant que la Turquie n'eùt pris aucune décision à cet effet, évacuer la piace, au moment où nos forces seraient prètes à l'occuper, ou bien encore que le Gouvernement anglais s'engageàt, par un accord secret, à nous remettre Zeila dans

2 Manca l'indicazione dell'ora di partenza e di arrivo.

3 Cfr. n. 119, nota 3.

4 Non rinvenuta.

un délai à établir et, en attendant, nous fournir les moyens d'occuper le Harrar en nous permettant de faire de Zeila le point d'appui de notre expédition dans ce Pays. Sa Seigneurie, tout en ne se prononçant pas, m'a semblé plus disposé à accepter ce dernier projet. D'autre part lord Iddesleigh ne m'a pas clairement formulé à ce qu'il s'attendait de nous en échange de Zeila; mais j'avais été prévenu, par une voie sùre, que Sa Seigneurie désirait obtenir l'appui de l'Italie dans la solution des questions bulgares et égyptiennes. Il ne s'agirait bien entendu que d'un appui diplomatique et non pas militaire. M es impressions sont les suivantes. l) Le moment est opportun pour entamer les négotiations, et j'en avais déjà préparé le terrain. 2) Lundi prochain lord Iddesleigh prendra probablement encore du temps pour sa réponse definitive. Il faudra bien se garder de la hàter car il est nécessaire d'abord de mettre d'autres influences en jeu. 3) Me donner le plus tòt possible les instructions les plus détaillées. Il me faut connaìtre si l'appui que l'Italie promettrait à l' Angleterre en Bulgarie devrait ètre subordonné ou indépendant de l'appui que l' Angleterre espère en ce moment obtenir de l' Autriche. Il faudra aussi que je sache à quoi m'en tenir sur ce prétendu appui autrichien, auquel je n'ai pas trop de confiance. 4) Me donner, s'il en était le cas, le temps nécessaire, deux ou trois semaines, pour l'arrangement des préliminaires car à l'arrivée de l'ambassadeur je n'aurais plus aucun moyen de faire des démarches. Dans le cas où je réussissais, ce serait naturellement à l'ambassadeur à stipuler les conditions de l'arrangement. Dans le cas contraire l'autorité de l'ambassadeur ne serait pas compromise 5 . 5) Le secret le plus absolu est indispensable. Je prie V.E. de vouloir me répondre par télégraphe avant lundi si possible 6•

123 1 Le lacune sono state integrate sulla base dei registri dei telegrammi dell'ambasciata a Londra.

124

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4270. Berlino, 25 settembre 1886 (per. il 29 ).

De retour de Hombourg hier matin, j'aurais voulu voir dans la journée mème le secrétaire-d'Etat, mais il se réservait de me recevoir aujourd'hui.

Je sors de chez lui. D'après ce qu'il m'a dit, M. de Freycinet n'a pas soufflé mot dans ses entretiens avec le comte de Miinster d'une évolution de la politique étrangère de la France, ni sur des ouvertures dont serait chargé à cet égard le nouvel ambassadeur de la République, M. de Freycinet s'était borné à remercier de l'empressement de la Cour impériale à faire bon accueil au choix de M. Herbette comme successeur du baron de Courcel. C'était l'homme de confiance du premier ministre. Il serait en quelque sorte le dédoublement de sa personne, tellement il

était pénetré de ses pensées. Jusqu'ici il ne s'agit que de nouvelles fournies par les jounaux, et qui méritent, dès lors, confirmation. Le Département imperia! des affaires étrangères sait seulement (ainsi que il résulte d'un très-intéressant rappoìt de M. le chevalier Riva, en date du 16 septembre n. 4266) l, que la France s'agite à Constantinople pour gagner la Porte à ses vues, en ce qui touche la question méditerranéenne. Il me confirmait, à ce propos, les détails donnés par le baron de Holstein sur le promemoria présenté au sultan par le comte de Montebello.

Il me semblait que ce fait à lui seui démontrait à quoi visait la France. Elle ba t le rappel con tre l' Angleterre et mème con tre l'Italie, en nous mettant en suspicion, notamment pour la Tripolitaine, lorsque nous ne visons pas à autre chose qu'au maintien du statu quo dans cette Province, à ce qu'il ne soit pas modifié à notre détriment. Je cherchais de mon mieux à mettre le secrétaire-d'Etat en défiance contre ces agissements de la France, qui pourraient aussi se faire jour à Berlin. Si cette Puissance est allée en Tunisie comme au Tonkin et à Madagascar, c'est parce qu'elle était sùre que derrière ses frontières aucun ennemi ne se trouvait en embuscade. Elle voudrait de nouveau, en comptant sur l' Allemagne comme sur la Russie, avoir ses coudées franches dans d'autres directions, estimant que la question de la Méditerranée est une question exclusivement française. Nous nous inscrivons résolument contre ces prétentions. Quelle garantie, quelle confiance inspirerions-nous aux Gouvernements avec lesquels nous tenons à entretenir des relations intimes, si nous nous montrions disposés à sacrifier des intérèts vitaux? Le comte de Bismarck convenait qu'il suffirait de jeter un regard sur la carte géographique pour se rendre compte de tout le dommage qui résulterait pour nous d'une extension des possessions de la France dans l' Afrique septentrionale, et nommément vers Tripoli. Mais, répétait-il, il ignorait de quelle nature pourraient ètre !es communications dont M. Herbette se rendrait ici l'interprète, et qu'avant de !es connaitre il n'était pas à mème de se prononcer.

123 5 Nel registro dei telegrammi dell'ambasciata a Londra il quinto punto sostituisce il quarto che è stato omesso. 6 Per la risposta cfr. n. 127.

125

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4271. Berlino, 25 settembre 1886 (per. il 29).

Ainsi que j'ai pu m'en convaincre dès mon premier entretien avec le secrétaire d'Etat, l'attitude du Cabinet de Berlin dans !es affaires de Bulgarie, continue à ètre conforme à celle indiquée dans la correspondance de M. le chevalier Riva, à laquelle je ne puis, pour mon compte, donner que de justes éloges. Il faut attendre la réunion de la Grande assemblée nationale pour l'élection d'un prince. Vu la difficulté du choix, la Sobranié devra-t-elle probablement se borner à prolonger !es pouvoirs de

la régence actuelle, et à en modifier au besoin la composition, jusqu'à ce qu'il se présente une candidature offrant des chances de rallier les suffrages. Dans ces circonstances, le Cabinet impérial garde une attitude expectante, «se tient mème à l'écart».

Le comte de Bismarck me parlait des graves embarras que les chambres hongroises préparaient au comte Kalnoky. Celui-ci avait mème laissé entendre confidentiellement à l'ambassadeur d' Allemagne que sa position pourrait fort bien ètre menacée par les attaques contre sa politique. Le Cabinet de Berlin espère beaucoup que tel ne sera pas le cas et que si mème le ministre austro-hongrois des affaires étrangères devait rester en minorité devant un vote de la Chambre, l'empereur François-Joseph ne se séparerait pas de cet homme d'Etat.

Personne ne croit ici à la réintronisation du prince Alexandre. Il se considère lui-mème comme désormais hors de cause. A son retour à Darmstadt, il disait à une personne de ma connaissance qui laissait entendre que ce n'était que partie remise: «le ne me fais aucune illusion; la Russie se chargera de me fermer toutes les portes. Les moyens ne lui manqueront pas».

124 1 Non pubblicato.

126

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 1168/256. Londra, 25 settembre 1886 (per. il l° ottobre).

Continuando il rapporto del 4 di questo mese (214 serie politica)\ ho l'onore di far sapere all'E.V. che lord Iddesleigh mi ha spedito una relazione del signor White, incaricato d'affari d'Inghilterra in Tangeri, con una lettera segnata particolare e confidenziale (allegato I). Nella relazione che mi pregio inviare tradotta all'E.V. (allegato Il), il signor White descrive i disegni ed i raggiri della Francia nel Marocco con temperanza di forma, acume di giudizio e discernimento delle proporzioni dei fatti. In sostanza, il signor White conferma le notizie e gli avvertimenti dati dal ministro del re in Tangeri sui preparativi destramente fatti dal Governo della Repubblica per sottoporre, quando che sia, il Marocco, o parte di esso, ad un protettorato. Credo utile trascrivere il seguente passaggio della relazione che mi sembra uno dei molti degni di nota: «Sono informato», scrive il signor White, «da hadj Mohammed Torres, reggente il Ministero degli affari esteri, che il signor Féraud (ministro di Francia) ha l'intenzione di recarsi fra breve nella capitale, in modo privato, per visitare il sultano, come amico dispensandosi da ogni formalità d'uso, di numerosa scorta ecc. ecc. Si suppone che lo scopo di quella visita sia di tentare d'indurre il sultano ad un ampliamento del confine dell'Algeria e, possibilmente, di tastare il terreno rispetto il protettorato».

Devo rivolgere in pari tempo l'attenzione di V.E. sulle seguenti parole scritte da lord Iddesleigh nel mandarmi la relazione di cui si tratta. «Ho fidanze che questa partecipazione sarà considerata strettamente privata e confidenziale». Questa fidanza non sarà messa in non cale; tanto più che l'ambasciata del re in Londra non partecipò al Foreign Office il rapporto al r. ministro in Tangeri del 3 luglio scorso, (nonostante richiesta avutane); e non ne diede che brevissimo ragguaglio a voce.

ALLEGATO I

IL MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, IDDESLEIGH, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

L. PERSONALE CONFIDENZIALE 2 . Foreign Office, 23 settembre 1886.

Riferendomi alla comunicazione verbale da lei fatta il 25 del mese scorso alla mia risposta del 2 corrente, sull'argomento dei raggiri francesi nel Marocco, ho l'onore di trasmetterle qui unita la copia di una relazione che mi è stata spedita dal signor White, incaricato d'affari della regina in Tangeri. Ho fidanza che tale partecipazione .sarà ritenuta strettamente privata e confidenziale.

ALLEGATO Il

L'INCARICATO D'AFFARI DI GRAN BRETAGNA A TANGERI, WHITE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, IDDESLEIGH

R. Tangeri, 3 settembre 1886.

Riferendomi al mio telegramma d'oggi, in risposta al telegramma di V.S. del lo corrente, ho l'onore d'informarla, che, da quanto io ho potuto sapere, non v'è nel Marocco una Commissione speciale francese. Nell'anno 1877, il sultano assoldò un ufficiale inglese in ritiro coll'obbligo di stabilirsi nella capitale e dare istruzioni alle truppe moresche. Saputasi tale scelta, il ministro di Francia indusse il sultano ad accettare l'offerta di servigi di taluni ufficiali francesi che furono quindi inviati dal Governo della Repubblica. Sin da quel giorno, un certo numero di ufficiali e di sotto-ufficiali francesi sono stanziati a Rabat ed hanno cura delle batterie di quella citta, mentre altri rimangono nella capitale, ostensibilmente come istruttori del corpo delle artiglierie; ed accompagnano il sultano in tutte le sue spedizioni. Il ministero della guerra di Francia ha avuto cura di scegliere per tale incarico competenti ufficiali di Stato Maggiore che hanno servito in Algeria e conoscono l'arabo. Questi ufficiali studiano e misurano la superficie del Marocco, disegnando carte topografiche e piante che sono trasmesse alle autorità francesi in Algeria ed al ministro di Francia in Tangeri; al quale essi inoltre danno informazioni di tutto ciò che accade nella capitale.

Nell'anno 1883, allorquando le relazioni fra la Francia ed il Marocco erano dubbie, per cagione della politica ostile ed indiscreta del signor Ordega, il sultano tentò di liberarsi dagli ufficiali francesi che egli reputava, a buona ragione, come spie; ma il signor Ordega insistette che rimanessero nella capitale e Sua Maestà dovette rassegnarsi. Sono consapevole che questi ufficiali non sono, in realtà, di alcun utile al sultano, essendo scarso il numero di uomini sotto i loro ordini per istruzione; ma il Ministero della guerra in Parigi ha acquistato, per opera di essi, conoscenza della maggior parte dell'Impero, poiché accompagnando essi il sultano, sono stati in grado di penetrare in molte provincie non visitate finora da europei. Oltreacciò vari francesi, in quest'ultimi tempi, hanno viaggiato (in apparenza, come privati, e talvolta travestiti da ebrei), in parti del Marocco sconosciute agli stranieri; e taluni di essi sono giunti nello Impero e ne sono partiti per via dell'Algeria, di modo che le loro visite non hanno destato attenzione e sono state ignorate in Tangeri. Si suppone che questi esploratori abbiano maggiore attinenza col Governo francese di quello che vogliono far supporre. Posso far menzione dei viaggi del signor de Foucald, dal giugno 1883 al maggio 1884, del signor Duveyrier nel 1885 e del signor de Campon nello stesso anno.

I giornali in Algeria continuano a proporre l'annessione o il protettorato del Marocco; e non è dubbio alcuno che il signor Ferry, allorquando era primo ministro, nutriva tali disegni; e giunse al segno da fare proposte al Governo spagnuolo sull'argomento. Trasmetto un numero del Réveil du Maroc del 21 luglio 1886 3 che contiene taluni passi d'un articolo stampato nell' Akbar di Algeria, in cui si propone lo stabilimento di un protettorato nel Marocco, come quello stabilito in Tunisi. Consimili articoli sono stati pubblicati in altri giornali.

Per ciò che concerne i raggiri fatti per mezzo dello sceriffo di Wazan e dei suoi agenti, posso riferirmi ai rapporti segnati in margine dai quali V.S. riceverà che, accordando protezione a quello sceriffo, il Governo francese ottenne un potente strumento per l'avanzamento dei suoi ambiziosi disegni nel Marocco. Lo scopo del Governo francese era senza dubbio di proclamare, in un momento opportuno, quello sceriffo sultano, nella speranza che colla riverenza che si aveva di lui, e per cagione della sua autorità spirituale, la maggor parte della popolazione si riunisse intorno alla sua bandiera ed egli fosse in grado di usurpare il trono e di governare sotto un protettorato francese.

Con un simile intento il Governo francese si diede a far raggiri per mezzo dei suoi consoli nel Mogador, col gran sceriffo Hosein ben Hashem, la cui autorità nel mezzogiorno dell'Impero è anche maggiore di quella dello sceriffo di Wazan nel settentrione. E forse offerse a questo sceriffo la regione a mezzogiorno dell'Atlante da essere costituita in un regno separato governato da lui, sotto il protettorato francese.

Con questi due poderosi sceriffi al fianco, la conquista del Marocco sarebbe stata agevole impresa, purché si fosse potuto ottenere il non intervento del Governo inglese dell'italiano e dello spagnolo. A tal fine furono fatte proposte al Gabinetto di Madrid per la partizione del Marocco, in un tempo quando si supponeva che la Gran Bretagna fosse troppo occupata altrove da potere intervenire. Il Governo spagnuolo però ricusò la proposta.

L'arrivo del signor Féraud diede in gran parte un altro avviamento alla tattica francese.

Il Governo della Repubblica si era avvisto che la politica prepotente e strepitosa del signor Ordega, combinata alla imprudenza e mancanza di accorgimento di costui, faceva più male che bene alla causa della Francia.

Nel signor Féraud il Governo francese trovò un diplomatico di differente scuola. Sin dal suo arrivo a Tangeri egli è riuscito a mantenere le relazioni personali più amichevoli colle autorità moresche e coi suoi colleghi. Vero sapiente nella lingua araba, uomo bene

informato dei modi e delle usanze della società orientale, egli ha cercato ogni opportunità di cattivarsi l'amicizia e la confidenza del sultano e dei suoi ufficiali, e di mitigarne i sospetti; ed ha tentato di guadagnarsi il buon volere del popolo, dimostrando, forse con qualche ostentazione, segni di rispetto alla religione del Paese.

Posso citare come un esempio di ciò il fatto seguente: allorquando egli era nella capitale del Marocco, tutte le volte che passava dinanzi un santuario smontava e faceva smontare il suo seguito.

Mentre cerca di guadagnare la fiducia del sultano nell'intento d'indurle ad accettare un protettorato francese, il signor Féraud non ha perduto di vista l'altra politica che serba come alternativa.

Come io ebbi l'onore di riferire nel mio rapporto del 16 del mese scorso, egli non tralascia alcuna opportunità di aumentare l'autorità dello sceriffo di Wazan; e i raggiri che, da quanto si dice, sono fatti per opera di costui sono probabilmente tanto più efficaci quanto più sono segreti. Né sono neglette le relazioni strette collo sceriffo Hosein Ben Hashem per mezzo del console francese in Mogador. Lo sceriffo morì non è molto ma si dice che gli succedette un figlio che era implicato con lui nei raggiri fatti per mezzo del consolato francese in Mogador.

Mentre ascrivo questa politica al signor Féraud, credo giusto dichiarare che non ho prove positive che questi raggiri continuano ancora. Nello stesso tempo io giudico vi sia certamente campo da sospettare; e so che gli altri rappresentanti stranieri in Tangeri sono dello stesso mio parere. Sono informato da Hadj Mohamed Torres, reggente il Ministero degli affari esteri, che il signor Féraud ha l'intenzione di recarsi fra breve nella capitale, in modo privato, per visitare il sultano, come amico, dispensandosi da ogni formalità di uso, di numerosa scorta etc. Chiesi ad Hadj Mohammed Torres se egli fosse conscio quali faccende il signor Féraud si accingesse a trattare. S.E. rispose che il signor Féraud gli aveva detto che farebbe soltanto una visita di complimento giacché non eravi faccenda alcuna d'importanza da discutere.

Si suppone che il vero scopo di questa visita sia di tentare d'indurre il sultano a consentire ad un ampliamento del confine dell'Algeria e, possibilmente, di tastare il terreno rispetto il protettorato. È corsa la voce in questi ultimi giorni che una compagnia francese abbia ottenuto una concessione per la costruzione di una strada ferrata dall'Algeria verso Tangeri. Io non sono però inclinato a credere che tal voce sia vera. È possibile che sia stata rinnovata la domanda per una ferrovia sino a Wejda, benché io non abbia alcuna notizia che tale richiesta sia stata fatta ed hadi Mohammed Torres mi dice che egli non sa nulla su quell'argomento.

126 1 Non pubblicato.

126 2 La lettera di lddesleigh e il rapporto di White sono allegati in traduzione.

126 3 Nota del documento: «Il Foreign Office non mi partecipa l'articolo di cui si tratta».

127

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. CONFIDENZIALE S.N. Roma, 26 settembre 1886, ore 16,45.

Déchiffrez vous seui. J'ai reçu votre télégramme particulier 1 et je vous remercie de l'énergie intelligente que vous avez portée dans la délicate affaire dont vous me

parlez. N'oubliez pas que malgré notre désir d'occuper Zeila, ceci ne constitue pas un intérèt de premier ordre pour l'Italie, et que, par conséquent, nous ne pourrions et nous ne voudrions, pour cette occupation, sacrifier ou compromettre des intérèts majeurs. Ainsi que je vous ai écrit, la ligne générale de notre politique ne pourrait pas changer à cause de l'offre que l'Angleterre nous ferait de Zeila. Si l'Angleterre nous demandait, en échange de ce port, notre coopération diplomatique pour arranger les affaires d'Egypte, nous prendrions en examen les désirs qu'elle nous formulerait. Vous savez que la France fait à présent toute une campagne pour mettre des obstacles à l'oeuvre de l'Angleterre en Egypte, et pour l'obliger à se retirer de ce Pays. Quant à l'appui que l'Autriche donnerait à l'Angleterre, rien ne me résulte à ce propos, sauf ce que vous mème vous m'avez télégraphié. En tout cas, dans l'état actuel des choses, l'Autriche ne ferait rien sans le consentement de l'Allemagne. En conclusion: vous ne hàterez pas une réponse de la part de lord Iddesleigh s'il ne veut pas vous en donner une demain. Quant au modus procedendi, il me paraìt, à moi aussi, que le second que vous avez proposé, serait à préférer. Quant aux compensations, si lord Iddesleigh vous parlait d'un accord dans la politique générale, vous lui ferez observer qu'il ne faudrait pas mèler les intérèts de premier ordre avec ceux de second ordre, comme celui de Zeila. Les premiers il faut les traiter à part. Si lord Iddesleigh formulait des demandes d'un ordre secondaire vous lui direz que vous allez m'en référer et qu'il faudra attendre quelques jours pour avoir une réponse, vu que le ministre ne se trouve pas à Rome 2 .

127 1 Cfr. n. 123.

128

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4275. Berlino, 26 settembre 1886 (per. il 30).

Le langage qui m'a été tenu aujourd'hui par le baron de Holstein sur les affaires de Bulgarie, concorde avec celui qui j'ai entendu hier de la part du secrétaire d'Etat. Après avoir jugé à propos de recommander au Ministère à Sophia de éviter de sévir sévèrement contre les auters du coup d'Etat du 21 aout, exécutions qui pourraient amener les plus grave conséquences, le Cabinet de Berlin reste à l'écart, ne se souciant pas de s'immiscer dans des détails de politique intérieur de la Principauté. Pour autant qu'on connaìt les dispositions de l'empeur Alexandre, il n'est animé d'aucune intention belliqueuse, et rien ne prouve jusqu'ici qu'il serait enclin, à moins qu'on ne le force à bout, à procéder à une occupation militaire.

On a une preuve de ces dispositions pacifiques, dans l'attitude du prince de Monténégro. Sa conduite prudente indique assez que, pour son compte, il ne vise pas à créer des embarras à l' Autriche. Dans ces conditions, cette Puissance, le cas

échéant, ne s'opposerait peut-etre pas à une intervention armée de la Russie en Bulgarie. Mais c'est là de la politique conjecturale, car rien n'indique chez le Cabinet de Pétersbourg une velléité quelconque de jouer un ròle plus accentué en Bulgarie.

Il paraìtrait, d'après ces détails, que lord Iddelsleigh se ferait quelque illusion en disant, comme il résulte d'un des quatre télégrammes de V.E. arrivés ce soir 1, qu'il y avait lieu d'espérer dans les prochaines phases de la question bulgare que l' Angleterre obtiendrait l'appui de l'Autriche. Le Cabinet de Londres serait-il vraiment enclin à donner à l'Allemagne le gage que ses journaux officieux ont demandé et à fournir la preuve qu'il est pret à entrer dans le jeu orientai et à payer de sa personne. En ce cas, la situation se modifierait grandement. Et lors meme que le prince de Bismarck persisterait dans sa politique de ne pas se brouiller avec la Russie, peut-etre ne verrait-il pas de mauvais oeil une coalition de l' Angleterre et de l' Autriche pour mettre quelques entraves aux allures présomptueuses de la Russie, qui pourraient amener de sérieux froissements dans les rapports entre l' Allemagne et l'Empire austro-hongrois et porter atteinte aux intérets généraux de la paix.

127 2 Per la risposta cfr. n. 135.

129

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A PECHINO, MARTIN LANCIAREZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 221. Shanghai, 26 settembre 1886 (per. il 3 novembre).

Con un rapporto consolare di serie affari in genere n. 68 1 annunziando la partenza per Napoli di sette cinesi che si recano in Italia per perfezionare i loro studii in quel collegio asiatico, avevo l'onore di segnalare all'E.V. i sentimenti favorevoli all'Italia manifestati dal reverendo padre cinese Giuseppe Huò il quale accompagna quelli alunni. E soggiungevo che il padre Huò il quale ha vissuto per quattordici anni nella provincia di Hupeh ebbe a dirmi nel breve colloquio che ebbimo assieme che i missionari italiani di quella provincia anelavano di essere sottratti alla protezione francese e manifestavano palesemente il loro desiderio di essere protetti dalle autorità italiane.

Quasi contemporaneamente alla visita del padre Huò io ne riceveva un'altra del signor Fergusson. Questo signore è irlandese e cattolico. Egli abita Chefoo da più di venticinque anni ove esercita il commercio, ed è ad un tempo console del Belgio e vice console di Russia e di Francia.

Il caso volle che allorché io andai al Giappone nel 1878 viaggiassi sullo stesso vapore col signor Fergusson e colla sua famiglia, ed abbiamo sempre mantenuto eccellenti rapporti di amicizia.

Il signor Fergusson è sempre stato in rapporti di stretta am1c1z1a con tutti i missionari italiani della provincia di Shantung, ed è poi intimo amico dell'attuale vescovo dei francescani.

Si parlò come era naturale essendo qui il tema di tutte le conversazioni, della nomina di monsignor Agliardi e della rappresentanza della Santa Sede in Cina. Egli mi disse che salutava con gioia questa decisione del Sommo Pontefice siccome benefica e feconda di utili risultati per il cattolicismo in generale. Poscia soggiungevami ch'egli era sempre stato legato da stretta amicizia con tutti i missionari italiani in Cina e specialmente col vescovo dei francescani monsignor Geremia col quale dissemi, egli era sullo stesso piede di intimità come con un fratello. Dissemi che soventissimo discorrendo coi missionarii italiani avevano insieme lamentato che l'elemento italiano delle missioni cattoliche in Cina andasse ogni dì scemando, e di numero, e per conseguenza di influenza, ciò essere sommamente deplorevole allorché i missionari italiani godevano meglio di quelli di qualunque altra nazione cattolica in Cina della simpatia e della fiducia dei cinesi, i quali vedevano in essi gente dedita solamente alla propaganda cattolica e nullamente preoccupata di propaganda politica. E terminava la sua conversazione col dirmi di studiare insieme il modo di impedire che l'elemento missionario italiano fosse in un'epoca più o meno lontana obbligata a cedere il passo alla influenza francese della quale si mostrava poco soddisfatto.

Confesserò sinceramente alla E.V. che in sulle prime stessi in forse sul prestare cieca fede a quanto egli mi diceva nella tema che data la sua qualità di vice console francese a Chefoo, le sue insinuazioni non celassero qualche disegno di carattere semplicemente inquisitivo, e mi limitavo a rispondere in modo vago e poco categorico. Il mio interlocutore si accorse subito che io nutrivo qualche diffidenza ed in allora mi mostrò lettere dei missionari italiani dalle quali appariva chiaramente la sincerità dei suoi sentimenti ed il carattere della specie di missione avuta, ed ogni mio dubbio si dileguò.

Stimai bene in allora dovergli dire che io non vedevo veramente in che modo si sarebbe potuto impedire che la influenza, finora esercitata dai missionari italiani massime in certe provincie della Cina andasse perduta, che aspettavo con impazienza l'arrivo di monsignor Agliardi col quale speravo di mettermi in relazione; e che se ne avessi ravvisato la convenienza o monsignor Agliardi me ne porgesse il destro, non avrei mancato di prestare a quel prelato tutto il mio appoggio. Ma che il fare di più mi sembrava nelle attuali circostanze assai difficile.

Siccome però il signor Fergusson accennò nella sua conversazione ad alcuni imbarazzi finanziari in cui si trovavano i padri francescani della provincia di Shantung per il fatto di aver edificato una nuova chiesa, io stimai bene doverlo pregare, allorché sarebbe ritornato a Chefoo di vedere monsignor Geremia e di invitarlo ad espormi il suo caso, ché avrei scritto al mio Governo raccomandando la provincia di Shantung per un sussidio, non potei però nulla promettere perché prendevo in quell'affare una iniziativa tutto affatto personale. Soggiunsi infine che anche nella ipotesi più favorevole che cioè le condizioni del bilancio lo permettessero, il sussidio che per avventura fosse per essere accordato, sarebbe sempre relativamente poca cosa.

Nel corso della conversazione avuta col signor Fergusson venne fatto cenno dal mio interlocutore di una fra le cause che motivano la diminuzione dell'elemento missionario italiano in Cina, quello dell'obbligo della leva, col quale viene impedito ai giovani che si dedicherebbero alle missioni estere di dare libero corso alle loro inclinazioni. E deplorando questo stato di cose avressimo entrambi voluto poter suggerire un rimedio. Questo, di comune accordo, convenimmo non potersi rinvenire che in una revisione della legge sulla leva nella quale a guisa di emendamento si dovrebbe introdurvisi un articolo che suonerebbe presso a poco così: saranno esclusi dagli obblighi della leva soltanto quei giovani i quali si dedicassero alle missioni estere della Cina e del Giappone, ed attuassero questa loro vocazione con un principio di esecuzione come sarebbe per esempio l'istruzione ricevuta in certi determinati collegi preparatorii ecc. Essere però questo un ordine di idee nel quale non mi era permesso di entrare a discutere essendo l'obbligo della leva in Italia esteso a tutti indistintamente i cittadini e ciò in virtù di una legge votata dal potere legislativo e da quello esecutivo sanzionata.

Il signor Fergusson nel prendere congedo da me mi consigliò nell'interesse delle missioni italiane ed in presenza dello imminente arrivo di monsignor Agliardi di fare una visita in alcune provincie della Cina, massime in quelle ove l'elemento missionario italiano predomina onde rendermi conto dello stato delle cose e dei sentimenti che animano quei nostri compatrioti. Egli mi assicurò che dappertutto sarei stato ricevuto e trattato coi massimi riguardi e che avrei trovato tutte le felicitazioni possibili per compiere il mio giro, dovermi però aspettare a fare una gita che non sarebbesi certamente potuto chiamare di piacere.

Questo ultimo suggerimento dissipò pienamente quella specie di apprensione che malgrado tutto io temevo di nutrire ancora verso il mio interlocutore, lo ringraziai del consiglio causa della conversazione avuta e ci separammo. Egli ritornò a Chefoo, ove, dissemi, mi avrebbe aspettato.

Qualora l'E.V., cui mi permetto sottoporre questo progetto di viaggio nell'interno, si degnasse approvarlo, sebbene non sia punto agevole d'effettuarlo, e che colui che lo intraprenderà deve rinunziare ad ogni specie di comodità, ciò nondimeno io sarei disposto a farlo. Non credo che la spesa cui si andrebbe incontro potrebbe essere rilevante, basterebbero credo, un duemila lire. Ma sarebbe però indispensabile che esso si effettuasse al più presto prima dei forti freddi e della cattiva stagione. Per cui dato il caso che all'E.V. piacesse ordinarmelo, sarebbe necessario che un tale ordine mi fosse dato per telegrafo, io partirei subito e farei un itinerario tale da condurre il mio viaggio a termini ed in modo spero soddisfacente prima dell'inverno, sarebbe poi utile che contemporaneamente venisse fatto un deposito della somma al mio procuratore.

128 1 T. 795 del 25 settembre, non pubblicato. 129 1 Non pubblicato.

130

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, A TORINO

L. PERSONALE. Roma, 26 settembre 1886.

Molti giorni or sono, in seguito ad una conversazione avuta con lei, e dovendo scrivere particolarmente a Catalani, gli chiesi se avesse, come mi aveva promesso a Roma, saggiato il terreno riguardo ad una possibile nostra occupazione di Zeila 1 . Gli dissi che, se l'Inghilterra avesse chiesto in compenso di andare con lei nelle quistioni di politica generale, non potrebbe parlarsene; se invece desiderava, in compenso, il nostro appoggio per esempio nelle cose d'Egitto, la cosa poteva discutersi. Ieri sera alle undici e mezza mi portarono un lungo telegramma di Catalani, con scritto in chiaro particulier 2 , e che stamane ho decifrato. Gliene mando una copia, e una copia le mando pure della mia risposta 3 . Siccome per copiare, cifrare e decifrare da solo mi mancava il tempo, ho messo a parte del segreto Bardi, che ora è il capo della divisione, dopo avergli fatto promettere la conversazione del segreto più assoluto, segreto che non era noto se non a lei, a lui ed a me.

Spero che ella approverà la mia risposta a Catalani, che, come vedrà, non compromette nulla; ma solo ricorda a Catalani che non bisogna confondere gli affari di importanza primaria con quelli di importanza secondaria come l'occupazione di Zeila. Se domani sera o posdomani mattina avrò un altro telegramma da Catalani le telegraferò un po' in gergo e un po' in cifra. Dico in gergo perché ella non abbia il fastidio di decifrare un lungo telegramma. Sapendo di che cosa si tratta il gergo le diventerà chiaro. Intanto ho già avvertito Catalani di dire che, non essendo ella a Roma, la risposta non potrà essere fatta prima di alcuni giorni. Del resto propendo a credere che neppure domani lord Iddesleigh non darà una risposta.

Le ho telegrafato stamane per l'affare Zorilla 4 . Le è, a quest'ora, cioè quando questa mia le arriverà, già giunto il testo del telegramma di Dalla Valle. A quest'ultimo io ho fatto telegrafare oggi nel senso indicatole: così si ha modo per prendere tempo e riflettere, aspettando anche le risposte di Berlino, Vienna e Londra. A me non pare che la richiesta della Spagna sia giustificabile, se non si dimostra fino alla evidenza non solo che Zorilla intriga in senso repubblicano, ma anche che i suoi intrighi perderebbero di efficacia se fatti per esempio in Inghilterra o in Svizzera. Ad ogni modo non mi pare che noi saremmo presso la Francia mediatori benevisi. Ci amano tanto quei buoni francesi, che forse se noi facessimo una domanda, alla quale essi vorrebbero assentire, sarebbero capaci di dire di no proprio per riguardo nostro. Mi pare che ciò sia una delle risposte possibili alla Spagna: vi è poi la questione di diritto molto grave e non risoluta o piuttosto risoluta in modo diverso da quello che la Spagna desidera. La Francia può, se vuole, scacciare Zorilla come qualunque altro straniero; ma nessuno ha il diritto di obbligarla a ciò.

A proposito dell'amicizia per noi della Francia, ho visto stamane l'addetto navale in Francia, Mirabello. Egli è addirittura spaventato. Dice che, quantunque giudice non competente, egli crede che la Francia, ora, batterebbe noi e la Germania insieme, per terra; e che per mare ci subisserebbe addirittura. Le nostre città maçittime sarebbero tutte distrutte; le navi francesi potrebbero se attaccate da una

2 Cfr. n. 123.

3 Cfr. n. 127.

4 T. s.n., non pubblicato.

nostra nave più forte ritirarsi sotto il tiro dei forti, innalzati lungo tutta la costa e attendere il momento per assalirci alla sprovvista. Ne riparleremo quando ella tornerà.

Non ho visto D'Arco; quando verrà da Albano gli farò quella confessione ingenua e indiscreta che ella desidera. Se la mia impressione non m'inganna, credo che la Germania non sarebbe aliena dall'aggiungere al presente trattato un articolo che dicesse, che in caso di mutamenti territoriali nel Mediterraneo si farà in modo che i nostri interessi nel Mediterraneo e nell'Adriatico non siano danneggiati.

130 1 Cfr. n. 119, nota 3.

131

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. CONFIDENZIALE 2298. Roma, 27 settembre 1886.

Riferendo mi al rapporto di codesta ambasciata in data del 16 corrente 1 ho l'onore di far noto a V.E. che l'ambasciatore d'Inghilterra e l'incaricato d'affari di Germania avevano dai loro Governi ricevùto, a titolo confidenziale, conoscenza del progetto sottomesso dalla Francia alla Turchia per un accordo circa gli affari mediterranei. Sono venuti l'uno dopo l'altro stamane ad informarmene. Oltre i particolari già conosciuti, e narrati sia nel rapporto di codesta ambasciata innanzi citato, sia in quelli che su questo argomento ci ha diretti il barone Galvagna, ve ne sono alcuni che non mi erano noti, e che mi ha interessato apprendere.

Secondo la proposta francese la Sublime Porta dovrebbe impegnarsi, oltrecché a non entrare in rapporti con l'Inghilterra riguardo agli affari mediterranei, anche a non ascoltare i consigli che la Germania le desse sugli affari stessi.

Inoltre la Francia avrebbe fatto intendere che la Russia era pienamente d'accordo con lei per questa proposta, e difatto, aggiungeva sir J. S. Lumley, il gran vizir avendo fatto leggere quel progetto all'ambasciatore di Russia a Costantinopoli, questi avrebbe detto che già lo conosceva, e si limitava a raccomandare il segreto più assoluto.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi diceva pure che il gran vizir aveva fatto, in via indiretta, sapere all'ambasciata inglese a Costantinopoli credere sia giunto il momento di venire fra la Turchia e l'Inghilterra ad un accordo riguardo agli affari d'Egitto, affinché altre Potenze non abbiano a mischiarsene.

Credo utile portare questi particolari a conoscenza di V.E. perché meglio possa apprezzare l'importanza del passo fatto dalla Francia a Costantinopoli.

131 1 R. confidenziale 4266, non pubblicato.

132

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MALMUSI, AL MINISTRQ DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO 130. Tunisi, 27 settembre 1886 (per. il 5 ottobre).

Ciò che fino allo scorso luglio e da lungo tempo altro non era se non vago e non ben definito progetto sembra ora prossimo a concretarsi.

Sommessamente infatti ma con una certa insistenza qui si afferma che il Governo della Repubblica abbia in massima deciso la prossima creazione di un porto militare e commerciale in Biserta; a questo scopo il Gabinetto di Parigi proporrebbe l'inserzione nel prossimo bilancio della somma di otto milioni di franchi da ripartirsi per giusta metà fra i due ministri della guerra e del commercio. Perciò e per compiere gli studi preliminari qui son giunti da alcuni giorni due ufficiali dello Stato Maggiore, i quali tosto si recheranno sul luogo muniti di piani ben definiti.

Essi hanno già pattuita l'opera d'un fotografo intendendo rilevare colla massima precisione i punti più importanti e del lago e del terreno su cui le occorrenti opere dovrebbero sorgere.

Che il Governo e l'opinione pubblica di Francia abbiano ormai rivolta l'attenzione alla difesa della Tunisia da eventuali esterni attacchi apparisce del resto da varie pubblicazioni fra le quali mi giova segnalare un articolo recente della Revue Tunisienne che qui si stampa, e che ad ogni buon fine ho l'onore di compiegarle 1 .

Non mi consta però che speciali disposizioni siano state date per ora in altro senso che non sia di pura difesa del Paese e quel movimento di truppe verso la Tripolitania, di cui di continuo ed anche nei rapporti recenti del cavalier Grande è parola, si ridurrebbe, secondo mie particolari informazioni, ad annuali cambiamenti di truppe e al trasferimento della guarnigione francese da Gabes a Zerzis che in precedente mio rapporto ebbi ad annunziarle come probabile in seguito ai ripetuti torbidi avvenuti alla frontiera.

Questi movimenti, il viaggio d'ispezione testé compiuto dal generale Gillon, comandante il corpo d'occupazione e quello in questi giorni intrapreso dal generale Bertrand, comandante la piazza di Susa, qui giunto, secondo mi si afferma, a prendere per breve tempo il comando della brigata, hanno potuto far sorgere dubbi e sospetti cui la presente situazione politica dà maggior corpo che in realtà non abbiano: non so tuttavia di alcun fatto positivo che a questi sospetti possa servire di base.

Non lascerò, ad ogni modo, di usare pur sempre la massima vigilanza e di riferire all'E.V. ogni nuovo fatto od apprezzamento di cui nello importante argomento venissi a cognizione,

132 1 Non pubblicato.

133

IL CONSOLE A MALTA, LAMBERTENGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. S.N. Malta, 27 settembre 1886 (per. il 30).

Come nel precedente mio rapporto 1 avevo mostrato prevedersi, le elezioni riescirono favorevoli al partito nazionale, o antiriformista.

In conseguenza gli altri consiglieri daranno le proprie dimissioni ed il Governo scioglierà il Consiglio, convocando i comizi per nuove elezioni generali, l'esito delle quali, puossi fin d'ora accertare, gli sarà contrario.

L'opinione pubblica è ora tanto determinata a volere riformata la costituzione in modo da assicurare al Paese una piena autonomia che reagirà inviando sempre rappresentanti dello stampo di quelli riesciti jeri, tali quindi da non poter decorosamente sedere in Consiglio.

Rimarrà allora al Governo l'alternativa, o cedere agli espressi voleri dei maltesi, od amministrarli senza il, benché nominale, concorso dei loro rappresentanti; locché accrescerà il malcontento, e darà probabile fondamento ad aspirazioni irredentiste, rimaste fin qui desiderio celato di alcuni pochi.

Che il Governo si appiglierà a quest'ultimo partito è opinione generale, avvalorata dalla conoscenza dei funzionari qui mandati, i quali, e per la loro qualità personale, essendo generali d'armata, e per il breve soggiorno regolamentare di soli cinque anni nell'isola, non possono avere opportune e larghe vedute amministrative, né conoscenza dei bisogni, come dell'indole di questi popoli meridionali tanto diversa dalla loro propria.

Terrò informata V.E. di quanto potrà successivamente verificarsi.

134

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, A TORINO

L. PERSONALE. Roma, 27 settembre 1886.

Ho ricevuto oggi due visite interessanti, quella dell'ambasciatore di Inghilterra e quella di d'Arco. La parte meno segreta di quel che essi mi han detto l'ho consegnata in due dispacci diretti a Berlino, e che le invio in copia 1 , dei quali uno, quello che si riferisce al progetto della Francia di fare un accordo con la Turchia per gli affari mediterranei, sarà ripetuto a tutte le ambasciate. Riguardo a questo

134 1 D. 2297 del 27 settembre, non pubblicato; cfr. n. 131.

debbo dirle che Lumley si è mostrato molto impensierito di tutto ciò che ora fa la Francia, d'intesa, pare, con la Russia. Ci vede un sintomo di non lontanissimi avvenimenti, che potrebbero essere la rovina dell'Inghilterra.

Quanto alla comunicazione fattami da d'Arco per ciò che riguarda giornali e giornalisti, ho creduto bene di far ringraziare il principe di Bismarck prima di comunicare a lei la nota diretta da Sua Altezza all'incaricato d'affari di Germania. Ciò per evitare a lei la noia di ringraziare di un complimento, che non è che una giustizia resale. D'Arco mi diceva che in quella nota vedeva frasi che sembrano

o dettate o scritte dal cancelliere.

Veniamo ora alla parte più segreta. Una nota di Bismarck avvertiva d'Arco delle proposte fatte a lei dalla Spagna, per quella sola parte che riguarderebbe un'alleanza fra la Spagna e noi: quanto all'entrare della Spagna nella nostra alleanza con i due Imperi, se ne faceva solo un accenno lontano. D'Arco mi ha detto che in una nota di parecchi mesi fa il principe di Bismarck rideva un pò di queste proposte della Spagna, e non le prendeva sul serio. Dalla nota direttagli ora all'incontro si vedeva una specie di revirement nelle idee del cancelliere. Questi, benché lasci comprendere che non attribuisce importanza a quell'alleanza, pure dice che, se potesse farsi, sarebbe cosa utile; e aggiunge che, se egli può fare qualcosa in favore di ciò, lo farà. D'Arco aggiungeva che l'utilità era in questo che la Spagna non si alleasse con la Francia. Ho detto a d'Arco che non sapevo ancora nulla di preciso su questa proposta spagnuola e solo in un'ultima lettera di lei me se ne faceva cenno. Io quindi non poteva dirgli che la mia impressione puramente personale, e questa era che far entrare la Spagna nell'alleanza per la pace sarebbe forse cosa utile, se il cancelliere era pure di questa opinione, come pareva; ma che fare con la Spagna noi soli un'alleanza offensiva e difensiva per gli interessi mediterranei mi pareva cosa per noi molto pericolosa. Ci mettevamo in gravi imbarazzi per le faccende del Marocco, che stavano a cuore al Governo spagnuolo, e per le altre questioni, che sono a cuore a noi, avremmo potuto dalla Spagna avere soccorso solo di belle parole, il che è poco. D'Arco mi rispondeva avere la Spagna promesso di accrescere la sua marina e di portare il suo esercito a quattrocentomila uomini: ad ogni modo l'idea del principe di Bismarck era che noi non dovremmo rifiutare bruscamente. Quanto alla prima osservazione, ho replicato che dal proporre al fare vi è un abisso, tanto più che le finanze spagnuole non sono prospere, e non è possibile rinverdirle con tasse nuove ora, in tempo di Reggenza. Quanto al trattare la Spagna con riguardo, e in modo da non farla girare verso la Francia, ne scriverei a lei, perché il concetto mi pareva giusto, e quindi poteva rendermene l'avvocato presso del mio capo. Ricevo in questo momento la sua gentile ed affettuosa lettera, della quale molto la ringrazio. Mi ha fatto molto ridere l'idea del congedo datole da me.

Abbrevio essendo già le sette e dovendo partire il corriere. Per Parisis è stato già da parecchi giorni scritto ad Atene. Doveva pubblicarsi una corrispondenza su questo furfante in un giornale amico, ma Bordi, molto occupato, non ha ancora potuto finirla. Parlerò a Peirroleri di ciò che ella mi scrive di Andreini e Fontana. Quanto al primo, io già gli dissi che gli facesse, senz'altro, dare le dimissioni. Quanto a Fontana, fino a ieri non era giunto il rapporto da Trieste di Durando. Sa che a Durando scrissi che anche il Fontana doveva dare le sue dimissioni.

Dimenticavo dirle che d'Arco mi ha fatto vedere una lettera di Herbert Bismarck nella quale lo si prega di presentare a lei i rispetti del conte. Questi potrà difficilmente, benché lo desideri, venire in Italia quest'inverno, essendo molto occupato, e non potendo quasi certamente lasciare Berlino a Camera aperta.

133 1 Non pubblicato.

135

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI

T. CONFIDENZIALE S.N. 1 Londra, 28 settembre 1886, ore 15,27 (per. ore 18,50).

Déchiffrez vous mème. Lord Iddesleigh a demandé pour sa réponse un délai de quelques jours et m'en a assigné !es raisons. Ayant étudié la question dans ses détails, il m'a dit que Aden dépendait de Zeila pour son approvisionnement et qu'il attendait des renseignements à ce sujet, vu que, dans le cas de cession à l'Italie, un arrangement était nécessaire pour cet approvisionnement. En outre Sa Seigneurie a observé que l' Angleterre a vai t accordé sa protection à plusieurs tribus somalis et qu'elle avait certains engagements à remplir envers eux. Ces peuplades appartenaient à la mème race que les habitants de Berbera sur lesquels il fallait maintenir le prestige anglais et lord Iddesleigh était en communication avec des personnes compétentes pour savoir si la cession de Zeila produirait une fàcheuse impression sur Berbera. l'ai compris par conséquent que si l'on voulait réussir, il était indispensable de tenter au plutòt des démarches auprès du secrétaire d'Etat pour les Indes et pour les colonies par la voie d'une personne sure dont je pourrai peut-ètre me servir. Cela d'autant plus nécessaire que j'ai la conviction que lord Iddesleigh fera tout son possible pour satisfaire à nos désirs, ainsi qu'il me l'a dit hier avec grande bienveillance. La question ne dépend pas entièrement de lui, mais en partie du Gouvernement des Indes. Sa Seigneurie ne m'a pas encore signifié ce qu'il attendait de nous en échange de Zeila; mais je ne m'étonnerais plus, après l'entrevue d'hier, qu'il ne demande rien, au moins en ce qui concerne la politique générale. Il est evident que l'appui d'une seule Puissance serait insuffisant à l' Angleterre con tre une coalition des trois Empires; il est probable que la tierce personne à laquelle je me suis d'abord adressé comme intermédiaire ait voulu faire du zèle en laissant entrevoir que lord Iddesleigh désirait notre appui dans la question bulgare. l'ai peut-ètre aussi exagéré mes méfiances: en tout cas je crois de mon devoir constater dès-à-présent que ce n'est pas lord Iddesleigh qui nous a offert Zeila dans l'espoir d'obtenir des avantages, mais que d'après les ordres de V.E. je me suis rendu chez Sa Seigneurie pour tàter le terrain sur cette question dont il ignorait précédents 2 .

135 1 Risponde al n. 127. 2 Per la risposta cfr. n. 139.

136

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 1185/265. Londra, 28 settembre 1886 (per. il 2 ottobre).

In una conversazione ch'ebbi il 25 corrente con lord Iddesleigh, Sua Signoria mi disse confidenzialmente che Rustem Pascià, ambasciatore di Turchia in Londra, aveva fatto quel giorno stesso nuovi uffici per ottenere che sir W. White non fosse nominato ambasciatore della regina in Costantinopoli. Questi uffici erano stati suggeriti alla Porta dal signor di Nelidoff e da un altro ambasciatore che Sua Signoria non nominò ma ch'io supposi potesse essere il conte di Montebello. Lord Iddesleigh soggiunse che non aveva intenzione di consentire alle domande di Rustem Pascià e che darebbe istruzioni a sir E. Thornton di notificare alla Porta che la direzione dell'ambasciata inglese a Costantinopoli sarebbe affidata a sir W. White. Da quanto mi è noto, l'ambasciata di Germania in Londra non ha preso parte in questa faccenda. Mi è stato anzi asserito che, secondo ogni probabilità, il principe di Bismarck vedrebbe di buon occhio sir W. White al posto dell'ambasciatore della regina in Costantinopoli. Ebbi l'onore di partecipare ciò che precede all'E.V. col mio telegramma del 25 corrente 1 .

137

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 124. Vienna, 28 settembre 1886 (per. il 1° ottobre).

Avendo avuto oggi l'occasione d'intrattenermi col conte Kalnoky dopo il suo ritorno da Pest, ho chiesto a S.E. se relativamente agli affari di Bulgaria vi era stata qualche modificazione nei concetti e nell'azione del Governo austro-ungarico. Il conte Kalnoky mi disse che il Governo austro-ungarico era, e desiderava rimanere nelle migliori relazioni col Governo russo, ma che certamente non potrebbe dare la sua approvazione né prestar mano a tutto ciò che si va operando dagli agenti russi

o in nome della Russia nel Principato di Bulgaria. Fra le altre cose le domande che sarebbero state presentate recentemente dal generale Kaulbars darebbero luogo a molte e serie osservazioni sia per la loro sostanza sia per il modo e per la forma in cui sono presentate. Ma il Governo austro-ungarico, diceva il conte Kalnoky, non crede di potere né vuole mescolarsi in tutto ciò che riguarda la politica interna della Bulgaria. Il Gabinetto di Vienna, così formulava egli il suo concetto, ha

fondato la sua politica rispetto alla Bulgaria e alla Rumelia orientale sopra le due basi seguenti cioè:

l) osservare interamente i trattati e le altre stipulazioni internazionali sulla materia;

2) evitare con cura ogni ingerenza nelle cose interne del Principato. Su queste basi che crede giuste e solide, il Governo austro-ungarico si manterrà fedelmente, e tenendo questa condotta, egli spera di potere mantenere egualmente e senza alterazione le buone e amichevoli relazioni con la Russia come mantenne e manterrà i vincoli d'alleanza con la Germania.

136 1 T. 1673, non pubblicato.

138

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, A TORINO

L. PERSONALE. Roma, 28 settembre 1886.

Ricevo in questo momento la sua lettera di ieri, e sono lieto che ella abbia approvato la mia risposta a Catalani 1 . Il progetto n. 2 presentato da Catalani a lord Iddesleigh mi pare molto ingegnoso per non sollevare reclami e domande da parte della Francia, specialmente, ed anche della Turchia e Russia. Si annunzierebbe una spedizione all'Harrar, col permesso dell'Inghilterra di passare per Zeila. Si comincerebbero i preparativi, si farebbero sbarcare le prime truppe; e l'Inghilterra allora solo si ritirerebbe da Zeila, !asciandoci in possesso del porto, e in facoltà di fare la spedizione ad Harrar se e come meglio ci accomodi. Io non credo d'illudermi: Zeila, specialmente nei primi anni, ci darà dei fastidi e molti; ma lei è, spero, del mio avviso che senza fastidi non si fa nulla nel mondo: fra cento anni però Zeila sarà una grossa cosa, e cento anni non sono nulla ... per chi lavora per la storia! Scherzi a parte, finora, sette p.m. di martedì, Catalani non ha dato segno di vita. Mi stupisce, perché anche se, come credo, Iddesleigh non gli aveva dato risposta, avrebbe dovuto telegrafarmi. Non so come ella avesse creduto che gli spagnuoli domandavano l'estradizione di Zorilla: forse sarà stato un errore di cifra; perché espulsione e estradizione hanno nel Baravelli due cifre che somigliano. Telegrafai a Dalla Valle nel senso da lei indicato 2 , cioè, la domanda è giustificabile, se concorrono le due condizioni della prova che Zorilla abbia intrigato, e che questi intrighi non possano egualmente farsi in Inghilterra e in l svizzera: da parte nostra però, nessun passo verso la Francia, trattandosi di affare fra la Spagna e la Francia sole.

Vengo a cosa più urgente e importante. Duno stamane mi ha scritto una nota

o lettera che si voglia dire, nella quale, premettendo di non parlare ufficialmente,

138 1 Cfr. n. 127. 2 T. 801 del 27 settembre, non pubblicato.

aggiunge che le difficoltà messe dalla Francia all'accordo della Cina con la Santa Sede hanno destato vivo risentimento nel Governo e popolo cinese. Da quattro giorni vi sono torbidi, e sono minacciati di morte da parte del popolo i cattolici indigeni e i missionari stranieri principalmente quelli che hanno passaporto francese. Il Dunn ci avverte di far sapere subito ai missionari italiani di prendere passaporto nostro. Egli aggiunge che i missionari italiani, spagnuoli e belgi non sono mal visti. Credo che per bisogno della causa i cinesi esagerino un po' il pericolo; ma è certo che i giornali che il Dunn mi ha mandato, e che contengono lunghe corrispondenze telegrafiche con la Cina, sono minacciosi per i francesi. Ho scritto subito un biglietto a Dunn pregandolo di passare da me. Ho poi telegrafato a Lanciarez, abbreviando per quanto è possibile «imminent mouvement populaire contre missionaires français. Par tous moyens dont vous disposez annoncez missionaires italiens notre protection réservée porteurs notre passeport» 3 . Farò partecipare alle solite ambasciate e legazioni la importante comunicazione di Dunn.

A proposito della Cina, De Luca ha mandato un lungo rapporto sulla casa a Pechino. Ho passato questo e gli altri a Sanminiatelli perché mi sgrossi una relazione alla Camera per l'acquisto del terreno e edificazione di una abitazione per il nostro ministro a Pechino. A Sanminiatelli stesso ho dato l'incarico di preparare un decreto reale per mutare gli articoli del regolamento che riguardano la residenza dei titolari nella loro sede. Per questo argomento, come su parecchi altri, gli avevo dato alcuni appunti, acciocché, nel nuovo progetto di regolamento, entrasse anche questa riforma. Se ella vuol sollecitare, la cosa potrebbe farsi prima, ed a parte, con decreto reale.

P.S. Il Diritto ha un articolo sulla direzione dei consolati. Non v'è che dire, vi è molto di giusto.

Sette e tre quarti. Giunge in questo momento un lungo telegramma di Catalani, a me personale4• È certo pel noto affare, ma non potrò decifrarlo che stasera, dovendo oramai andare a pranzo.

139

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. CONFIDENZIALE S.N. Roma, 29 settembre 1886, ore 11,35.

Déchiffrez vous mème. Je vous remercie de v otre télégramme particulier 1 . Nous n'oublions pas que ce n'est pas lord Iddesleigh qui ait mis, le premier, sur le tapis

4 Cfr. n. 135. 139 1 Cfr. n. 135.

la question de Zeila. Par mon télégran;tme de dimanche 2 , attendu que vous m'aviez parlé de Bulgarie, je tenais à vous rappeler, à toute bonne fin et quoique ce ne fùt peut-ètre pas nécessaire avec un agent si intelligent que vous, qu'il ne fallait pas forcer la note du désir que nous avons de Zeila, ni faire supposer que la cession de ce port aurait pu nous faire changer, dans la question bulgare, notre ligne de conduite, qui nous est conseillée par des intérèts supérieurs. J'attendrai sans impatience la réponse que lord Iddesleigh vous fera, et je me plais à reconnaìtre que si l'Angleterre ne nous demandera rien, ainsi que vous le supposez, en échange de Zeila, elle montrera encore une fois sa grande habileté diplomatique. J'ai pleine confiance dans votre tact et dans la complète connaissance que vous avez des hommes et des choses anglaises 3 .

138 3 T. 805 del 28 settembre, non pubblicato.

140

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1700. Parigi, 29 settembre 1886, ore 16,45 (per. ore 19,30).

Dans le discours que M. de Freycinet prononça hier au soir à Tolosa, il a dit qu'il existait dans le Pays un sentiment de confiance inébranlable dans l'avenir de la République, plus fort qu'aujourd'hui, à son dèbut, et qui a devant elle des perspectives indéfinies. Relativement à l'essai projeté de former une droite républicaine, M. de Freycinet a déclaré qu'il était indispensable de réunir pour un temps !es deux fractions du parti républicain, afin que l'opposition monachique, en se jetant tantòt à droit, tantòt à gauche, ne puisse pas rendre impossible le fonctionnement d'un Gouvernement régulier. Les questions qui divisent irrémediablement les deux fractions républicaines, doivent ètre résolues en ce qui touche la politique extérieure. M. de Freycinet constate que l'accord entr'elles existe: la France veut résolument la paix, mais en sauvegardant sa dignité et ses droits; elle sera réservée la où ses intérèts ne sont pas directement en jeu, mais doit s'affirmer hautement et ètre mème prète aux derniers sacrifices, si sa situation de Grande Puissance est atteinte. Les relations de la République avec Ies Grandes Puissances sont établies sur un pied de considération mutuelle. Dans le domaine colonia! il dit que la France l'a suffisamment étendu, pour devoir songer longtemps à l'augmenter. Ses dernières paroles constatent l'union qui s'est opérée dans le Ministère, et font un appel à la concorde et à la tolérance.

139 2 Cfr. n. 127. 3 Per la risposta cfr. n. 143.

141

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 111 1 . Therapia, 29 settembre 1886 (per. il 5).

Col telegramma del 22 corrente 2 V.E. mi comunicava le informazioni avute da Berlino intorno al pro-memoria che quest'ambasciatore di Francia avrebbe presentato al sultano, e che conterrebbe le basi di un accordo franco-turco per regolare le questioni nel Mediterraneo. Come l'E.V. avrà rilevato dal mio rapporto n. 105 del 19 di questo mese 3 , a me pure era giunta notizia di siffatto pro-promemoria; senonché i ragguagli da me comunicati circa alle condizioni dell'accordo proposto dalla Francia differivano alquanto da quelli forniti da questo ambasciatore di Germania al suo Governo. Quantunque non mi sia riuscito di procurarmi ulteriori e più precise informazioni intorno a questo negoziato, non esito a ritenere le indicazioni date dal signor di Radowitz più attendibili delle mie, non sembrandomi verosimile quanto a me era stato riferito che cioè il Governo della Repubblica abbia sin d'ora formulata alla Porta la proposta di sostituire un'occupazione franco-turca all'attuale occupazione inglese in Egitto.

Comunque sia, le trattative proseguono segretamente tra l'ambasciatore di Francia ed il gran vizir, e mi si assicura che frequenti colloqui abbiano avuto luogo fra essi durante il breve soggiorno del duca d'Edimburgo a Costantinopoli.

Non v'ha dubbio che la Francia nutre gravissimi sospetti sul conto dell'Inghilterra, cui attribuisce il progetto di ulterori acquisti nel Mediterraneo. Il conte di Montebello non fa coi colleghi mistero delle sue preoccupazioni al riguardo, ed a me pure ha più d'una volta manifestate le sue apprensioni, pur confessando che esse non erano basate su alcun fatto positivo, ma su semplici conghietture. Ad uno di questi rappresentanti esteri che lo interpellava sui pretesi suoi negoziati pella Tripolitania e per l'Egitto, l'ambasciatore di Francia rispondeva: «Noi desideriamo che T ripoli non divenga un possedimento italiano; ma non intraprenderemo certamente una guerra per impedire questa eventualità; se la Porta ci crede disposti a sacrificare uomini e denaro unicamente per conservarle la Tripolitania, è d'uopo inferire che le mie parole siano state mal comprese. I veri interessi nostri sono altrove che a Tripoli; sono le aspirazioni dell'Inghilterra nell'arcipelago che ci destano inquetudine».

Come già dissi a V.E. in un precedente rapporto, io non credo che le trattative in corso tra la Francia e la Turchia abbiano da approdare ad un accordo concreto e pratico. Per quanto riguarda la Tripolitania, è evidente che dopo le nostre esplicite dichiarazioni la Porta non avrebbe più alcuna ragione di ricercare l'appoggio della Francia per la conservazione di quella provincia. L'accordo non avrebbe dunque al dì d'oggi che un solo vero obiettivo: la cessazione dell'occupazione inglese in Egitto mediante la cooperazione della Francia. Ora è lecito domandarsi se, nelle disastrose

2 T. 783, non pubblicato.

3 Non pubblicato.

condizioni in cui versa attualmente l'Impero ottomano, la Sublime Porta può trovare il suo tornaconto a vincolarsi alla Francia per inimicarsi interamente l'Inghilterra. Alla serietà di questi negoziati, almeno per quanto si riferisce al Governo ottomano, io non credo. Io credo che il sultano, vivamente impressionato dalle notizie avute di pretesi apprestamenti militari in Italia contro la Tripolitania, e di aspirazioni dell'Inghilterra all'occupazione di qualche isola nell'arcipelago, avrà, come spesso gli succede in casi simili, sentito il bisogno di confidare le sue trepidazioni all'ambasciatore di Francia; il conte di Montebello, nuovo di questo Paese, avrà dato alle confidenze del sultano il carattere di vere entrature, ed avrà in conseguenza escogitata l'idea di addivenire colla Sublime Porta alla conclusione di un accordo sulle questioni del Mediterraneo; e la Porta senza aver in animo di giungere ad alcuna idea concreta, seconda oggi i progetti della Francia unicamente per esercitare una pressione sul Governo inglese e renderlo più conciliante nel regolamento degli affari egiziani.

141 1 Annotazione a margine: «Rapporto meritevole di speciale attenzione».

142

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 1191/271. Londra, 29 settembre 1886 (per. il 3 ottobre).

In conseguenza di un desiderio manifestato da sir H. Wolff, Nubar Pascià si recò, taluni giorni sono, in Londra, per dare schiarimenti al Governo inglese sulle proposte di riordinamento dell'Egitto, presentate dallo stesso sir H. Drummond Wolff. Dandomi notizia di ciò, lord Iddesleigh mi disse che mi fornirebbe occasione di vedere Nubar Pascià, e così fece cortesemente; ma evitai con cura d'entrare con quest'ultimo in qualsiasi ragionamento attinente allo scopo del suo viaggio, non avendo, per parte mia, diffidenze dei disegni dell'Inghilterra nelle faccende egiziane.

Le proposte di sir H. Wolff (di cui quest'ambasciata potrebbe fra qualche giorno aver notizie più precise che al presente) non avrebbero che uno scopo principalmente amministrativo, e non tratterebbero che delle tasse, delle leggi sulla stampa, del debito pubblico, del riordinamento militare e di altre materie che hanno attinenza col buon governo; e che sarebbero ordinate in modo da accordarsi le une colle altre e formare un complesso di provvedimenti che, questa volta, dovrebbe essere pratico e definitivo. Queste proposte non hanno fatto argomento di discussione fra lord Iddesleigh e Nubar Pascià. Esse sono state esaminate dai sotto-segretari di Stato del Foreign Office, coi quali Nubar Pascià ha avuto parecchi colloqui; e taluno dei quali ch'era in congedo, è stato a bella posta richiamato in Londra.

L'arrivo di Nubar Pascià ha destato le apprensioni dell'ambasciatore di Turchia, in Londra, che non è tenuto a giorno dei negoziati, e che ha insistito con lord Iddesleigh affinché le proposte di Muktar Pascià sul riordinamento dell'esercito egiziano fossero accettate, in tutti i loro particolari, dal Governo inglese. Queste insistenze sono del tutto vane, poiché il disegno di Muktar Pascià è stato respinto, or è qualche tempo, dalla Camera dei Comuni.

Allorquando il Governo inglese avrà accettato definitivamente tutte le proposte di sir H. W olff, e la relazione, compilata da quest'ultimo, sarà stata presentata al Parlamento, si daranno le disposizioni necessarie per la stipulazione di una nuova Convenzione in Costantinopoli, in cui si regolerà la sgombro delle truppe britanniche dell'Egitto, in conformità dell'articolo VI della Convenzione fra l'Inghilterra e la Turchia; sottoscritta il 24 ottobre 1885.

Nello stabilire il tempo dello sgombero, il Governo inglese tenterà di ottenere la più lunga dilazione che sia possibile (mi fu menzionato il termine di otto o dieci anni), per dar agio che l'assestamento dato all'Egitto possa produrre buoni frutti, sotto la tutela, inglese. Sono però in grado di partecipare alla E.V., posso dire, con certezza, che il Governo di lord Salisbury è di buona fede e che, in questo momento, ha l'intenzione di ritirarsi dall'Egitto, in conformità delle promesse fatte, reiteratamente, dal Governo del signor Gladstone. La ragione di ciò è che l'occupazione dell'Egitto costa troppe spese all'Inghilterra e cagiona troppe premure e troppi pericoli, da essere prolungata indefinitivamente. E senza alcun dubbio, il Governo britannico darebbe immediatamente l'ordine dello sgombero dei suoi soldati dal territorio egiziano, se non fosse obbligato dal rispetto di sé medesimo a terminare l'assunto di riforme che ha impreso, e se non temesse che la bandiera inglese fosse sostituita dalla bandiera francese nella valle del Nilo.

L'Inghilterra non permetterà che la Francia eserciti alcun predominio in Egitto a scapito del predominio che essa vi esercita; e le mosse ed i raggiri della Francia non possono produrre altro effetto che ritardare il giorno del richiamo delle truppe inglesi.

Queste informazioni non mi sono state date dal primo ministro né da lord Iddesleigh, ma da persona su cui faccio assegnamento e che è in grado di conoscere (più d'altri ch'io sappia) le intenzioni dell'uno e dell'altro, e che non posso sospettare di alcun disegno di dissimulare la verità.

Nell'informare l'E.V. per telegrafo, di ciò che precede ebbi l'onore di pregarla di avere questa partecipazione come confidenziale e rinnovo la preghiera col presente rapporto.

143

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI

R. CONFIDENZIALE 4. Londra, 29 settembre 1886 1

Ho ricevuto il telegramma che la S.V. si è compiaciuta dirigermi oggi 2 , e mi servirà di guida nel mio operare.

Sono stato avvisato che lord Iddesleigh telegrafò ieri direttamente al viceré delle Indie per conoscere il suo parere rispetto alla cessione di Zeila. Sua signoria, da quanto m'è stato asserito, continua ad essere favorevole alle nostre richieste ma la risposta del viceré delle Indie avrà molta efficacia sull'animo suo. Ho avuto cura di darle di ciò notizia col mio telegramma d'oggi 3 .

Soggiungo che ho avuto oggi stesso una conversazione coll'ex governatore di Bombay, di cui feci cenno nella mia precedente relazione 4 . Mi riuscì inaspettato l'accorgermi ch'egli era stato consultato da lord Iddesleigh.

Con quella chiarezza e precisione che possiede chi ha fato studio d'un argomento, egli mi disse che l'occupazione di Zeila era stata consigliata dal Governo di Bombay per ragioni d'indole politica e commerciale. Era inutile all'Italia conoscere le prime che concernevano soltanto il Governo delle Indie. Le ragioni commerciali erano di tenere aperta al traffico inglese una via non solamente in Adel, o Paese dei somali, ma fra la parte settentrionale-orientale dell'Africa ed il mare di Bab-el-Mandeb. Gli ostacoli a quell'impresa erano maggiori di quello che poteva credere chi era ignaro dei luoghi e degli abitanti. L'importanza di Zeila, uno dei due sbocchi principali delle arterie commerciali di quella parte d'Africa, era, al presente momento, piccolo affare. L'occupazione di essa non produceva, né produrrebbe per molti anni, che un aggravio nei bilanci della nazione che la possedeva. Egli non consigliava all'Italia di addossarsi quel peso. Quando però i primi inizi di civiltà cominceranno a svolgersi nei luoghi circostanti e le tribù costruiranno villaggi e si daranno a coltivare il suolo, Zeila potrà divenire florida come una delle presenti città dell'Egitto. Egli conosceva il sito. Egli aveva scelto nel 1881 all'ufficio di console britannico nella regione fra Tagiura e ras Hafun il maggiore Hunter di cui aveva letto le relazioni e di cui conosceva le proclività dell'Italia.

Egli, lealmente, mi confessò che il suo desiderio sarebbe che Zeila rimanesse all'Inghilterra. Ma ponendo mente che i Governi della regina, liberali e conservatori, si avvisano di restituire Zeila ai turchi, che la sterilirebbero, o l'abbandonerebbero a se stessa; e ponendo mente che Zeila abbandonata a se stessa cadrebbe in mano dei francesi o dei russi, che l'adopererebbero a danno del Governo delle Indie, soggiunse, colla stessa lealtà, che preferirebbe vederla in mano degli italiani se, nonostante le difficoltà da lui indicate, essi volevano sottostare al peso dell'impresa.

Lo pregai di riferire, parola per parola, ciò che m'aveva detto ai segretari di Stato delle colonie e delle Indie e particolarmente a sir O'Burne, capo dell'ufficio politico e segreto del Ministero delle Indie, e di fare con essi tutti quei buoni ufficii che mi era tolto, per ovvie ragioni, di fare direttamente. Consentì al mio desiderio e mi disse che potevo fare assegnamento su lui. La cosa però, soggiunse, stava per ora in questi termini.

Lord Iddesleigh gli aveva manifestato l'intenzione di accogliere favorevolmente le mie proposte e di cedere Zeila all'Italia, o subito o fra qualche tempo, se il viceré delle Indie non si opponeva a quel disegno. La risoluzione della faccenda stava nelle mani del viceré.

142 1 T. 1692 del 28 settembre, non pubblicato. 143 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Cfr. n. 139.

143 3 T. confidenziale 5 (numero dell'ambasciata a Londra; a Roma il telegramma non è stato protocollato), non pubblicato. 4 R. confidenziale 3 del 28 settembre, non pubblicato.

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IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, A TORINO

L. PERSONALE. Roma, 30 settembre 1886.

Le accludo copia di uno dei soliti telegrammi particolari a Catalani 1• Le ho telegrafato testé il contenuto di questo telegramma 2 , e mi sono permesso darle un suggerimento. Finché lord Iddesleigh non dà a Catalani una risposta, sarebbe forse meglio che Corti rimanesse lontano da Londra, acciò, nel caso non improbabile di rifiuto, le relazioni fra il Foreign Office e il nostro ambasciatore non se ne abbiano a risentire. Ora il conte Somaglia mi ha detto ieri che Corti voleva partire il 4 o 5 per essere a Londra lì 8 o 9. Sarebbe forse troppo presto e Corti non si desolerebbe di rimanere sui laghi qualche giorno in più. La difficoltà è di trovarlo, e perciò io mi permetterva suggerire che ella telegrafasse a Monza, dove certo ha detto ove andava, di inviargli il telegramma di lei. Ciò pel caso che, quando Corti è stato a Torino, non le abbia detto presso quale bella signora passava i suoi ultimi giorni di dimora in Italia. Sarà, suppongo, a villa D'Adda o a villa Trotti.

Come avrà visto nei giornali, mi sono pure permesso fare una piccola modificazione ad alcune istruzioni ricevute da lei circa l'annunzio del suo ritorno a Roma. Ella mi diceva credere non se ne dovesse far parlare punto, pure facendomi l'onore di rimettersi per questo a me. Or mi è parso che se ella ritorna quando nessuno ne sa nulla, si dà luogo ai soliti commenti di gravi avvenimenti, notizie improvvise ecc. Ho quindi fatto pubblicare dalla Rassegna un piccolo entrefilet, nel quale dicevasi che ella sarebbe dovuto tornare martedì o mercoledì, ma che, non essendovi nulla di urgente, si sarebbe trattenuto qualche giorno di più in campagna. Così l'epoca del suo ritorno non è precisata e quando avrà luogo non spaventerà.

Tornielli ha risposto alla mia lettera privata circa la conversazione da me avuta con D'Arco sul conto del nostro ministro a Bukarest. Le mando quella risposta di Tornielli3, perché possa leggerla come digestivo. È curiosa l'idea del riserbo adottato da noi verso i piccoli Stati balcanici. L'Italia, che non è ancora un'aquila ma un aquilotto, dovrebbe, secondo il Tornielli, circondarsi, a sua difesa, di passeri.

Ieri ho avuto una conversazione con Uxkull. Aveva ricevuto una lettera privata di Giers, nella quale gli si diceva che «la politique de l'Italie était un peu vague», mi disse però che Giers aggiungeva: «non moins que celle des autres Puissances». Quanto al Trattato di Berlino da lei citato nel parlare delle dimissioni date dal principe, Giers aggiungeva che non bisogna dimenticare che il Trattato di Berlino è già stato modificato. Risposi ad Uxkull che non mi spiegavo la parola vague applicata alla nostra politica nelle cose bulgare (era di queste che Giers parlava). Non era il nostro compito di proporre candidati per la Bulgaria e che d'altronde noi avevamo, come la Germania, raccomandato alla Reggenza di essere prudente, e di procurare di mandar le cose in lungo per far calmare gli spiriti e ciò tanto per

2 T. s.n., non pubblicato.

3 Non rinvenuta in allegato.

quel che riguarda l'elezione, quanto per quel che riguardava i processi contro i colpevoli del 21 agosto. Uxkull poco dopo aggiunse pure che Giers gli diceva che i rapporti con la Germania sono cordialissimi ed anche, ora, con l'Austria. « Enfin, la France, a été parfaite»; questa dice sempre che la Bulgaria non costituisce per lei un interesse di primo ordine, ma che per amore per la pace appoggerà quel che la Russia e la Germania vorranno. Dopo aver scambiato qualche altra frase meno significante, alzandosi mi disse: «Donc je pourrai écrire a M. de Giers que vous n'avez pas de traité avec l'Angleterre». Ridendo gli risposi: «Oui, cela vous pouvez l'écrire sans vous compromettre». E lui: «Eh! bien, pour etre plus sùr j'écrirai pas encore». Sempre ridendo replicai: «Ah! l'avenir est sur !es genoux de Jupiter» e così ci lasciammo. Da questa conversazione ho tratto la convinzione che la Russia sospetta che in caso di urto fra lei e l'Inghilterra, noi ci schiereremmo per quest'ultima, specialmente se la Francia, con la quale la Russia civetta, si schiererà per lei. Del resto, come ella comprende tanto meglio di me, questi non sono per ora che ballons d'essai, in previsione di complicazioni non presenti, ma future.

144 1 T. confidenziale 5 (numero dell'ambasciata a Londra) del 29 settembre, non pubblicato, ma cfr. n. 143.

145

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

L. PERSONALE. Milano, l° ottobre 1886.

Vengo a confermarti il mio telegramma di poco fa 1 .

Ti ricorderai che ti avevo parlato un poco en l'air di un mio desiderio che al momento opportuno desideravo fosse da te messo innanzi a Londra. Di quello stesso desiderio Cappelli aveva già tenuto parola con Catalani allorché questi si trovava a Roma, e nuovamente gliene faceva cenno alcuni giorni sono in una lettera particolare 2 . In conseguenza di ciò Catalani ne avvanzò parola con lord lddesleigh che si mostrò assai disposto a farci cosa grata. Per conto mio credo poco alla riuscita di questa faccenda, e francamente la desidero anche assai moderatamente nelle attuali circostanze, essendovi già ben troppa altra carne al fuoco. Ma ciò non toglie che amo meglio che tu ritardi di otto o dieci giorni oltre l'epoca da te fissata, il tuo ritorno a Londra. Ciò essenzialmente perché un rifiuto (assai probabile) fatto a Catalani ha poca importanza, anche perché si potrà sempre dire che l'incaricato d'affari ha oltrepassato le sue istruzioni, mentrecché una negativa diretta all'ambasciatore potrebbe avere conseguenze poco buone per le relazioni fra i due Paesi, che è mio desiderio mantenere ottime. Conviene quindi che tu non ritorni al tuo posto se non allorché l'affare sarà debrouillé in un modo o nell'altro.

145 1 Non rinvenuto. 2 Cfr. n. 119, nota 3.

Fermati dunque otto o dieci giorni di più in Italia od a Parigi ove meglio ti arriderà, dandomi ben inteso il tuo indirizzo affinché possa farti pervenire l'avviso che possa tornar al tuo posto. Ho ricevuto la tua lettera contenente l'interessantissima conversazione che hai avuto con Keudell, te ne ringrazio, tanto più che suppongo mi troverò seco lui a Monza dove vado domani per ripartirne domenica sera alla volta di Roma.

I miei saluti all'amico Cagnola. Ti stringo cordialissimamente la mano.

146

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, A MILANO

L. PERSONALE. Roma, l° ottobre 1886.

Ieri sera, dopo aver ricevuto un suo telegramma su Corti e Zeila 1 , mi permisi dirigergliene uno 1 pregandola vivamente a non voler guardare con occhio ostile l'acquisto di Zeila, se mai, del che dubito ancora molto, esso possa farsi. È chiaro che quando si presentassero altre complicazioni la spedizione all'Barrar potrebbe essere rimandata indefinitivamente; ma se ci lasciamo sfuggire l'occasione di prendere Zeila, essa non ci capiterà forse più, e se non noi, i nostri figli potrebbero rimproverarcelo come un grande peccato d'omissione. La posizione geografica di Zeila è proprio meravigliosa, avendo alle spalle un immenso continente, sconosciuto ancora in parte, ma certo ricchissimo, e di fronte l'India, la Persia e l'Arabia. N o n vi è nessuna ragione perché Zeila fra cento anni non sia una Bombay o una Calcutta. Ma io fo della poesia, realista a mio modo di vedere, ma poesia; e cesso. Scusi!

Come avrà visto dai telegrammi e sunto dei dispacci, mi pare che le attuali complicazioni si presentano meno minacciose. I bulgari cedono ai desideri della Russia, gli ungheresi si calmano dopo la risposta di Tisza, e la Francia col discorso Freycinet tende a rassicurarci quanto a Tripoli. I giornali francesi, compresa anche La France, dicono che Tripoli non debbono prenderla mai «pour ne pas se brouiller à mort avec l'Italie». Mi par quindi probabile che nulla di grosso accadrà per ora. In fondo, nessuno ha volontà di far la guerra, e ciò è già molto. Anche il D'Arco e il Rosty, venutimi a vedere oggi vedevano la situazione in senso ottimista. Meyendorff mi ha detto che Giers aveva telegrafato ignorare la nota di Kaulbars alla Reggenza, ed avrebbe domandato informazioni. Anche Meyendorff rideva di questa ingenuità. Ce ne vuole!

Stamane le ho fatto mandar copia dei telegrammi diretti a Parigi e Madrid per l'affare di Colombia 2 . Come avrà visto, sono un po' forti, ma mi è parso dovessero avere quel tuono per produrre subito l'effetto del quale, visti i rapporti e il telegramma di Ressman, quasi non dubito più.

146 1 T. s.n. del 30 settembre, non pubblicato. 2 T. 806 e T. 807 del 29 settembre, non pubblicati.

Domani sera non le manderò i giornali, sembrandomi inutile; stasera sì. Mi auguro che non vi siano dispersioni, specialmente per i telegrammi, i quali non son privi di una certa importanza. Il telegramma di Ressman 3 è responsivo al mio di avant'ieri sera, che le ho solo oggi mandato in copia, non avendo pensato ieri a farlo.

P.S. Avrà visto il telegramma di Lanciarez4 . Mi pare che voglia fare un viaggetto con la scusa dei missionari. Non è cosa urgente; e le chiedo istruzioni, da essermi date anche a voce lunedì. Mio subordinato avviso, nel quale concorre anche il cavaliere Peiroleri, sarebbe di rispondergli che non si muova, e solo in caso di estrema necessità mandi il Nocentini a Han-kou. A Pechino non vi è in nessun caso necessità di andare, potendo scrivere al ministro di Germania, se indispensabile.

147

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, A MONZA

T. PERSONALE S.N. Roma, 2 ottobre 1886.

D'Arco mi ha detto aver ricevuto una nota in risposta a quella da lui scritta sulla visita non restituita. Imperatore d'Austria interrogato personalmente avrebbe risposto che nulla gli dispiaceva tanto quanto dover apparire poco gentile contro il suo desiderio, che sarebbe volentieri andato dovunque si fosse voluto ma a Roma proprio non poteva come naturale, non ho risposto nulla mostrandomi occupato. D'altro dubito che Germania con attuale sua tenerezza per Papa siasi interessata per restituzione a Roma.

148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 2303. Roma, 2 ottobre 1886.

Con dispaccio del 21 settembre scorso 1 , accennando a V.E. il nostro modo di vedere, sul diritto che possa spettare alla Rumelia orientale di mandare i suoi rappresentanti alla grande assemblea bulgara, la informavo che, desiderando noi,

4 T. 1706 del 30 settembre, col quale Lanciarez chiedeva l'autorizzazione per recarsi ad Han kou «afin de prévenir missionaires, puis Pékin pour nous entendre au sujet du visa par Ministère des affaires étrangères». 148 1 Cfr. n. 116.

150 nel caso che si presentasse tale questione, risolverla d'accordo col Gabinetto di Berlino, avevo pregato l'incaricato d'affari di Germania di far conoscere questo nostro modo di vedere al principe di Bismarck, acciò egli potesse comunicarci i suoi apprezzamenti in tempo opportuno.

Il conte D'Arco è venuto ieri a comunicarmi verbalmente il pensiero di Sua Altezza.

Il cancelliere è d'avviso che, secondo il diritto stabilito (art. 17 del Trattato di Berlino) i rumelioti non potrebbero prender parte all'elezione del principe di Bulgaria. Non potrebbero essere tollerati che come elettori in modo precario (son queste le parole di cui si è servito il conte d'Arco). I soli bulgari possono legalmente prender parte all'elezione.

L'incaricato d'affari germanico aggiungeva che il sultano dovrà indi nominare, col consenso delle Potenze, governatore generale della Rumelia il principe eletto dall'assemblea bulgara. È questo un obbligo derivante dal protocollo di Costantinopoli, e converrebbe pregare il sultano di riconoscerlo, nel caso in cui egli credesse di potervisi sottrarre.

Il conte d'Arco con chiudeva non essere intenzione del suo Governo di emettere intorno a questo riguardo un'opinione, di fronte al Governo di Bulgaria; essendosi a Berlino fatta l'esperienza che qualunque comunicazione confidenziale e benevola non ha a Sofia altro risultato che di far apparire notizie false e sfigurate nei giornali democratici o partigiani del principe di Battenberg che si pubblicano in Germania ed in Austria.

146 3 T. 1710 del 30 settembre, non pubblicato.

149

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE E GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

D. CONFIDENZIALE 262. Roma, 2 ottobre 1886.

Da comunicazione avuta dal signor Meyendorff reggente ora l'ambasciata di Russia in Roma, ho saputo che il signor di Giers, in un colloquio recentissimo con l'ambasciatore d'Inghilterra a Pietroburgo, ha dichiarato non aver ricevuto dal generale Kaulbars, nessun rapporto sulla nota da questo indirizzata al Ministero bulgaro. Detta nota era conosciuta a Pietroburgo soltanto da telegrammi privati. Secondo le notizie avute in tal modo, il generale Kaulbars avrebbe domandato: l) il differimento delle elezioni dell'assemblea al più tardi possibile; 2) la cessazione dello stato d'assedio; 3) la scarcerazione di tutti gli arrestati per l'affare del 9/21 agosto. Dalla medesima sorgente si sapeva che, nel comunicare detta nota agli agenti diplomatici a Sofia, il Ministero bulgaro si sarebbe dichiarato pronto a levare lo stato di assedio. Circa però agli altri due quesiti, non avrebbe potuto rispondere favorevolmente senza commettere una infrazione allo statuto. Tale opinione, secondo il signor Morier, sarebbe trovata fondata dal Governo britannico, mentre il signor di Giers sarebbe d'avviso che i punti messi innanzi dal generale Kaulbars corrispondono ad una necessità, senza la quale l'ordine legale non potrebbe ristabilirsi: quella di calmare il Paese e di pacificare gli animi. Per altro, a fine di potersi spiegare con piena cognizione di causa, il signor di Giers avrebbe domandato al generale Kaulbars di essere informato intorno allo stato delle sue pratiche presso il Ministero bulgaro.

Risposi al barone di Meyendorff che mi riusciva molto interessante l'apprendere che la nota diretta al Governo della Reggenza dal generale Kaulbars, non era conosciuta dal signor di Giers se non da telegrammi privati. Soggiunsi che, in ogni modo, quella questione mi pareva oramai in via di soluzione, visto che i bulgari non solo consentivano a togliere lo stato d'assedio, ma anche a rilasciare i prevenuti del 21 agosto, sotto cauzione. In quanto alla elezione del principe, dissi che noi pure avevamo dato consiglio alla Reggenza di procrastinare, affiché gli spiriti avessero tempo di calmarsi. Quando anche la grande assemblea dovesse presto riunirsi, non mancherebbe forse ancora il modo di far sì che l'elezione del principe fosse mandata in lungo.

150

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 1205/273. Londra, 3 ottobre 1886 (per. il 7).

Il lo corrente, lord Iddesleigh mi fece dare lettura confidenziale d'una sua circolare agli ambasciatori delle regina all'estero, circa le faccende di Bulgaria. La circolare ha la data del 30 settembre e, da quanto mi fu detto, doveva essere partecipata da sir J.S. Lumley all'E.V. lo stesso giorno in cui mi fu letta o, al più tardi, il giorno susseguente. Mi astenni quindi dal telegrafarla; ma non ho ricevuto finora notizie dall'E.V. che ella ne abbia contezza. Il punto più notevole della circolare sta nella conclusione di essa, ed è il seguente: «Sembra al Governo della regina che sia da desiderare che l'elezione d'un principe di Bulgaria segua il più prontamente possibile, in modo da abbreviare il tempo in cui l'amministrazione della Bulgaria è resa debole dal fatto della vacanza del trono». Il Governo inglese volge quindi l'attenzione delle Grandi Potenze sulla condizione del Principato e le invita ad afferire i loro consigli al Governo della Reggenza.

Mi fu fatto notare che una copia della detta circolare sarebbe partecipata al Gabinetto di Pietroburgo.

Lord Iddesleigh mi fece quindi palesare, da una persona di sua fiducia, che sarebbe assai gradito al Governo della regina se i rappresentanti d'Italia e di Austria in Sofia consultassero od, almeno vedessero di frequente l'agente inglese colà, per non lasciar campo a credere che quest'ultimo sia isolato. Non mostrai dare molta importanza alla domanda, benché mi fosse ripetuta, e risposi che probabilmente, non ne avrei fatto consapevole l'E.V. Ella potrà, per conseguenza, se lo crede opportuno, mostrar d'ignorare quel desiderio di lord Iddesleigh.

Le speranze del Governo inglese sono tuttora di essere sostenuto dall'Italia e dall'Austria Ungheria nella quistione bulgara. Il Foreign Office mi fa travedere di continuo che l'Inghilterra può fare assegnamento sull'Austria; ma nel tempo stesso, mi dichiara che non vi sono negoziati fra i due Governi. Questo modo di procedere, insolito agli statisti inglesi ed alieno dalla loro indole, può dar camf\() a molte riflessioni. Né è da credere che le asserzioni del Foreign Office si fondino sulle dichiarazioni fatte nel parlamento ungherese né su taluni articoli di giornali austriaci, poiché, come è noto all'E.V., lord Iddesleigh mi parlò di un ravvicinamento fra l'Inghilterra e l'Austria prima che si avesse notizia di quelle dichiarazioni e di quegli articoli. Non rimane che una congettura, che io faccio però con molta titubanza e riserbo, cioè a dire che l'Inghilterra e l'Austria abbiano fatto un accordo, verbale o scritto, di un'azione comune in certe eventualità, come sarebbe per esempio l'occupazione russa della Bulgaria. Se quest'accordo esiste, è stato fatto probabilmente in Vienna non in Londra; ed è interesse vitale dell'Austria di tenerlo segreto. Ignoro, intanto, se sia possibile avere anche un lontano indizio del ravvicinamento fra l'Inghilterra e l'Austria osservando il modo di procedere dell'agente austriaco in Sofia 1 .

Ebbi l'onore di dar notizia di tutto ciò che precede ali'E.V. col mio telegramma del l o corrente 2•

151

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1206/274. Londra, 3 ottobre 1886 (per. il 7).

Il cancelliere dello scacchiere fece ieri un discorso a Dartford. Il punto più notevole di esso si riferisce all'atteggiamento dell'Austria-Ungheria nelle faccende degli Stati dei Balcani. Le sue parole presso a poco furono queste:

«Dal discorso pronunziato dal primo ministro ungherese il 30 settembre, si scorge che la libertà e l'indipendenza dei Principati danubiani e delle cittadinanze dei Balcani sono argomenti primari e vitali nella politica dell'impero austro-ungherese.

L'Inghilterra vede quindi con molto compiacimento, e concede senza suo disdoro, che la Potenza i cui interessi sono più strettamente legati a quelle questioni pigli la parte principale nella grande impresa internazionale di comporle. Come lord Salisbury disse in Manchester nel 1878, così si può dire al presente: «La sentinella austriaca è sui baluardi». E la politica del Trattato di Berlino, che fu apportatrice di libertà, sarà difesa dall'Austria. Qualsiasi modificazione questo grave

!50 1 Con D. 183 dell'8 ottobre, non pubblicato Di Robilant rispose che non risultava nessun accordo verbale o scritto di un'azione comune tra l'Austria e l'Inghilterra. 2 T. 1720 non pubblicato.

fatto cagionerà nella politica estera dell'Inghilterra, in qualsiasi modo diminuirà ad essa il pericolo dell'isolamento ed il peso della responsabilità, si potrà esser certi che il Governo inglese non si allontanerà da quei principii che sono stati sua tradizione per tre secoli: simpatia per la libertà e l'indipendenza delle Nazioni.

Sono Potenze in Europa, continuò il Cancelliere dello scacchiere, che desiderano mantenere la pace; si appagano di ciò che possiedono e riuniscono ogni loro sforzo nello svolgimento della civiltà. Altri dimostrano, di tempo in tempo, le loro inclinazioni a litigi ed anche ad aggressioni. Il Governo inglese metterà ogni opera per mantenere le più amichevoli relazioni fra tutti gli Stati esteri e non tralascerà occasione di offrire consigli di moderazione per comporre pacificamente controversie internazionali. Ma se nasca occasione che lo costringa ad una scelta, non è da porre in dubbio che le simpatie ed anche l'appoggio dell'Inghilterra saranno dati a quelle Potenze che desiderano la pace dell'Europa e la libertà dei popoli; ed in cui favore il nostro opportuno intervento, senza ricorrere alla forza, deciderà la questione.

La politica dell'Inghilterra, conchiuse lord Randolph Churchill, seguirà il suo andamento diritto e fermo, evitando, da una parte, i pericoli d'un intervento ufficioso e delle iniziative non necessarie; ed evitando, dall'altra, un modo di procedere isolato, timido ed egoista: ed io spero che riuscirà a mantenere la pace e la sicurezza generale che, per quanto necessarie e vantaggiose sieno alle altre Nazioni, sono essenziali all'avanzamento ed alla prosperità dell'Impero britannico».

La sostanza di tutto ciò è la seguente: la decisione dell'Austria dovrà determinare il modo di procedere dell'Inghilterra.

L'Austria, non l'Inghilterra, dovrà aprire la via nella questione bulgara.

L'Inghilterra darà tutto il suo appoggio all'Austria evitando, in tal modo, che si ricorra alla forza.

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IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 114. Therapia, 4 ottobre 1886 (per. il 12).

Il pro-memoria che l'ambasciatore di Francia aveva rimesso il mese scorso al gran vizir, relativo alle questioni del Mediterraneo, era accompagnato dal progetto di un trattato d'alleanza. Questo trattato constava di due articoli: pel primo la Francia si impegnava a difendere per mare la Tripolitania contro un'aggressione dell'Italia, ed eventualmente a mettere a disposizione della Turchia un corpo d'esercito ausiliario sul confine della Tunisia; pel secondo articolo la Sublime Porta doveva obbligarsi ad agire diplomaticamente, sia sola sia col concorso delle Potenze europee, per costringere l'Inghilterra a porre un breve termine all'occupazione dell'Egitto; qualora l'azione diplomatica non raggiungesse l'intento desiderato, la Francia presterebbe il suo appoggio efficace alla Sublime Porta, la quale potrebbe probabilmente contare anche sulla cooperazione della Russia. A questo trattato teneva dietro un patto segreto mediante il quale il Governo del sultano doveva impegnarsi: l) a non entrare in alcuna combinazione coll'Inghilterra per l'assestamento delle questioni mediterranee; 2) a non richiedere nella definizione di siffatte questioni l'avviso della Germania.

Il sultano, quand'ebbe conoscenza del progetto d'alleanza francese, faceva chiedere all'ambasciatore di Russia se il Gabinetto di Pietroburgo fosse disposto ad aderire alle proposte della Francia relativamente all'Egitto; ed il signor Nelidov, senz'impegnare l'azione del suo Governo, rispondeva che il piano suggerito dall'ambasciatore della Repubblica gli sembrava assai opportuno. Non mi risulta che al collega di Russia sia stata pure comunicata la prima parte delle proposte francesi relative alla Tripolitania, ma non dubito che egli ne abbia avuto conoscenza dallo stesso conte di Montebello, dal quale so essere egli stato tenuto a giorno dei suoi negoziati col gran vizir.

Il sultano faceva in pari tempo domandare all'ambasciatore della Repubblica se l'espressione «appoggio efficace della Francia» significasse un'eventuale cooperazione militare, alla quale domanda il conte di Montebello rispondeva negativamente.

A tal punto si trovavano i negoziati quando giunsero qui le esplicite dichiarazioni di V.E. riguardo della Tripolitania. Il rapporto, nel quale il ministro imperiale degli affari esteri rendeva conto al sultano del colloquio avuto con me, poneva in sì chiara luce la inanità delle accuse mosse contro di noi e la subdola condotta della Francia, che Sua Maestà decideva di non dare ulteriore seguito all'affare, ed in calce al pro-memoria rimesso dal conte di Montebello scriveva di proprio pugno le seguenti parole: «Non se ne parli più».

Ciononostante l'ambasciatore di Francia continua ad assediare il gran vizir per indurlo a conchiudere l'accordo, se non altro per quella parte che si riferisce all'Egitto; ma non ha guari probabilità di riuscita, mentre Sua Altezza fa ora mostra di secondare i progetti del Gabinetto di Parigi all'unico scopo di pesare sulle decisioni del Governo britannico.

V.E. rammenta che nell'aprile scorso Mouktar pacha, commissario ottomano presso il khédive, aveva mandato alla Sublime Porta un rapporto sull'organizzazione dell'esercito egiziano in vista di una prossima evacuazione dell'Egitto da parte degli inglesi. Questo rapporto, che da mesi giaceva dimenticato, è ritornato ultimamente alla luce per opera dell'ambasciatore di Francia il quale, nella campagna intrapresa contro l'Inghilterra, aveva vivamente insistito presso il gran vizir acciocché, basandosi sul rapporto di Mouktar pacha, la Porta reclamasse dal Governo britannico un'immediata decisione sull'organizzazione militare egiziana proposta dal commissario ottomano. Senza usare il tuono comminatorio suggerito dal conte di Montebello, Kiamil pacha ha dato ultimamente all'ambasciatore di Turchia a Londra istruzione d'invitare il Governo della regina a pronunciarsi sul rapporto di Mouktar pacha, e ne ha avuto in risposta che il Gabinetto britannico stava appunto studiando la relazione fatta da sir H. Drummond Wolff sulle proposte del commissario ottomano, e si riservava di comunicare a suo tempo le risoluzioni che saran prese. Avviato com'è, anche il negoziato per l'Egitto non ha, almeno per ora, alcuna probabilità di giungere ad una pronta conclusione, lo che, naturalmente, non soddisfa punto l'ambasciatore di Francia che del risultato di queste trattative aveva fatto una questione di amor proprio personale.

153

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1744. Londra, 5 ottobre 1886, ore 17,40 (per. ore 20,20).

Lord Iddesleigh m'a communiqué un rapport confidentiel du ministre d'Angleterre à Paris relativement au prétendu projet de la France au Maroc. M. de Freycinet a déclaré au représentant d'Angleterre qu'il avait donné instruction à son agent à Tanger de se tenir tranquille et que le Gouvernement de la Répubblique avait assez en main pour ne pas désirer une nouvelle complication ou une question de frontière avec le Maroc.

154

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI

R. CONFIDENZIALE 5. Londra, 5 ottobre 1886 1.

Ebbi ieri una breve conversazione con lord Iddesleigh rispetto la cessione di Zeila.

Com'ebbi cura di telegrafarle 2 , Sua Signoria mi disse che non aveva ricevuto una risposta definitiva dal viceré delle Indie, ma aveva saputo che lord Dufferin aveva riferito la cosa a lord Reay, governatore di Bombay, come di particolare competenza di quest'ultimo.

La faccenda sarà dunque decisa a Bombay. Gli agenti inglesi nelle Indie hanno tale autorità che ben di rado il Governo inglese riconsidera le loro deliberazioni. Nel caso in cui l'animo di lord Reay fosse del tutto contrario alla cessione di Zeila i negoziati non potrebbero essere ripresi che dopo la sua partenza da Bombay. Nel caso che l'animo suo fosse sospeso bisognerebbe trovar modo di inclinarlo a nostro favore. Non ho osato proporre alla S.V. di ordinare col telegrafo al nostro console in Bombay di fare qualche diligenza con lord Reay perché, in generale, i governatori inglesi hanno poche relazioni coi consoli e le diligenze avrebbero potuto essere nocive. La S.V. giudicherà di ciò. Devo soggiungere tuttavia che, da quanto mi è noto, lord Reay non mostra disamore per l'Italia ed era in buone relazioni d'amicizia col conte Nigra.

Lord Iddesleigh mi chiese se, nel caso d'una risposta affermativa, il Governo del re aveva in animo di dar subito mano all'impresa dell'Harrar. Risposi che, a parer mio, il Governo del re seguirebbe in ciò i consigli del Governo inglese. È chiaro che lord Iddesleigh desidera che la nostra spedizione nell'Harrar sia mandata in lungo, poiché in questo momento, le relazioni fra l'Inghilterra e la Francia sono alquanto dubbie e Sua Signoria brama di allontanare ogni cagione di animosità del Governo della Repubblica contro il Governo della regina. È quindi probabile che, se la cessione di Zeila avrà luogo, dovrà essere segreta per qualche tempo.

Ad ogni buon fine, pregai la S.V. col mio telegramma d'ieri di mettermi m grado di rispondere a lord Iddesleigh nel caso ripetesse la domanda.

154 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 2 T. confidenziale 4 (numero dell'ambasciata a Londra) del 4 ottobre, non pubblicato.

155

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. CONFIDENZIALE S.N. Roma, 6 ottobre 1886 1

Déchiffrez vous mème. Si l' Angleterre y consentait, v o ici comme l' occupation de Zeila pourrait probablement se faire pour qu'elle présente le moins d'inconvenients possible. La chose devrait ètre tenue secrète jusqu'au jour où une partie de notre garnison de Massaua, quelques centaines d'hommes, n'y débarquerait. Alors nous annoncerions notre volonté de faire une expédition au Harrar à peine que les préparatifs nécessaires seraient accomplis. Après un court delai, un mois au plus [tardF l'Angleterre se retirerait complètement de Zeila en l'annonçant à la Turquie. Une fois établis à Zeila nous commencerions à faire nos préparatifs pour l'expédition. Ces préparatifs, selon l'opinion de notre Etat Major, demanderaient un laps de temps assez considérable, soit pour les améliorations à introduire dans le port soit pour l'envoi des troupes, soit enfin pour les renseignements de toute espèce qu'on devrait recueillir sur place pour pouvoir procéder à coup sur et avec la moindre effusion de sang. Il ne nous serait pas possible de fixer dès à présent l'époque de l'expédition. Si comme on le suppose un envoi de cinq ou six milles hommes serait nécessaire la seule construction des embarcadères demanderait beaucoup de temps. Du reste l'époque de l'expédition devrait évidemment ètre subordonnée aux exigences de la situation générale de l'Europe3 .

2 Le lacune sono state integrate con i registri dei telegrammi dell'ambasciata a Londra.

3 Per la risposta cfr. n. 166.

155 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

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IL REGGENTE LA LEGAZIONE A PECHINO, MARTIN LANCIAREZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 223. Shanghai, 6 ottobre 1886 (per. 1' 11 gennaio 1887 ).

Fu qui di passaggio pochi giorni sono sir Robert Hart reduce dal sud della China ove erasi recato per sistemare alcune questioni riflettenti l'amministrazione delle dogane.

Malgrado le difficoltà che si incontrano per poter ottenere una udienza dall'ispettore generale delle dogane, occupato come egli è a ricevere mezza Shanghai che a lui ricorre per ogni cosa, nelle sue brevi fermate qui, mi fu però dato di vedere questo personaggio su cui s'aggirano in China tutti quasi gli affari.

Il colloquio che ebbi con sir Robert Hart fu dei più interessanti tanto per la materia che ne fu l'oggetto come per il carattere della persona che vi prese parte, ed io procurerò di qui sotto riferirlo all'E.V. nel modo il più fedele che mi sarà possibile.

Esordii col domandare a sir Robert Hart se egli avesse qualche notizia circa l'epoca probabile dell'arrivo di monsignor Agliardi e circa l'indole della missione che a quel prelato sarebbe stata affidata.

Il mio interlocutore risposemi tosto che egli non aveva avuto in quella negoziazione alcuna ingerenza, perché non era stato consultato, e quindi nulla poteva rispondermi al riguardo. Replicai che così non la si pensava a Roma, allora egli mi soggiunse tosto che tale confusione proveniva senza dubbio dal fatto che egli tempo fa era stato intermediario tra la China ed il Vaticano per la così detta missione Giulianelli, ma nulla più.

Era naturale quindi arguissi dalle risposte del mio interlocutore che egli non era troppo favorevole alla missione ideata dal Santo Padre e gli chiesi tosto che cosa ne pensava. Sir Robert Hart non mi nascose che egli non era troppo favorevole alla nomina di un rappresentante presso la Santa Sede e volle anche spingere la gentilezza al punto di indicarmi che a suo modo di vedere le ragioni per le quali egli credeva che la China aveva torto di spingere alla missione Agliardi erano tre: l) che il Governo francese il quale doveva avversare tale missione, mal si accomoderebbe a rinunziare alla tutela degli interessi cattolici in China; 2) che non vedeva bene come si potrebbe giungere a farla rinunziare ad essa; 3) infine che la situazione del rappresentante della Santa Sede sarebbe tanto irta di difficoltà da creare serii imbarazzi alla China. Ma soggiunse però tosto che la China aveva tutto il diritto e doveva cercare tutti i mezzi possibili per far cessare il così detto protettorato della Francia su tutte le missioni cattoliche.

Stimai allora dover fare osservare al mio interlocutore che io conveniva pienamente seco lui sulla necessità e sull'interesse che ha la China a far cessare uno stato di cose anormale, e che potevo anche assicurare che per quanto concerne i nostri missionarii il Governo italiano era pronto e disposto ad accordare la sua protezione a tutti quei missionarii che italiani di nascita, sarebbero stati latori d'un passaporto italiano. E profittai dell'occasine per dire che avevo ricevuto ordini di rendere di ciò consapevoli i nostri missionari residenti in China.

Feci però alcune riserve circa la m1sswne Agliardi che ritenevo utile per il Governo chinese e profittevole ad un tempo per le missioni cattoliche, qualora bene inteso essa fosse confinata nei limiti degli interessi religiosi e che ritenevo così la intendeva il Santo Padre. Non avere però al riguardo alcuna notizia ufficiale.

Sir Robert Hart dissemi allora che se così fosse egli non avrebbe nulla da eccepire, ma essere sua ferma convinzione che i missionari massime in China non erano abbastanza distaccati dalle cose politiche, per non desiderare di esercitare una influenza nel Paese ove ha luogo la loro propaganda religiosa per cui a buon diritto credeva, e l'esperienza lo confermava in questa sua credenza, che all'influenza francese che era intenzione della China di voler far cessare sarebbe sottentrata quella di monsignor Agliardi, tanto più temibile in quanto che quel rappresentante sarebbe divenuto il centro ed il perno intorno a cui si sarebbero aggirate le influenze di tutte le missioni cattoliche. E terminò col dirmi essere però questa una sua opinione personale, mi ripeté che non era stato consultato, ma che se lo fosse non avrebbe celato questi suoi apprezzamenti.

Interpellato poi da me se credeva alla prossima venuta di monsignore Agliardi, egli mi disse che non era in grado di rispondermi, in tutti i casi però riteneva che ciò non si verificherebbe tanto presto.

Terminato questo argomento io gli dissi allora che, essendo date le intenzioni della China di voler far cessare il protettorato francese su tutte le missioni, sarebbe conveniente che il Governo chinese adottase qualche misura atta a far cessare questo stato di cose. Accennai bene inteso all'inconveniente da evitarsi che cioè i nostri missionari fossero muniti di due passaporti, quello dell'Italia, ammesso che ne facessero richiesta, e quello della Francia che avrebbe continuato a rilasciarli come e per lo passato. Credetti dover suggerire che a mio avviso sarebbe stato necessario che Tsung-li-yamen facesse noto a tutte le missioni che d'ora innanzi avrebbe unicamente vidimato i passaporti che ai singoli missionari verrebbero rilasciati dai rispettivi loro Governi.

Sir Robert Hart mi assicurò che il Governo chinese, se interpellato non si sarebbe certamente rifiutato ad aderire ad un tale desiderio, e che riteneva essere questo un primo passo efficassimo onde far cessare la pretesa irragionevole, come ebbe a qualificarla della Francia di voler proteggere altri missionari all'infuori de' suoi.

E così ebbe termine il nostro colloquio sul quale mi permetto di chiamare tutta l'attenzione dell'E.V. pregandola al tempo stesso di farmi conoscere se nella mia conversazione con sir Robert Hart ho interpretato bene le idee del R. Governo.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIA TE

T. CONFIDENZIALE 823. Roma, 7 ottobre 1886, ore 13, 15.

L' Angleterre aime à faire croire à une spéciale intimité de rapports avec l' Autriche, à l'égard de la question bulgare. Je tiendrais à ce que votre attention se dirige sur ce point. Veuillez nous tenir au courant de tous les faits qui vous résulteront, ainsi que de vos appréciations sur ce sujet, qui est évidemment d'un grand intérèt pour nous.

158

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, NIGRA

T. PERSONALE S.N. Roma, 7 ottobre 1886, ore 17.

Déchiffrez vous seui. M. de Keudell de retour de son congé est venu me faire la communication suivante dont le prince de Bismarck l'avait chargé verbalement. «Le chancelier se déclare prèt si je le désire à prendre initiative officielle tant à Rome qu'à Vienne pour la prolongation sur les mèmes bases du Traité d'alliance. Si puis je ne le croyais pas opportun il laisserait dormir la question tout en conservant pleine et entière confiance dans ma pratique». Ayant pu constater que M. de Keudell avait totalement oublié de faire mention tant dans son rapport écrit comme dans sa conversation avec le chancelier de ce que je lui avais dit le 5 aoùt par rapport à nos intérèts dans le Méditerranée je lui ai fait la réponse suivante: «Me réservant de répondre à la communication qui vient de m'ètre faite, et dont j'ai pris acte, je prie M. de Keudell de faire connaìtre au chancelier que me référant à la conversation que j'avais eu avec lui le 5 aòut, lettre particulière du mème jour au comte Launay 1 , je désirais connaìtre si les questions se rapportant à la garantie de nos intérèts dans le Méditerranée qui sont pour nous de premier ordre seraient comprises dans les négociations prises en considération par la communication qui vient de m'ètre faite. Au sujet de ces intérèts j'ai mis en relief ces deux points principaux. Primo: une entreprise des français sur Tripoli, dont j'ai fait relever toutes les conséquences mentionnées dans ma conversation du 5 aòut. Secondo: le fait qu'à la suite d'un accord entre l'Autriche et la Russie celle-ci occupe Constantinople et celle-là Salonique ce qui également toucherait des intérèts italiens très importants. J'ai à ce propos fait remarquer qu'il ne serait pas convenable que l'Italie alliée de l'Allemagne et de l'Autriche fùt surprise par ce second fait sans qu'elle ait eu occasion de faire valoir davance ses intérèts». Cette réponse est consignée dans le rapport que M. de Keudell expédie aujourd'hui par courrier à Berlin et qu'il est venu me lire hier soir pour en contròler avec moi l'exactitude. Ces informations sont uniquement pour la gouverne très confidentielle de V.E. et pour qu'elle puisse y conformer son langage si on lui parlait de la communication que le prince de Bismarck m'a fait faire ainsi que de ma réponse.

158 1 Cfr. n. 18.

159

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANP

D. 182. Roma, 8 ottobre 1886.

Ieri nel mio ricevimento ebdomadario, l'ambasciatore d'Inghilterra ritornò meco sull'argomento delle istruzioni impartite all'agente britannico a Sofia, di tenersi in costanti rapporti col suo collega d'Italia, il che mi porse l'occasione di riconfermargli in termini generali la risposta già fattagli al riguardo. Si venne poi a parlare del viaggio a Berlino di lord R. Churchill che, come mi diceva sir J.S. Lumley, si estenderà probabilmente fino a Vienna, il Governo inglese desiderando veder chiaro negli intendimenti di quei due Gabinetti a fronte della poco spiegabile attitudine assunta dall'agente straordinario russo a Sofia.

L'ambasciatore britannico mostravasi meco non poco preoccupato di quello stato di cose, in verità assai minaccioso per le sue conseguenze anche prossime. Di ciò io con lui conveniva; aggiungendo essere secondo me necessità assoluta che, a scongiurare gravi pericoli, tutte le Potenze che realmente e sinceramente desiderano la conservazione della pace, e quindi vogliono allontanati tutti gli incidenti che condurrebbero a turbarla, precedano compatte in stretto accordo.

A questo proposito credeva però di dover far osservare al mio interlocutore che, sebbene la situazione sia da me ravvisata assai grave, non ritengo, ciò nondimeno, impossibile l'uscirne pacificamente, ove si voglia esaminarla con tutta la necessaria imparzialità e pacatezza, dal punto di vista della lettera non solo, ma anche dello spirito del Trattato di Berlino.

Non conviene infatti dissimularsi che le Potenze riunitesi a congresso nel 1878, mentre credettero limitare notevolmente le conseguenze delle vittorie russe, non intesero però intieramente escludere l'alta tutela della Russia sulla Bulgaria, che a quelle vittorie deve la sua esistenza politica; molti fatti che sarebbe inutile qui ripetere confermano questo concetto. Sennonché la nobile e ben legittima ambizione del valoroso principe Alessandro I, di emancipare completamente da ogni straniera ingerenza il popolo che gli aveva affidato le sue sorti, mutò quella condizione di cose, e ne fece quasi dimenticare l'esistenza.

La Russia ferita nel suo orgoglio nazionale, mostra oggi non volersi più tener paga del ristabilimento dello stato di cose che seguì immediatamente il Congresso di Berlino, e per premunirsi contro la ripetizione di ciò ch'essa ritiene offesa fatta ai suoi diritti, accenna cogli atti del generale Kaulbars a voler assumere non solo un'alta tutela sulla Bulgaria, ma bensì un effettivo protettorato, il che sarebbe in recisa opposizione col Trattato di Berlino. Or bene, come sempre

succede in casi simili, l'eccesso chiama l'eccesso; e l'opinione pubblica in alcuni paesi pretenderebbe ora che il Gabinetto di Pietroburgo avesse a disinteressarsi intieramente delle cose di Bulgaria, quasi come se si trattasse di quelle della Spagna e del Portogallo. Tra quei due estremi, io dissi, si potrà trovare una via di mezzo che indubbiamente non impedirà il rinascimento di attriti e di complicazioni per l'avvenire, ma che intanto potrebbe fornire un espediente onde uscire dalla presente crisi acuta, e prolungare così il mantenimento della pace, con grande vantaggio di tutti. Il porgere opportuni consigli alle Potenze più direttamente interessate, sarebbe, a parer mio, nobilissimo còmpito per un Gabinetto, che come il germanico si trovi nelle necessarie condizioni per fare ciò utilmente. Si darebbe così tempo al naturale svolgimento di eventi che condurrebbero le cose a quella maturazione che dovrà un giorno assicurare ai popoli balcanici, che già sono in possesso della loro indipendenza, quella piena autonomia a cui hanno diritto. L'affrettar troppo il passo per giungere a questa meta, potrebbe riuscir letale per l'esistenza stessa dei piccoli ed ancora deboli Stati balcanici, anche se si volesse non tener conto della pace generale.

Evidentemente non intendo per conto mio avanzare proposte di sorta nel senso suespresso, perché l'Italia è bensì grandemente interessata alla conservazione della pace ed al mantenimento dello statu quo in Oriente, ma non ha interessi politici diretti in giuoco negli affari speciali della Bulgaria. Persuaso però che nessun bene potrebbe venire all'Europa e neppure agli Stati balcanici da una conflagrazione che facesse scendere in campo le principali Potenze, sarò sempre lieto di associarmi a quei Gabinetti che mostreranno voler esercitare la loro azione nell'esclusivo intento della conservazione della pace sulla base del mantenimento del Trattato di Berlino. In tale senso io l'autorizzo ad esprimersi confidenzialmente col ministro degli affari esteri ove egli abbia a tenerle parola della conversazione da me avuta con sir J.S. Lumley, accentuando però il concetto che per ottenere il desiderato risultamento, è pure, a parer mio, indispensabile che le potenze le quali non ammettono che un nuovo irreparabile strappo sia fatto al Trattato di Berlino, si mantengano strettamente unite, e non tralascino dal far ciò comprendere anche energicamente, ove occorra.

159 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi e con alcune varianti in LV 55, pp. 44-45.

160

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4279. Berlino, 8 ottobre 1886 (per. il 12).

Dès aujourd'hui, je me suis rendu chez le baron de Holstein qui remplit les fonctions intérinaires de sous-secrétaire d'Etat en l'absence du comte de Berchem. J'ai pu constater que le Gouvernement impérial persiste dans son attitude de réserve sur les affaires bulgares. M. de Holstein n'émettait aucun avis sur les discours prononcés au Parlement de Pesth et par lord Randolph Churchill. Il ne se permettait meme pas une critique sur les étranges allures du général Kaulbars. La Russie, cependant, met à une rude épreuve la patience de ses meilleurs amis. Il est difficile, il faut bien en convenir, de s'y prendre plus maladroitement pour réconcilier les bulgares avec la situation qu'elle veut leur faire. Au lieu de ménager leurs susceptibilités nationales, on les maltraite, on les brusque et on leur dit tout ce qui peut les blesser, et pour achever l'oeuvre on leur envoie sous le nom d'agent diplomatique un général botté et épéronné qui les mène la cravache à la main, leur donne des ordres et les traite en écoliers révoltés. Il fait une campagne de propagande que l'on peut qualifier de révolutionnaire, puisqu'elle n'est ni prévue, ni autorisée, par le Traité de Berlin et que rien n'est plus contraire qu'une tournée de ce genre au droit des gens et aux usages diplomatiques.

Je pense que c'est bien ainsi que le Cabinet impérial juge les procédés de la Russie. Mais il évite de se faire son mentor, de lui adresser des remontrances, meme indirectes, pour ne pas l'irriter et aplanir de la sorte la voie aux intrigues françaises. Il préfère que d'autres se chargent de ce ròle ingrat. Sous ce rapport, le langage du ministre hongrois Tisza et de lord Churchill, pour peu qu'on sache lire entre les lignes, laissait entendre des avertissements assez significatifs.

Au reste, ce qui contribue aussi à maintenir le Cabinet de Berlin dans une certaine quiétude d'esprit, c'est le sentiment que dans les circonstances actuelles le Gouvernement russe ne médite, malgré bien des apparences contraires, aucune intervention armée en Bulgarie. L'empereur Alexandre, me laissait entendre le baron Holstein, tient à eviter tout ce qui pourrait amener de graves complications, et M. de Giers abonde dans le meme sens. Il a l'air, entre autres, de dégager sa responsabilité quant aux allures du général Kaulbars, en disant que celui-ci n'annonce pas ce qu'il fera, mais se bome à rapporter ce qu'il a fait, absolument comme s'il agissait sans des instructions formelles.

J'ai appris aussi par M. de Holstein que le Département impérial des affaires étrangères n'avait reçu aucun avis d'un voyage à Berlin de lord Churchill. Mais la Nord Deutsche Allgemeine Zeitung de ce soir annonce que ce ministre à passé ici deux jours dans le plus strict incognito, qu'il est parti hier pour Dresde et se rendra de là à Vienne.

Ce serait donc à son voyage de retour qu'il se ménagera une entrevue avec le secrétaire d'Etat, ou meme à Varzin avec le chancelier, si vraiment il a la mission de se renseigner sur l'attitude des Cabinets de Vienne et de Berlin.

J'ai l'honneur d'accuser réception des quatre télégrammes de V.E. expédiés hier au soir 1 . Je ne m'explique pas pourquoi celui particulier H. 15 m'est parvenu en duplicata.

P. S. Ci-joint une lettre particulière pour V. E. 2

160 1 Cfr. nn. 157 e 158. T. 825, non pubblicato. Non rinvenuto il quarto telegramma. 2 Non pubblicata.

161

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 1242/285. Londra, 8 ottobre 1886 (per. il 13).

Il 6 corrente pregai lord Iddesleigh di farmi consapevole in qual modo fosse stata accolta dalle varie Potenze la sua circolare del 30 settembre scorso. Sua Signoria mi porse cortesemente, in risposta, taluni telegramma che stavano sul suo tavolino. Ho l'onore di riferire all'E.V. le cose più notevoli che potei raccogliere da essi.

L'ambasciatore d'Inghilterra in Vienna dava ragguaglio a lord Iddesleigh, in due lunghi telegrammi, di due conversazioni che aveva avuto col conte Kalnoky. La sostanza del primo telegramma è la seguente. Il conte Kalnoky, secondo sir

A. Paget, era di parere che, col discorso del signor Tisza, l'Austria-Ungheria avesse già troppo manifestato qual'era il suo pensiero, circa la faccenda bulgara, da dovere ancora, come l'Inghilterra suggeriva, fare una nuova dichiarazione. Una mossa dell'Inghilterra e dell'Austria-Ungheria, per affrettare l'elezione del principe di Bulgaria, suscitando una scissura fra le Potenze, dando ombra al Governo russo ed irritando lo zar, sarebbe stata più nociva che utile. Il secondo telegramma era segnato: confidenziale. Sir A. Paget riferiva in esso che il conte Kalnoky gli aveva confidato aver ricevuto, una richiesta confidenziale del Governo di Pietroburgo di avvalorare l'azione della Russia per ritardare l'elezione del principe di Bulgaria.

L'ambasciatore d'Inghilterra in Costantinopoli dava ragguaglio di un abboccamento che aveva avuto col gran vizir. Questi era di parere, contrariamente a ciò che sir E. Thornton sembrava temere, che la Russia non desiderava punto di far nascere alcun disordine e molto meno di promuovere uno stato di anarchia nelle provincie bulgare, per trovar modo d'intervenire e di occuparne il territorio. Secondo la Sublime Porta, la Russia non aveva altro intento che di far proseliti per rendere impossibile la rielezione del principe Alessandro.

L'ambasciatore d'Inghilterra in Pietroburgo non aveva potuto vedere il signor de Giers. Egli dava ragguaglio di un abboccamento che aveva avuto col sottosegretario di Stàto. Quest'ultimo aveva fatto noto a sir Robert Morier che il signor Giers risponderebbe a lord Iddesleigh per mezzo dell'ambasciatore di Russia a Londra. Gli aveva inoltre fatto un lungo ragionamento circa la condizione delle cose in Bulgaria ed i desideri della Russia. Sir Robert Morier qualificava tale discorso: un viluppo di frasi vuote di significato.

L'ambasciatore d'Inghilterra in Roma dava ragguaglio di un abboccamento che aveva avuto col marchese Cappelli. Ma nessuna partecipazione era ancor giunta a lord lddesleigh dalla Germania. Ad ogni modo, nessun telegramma da Berlino si trovava fra i telegrammi che Sua Signoria mi porse senza alcun riserbo, scelta

o previsione della mia richiesta.

Terminata la lettura pregai lord Iddesleigh di dirmi se avesse ricevuta alcuna partecipazione dall'ambasciatore di Russia in Londra. Sua Signoria mi rispose che il giorno precedente, (5 ottobre), aveva veduto il signor di Staal. Le cose dettegli da quest'ultimo si potevano compendiare nel modo seguente: la Russia desiderava che l'elezione del principe di Bulgaria fosse procrastinata per le due ragioni seguenti. l) Per dar tempo alla commozione d'animo dei bulgari di quetarsi. 2) Per dare agio alle Potenze di consultarsi circa la persona del candidato visto che l'assemblea bulgara, lasciata in balia di se stessa, poteva essere non in grado di bene apporsi.

L'ambasciatore però non pose mente, conchiuse lord Iddesleigh, che la politica di procrastinazione prolunga ed aggrava i pericoli e le incertezze nei quali la Bulgaria è immersa.

Ebbi l'onore di partecipare all'E.V. le cose contenute in questo rapporto col mio telegramma del 6 del mese 1•

Soggiungo che poco prima che io vedessi lord Iddesleigh, il signor di Staal mi aveva informato di aver fatto il giorno precedente una partecipazione al Foreign Office press'a poco nelle stesse parole riferite da Sua Signoria.

162

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 138. Monaco di Baviera, 8 ottobre 1886 (per. il 10).

Nella conversazione che ho avuto ieri col signor ministro degli affari esteri e di cui rendo conto a S.E. col mio rapporto di questa stessa data di n. 137 serie politica 1 , avendo io emesso, per incidente, la opinione che il risveglio della attuale situazione anticlericale in Italia era dovuto in gran parte al decreto ultimo del Vaticano in favore dei gesuiti S.E. mi disse aver saputo con vero piacere dal nunzio apostolico che la Santa Sede non pensava affatto a provocare il ritorno di quell'Ordine in Germania. Il signor barone di Crailsheim era stato lieto di conoscere che le speranze emesse a tal riguardo dal signor Windthorst nel congresso cattolico tenuto a Breslavia sarebbero state frustrate.

S.E. aveva del resto già precedentemente dichiarato al nunzio che in questo argomento la Baviera trovavasi in condizioni ben diverse da quella del resto della Germania, donde i gesuiti non furono espulsi che da un decreto imperiale del 1873, mentre dalla Baviera erano stati banditi sin dal principio del secolo.

Dalla condotta saggia e riservata della Santa Sede in questo argomento appare chiaro, soggiungeva il signor ministro, che i deputati del centro del Rei

chstag sono più papisti del papa e si servono della religione come pretesto alle loro ostilità implacabili contro l'Impero e Io stato di cose stabilito in Germania dopo il 1870.

161 1 T. 1759/96 in realtà del 7 ottobre. non pubblicato. 162 1 Non pubblicato.

163

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 620. Sofia, 8 ottobre 1886 (per. il 23).

Il ministro degli affari esteri mi disse testé che il signor Necludoff gli aveva tenuto discorso della candidatura del re Carlo di Romania al trono bulgaro, e dichiarato il generale Kaulbars avere ricevuto l'ordine di opporvisi e far conoscere che il futuro principe non doveva essere investito di altra qualsiasi sovranità.

Il signor Natchevitch mi fece intendere che questa candidatura non garberebbe neppure all'Austria-Ungheria.

Benché non si possa pensare adesso, come stanno le cose nella penisola balcanica, né alle candidature al trono, né ad alleanze o confederazioni di Stati, tuttavia si deve notare una grande intimità fra questo Governo ed il Regno di Romania, di cui abbiamo qui prove costanti, conseguenza dell'amicizia che esisteva fra il re Carlo e il principe Alessandro.

Mi venne assicurato confidenzialmente che tali relazioni di simpatia s'impiegano ad attutire gli attriti fra Serbia e Bulgaria per ottenere che i tre popoli del Danubio divengano sinceramente amici e possano, il caso eveniente, tener testa alle mene, così attive ora in queste regioni, dei panslavisti e russofili.

164

IL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

NOTA RISERVATA URGENTE S.N. Roma, 9 ottobre 1886 (per. stesso giorno).

Gradirei essere dall'E.V. informato se le ragioni che la indussero a domandarmi di soprassedere all'invio della nostra squadra in Levante più non sussistono, poiché in tal caso ordinerei venissero dalle nostre navi attualmente in Sicilia visitati i principali scali dell'Oriente, misura che stimo conveniente dell'istruzione dei nostri ufficiali ed equipaggi 1•

164 1 Con Nota riservata s.n. del 10 ottobre, non pubblicata, venne dato il nulla osta del Ministero degli esteri.

165

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 117. Therapia, 9 ottobre 1886 (per. il 16).

Continuano qui i commenti sull'accoglienza eccezionalmente cortese fatta dal sultano al contr'ammiraglio francese conte di Marquessac. Taluni vogliono vedere in essa una prova che tra la Francia e la Turchia è già stabilito od è prossimo a stabilirsi un accordo sulle questioni mediterranee. Io però ho buone ragioni per continuare a credere che le trattative iniziate dal conte di Montebello non solo non progrediscono, ma possono considerarsi come fallite, e che, indipendentemente da queste trattative, le cortesie usate al contr'ammiraglio francese, dopo la fredda accoglienza al duca di Edimburgo, non ebbero altro scopo che di dimostrare maggiormente all'Inghilterra il malcontento per la prolungata occupazione dell'Egitto. In appoggio a questo mio giudizio citerò un dettaglio (che ritengo esattissimo) dell'udienza privata che il sultano accordò al conte di Marquessac, il giorno stesso del di lui arrivo a Costantinopoli. L'ammiraglio, consigliato evidentemente dal conte di Montebello, avendo portato il discorso sul terreno politico, diceva a Sua Maestà che il Governo della Repubblica era desideroso di ristabilire sull'antico piede quei rapporti d'intima amicizia colla Sublime Porta, che circostanze indipendenti dalla sua volontà avevano da qualche tempo alterati, ma che sono tradizionali nella politica francese; che un'occasione propizia per restringere questi vincoli d'amicizia s'offriva nel reciproco interesse di regolare di conserva le qmstioni mediterranee; e che la Francia sarebbe lieta di poter prestare il suo appoggio alla Turchia per accelerare il termine dell'occupazione inglese in Egitto, e per garantire la Tripolitania contro le aspirazioni dell'Italia. A queste parole il sultano fece un'accoglienza assai poco lusinghiera; rispose al conte di Marquessac con una frase evasiva e tosto dopo mutò discorso.

L'ammiraglio francese trovasi tuttora a Costantinopoli. Egli sarà ricevuto domani in udienza di congedo dal sultano e poscia partirà subito per raggiungere la squadra.

166

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI

R. CONFIDENZIALE 6. Londra, 9 ottobre 1886 1 .

Ricevetti il telegramma che la S.V. si compiacque dirigermi il 62 e mi varrò delle istruzioni contenute in esso a tempo più dicevole.

Ebbi ieri la quarta conferenza con lord Iddesleigh rispetto la cessione di Zeila.

Sua Signoria prese le mosse dalla dichiarazione che non aveva ricevuto alcuna risposta da Bombay. Soggiunse che nelle gravi condizioni in cui volgeva l'Europa una cessione immediata di Zeila non sarebbe opportuna. Mi parlò della commozione che la notizia di un tale avvenimento produrrebbe in vari Stati d'Europa e sopra ogni altro in Francia dove i giornali cercavano nuovi pretesti per destare rancori nell'opinione pubblica contro l'Inghilterra.

Questo linguaggio, benché non conforme a quello che lord Iddesleigh mi aveva tenuto fin'allora, non mi riuscì inaspettato. Le cose accennate da Sua Signoria erano evidenti. Risposi che nella prima conversazione che avevo avuto con lui, rispetto la cessione di Zeila, avevo fatto notare che vi erano due modi di regolare la cessione. Uno di essi era di stringere un accordo segreto, per mezzo di uno scambio di lettere con quest'ambasciata, e d'obbligarsi alla cessione in uno spazio di tempo da stabilirsi in quelle lettere. La presa di possesso di Zeila poteva essere differita di varì mesi e sottoposta alle esigenze delle condizioni politiche. Un tal modo di procedere sarebbe forse altrettanto conveniente all'Italia quanto era all'Inghilterra, per non dare altrui sospetti di alleanze e di disegni che non erano. Né io era venuto a chiedere quel giorno cosa diversa da quella che avevo chiesto nel primo abboccamento.

Lord Iddesleigh, ch'era alquanto sopra pensiero per cagione delle faccende di Bulgaria (e forse anche per cagione di qualche telegramma da Roma non conforme ai suoi desideri), mi ringraziò di quelle parole e mi assicurò di nuovo che mi darebbe una risposta definitiva non appena riceverebbe le notizie che aveva chiesto da Bombay.

Avendo saputo che Sua Signoria aveva consultato ieri stesso sir Julian Pauncefote che ha qualche potere sull'animo di lui mi volsi a quest'ultimo (cui mi lega un'intrinsichezza di molti anni), e lo pregai di avvalorare colla sua autorità gli uffici che avevo fatti. Sir Julian mi promise di conformarsi al mio desiderio e di riparlarne quel giorno stesso con Sua Signoria. Mi disse che non iscorgeva insuperabili difficoltà alla cessione. Soggiunse che l'Egitto aveva fatto rimostranze all'Inghilterra per il pagamento del tributo alla Porta rispetto Massaua e mi fece notare che se io gli davo facoltà di dicharare a lord Iddesleigh che l'Italia era disposta a pagare, ogni anno, il tributo che concerne Zeila e Massaua, quella proposta, a parer suo, agevolerebbe i negoziati.

Risposi ch'io non aveva commissione di trattare di tributi, e mi faceva mestieri consultare la S.V. Soggiunsi oltreacciò ch'io non avrei mai proposto a ministri italiani di pagare tributi al kedivè o a qualsiasi altro sovrano. Ciò ch'io potevo proporre sarebbe di ridurre in capitale la quota del tributo che concerne Zeila e Massaua e di pagarla, in una sola volta, all'erario egiziano.

Nell'informare la S.V. di tutto ciò che precede col mio telegramma, d'ieri sera 3 , la pregai d'essermi tanto cortese da darmi particolari istruzioni sulla proposta di cui si tratta4 .

166 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 2 Cfr. n. 155.

166 3 T. confidenziale 8 (numero dell'ambasciata a Londra) dell'8 ottobre, non pubblicato. 4 Per la risposta cfr. n. 171.

167

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 763. Parigi, 9 ottobre 1886 (per. il 14).

Domandai jeri a S.E. il signor di Freycinet che cosa pensasse dei procedimenti dittatoriali del generale Kaulbars in Bulgaria, alludendo all'intimazione fatta dal medesimo al comandante della guarnigione di Roustchouk, di cui l'E.V. m'aveva informato col suo telegramma del 6 corrente. 1

Il signor ministro degli affari esteri aveva ricevuto dal suo agente in Sofia la stessa informazione ch'era stata telegrafata all'E.V. dal conte di Sonnaz 2 , ma senza la menzione che il generale Kaulbars avesse reso quel comandante personalmente responsabile «in caso di ribellione» se cioè non avesse tosto rimessi in libertà i prigioneri del colpo di Stato. Il modo d'agire del generale Kaulbars in questa ed in altre occasioni sembrava invero al signor di Freycinet, anziché quello di un agente diplomatico, quello di un luogotenente del sovrano o meglio quello che si sarebbe potuto aspettare da un commissario della Porta, come Potenza alto-sovrana. Ma egli mi disse che avea dato per ogni evento all'agente di Francia a Sofia l'istruzione precisa di tenersi nel maggior riserbo e di limitarsi ad informarlo esattamente di tutto ciò che accade finché dura la fase attuale della questione bulgara. «<gnoro difatti», aggiunse S.E., fino a qual punto la Germania e l'Austria abbiano consentito a lasciare andare la Russia, pur escludendo il suo intervento armato, ed in questo stato di cose ci conviene di rimanere in osservazione ed in un atteggiamento d'attesa, come panni convenga anche a voi. Per parte mia, quando crederò di doverne uscire, vi avvertirò.

168

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 764. Parigi, 9 ottobre 1886 (per. il 14).

Mi sono affrettato a rendere poc'anzi telegraficamente conto 1 all'E.V. d'un colloquio ch'ebbi jeri nel pomeriggio con S.E. il signor di Freycinet. Avendolo felicitato pel buon esito del suo viaggio ed in ispecie pel buon effetto prodotto dal suo discorso di Tolosa, il presidente del Consiglio mi disse ch'era principal

2 T. 1746 del 5 ottobre, non pubblicato. 168 1 T. 1779, non pubblicato.

mente a certe insinuazioni inquietanti per l'Italia ch'egli aveva pensato nella sua dichiarazione che la Francia non tendeva ad altre conquiste coloniali. Toccata questa corda, il signor di Freycinet mi parlò senza ritegno nei termini della più amichevole intenzione. Confermando ciò che in una recente conversazione il conte . di Mouy mi aveva detto, egli mi dicharò esplicitamente d'aver dato al nuovo ambasciatore presso il re d'Italia per principale missione quella di apprestare un

riavvicinamento con noi.

«Tutto c'impegna ad intenderei, egli proseguì, perocché il Mediterraneo per

volontà della natura deve appartenere alla Francia ed all'Italia. V'è posto per

entrambe. Non parlo della Spagna che non è una Grande Potenza. Ogni diverso

stato di cose non può essere che artificiale. Ora che riprenderemo le trattative per

la Convenzione di navigazione, il conte di Mouy avrà da me l'incarico di discorrere

delle questioni mediterranee ed egli ne troverà in quelle trattative un'occasione

ovvia e naturale».

Ricordai a questo proposito al mio interlocutore le benevole assicurazioni che,

a me stesso sulle intenzioni della Francia nel Mediterraneo rispetto a noi, erano

state date dal signor Ferry e come egli continuò a fare amichevoli proposte osservai,

non senza intenzione, che spuntava difatti, mercé i dissidj nostri, il pericolo di

vedere invaso il Mediterraneo da un'altra Grande Potenza di più. Il signor di

Freycinet replicò ch'egli comprendeva perfettamente quale importanza avesse per

noi, in una doppia direzione il mantenimento dello statu quo territoriale nella

penisola balcanica, lasciando intendere che la politica francese non avrebbe mestieri

d'oppugnare colà i nosti interessi.

«Se potessi vedere il conte di Robilant, non esiterei a discorrergli apertamente;

ma ad ogni modo, io sono pronto a fargli entrature: lo è egli ad ascoltarle?».

Risposi francamente a S.E. che pur troppo in quistioni di lunga portata come

quella del Mediterraneo una grande difficoltà ad impegnare l'avvenire poteva essere

ravvisata nelle frequenti e repentine fluttuazioni parlamentari che troppo sovente

compromettono qui la stabilità della direzione politica.

«Comprendo, replicò il signor di Freycinet, che ciò entri in linea di conto: ma

per buona ventura l'instabilità di cui soffriamo nella direzione di molte interne

faccende non è la stessa nella politica estera su cui l'intesa si fa e si mantiene più

facilmente nelle Camere e nel Paese. Qualsiasi Governo rispetterà sempre da noi

accordi fondati sull'interesse permanente dello Stato».

E dopo altre osservazioni su questo tema: «Ed è ad un'alleanza tra la Francia

e l'Italia, diss'egli, che bisogna tendere e che bisognerebbe giungere. Quando anche

ciò non si possa, il voto è conforme alla reciproca condizione dei due Paesi, né io

oserei disperare che un giorno vi si arriverà. Non voglio esaminare se per la Francia

sia stato un bene l'unificazione dell'Italia; ma è ben certo che ora niuno qui ha in

mente di attentare alla unità italiana; anzi la Francia è il paese che meglio copre il

confine italiano; ognuno ammette che all'Italia va fatta la sua parte nel Mediter

raneo: bisogna dunque diffidare di tutto ciò che tende a seminare tra noi la discor

dia e bisogna porvi riparo con franche spiegazioni».

Non fa d'uopo ch'io faccia osservare che il colloquio trascinò il signor di

Freycinet fino a così avanzate dichiarazioni per la forma privata e confidenziale in cui ebbe luogo: nondimeno esso riflette sinceramente, non ne dubito, la tendenza del presidente del Consiglio. E, quand'anche non fosse in lui pari al desiderio la fede di paterne venire con noi a più estesi accordi, è chiaro che egli anzitutto, come altrove, così anche presso il Governo italiano, mira a prepararsi il terreno, per la campagna che ha in animo di fare contro l'indefinita occupazione degli inglesi in Egitto, questione questa che sopra ogni altra lo preoccupa.

Non nascondo a V.E. che profittando delle amichevoli disposizioni del signor di Freycinet io era tentato di dirgli che certo le assicurazioni del suo discorso di Tolosa, per quanto mirassero a Tripoli, dovevano esserci gradite ma che invece non ci sentiremmo meno osteggiati dalla Francia se sapessimo che là dov'essa non va, come andò a Tunisi, cospira con altri per sbarrarci il passo anche pria che da noi s'accenni a volerlo forzare. Sarei così entrato nel campo di quelle «franche spiegazioni» che il ministro invocava, ed avrei forse potuto spingerlo a qualche parola sulle proposte fatte dalla Francia alla Sublime Porta, mostrandogli come ci stia a cuore di non accogliere senza diffidenza voci corse che potevano essere insinuazioi calcolate. Ma me ne astenni, perché non mi parve di dover fare un così delicato scandaglio senza una istruzione espressa dell'E.V. e perché l'opportunità di tentarlo sarà maggiore quando il conte di Mouy le farà qualche entratura più precisa.

167 1 T. 818, non pubblicato.

169

L'INCARICATO D'AFFARI DI RUSSIA A ROMA, MEYENDORFF, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. CONFIDENZIALE. Roma, 9 ottobre 1886 (per. il 10).

Je me fais un devoir de communiquer à V.E. la teneur d'une dépéche télégraphique adressée par M. de Giers à M. de Staal, ambassadeur à Londres, après que le Gouvernement britannique eut fait connaìtre à Saint-Pétersbourg son opinion sur l'appel du ministre des affaires étrangères de Bulgarie aux Puissances signataires du Traité de Berlin.

Le télégramme de M. de Giers doit étre du 21 septembre (3 octobre).

«Le Cabinet impérial comprend le désir des Puissances d'assister de leurs conseils le Gouvernement de fait en Bulgarie dans la crise actuelle. La Russie qui a créé ce Pays a particulièrement le devoir moral de ne pas le laisser tomber dans l'anarchie; c'est dans ce but que le général Kaulbars y a été envoyé par ordre de l'empereur. Sa mission est essentiellement conciliante et pacifique. Il a exhorté les populations à rester tranquilles et à ne pas rendre difficile le maintien de l'ordre. Les conseils qu'il a donnés au Gouvernement de fait ont eu le méme objet. Des élections accomplies sous l'état de siège, entre les mains d'un parti détenant le pouvoir au milieu des passions qui divisent le Pays, ne pourraient qu'y provoquer des luttes intestines, sans offrir des garanties pour la représentation sincère des voeux de la majorité. De méme le jugement des auteurs du mouvement contre le prince, sans les garanties nécessaires de calme et d'impartialité, aurait le caractère d'un acte de violente (lacune) 1•

C'est pourquoi l'ajournement de ces mesures nous semble indispensable pour donner la possibilité aux passions de se calmer et à la population de procéder avec maturité au choix des députés. L'objection du Gouvernement de fait que ce serait contraire à la constitution n'est pas admissible. Toute le situation actuelle du Pays et le Gouvernement lui-meme sont en dehors de l'état légal. C'est un état de fièvre qu'il faut calmer avant de procéder à l'établissement d'une situation normale. Nous n'avons pas d'autre but; nous le croyons juste et dans l'intéret général. L'action des autres Puissances peut concourir à nos efforts d'apaisement si les violences d'un parti ne trouvent pas dans leur attitude tolérance ou encouragement».

M. de Giers termine en disant que le concours des autres Puissances peut utilement appuyer nos efforts et invite l'ambassadeur de Russie à Londres à conformer son langage à cette dépeche.

170

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1793. Parigi, l0 ottobre 1886, ore l0 (per. ore 19,30).

M. Freycinet à qui dans mon dernier entretien j'ai touché un mot des rapports actuels entre la Grande Bretagne et l'Autriche-Hongrie, croit que la première de ces deux Puissances cherche à pousser l'autre en avant, mais que celle-ci résiste, sachant parfaitement que, si la guerre s'engageait, elle aurait tout le choc des forces russes à supporter tandis que les anglais resteraient sur leurs navires. C'est bien là l'impression que j'ai moi-meme, d'après mes conversations, surtout avec l'ambassadeur d'Allemagne et le ministre d'Angleterre. Il me parait difficile d'admettre qu'en un pareil moment un homme de la trempe de lord R. Churchill aille à Berlin et à Vienne sans le moindre but politique, meme en croyant que lord Iddesleigh ne lui ait pas confié de mission officielle, ce qu'il ne s'empresserait probablement pas de divulguer. La situation de lord Churchill et son tempérament lui en confient une: celle de mieux reconnaìtre le terrain. Quant à l'analogie des programmes tracés, dans leurs discours, par M. Tisza et lord Churchill, il parait évident que le voeu de l'Angleterre d'assurer dans les Balkans l'indépendance des petits Etats, est très sincère, tandis que l'Autriche-Hongrie y poursuit en réalité un autre dessein et ne favorisera ostensiblement cette indépendance qu'aussi longtemps qu'elle n'aura pas de meilleures armes contre !es empiètements de la Russie ou qu'elle ne pourra se faire sa part. J'ajoute qu'ici personne ne doute du but politique de la promenade du chancelier de l'échiquier.

169 1 Sic.

171

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

T. CONFIDENZIALE S.N. 1 Roma, 10 ottobre 1886, ore 16,15.

Déchiffrez vous mème. Nous nous rendons parfaitement compte de la répugnance que l' Angleterre prouve en ce moment à augmenter, par la cession de Zeila, le frottement qui existe entre elle et la France. Sans montrer cependant de l'impatience, ce qui pourrait tout gàter pour toujours, et sans prétendre pour l'avenir des engagements positifs que lord Iddesleigh ne serait peut-ètre pas à mème de prendre, vous avez bien fait de tàcher de laisser une pierre d'attente qui pourra servir à des négociations ulterieures. Par conséquent n'insistez pas pour une prompte réponse définitive et faites comprendre que nous apprécions !es difficultés qui nécessitent mùre reflexion de la part de la Grande-Bretagne. Quant à la questi o n du tribut nous la considérons en elle-mème comme secondaire et si l' Angleterre en nous cédant Zeila exprimait le désir de la voir résolue, nous ne trouverions pas grandes difficultés à satisfaire à ce désir, en présentant une loi au Parlement. Cependant ce n'est pas à l'Egypte que nous serions disposés à payer le capitai du tribut, mais à la Turquie, qui à son tour délivrerait l'Egypte des obligations contractées avec la Sublime Porte à propos de Zeila et Massaua. L'arrangement direct avec la Turquie présenterait pour nous l'avantage de faciliter de beaucoup la resolution de toutes !es questions concernant la souveraineté de nos possessions en Afrique. Quant au major Hunter, il était il y a quelque temps très favorable à la cession de Zeila à l'Italie: à ce qu'il me revient, il le serait moins maintenant. M. Baring au contraire le serait toujours.

172

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE

T. CONFIDENZIALE 633. Roma, 10 ottobre 1886, ore 16,30.

Chargé d'affaires d'Autriche est venu me donner lecture, d'ordre du comte Kalnoky, d'un télégramme par lequel celui-ci nous fait connaìtre la réponse faite à l'invitation que l'Angleterre lui a adressé de procéder d'accord avec elle dans la question bulgare. S.E. a répondu qu'il ne croit pas convenable de donner suite à cette invitation qui aurait pour première conséquence de produire une dangereuse

division entre les Puissances à Sophia. Il verrait d'autre part un inconvénient à isoler la France, et il ne peut pas non plus se dissimuler qu'il serait très imprudent d'exposer l'Allemagne à devoir choisir entre l' Autriche et la Russie, et que, par conséquent, il devait se borner à donner pour instructions à l'agent d'Autriche-Hongrie à Sophia de faire un accueil amicai aux ouvertures que son collègue d'Angleterre croirait devoir lui faire.

171 1 Risponde al n. 166.

173

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 765. Parigi, 10 ottobre 1886 (per. il 14).

Nel telegramma confidenziale del 7 corrente 1 l'E.V. mi raccomandava di segnalarle ogni fatto che venisse a mia notizia circa i presenti rapporti tra l'Inghilterra e l'Austria che la prima di queste Potenze amava a far credere intimi.

Ieri l'altro, al mio colloquio col signor de Freycinet, io dissi passando una parola degl'interessi che in questo momento sembravano dover mettere quelle due Potenze l'una affianco dell'altra.

Il signor di Freycinet notò che difatti l'lnghiltera si studiava a spingere innanzi l'Austria, ma che questa resisteva sapendo troppo bene «che in caso di guerra essa dovrebbe sopportare sola tutto l'urto delle forze russe, mentre gl'inglesi resterebbero sulle loro navi».

La mia propria opinione, avvalorata dalle conversazioni che negli ultimi tempi ebbi con l'ambasciatore di Germania e col ministro d'Inghilterra non è diversa. Né mi pare ammissibile che il viaggio di lord Randolph Churchill a Berlino ed a Vienna nel presente momento, non abbia alcuno scopo politico. Quand'anche voglia prestarsi fede alla categorica dichiarazione fatta da lord Iddesleigh al r. incaricato d'affari non essere stata da lui affidata a lord R. Churchill nessuna missione, è lecito di presumere, che la situazione stessa e la nota tempra del cancelliere dello scacchiere non gli permettano di visitare le capitali della Germania e dell'Austria senza niun profitto politico, fosse pure soltanto quello di riconoscere il terreno.

L'analogia dei programmi tracciati nei loro discorsi dal signor Tisza e da lord

R. Churchill sembra anzi giustificare un tentativo d'azione concertata, quantunque la tendenza dell'Inghilterra ad assicurare nella penisola dei Balcani l'indipendenza dei piccoli Stati sia conforme al manifesto suo interesse e sincera, mentre l'Austria in fatto ha e non può non avere altre mire, né si farebbe il campione di quell'indipendenza contro la Russia, senonché nel caso in cui non potesse meglio provvedere al proprio interesse.

173 1 Cfr. n. 157.

174

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÉ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 680. Massaua, 10 ottobre 1886 (per. il 30).

A maggior schiarimento di quanto leggesi nel sunto dei fatti di pubblico interesse sotto la data del 4 corrente ho l'onore di riferire quanto segue. Per intercessione del nostro agente consolare in Suez presero imbarco sul

«S. Gottardo» quattro monaci abissini provenienti da Gerusalemme e diretti al negus.

Il capo di essi, un buon vecchio, certo Abba Ualda Mikael, che da venti anni risiede a Gerusalemme, aveva una lettera per me del superiore Abba Ualda Samaut, del quale fu oggetto nei miei rapporti 21 maggio n. 438 1 e 12 agosto

n. 578 2 •

In essa Abba Samaut mi raccomanda i viaggiatori e rinnova dichiarazioni di riconoscenza per quanto feci per lui e per altri suoi raccomandati, e soggiunge che di tutto informa il re, perché «il mio desiderio che è pure il vostro è che l'amicizia principiata fra l'Italia e l'Abissinia sia forte e grande. Che Dio effettui il nostro desiderio. Amen!».

Che i preti di passaggio in Massaua abbiano poi riferito al negus il trattamento che vi hanno ricevuto, è vero; perché giunse anche notizia da altra e buona fonte che quei trattamenti molto sorpresero il negus, per le convinzioni di sentimenti ostili all'Abissinia, che di malevoli gli avevano destato a nostro riguardo.

Il buon Abba Ualda Mikael mi si dimostrò molto contento e riconoscente per le agevolazioni e cortesie ricevute da noi, e mi disse che non lo sorprendevano, perché note a tutte il suo convento.

Egli mi riferì che la costruzione della chiesa in Gerusalemme progredisce; ma che avvi bisogno di denaro, e che si è appunto per rappresentare questo bisogno al negus, che ora essa va da lui.

Probabilmente il negus, come ha già fatto altre volte, metterà ora in moto una dozzina di persone per mandare a Gerusalemme duemila talleri al più, somma che, viste le raccomandazioni che fanno tanto lui quanto ras Alula, deve apparirgli ben grande.

Mikael, che per soggiornare da venti anni in Gerusalemme, sa che negli stati civili somme grandi e lettere viaggiano senza bisogno di porre in moto persone apposite, espresse dispiacere che in Abissinia ciò sia affatto impraticabile 3 .

2 Non pubblicato.

3 Per la risposta cfr. n. 240.

174 1 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

175

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. PERSONALE S.N. 1 Roma, 11 ottobre 1886.

Ho preso conoscenza con particolare attenzione dell'importante suo rapporto della presente serie s.n. in data Il scorso mese 2 che mi fu consegnato in Torino dall'addetto alla r. ambasciata in Parigi marchese De Gregorio a cui il commendatore Ressman ebbe ad affidarlo.

Non ho d'uopo di dirle che le proposte del Governo spagnuolo di cui ella fu pregato di rendersi interprete presso di me furono da me prese in massima considerazione. La comunanza d'interessi in parecchie questioni dell'Italia e della Spagna; il vivo desiderio da cui i nostri due Paesi sono dominati di veder conservata la pace generale; la naturale solidarietà monarchica dei due Stati; nonché l'affinità di razza dei due popoli, sono alte considerazioni che non possono a meno di farci condividere col Gabinetto di Madrid il desiderio di dare una più marcata impronta d'amicizia alle nostre relazioni d'ogni natura, ad assiderle anzi su stabile e sicura base.

Si è, animato da questi sentimenti, che ho esaminato col miglior buon volere non disgiunto da quella pacatezza indispensabile a condurre a risoluzioni veramente pratiche le proposte avanzateci per di lei mezzo da S.E. il signor Moret.

Conseguenza di tale mio studio sono le risposte ai quesiti fattimi che nell'unito annesso le trascrivo in lingua francese perché a sua volta possa dettarle al ministro di Stato tenendo così lo stesso sistema da lui praticato.

In attesa ch'ella mi faccia poi conoscere l'impressione prodotta sul signor Moret da tale comunicazione\ le sarei grato se mi vorrà immediatamente segnar ricevuta telegraficamente, da dove si troverà, del presente dispaccio 4•

ALLEGAT0 5

Ad I -Si l'Espagne venait à ètre invitée de quelque part et dans quelque forme que ce soit à se joindre formellement à l'entente, à laquelle l'Italie s'est associée, pour la conservation de la paix, nous ne pourrions pour notre compte, qu'ètre charmés de son accession.

Ad II -Dans le cas que cette accession se vérifiait, le Gouvernement italien est tout disposé à resserrer encore davantages les liens de tout genre qui heureusement déjà unissent l'Italie à l'Espagne et éventuellement à proceder aux accords speciaux dont la néces

175 1 Minuta autografa. 2 Cfr. n. 98.

Cfr. n. 232. ~ T. 1875, non pubblicato. ' Ed. in CuRATO, La questione marocchina cit., p. 273.

sité pourrait se faire sentir, bien entendu toujours dans l'esprit de l'entente générale pour la conservation de la paix.

Ad III -Quant aux points sur lesquels l'entente en question pourrait se faire, si le cas prevu ad I venait à se vérifier, il est évident que par sa nature meme le but de l'entente serait avant tout d'assurer une nouvelle garantie à la conservation de la paix générale. C'est là la réponse tout indiquée au n. l. Pour ce qui est de la proposition visée au n. 2, c'est à dire «defense commune contre toute agression avec ou sans garantie de territoire», nous ne serions pas eloignés de chercher en commun !es termes d'une entente autant que possible pratique, tenu compte de toutes les circonstances spéciales qui, on ne peut à moins de le constater, n'en rendraient pas l'application aisée.

Finalement, quant à la proposition n. 3: «solidarité entre les intérets spéciaux de I'Espagne et de I'Italie en Afrique» il ne faut pas se dissimuler que !es circonstances géographiques et autres font que cette solidarité ne saurait etre absolue. Toute entente spéciale à cet effet devrait donc etre réservée à des négociations ultérieures, qui pourraient etre entamées sur la proposition de l'un ou de l'autre Etat quand !es événements en démontreraient l'opportunité pratique, la convenance pour !es deux Etats.

176

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4280. Berlino, 11 ottobre 1886 (per. il 15).

Je demandais aujourd'hui au conseiller intime de légation, M. Krauel, spécialement chargé des questions coloniales, s'il pouvait me fournir quelques indications sur les travaux de la Commission anglo-franco-allemande pour vérifier l'étendue des possessions du sultan de Zanzibar. Il m'a été répondu que ces travaux étaient achevés. Il a été reconnu, à l'unanimité, que sa domination existait sur la cote orientale d'Afrique sur différents points à partir de Makdischu (Mogadoxa) au nord, jusqu'au Cap Delgado au sud, mais sans continuité de territoire. Quant à l'embouchure et au bassin du Giuba, la Commission a entendu plusiers témoins assurant que tout le pays des somalis relevait du Sultanat. Le commissaire allemand n'ajoutait pas foi à ces temoignages, et meme il ne se rangeait pas à l'avis de ses collègues d'établir à 40 mille maritimes à l'intérieur, depuis l'embouchure du Giuba, la limite du Zanzibar, dans cette direction. Il faudrait pour cela une occupation effective qui n'est aucunement démontrée. Du reste le sultan, dont les rapports avec l' Allemagne laissent à désirer en ce moment, va beaucoup plus loin dans ses prétentions. Il revendique entre autres, un territoire s'étendant jusqu'au lac Tanganyka. Le travail de la Commission est maintenant soumis aux trois Gouvernements respectifs qui échangent leurs vues à cet égard, ce qui prendra bien du temps, de meme que !es pourparlers entre le Cabinet impérial et la Société Allemande de l' Afrique orientale. V.E. saura sans doute que la France et l' Angleterre avaient demandé à l' Allemagne d'adhérer à la déclaration en date de 1862, par laquelle les Cabinets de Paris et de Londres s'étaient réciproquement engagés à respecter la souveraineté du sultan de Zanzibar. Le Cabinet de Berlin fit observer qu'il ne pouvait se prononcer avant de se rendre un compte exact sur la véritable délimitation du Sultanat. Te! a été le motif de la réunion de la Commission susmentionnée.

J'ai rémercié M. Krauel de ces détails. J'avais provoqué cet entretien pour me ménager un joint, afin de m'expliquer incidemment en conformité de la dépèche de V.E. du 31 aoùt n. 22811, parvenue durant mon séjour à Hombourg. Je faisais allusion à nos conversations antérieures pour faire comprendre qu'elles étaient toujours présentes à notre esprit et que, «en suite des études actuellement en cours, il est possible que quelque société privée en Italie se dispose à faire acte d'occupation sur le parcours des còtes, indiqué de Berlin comme étant susceptible d'ètre placé sous le protectorat italien».

M. Krauel en a pris note en se réservant d'en référer à qui de droit.

177

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 627. Sofia, 11 ottobre 1886 (per. il 22).

Oggi il ministro degli affari esteri si recò da me e da tutti i rappresentanti delle Grandi Potenze, salvo la Russia, per fare in via confidenziale e da parte del Governo della reggenza la comunicazione seguente: «Il Governo di Sofia esprime il vivo desiderio che gli alti Governi delle Grandi Potenze si degnino prendere a cuore gli interessi della Bulgaria, intendendosi all'uopo fra loro per giungere al più presto possibile ad una soluzione definitiva della crisi attuale, e porre un termine al presente interregno; poiché se l'incertezza della situazione politica dovesse prolungarsi, essa produrrebbe quasi inevitabilmente dei gravi disordini nel Paese, a causa specialmente del lavoro segreto e degli intrighi dei consoli russi. Questa comunicazione viene fatta verbalmente ai rappresentanti delle Potenze signatarie il Trattato di Berlino per non ledere le suscettibilità del Governo imperiale di Russia».

Mi sono limitato a rispondere al signor Natchevich che avrei fatto pervenire a V.E. la sua comunicazione.

Il signor Lascelles disse al ministro degli affari esteri che raccomanderebbe a Londra i desideri del Governo bulgaro. Poco dopo, però, lo stesso agente diplomatico dell'Inghilterra nel ripetermi la cosa mi accennò che egli non credeva che la presente comunicazione della Reggenza incontrerebbe favorevole ascolto pressi i varii Gabinetti.

Confermo così il mio telegramma di oggi 1 .

e al Benadir ( 1884-1891 ), a cura di C. Giglio, Roma, Poligrafìco dello Stato, pp. 58-59. 177 1 T. 1802, non pubblicato.

176 1 Cfr. L'Italia in Africa, serie storica, vol. II, Oceano Indiano, tomo Il, Documenti relativi a Zanzibar

178

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE S.N. 1 Vienna, 12 ottobre 1886.

Kalnoky ne m'a rien dit jusqu'ici au sujet de l'alliance. Par conséquent j'ai continué dans la meme réserve.

179

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. S.N. Roma, 12 ottobre 1886.

L'E.V. non ignora che da parecchio tempo i diversi governi che si sono succeduti in !spagna hanno di tanto in tanto mostrato desiderio di legarsi, in un modo qualsiasi, alle maggiori Potenze d'Europa. Non è qui opportuno esaminare quali fossero i motivi di simili velleità: vi contribuiva forse in gran parte il pensiero di soddisfare alla spiegabile vanità del Paese di vedersi in compagnia di Grandi Potenze; la volontà di dare alla Spagna ed al suo governo più fermo e stabile assetto; e finalmente il desiderio di tutelarsi contro i pericoli sempre rinascenti di veder sottoposto il Marocco al predominio di altra potenza contrariamente agli interessi della Spagna ed alle tradizioni della sua diplomazia.

Le aspirazioni peraltro dei Governi spagnuoli, benché espresso e o accennate sotto diverse forme, non erano finora scese veramente in un campo concreto. Il barone Blanc or è circa un mese, chiamato a lunga conferenza dal signor Moret, fu da questo ministro di Stato formalmente interrogato se noi avremmo presa in benevola considerazione una sua proposta, già approvata dalla regina reggente, per l'accessione della Spagna all'accordo dell'Italia con i due Imperi del centro, e inoltre per un patto più stretto con noi per gli affari che riguardassero il Mediterraneo. Il nostro ministro chiese che il signor Moret formolasse i suoi desideri, ed egli lo fece, riducendoli a forma di domanda, in un documento che dettò al barone Blanc (v. annesso I) 1• Siccome il più profondo segreto era richiesto, il nostro ministro a Madrid non poté subito spedire il suo rapporto nel quale rendeva conto di tutto ciò, avendo voluto, per farlo, attendere sicura occasione.

Qualche giorno dopo dell'arrivo in Italia di quel documento, che mi fu rimesso a Torino, durante la mia assenza dalla capitale, il conte d'Arco comunicava al

partenza e di arrivo. 179 1 Cfr. n. 98.

segretario generale in Roma il contenuto di un dispaccio del principe di Bismarck nel quale questi ci faceva conoscere che, se noi avessimo creduto aderire in qualche maniera ai desideri della Spagna, egli ne sarebbe stato lieto, e ad ogni modo pregava di non respingere le proposte spagnuole così che l'amor proprio di quel Governo ne potesse essere leso. Il conte d'Arco aggiungeva che in passato il principe di Bismarck non aveva preso in serio esame qualche proposta, per verità ancora vaga, che gli era venuta dalla Spagna per accordi o alleanze; ma che, tutto ben considerato, ora stimava meglio che non si respingesse assolutamente proposizioni simili, perché una ferita all'orgoglio nazionale non avesse gettato quel Paese fra le braccia della Francia.

Non era certo nelle mie intenzioni, come non è nelle mie abitudini, di dare a proposta cortese risposta sdegnosa; ma la comunicazione fattaci fare dal principe di Bismarck, le savie e pratiche osservazioni da lui svolte, nonché il desiderio di fargli cosa gradita, ha reso certo più benevolo ed amabile il tuono della mia replica alle domande spagnuole; e di questa replica ho l'onore di inviare copia a V.E. (annesso II) 2 .

Come ella vedrà, quanto alla adesione della Spagna alle intelligenze passate fra l'Italia e gli Imperi del centro, noi non potremmo non farle buon viso, se alcuno la proponesse: in ciò non vedremmo altro che vantaggi. Quel che riguarda l'accordo per gli affari del Mediterraneo è cosa più scabrosa. Costituire una vera e propria alleanza nello stato attuale delle forze di terra e di mare della Spagna, con la differenza d'interessi fra i due Paesi, e con la irritazione che questi patti potrebbero produrre in nazioni molto potenti, specialmente per mare, creerebbe per noi, principalmente, e forse anche per la Spagna, pericoli gravi. Non potrei quindi entrare in quest'ordine di idee; ma nella mia risposta ho voluto lasciare il campo aperto a futuri negoziati per questioni speciali che potessero sorgere, e quando queste sorgessero.

Ella vorrà, signor conte, dare notizia confidenziale al segretario di Stato dei due documenti annessi, ed anche di !asciargliene copia, se lo desiderasse per notizia personale del cancelliere. Essi costituiscono tutta la parte ufficiale delle trattative finora passate fra la Spagna e noi.

178 1 I telegrammi s.n. relativi ai negoziati riservati sono spesso privi dell'indicazione delle ore di

180

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 118. Therapia, 12 ottobre 1886 (per. il 20).

Col dispaccio n. 99 del 15 settembre scorso 1 V.E. mi trasmetteva copia d'un rapporto del r. ministro in Parigi relativo ad un colloquio avuto col nuovo ambasciatore di Francia a Berlino, ed ella scorgendo nelle enunciazioni del signor Her

bette l'indizio di una evoluzione della politica francese, mi prescriveva di raccogliere e di riferirle quanto, a tale riguardo, potesse giungere a mia notizia.

Se l'evoluzione alla quale allude V.E. significa riavvicinamento della Francia alla Germania, nulla nell'atteggiamento e nel linguaggio di quest'ambasciatore della Repubblica mi autorizza a crederla prossima.

Nelle trattative qui iniziate per regolare le questioni mediterranee, il conte di Montebello non si è limitato a proporre misure in odio all'Italia ed all'Inghilterra, ma si è pur fatto uno speciale studio, e se lo fa ancora al dì d'oggi, d'insinuare nell'animo del sultano continui sospetti sul conto della Germania. Egli cominciò col fare allusione ad un'eventuale offerta della Tripolitania alla Francia; più tardi propose l'inserzione, nel trattato segreto, di un articolo che escludesse l'ingerenza della Germania nella trattazione delle questioni mediterranee; ultimamente, per bocca del conte di Marquessac, fece rilevare al sultano quanto fosse deplorevole che l'influenza amichevole della Francia sulla Sublime Porta sia oggidì proposta a quella di un'altra Potenza. Tutto ciò non mi sembra di natura a provare il proposito della Francia di riaccostarsi alla Germania, né a ben disporre la Germania ad un eventuale riavvicinamento della Francia. Siffatto mio giudizio non è, naturalmente, basato che sulle circostanze a me note e sui fatti che trovano qui il loro svolgimento.

È innegabile che un mutamento si prepara nell'indirizzo della politica francese, ma, a mio avviso, quest'evoluzione si svilupperà sul terreno orientale. La Francia mira a riconquistare la perduta posizione in Levante. Un primo indizio di ciò lo si ebbe nell'azione diplomatica esercitata nel maggio scorso in favore della Grecia; lo dimostrano ancor più le trattative iniziate colla Porta per le questioni di Tripoli e di Egitto. Combattere la preponderanza inglese nel Mediterraneo per sostituirvi la propria, tale è oggidì, a mio credere, l'obiettivo della Francia. In questo suo progetto essa è non solo incoraggiata od influenzata dalla Russia, i cui interessi la portano a creare imbarazzi all'Inghilterra, ma è forse secondata anche dalla Germania, che trova il suo tornaconto a mantener viva la discordia tra l'Inghilterra e la Francia.

179 2 Cfr. n. 176. 180 1 Cfr. n. 104.

181

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1260/294. Londra, 12 ottobre 1886 (per. il 16).

Ebbi ieri un colloquio con lord Iddesleigh di cui ebbi l'onore di dar ragguaglio all'E.V. col telegrafo 1 . Sua Signora mi disse che la condizione delle cose diveniva di più in più grave in Bulgaria. I consoli russi non celavano più i loro maneggi ma apertamente, a vista

181 di tutti, eccitavano il popolo alla sommossa. Secondo lord Iddesleigh la Russia bramava una ribellione per avere un pretesto di occupare la provincia.

Soggiunse che, pochi istanti prima, aveva chiesto a Rustem Pascià d'indurre la Turchia a rivolgersi alle Potenze, nella sua qualità di Potenza sovrana della Bulgaria, e d'invitarle a pigliare i provvedimenti necessarii per mantenere l'ordine a guarentire ai bulgari la libertà delle elezioni, in conformità del Trattato di Berlino. L'ambasciatore di Turchia aveva manifestato il timore che l'invito della Porta non sarebbe bene accolto dalle Potenze; ma lord Iddesleigh l'aveva assicurato che il contrario seguirebbe. Ho fatto ciò che ho potuto, (mi disse confidenzialmente Sua Signoria), per farlo accorgere della gravità delle cose; però io dubito che la Porta segua il mio consiglio «nonostante l'evidente pericolo che produrrebe per essa un'occupazione russa della Bulgaria». Lord Iddesleigh conchiuse facendomi notare che l'Inghilterra non era in grado di farsi iniziatrice della pratica che egli aveva consigliato alla Turchia per non destare «le gelosie» della Russia e che nessun'altra Potenza vorrebbe pigliar mosse.

Sua Signoria era molto impensierita ieri, temendo gravi difficoltà; ma ogni sua parola dimostrava pur sempre la tenacia dei suoi propositi.

181 1 T. 1803/104, non pubblicato.

182

IL CONTE ANTONELLI AL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, DE SIMONE 1

L. Entotto, 12 ottobre 1886.

Mi pregio informare la S.V. Illustrissima che la corrispondenza da Assab il 3 e 9 luglio p.p. giunse in Antoto il 22 e 25 settembre dell'andante anno.

Fui molto sorpreso nell'apprendere che in Assab ed altrove si facevano correre voci poco rassicuranti sulla mia sorte. La S.V. avrà potuto avere la spiegazione del mio troppo prolungato soggiorno in questo Regno dal mio lungo rapporto al R. Ministero degli affari esteri colla data 10 maggio 1886 ed alla S.V. comunicato 2 .

In quanto poi concerne la mancanza di notizie ciò pure credo averlo già chiarito con la mia lettera diretta alla S.V. da Dingai Mesghià il 27 luglio dello stesso anno.

Sono oltremodo riconoscente a quanto la S.V. Illustrissima ha avuto la gentilezza di fare per me sia nell'inviare mie notizie alla mia famiglia sia per la continuità di corrieri speditemi nonché per la sorprendente regolarità e relativa sollecitudine con la quale la S.V. ha saputo farmi ricapitare i miei effetti di vestiario dei quali risentivo proprio estrema necessità.

Questi fatti oltre essere una luminosa prova dell'alto sentire e della nobiltà d'animo della S.V. Illustrissima confermano sempre più un fatto che io forse più degli altri sono al caso di osservare, ed è la frequenza e regolarità di comunicazioni fra Assab e lo Scioa dalla S.V. stabilite e rese più facili e sicure. Gli altri europei qui residenti non possono dire altrettanto con le loro comunicazioni con Obock da dove non giungono mai corrieri, mentre noi italiani se non è un mese è l'altro che riceviamo regolarmente le nostre lettere con una data da Assab di due mesi e mezzo a tre mesi circa.

Ai tempi della spedizione geografica italiana capitanata dall'indimenticabile marchese Orazio Antinori restammo una volta per ben 15 lunghi mesi privi di lettere e di notizie dall'Italia e dalla costa: a quei tempi nessuno osò fare lamentazioni ed osservazioni di sorta anzi il giorno che arrivò il corriere fu una festa per tutti. Per chi da nove anni viaggia in questi Paesi è al caso di fare molti confronti e da questi si viene alla conclusione che il progresso, sebbene sembra lentissimo, ha fatto in questi pochi anni passi importanti e che moltissimi sono i vantaggi che oggi si risentono dalla nostra occupazione di Assab e dall'opera solerte ed infaticabile del nostro r. commissario civile e militare.

Tutti ricordiamo con quante perdite e con quante angherie avanzò da Zeila allo Scioa la spedizione geografica dell'Antinori nel 1876 e le altre di soccorso del Martini negli anni 1877 e 1879. Quasi tutte le carovane oltre aver pagato i cammelli quaranta e più talleri furono svaligiate per via dei capi somali e dankali ed i viaggiatori nel mettere il piede sul suolo scioano potevano dire di avere finalmente dato fine a molti mesi di angoscie e di agonia.

Sulla via da Assab allo Scioa malgrado le difficoltà sempre maggiori che sono inerenti ad una nuova strada, fortunatamente non abbiamo a lamentare perdite considerevoli di bagaglio o di tributi che i capi dankali abbiano domandato ai nostri viaggiatori. C'è il fatto deplorevole delle esigenze dell' Anfari verso i signori Dulio Capucci e Cicognani, ma tutto si ridusse ad un solo capo e non già come accadeva sulla via di Zeila dove soddisfatte le esigenze di un capo bisognava soddisfare quelle di tutti gli altri capi (e non erano pochi) che si aveva la disgrazia di trovare lungo il tragitto. A metà strada poi si doveva passare da territorio issa somali a quello dei danakil, adoimarà, se, come accadeva spessissimo fra gli issa somali e dankali vi era la guerra bisognava cambiare tutto il personale indigeno dei caricatori e dei cammellieri ed affittare a prezzi esorbitanti altri cammelli e pagare altri cammellieri ed a ciò si riusciva dopo molti giorni di dispute e dopo aver subito parecchie angherie e prepotenze. È facile immaginare quante perdite di tempo e di denaro e di bagaglio si dovevano verificare in uno stato di cose tanto poco rassicurante e per un tratto di strada lungo più di cinquecento chilometri dove tutti si proclamavano sovrani e capi senza che nessuno, in caso di disgrazie, fosse chiamato ad essere responsabile. Nella via di Assab ciò non può accadere, perché avendo noi dei trattati con l'Anfari e con il re di Scioa in caso di disgrazie sapremmo sempre chi dovrebbe rispondere di un misfatto, di un rubamento importante ed è questa già una garanzia per noi ed un gran freno per i malintenzionati.

Nel fatto però dei signori Dulio e compagni nulla è ben chiarito ma sembra che chi montò la testa dell'Anfari e lo istigò a pretendere molto danaro fu precisamente il loro interprete, certo Nurie, uomo oltremodo ladro e disonesto.

Merita pure considerazione che il carico di merci trasportato in questi ultimi tre anni da Assab allo Scioa, supera per tre volte la somma di quello trasportato da Obock da Sagallo e da Zeila.

Quello che ha arrestato non poco Io sviluppo commerciale della nostra modesta colonia di Assab fu certamente la occupazione militare la quale fatta intempestivamente prese, per queste popolazioni, tutte le apparenze di una guerra.

Infatti mentre l'Etiopia tutta si era rallegrata per i disastri egiziani ed attendeva con ansia e sicurezza la notizia del ritiro di tutte le guarnigioni militari che si trovavano sulla costa occidentale del Mar Rosso arrivò presso l'imperatore Giovanni la missione inglese Hewett la quale sul principio portò un po' di sgomento perché si credé da molti che fosse mandata per creare pretesti per avere una guerra. Dopo però la firma del trattato anglo-egiziano e le assicurazioni che l'inviato abissino ebbe a Londra, gli animi si tranquillizzarono anzi si ritenne come cosa positiva e già conclusa che l'imperatore sarebbe stato il possessore di Massaua e che finalmente questo antico progetto si era realizzato.

In questo stato di cose dove tutto faceva supporre pace e tranquillità arrivò improvvisa la notizia dello sbarco di numerose truppe italiane a Massaua con un forte materiale da guerra, come fino allora non se ne era mai veduto in quel porto. Nessuno era al caso di conoscere la ragione di tanto apparato di forze e chi diede pel primo la notizia all'imperatore (e fu il console francese di Massaua) gli faceva prevedere che la guerra con l'Italia era inevitabile perché l'Italia non avendo colonie voleva farsene una con l'Abissinia. Le nostre assicurazioni le nostre missioni ufficiali ed ufficiose non portarono a nessun accomodamento ma diedero il tempo all'Abissinia di riflettere e cercare alleati ed amici in Europa ed armarsi diplomaticamente contro di noi che, a quanto qui si dice, finora non abbiamo potuto trovare un modus vivendi. Lo Scioa malgrado che non abbia interesse a Massaua risente tutte le influenze che gli ispira l'imperatore il quale vorrebbe essere l'arbitro di tutte le questioni politiche e commerciali dell'Etiopia intera e pretenderebbe di dover essere il solo a trattare con le Potenze europee. II re Menelik vorrebbe invece su ciò mantenere la propria indipendenza ma non poteva senza essere d'accordo con l'imperatore mandare in Italia un'ambasciata mentre quella non si trovava in buonissima armonia con l'alta Abissinia. Ha cercato perciò di temporeggiare aspettando forse di potere cogliere una occasione propizia che lo mettesse in grado di mantenere una promessa fatta tante volte e per la quale si era troppo compromesso. Dopo una lunga serie di pratiche, riuscite sempre infruttuose, nello scorso mese di giugno il re Menelik, prendendo pretesto dal massacro della spedizione milanese Porro e compagni aveva scritto all'imperatore che credeva assolutamente conveniente di mandare un suo inviato in Italia per assicurarsi che l'Barrar non sarebbe stato occupato dalle truppe italiane e nello stesso tempo pensava di valersi dell'amicizia che da molti anni aveva con

S.M. -il Re d'Italia per cercare di essere aiutato dal Governo italiano affinché i francesi non si impossessassero del lago salato, Assai, come già minacciavano di voler fare. Perché poi l'imperatore non sospettasse cose diverse da queste il re Menelik lo pregava a volergli indicare la persona che avrebbe giudicata adatta per compiere in Italia questa delicata missione. La risposta a questa missiva si è fatta attendere per più di tre mesi ed è arrivata ultimamente e mi fu annunciata segretamente dal re stesso. S.M. -il Re dei Re ha trovata ottima l'idea di inviare un'ambasciata per tutelare la sicurezza ed indipendenza del Regno di Scioa; invita il re a fare una lettera di protesta per l'occupazione del lago salato a tutte le Potenze di Europa, di scegliere lui stesso fra i sudditi scioani più fedeli ed abili da inviarsi in Europa e che infine perché l'azione diplomatica riesca più efficace manderà lui pure un suo inviato che insieme a quello dello Scioa dovrà prendere la via di Massaua. L'imperatore poi esterna l'opinione che un'ambasciata così composta non dovrà con~ntarsi di andare solamente in Italia ma dovrà recarsi in Francia ed in Inghilterra sè ciò si crederà opportuno. Perché, dice S.M. il Re dei Re «con gli italiani non so ancora se sarò amico o saremo nemici».

Questa risposta ha irritato un po' questo re che pro forma e per obbligo di cortesia dovrà aggiungere una sua persona agli inviati dell'imperatore, intanto si riserva di continuare a trattare lui stesso direttamente con il R. Governo italiano tutte quelle questioni che lo possono riguardare politicamente e commercialmente. In questo punto il re Menelik non intende di transigere ed è risoluto a non cedere e la maggior prova di ciò la S.V. Illustrissima potrà averla da una lettera di questa Maestà che invia al nostro sovrano e che riguarda precisamente la questione del lago salato 3 . Detta lettera ho pregato il re di farla tradurre ma poi si è temuto che il segreto potesse essere rivelato così si è deciso di mandarla aperta alla S.V. Illustrissima affinché se troverà persona sicura e fedele potrà, se crede, prima di mandarla a Roma accludervi la traduzione che forse farà molto comodo. Le rimetto pure una lettera di questo re pel signor comandante di Obock 4 nella quale si contiene la domanda se è vero che la Francia abbia deciso di impossessarsi del lago del sale, Assai, e se è vero che fu venduto ed in caso affermativo pregherebbe la gentilezza del signor comandante di dargli dei schiarimenti in proposito ed indicargli chi fu il venditore di un Paese che fa parte del Regno di Scioa fino da tempi antichissimi. Alla S.V. Illustrissima non potrà sfuggire l'importanza di queste pratiche e come sia necessario che il R. Governo prenda a cuore questa grave questione che oltre ad essere vitale per lo Scioa lo è pure per la nostra colonia di Assab e per tutto quello che si può riferire alla nostra influenza sull'Etiopia meridionale. È questo un primo passo che fa lo Scioa e che sarà seguito dall'azione collettiva di S.M. l'imperatore e di questo re.

Malgrado che l'Etiopia sia una, qui un pò di dualismo fra i due sovrani non cesserà mai ed il nostro Governo dovrebbe approfittarne sempre e trattare Scioa ed Abissinia del nord indipendentemente una dall'altra, perché noi se possiamo sperare una amicizia ed un aiuto dobbiamo sempre aspettarlo da qui piuttosto che altrove. Sono lieto di potere su questo argomento come in molti altri avere la medesima opinione della S.V. Illustrissima ciò che mi fa sperare che ella vorrà usare della sua autorevole parola per impegnare il R. Governo a non trascurare la questione del lago Assai, potendo questa servirei di gradino per tornare con più successo a tentare di accomodare l'altra pure importantissima di Massaua.

Non si creda poi che favorendo noi il re di Scioa destiamo gelosie a noi dannose nell'animo dell'imperatore; tutto quello che faremo in favore del re Menelik servirà a provare che la politica conciliante dello Scioa è più utile e fruttifera di quella ostile del Tigré e può accadere che la gelosia ottenga ciò che non poté fare l'amcizia.

Passando ad altro argomento le dirò che attendo con vera impazienza un corriere della S. V. Illustrissima per avere notizie sulla via e dei viaggiatori da qui partiti nel mese di agosto. Suppongo che il signor dottor Nerazzini avrà approfittato della presenza in Assab dello sceik Abd el Rahman per venire allo Scioa. Per ciò che riguarda a me avrei stabilito con il re di partire verso la seconda metà del prossimo mese di novembre. Se per quell'epoca sarà arrivato il dottor Nerazzini potrò avere il piacere di conferire con lui e metterlo bene al corrente dell'attuale nostra situazione a Scioa. Nel caso poi diverso spero incontrare il Nerazzini per via e nel momento della mia partenza affiderò provvisoriamente gli affari al dottor Ragazzi che deve seguire il re in una prossima ed importante spedizione al sud.

Riuscì graditissimo il dono che la S.V. Illustrissima inviò al signor azage Wolde Tezadek come credo riuscirebbe molto gradito a S.M. qualche piccolo dono da parte della S.V. essendo questi i migliori mezzi per stabilire rapporti di buona amiCIZia.

Rinnovando alla S.V. Illustrissima i miei più vivi ringraziamenti a nome anche di tutti i componenti la piccola colonia italiana allo Scioa per quanto ella fa in nostro favore, ...

P. S. Con questo corriere non ho scritto al r. ministero perché spero che la

S.V. Illustrissima troverà opportuno e conveniente comunicargli il presente rapporto facendogli quelle osservazioni che la S.V. giudicherà necessarie.

182 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 15-18 (in allegato al R. 36 del 23 gennaio 1887 del commissario civile ad Assab, agli Esteri). 2 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

182 3 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit. pp. 19-20. 4 Non rinvenuta.

183

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. PERSONALE S.N. Roma, 13 ottobre 1886, ore 16,45.

Déchiffrez vous-meme. M. de Freycinet dans un long entretien qu'il a eu avec Ressman se référant à son discours de Toulouse par lequel, disait-il, il avait surtout visé les insinuations indirects inquiétantes pour l'Italie qu'on avait mis en circulation il lui a nettement dit que le comte de Mouy aura avant tout mission chercher rapprochement avec nous, la Méditerranée devant appartenir à la France et à l'Italie. Négociations qu'il devra reprendre pour convention navigation fourniront occasione parler questions mediterranées il ajoutait qu'il comprenait très bien importance qu'à pour nous maintien statu quo dans les Balkans laissant comprendre que politique française n'aurait pas à contrecarrer sur ce point nos intérets. «le suis pret à m'ouvrir à M. de Robilant, mais est-il disposé à m'écouter?». En continuant à parler sur ce thème M. Freycinet en vint à dire en propres termes que c'est à une alliance entre la France et l'Italie qu'il faudra aboutir, et que si cela ne se pourrait pas encore il ne veut pas désespérer d'y arriver, «personne en France ne songe à attaquer l'unité de l'Italie. La France au contraire couvre le mieux la frontière italienne. Tout le monde reconnaìt qu'il faut sa part à l'Italie dans la Méditerranée; il convient donc de se méfier de tout ce qui peut jeter la discorde entre nous et vous et y parer par des franches explications». Voici mon télégramme à Ressman en réponse 1 : «Veuillez remercier M. Freycinet quand vous le verrez à sa première réception hebdomadaire pour le langage amicai à notre égard qu'il vous a tenu. Vous pouvez l'assurer que le comte Mouy me trouvera toujours tout disposé à preter la meilleure attention à tout ce qu'il pourrait etre chargé de me dire tendant à écarter des relations de l'Italie avec la France dans la Méditerranée tout ce qui serait contraire à cette confiante cordialité si nécessaire aux véritables intérets de nos deux Pays». Je croirais à propos dans l'état de nos relations avec l' Allemagne et comme preuve aussi de la pleine confiance que j'ai dans le chancelier, qu'il aye connaissance tout à fait confidentielle et personnelle tant de la démarche française comme de ma réponse. Il s'entend que vous pourrez faire parvenir cette communication au prince verbalement ça va sans dire, par l'entremise de son fils le comte Herbert, mais vous devez bien faire sentir que la confidence doit etre absolument limitée à ces deux personnages, et que je continuerai à le tenir au courant. Si le comte Bismarck n'est pas à Berlin je m'en remets à vous pour le moyen de faire parvenir cette communication au chancelier d'une manière sùre et assez prompte. J'ai reçu v otre lettre particulière du huit 2 et vous en remercie vivement.

184

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1813. Pietroburgo, 13 ottobre 1886, ore 18,30 (per. ore 20,40).

M. de Giers vient de me dire qu'il est en train de préparer une circulaire aux Puissances pour faire connaìtre le sentiment du Gouvernement russe sur le gàchis qui règne en Bulgarie, et pour déclarer que la Russie ne reconnaìt pas les élections faites et pour demander le sentiment des Grandes Puissances. Selon mon avis la Russie, malgré tout, ne rompra pas !es relations avec la Bulgarie et les agents russes resteront là-bas, dans l'espoir encore de ramener les bulgares à faire des concessions à la Russie. Pour cela Kaulbars a été envoyé en Bulgarie en lui laissant le choix des moyens comme l'explique à V.E. mon rapport parti aujourd'hui avec Anielli.

183 1 T. s.n. del l O ottobre. 2 Non pubblicata.

185

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE

T. 838. Roma, 13 ottobre 1886, ore 21,30.

L'ambassadeur d'Angleterre est venu me donner lecture d'un rapport de l'agent anglais à Sophia sur !es événements qui ont eu lieu en cette ville le 10 courant, et, de la part de son Gouvernement, il m'a demandé si j'avais !es mèmes informations, et ce que je pensais de ces faits. J'ai répondu que mes informations correspondent complètement au rapport dont il m'avait donné lecture; que quant à ma manière d'envisager la situation, je ne pouvais à moins de la trouver moi-aussi des plus anormales; que cependant j'observais que la Porte seule serait en droit de prendre la parole, vis-à-vis d'une Puissance étrangère au sujet de son immixtion dans les affaires intérieures de la Bulgarie: que quant aux autres Puissances, le Traité de Berlin, duquel il est de toute nécessité qu'on ne se détache pas, limite l'ingérence dans !es affaires de la Bulgarie à l'approbation ou non du choix que l'Assemblée ferait d'un nouveau prince, que conséquemment nous devons rester observateurs de ce qui se passe, et réserver notre ingérence pour le jour où elle sera légale, et rendue nécessaire par !es stipulations du Traité de Berlin.

186

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4281. Berlino, 13 ottobre 1886 (per. il 17).

Dans une visite qué j'ai faite aujourd'hui au secrétarie d'Etat, j'émettais l'avis que si le résultat des élections en Bulgarie démontre que la Russie s'est méprise sur !es dispositions des populations, il ne marquait certes pas un progrès vers une détente. Ce résultat n'aura fait qu'empirer !es rapports entre la Régence et le Gouvernement russe, et l'on est, dès lors, plus éloigné que jamais d'une solution satisfaisante.

En effet, me disait le comte de Bismarck, le Cabinet de Saint-Pétersbourg déclare qu'une minorité factieuse l'a emporté sur la majorité bien-pensante et qui voudrait un retour à une situation normale. Il avait répondu au chargé d'affaires de Russie qui lui parlait dans ce sens, qu'il abandonnait à la Russie le soin d'accomoder les bulgares à une sauce à sa convenance; qu'à cet effet elle avait les mains libres. Le Gouvernement allemand lui avait déjà laissé entendre que c'est à elle à règler ses différends avec la Principauté, qu'au reste il n'avait à énoncer aucun jugement là-dessus, ni à donner des conseils. Les instructions transmises à l'agent-imperial à Sophia et qui, selon votre désir, vous auront été communiquées par M. de Keudell, sont dictées dans le mème esprit. Cet agent a l'ordre de se tenir dans une réserve la plus absolue, de s'abstenir de toute ingérence dans les affaires intérieures de ce Pays, de se borner au ròle de simple observateur. La Régence exprime le désir que les Puissances indiquent une candidature pour l'élection princière. Sur ce point également l' Allemagne évite de se prononcer. L' Autriche adopte la mème ligne de conduite, ainsi que l'Angleterre a pu s'en convaincre par la réponse faite à sa démarche ayant pour objet d'inviter le Cabinet de Vienne à marcher d'accord avec elle dans la question bulgare. De son còte, sir Edward Malet a rencontré ici les mèmes fins de non recevoir, quand il sondait les dispositions de l'Allemagne, qui d'ailleurs n'a aucun intérèt direct en jeu dans les Balkans. Elle croit mieux servir la cause générale de la conservation de la paix, en se plaçant en dehors de cette question. En ce qui concerne plus spécialement la politique du Cabinet de Vienne, il ne faut point la juger d'après le discours à Pesth de Monsieur Tisza, qui a dù tenir compte, jusqu'a un certain degré, de l'opinion publique hongroise rien moins que favorable à la Russie. A cet égard le comte de Taaffe, à la Chambre des députés de Vienne, s'est rendu un meilleur interprète des idées qui prédominent actuellement chez qui dirige, dans son ensemble, la politique étrangère de la Monarchie.

Le secrétaire d'Etat ajoutait que, malgré son programme de non immixtion, il faisait, sans s'expliquer davantage, dans son for intérieur, des réserves sur les allures du baron Kaulbars. Peut-ètre pensait-il que ce général se montre, sans contestation possible, comme le plus actif agent de désaffection qui ait jamais travaillé contre l'intérèt de la Russie, qu'il traìne trop son sabre sur les platebandes du Traité de Berlin.

J'ai démandé au comte de Bismarck s'il n'était pas à prévoir que le Cabinet de Saint-Pétersbourg pour ne pas rester sous le coup d'un échec, ne tende davantage la corde, et se décide à une intervention armée. M. de Bismarck n'avait pas lieu de le croire, en ajoutant foi aux nouvelles qui parvenaient au Département des affaires étrangères.

Je me permettais de manifester quelques doutes à ce sujet. Certainement l'empereur Alexandre, de propos délibéré, ne vise pas à créer de graves complications; mais son humeur irascible est excitée par un parti adroit et influent, et il pourrait se laisser entraìner sur une pente regrettable.

En me référant à l'un de mes télégrammes de ce jour... 1

187

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA 1

D. Roma, 14 ottobre 1886.

L'incaricato d'affari di Russia, barone di Meyendorff, è venuto ieri a darmi lettura di due telegrammi segreti, che le comunico qui uniti, direttigli dal signor di Giers sugli affari di Bulgaria 2•

187 1 Ed., con numerose varianti e con data 15 ottobre, in LV 55, pp. 61-62.

2 Non pubblicata.

Nel primo di detti telegrammi, il signor di Giers esprime la ft.-rma decisione della Russia di non permettere che il principe di Battenberg torni in Bulgaria e di trattarlo eventualmente da usurpatore. Il Gabinetto di Pietroburgo desiderava sapere se noi ci collocavamo allo stesso punto di vista.

Nel secondo telegramma il signor di Giers dice sostanzialmente constargli che le elezioni in Bulgaria si sono compiute in modo molto singolare e che, in conseguenza, era costretto a considerarle come prive di valor legale.

In ordine al primo telegramma ed alla domanda nettamente formolata con cui si chiude, ho detto all'incaricato d'affari di Russia come, la scelta che la Sobranje avrebbe fatta di un principe per la Bulgaria dovendo essere convalidata dalla accettazione delle Grandi Potenze, ne veniva di conseguenza che, se il personaggio eletto non avesse il suffragio di tutte queste, esso non potrebbe venir riconosciuto come principe di Bulgaria.

Nel parlare col signor di Meyendorff dell'argomento che forma oggetto del secondo telegramma del signor di Giers, e sebbene non mi fosse rivolta domanda esplicita di manifestare la mia opinione in proposito, ho creduto bene di dire che, secondo le mie informazioni, non risulterebbe che nelle elezioni bulgare siano avvenuti casi di grave momento, tenuto conto della circostanza che il Paese è nuovo alla vita politica, dell'agitazione naturale in un periodo elettorale e delle circostanze specialissime ed anormali nelle quali si trova la Bulgaria. Il signor di Meyendorff avendomi fatto rilevare la illegalità delle elezioni da parte dei rumelioti, ho riconosciuto con lui che il fatto non era strettamente legale, ma che, viste le circostanze, ero sempre stato d'avviso che bisognava chiudere gli occhi. Ho poi soggiunto col dire come ciò che mi sembrerebbe più pratico e più in armonia con l'interesse generale ed anche con quello della Russia in particolare, sarebbe che questa Potenza accettando il risultato delle elezioni quali hanno avuto luogo, metta innanzi senza indugio il nome di un Principe che possa riunire i suffragi di tutte le Potenze. Con ciò si otterrebbe, meglio che con qualsiasi altro mezzo, il pronto ristabilimento di uno stato di'cose che, dando garanzia alla Russia che essa consrrverebbe la parte d'influenza che le è dovuta in Bulgaria, assicurerebbe pure gl'interessi delle altre potenze.

Confermandole per tal modo il mio telegramma di ieri sera ... 3

186 1 T. 1812, non pubblicato.

188

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 190. Roma, 14 ottobre 1886.

Rispondo al suo rapporto n. 284 di questa serie in data 8 corrente 1 , relativo al desiderio del Governo inglese di far per nostro mezzo pervenire al Vaticano una partecipazione circa la scelta d'un vescovo in Malta.

Debbo esprimere anzitutto la nostra riconoscenza al Governo della regina pei sentimenti dimostrati a nostro riguardo e per gli intendimenti cui si è inspirato in questa circostanza.

Con telegramma d'oggi ho riferito a Vossignoria 2 l'esito delle pratiche da noi interposte, come ben si comprende, in via privata e confidenziale.

Dopo avere avuto l'assicurazione che il desiderio del Governo inglese è stato fatto conoscere alla Santa Sede, e che questa si trova disposta ad assecondarlo, per quanto potrà, abbiamo avuto, sullo stato attuale della vertenza, le seguenti informazioni con la promessa di renderle complete fra qualche giorno.

Attuale vescovo di Malta è Carmelo Chieluno, arcivescovo di Rodi, nato nel 1800 e promosso alla sede di Malta nel 1875. Per la sua avanzata età gli è stato dato per amministratore della sede Monsignor Buhagiar cappuccino, al quale non fu dato alcun diritto a successione, in modo che la sua missione termina con la morte dell'attuale vescovo.

A quell'epoca, che è da aspettarsi non lontana, la Santa Sede potrà prendere una decisione.

187 3 T 841, in realtà del 14 ottobre, non pubblicato. 188 1 Non pubblicato,

189

IL MINISTRO DELLA MARINA, BRIN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

NOTA RISERVATA S.N. Roma, 14 ottobre 1886 (per. il 15).

Pregiomi comunicare a V.E. il sunto delle istruzioni mandate al Comando in capo della squadra permanente per un breve giro nei porti del Levante.

La squadra composta delle navi: «Italia», «Affondatore», «G. Bausan», «Principe Amedeo», «Maria Pia», «Ancona», avviso «Vedetta», idem «M.A. Colonna», partirà circa il giorno 20 corrente da Augusta e tutta unita andrà al Pireo, toccando prima N avarino dove, occorrendo sconterebbe la quarantena. Dopo un soggiorno di qualche giorno al Pireo, le navi dovranno separarsi per visitare a gruppi o ciascuno isolatamente, gli scali più importanti di una determinata zona di litorale secondo un itinerario da stabilirsi dal comandante in capo, escludendo gli scali dell'Egitto, della Siria e l'isola di Cipro in considerazione della stagione già avanzata. Alla nave ammiraglia «Italia» si è prescritto di toccare il porto di Salonicco, e ad un'altra, a scelta del comandante in capo, di visitare i punti principali della costa di Rumelia ed isole adiacenti, ed approdare all'isola di Thaso, per indagare se realmente furono colà di recente stabiliti dei depositi per carbone ed altri approvvigionamenti per conto del Governo inglese, e cosa vi sia di vero circa le voci corse di una possibile occupazione dell'isola da parte dell'Inghilterra. Il giro accennato, dovrà essere compiuto in circa 20 o 25 giorni e la squadra dovrà riunir'si tutta a Smyrne per far ritorno in Augusta verso la fine del prossimo novembre. Per l'epoca dell'arrivo della

squadra a Smyrne, dovrà trovarvisi anche l'avviso «Sesia» stazionario a Costantinopoli, per essere passato in ispezione da uno dei due ufficiali ammiragli della squadra stessa.

Non appena il comandante in capo mi comunicherà l'itinerario stabilito per ogni nave o gruppi di navi, lo parteciperò a V.E.

Oltre le consuete istruzioni al comandante in capo perché le relazioni con tutte le autorità governative e diplomatiche da parte dei comandanti ed ufficiali delle regie navi siano le più corrette e cortesi, ho particolarmente raccomandato di procurare nei porti greci, di tenere contegno tale da cancellare qualsiasi men buona impressione che, per avventura, fosse rimasta in quel Governo e in quelle popolazioni, per la parte presa dall'Italia 1 nella dimostrazione navale dell'inverno passato, intesa ad impedire il conflitto fra Grecia e Turchia. Ho pure raccomandato di mostrare premura e benevolenza per tutte le colonie italiane e interesse per i loro istituti di beneficenza, d'insegnamento ed altro. Infine le istruzioni conchiudono di regolare sempre la condotta dei comandanti, ufficiali ed equipaggi tutti della squadra, in modo da procurare in ogni eventualità, vantaggio al decoro e prestigio del nostro Paese e della marina.

188 2 T. personale s.n., non pubblicato.

190

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 14 ottobre 1886.

Après avoir causé hier avec moi sur !es affaires de Bulgarie, le secrétaire d'Etat abordait de sa propre initiative un autre sujet pour le moins aussi interessant. M. de Keudell reconnaissant lui-mème une lacune dans son entretien du 5 aoùt avec vous (ce qu'il s'appliquait à expliquer en alléguant comme excuse jugée ici comme inadmissible que vos arguments au point de vue maritime) 1 avait comblé cette lacune en communiquant sa seconde conversation avec vous, à laquelle se réfère votre télégramme du 7 octobre 2 . Ce second rapport ayant été soumis au chancelier qui vous avait déja transmis le message mentionné dans ce mème télégramme du 7 octobre, Son Altezze vous faisait alors demander si vous n'auriez rien à redire à ce que le comte Kalnoky fùt confidentiellement informé de votre réponse relative au renouvellement de I'alliance. En suite de votre agrément, Kalnoky a été mis au courant de la chose, et sa réponse était attendue avant d'aviser à un echange de vues avec nous.

Cfr. n. 158.

Le comte de Bismarck ne s'expliquait pas que M. de Keudell eùt, de son propre estoc, estimé que vos considérations sur nos intérèts méditerranéens n'avaient pas assez d'importance pour ètre signalées à l'attention du Cabinet de Berlin.

Je ne pouvais que partager le mème avis, et puisque le secrétaire d'Etat avait entàmé la conversation sur ce sujet, je lui disais que vous m'aviez instruit de tous les détails; et pour en fournir la preuve je paraphrasais de mon mieux les considérations principales que vous aviez émises sur les conséquences qui ne manqueraient pas de se produire dans l'opinion publique chez nous, en cas d'une entreprise française contre Tripoli, ou d'autres altérations du status quo dans la Méditerranée. Il n'hésitait pas à pleinement admettre la haute importance de la question pour l'Italie, mais éviter de préjuger d'une manière quelconque si l'Allemagne et l' Autriche seraient disposées à en tenir compte dans des accords éventuels. Comme je l'avais laissé entrevoir dans ma lettre particulière du 8 octobre3 le chancelier ne se prononcera pas avant d'avoir consulté les convenances de l' Autriche.

Hier, à une heure avancée de la nuit, j'ai reçu votre télégramme du 13 octobre 4 sur un entretien récent de M. de Freycinet avec M. Ressman, dont vous croyiez bien que le chancelier eùt connaissance tout-à-fait confidentielle et personnelle par l'entremise de son fils. Je me suis empressé dès aujourd'hui de faire visite à ce dernier pour m'acquitter verbalement de vos instructions 5 .

Il m'a paru qu'il convenait de lui donner lecture de ce télégramme dans son entier. Je le lui ai mème relu pour qu'il restàt mieux empreint dans sa mémoire. Durant cette seconde lecture, il a pris des notes au crayon. Quelques interjections n'ont pas manqué de sa part, celles entre autres: «Quelle durée peut-on assigner au Ministère Freycinet? Que signifie la phrase que la France couvre le mieux la frontière italienne?». Il pensait peut-ètre aux fortifications qu'elle élève ou développe à nos portes, au voyage d'inspection du général Boulanger. «En tout cas, ajoutait-il, la France après l'occupation de l'Algérie, du littoral vers Nice, après Tunis, après ses aspirations à un Empire africain, arrive un peu tard à parler de sa sollicitude pour qu'une part soit faite à l'Italie dans la Méditerranée!».

Le comte Herbert m'a chargé ainsi que je l'ai télégraphie 6 , de vous remercier dans les termes les plus chaleureux de la confiance que vous témoignez au chancelier ainsi qu'à son fils par ces confidences d'un caractère si important. Ils n'en feront part à personne. Vous pouvez compter d'une manière absolue sur leur discrétion. Il allait en écrire à Varzin éloigné de Berlin de 16 heures environ et d'où une réponse n'arrive guère avant trois jours. Il était sùr d'avance que le prince de Bismarck se montrera très reconnaissant, et le chargera de vous faire parvenir, par mon entremise, l'expression de sa gratitude la mieux sentie. Il relevait lui aussi que, dans votre réponse aux ouvertures françaises, vous vous absteniez

Cfr. n. 183. 5 Su quest'incontro vedi anche GP, vol. IV, n. 825 6 T. s.n. del 14 ottobre, non pubblicato.

de parler alliance, et qu'en vous montrant prèt à apporter toute votre attention à ce que le comte de Mouy serait autorisé à vous dire, vous vous limitiez à mentionner les relations de l'ltalie avec la France dans la Méditerranée. Je n'ai pas besoin d'ajouter combien il a été habile de votre part de jouer à Berlin cartes sur table lorsque, par l'organe de so n nouvel ambassadeur attendu ici le 17 octobre, la France ne manquera pas de procéder aux travaux d'approche pour essayer de gagner l' Allemagne à ses vues qu'elles s'accordent ou non avec celles manifestées préliminairement à Rome. Dans ce dernier cas, vous lui auriez coupé l'herbe sous les pieds. Au reste, le terrain ne sera guère favorable à M. Herbette qui aura à combattre bien des préventions. On connaìt déjà les agissements de la France à Constantinople où elle cherche à mettre la Turquie en défiance non seulement contre l'Angleterre et l'ltalie, mais aussi contre l'Allemagne. Mutatis mutandis, le mème jeu cousu de fil blanc se reproduit à Rome. On fait miroiter à nos yeux monts et merveilles pour prendre la piace de l' Allemagne dans ses relations avec I'Italie, pour empècher le renouvellement de l'alliance avec les deux Empires, sauf à nous laisser en pian au gré des convenances françaises, ou par suite de l'instabilité du Gouvernement de la République. Les conditions des Grandes Puissances régies par les institutions monarchiques et parmi lesquelles nous rangeons offrent de bien autres conditions de durée et de sécurité. Il était aussi extrèmement habile de mettre un pion en avant sur l'échiquier diplomatique au moment où les Cabinets de Berlin et de Vienne sont instruits du langage que Keudell à entendu de votre bouche. Permettez moi, très cher ami, de vous faire mon sincère compliment de votre démarche si bien calibrée dans notre intérèt.

Votre neveu le chevalier de Robilant est parti avant-hier soir en congé, en se rendant directement à Turin. Je sais qu'il se propose de faire une course à Rome. Je suis extrèmement satisfait de sa destination à cette ambassade, et j'espère bien qu'il y sera maintenu pour tout le temps réglementaire, et si possible mème au delà.

189 1 Nota marginale: «Non c'era da incaricarsene». 190 1 Sic.

190 3 Non pubblicata.

191

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1830 1 . Parigi, 15 ottobre 1886, ore 15,25 (per. ore 17,40).

Hier, dans sa séance de réouverture, la Chambre a mis à l'ordre du jour de demain la lecture du rapport sur la prise en considération d'une proposition tendant à dénoncer avant le premier janvier prochain le traité de commerce entre l'Italie et la France.

191 1 Il telegramma fu comunicato alla Direzione Generale dei consolati.

192

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4282. Berlino, 15 ottobre 1886 (per. il 23).

Le prince de Bismarck veut ètre avant-tout considéré comme un ministre allemand, et non comme un redresseur de torts universel. S'il a été, dans plusieurs circonstances, l'arbitre de l'Europe, c'est à cause de son autorité personnelle, de l'énorme puissance dont il dispose et parce que la défense des intérèts qui lui sont confiés l'obligeait à intervenir. Il estime que son devoir n'est pas de donner des conseils à tout bout de champ, mais de s'appliquer à reconnaìtre avec soin et à définir strictement l es convenances de l' Allemagne, en résistant énérgiquement de recourir à une politique quelconque d'aventures. Ses facultés, ses ressources appartieni au service de son roi et de son Pays. C'est ce qu'il répondrait sans doute à qui objecterait que puissance oblige, et que, lorsqu'on a élevé au centre de l'Europe un véritable chàteau fort, on ne peut se désintéresser de ce qui passe sur les glacis. D'ailleurs l'homme d'Etat patriote, pas plus que l'empereur, ne se soucient, sur le declin de leur vie, de voir surgir une guerre qui pourrait modifier le groupement actuel des Puissances, amener une coalition et remettre en question tout ce qu'ils ont fait ensemble et jusqu'à la renommée acquise.

Ces considérations expliquent jusqu'à un certain point la conduite du Cabinet de Berlin dans les conjonctures présentes. Il se tient autant que possible en équilibre entre la Russie et l'Autriche et surveille de près la France pour se prémunir contre ses écarts. Au reste, il se montre plutot optimiste dans ses prévisions. Il ne croit pas que les affaires bulgares prennent un caractère assez sérieux de nature à amener une conflagration. Le parti panslaviste, certes, ne s'endort pas, et voudrait, comme en 1876, pousser le tsar à soutenir ouvertement sa cause. Mais l'empereur Alexandre III a plus de fermeté que Son Auguste Père qui subissait des influences d'alcove, qui parmi ses conseillers rencontrait des ministres, entre autres celui de la guerre M. Milioutine, représentant du vieux parti moscovite. Le ministre de la guerre actuel, le général Vannovsky, compte, comme M. de Giers, parmi les modérés, et se prononce contre toute velléité d'invasion en Bulgarie en disant: «Je vois bien comment on y entrerait, mais non comment on y resterait, ou en sortirait». L'empereur déclare lui-mème qu'il ne songe pas à une occupation, et qu'en tout cas il n'aviserait sur le parti à prendre que si son intervention armée était demandée par la Bulgarie. Mais lors mème que cette occupation aurait lieu, le prince de Bismarck affirme qu'elle ne serait pas l'occasion d'un conflit avec l'Autriche. Cette Puissance, qui s'est déjà taillée une part assez considérable de gàteau dans les Balkans par l'acquisition de la Bosnie et de l'Herzégovine et par l'influence prédorninante qu'elle exerce en Serbie, ne brùlerait pas une amorce. Le Cabinet britannique a pu s'en convaincre, lorsqu'il l'invitait a se mettre sur la brèche où les forces anglaises la suivraient, s'il s'assurait d'avance l'appui moral de l'Allemagne. Il a été répondu par un fin de non recevoir.

Il y a un autre indice que la Russie, du moins en l'état actuel des choses, ne vise pas à une action armée dans les Balkans. S'il en était ainsi, le Monténégro, sa sentinelle avancée dans ces parages, se remuerait, tandis que au contraire, il ne sort pas de so n recueillement. Il y a plus: si je suis bien informé, le tsar, si tant est qu'il médite un grand coup en Orient au risque d'allumer un incendie général et peut-ètre de se mettre à dos l' Allemagne, retardera so n entrée en scène tant que vivront l'empereur Guillaume et son chancelier, qui vieilissent cote a cote. Il faut d'ailleurs laisser s'écouler trois ou quatre années avant que la flotte russe dans la Mer Noire soit en mesure d'entreprendre une lutte sérieuse, mème contre une Turquie isolée.

Tout cela contribue probablement à entretenir le Cabinet de Berlin dans une certaine quiétude sur la situation, lors mème qu'elle ne soit pas exempte de dangers, ne fiìt-ce que celui de l'imprévu.

En attendant, le Gouvemement français bat le rappel contre l'Angleterre, à Constantinople et à Pétersbourg. Ainsi qu'il résulte de l'annexe à la dépèche de V.E. n. 2290 du 15 septembre échu l, son nouvel ambassadeur près cette Cour, dont l'arrivée est annoncée pour après-demain, va chercher à s'insinuer dans les bonnes gràces du chancelier. M. de Freycinet lui à déjà préparé la voie en se servant de l'intérmédiaire de M. de Bleichroder qui se trouvait récemment à Paris et avec lequel il a eu plusieurs entrevues. Le président du Conseil lui a parlé à peu près dans le mème sens que M. Herbette à M. le commandeur Ressman, en se défendant hautement de nourrir des projets de revanche, de courir après une alliance avec la Russie et avec l'ltalie. Il s'appliquera essentiellement à cultiver les meilleurs rapports avec l'Allemagne, et à écarter tout malentendu entre deux Pays qui doivent vivre en paix. Il donnait ensuite clairement à entendre que l'opinion publique en France s'irnpantientait de la durée de l'occupation anglaise en Egypte, et réclamait qu'il y fùt mis un terme, maintenant que l'ordre régnait dans la Vice-Royauté et que ses finances se trouvaient en meilleur état. Il faudrait que le Gouvemement anglais fixàt un délai d'une année ou de deux années pour l'évacuation de ses troupes. M. de Freycinet, dans le cas où la Russi e procéderait à une occupation de la Bulgari e, craignait que l' Angleterre répondrait a cet acte en déclarant son protectorat, ou sa tutelle, sur l'Egypte. C'est ce que la France ne saurait permettre, et lui, M. de Freycinet, ne reculerait pas, alors, devant les mesures les plus extrèmes. «Illutterait à outrance». Etait-ce bien là le fond de sa pensée, ou voulait-il seulement exercer ainsi une pression sur l'esprit du chancelier, pour l'induire à prèter son concours afin d'écarter ces embarras? Je doute fort que Son Altesse entre dans ces vues. Du moins mon collègue britannique croit savoir que le prince de Bismarck se tiendra en dehors de cette affaire délicate. Il ne fera rien dans cette question d'Egypte pour l'Angleterre, mais il ne fera rien contre. Il est superflu de dire que M. Herbette n'aura pas un jeu facile à Berlin. Les agissements de la France à Constantinople et d'autres circonstances qui vous sont connues,

M. le comte, ne sont pas de nature à bien prédisposer en sa faveur.

Il me revient de bonne source, que, vu la grande difficulté de choisir un successeur au baron de Courcel, celui-ci à fait savoir indirectement au chancelier que, s'il avait un candidat persona grata à indiquer, il serait aussitot nommé à ce post. Son Altesse à decliné de répondre, et disait à la personne chargée de ce message, qu'il lui était parfaitement indifférent de savoir quel serait le nouvel ambassadeur. Ce n'est certainement pas là preuve de son désir de nouer des rapports intimes avec la France.

192 1 Cfr. n. 104 e nota 2.

193

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 638. Sofia, 15 ottobre 1886 (per. il 22).

Non ho mancato, appena ricevetti il telegramma di V.E. 1 relativo alla concessione che il Gabinetto di Belgrado era pronto di fare, di riferire la cosa al minstro degli affari esteri; cui dissi che il signor Franassovich aveva dato incarico al conte Zannini di far conoscere a V.E. 2 che una lettera del signor Garaschanine diretta ad esso signor Natchevich era per via, e che in questo scritto lo si informava che il Governo serbo rinunciava al concetto dell'occupazione immediata di Bregovo, purché il Governo della Reggenza aderisse ad esprimere, nel primo articolo dell'accordo che interverrà fra la Bulgaria e la Serbia, il suo rincrescimento (ses regrets) per il modo col quale Bregovo era stato occupato nel 1884.

Aggiunsi che aveva l'ordine di dargli amichevolmente il consiglio di fare qualche concessione alla Serbia, che ne faceva già una rilevante da parte sua, e ciò per giungere ad una intesa fra i due Stati vicini, accordo utilissimo alla Bulgaria.

Il signor Natchevich m'incaricò di ringraziare l'E.V. per quanto aveva degnato di fare in favore della Reggenza in questa occorrenza, e mi promise che spingerebbe il consiglio dei ministri ad accettare di fare delle scuse per un atto compiuto dal loro nemico politico signor Zankoff dietro instigazione panslavista, quale fu l'occupazione di Bregovo che fu poi una delle principali cause della guerra dello scorso anno.

Il consiglio dei ministri nella giornata di oggi aderì al modo di vedere del signor Natchevich, il quale me ne diede l'avviso colla lettera particolare di cui qui unisco una copia.

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IL REGGENTE L'AMBASCIA T A A COSTANTINOPOLI, GALV AGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1834. Costantinopoli, 16 ottobre 1886, ore l0,15 (per. ore 12,25).

J'ai causé hier au soir avec l'ambassadeur de Russie au sujet de la récente communication de son Gouvernement à laquelle se référaient télégrammes de V.E. d'avant-hier au soir 1 . Il m'a di t que le premier télégramme de M. de Giers a vai t été motivé par la nouvelle que le prince Alexandre, en cas de réélection, serait résolu à rentrer en Bulgarie sans attendre l'assentiment des Puissances. Quant à procéder au choix immédiat d'un candidat, il ne saurait en ètre question, tant

que !es hommes actuels sont au pouvoir car le nouveau prince, quel qu'il soit, serait encore à leur merci et violenté par eux, tomberait dans !es mèmes erreurs commises par son prédécesseur. Il faut avant-tout annuler !es élections, faites sur la contrainte du parti panslaviste afin d'ètre à mème d'obtenir par de nouvelles élections une assemblée qui soit l'émanation libre et spontanée de toute la Nation. Cette assemblée avant de procéder à l'èlection du nouveau prince a à établir un Gouvernement léga1, et à reviser la Constitution. L'ambassadeur de Russie m'a dit également que !es ministres ottomans évitant d'exprimer un avis quelconque sur sa communication, lui ont répondu qu'ils n'avaient pas une connaissance exacte de ce qui s'était passé: qu'ils allaient faire repartir Gadban effendi pour Sophia afin d'ètre renseignés sur la situation.

193 1 T. 829 del 9 ottobre, non pubblicato. 2 T. 1811 del 13 ottobre, non pubblicato. 194 1 T. 838 e T. 841 del 13 e del 14 ottobre, non pubblicati, ma cfr. 187.

195

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1837. Pietroburgo, 17 ottobre 1886, ore 15,40 (per. ore 17,10 del 18).

Je n'avais pas télégraphié jusqu'ici à V.E. le bruit relatif à la position ébranlée de Giers parce que je voulais en ètre siìr avant de donner la nouvelle à V.E. Le premierà m'en parler fut l'ambassadeur d'Angleterre le 12 courant: ici le mécontentement sur la politique étrangère est général. Si !es journaux ne crient pas contre

M. de Giers, ce n'est que parce que tout le monde croit que M. de Giers ne fait que suivre la volonté du czar et n'a pas d'initiative. M. de Giers est en opposition avec le ministre de l'intérieur chauvin et voulant, appuyé par parti russe, une politique plus active dans !es Pays slaves et ils accusent M. Giers avoir les mains liées par l'Allemagne et l'Autriche (voir mon rapport du l O, n. 272) 1 . L'ambassadeur d'Autriche et mème celui d'Angleterre et le chargé d'affaires allemand ne m'ont pas caché que la chùte de M. de Giers serait un malheur pour la paix de I'Europe, mais ils espèrent voir s'écarter la possibilité de ce danger.

196

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 17 ottobre 1886, ore 19,53 (per. ore 23,35).

Prince Bismarck me prie par l'entremise de son fils qui s'en est acquitté verbalement de vous exprimer ses meilleurs remerciements pour la communication

verbale et confidentielle que j'ai fait en votre nom, et de vous dire que certainement il en gardera le secret. Le chancelier en premier lieu désire que l'Italie maintienne sa politique amicale et se range aussi à l'avenir du còté de l' Allemagne et de l' Autriche du moment où nous aurions à opter entre les deux Empires et la France. Le chancelier trouve que l'idée au sujet d'un engagement pour la Tripolitaine pourrait former l'objet de pourparlers. A son point de vue il n'aurait pas d'objections notamment si l' Autriche y adhère de son còté. Quant il s'agirait pour l'Italie de choisir entre la France et l' Angleterre pour les questions en général de la Méditerranée, Son Al tesse pense que de ces deux Puissances l' Angleterre serait l'alliée la moins dangereuse pour l'Italie. Une alliance de la France avec l'Italie qui tendrait à paralyser l' Angleterre et qui atteindrait le but, laisserait seules en présence l'Italie et la France comme voisins rivaux. France viserait peut-ètre ce but uniquement dans l'espoir d'établir sur l'Italie la mème suprématie qu'elle y exerçait sous le règne de Napoléon III. Chancelier compte de votre part sur la mème discrétion qu'il gardera de son còté, il croit pouvoir induire du fait mème de votre communication que vous n'ètes pas enclin à accepter comme bonne monnaie l'ouverture de la France. Vu cette impression du prince de Bismarck, il n'hésite pas à formuler son opinion dans ce sens qu'il serait contraire tant à l'intérèt de l' Allemagne que à celui de l'Italie d'entrer dans les vues de la France. T el a été le message que le secrétaire d'Etat vient de porter verbalement à ma connaissance et sur lequel j'ai pris des notes quand il m'en donnait lecture. Le prince a été on ne peut plus satisfait de votre agrément à ce qu'il informàt Kalnoky de votre entretien avec Keudell ce qui a été fait par un courrier parti aujourd'hui. l'ai tout lieu de croire que si vous jugiez utile que le chancelier se chargeàt lui mème de sonder le terrain à Vienne en ce qui touche Tripoli et la question de la Méditerranée, il serait en ce cas disposé à saisir le Cabinet de Vienne de ces questions pour amener échange de vues.

195 1 Non pubblicato.

197

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4284. Berlino, 17 ottobre 1886 (per. il 21).

Ainsi que je le télégraphiais hier 1 , il m'a été donné au Département impérial des affaires étrangères, lecture confidentielle d'un télégramme de M. de Radowitz. Il s'y trouvait le passage suivant d'un télégramme communiqué avant-hier à la Porte par l'ambassadeur de France:

«M. de Freycinet adresse de chaleureux remerciements pour l'accueil exceptionnel fait au contre-amiral de Marquessac commandant la division naval du

Levant, et déclare de nouveau que la politique française veut soutenir d'une manière efficace !es intérets et !es droits sacrés du sultan, particulièrement en ce qui regarde ses possessions en Afrique.

Le Gouvernement français a été heureux d'apprendre que S.M. Ottomane a bien voulu apprécier la valeur de ces sentiments, et qu'elle en a prix acte».

Il était dit dans le meme télégramme de M. Radowitz, que M. de Freycinet conseille de ne pas rappeler de l'Egypte Mouktar pacha.

Il était grandement temps que sir W. White arrivàt à Constantinople pour chercher à contrebalancer l'influence aujourd'hui prédominante de la France et de la Russie contre l'Angleterre. Y parviendra-t-il? C'est douteux, carla Turquie, sous le coup de la crainte que lui inspirent la coalition de ces deux Puissances qui montrent plus d'énergie que le Cabinet de Londres, penche visiblement aujourd'hui du còte de ceux dont il redoute davantage le mauvais vouloir, si leurs rémontrances, déguisées sous de belles paroles, n'étaient pas écoutées. Dans cet état de choses, et notamment en ce qui concerne l'Egypte, V.E. sait, par un de mes précédents rapports, que le Cabinet de Berlin, s'il s'abstient de toute ingérence favorable à la Grande Bretagne, ne fera cependant rien qui puisse agraver la position de cette Puissance. Je crois devoir mentionner ici que durant son dernier séjour à Gastein, le chancelier a connu personnellement sir W. White, l'a invité deux fois à sa table, et qu'il semble revenu de ses préventions contre ce diplomate, auquel il accorde une capacité peu commune.

197 1 T. 1835, non pubblicato.

198

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

L. PERSONALE. Roma, 18 ottobre 1886.

Al ricevere di queste righe parti pur tosto per Londra poiché ho caro assai di averti nuovamente colà. L'affare di Zeyla mi pare abortito; non mi sarebbe stato discaro riuscisse, ma non piango che il contrario si verifichi. Non insistere dunque più se nessuno te ne parla. Ciò a cui tengo moltissimo si è che quell'affare non figuri in nessun Blue-Book, l'avvenuta trattazione al riguardo essendo stata tutta confidenziale e particolare, prova ne sii che non c'è neppure un telegramma a mia firma.

Ti prometto che farò quanto so e posso perché l'affare della casa trovi favorevole e quanta più pronta possibile soluzione. Dell'amicizia che ti professo parmi tu non possa dubitare; abbi dunque piena fiducia in me per questa vertenza come me la dimostri in ogni altra cosa. Non mancherò di far sapere a mia moglie che hai avuto la gentilezza di informarti passando a Torino della sua presenza o meno al Lingotto. Ricordati che quando non sarò più ministro locché spero non vorrà farsi aspettare troppo andrò con mia moglie a Londra a picchiar alla porta della r. ambasciata. Per intanto la mia salute è ottima e mi accingo alla pugna che mi aspetta Montecitorio pronto a morir nobilmente come il gladiatore al circo od a cavarmela alla meno peggio se così vuole il bene del re e della patria nonché il voto della nostra assai infida maggioranza. La situazione politica entra a parer mio nella fase acuta. Se Giers cade come si teme assai avremo un segno infallibile che il cataclisma sta per incominciare.

Cura la tua salute, continuami la tua interessantissima corrispondenza particolare contentandoti che ti risponda quando posso, ed abbimi sempre quale tuo affezionatissimo amico.

199

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4286. Berlino, 18 ottobre 1886 (per. il 21).

J'ai été dans le cas, pour des affaires spéciales sur lesquelles V.E. est renseignée par mes télégrammes particuliers du 14 1 et du 17 octobre 2 , de revoir à deux reprises le secrétaire d'Etat. Je profitai de l'occasion pour parler aussi des événements de Bulgarie, en conformant mon langage, entre autres, à l'annexe de votre dépèche du 8 courant n. 2306 3 et de vos télégrammes de 13 4 et 15 5 du mème mois. Vos considérations, présentées avec beaucoup de calme et tout-à-fait en harmonie avec le Traité de Berlin, et inspirées par un désir sincère du maintien de la paix, lui semblaient de nature à produire un effet salutaire et modérateur, soit à Londres, soit a Pétersbourg. Au reste le Gouvernement russe assure lui-mème ne pas prétendre autre chose que de rétablir en Bulgarie l'influence qu'il y exerçait jusqu'à ces dernières années et contre laquelle, avant 1885, aucune Puissance n'avait trouvé à redire. Le comte de Bismarck partageait votre avis que, dans l'intérèt général et celui de la Russie en particulière, il conviendrait qu'elle mìt en avant le nom d'un prince qui puisse réunir les suffrages de toutes les Puissances. L'initiative devrait partir de Pétersbourg, car les autres Cabinets, ceux de Berlin et de Vienne nommément, ne la prendront pas eux-mèmes. Autrement la situation ne s'éclaircira pas de longtemps. Du reste, il continuait dans son abstention d'émettre un jugement sur les allures du général Kaulbars.

Le barone de Holstein, auquel j'ai fai t visite avant-hier, gardait officiellement la mème réserve, mais, en voie privée et d'une manière académique il convenait qu'il était impossible de ne pas reconnai'tre une grande habileté dans la conduite actuelle des bulgares. Ils ne prètent pas le flanc à leurs adversaires. On ne saurait

2 T. 1835 in realtà del 16 ottobre, non pubblicato.

3 Non pubblicato; l'annesso è al n. 159.

4 T. 838, non pubblicato.

5 T. 841, non pubblicato ma cfr. n. 187.

attribuer le résultat des éléctions au terrorisme d'une minorité sur la majorité. Ce n'est pas la vérité. Personne ne peut ètre contraint à affirmer que ce qui est blanc est noir. Ce peuple a pris pour devise «la Bulgarie aux bulgares» et agit en conséquence. Le fait est que jusqu'ici il n'a pas été coté à sa juste valeur. Il est prèt à faire des concessions, excepté celle de se laisser absorber. «Quoiqu'il en soit», ajoutait M. de Holstein, «nous devons, vu notre position délicate, éviter dans cette question de nous piacer en première ligne».

Je ne sais trop, si, d'après certains bruits en circulation, le Cabinet de Pétersbourg serait disposé à se montrer plus traitable. En tout cas, aucune convention écrite ou verbale ne lui a conféré le droit d'agir seui, sans consulter les autres Puissances, et d'imposer ses volontés à un peuple qui, nominalement du moin, est le vassal d'un autre souzerain. Si le général Kaulbars proclame hautement que les élections ont été faussées, auraient-elles donc été plus libres s'il les avait dirigées?

199 1 T. 1820, non pubblicato.

200

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 19 ottobre 1886, ore 15,15.

Je prie V.E. de faire parvenir au prince de Bismarck mes remerciements les plus sentis pour le message qu'il m'a fait faire par votre entrernise. J'en ai hautement apprécié l'esprit amicai ainsi que les vues qui y sont developpées avec autant d'élévation de jugement que de netteté, et auxquelles je n'hésite pas à dire que je me range sans hésitation. Quant à ma discrétion absolue S.A. ne soit pas en douter un moment. En l'état des choses vu l'incertitude des événements en Europe et surtout s'inquiète excitation qui agite la France à l'égard de tous ses voisins, malgré les assurances que nous recevons des ambassadeurs de la République à Berlin et à Rome, je crois nécessaire de préciser les situations non seulement pour le moment présent mais aussi pour un certain avenir. Conséquemment veuillez faire parvenir au prince chancelier l'expression de mon désir, que conformément à l'offre qu'il me faisait faire par M. de Keudell il veuille bien aussitòt qu'il aura suffisamment sondé les intentions du comte Kalnoky prendre l'initiative officielle tant à Vienne qu'à Rome pour la prolongation du Traité d'alliance sur les mèmes bases que celui actuellement en vigueur, avec les ajoutes ou modifications à convenir en conséquence du désir dont j'ai eu l'honneur de faire parvenir l'expression à Son Altesse dans ma conversation avec M. de Keudell que je vous ai résumé par mon télégramme du 7 courant soir 1 .

200 1 Cfr. n. 158.

201

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. PERSONALE S.N. 1 Berlino, 19 ottobre 1886, ore 17,39 (per. ore20,35).

Par mon télégramme particulier du 17 V.E. 2 aura vu que le chancelier trouvait parfaitement discutable la question de Tripoli, il se référait à ce sujet à ce que son fils aurait écrit sur mon entretien avec lui, et dans lequel conformément au langage que vous aviez fait entendre à Constantinople je rappelais que nous visions avant-tout au maintien du status quo dans cette province et à ce que l'équilibre dans la Méditerranée ne fCtt pas troublée davantage. Il répondait à cela en disant que ces questions forment l'objet de pourparlers dans un sens analogue, c'est pourquoi je vous télégraphiais, lors mème que vous eussiez déjà présenté là-dessus à Keudell des considérations dont à l'heure qu'il est Kalnoky est instruit, que si vous jugiez utile que d'ici on sonde le terrain à Vienne sur quelqu'engagement réciproque à prendre à cet égard j'avais lieu de croire que le prince de Bismarck serait disposé à en entretenir le Cabinet de Vienne. Il importe de continuer échange de vues.

202

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1860. Parigi, 19 ottobre 1886, ore 18,45 (per. ore 21,15).

Aujourd'hui un très-haut personnage m'a dit confidentiellement tenir d'une source très authentique les faits suivants: M. Freycinet, préoccupé du reproche qu'on lui a fai t d'avoir laissé sans résistance l' Angleterre s'emparer de l'Egypte, a mandé le comte d'Aunay, ministre de France au Caire, auprès du marquis de Salisbury à Dieppe pour le sonder au su jet des intentions de l' Angleterre sur l'Egypte. Le com te d' Aunay était choisi pour cette misson ayant beaucoup connu lord Salisbury à Londres. Il insista auprès de lui pour que le France ait une satisfaction quelconque en Egypte. Il proposa ou que le Cabinet anglais désigne une époche très prochaine pour évacuation complète de l'Egypte, ou bien, si l'Angleterre ne croyait pas devoir abandonner ce Pays à lui-mème, qu'on y appelle des troupes turques qui, au besoin, pourraient ètre commandées par des officiers anglais;

2 Cfr. n. 196.

dans ce cas la France demanderait, en compensation, qu'on lui confiàt une des branches d'administration en Egypte. Lord Salisbury aurait répondu très évasivement à ces propositions, se réservant de !es examiner. Le comte d'Anunay a fait ces démarches avant son départ pour l'Egypte. Je tiens d'autre part d'un grand personnage qui appartient à l'Egypte, que !es anglais seraient disposés à promettre l'évacuation de ce Pays, mais après un prolongement de séjour de dix ans. Je dois ajouter que le com te d'Aunay est très bien vu par le khédive. Nubar pacha a fai t !es plus grands éloges de sa réserve et de son esprit de conciliation.

201 1 Annotazione a margine: «N.B. Questo telegramma si è incrociato con quello nostro del 19, ore 3,15 pomeridiane». T. s.n., non pubblicato.

203

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI

R. CONFIDENZIALE 8. Londra, 19 ottobre 1886 1

Sono informato che un telegramma fu spedito ieri da Londra al governatore di Bombay per sollecitare una risposta circa la cessione di Zeila. L'indugio ch'è stato messo da lord Reay a rispondere a lord Iddesleigh non è maggiore del tempo ch'è necessario ad un governatore per conoscere il parere dei suoi consiglieri. Da quanto m'è stato detto, sarebbe l'obbligo di lord Reay di consultare almeno, l'onorevole J.B. Peile, l'onorevole Maxwell Melvill, ed il signor Macpherson membri principali del suo Consiglio. L'assenza d'uno di costoro da Bombay basterebbe a dar spiegazione d'un ritardo: né una cosa di tanto momento si può decidere in poche settimane ma può richiedere mesi.

Sono stato inoltre informato che il 17 del presente, nella breve fermata che lord Salisbury fece in Londra nel recarsi da Dieppe a Balmoral, lord Iddesleigh si consultò di viva voce col primo ministro (come aveva fatto in iscritto), rispetto la cessione di Zeila all'Italia. Lord Salisbury sarebbe altrettanto favorevole ai nostri desideri quanto è il segretario di Stato del Foreign Office. Ma entrambi aspettano per dichiararsi la risposta di Bombay.

Frattanto ho ragione di credere che il Governo inglese dà maggiore importanza a Zeila di quello che parrebbe. Le cose seguenti mi sono state dette oggi stesso da persona di fiducia. «Se Zeila non sarà ceduta all'Italia, non sarà però in alcun caso restituita alla Turchia né si lascerà che la Francia vi metta la mano.

Si crede altresì che l'Harrar possegga tutte le qualità essenziali per fondarvi un'importante colonia». Ho avuto l'onore di rendere la S.V. consapevole di ciò che precede col mio telegramma d'oggi 2 .

203 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 2 T. confidenziale IO (numero dell'ambasciata a Londra), non pubblicato.

204

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 771. Parigi, 19 ottobre 1886 (per. il 22).

Io feci ieri la mia prima visita al presidente del Consiglio signor de Freycinet che mi accolse con la solita cortesia.

Non potei lungamente trattenermi con lui poiché lunedì non era giorno di udienza, ed egli doveva ricevere molti senatori e deputati in vista della seduta della Camera che si supponeva dovesse essere, come lo fu di fatto, importante.

Il signor di Freycinet mi espresse il desiderio di un maggior ravvicinamento tra la Francia e l'Italia, accennando alle questioni economiche di mutuo interesse, nonché alla posizione dei nostri due Paesi nel Mediterraneo che egli vorrebbe definita a comune soddisfazione. Egli mi disse che aveva dato istruzioni in quel senso al nuovo ambasciatore di Francia, conte di Mouy, che sarà anche incaricato di proporre una nuova Convenzione di navigazione che non sarà dissimile, salvo alcuni punti secondarii, da quella già concertata fra i nostri due Governi e che fallì per pochi voti alla Camera dei deputati.

Il giorno prima, quello dello stesso mio arrivo a Parigi, io aveva avuto la visita del conte di Mouy che mi aveva parlato nel senso stesso del signor di Freycinet, e mi disse avere per missione di fare larghe aperture a V.E. sulle questioni anzi accennate. Il conte di Mouy mi riconfermò l'oggetto della sua missione nella visita che io gli feci ieri dopo quella al signor de Freycinet. Egli doveva partire la sera stessa per Roma, carico di buone intenzioni.

Nelle mie risposte ai due miei interlocutori, io mi mantenni sulle generali. Nei loro discorsi la parola Egitto fu bensì pronunziata, ma io mi astenni dal provocare una discussione a quel riguardo benché io avrei potuto rispondere che alla Francia assai più che all'Inghilterra incombe in gran parte la responsabilità delle tristi condizioni di quel Paese, poiché ad essa principalmente è dovuto che fosse esclusa l'azione moderatrice dell'Italia che per l'addietro, tanto aveva contribuito al riordinamento dei principali rami della amministrazione dell'Egitto sotto il regno del khédive precedente ed era più di ogni altra Potenza in grado di servire di contropeso nell'antagonismo di quelle due Potenze che fu la cagione di tutti i mali lamentati.

Non si potrebbe dire in questo momento se una crisi ministeriale totale o parziale come quella scoppiata ieri nella Camera in occasione della discussione sui disordini di Vierzon, permetterà al signor di Freycinet di mettere in atto le sue disposizioni concilianti verso l'Italia. Però il presidente della Repubblica che io ebbi l'onore di vedere questa mattina dopo il consiglio dei ministri, non sembra troppo preoccupato delle conseguenze del recente voto della Camera che indusse il ministro dell'interno a dare le sue dimissioni.

P.S. Al momento di chiudere questo rapporto vedo nel foglio dell'agenzia telegrafica Havas che la crisi ministeriale è passata poiché il signor Sarrien poscia il signor Sadi Carnot hanno ritirato le loro dimissioni.

Suppongo che lo stesso sarà del signor Demòle che minacciava di dimettersi.

205

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE RISERVATO 4288. Berlino, 20 ottobre 1886 (per. il 24).

Peu après son arrivée, M. Herbette m'a fait visite en ma qualité de doyen pour demander quelques indications sur le cérémonial de cette Cour. La présentation de ses lettres de créance aura lieu deux ou trois jours après le retour de Sa Majesté qui a diì quitter ce soir Baden-Baden.

Il s'inspirera fidèlement m'a-t-il dit, à la pensée de M. de Freycinet qui, se rendant exactement compte de la situation, vise à entretenir des relations amicales avec !es autres Puissances et nommément avec l'Ailemagne. Le nouvel ambassadeur estime que la meilleure voie à suivre pour s'acquitter de sa tàche, c'est de ne pas chercher à finasser avec un homme d'Etat comme le chancelier. Il jouera donc cartes sur table. Il ne se dissimulait pas moins combien sa mission était ardue. Il existe maints obstacles inhérents à l'état actuel des choses, ne serait-ce que la polémique irritante de la presse semblant s'ètre donné le mot pour compromettre l'oeuvre des diplomates. Avec la meilleure volonté, !es Gouvernements ne luttent pas toujours avec succès contre de tels écarts.

Il ne m'a pas soufflé mot de sa première visite au secrétaire-d'Etat. Mais celui-ci a bien voulu me renseigner à cet égard, tout en recommandant que ces détails restent confidentiels, ne figurent pas dans nos documents diplomatiques et surtout ne soient pas communiqués à notre ambassade à Paris.

M. Herbette entrait en matière en traçant !es qualites de l'homme d'Etat dont il avait été à différentes reprises le collaborateur et dont il connaissait à fond la pensée. Le président du Conseil et ministre des affaires étrangères a un esprit essetiellement pratique. «Il fera une politique d'ingénieur»! Ses plans sont parfaitement arretés. Il continuera ses efforts pour amener !es meilleures relations avec l'Allemagne. Partisan de la paix, comme la grande majorité de son Pays, il peut affirmer hautement que la Franche ne cherche pas une guerre de revanche. Elle est dans la voie de se désintéresser de l'Alsace-Lorraine! Elle reconnaìt que le Cabinet de Berlin lui a rendu plus d'un service pour ses expansions coloniales; mais il existe un courant dans l'opinion publique qui attribue ces services à l'arrière-pensée de distraire au loin les forces de la République, de lui préparer en quelque sorte un piège, ou un dérivatif aux projets qu'on lui prète bien à tort.

Une déclaration du prince de Bismarck, qui tendrait à corriger ces impressions, produirait un excellent effet et serait accueillie avec une vive satisfaction. On va jusqu'à représenter le général Boulanger comme le bras droit de Déroulède. M. Herbette, tout en laissant percer une pointe d'ironie à l'endroit de ce ministre, niait qu'il se melàt en quoique ce fiìt des affaires étrangères. Ce que la France demande c'est que l'Angleterre n'occupe pas indéfiniment l'Egypt, qu'elle remplisse l'engagement assumé d'évacuer ce Pays. La Grande Bretagne voudrait, dit-on, en proposer la neutralisation. La France ne sauvait accepter cette combination. Sous peine de déchoir de sa position de Grande Puissance, elle doit sauvegarder ses intérèts dans la Méditerranée. C'est-là que se trouve le pivot de sa politique. «Quant à moi», ajoutait M. Herbette, «j'appartiens à la bourgeoisie, à la classe la plus nombreuse et la plus dévouée aux intérèts de la paix.

Je ne saurais mieux la représenter qu'en vouant tous mes efforts à assurer de nouvelles garanti es à cette paix par d'excellentes relations avec l' Allemagne» 1 . Il exprimait ensuite le désir de se rencontrer avec le chancelier quand il passerait par Berlin pour se rendre de Varzin à Friedrischsruhe.

Le comte Herbert de Bismarck avait conservé une bonne impression de cet entretien. Il avait pu se rendre compte que cet envoyé français était rompu aux affaires. Il était certes de beaucoup préférable d'avoir à traiter avec ce sorte de fonctionnaires qu'avec de novices, fussent-ils mème d'illustre naissance 2 . Ce qui n'empèchait pas qu'il n'acceptait que sous bénéfice d'inventaire les belles phrases qu'il avait entendu de sa part.

Je demandais si M. Herbette s'était expliqué davantage sur la déclaration qu'il suggérait dans son entretien. Le secrétaire-d'Etat me répondait que son interlocuter n'avait parlé qu'en termes généraux qu'il se réservait vraisemblablement de préciser et de compléter quand il verrait le chancelier.

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO.

Mes télégrammes ont dit tout ce qui a été fait ici soit pour communications verbales et secrètes sur entretien entre Freycinet et Ressman soit pour question alliance. Je n'ai rien à ajouter pour le moment. Il vaut mieux d'ailleurs pour la sùreté de la correspondence que je m'abstienne de me servir de la poste.

206

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 650. Sofia, 20 ottobre 1886 (per. il 27).

Ho l'onore di confermare col presente rapporto il mio primo telegramma di oggil.

Il signor Natchevich mi ha pregato di far conoscere a V.E. una lieve differenza esistente ancora fra la formula serba e la bulgara circa al punto riguardante l'espressione del rincrescimento per l'occupazione di Bregovo.

Il signor Garaschanine nella lettera al signor Naciovich propone la formula:

«Le Gouvernement bulgare reconnaissant que la prise de possession de Bregovo a été par l'autorité bulgare effectuée contrairement aux usages internationaux, et regrettant ce fait qui a altéré !es relations d'amitié entre les deux Pays, évacuera ce point immédiatement après la signature du présent acte».

Il signor Naciovich propone invece la formula:

«Le Gouvernement bulgare regrettant l'incident de Bregovo qui avait altéré les relations d'amitié entre !es deux Etats voisins, fera évacuer le terrain contesté vis-à-vis de ce village immédiatement après la signature du présent acte».

Per maggior chiarezza, qui unito, trasmetto a V.E. il progetto dell'intero accordo serbo-bulgaro, con i due testi dell'articolo 1°, quale l'ho ricevuto da questo dicastero degli affari esteri 2 .

Il signor Naciovich supplica V.E. di degnarsi di far dire dal conte Zannini a Belgrado ancora una parola in favore della Reggenza bulgara, allo scopo di ottenere che la sua formula, nella sostanza non dissimile da quella serba, sia accettata dal Governo del re Milano.

A Sofia si è ben decisi, una volta vinta quest'ultima difficoltà, a fare ogni maggior sforzo per stabilire le relazioni di amicizia più cordiali col vicino Regno, convinti essere ciò nell'interesse vitale dei due Stati.

Il nuovo agente bulgaro a Belgrado, dottor Stransky, ieri fece visita ai rappresentanti delle Grandi Potenze. In un lungo colloquio avuto meco mi ha pure dichiarato che si adoprerebbe a Belgrado a far dimenticare ai serbi la cruenta lotta dello scorso anno ed a mantenere le più intime relazioni.

205 1 Annotazione a margine di Robilant: «Ignobile». 2 Annotazione a margine di Robilant: «Questo sì». 206 1 T. 1869, non pubblicato.

207

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ZANNINI

T. 869. Roma, 21 ottobre 1886, ore 18.

Notre agent à Sophia vient de me télégraphier ce qui suit: «(telegramma 1869)» 1 . Je vous prie d'interposer vos bons offices auprès du Gouvernement serbe afin que ce différend soit vidé. Il n'est pas dans l'intérèt de la Serbie de pousser trop loin !es choses et de mettre le Gouvernement bulgare dans l'alternative ou de continuer à ne pas avoir des rapports officiels avec la Serbie ou de signer une formule qui le rendrait impopulaire. Du reste je fais remarquer que dans un de vos télégrammes vous disiez que la Serbie se serait contentée d'une simple expression de regret de la part de la Bulgarie.

207 1 Del 20 ottobre, non pubblicato, ma cfr. n. 206.

206 2 Non si pubblica.

208

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 195. Roma, 21 ottobre 1886.

Ella ricorda che nel gennaio scorso ebbe luogo uno scambio d'idee fra noi e il Governo inglese, all'intento di limitare l'importazione delle armi e munizioni da guerra sulle coste del Mar Rosso.

Noi facemmo ottima accoglienza alle entrature del Governo britannico, dispostissimi a concludere un accordo che avrebbe corrisposto ad un bisogno già da noi avvertito; soltanto si fece riflettere che, qualunque provvedimento si volesse adottare in questa materia, sarebbe sempre insufficiente e si risolverebbe in sterili molestie a danno del commercio, quando non fosse attuato concordemente da tutte le Potenze che hanno possedimenti sulla costa orientale d'Africa.

Una tale osservazione era motivata dal sapere che la Francia, cui l'Inghilterra aveva pure proposto un simile accordo, non aveva ancora accettato (rapporto di

V.S. del 31 dicembre 1885 n. 945) 1 .

Il nostro concetto della necessità di una azione concorde di tutte le Potenze interessate, era ripetuto in un pro memoria che rimisi a sir John S. Lumley il 19 gennaio (n. 650 della serie XXIII) 1 nel quale si confermava che noi eravamo pronti ad esaminare ogni proposta pratica che ci venisse fatta dall'Inghilterra allo scopo di limitare il commercio delle armi.

Le trattative si arrestarono a questo punto.

Un nuovo cenno che il Governo della regina persisteva a considerare pericoloso un tal commercio, si ebbe nello scorso aprile, allorché avendo noi chiesto, come ne era corsa la voce, se esso aveva vietato il trasporto delle armi pel Mar Rosso, lord Rosebery rispondeva (rapporto del conte Corti del 25 aprile n. 52) 1 non stimar conforme agli interessi della civiltà che le barbare popolazioi dell'interno dell'Africa fossero provvedute di strumenti di distruzione.

Le notizie che andiamo ricevendo dai nostri presidii sul Mar Rosso, ci fanno ogni giorno più considerare che si possa prendere un qualche provvedimento per mettere un argine alla crescente importazione d'armi che finirà per divenire un serio pericolo per noi come per chiunque altri si trovi in rapporto con le popolazioni africane.

Mi gioverebbe sapere se lord Iddesleigh sarebbe disposto a riprendere le trattative per un accordo che potrebbe anche risultare da un semplice scambio di note.

Ma siccome, torno a ripeterlo, nessuna misura può essere efficace se è limitata ai possedimenti italiani, occorrerebbe che ella chiedesse a lord Iddesleigh quale risposta fu fatta in definitiva dalla Francia alla proposta inglese accennata di sopra; e, nel caso in cu,i essa non fosse stata concludente se il Governo della regina non sarebbe alieno dal ritentare la prova a Parigi, beninteso, col nostro concorso.

Anche i francesi d'Obock dovrebbero a quest'ora essersi convinti che il vantaggio di qualche trafficante o le passeggere simpatie di un capo africano sarebbero

troppo caramente pagate, facilitando od anche solo permettendo l'introduzione di armi perfezionate che, o prima o poi, potranno rivolgersi contro di loro come contro di noi 2 •

208 1 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

209

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 306. Roma, 21 ottobre 1886.

Mi giunge il suo rapporto del 14 ottobre 1 con cui ella mi trasmette la traduzione direttale in data del 7 dal ministro di Stato per annunziarle che il Governo colombiano presentò la domanda ufficiale per la mediazione.

Debbo osservare, a scanso di ulteriori equivoci, che la traduzione accennata parla di arbitraggio, laddove per noi si trattò sempre di semplice mediazione. Già nella lettera direttami dal conte Rascon, il 16 ottobre, e che figura nella raccolta di documenti sotto il n. 255 (LXXXII) 2 , avevo notato la parola arbitraje; ma non mi era parso di rilevarla altrimenti che sottolineandola nella raccolta suddetta, attribuendone l'impiego a fortuita improprietà di linguaggio od a errore di penna. Il ripetersi dell'errore mi fa temere che il Gabinetto di Madrid fraintenda il pensiero nostro, quale lo abbiamo espresso sin da principio e quale lo manteniamo, e mi fa considerare come cosa urgente che si dilegui l'equivoco e che ne consti in modo formale. Voglia dunque chiarire la cosa, senza indugio, col ministro di Stato e fare in guisa che da un nuovo documento risulti l'uso della parola arbitraje fatto in qualche nota anteriore essere stato abusivo, ed il còmpito della Spagna nel nostro dissidio con la Colombia essere quello di mediatore e non di arbitri.

Confermandole così ciò che in sostanza le ho telegrafato pur ora 3 ...

210

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MALMUSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 132. Tunisi, 21 ottobre 1886 (per. il 26).

Col mio rapporto n. 130 di serie politica 1 io riferiva all'E. V. la notizia, allora raccolta, circa il progettato porto militare di Biserta; e infatti due ufficiali francesi del genio sono testé giunti sul posto e dopo averne preso i rilievi sono tosto ripartiti.

2 Non pubblicata.

3 T. 1878 del 22 ottobre, non pubblicato.

Per altra parte però confidenzialmente mi fu affermato che il porto da costruirsi non sarebbe militare ma commerciale soltanto.

Persona di cui non avrei ragione di dubitare, mi assicurava, or non è molto, che, all'atto di consentire all'occupazione della Tunisia, il Governo inglese avrebbe ottenuto formale promessa che una stazione militare non si sarebbe creata sulle coste della Reggenza.

L'Inghilterra, così soggiungeva, non potrebbe tollerare che la Francia possedesse un'altro porto militare nel Mediterraneo.

208 2 Per la risposta cfr. n. 242.

209 1 R. 333, non pubblicato.

210 1 Cfr. n. 132.

211

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 198. Roma, 22 ottobre 1886.

A sir John Lumley venuto ieri a vedermi, dissi avergli a tenere discorso che non amerei veder riprodotto in un libro azzurro, e preso sul mio tavolo un telegramma poco prima giuntomi da Costantinopoli 1 , glielo lessi. In questo telegramma, già noto a V.S. il barone Galvagna dice che i negoziati tra la Francia e la Porta per le questioni mediterranee non vanno innanzi, il che dispiace molto all'ambasciatore di Russia, che attribuisce ciò alla poca abilità del suo collega di Francia.

Si aggiunge risultare al nostro ministro a Costantinopoli che il signor Freycinet si accinga ad indirizzare una circolare alle Potenze intorno al regolamento definitivo della questione d'Egitto.

Chiesi all'ambasciatore d'Inghilterra se nulla poteva dirmi su quest'argomento. Egli mi rispose sapere che la franca dichiarazione fatta da me fare al sultano sulla questione di Tripoli, appenza incominciati i maneggi del conte di Montebello per condurre la Porta ad un accordo con la Francia sulla questione dell'Egitto e della Tripolitania, aveva prodotto sul sultano così favorevole impressione, che le proposte francesi, prese prima in seria considerazione, erano state messe in non cale. Aggiunse sapere pure che la Francia non disdegnava ricorrere ad ogni arte per arrivare a mettere l'Inghilterra fuori dall'Egitto; ma che il Governo della regina, pur convenendo in principio di dover lasciare un giorno quel paese, voleva rimanere solo arbitro nella scelta del momento a ciò opportuno. L'Inghilterra aveva fatto troppi sacrifici per occupare l'Egitto, e non poteva quindi abbandonarlo se non quando a lei, e non ad altri, convenisse.

Allora io conclusi: «Ebbene io sarò sempre lieto, e potete farlo sapere al vostro Governo, di parlare con voi della questione di Egitto». Credo che sir John Lumley abbia compreso tutta la portata delle mie parole. Ella potrà, ove l'occasione se ne presenti, ripeterle al Foreign Office.

211 1 T. 1872 del 21 ottobre, non pubblicato.

212

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI 1

D. 199. Roma, 22 ottobre 1886.

Vidi ieri nel mio ricevimento ebdomadario l'ambasciatore d'Inghilterra, il quale mi chiese se avremmo date istruzioni al nostro agente a Sofia di recarsi a Tirnovo quando la grande assemblea si riunisse in questa città. Gli ho risposto che noi tenevamo principalmente a non far credere ai bulgari che alcune potenze fossero pronte ad aiutarli a raggiungere i loro intenti, mentre altre si mostravano per loro indifferenti e ostili. Questa divisione dell'Europa in due gruppi non avrebbe potuto non far nascere nei bulgari illusorie speranze, e spingerli, così, fuori del cammino, che può solo condurli a salvezza, quello cioè della temperanza e della prudenza. Facendo un bisticcio di parole, dissi all'ambasciatore d'Inghilterra che io riteneva cosa immorale il dare un appoggio morale ad un piccolo Stato, quando non si era pronti a dargli, in caso di necessità, anche un appoggio materiale.

Ora siete voi pronti, chiesi al mio interlocutore, a dare alla Bulgaria l'appoggio delle vostre armi? Sir J. Lumley non ammetteva che ciò fosse possibile, almeno nelle attuali condizioni d'Europa. Ebbene, conchiusi, allora è necessario di evitare che la Bulgaria vegga l'Europa schierata moralmente in due campi; e, partendo da questo principio, noi abbiamo dato ordine al conte de Sonnaz di non recarsi a Tirnovo, se non quando la maggioranza dei rappresentanti delle Grandi Potenze vi si rechi.

213

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 200. Roma, 22 ottobre 1886.

È stato assicurato al generale Gené che il trattato conchiuso in Adua il 3 giugno 1884 fra l'Inghilterra, l'Egitto e l'Abissinia, conosciuto sotto il nome di trattato Hewett, non è stato ancora ratificato.

Interessando chiarire questo punto, prego V.E. d'esprimere informazioni in proposito 1•

212 1 Ed. con numerose varianti in LV 55, p. 70. 213 1 Per la risposta cfr. n. 305.

214

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 982. Roma, 22 ottobre 1886.

Ieri il conte di Mouy, tornato a Roma il giorno innanzi, venne a farmi la prima sua visita. Con parole vaghe egli mi ripeteva tutto ciò che mi era stato scritto dal cavalier Ressman, senza però toccare della conversazione del signor di Freycinet col nostro ministro costà. Il signor di Mouy aggiunse che il signor di Freycinet credeva doversi incominciare dal risolvere il problema della convenzione di navigazione, la quale sarebbe il primo anello di una catena di altri accordi più intimi.

Dopo aver ascoltato immobile tutto ciò che il mio interlocutore dicevami, gli risposi che la convenzione di navigazione era principalmente una questione tecnica, ed il risolverla non dipendeva tanto da me quanto dai ministri competenti. Feci cenno della quasi assoluta impossibilità di farne approvare una nuova, prima della fine di questo anno, cosa che il signor di Mouy erroneamente riteneva facilissima, e prendemmo appuntamento per parlare in modo più particoleraggiato di quest'affare. Aggiunsi che quanto alle questioni generali, alle quali egli aveva accennato, io insisteva nel pensiero espressogli prima della sua partenza da Roma, che cioè convenisse ai due Paesi di stabilire a poco a poco le nostre relazioni sopra un piede di fiduciosa cordialità, e che a ciò, per conto mio, mi sarei sempre e volentieri adoperato, rimuovendo i possibili attriti fra le due Nazioni.

Quanto allo scopo immediato e di maggior portata che avevano le allusioni, da lui fatte, al naturale predominio che nel Mediterraneo dovrebbero avere sole l'Italia e la Francia, io non lo rilevai, e feci vista di non averlo neppure compreso.

215

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÉ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 708. Massaua, 23 ottobre 1886 (per. il 14 novembre).

Riferendomi al mio rapporto 19 corrente 1 ed al telegramma del giorno successivo, n. 47 2 , ho l'onore di rimettere a V.E. copia della relazione del signor comandante il «Mestre» in data 19 di questo mese, n. 295 3 , e di quella del signor segretario per gli affari indigeni di pari data 3, relative ambedue alla perlustrazione fatta a Taklai.

2 Non pubblicato.

3 Non si pubblicano gli allegati.

In esse si contengono maggiori dettagli sulla cattura e sull'incendio di sambuchi commesso dal «Giaffaria», che confermano i precedenti rapporti su questo argomento. '

È inoltre da osservare quanto in tutte e due le suddette relazioni, ma specialmente in quella del cavalier Pestalozza, si riferisce alle dichiarazioni dei capi degli habab e della tribù resciaida.

A maggior schiarimento di esse anzi, unisco copia del processo verbale in data 17 corrente di quanto esposero e chiesero i suddetti capi al segretario per gli affari indigeni ed al comandante del «Mestre».

Dai sopraindicati documenti emergono parecchi fatti, che sembrano ormai doversi accettare per assolutamente veri.

E sono:

l) che le tribù con cui commerciavano i negozianti di Massaua a Taklai sono non soltanto affatto pacifiche, ma giammai si unirono in alcun ~odo ai ribelli;

2) che il «Giaffaria» aprì per primo il fuoco contro quelli che si trovavano sulla costa, senza che fosse avvenuta alcuna provocazione, e senza che poscia venisse risposto alla sua aggressione;

3) che il «Giaffaria» non solo sequestrò sambuchi e merci, e catturò persone senza procedere a qualsiasi preliminare informazione; ma, anzi, tali atti commise dopo essere stato edotto dagli agenti dei commercianti massauini che essi erano muniti di regolari patenti rilasciate da noi.

E su questo incidente mi permetto di richiamare specialmente l'attenzione dell'E.V.

4) che i sambuchi non facevano alcun contrabbando, né commerciavano con ribelli.

5) che gli abitanti della costa sino a Taklai, ed oltre, si considerano tuttora dipendenti da Massaua, perché dal Governo di questa città erano retti durante la dominazione egiziana: il che è pure nuova prova della deficienza di giurisdizione per parte del «Giaffaria» nelle acque e sul litorale dove esercitò il suo recente atto, che si può qualificare di pirateria.

I suaccennati fatti, che si riferiscono più specialmente alla cattura dei sambuchi awenuta a Taklai, ne dimostrano sempre più l'illegalità, e, per conseguenza il diritto nei danneggiati ad un giusto indennizzo, ed il dovere nel Governo egiziano di darci piena soddisfazione per lo sfregio inflittoci.

I fatti seguenti risultano egualmente dai documenti qui acclusi, si riferiscono in particolar modo alla questione del tratto di costa nord da essere sottoposto alla nostra protezione.

a) Gli abitanti del litorale sino a Taklai, ed oltre, come già si disse, hanno la convinzione di dover dipendere da chi governa Massaua, e sono disposti ad obbedirvi.

b) Questa loro convinzione è avvalorata dal proprio desiderio di riconoscerei per loro protettori sapendoci buoni e giusti.

c) Maggiore spinta ad accostarsi a noi ricevono dal loro odio per gli inglesi e per gli egiziani, aumentatosi ancora a cagione degli ultimi atti di barbarie commessi dal «Giaffaria».

d) Ma per poter manifestare con atti queste favorevoli loro disposizioni chiedono di avere qualche prova della nostra autorità, specialmente accordando loro protezione dal lato del mare, mentre dalla parte di terra provvederebbero essi stessi alla propria sicurezza.

e) Il Governo di Suakin fa loro continuamente delle proposte per attirarli nella sua orbita, e forse gli stessi atti di vandalismo commessi dal «Giaffaria» ebbero lo scopo di spingerli ad accettare le fatte proposte, terrorizzandoli e provando loro che li impedirà di ricevere alimenti e vestiario da altri, se non si sottomettono al Governo egiziano.

f) Nello stato in cui si trovano queste popolazioni, se non vengono prese sotto la nostra protezione, o saranno assorbite dal Governo di Suakin, o si metteranno a parteggiare per i dervisc. Nel primo caso, ci sfuggirà uno sbocco facile ed assai importante pel nostro commercio, nel secondo, si accrescerà l'anarchia e la rivolta nelle tribù residenti fra Suakin e Massaua con danno grave nostro, ma maggiore per gli anglo-egiziani, più importanti ancora dei nostri essendo i loro interessi in queste regioni.

g) Si può ritenere che Taklai sia punto molto importante per le relazioni con l'interno, potendosi da quel luogo usufruire di una via quasi diretta e facile per Kassala, il che non è di poca importanza. Ed infatti sinché dureranno le condizioni attuali di poca sicurezza pel percorso delle carovane da Massaua sino al Paese degli habab, specialmente a cagione dell'Abissinia, il poter avere un punto sicuro a Taklai per lo sbarco ed imbarco delle merci è di immenso vantaggio pel commercio di Massaua. Se poi si riannoderanno le relazioni fra Suakin e l'interno, l'essere in nostra mano Taklai vorrà dire non poco per sostenere la concorrenza con quel porto.

h) Avvi a circa un'ora di distanza da Taklai verso l'interno un posto chiamato Therauba, che, a quanto pare, offrirebbe le condizioni necessarie per un conveniente posto di osservazione affine di impedire contrabbandi, tratta di schiavi od altri abusi, e che un nostro presidio anche piccolo, potrebbe rimanervi sicuro, essendo sorretto dalle popolazioni, e tutelato da frequenti crociere di nostre navi a Taklai. Pare che in questo punto siavi inoltre possibilità di trovare l'acqua necessana.

i) Gli habab, perseverano nelle loro amichevoli disposizioni a nostro riguardo, ed i resciaida, più specialmente abitanti il litorale, non chiedono meglio che di accettare il nostro protettorato. Ed in quanto ai beni-amer, dominanti più all'interno, ebbimo già da lungo tempo assicurazioni replicate di essere volenterosi di accogliere la nostra influenza, come, del resto, ciò avviene con quasi tutte le tribù dell'interno.

l) Mentre la nostra bontà e giustizia sono riconosciute ed apprezzate da tutti, non pare però che, in questi Paesi dove è altamente ammirata la forza, abbiano bastato questi nostri meriti a procurarci quel prestigio, che qui si accorda a chi si impone anche colla violenza, come, ad esempio, operano gli inglesi. E quindi per conoscere il nostro giusto valore attendono queste popolazioni un fatto che provi la nostra potenza e la nostra risolutezza.

Da quanto ebbi l'onore di eporre sino a questo punto a V.E. ne derivano le seguenti considerazioni.

La necessità di ottenere dall'Egitto pieno risarcimento dei danni avuti dai proprietari dei sambuchi catturati ed incendiati dal «Giaffaria», e formale riparazione a noi per non avere rispettate le patenti rilasciate dalla r. capitaneria di porto.

La convenienza di cogliere l'opportunità del fatto commesso dal «Giaffaria» per dichiarare il nostro protettorato sulla costa nord di Massaua sino a Ras Hasar.

L'opportunità di legarci strettamente cogli habab, coi resciaida, e con qualche altra tribù finitima; ma per ciò sarebbe quasi inevitabile spingerei a qualche punto interno al di là della cerchia attualmente occupata.

La convenienza di presidiare con un posto di irregolari Therauba, o qualche altra località in quei pressi che venisse riconosciuta migliore, con obbligo da parte degli habab di difenderli e di obbedire loro quali rappresentanti dell'autorità italiana. Forse converrebe, almeno in principio inviare colà un residente italiano, il quale, mentre potrebbe sorvegliare i nostri irregolari, avrebbe eziando il mandato di tenere sul giusto indirizzo le popolazioni indigene, tutelare il commercio di Massaua in quei Paesi, e sempre più espandere gradatamente la nostra influenza in quelle regwm.

La politica del Governo inglese verso al Sudan è tuttora indecisa -almeno a quanto mi è dato sapere dalle ultime notizie ricevute -se debba continuare nel sistema di conservare una specie di blocco contro ai ribelli, oppure lasciare libero il commercio. E a sperare che il Gabinetto inglese, meglio informato delle vere condizioni di questi Paesi, vorrà rinunziare ad un progetto d'impossibile esecuzione e privo d'ogni efficacia, come lo provarono questi ultimi tempi.

Ma se mai anche volesse perseverare in tale sua erronea condotta, la quale non può avere che il risultato di maggiormente inasprire le popolazioni sudanesi senza riuscire a domarle, l'azione che, secondo la proposta contenuta, si svolgerebbe da noi sulla costa nord di Massaua non sarebbe contraria a quella dell'Inghilterra; il nostro traffico espandendosi soltanto con tribù amiche, le quali altrimenti, secondo ogni probabilità, andrebbero ad accrescere considerevolmente il numero dei ribelli.

Le prese ultime del «Giaffaria» non sono certamente un episodio del supposto blocco per la fame, che taluno vorrebbe far credere sia la politica dell'Inghilterra; ma sono piuttosto da attribuirsi probabilmente ad iniziativa personale del governatore di Suakin, o meglio di Marcopoli bey, invidioso di vedere l'incremento preso dal commercio di Massaua, e dell'influenza da noi acquistata inaugurando un'amministrazione ben diversa da quella di cui è fautore.

Ed in tale senso appunto venne quel fatto interpretato dai negozianti stessi di Massaua danneggiati dalle catture fatte dal «Giaffaria», come apparisce dal ricorso in data 19 corrente, che unisco in copia 2.

Io attendo di conoscere la decisione di V.E. circa al concetto qui espresso per la protezione del tratto di costa al nord di Massaua, e, se V.E. credesse opportuno di parteciparmela col telegrafo, io potrei con maggiore sollecitudine prendere le disposizioni per eseguire gli ordini che piacerà a V.E. impartirmi.

215 1 R. 705, non pubblicato.

216

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 24 ottobre 1886.

Avrai capito dal mio rapporto di jeri che lord Iddesleigh 1 appartiene alla scuola di quelli che non dicon nulla. M'infilzò una serie di questioni sul presente e sull'avvenire, ma non emise un concetto sopra alcuna di esse, concludendo deplorare che lord Salisbury sia assente nelle presenti congiunture. Quando lo misi sulla via dell'Egitto saltò a piè giunti in altro argomento. Seppi di poi che egli sarebbe piuttosto disposto ad intendersi colla Francia, ma io credo che lord Salisbury non si presterà neppure per lavare il Freycinet dalla macchia egiziana e facilitargli così l'assunzione al potere supremo, a firmare un atto per quale impegni l'Inghilterra a sgombrare il Vice-Reame ad epoca fissa. Mentre la questione d'Oriente è pendente e quasi s'intende il rumoreggiare della vicina procella, è egli verosimile che l'Inghilterra si lasci sfuggire il pegno che tiene in sua mano? Del resto io ignoro la sua opinione in proposito, ma a me sembra quasi che a noi convenga più l'occupazione inglese che l'occupazione di altri, od anco una occupazione mista che potrebbe dar luogo a serie complicazioni.

Sua Signoria non disse verbo di Zeila, né io a lui, che mi sembra per ora esser miglior consiglio di lasciare la cosa in sospeso, che d'andar incontro al pericolo di ricevere un rifiuto positivo, e, quando avranno bisogno di noi, sanno quale è fra gli altri il nostro desiderio.

Ho visto l'ambasciatore di Russia il quale mi disse andava il meno possibile al Foreign Office perché le relazioni fra la Russia e l'Inghilterra sono attualmente tutt'altro che piacevoli, e si limita a fare le comunicazioni che gli sono prescritte senza aggiungere commenti e spiegazioni.

Il conte Hatzfeldt è il modello dell'agente diplomatico di Bismarck, né dice una parola più di quello che è obbligato a dire. Lo vidi jeri lungamente e si parlò delle cose d'Oriente. Egli confessò che a Costantinopoli l'ambasciatore di Russia monopolizza tutta l'influenza, il sultano essendo assai irritato contro tutti gli altri Governi. E sull'avvenire non espresse alcun avviso.

L'ambasciatore di Francia arrivò jeri sera, poco lieto d'aver dovuto lasciare la beatitudine campestre. Mi disse in confidenza che il suo Governo, seguendo il solito sistema di variazioni politiche, è ora completamente russo, e si parlò vagamente delle quistioni del giorno.

Il turco è sempre sulla breccia e spera che tra Mouktar e W olff troveranno una soluzione della questione egiziana che faccia partire gli inglesi. Qui gli rispondono sempre che aspettano i rapporti da W olff.

Che sarebbe vero che l'Austria sta per mandarci il conte Dubsky come ambasciatore? Io l'ebbi per collega a Costantinopoli dove Haymerle l'aveva mandato

m prova, e poi lo richiamò. Ha meno spirito di Ludolf ed è più presuntuoso e pesante.

A Parigi ricevetti la tua carissima del 18 corrente 2 , la quale mi fece assai più bene che l'acqua di Carlsbad, e te ne ringrazio di cuore.

216 1 R. 1301/307, non pubblicato.

217

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1902. Therapia, 25 ottobre 1886, ore 10,10 (per. ore 11,30).

Ambassadeur de Russie insiste auprès de la Porte pour qu'elle se prononce non seulement contre la validité des élections en Bulgarie, mais aussi contre la légalité de la Régence; ce à quoi la Porte se refuse en objectant insuffisance de ses renseignements sur la situation. Outre les instructions indiquées dans mon télégramme du 18 1 , Gadban a l'ordre de conférer avec Kaulbars avant de rédiger son rapport et de tàcher d'amener un rapprochement entre l'agent russe et la Régence. Il me revient que la Porte aurait fait tout dernièrement des ouvertures à la Russie, en vue de se concerter sur le choix d'un candidat. On m'assure d'autre part que l'ambassadeur de Russie a fait entrevoir au sultan éventualité d'une intervention militaire ottomane en Roumélie orientale.

218

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1905. Costantinopoli, 25 ottobre 1886, ore 19,30 (per. ore 20,50).

La Porte ayant appris indirectement envoi de navires guerre russes à Varna a télégraphié hier au soir à son ambassadeur à Saint-Pétersbourg de persuader Gouvernement russe de renoncer a cette décision. Ambassadeur de Russie a été aujourd'hui communiquer la nouvelle au ministre des affaires étrangères en donnant assurances des intentions pacifiques de son Gouvernement. Said pacha lui a répondu que la situation en Bulgarie ne lui paraissait pas nécessiter la détermination prise

217 1 T. 1850, non pubblicato.

par la Russie, aucun fait grave n'étant venu y troubler la tranquillité publique. L'envoi de deux navires de guerre dans un port qui fait partie intégrante de l'Empire ottoman ne saurait certainement satisfaire le sultan, et il serait à désirer que le Gouvernement russe y renonce. Ambassadeur de Russie a répliqué que la présence des deux navires russes a Varna n'a que le but d'y protéger le consulat et les nationaux menacés et que l'idée d'une occupation de la Bulgarie est abandonnée de son Gouvernement. C'est le ministre des affaires étrangères lui-mème qui vient de m'informer de ce qui précède.

216 2 Cfr. n. 198.

219

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE 1

D. Roma, 26 ottobre 1886.

L'ambasciatore di Russia, barone d'Uxkull, è venuto a darmi confidenzialmente lettura di due documenti che credo dovere riassumere qui appresso.

Il primo documento riproduce la risposta che l'ambasciatore di Russia a Vienna, principe Lobanoff, ha avuto l'incarico di fare al conte Kalnoky, da cui gli era stato domandato quale fosse il programma della Russia nella questione bulgara. Il principe Lobanoff doveva rispondere che il generale barone di Kaulbars, nel compiere la missione affidatagli, ha potuto constatare ~ ciò che d'altronde era già noto ~che la grande maggioranza dei bulgari si trova sotto un regime di terrore inaugurato da una scarsa minoranza e che quindi, contrariamente a ciò che il conte Kalnoky asseriva, il disordine più completo regna in Bulgaria. La Russia desidera che le Potenze amiche vogliano darle aiuto nel compito di ristabilire in Bulgaria l'ordine e la calma; dopo di che si potrà occuparsi di dare a quella regione un governo regolare.

Il secondo documento lettomi dal barone d'Uxkull contiene le istruzioni impartite ai comandanti dei due clippers Mercurio e Zabiaka spediti, per ordine dello czar, a Varna. In sostanza essi devono evitare di entrare in contatto con la guarnigione locale e limitarsi a dare una guardia di alcuni uomini al console russo, qualora egli fosse minacciato.

Discorrendo dell'atteggiamento più risoluto preso dal Governo di Pietroburgo, il barone d'Uxkull mi esprimeva, a titolo affatto personale e confidenziale, il concetto che la nomina di sir W. White ad ambasciatore del Regno Unito presso

S.M. il Sultano, era stata accolta dall'Imperatore come una provocazione, e che dovevasi in questo fatto ravvisare il vero motivo della dichiarazione di nullità delle

elezioni bulgare, come pure dell'invio delle due navi a Varna e degli altri provvedimenti ultimamente presi dalla Russia.

Confermandole così il mio telegramma del 25 corrente mese 2 .••

219 1 Ed., con l'omissione del brano tra asterischi e con numerose varianti, in LV 55, pp. 75-76.

220

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT l

R. 4290. Berlino, 26 ottobre 1886 (per. il 30).

Par son télégramme du 24 octobre 2 V.E. m'informe que le sultan de Zanzibar offre spontanément de nous céder Kismajou dans la région du Juba, offre que nous serions prèts à accepter, dans le cas où, comme nous l'espérons, I'Allemagne n'aurait aucun droit à faire valoir sur cette localité. Vous m'invitiez à vous renseigner là-dessus, après avoir interpellé le Gouvernement impérial.

Je me suis acquitté verbalement aujourd'hui de vos instructions.

Le secrétaire d'Etat m'a déclaré qu'il ne serait pas à mème de répondre avant cinq ou six jours. Des négotiations, en voie d'aboutir, ont Iieu en ce moment à Londres entre l' Allemagne et l'Angleterre. Eli es concernent précisement différents point de la còte orientale d'Afrique.

Le comte de Bismarck ne s'est pas expliqué autrement. Mais je doute fort que cette réponse soit favorable, car il résulte de mon rapport n. 4216 du 8 juin dernier 3 , que l'Ost-Deutsche-Afrikanische-Gesellschaft a conclu un traité de protectorat avec le prétendu sultan Ali-Ben-Ismail Kerim, qui réside à Kismajou, lequel s'attribue aussi sur la région du Giuba des droits également revendiqués par le sultan de Zanzibar. Il est vrai que ce traité de protectorat n'a pas encore reçu la sanction impériale, mais dans chacun de mes entretiens subséquents au Département des affaires étrangères, il m'a été clairement laissé entendre que le Cabinet de Berlin ne se désinteressait eu aucune manière de cette question.

A ce propos, je crois devoir mentionner que la Gazette de Cologne représentait les agissements de l'Angleterre dans I'Afrique orientale comme très-menaçants pour !es intérèts de l' Allemagne. La Nord Deutsche Allgemeine Zeitung dans son numéro de ce matin, déclare que l'Ailemagne n'a aucun motif de plainte à cet égard, et qu'en suite des rapports amicaux existants entre les deux Gouvernements au sujet de quelques points encore en suspens de leur politique coloniale, une prochaine entente va s'établir, entente qui ferait droit aux intérèts en cause, et qui, contenterait, ainsi qu'il était à prévoir, !es deux parties.

En me reférant à mon télégramme de ce jour4.••

2 T. 885, non pubblicato.

3 Cfr. serie II, vol. XIX, n. 466.

4 T. I 911, non pubblicato.

219 2 T. 888, non pubblicato.

220 1 Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit., p. 61.

221

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1310/309. Londra, 26 ottobre 1886 (per. il 29).

Ieri venne a vedermi il generale Digby Willoughby, inglese puro sangue ma comandante in capo dell'esercito della regina di Madagascar e rappresentante di

S.M. presso i precipui Governi d'Europa. Egli mi mostrò la copia della lettera per la quale S.M. la Regina lo accredita in qualità di ambasciatore presso la Maestà del nostro Augusto Sovrano, e mi disse intendeva recarsi fra breve a Roma allo scopo di presentare le sue credenziali nonché dei doni, che la regina mandava a S.M. il Re, i quali consistono di stoffe di seta e lavori in oro ed argento di quei Paesi. Avendolo io interrogato se la sua missione avesse qualche speciale oggetto, mi rispose avere infatti a trattare qualche questione che poteva interessare l'Italia per la quale S.M. la Regina e la Nazione professavano sincera simpatia. Mi limitai a rispondere che, quando fosse per recarsi a Roma, vi sarebbe convenientemente ricevuto.

222

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 27 ottobre 1886, ore 16.

Merci de votre télégramme 1• Je m'occuperai de la formule. Je tiendrais en attendant beaucoup à connaìtre votre manière de voir là-dessus. Je vous prie donc d'étudier la question et de me trasmettre par télégramme le projet de formule qui vous semblerait mieux garantir nos intérèts dans la Méditerranée tant sur la cote africaine que sur celle de l'Egée et de l' Adriatique, dans un ou bien dans plusieurs articles comme vous trouverez mieux.

223

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. 1 Roma, 27 ottobre 1886, ore 16.

Voici ce que de Launay me télégraphie: 2 «En réponse à la communication faite d'ici à Vienne et avec votre agrément, de l'entretien de V.E. avec Keudell,

223 1 Parte della corrispondenza tra il ministero e Nigra relativa alla Triplice Alleanza è tratta dalle carte consegnate dall'ambasciatore a Malvano nel maggio 1887 (ora tra le carte di Gabinetto).

2 Con T. s.n. del 26 ottobre.

dont il s'agi t dans votre télégramme du 7 courant 3 , Kalnoky a répondu qu'il y avait là matière à traiter, mais que, ainsi que vous l'aviez laissé entendre, la formule, en ce qui concerne question méditerranée n'est pas facile à établir. Le soin pourrait en ètre Iaissé à V.E. mieux à mème d'en préciser !es termes, c'est ce que résulte d'un rapport du prince Reuss, qui a été transmis à Varzin. Le secrétaire d'Etat me disait aussi aujourd'hui qu'ensuite du message contenu dans votre télégramme du 19 octobre\ prince de Bismarck s'était empressé de prendre d'abard l'initiative à Vienne dans le sens que vous indiquiez. II a été écrit à Vienne samedi dernier, et si une réponse parviendra le Cabinet de Berlin s'adressera à Rome». Je tiendrais beaucoup à connaìtre aussi votre manière de voir à l'égard de la formule que je devrais proposer. Je vous prie donc d'étudier la question et de me trasmettre par le télégraphe le projet de formule qui vous semblerait mieux garantir nos intérèts dans la Méditerranée soit sur la cote de l'Afrique que sur celle de l'Egée et de l' Adriatique dans un ou bien dans plusieurs arti cles, comme vous trouverez mieux.

222 1 Copia del telegramma al n. 223.

224

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, CAPPELLI, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. RISERVATO S.N. Roma, 27 ottobre 1886.

Mi onoro accusarle ricevuta e ringraziarla degli 'otto rapporti 2 , nei quali ella mi rende conto per iscritto, come già aveva fatto per telegrafo, del modo come aveva disimpegnato l'incarico da me datole, assenziente S.E. il conte di Robilant, di scrutare le intenzioni del Gabinetto di Londra intorno alla possibilità di una cessione di Zeyla all'Italia. Nell'adempimento di così grave mandato ella ha spiegato, e mi compiaccio rendergliene testimonianza anche in nome del ministro, uno zelo ed un'attività tali che sono veramente degni del più alto encomio.

Manovrando abilmente in mare pieno di scogli, ella ha potuto far sì che il Gabinetto di Saint-James non solo non prendesse in cattiva parte, cosa che specialmente con un governo conservatore doveva ragionevolmente temersi, il desiderio al quale noi gli facevamo fare allusione, ma che ne comprendesse i vantaggi che potrebbero derivarne, almeno indirettamente, anche all'Inghilterra.

L'affare ora è rimasto sospeso perché nello stato attuale delle politiche europee, e con il desiderio che da un mese circa la Francia ha dimostrato di voler creare

Cfr. n. 199. 224 1 Ed. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 361. 2 Cfr. nn. Il9, 143,154,166 e 203.

imbarazzi all'Inghilterra, la cessione di Zeyla avrebbe potuto dar luogo a non lievi complicazioni. Il Governo inglese inoltre deve, e ciò si comprende, interrogare sull'argomento, anche il Governo delle Indie.

Nella speranza che in questo tempo di aspettativa un'opera da lei in via officiosa così bene intrapresa possa non essere guasta, e che ci sia dato in momento non lontanissimo e più favorevole di riprendere le trattattive, portarle a sufficiente maturità per essere assunte officialmente dall'Ambasciata senza pericolo che questa ne esca diminuita di prestigio, io mi limito, signor cavaliere, ad esprimerle i miei ringraziamenti e quelli del ministro.

223 3 Cfr. n. 158.

225

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA 1

D. 176. Roma, 27 ottobre 1886.

S.E. il conte Ludolf è venuto darmi lettura della risposta che il conte Kalnoky ha fatta alla comunicazione del principe Lobanoff con cui il Governo russo dichiarava doversi ritenere come nulle tutte le decisioni della grande assemblea bulgara.

Il ministro imperiale ha richiamato l'attenzione dell'ambasciatore di Russia sulla considerazione che, se il suo Governo persistesse a rimanere sul terreno della negazione assoluta, l'impianto di un ordine di cose regolare diverrebbe impossibile. Il conte Kalnoky ha enumerati i vari fatti successivi di tale natura: l'allontanamento del principe Alessandro, il non riconoscimento della Reggenza, la dichiarazione attuale, ecc. In qualsivoglia altro Paese, ha soggiunto il ministro austro-ungarico, tutto ciò avrebbe condotto alle più gravi conseguenze. Il conte Kalnoky riguarda come assolutamente necessario di giungere alla sola soluzione possibile, che sarebbe di dare prontamente alla Bulgaria un nuovo principe.

Ho ringraziato il conte Ludolf della sua comunicazione, pregandolo di far sapere al conte Kalnoky che divido nel modo il più completo le sue vedute, e dicendogli che, se mi sono limitato a dar atto al barone d'Uxkull della sua comunicazione, ciò fu perché già più di una volta aveva sviluppato con l'ambasciatore di Russia le stesse idee che il conte Kalnoky ha epresse al principe Lobanoff.

Le confermo così il mio telegramma d'oggi 2 .

225 1 Ed., con alcune varianti, in LV 55, pp. 77-78. 2 T. 894, non pubblicato.

226

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, NIGRA

T. 895. Roma, 28 ottobre 1886, ore 22.

L'ambassadeur d'AIIemagne parlant aujourd'hui avec moi de la position difficile que les agissements de la Russie en Bulgarie créent au comte Kalnoky, m'a ajouté que ce qui la rend plus grave c'est que le prince de Bismarck lui a nettement déclaré que si la Russie occupait la Bulgarie et que l'Autriche-Hongrie voulùt s'y opposer, elle ne devrait d'aucune manière compter sur l'appui de l' Allemagne. Cette information est exclusivement personnelle à V.E. et pour sa gouverne, je vous prie donc de ne vous en servir d'aucune manière.

227

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 29 ottobre 1886, ore 0,42.

Je vous soumets ci-après, en deux articles, la formule qui me semble, en quelque mesure, tenir compte de nos préoccupations relativement à nos interèts maritimes. Il est à prevoir, notamment en ce qui concerne l'Adriatique et la Mer Egée, que les propositions ainsi rédigées soulèveront des objections, au moins de la part de l'Autriche. Mes suggestions costituent, lors mème que je me sois appliqué à ne pas trop préciser certains points, un maximum qui, dans le cours de la négotiation ultérieure, se réduira probablement à un minimum. L'essentiel est d'entamer, sur une proposition concrète, des pourparlers qui nous permettront de découvrir jusqu'où les deux Empires consentiraient à s'engager. Nous recevrions alors des contrepropositions et nous chercherions alors, s'il y a lieu, à amener des transactions qui ne laissent pas trop à découvert le but que nous voulons attendre. Voi ci les deux arti cles: «Art. l er: Les Hautes Parti es contractantes s'engagent à user de leur influence pour prévenir tant vers le nord de l'Afrique, que vers l'Adriatique et la Mer Egée, toute modification territoriale qui porterait dommage à l'un ou à l'autre des Puissances signataires plus directement intéressées à cet égard, se communiqueront tous les renseignements de nature a s'éclairer mutuellement sur leurs propres dispositions comme sur celles d'autres Puissances. Art. 2éme: Toutefois s'il arrivait, entre autres, sans provocation directe de l'Italie, que la France fit acte de vouloir 1 occuper le

vilayet de Tripoli, ou y établir son protectorat, et qu'il resultàt du fait que l'Italie devrait alors recourir à des mesures extrèmes pour sauvergarder sa position méditerranéenne, une attaque de la France contre le territoire du Royaume, le casus foederis prévu par le Traité renouvellé par le présent arrangement, sera également et pleinement applicable dans ces circonstances». Il m'a paru important de prévenir, par une clause assez précise, que l' Allemagne et l' Autriche voulussent éventuellement envisager une attaque française contre nos Etats, par suite de notre opposition armée à une occupation ou à un protectorat de la France, comme impliquant une provocation de notre part, les dégageant de toute action.

227 1 Un'annotazione a margine di Robilant reca qui aggiunta la frase seguente: «étendre un protectorat ou sa souveraineté sous une forme quelconque sur le territoire nord-africain, et qu'il résultàt du fait etc.».

228

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 989. Roma, 29 ottobre 1886.

Facendo seguito a quanto io comunicava al commendator Ressman, con dispaccio 11 ottobre, n. 974 di questa serie\ ho il pregio di partecipare a V.E. che dei due legni da guerra francesi, cui si riferiva quel dispaccio, uno stazionava ultimamente a Gerba, dopo aver lasciato l'ancoraggio di Bibane l'altro trovavasi a Zarzis.

Il r. console a T ripoli, da un rapporto del quale desumo tali notizie 2 , aggiungeva riservatamente che una colonna di soldati francesi partita da Gabès, per via terra, doveva recarsi a Wadi-FassP e colà stazionare.

Wadi-Fassi, secondo i francesi, sarebbe la linea di demarcazione della frontiera tra i due territori ma i turchi pretendono si estenda più in là di quella linea verso il territorio tunisino.

È da tener presente che il letto del Wadi-Fassi si getta nella gran laguna del Bahiret-el-Bibane dell'intera periferia del quale la Turchia pretende essere padrona, mentre i francesi accampano il diritto che una linea convenzionale partendosi dallo sbocco del Wadi fino all'isolotto, posto all'imboccatura della laguna la divide insieme al territorio.

Quanto precede per informazione dell'E. V. 4

2 R. 93 del 24 ottobre, non pubblicato.

3 Recte Oued Fessi.

4 Per la risposta cfr. n. 245.

228 1 Non pubblicato.

229

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4293. Berlino, 29 ottobre 1886 (per. il 2 novembre).

Une communication analogue à celle contenue dans votre télégramme du 26 courant 1 a été fai te ici par le com te Mouraview. Je m'empressai de porter à la connaissance du secrétaire d'Etat la réponse dilatoire et motivée par V.E. au baron d'Uxkull. Le comte de Bismarck savait qu'une réponse dans un ordre d'idée assez semblable a vai t été fai te par l' Autriche. Lui aussi se réservait de se renseigner à Sofia; mais en attendant il était enclin à révoquer en doute que telles fussent !es dispositions de la Régence. Avant d'admettre le bien-fondé des préoccupations de la Russie sur le jugement sommaire et l'exécution des officiers bulgares compromis dans la sédition du 21 aoùt, et d'aviser s'il serait le cas de s'associer aux démarches russes, il faudrait ètre d'abord édifié sur la pertinence des faits ou suppositions signalés à Pétersbourg. Ce serait, autrement, se donner l'air de s'identifier aux allures du général Kaulbars.

Depuis lors, sont arrivés de Sofia !es éclaircissements demandés à M. de Thielmann. Il résulte que !es informations reçues à Pétersbourg manquent d'exactitude. Le procès est stationnaire depuis un mois; rien n'indique jusqu'ici qu'une sentence de mort sera prononcée contre !es inculpés, ni qu'on veuille procéder à son application. Il est digne de remarque que, dans sa circulaire télégraphique, M. de Giers parle de l'éventualité de jugement sommaire et d'exécution, tandis que la note adressée par le géneral Kaulbars déclare que la simple condamnation des officiers compromis serait envisagée comme une provocation à la Russie, qui prendrait alors des mesures extrèmes. Après avoir recueilli ces données, et après en avoir référé au chancelier et à l'empereur, le secrétaire d'Etat s'est expliqué sous la forme la plus courtoise avec le chargé d'affaires de Russie, mais de manière à laisser entendre qu'une action de la diplomatie européenne pour ce cas spécial serait au moins prématurée.

Il n'était pas besoin de ce nouvel incident pour piacer sous un jour défavorable les faits et gestes des agents de la Russie en Bulgarie. Il semblerait presque que ceux-ci sont nantis de doubles instructions, les unes émanées du gouvernement et leur prèchant la patience et la modération, !es autres ayant l'estampille des meneurs du parti slavophile. On va mème jusqu'à prétendre qu'il ne règne pas une grande uniformité de vues au Ministère des affaires étrangères. Personne ne doute des idées conciliantes de M. de Giers. Il n'en est pas de mème pour le chef du Département asJatlque, le conseiller privé Zinoview, auquel sont attribuées des accointances suspectes; tout au moins n'a-t-il pas la main heureuse dans le choix des

agents consulaires ou diplomatiques, qu'il propose pour les différents postes dans la pénisule des Balkans.

Tout en faisant la part de ces deux courants, le Cabinet de Berlin n'est pas ébranlé en sa confiance dans la haute direction des affaires étrangères de la Russie. L'empereur Alexandre ne veut, ni guerre, ni occupation. M. Kaskow a recu, il est vrai, une promotion dans l'ordre de Wladimir, mais le tsar l'a accueilli froidement, lorsqu'il s'est présenté pour en exprimer sa gratitude. Sa Majesté voulait par là laisser comprendre que si !es services, rendus par cet écrivain, dans des questions d'ordre intérieur, avaient mérité un semblable témoignage de bon vouloir, elle ne lui reconnaissait aucun titre pour tracer et imposer en quelque sorte un programme de politique étrangère. En outre, l'ordre du jour impérial à l'armée et à la flotte, à l'occasion de l'inauguration du monument commémoratif de la guerre turco-russe, ne contenait aucune phrase de nature à jeter l'alarme sur !es intentions du souverain, rien qui rappelàt !es allocutions précédentes en Crimée, et au maire de Moscou. J'ajouterai à ces indices d'apparence rassurante, que j'ai entendu aujourd'hui de bonne source quelques mots, selon lesquels il y avait lieu d'espérer qu'en suite d'une certaine pression exercée avec beaucoup de tact à Pétersbourg, la Russie prendrait bientòt une initiative pour la candidature d'un nouveau prince de Bulgarie. Ce serait en effet, comme V.E. s'en est expliqué avec beaucoup de netteté récemment encore (télégramme du 27) 2 , le meilleur acheminement pour l'établissement d'un ordre de choses régulier.

En me référant à mon télégramme d'hier 3 , ...

229 1 T. 888, non pubblicato ma cfr. n. 219.

230

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 1317/312. Londra, 29 ottobre 1886 (per. il 2 novembre).

L'ambasciatore di Francia, di ritorno da pochi giorni in questa residenza, non ebbe dal suo Governo l'incarico d'iniziare speciali negoziati relativamente alla questione egiziana. Il ministro degli affari esteri, prendendo occasione dall'articolo del Temps di avant'ieri, toccò ieri dello argomento in un colloquio col signor Waddington, ripetendo nessun uomo di Stato inglese avere l'intenzione di procedere all'annessione dell'Egitto, ma il Governo britannico aveva pure il diritto ed il dovere di compiere la missione assunta. L'ambasciatore rispose in termini generali e senza formolare alcuna domanda. Ne è anzi noto che l'articolo predetto del Temps fu inspirato dal signor Waddington stesso, e rappresenta i presenti intendimenti del

signor Freycinet. La questione sembra quindi dover piuttosto entrare in una fase di calma. Delle quali cose ebbi oggi l'onore di dare avviso telegrafico all'E.V. 1 Nell'accertarle ricevuta e nel ringraziarla degli ossequiati dispacci del 25 corrente, nn. 201 e 202 di questa serie 2 , ..•

229 2 T. 894, non pubblicato. 3 T. 1927, in realtà del 29 ottobre, non pubblicato.

231

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 30 ottobre 1886 (per. il 5 novembre).

Dès la réception de votre dépéche du 12 octobre 1 , je me suis empressé d'en donner lecture au secrétaire d'Etat et, d'après son désir, de lui laisser copie des deux annexes, destinés à l'information personnelle du chancelier. Rapport en a été fait à Son Altesse qui, ainsi que le comte Herbert de Bismarck vient de me le dire, vous exprime de vifs remerciements pour cette communication. Le prince de Bismarck a trouvé on ne peut plus correcte la réponse de V.E. aux trois points formulés par

M. Moret. Vos arguments dilatoires, relativement aux affaires spéciales de la Méditerranée, sont irréfutables. Il convient en effet, ajoutait le secrétaire d'Etat, de ne s'engager qu'à bon escient avec l'Espagne, surtout en ce qui concerne les intérèts maritimes. Le secret n'est pas toujours bien gardé dans ses archives; sa flotte se trouve dans les plus mauvaises conditions; o n ne sai t trop ce que v aut une armée où les pronunciamèntos sont de mode; la situation intérieur du Pays offre peu de garanties de stabilité. En outre, le sens politique fait parfois défaut à cette Nation, ainsi qu'elle l'a démontré dans la question des ìles Carolines. C'est le Maroc qui occupe aujourd'hui son attention. C'est là une affaire à débattre en premier lieu avec la France. Il faudrait s'assurer l'appui de l'Angleterre. Mais un Gouvernement, quelqu'il soit, à Madrid, a des visées contre cette dernière Puissance, et cela au point que M. Moret, dans un entretien avec le comte de Solms, comme pour le mettre de son bord, lui laissait entendre que la Puissance qui aiderait l'Espagne à reconquerir Gibraltar deviendrait la plus populaire dans la péninsule ibérique.

Quant à ce qui regarde !es ouvertures, faites aussi à M. le baron Blanc pour une accession de l'Espagne aux accords qui existent entre l'Italie et les deux Empires, le prince de Bismarck vous est reconnaissant de la manière dont vous avez répondu. Il importe, répétait-il, d'éviter ce qui pourrait froisser le Pays et l'induire à se jeter entre les bras de la France.

2 Il contenuto di questo rapporto fu comunicato da Robilant a Menabrea e a De Martino con dispaccio del 3 novembre (per Parigi, n. 994, per il Cairo n. 1063). 231 1 Cfr. n. '!79.

Je faisais l'observation que, d'après votre dépeche, notre assentiment restait subordonné à ce que de quelque part l'Espagne fiìt invitée à donner son adhésion. Or il ne me résultait pas que quelqu'un en eùt pris l'initiative. Il n'y avait d'ailleurs, selon ma manière de voir, aucun motif à se hàter.

Le comte de Bismarck me confiait alors les détails suivants. Dans une de ses conversation avec le comte de Solms, M. Moret donnait à entendre que pour mieux arriver au but qu'il avait en vue, il serait à désirer que l'Italie elle-meme, après s'etre concertée au préalable avec l' Allemagne et l' Autriche, présentàt l'invitation formelle dont il s'agit. On verrait de bon oeil qu'elle vìnt de la part d'un Pays avec lequel il existe une communauté de race et d'intérets si évidents dans le bassin de la Méditerranée.

Au reste, le secrétaire d'Etat partageait mon avis que rien ne pressait. Il appartient maintenant à l'Espagne de répliquer à votre réponse. Si vous jugez à propos de communiquer cette réplique à Berlin et à Vienne, on avisera à se mettre d'accord sur la meilleure voie à suivre. En tout cas, il ne s'agit pas de traiter d'égal à égal un Etat qui ne saurait ranger parmi les Grandes Puissances.

230 1 T. 1928, non pubblicato.

232

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATISSIMO S.N. Madrid, 30 ottobre 1886 (per. il 6 novembre).

Confermo il mio rapporto riservato del 29 settembre 1 , inviato per mezzo sicuro al cavalier Ressmann, il quale mi scrisse di averlo affidato al deputato Chimirri.

Il 21 corrente, come telegrafai all'E. V. 2 , il senatore conte Beretta, latore di questo ed altri miei rapporti, mi consegnava il plico sigillato contenente il dispaccio riservato dell'E. V. degli 11 di ottobre3 , nonché il nuovo cifrario, che per ora non userò se non per l'argomento speciale della presente corrispondenza riservata.

Confermo intanto anche il mio telegramma cifrato del 23 corrente4 . Lo stesso giorno 23 io ebbi un colloquio col signor Moret, cui dettai in francese la risposta che ero autorizzato a fare alle domande da lui dettatemi. Egli, dopo averne esaminato lungamente i termini, mi disse provarne ottime impressioni; tuttavia, allegando la propria inesperienza in materie diplomatiche,

2 T. 1875, non pubblicato.

3 Cfr. n. 175.

4 T. 1892, non pubblicato.

229 mi pregò di dirgli come io interpretassi le riserve accennate dall'E.V. circa la solidarietà dei rispettivi interessi in Africa e circa le eventualità di comune difesa.

Io risposi che, secondo la mia poca esperienza, si usa, non solo in simili preliminari, ma perfino negli accordi formali che ne possono essere il risultato, riservare ad ulteriori negoziati le pratiche intelligenze da concertarsi a seconda dei casi circa eventuali questioni territoriali e militari. Aggiunsi felicitazioni mie al ministro di Stato per il successo delle sue entrature, dovuto all'apprezzamento fatto dal Governo del re della lealtà e maturità di propositi cui era improntata l'importante comunicazione del Governo di S.M. la Regina Reggente.

Il ministro di Stato mi dichiarò esserne grato assai all'E.V. e mi annunziò che si sarebbe fatta premura di conferirne col presidente del Consiglio e di prendere ordini dalla regina.

Soggiunse però di avere chiamato espressamente il conte Benomar da Berlino per prendere sull'argomento opportuni concerti, ed ottenere possibilmente il qualsiasi invito previsto nella comunicazione da me trasmessa a V.E.

Io gli replicai schiettamente non credere che alcuna Potenza sia disposta ad esercitare o apparire di avere esercitato sulla Spagna una pressione qualsiasi; e che in quanto a noi, dopo avere tanto amichevolmente aperto alla Spagna, sulla sua espressa domanda, la via da essa dichiarata indispensabile alla propria sicurezza estera ed interna, non ci rimane che a lasciare che essa proceda colla più assoluta spontaneità negli ulteriori suoi passi.

Il signor Moret terminò il colloquio confermandomi l'annunzio, già datomi quando io stesso ero in San Sebastiano, d'una sua prossima gita a quella località, ove diffatti si recò ier l'altro; e si riservò di riparlarmi dell'importante argomento al suo ritorno, tra pochi giorni.

Intanto il conte Benomar è giunto ieri a Madrid, e sta facendo le sue prime visite al Palazzo Reale e alla Presidenza del Consiglio nell'assenza del ministro di Stato.

232 1 Non pubblicato.

233

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1423. Cairo, 31 ottobre 1886 (per. il 7 novembre).

Rientrato da pochi giorni, non posso riferire all'E.V. che succinte informazioni, raccolte nei pochi cenni sulla politica che si agita riguardo l'Egitto, scambiati nelle prime mie conversazioni con i personaggi più interessati nella questione.

Il kedivè, e l'elemento turco che lo circonda, sanno delle pratiche, o meglio degli intrighi, della Francia a Costantinopoli e Berlino contro l'occupazione inglese, l'influenza germanica sull'animo del sultano, e le velleità (si tratta di noi) d'impossessarsi della Tripolitania, ma ignoravano come fossero state accolte e dalla Sublime Porta, e dal gran cancelliere. Al kedivè non credetti fare nessuna confidenza sulle due prime proposte del Montholon, poiché mi sono ben avveduto che sarebbero ben lieti che la Francia li liberasse dagli inglesi. La loro avversione per questi, ai quali pur si mostrano ligi e sottomessi, trasparisce in tutte le loro parole quando non temono d'esser denunciati. Ma sulla questione della Tripolitania, per la quale i francesi ci dipingono con foschi colori, non mi sono trattenuto di dire al kedivè che l'E. V. aveva dato tali franche e leali spiegazioni al sultano da distruggere ogni sospetto, e far ricadere gl'intrighi a danno degli autori.

Nubar pascià invece, che si mantiene al potere, perché gli inglesi lo vogliono, era assai preoccupato dell'attitudine presa dalla Francia. Non ufficialmente, né come comunicazione per parte di V.E., ma come mia opinione personale, e confidenzialmente, ho creduto dirgli aver dati sufficienti per ritenere fallite ovunque tutte le mene della Francia.

Malgrado che Mouktar pascià volesse tenermi un linguaggio a~sai riservato, pure si lasciò vedere non tenero per gl'inglesi. Ha sempre a cuore il rifiuto di accettare il suo progetto per la riorganizzazione delle truppe egiziane, e rimprovera all'Inghilterra di non voler riconoscere i diritti sovrani del sultano sull'Egitto, provincia dell'Impero. Da ciò potrebbe presumersi non sordo alle insinuazioni francesi. Non sono cordiali e sinceri i suoi rapporti con Nubar pascià, che lo ricambia ad usura. Ed in questi quattro giorni, da che è rientrato in Egitto il conte d'Aunay, hanno avuto quattro lunghissime conferenze.

Col conte d' Aunay la conversazione fu breve, ma esplicita. Egli senza preamboli, mi disse queste parole: «La question égyptienne a trop d'intérèt pour nous, et doit absolument ètre résolue. Nous voulons ètre conciliants; nous leur ferons un pont d'or, mais les anglais doivent s'en aller, s'ils veulent éviter le danger mème d'une guerre». Fui sorpreso che mi tenesse questo linguaggio, ed interpretando le istruzioni di V.E. non mi era possibile entrare in argomento, e la conversazione fu tronca.

Sir Evelyn Baring mi diè prova di molto interesse, a vedermi, credo, per accertarsi del nostro atteggiamento nella nuova fase della questione egiziana. In ubbidienza agli ordini dell'E.V. non indugiai ad assicurarlo confidenzialmente che l'Italia è unita all'Inghilterra in tutte le questioni del Mediterraneo, e perciò anche nell'egiziana. Se ne mostrò molto lieto, tanto che credetti avesse potuto dubitarne. Mi riferì tutti gl'intrighi della Francia, identicamente a quanto l'E.V. si era benignata informarmi. Era di opinione che dovessero fallire tanto a Berlino che a Costantinopoli, e corrisposi a queste confidenze del mio collega assicurandolo che dall'E.V. si ritenevano già come falliti. Conchiuse il signor Baring col dirmi che, per quanto l'Inghilterra sia decisa a non voler rimaner in Egitto, non cederà a qualunque costo, alla pretesa della Francia di determinare ad epoca fissa l'evacuazione.

Il conte d'Arco, preso possesso del posto, riparte dimani in congedo.

E si attende fra giorni-il nuovo rappresentante russo, il signor Koriander.

234

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

T. 1947. Parigi, l o novembre 1886, ore 17,33 (per. ore 20 ).

M. Ressman, invité par M. de Freycinet à se rendre chez lui, a eu ce matin avec le président du Conseil un entretien se rattachant à sa dernière conversation avec lui. M. de Freycinet exprima avant tout sa surprise et son regret de ce que M. de Mouy n'ait obtenu de V.E. qu'une réponse assez vague au sujet de la reprise des négociations pour le Traité de navigation. Il espérait, a-t-il dit, que de nouvelles négociations pourraient etre entamées sans délai et menées rapidement à bon fin, attendu que !es modifications au traité de 30 avril dernier, proposées par le Gouvernement français, n'ont pas une grande importance, et que V.E. lui avait paru également desireux de conclure une nouvelle convention.

Or il lui tiendrait à coeur d'aboutir avant la fin de l'année à l'effet d'éviter des plus grands embarras, et pour cela il voudrait pouvoir saisir les Chambres françaises assez promptement d'une nouvelle convention pour que, d'ici là, leur approbation soit obtenue, de meme que celles de Chambres italiennes. Au surplus, il serait disposé, si V.E. le désire, à faire voter d'abord le traité par le Parlement français, ce qui rendrait d'autant plus nécessaire une prompte entente entre les deux Gouvernements. M. de Freycinet a de nouveau affirmé son sincère désir de tout faire pour resserer les liens entre les deux Pays, et pour cela il considère comme essentielle la stipulation de nouveaux accords en matière de navigation, et le maintien du traité de commerce. Au sujet de ce dernier, il a dit qu'il a fait des efforts pour ajourner la discussion sur la proposition de le dénoncer et que, pour gagner du temps, il est parvenu à le faire passerà l'ordre du jour après le budget; mais dans cette situation, il a besoin de connaìtre l'intention réelle de V.E. à l'égard de la Convention de navigation, pour ne pas laisser croire aux Chambres qu'on est en train de négocier, losque, au contraire on n'en aurait point envie à Rome. Il a prié M. Ressman de me répéter cet entretien, et a exprimé le vif désir d'etre renseigné. Comme mercredi prochain je dois le voir, je tiendrais à connaìtre la réponse que je puis lui faire. Je pense, pour ma part, qu'il est nécessaire de prendre le plus tòt possible une détermination à cet égard, et de ne pas se dissimuler que l'absence prolongée d'une convention de navigation nous creérait vis-à-vis de la France, une position très difficile dans les rapports commerciaux en général. En tout cas, V.E. jugera, sans doute, convenable de tirer M. de Freycinet d'embarras par une explication catégorique.

234 1 Ed. in DEL VECCHIO, Di Robilant e /a crisi, cit., pp. 175-176.

235

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Vienna, 1° novembre 1886.

Voici un projet de formule qui me semble répondre au programme résumé dans votre télégramme du 7 octobre 1 , et qui est naturellement susceptible de modifications: «Artide additionnel Jer: Le casus foederis, avec les effets prévus par l'artide 2 du traité ci-dessus, sera, sur la demande de l'Italie, reconnu comme existant par ]es HH. PP. CC. si la France occupai t, tentai t d'occuper ou prenait sous son protectorat un point quelconque de la Régence de Tripoli. Artide 2ème: L'Italie et L' Autriche n'ayant en vue que le maintien du status quo territorial en Orient, s'engagent à s'abstenir, chacune pour sa part, de toute nuovelle occupation de territoire sur les còtes de l' Adriatique, de la Mer Egée ou des ìles y comprises. Si par suite de I'action d'une Puissance tierce, une occupation devenait nécessaire pour l'Italie ou pour l'Autriche sur un ou plusieurs points des còtes ou ìles susindiquées cette occupation n'aura lieu qu'après une entente entre les deux dites Puissances, basée sur le principe d'une compensation réciproque. Artide 3ème: Les présentes stipulations ne s'appliquent pas à la question égyptienne, à l'égard de laquelle ]es HH.PP.CC. conservent respectivement leur liberté d'action». Les explications suivent par courrier auxiliaire 2 .

236

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 1061. Roma, l° novembre 1886.

Ho ricevuto il rapporto direttomi dal cavalier Venanzi in data del 24 ottobre scorso 1 , per informarmi della cattura effettuata dalla nave da guerra egiziana «Giaffarich», presso Taklai, di diversi sambuchi muniti di patenti italiane, e della richiesta fatta dal generale Genè a codesto ufficio perché di tali barche fosse reclamata la liberazione.

Il comandante superiore di Massaua, ci aveva pure dato notizia di quell'incidente, che ci pare difficile, anzi impossibile, spiegare in modo soddisfacente. Non ci consta che mai sia stato stabilito, nelle forme prescritte dal diritto delle genti, un blocco sulla costa ove trovasi Taklai o che ne sia stata fatta pubblica notificazione

2 Cfr. n. 238. 236 1 R. 1422, non pubblicato.

nei modi consueti. Noi non possiamo quindi ammettere come legittima la cattura dei sambuchi massauesi che nell'una o nell'altra delle seguenti ipotesi: o che fosse dimostrata, in base alla vigente convenzione anglo-italo-egiziana, la loro partecipazione ad un reato di tratta; o che fosse dimostrata, in forma altrettanto probatoria, la loro partecipazione ad un tentativo di contrabbando di guerra. Non verificandosi né l'una né l'altra di queste due ipotesi, dobbiamo dichiarare illegale l'atto del «Giaffarich», e chiedere, in conseguenza, oltre la restituzione dei legni e delle merci sequestrate, anche un congruo indennizzo a favore dei padroni dei sambuchi.

235 1 Cfr. n. 158.

237

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4295. Berlino, l° novembre 1886 (per. il 5).

Voici comment, il y a trois jours, le chancelier envisageait la situation en ce qui regarde la Bulgarie.

Il persistait à croire que la Russie ne procéderait pas à une occupation, à moins de circonstances tout-à-fait imprévues, si, par exemple, les populations invoquaient son secours. Or, rien n'indique qu'elles demanderont ce sauvetage. Mais, lors mème que des troupes russes franchiraient la frontière, il ne s'ensuivrait pas pour autant des complications de nature à troubler la paix générale. L' Autriche, ne pouvant compter sur l'appui de l' Allemagne, garderait une attitude expectante. Il en serait de mème de la part de l'Angleterre. Il n'est pas à dire que, tout en laissant faire, le Cabinet de Berlin verrait de bon oeil une intervention armée. La mission du général Kaulbars, ses agissements surtout constituent bien des fautes, lesquelles s'expliquent par le fait que l'empereur Alexandre, «ce tsar à la tète de fer», ne prend conseil que de lui-mème. M. de Giers ne fait qu'exécuter les décisions souveraines. Il résulte de là bien des inconvénients en cette question comme en d'autres, et le prince de Bismarck s'en montrait assez contrarié.

Invité à exprimer un avis sur l'issue probable de l'imbroglio bulgare, il ne voyait d'autre moyen d'en sortir et de rétablir un ordre de choses régulier, que de pourvoir, aussitòt que faire se pourra, au choix d'une prince persona grata à la Russie, et qui fùt également agrée par les autres Puissances. Il est vrai que jusqu'ici personne ne semble se soucier de prendre l'initiative d'une candidature. La Sobranyé voudrait peut-ètre attacher le grelot, mais la Russie conteste toute existance légale à cette assemblée, et frappe d'avance de nullité ses résolutions, et ses voeux éventuels.

Tel a été en substance le langage du chancelier. Malgré certaines apparences contraires, il ne prévoit donc pas que l'empereur Alexandre veuille spontanément du moins, recourir aux mesures extrèmes pour arracher ce malheureux pays aux embarras de toute sorte, contre lesquels il cherche à lutter avec ses propres forces. Mais chaque fois que le Gouvernement provisoire arrète ou ralentit les progrès du désordre, une main sans pitié, parce qu'elle est fanatique, déchire les bandages et rouvre les plaies en les mettant à nu. Pour les agents slavophiles, il ne faut pas que la Bulgarie guérisse, il faut mème que la maladie devienne aigue afin de motiver l'entrée du médicin là où il n'est point appelé. Ils réclament, entre autres, contre les persécutions dont les russes seraient l'objet dans la Principauté. On ne s'en douterait guère au bruit qu'ils font et au mouvement qu'ils se donnent.

En cet état de choses, et vu l'attitude plus ou moins passive des autres Puissances, les bulgares devront transiger à peu près sur toute la ligne, pour ne pas ètre broyés dans l'étau russe. Ce n'est pas certainement de Costantinople qu'il faut compter sur une action efficace. La crise bulgare et ses incidents divers laissent au fond les tures assez indifférents, et s'ils se donnent l'air de s'en occuper, c'est pour entretenir la fiction que la Principauté fait partie intégrante de l'Empire ottoman. Si la Turquie arme, c'est parce qu'elle y est engagée par ceux aussi, qui ont un intérèt à la voir marcher vers une banqueroute complète, c'est parce qu'elle peut ètre attaquée sur plusieurs points très vulnérables; mais elle attendra qui une agression se produise avant de dégainer, et dùt-elle se consumer dans ses efforts stériles et ses armements ruineux, rien ne la fera sortir, pour le moment, de son attitude expectante et résignée.

238

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Vienna, l° novembre 1886.

Ieri le ho telegrafato 1 le poche parole che il conte Kalnoky mi disse intorno ai negoziati per il rinnovamento del Trattato. Le ripeto qui. Kalnoky sa che ella desidera che i negoziati si conchiudano a Roma e che si proseguano con Berlino. Egli trova naturale che dopo il turno di Vienna venga quello di Berlino, e d'altronde egli ha piena fiducia nel principe di Bismarck. Egli desidera il rinnovamento ed è nelle migliori disposizioni a questo riguardo. Ebbe da Berlino comunicazione delle idee di lei. Ora egli sta studiandole e ha chiesto (non m'ha detto a chi) alcuni dati che gli occorrono per l'esame della questione. Ecco tutto. Io ho detto al conte Kalnoky che ella aveva la bontà di tenermi al corrente dei negoziati, ma che non mi aveva dato alcuna istruzione in proposito, essendo necessario, in questa materia specialmente, l'evitare la pluralità delle direzioni e dei negoziati. Gli feci comprendere però che se aveva qualche comunicazione a farmi su questo soggetto, l'avrei trasmessa, in seguito al desiderio che me ne avrebbe espresso, immediatamente a Roma. Così terminò la breve conversazione su questo punto. Il principe di Reuss, dal canto suo, non mi parlò di ciò, benché sia venuto a vedermi ultimamente, ed abbia così avuto occasione di parlarmene, se voleva.

Obbedendo al suo invito, le ho telegrafato oggi 2 un progetto di formola di articoli addizionali prendendo per base i due punti segnalati nel di lei telegramma del 7 ottobre 3 . Il primo punto si riferisce all'eventualità dell'occupazione di Tripoli per parte della Francia. Qui mi pare che la questione deve essere posta chiaramente e chiaramente risolta. Ora la soluzione non può essere che una sola, mi pare, ed è che una tale occupazione sia considerata, sulla nostra domanda, da tutte e tre le parti contraenti, come determinante il casus foederis cogli effetti contemplati nel' art. 2° del Trattato. lo per me non vedo altra soluzione intermedia per una tale eventualità, e terrei fermamente alla dichiarazione del casus foederis. Il secondo punto è più delicato, più complesso, e quindi più difficile a regolare. Noi vogliamo evitare in sostanza che si faccia una divisione eventuale delle spoglie della Turchia senza nostra partecipazione. Può accadere difatti che la Russia si decida a marciare su Costantinopoli, e che in tal caso l'Austria si spinga a Salonicco, la Francia vada in Siria, e che l'Asia minore cada in mano o della Russia o della Francia o dell'Inghilterra. È chiaro che in tal caso se l'Italia è lasciata in disparte, la sua posizione nel Mediterraneo è rovinata, forse per sempre. Per quanto si riferisce alla Russia e alla Francia, suppongo che c'è chi ci pensa, e in caso d'un conflitto europeo ci sarà posto senza dubbio anche per l'Italia, per poco che sia accorta. Ma il pericolo sta nel caso in cui non ci sia conflitto generale e vi sia una specie d'accordo, com'ella accenna nel citato telegramma, fra la Russia e l'Austria (auspice la Germania) in forza del quale l'Austria occupi Salonicco e la Russia si spinga presso o dentro a Costantinopoli, o anche soltanto si appaghi della Bulgaria e della Rumelia. Per evitare questa eventualità, le proposi l'articolo addizionale 2°, in forza del quale l'Italia e l'Austria si impegnerebbero ad astenersi da qualsiasi occupazione senza un previo accordo basato sul sistema della compensazione reciproca. I termini di questa formola sono un po' vaghi. Ma io non ho trovato meglio, dal momento che una specificazione dei varii casi sarebbe molto malagevole e non senza pericolo. E poi bisogna badare che la formola sia tale da poter essere accettata. Il difetto principale di questa formola consiste nella facilità che essa presenta di essere elusa. Un previo accordo sulla base della compensazione reciproca è una bella frase, ma è molto elastica. Per correggere questo difetto si potrebbe aggiungere che l'accordo sarebbe fatto sotto la mediazione della terza Potenza contraente, cioè la Germania. Ma anche così la guarentigia per l'Italia non sarebbe completa. E non è poi certo che questa formola, con o senza l'aggiunta, sia accettata. Non le ho dissimulato i difetti di questa formola. Ma le ripeto, non ho trovato meglio, a meno che si entri nella via delle specificazioni. In questo caso si potrebbe dire semplicemente:

«Si parla force des événements l'Autriche-Hongrie était amenée à occuper Salonique ou ... il est admis que l'Italie pourra occuper Avlona ou ... ».

L'eccezione fatta per la questione egiziana mi sembra assolutamente indicata. A noi può convenire d'appoggiare l'Inghilterra in questa questione, come abbiamo già fatto precedentemente. Ora se ciò avverrà, è necessario che noi possiamo agire nel senso indicato, senza suscitare i malumori della Germania come accadde tre anni fa.

Cfr. n. 158.

Sarei lieto se le formole da me suggerite potessero esserle di qualche utilità. Ma non mi fo la menoma illusione sul loro valore. Comunque sia, due cose mi paiono qui importanti. In primo luogo bisogna che l'Italia possa contare sui suoi alleati per impedire l'occupazione di Tripoli per parte della Francia. In secondo luogo è necessario ben constatare che l'Austria, se s'ingrandisce dall'un lato, deve ammettere che l'Italia si compensi da un altro lato. Si otterrà tutto ciò a Berlino e a Vienna? A quest'ora ella ne saprà più di me su questo punto. Ad ogni modo non si tarderà a saperlo. E qui le ripeto ciò che le telegrafai altra volta. Mettendo innanzi questo programma e mantenendolo, il di lei operato sarà pienamente giustificato sia in caso di riuscita, sia in caso di naufragio dei negoziati.

Passando alla questione bulgara, il conte Kalnoky mi disse che nelle risposte che darà alle delegazioni a Pest e nell'esposizione che ivi farà della politica estera dell'Austria-Ungheria, egli confermerà pienamente le dichiarazioni anteriormente fatte dal Governo, per organo del signor Tisza, affermando l'illegalità d'un occupazione russa in Bulgaria, la quale sarebbe in manifesta opposizione ai trattati internazionali. Egli intende prender così posizione fin d'ora. Questa posizione non è che diplomatica in questo momento, ma sarà suscettibile d'una trasformazione in date eventualità. Questo egli non me lo disse chiaramente. Ma l'induzione è ovvia. Dichiarando l'occupazione russa contraria ai trattati, il Governo austriaco si riserva di tirare da questa situazione le conseguenze che gli saranno indicate dalle circostanze di fatto, di tempo e di luogo, e dalle sue proprie convenienze. Del resto il conte Kalnoky m'ha ripetuto una volta di più ch'egli non crede, per ora almeno, ad un'occupazione russa in Bulgaria. Il linguaggio del signor de Giers è sempre moderato, ma purtroppo il contegno e l'azione degli agenti russi in Bulgaria contraddicono troppo spesso a questo linguaggio. Il generale Kaulbars riceve gli ordini diretti dell'imperatore, e quindi l'azione moderatrice del signor de Giers non trova sempre l'occasione di manifestarsi. Questo è il male e qui sta il pericolo. Nei governi, anche i più assoluti, quando c'è un vero ministro per gli affari esteri, ascoltato dal principe, e avente autorità nei consigli della Corona e sugli agenti di essa, vi è sempre una certa guarentigia contro le decisioni repentine e violente. A Pietroburgo questa guarentigia non l'abbiamo. L'Europa è alla mercé, si dice il vero, d'un capriccio

o d'un impeto di passione. È possibile (e lo spero e lo auguro di tutto cuore) che l'attuale questione bulgara non susciti un conflitto generale e immediato. Ma lo spettacolo che ci da il castello di Gatchina è molto triste, ed è d'un lugubre augurio per l'avvenire. È un pezzo ch'io non cesso di dirle, che di là verranno le sorprese. Intanto, nella presente questione, e in faccia alle attuali disposizioni delle Potenze, a noi non conviene il metterei innanzi inopportunamente, e dobbiamo anzi schivare d'incorrere, senza profitto, l'animadversione della Russia. Non cessi, la prego, dal continuare a imporre la più estrema riserva ai nostri consoli in Bulgaria e in Rumelia. Non sappiano che cosa l'avvenire prepari in quei paraggi, e un bel mattino possiamo svegliarci con l'annunzio d'un'alleanza russo-germanica, eventualità certamente non probabile ora, ma perfettamente probabile più tardi. Del resto, in generale, la nostra condotta in tutta questa spinosa faccenda di Bulgaria, è qui perfettamente apprezzata, e Kalnoky spesso se ne lodò con me. Quando io potei annunziarle senza ritardo che il principe di Bismarck era andato a portare al signor de Giers, come Erodiade ad Erode, la testa del principe Alessandro sopra un piattello, ella capì subito che cosa ciò significava, e malgrado gli entusiasmi della stampa italiana per Battenberg, ella non si lasciò fuorviare dalla direzione corretta e prudente che ci era suggerita dalla necessità dei fatti. Di questa lodevole e savia condotta ci sarà, spero, tenuto conto in Europa. Ora poi sembra proprio giunto il tempo in cui la politica russa da negativa, come fu finora, deve cambiarsi in positiva, se non vuole perdere ogni autorità in Bulgaria e altrove.

Il conte Kalnoky parte domani per Pest. Quest'anno il suo compito non sarà lieve né facile. Gli ho fatto i miei sinceri auguri perché ne esca bene. Starà assente cinque settimane. Ma nell'intervallo, così mi disse, verrà una o due volte a Vienna.

P.S. La sua amiCIZia per me mi permette questo post-scriptum a proposito del congedo. Dal momento che ella crede che il mio congedo potrebbe nuocere agli affari dello Stato, posso bensì non essere pienamente d'accordo in ciò con lei, ma devo riconoscere e riconosco candidamente che in questa faccenda il giudice più competente non sono io, ma lei. Non ho dunque che a inclinarmi e m'inclino. Ella mi citò il suo proprio esempio. Ma, caro generale, non è la prima volta che fo questo sacrifizio. Ella non sa probabilmente che fra i diplomatici anziani a] servizio di Sua Maestà, compreso lei, io sono quello che conta nel suo stato di servizio il minor numero di giorni di congedo in proporzione del servizio effettivo. La cosa non mi è dunque nuova, ma non mi è per questo meno penosa nelle circostanze presenti. D'altronde mi permetta di farle osservare che il sacrifizio per lei era minore che non sia per me. Ella era qui colla sua famiglia e aveva qui una parentela estesa e amicizie contratte da un lungo soggiorno. Io invece sono qui solo. Se cado malato, sono in mano di mercenari. Più invecchio, più sento il bisogno di rivedere i pochi parenti e amici che mi restano e che non posso aver qui con me, almeno una volta all'anno, perché l'anno può esser l'ultimo. Io ignorava del resto ch'ella aveva rifiutato il congedo a de Launay. Ma sapevo che Menabrea e Corti e Greppi l'avevano avuto, come l'avevano o l'avevano avuto tutti gli ambasciatori delle Grandi Potenze. Qui Reuss e Lobanoff l'ebbero, e Paget lo avrà fra qualche giorno, e così nelle altre capitali. Ma, ripeto, la cosa quanto al congedo, è giudicata. Desidero che sappia (è appena bisogno che io glielo dica) che non le tengo il broncio per questo; e riconosco che forse a luogo suo io avrei fatto altrettanto con lei. Adunque non è più questione di congedo per quest'anno. Ma vengo a chiederle se le è possibile di consentire ch'io faccia una corsa di 8 giorni (compreso il viaggio di andata e ritorno) fino a Parigi prima del 20 novembre, e quindi durante l'assenza di Kalnoky da Vienna. Ella mi dirà francamente se la cosa è o non è possibile. Anzi, se la crede impossibile, non ha bisogno né di telegrafarmi, né di scrivermi. Se invece le pare che sia possibile abbia la bontà di telegrafarmi subito. Ho pagamenti da fare, denaro da riscuotere, mobili da vedere, compre da fare, l'esserci io o il non esserci di persona, mi fa una differenza d'interessi positivi non dubbia. Non si avrà nemmeno tempo di sapere che sono partito quando già si saprà che sono tornato, se pure questa corsa sarà rimarcata. Io non ci vedo alcun inconveniente apprezzabile. Se ella ce ne vede non se ne parli più.

238 1 T. s.n., non pubblicato.

238 2 Cfr. n. 235.

239

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 905. Roma, 2 novembre 1886, ore 14,55.

J'apprécie hautement !es considérations qui font désirer à M. de Freycinet la prompte stipulation d'une convention de navigation. Je souhaite autant que lui le rétablissement d'un régime régulier en cette matière entre nos deux Pays; mais je n'ai pas manqué d'indiquer à l'ambassadeur de France les raisons qui font que la conclusion de ce nouveau pacte n'est pas chose facile ni à pouvoir s'obtenir à court délai. Les variantes introduites par le Gouvernement français dans le projet de convention qu'il nous a soumis, si elles ne sont pas d'une importance majeure, sont cependant toutes à notre défaveur, en égard à la convention votée le printemps dernier par notre Parlément. Cette circonstance ainsi que le fait que le régime commun non conventionnel en matière de navigation n'a pas reçu jusqu'ici sa complète application, sont !es raisons principales qui font hésiter le Gouvernement du roi a entamer !es négociations. En effet si ces négociations ne devaient pas aboutir à un accord, ou si celui-ci n'obtenait puis pas la sanction de notre Parlement, après avoir été, comme de raison, approuvé par le Parlement français, il en résulterait une situation inextricable qu'il convient surtout d'éviter. Voilà ce que je prie V.E. de dire en attendant de ma part à M. de Freycinet, en ajoutant que je me réserve du reste de donner une réponse plus précise lorsque mes collègues m'auront formulé leurs avis qui doivent ètre le fruit d'études et d'investigations qui ne peuvent s'accomplir en peu de jours.

240

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÉ

D. 603. Roma, 2 novembre 1886.

La ringrazio del suo rapporto, n. 680 di serie politica in data del 10 ottobre scorso, relativo ad Abba Walda Mikael ed agli altri tre monaci abissini venuti da Suez a Massaua a bordo del «San Gottardo» 1 .

È da sperare che i sentimenti ingenerati in Abba Walda Mikael e nei suoi compagni dai rapporti che ebbero colle regie autorità, giovino alle nostre relazioni con l'Abissinia e col negus. La considerazione dello scarso contributo che il re Giovanni, con grande disturbo, è al caso di dare alla costruzione della chiesa abissina in Gerusalemme, mi fa nascere il dubbio che possa a noi convenire di prender parte, in qualche misura, a quella spesa. Voglia farmi conoscere il suo pensiero al riguardo, e qualora a noi convenisse, parteciparmi pure il suo apprezzamento sul modo e sull'entità del contributo 2•

240 1 Cfr. n. 174.

241

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1323/313 1 . Londra, 2 novembre 1886 (per il 6).

In conformità degli ordini che l'E.V. m'impartiva pel suo riverito dispaccio del 27 ottobre n. 209 2 , ieri domandai al signor sottosegretario di Stato se il Foreign Office avesse ricevuto alcuna notizia riguardo all'invio, da parte del Governo francese, di due ufficiali a Biserta per prendervi rilievi, nonché di progetti relativi all'eventuale intenzione di farvi un porto militare.

Il signor Pauncefote mi rispose non aver ricevuto da Tunisi alcuna comunicazione in proposito, ma essergli noto che, nell'atto dell'occupazione della Tunisia, il Governo della Repubblica aveva assicurato quello di Sua Maestà la Regina non avere esso l'intendimento di costrurre alcun porto militare lungo quella costa; però non rammentava qual forma avesse questo impegno da parte della Francia, ed osservava come ultimamente si fosse introdotto nel diritto pubblico il nuovo sistema di considerare tali impegni come unilaterali e validi solo fino a che la parte che l'assumeva non trovasse conveniente di dichiararlo annullato. Aggiunse il signor Pauncefote essere riconoscente per l'informazione fornitagli, ed esaminerebbe quale era la forma degli accordi stabiliti colla Francia, e di tutto prendeva nota affine di riferirne a lord Iddesleigh.

Coglierò una prossima occasione per tener parola della questione a Sua Signoria 3 .

opportuno offrire concorsi al negus per la costruzione della chiesa etiopica in Gerusalemme, le nostre relazioni coll'Abissinia, suscettibili naturalmente di cambiare da un giorno all'altro, essendo ora abba stanza buone». 241 1 Il contenuto di questo rapporto fu comunicato a Malmusi con D. 127 del 7 novembre, non pubblicato.

2 Cfr. n. 224.

3 Cfr. n. 264.

240 2 Con R. 760 del 24 novembre non pubblicato Gené, rispose che «per il momento non sarebbe

242

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1324/314. Londra, 2 novembre 1886 (per. il 6).

Ebbi a suo tempo l'onore di ricevere il riverito dispaccio che l'E.V. mi rivolgeva il 21 ottobre n. 195/96 1 per ordinarmi di verificare se lord Iddesleigh sarebbe disposto a riprendere le trattative tendenti a stabilire un accordo fra le Potenze per porre un limite all'approvazione di armi e di munizioni da guerra lungo le coste del Mar Rosso.

Nell'assenza del signor ministro degli affari esteri, domandai ieri al signor sottosegretario di Stato a qual punto fosse quella pendenza, cui il signor Pauncefote rispondeva quei negoziati essere stati sospesi, né sapeva precisamente per qual ragione, però non indugerebbe ad esaminare il relativo incartamento e mi farebbe indi conoscere il risultato delle sue ricerche. Non omisi di fargli intendere come il R. Governo sarebbe d'avviso di trovar modo di mettere un argine alla crescente importazione di armi in quelle regioni, cui il signor Pauncefote replicava tale essere pure l'opinione del Governo britannico, ma arduo essere l'indurre quello di Francia ad adottare analoghe misure.

Avrò cura di tenere l'E.V. al giorno dell'ulteriore scambio d'idee sulla questione.

243

L'INCARICATO D'AFFARI A PIETROBURGO, GUASCO DI BISIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1960. Pietroburgo, 3 novembre 1886, ore 18,40 (per. ore 20,50).

Giers m'ayant dit que heuresement jusqu'à présent aucun fait de ceux qui amèneraient le départ de Kaulbars et personnel russe de Bulgarie ne s'est plus produit, tout ferait espérer que la sommation aurait produit son effet. Je lui ai demandé !es intentions du Gouvernement russe dans le cas du départ de l'agence russe de Bulgarie. Il me répondit que si cette éventualité se produisait il échangerait ses vues avec les Puissances avant d'arriver à l'extrémité d'une occupation. Il m'assure que ses efforts sont dirigés à localiser le trouble en Bulgarie et il espère d'y rétablir l'ordre sans que l'occupation militaire se rend nécessaire.

242 1 Cfr. n. 208.

244

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1328/317. Londra, 3 novembre 1886 (per. il 6).

Iersera ebbi l'onore di ricevere il telegramma che l'E. V. si compiacque rivolgermi 1 per farmi conoscere la comunicazione che il conte Kalnoky faceva al conte Nigra in ordine al linguaggio che il primo intendeva tenere innanzi alle Delegazioni sulla questione della Bulgaria. E stamane comparse 2 quello che contiene le dichiarazioni che cotesto ambasciatore di Russia faceva all'E.V. riguardo alla questione stessa. Pe' quali importanti ragguagli prego l'E.V. di aggradire i miei più distinti ringraziamenti.

Delle cose della Bulgaria occupossi il Consiglio dei ministri tenutosi avant'ieri al Foreign Office, ed ho ragioni per credere che in esso si venne alla conclusione non doversi per ora uscire dall'atteggiamento di riserva che il Governo di S.M. la regina ha tenuto per lo passato riguardo a quei fatti. Fino a che l'Austria, dicono questi ministri, la quale è la Potenza più interessata, mostra di acconsentire ai procedimenti della Russia, non sta all'Inghilterra a prendere l'iniziativa dell'opposizione, né essi comprendono la condotta del principe Bismarck, il quale continua a dire che le cose della Bulgaria non interessano la Germania, mentre che basterebbe una sua parola per arrestare la Russia sopra una via che può condurre alle più gravi complicazioni. In presenza di siffatte incertezze, il Gabinetto di S. Giacomo preferisce di aspettare l'ulteriore svolgimento dei fatti prima di prendere una posizione più risoluta.

Nel Consiglio dei ministri trattosi pure della questione egiziana, riguardo alla quale il Governo britannico dichiarando sempre non avere l'intenzione di procedere all'annessione del Vice-Reame, è pur deciso a non cedere ad alcuna pressione da mantenere completa libertà d'azione riguardo all'epoca dello sgombro.

Nell'accusare ricevuta e nel ringraziare l'E.V. dei suoi riveriti dispacci del 30 ottobre scorso, nn. 212 e 213 di questa serie 3 ...

245

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 783. Parigi, 3 novembre 1886 (per. il 6).

Col suo dispaccio del 29 ottobre ultimo (serie politica n. 989) 1 che fa seguito a quello dell'Il dello stesso mese n. 974 2 , l'E.V. si compiace di parteciparmi le

2 T. 908, non pubblicato.

3 Non pubblicati. 245 1 Cfr. n. 228.

2 Non pubblicato.

informazioni che ella riceveva dal r. console di Tripoli circa il movimento di una colonna di truppe francesi partita da Gabès e destinata a stanziare sulla frontiera tripolitana lungo il Vadi Fassi che sarebbe la linea di demarcazione tra i due territori turco e tunisino.

Siccome quel fiume o torrente sbocca nella laguna di Bahiret-el-Bibane, ivi nasce una contestazione tra i turchi ed i francesi; i primi pretendono che tutto il contorno di quella laguna appartiene alla Turchia, mentre i francesi accampano il diritto ad avere per limite una linea che partendo dallo sbocco del V adi Fassi si protende fino all'iso lotto che, assieme alla laguna, sarebbe divisa 3 tra i due pretendenti.

Io non sono in grado di giudicare dell'attendibilità delle pretese francesi; però io osservo che nell'atlante tedesco di Stieler la laguna e l'isolotto anzidetto sono attribuiti alla Tripolitania, mentre nell'atlante francese di Hachette del 1883, questi figurano compresi nel territorio. tunisino.

Si potrebbe sospettare che la frontiera indicata nell'atlante scolare di Hachette sia stata delineata dietro i suggerimenti dell'ufficio topografico della guerra, col pensiero recondito di dar luogo a contestazioni cogli abitanti limitrofi che potranno all'uopo essere trasformati in nuovi krumiri e somministrare così pretesto per la invasione del territorio della Reggenza di Tripoli. Mi pare che tali rivendicazioni della Francia potrebbero opporsi presso il sultano alle insane accuse mosse, se è vero, dal conte di Montebello, che a Costantinopoli avrebbe rappresentato, agli occhi allarmati del sultano, l'Italia come in via di preparare una spedizione per occupare la Tripolitania, mentre, non dico il Governo francese, ma le autorità francesi locali della Tunisia, specialmente le militari, sono quelle, al contrario, che sembrano aspirare a cogliere nuovi allori coll'estendere il protettorato francese nella Reggenza vicina.

244 1 T. 906 che ritrasmette il T. 1948 del l novembre. non pubblicato ma cfr. n. 246.

246

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 134. Vienna, 3 novembre 1886 (per. l'11).

Il conte Kalnoky, accompagnato dal primo caposezione al Ministero imperiale degli affari esteri signor Szogyenyi, partì oggi per Pest affine d'assistere alle sedute delle delegazioni austro-ungariche nella capitale ungherese. Prima che egli partisse m'intrattenni intorno alle domande e interpellanze che gli sarebbero certamente rivolte sulla direzione della politica austro-ungarica specialmente nella questione bulgara e gli chiesi di dirmi, se credeva di poterlo fare, quale sarebbe in generale il senso delle dichiarazioni che intendeva di fare a questo proposito. Io teneva principalmente a sapere se, al punto in cui sono giunte le cose in Bulgaria e in presenza

d'una possibile rottura fra il Principato e la Russia, le intenzioni del Governo austro-ungarico si fossero modificate dopo le ultime dichiarazioni fatte su quest'argomento dal signor de Tisza nel Parlamento ungherese.

Il conte Kalnoky mi disse che, salvo eventi finora non contemplati, egli avrebbe confermate le dichiarazioni che il signor de Tisza aveva fatto d'accordo con lui; le quali dichiarazioni potevano anzi considerarsi come fatte dallo stesso conte Kalnoky avendone egli formulato i termini precisi. Il conte Kalnoky aggiunse che, conseguentemente, avrebbe dichiarato esplicitamente, ove fosse interrogato, che l'eventuale occupazione della Bulgaria per parte della Russia o d'altra Potenza, a ciò non autorizzata dai trattati internazionali, sarebbe considerata dal Governo austro-ungarico come illegale e costituente una violazione dei trattati stessi. Con tale dichiarazione, disse il conte Kalnoky, il Governo austro-ungarico intende prendere fino da ora posizione. È questa la precisa espressione di cui si servì il ministro imperiale. Egli non mi disse, nemmeno in questa circostanza, quali sarebbero state le conseguenze di fatto di una tale posizione. Mi ha poi ripetuto che le relazioni fra l'Austria-Ungheria e la Russia sono buone e amichevoli e che da ambe le parti si continua ad esprimere l'intenzione di mantenerle tali. Il conte Kalnoky persevera poi nel credere che non avverrà l'occupazione della Bulgaria per parte della Russia. Anche I'E.V., in recente comunicazione avverti che da informazioni molto attendibili le risultava che una tale occupazione non era nelle intenzioni del Governo russo. Tuttavia in presenza dell'invio dei bastimenti russi a Varna e della persistenza delle ingiunzioni del generale Kaulbars al Governo della Reggenza bulgara, è permesso il dubitare di queste favorevoli previsioni. Ad ogni modo l'ipotesi d'una eventuale occupazione russa, più o meno estesa, nel territorio o del territorio bulgaro rumeliota, si presenta naturalmente come necessaria conseguenza dell'esplicazione dell'azione proseguita dalla Russia nel Principato. E in tal caso il campo è aperto a tutte le previsioni. Il Governo austriaco non ha voluto ancora, o non ha potuto dire che cosa farebbe in tale eventualità. Certamente esso protesterebbe subito, conformemente alla posizione diplomatica che ha preso nella questione, contro la violazione dei trattati. Quanto al procedere ad altri passi la questione è molto dubbia e quì nessuno è in grado di risolverla in questo momento. Non si possono fare che supposizioni.

All'occupazione russa in Bulgaria l'Austria-Ungheria potrebbe rispondere o coll'annessione definitiva all'Impero della Bosnia e dell'Erzegovina se lo credesse utile, ciò che nessuno vorrebbe o potrebbe impedirle, o con una occupazione austro-ungarica sia nella direzione della Serbia, il che sarebbe già un fatto ben grave, sia nella direzione di Salonicco che sarebbe poi un fatto più grave ancora e tale da potere suscitare una conflagrazione europea col riaprire tutta quanta la questione d'Oriente.

Io sono portato a credere che finora qui si continua a sperare che si eviterà l'occupazione russa in Bulgaria e che si eviteranno quindi tutte le possibili conseguenze di questa eventualità. Ma di certo non potrei affermare che questo, cioè che nessuno accordo definitivo e preciso esiste tra l'Austria-Ungheria e la Russia avente per base una occupazione reciproca nella penisola balkanica. D'altro lato, per quanto mi consta, nessuna disposizione fu data qui finora per un movimento militare in quella

o in altra direzione. Vero è che col sistema di mobilizzazione attuale una dislocazione di truppe può farsi molto più rapidamente che per l'addietro.

245 3 Sic.

247

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 1975. Madrid, 5 novembre 1886, ore 17,50 (per. ore 6 del 6).

Moret m'a dit hier au soir ce qui suit: «Après la réponse bienveillante de votre Gouvernement je n'ai plus besoin d'invitation pour accéder aux accord des trois Puissances; le langage de Solms me prouve que mes ouvertures à l'Italie sont connues et agréées à Berlin et je sais d'autre part que votre entente avec l' Angleterre est complète. Nos accords se concluront clone en décembre: d'ici là je dois en finir avec la conspiration républicaine espagnole-française, dont je tiens tous les fils. Une dernière tentative de désordre va etre étouffée ou réprimée avant la réunion des Cortès. Ambassadeur de France a eu ordre d'assurer la reine au nom personnel de Grévy de la respectueuse admirarion du président pour la clémence et la sagesse de Sa Majesté et de son sincère appui à la cause de l'ordre en Espagne. Zorilla, effacé à Paris par Castelar et privé de ressources, sera amené à accepter l'indulte. Quoiqu'il en soit les premières discussions des Cortès marqueront la déroute du parti du mouvement républicain et je pourrai alors faire ce que ne pourrait faire connaitre la Vega de Armjio, l'entrée de qui au Cabinet eùt été un défi à la France et d'ailleurs il aurait tenu à une entente directe avec Berlin, tandis que j'arriverai au mème but par la voie plus naturelle d'une entente directe aver l'Italie».

248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, NIGRA 1

D. CIFRATO S.N. Roma, 5 novembre 1886.

Voici, telle que je l'ai écrite, hier sous la dictée de M. de Keudell, la communication que Son Altesse le prince de Bismarck l'a chargé de me faire au sujet du renouvellement de l'alliance.

«On a trouvé à Vienne le mème accueil amicai sur lequel vous aviez raison de compter chez nous.

On vous prie maintenant de bien expliquer votre manière d'envisager les intérèts italiens dans la Méditerranée, et notamment de bien vouloir vous occuper de la rédaction d'une artide concernant la Tripolitaine; rédaction que vous avez caractérisé vous mème comme peu facile.

Vous avez fait entrevoir que vous croyez Berlin ètre l'endroit indiqué pour !es négociations; à Vienne on a eu la mème pensée. On accepte donc avec plaisir, et on est tout prèt à entrer en négociations officielles avec le comte de Launay».

L'ambassadeur me disait en outre que, sans ètre chargé à ce sujet d'une communication officielle, il était en mesure de me faire connaìtre que, se référant à l'éventualité, par moi indiqué, de changements possibles dans la péninsule des Balkans en suite desquels l'Autriche pourrait se trouver conduite à Salonique, le comte Kalnoky, tout en écartant la probabilité d'un pareil événement, avait ajouté !es mots suivants: «Nous n'aurions, cependant, pas de difficulté à donner l'assurance qu'il n'y aurait pas de surprise de ce genre là».

J'ai ainsi résumé tout ce qui m'a été dit hier par l'ambassadeur d'Allemagne. A mon tour, je l'ai prié de remercier le prince chancelier, dont je devais bien reconnaìtre, en cette circonstance aussi l'esprit amicai et empreint, envers moi, d'une pleine confiance que j'ose dire méritée.

La négociation touche maintenant à la période officielle. Je devrais donc, avant de la pousser plus loin, en référer à Sa Majesté actuellement et pour quelques jours encore absente de la capitale. J'en ai fait la remarque à M. de Keudell, désirant que ce retard, inévitable de ma part, ait à Berlin et à Vienne, sa juste interprétation.

248 1 Annotazione a margine: «L'invio del dispaccio al conte Nigra fu differito di parecchi giorni essendosi voluto attendere suo ritorno a Vienna».

249

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÉ 1

D. 608. Roma, 5 novembre 1886.

Qui accludo 2 , con preghiera di farle pervenire, munite di traduzione, al loro indirizzo, due lettere che dirigo, rispettivamente al sultano Mohammed Anfari *ed allo sceik Abd el Rahman*. Acchiudo pure, con identica preghiera, una lettera che il signor Malvano dirige allo sceik Abd el Rahman. Infine perché ella abbia piena intelligenza della cosa, unisco anche copia delle *tre* lettere a cui ora si risponde.

Come ella vedrà da codesti carteggi, le risposte fatte, tanto a Mohammed Anfari, quanto allo sceik Abd el Rahman, sono sostanzialmente un riferimento a ciò ch'ella sarà per deliberare di fronte alle loro presenti ed ulteriori istanze. É mio fermo proposito che nei nostri possedimenti o dominii del Mar Rosso, come pure nella più ampia sfera a cui da Massaua si estende oramai l'influenza italiana, non emani provvedimento alcuno che non proceda da lei, a cui fu, appunto per tale intento, affidata la direzione suprema. A lei debbono, adunque, rivolgersi i sultani o capi di codeste regioni quante volte abbiano ad esporre al R. Governo desiderii o doglianze.

249 1 Ed., con l'omissione dei brani fra asterischi, in LV 66, pp. 239-242. 2 Non si pubblicano gli allegati.

Essendo però, giusto ch'ella abbia a sua volta, precise istruzioni che le giovino nei suoi rapporti con quei sultani o capi indigeni, qui riassumerò brevemente i miei concetti circa il contenuto delle tre lettere pervenute dal sultano Anfari e dallo sceik Abd el Rahman, essendo, però beninteso che tali concetti sono subordinati a quelle altre considerazioni d'indole locale, che a V.S. paressero atte a modificare il nostro giudizio e il nostro atteggiamento.

I presenti carteggi col sultano Anfari e collo sceik Abd el Rahman toccano questi cinque punti:

l) Margablé;

2) stipendio dello sceik Abd el Rahman;

3) imprigionamento di Abd-el-Kader, fratello di Abd el Rahman;

4) Beilul;

5) reciproca estradizione di malfattori coll' Anfari.

I. -Di Margablé poco mi occorre parlare. Le dichiarazioni dello stesso Abd el Rahman escludono che, *in seguito ad inesatta divulgazione della lettera diretta a tale proposito dal mio predecessore al sultano Anfari*, abbia potuto in buona fede sorgere, nell'animo degli indigeni, l'idea dell'abbandono, da parte nostra, della sovranità di quel villaggio. D'altra parte, senza che occorra spendere fatica, probabilmente vana, a rimuovere un simile equivoco, se mai ha esistito, basta l'impegno preso dallo sceik Abd el Rahman *(come V.S. ne ha riferito con rapporto del 3 ottobre, n. 662/ 129) 3* di far pervenire ai capi di Margablé una esplicita intimazione del sultano Anfari nel senso che essi debbano considerarsi come soggetti al dominio italiano.

II. -Circa il trattamento pecuniario di cui lo sceik Abd el Rahman chiede, per se stesso, un miglioramento, *mi riferisco a ciò che già le fu scritto con dispaccio del 30 ottobre, n. 596 4*.

La S.V. ha facoltà di concedere tale miglioramento, se, ed in quella misura di cui lo sceik le sembri meritevole, avuto riguardo sopratutto al nostro interesse di tenerci amica persona che, alle doti incontrastabili di grande intelligenza ed operosità, unisce quella di una già sperimentata autorità sulle tribù che stanno tra Assab e lo Scioa.

III. -Rispetto alla prigionia di Abd-el Kader ritengo che V.S. sia già riuscita ad eliminare ogni spiacevole impressione. Se allo scopo potesse giovare alcuna straordinaria largizione, da concedersi però a tal titolo che non crei precedenti, e non apparisca quasi una sconfessione dell'operato del r. commissario di Assab, io la autorizzo a concederla, facendola rimettere a chi di ragione dallo stesso comandante De Simone, il quale potrà prelevarla dal fondo per le spese casuali della colonia.

IV. -Rispetto a Beilul è da notarsi che il sultano Anfari espressamente riconosce la nostra occupazione, ma nel tempo stesso dichiara di non averci venduto quella località. Non è agevole discernere quale sia il preciso pensiero del sultano; se, cioè, la sua riserva miri, o non, ad escludere ogni nostro diritto di sovranità sopra Beilul.

249 3 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia -Mar Rosso, tomo V, cit., pp. 355-357. 4 Non pubblicato.

Però questa sarebbe indagine senza pratico valore, dal momento che, *come* non è punto nostro intendimento di sollevare per Beilul una questione di sovranità *con l'Egitto o con la Turchia, tanto meno vorremmo sollevarla col rozzo signore dell'Aussa*. Piuttosto a noi importa di procedere con metodo essenzialmente pratico e concreto; né la cosa mi parrebbe difficile, se pur affermando, con la permanenza del nostro presidio, la ferma nostra volontà di tenere il possesso di Beilul a Gubbi, indispensabile complemento del possedimento di Assab, ci asterremo, per quanto sia possibile, dall'intrometterei nelle cose interne dei due villaggi.

Il pensiero che sembra dominare, a questo riguardo, presso il sultano Anfari ed i capi danakil, è chiaramente espresso dal sceik Abd el Rahman, là dove richiestone egli stesso, come dice, dai «beduini» chiede che esplicitamente gli si faccia conoscere se il Governo sia ancora disposto ad ammettere, nei reciproci rapporti tra gli indigeni, il riscatto e la vendetta. Evidentemente i danakil si sono commossi nello scorgere come, in occasione di reati commessi da indigeni a danno di indigeni, siasi voluto, anche all'infuori della ristretta cerchia del possedimento d'Assab propriamente detto, applicare i procedimenti della legge italiana, e sopratutto la prigionia preventiva; mentre invece, secondo la legge tradizionale di quelle popolazioni, anche i reati più gravi componevansi o con la vendetta, o col prezzo del sangue.

La questione è certo assai delicata; ma, poiché si tratta essenzialmente, sopratutto a Beilul di territori ove la sovranità italiana non è stata finora proclamata formalmente, non vedrei, in astratto; difficoltà assoluta a che, quante volte si tratti di reati in cui non siano implicati, o come rei, o come danneggiati, italiani o stranieri d'altra nazionalita, le autorità nostre, salvo il caso di manifesto ed imminente pericolo per l'ordine pubblico, si astengano dall'intervenire, lasciando che abbia corso la legge indigena. In questo senso V.S. potrebbe impartire istruzioni al comandante De Simone, il quale avrebbe così facile modo di evitare che a Beilul si riproducano quegli incidenti che soli possono suscitare, come già effettivamente suscitarono, col sultano Anfari una questione di giurisdizione tanto più incresciosa, in quanto che non vedrei, allo stato delle cose, e non volendosi adoperare mezzi violenti, come possa eventualmente avviarsi a soddisfacente soluzione.

V. -Rimane la controversia delle reciproche estradizioni, tassativamente enunciata dal sultano Anfari nella lettera a me diretta. È chiaro che, anziché d'una questione di principio il sultano si preoccupa di incidenti già occorsi a questo riguardo e segnatamente di quello relativo all'Alì somali. E siccome la lettera dell'Anfari è forse stata scritta prima che egli avesse già notizia della consegna, da noi deliberata, di quell'individuo *(dispaccio ministeriale del 19 ottobre 1885 n. 2/6) 5*, così è da ritenersi che probabilmente il sultano dall'Aussa si sarebbe astenuto, quando tale notizia gli fosse già pervenuta, dalle sue presenti doglianze.

Manifestatamente non sarebbe conveniente, e neppure conforme alla dignità nostra, che si addivenisse su questa materia, con Mohamed Anfari, ad un'accordo formale. Però, fin che dura l'attuale situazione, non vedrei difficoltà che, di volta in volta e a meno che particolari ragioni lo sconsiglino, si lasci al sultano la cura di

punire i suoi sudditi che venuti a Beilul, vi si rendano colpevoli di reati contro altri sudditi suoi, oppure che, dopo aver commesso il reato nella regione dell' Aussa, cerchino un rifugio nei nostri possedimenti. Istruzioni in questo senso potral'ino essere da lei impartite al comandante De Simone, se considerazioni che mi riserverei di esaminare, non le sembrino sconsigliare un simile metodo, che certamente eliminerebbe la contingenza di conflitti e di complicazioni.

La S.V., esperta oramai delle cose africane, è meglio di chicchessia, in grado di apprezzare e di tradurre convenientemente in atto questi miei concetti. Gradirò in ogni modo mi facesse conoscere la sua opinione interamente e con franchezza.

249 5 Non pubblicato, nel vol. XIX della serie II.

250

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 312. Roma, 6 novembre 1886.

Ho ricevuto il pregiato rapporto in data del 29 ottobre scorso 1 relativo alle informazioni ricevute dal Governo spagnuolo sull'attitudine della Francia al Marocco, del quale argomento ella è stato da S.E. lungamente intrattenuto.

Approvo grandemente il riserbo della S.V. di fronte alle confidenze e alle suggestioni del signor Moret; confidenze e suggestioni che tradiscono evidentemente una incoerenza, od almeno una irresolutezza di atteggiamento da parte del Governo spagnuolo, senza che, poi, se ne possa discernere, con sufficiente sicurezza, lo scopo concreto. Anche il conte Rascon suole, di tanto in tanto, tenere, rispetto alle cose marocchine, consimile linguaggio; ed è probabile che, fraintendendo il vero significato di parole dettegli alla Consulta, egli abbia attribuito la portata di una dichiarazione assoluta di disinteresse, a ciò che, da parte nostra, era l'inevitabile effetto del carattere vago e indeterminato delle sue comunicazioni. Il nostro pensiero, qual'è realmente, apparisce ben chiaro, circa questa materia, dal carteggio ministeriale.

Anche a noi furono c sono tuttora riferiti gli adoperamenti della Francia nel Marocco, e denunciati disegni di quella Potenza a danno dell'Impero; anche a noi consta che codesti adoperamenti trovarono base ed efficace strumento in una interpretazione abusiva, anzi sconfinata, delle stipulazioni contenute circa le protezioni nella convenzione di Madrid. Noi pure, infine, ci siamo, dal canto nostro, dichiarati disposti a cooperare ad una revisione di quell'accordo, mercé la quale i lamentati abusi siano eliminati.

Però la importanza e la natura dei nostri rapporti col Marocco non ci consente di assumere una parte più prominente, né di prendere iniziative che, prestandosi ad

erronee supposizioni, potrebbe affrettare quella crisi apparente che vogliamo allontanare. Dopo aver quindi dichiarato, rispetto alla questione delle protezioni, i nostri intendimenti, dobbiamo aspettare che la proposta della revisione venga, o dal Marocco, o da altra Potenza più direttamente interessata. E neppure sarebbe conveniente che da noi si insista, presso il sultano, acciò di codesta revisione faccia una condizione preliminare per la stipulazione con l'Inghilterra e con la Germania dei nuovi accordi commerciali, che, richiesti da quelle due Potenze, abbiamo invece promesso di favorire e promuovere in ogni miglior modo.

In questo senso ci esprimiamo qui col conte Rascon. La S.V. dovrà tenere, all'occasione, analogo linguaggio.

250 1 R. 341, non pubblicato.

251

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

T. S.N. Roma, 7 novembre 1886, ore 11,50.

Votre télégramme du 5 1 me prouve que M. Moret a apprécié avec une imagination exubérante ma réponse du Il octobre2 aux ouvertures qu'il m'avait fait faire par votre entremise mais c'est égal ne lui faites aucune observation à ce sujet et s'il vous interpelle dites que je n'ai rien répondu. Nous serons à temps à préciser la situation quand en décembre à ce qu'il vous a dit il croira le moment venu pour lui de conclure quelque chose.

252

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIA T A A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

T. 917. Roma, 7 novembre 1886, ore 12,45.

J'ai lieu d'ètre surpris de l'émotion que le sultan témoigne à cause de l'arrivée de notre escadre dans !es ports ottomans. Nous n'avons pas plus d'explications à donner de ce fait très norma! de ce qu'en auront donné la France et l'Angleterre, dont !es escadres ont précedé la nòtre dans cette tournée, qui est dans !es habitudes des grandes marines. Le sultan n'a qu'à envoyer son escadre, s'il en a une, rendre la visite dans nos ports: elle sera la bienvenue et nous ne sous inquiéterons pas de la visite. Veuillez répéter mot par mot ce qui précède au ministre des affaires étrangères.

251 Cfr. n. 247. 2 Cfr. n. 175.

253

IL CONSOLE A ZANZIBAR, FILONARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT l

T. 1989. Zanzibar, 7 novembre 1886, ore 19,15 (per. ore 19,50).

Console germanico conosce da Berlino proposta fatta dal Sultanato di Zanzibar all'Italia; tenta intimidire Sultanato di Zanzibar onde cambiare in odio sentimenti di fiducia Sultanato di Zanzibar verso S.M. il Re. Sono in mio possesso nuovi documenti in favore 2•

254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE

D. S.N. Roma, 7 novembre 1886.

I giornali annunciano essersi ora proceduto fra la Tunisia e la Tripoìitania a una delimitazione verso il mare. Di questo argomento ella mi ha intrattenuto con alcuni rapporti, l'ultimo dei quali porta la data del 24 ottobre scorso 1 . Prego la

S.V. Illustrissima voler attingere le opportune informazioni per farmi conoscere se e in qual forma sia stato concluso l'accordo a cui i giornali si riferiscono 2 .

255

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4297. Berlino, 7 novembre 1886 (per. 1' 11).

Ainsi que je le télégraphiais le 4 novembre 1 , le prince de Bismarck, sous la forme la plus courtoise et en évitant l'apparence de vouloir exercer une pression de nature à blesser toute susceptibilité, faisait recommander au Cabinet de Pétersbourg de prendre l'initiative de désigner un candidat au tròne de Bulgarie. Ce serait le

251 meilleur moyen d'arriver à une solution régulière. M. de Giers a répondu sans en indiquer le nom, que le candidat russe se trouvant en ce moment hors de la portée du télégraphe on ne pouvait l'atteindre à l'effet de pressentir ses dispositions. Ici, au Département des affaires étrangères, on incline assez à penser que, par cette réponse dilatoire, le Gouvernement russe voudrait se ménager le temps d'occuper, non seulement le port de Varna, mais aussi celui de Burgas pour la sauvegarde de ses intérets en deça et au delà des Balkans, et vers le Bosphore. L'émeute à Burgas, lors mème qu'elle ait été promptement domptée, semble confirmer ces soupçons. Le fait est que, peu de jours avant, des nouvelles, conformes à celles transmises par le télégramme de V.E. du 4 de ce mois 2 , représentaient les dispositions de la Russie comme moins intransigeantes. Le parti des agitateurs en aura reçu avis, ou peut-etre meme aura-t-il été encouragé à faire un pas de plus dans l'abus de la force, et à établir quelque fait accompli, de manière à accélérer le dénoument fina!. Serait-on à la recherche d'un prétexte assez plausible, afin que la Russie accoure pour éteindre officiellement un incendie, que elle s'évertue à allumer officieusement ou clandestinement? L'incident de Burgas se rattacherait-il à ces arrière-pensées? Quoiqu'il en soit, depuis que l'empereur Alexandre accorde son placet aux actes du général Kaulbars, il n'est guère plus le cas d'admettre l'existence de deux courants dans la haute direction de la politique étrangère, ou du moins faudrait-il croire que l'élément modéré a le dessous.

Le Cabinet de Berlin ne varie pas dans son programme de se tenir, autant que possible, à l'écart de ces affaires orientales. Ce n'est pas à dire qu'il approuve tout ce qui se fait dans les Balkans au nom de la Russie, mais il estime mieux servir la cause de la paix, en s'abstenant de pencher vers un còté plutòt que vers l'autre. II n'entend point sacrifier aux intérets russes, anglais, autrichiens, ou français, la tranquillité générale, ni s'exposer par là à porter dommage à la position de l'Allemagne. Et quant au général Kaulbars, il est jugé à sa juste mesure. «l'ai trop souci de ma réputation diplomatique, pour consentir à m'associer, de près ou de loin, aux actes de cet agent». Te! est le propos attribué au chancelier, Iorsqu'il était demandé d'appuyer !es démarches de Kaulbars en faveur des officiers bulgares soumis à un procès de haute trahison.

Le discours que lord Salisbury prononcera après-demain au dìner du lord-maire, et !es explications prochaines du comte Kalnoky par devant les délégations à Pest, arriveront fort à propos pour projeter quelque Iumière sur une situation dont on ne saurait méconnaìtre la gravité. Ce seront pour la Russie autant d'avertissements de mettre une sourdine à sa politique, de faire du moins une halte dans la voie de la violence brutale. Pour en venir à ses fins, elle se réserverait alors de ralentir ses allures. Ce serait en effet plus habile, lorsqu'on est résolu de faire le bonheur d'un peuple malgré lui. Et quant à I'Europe, elle s'accomoderait mieux de ce système de temporisation, que de celui du recours à la force, lequella forcerait d'entendre ce qui blesse ses oreilles, et de voir ce dont elle s'efforce de détourner !es yeux.

En me référant à mon télégramme d'hier 3 ...

255 2 T. 914, non pubblicato. ' T. 1979, non pubblicato.

253 1 Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit., p. 63. 2 Per la risposta cfr. n. 257. 254 1 R. 93, non pubblicato. 2 Per la risposta cfr. n. 292. 255 1 T. 1969, non pubblicato.

256

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 117. Belgrado, 7 novembre 1886 (per. l' 11).

Credo utile di aggiungere qualche altra notizia a quelle che ho già trasmesso all'E.V. sull'impressione qui prodotta dal recente accordo serbo bulgaro. Mi viene riferito che questo ministro di Turchia, appena seppe della sua conclusione, si è recato dal signor Danitch per protestare di nuovo verbalmente contro il diritto della Bulgaria d'inviare agenti diplomatici, di concludere convenzioni commerciali, di scambiare qualsiasi parte del proprio territorio ch'è territorio turco. Il reggente il Ministero degli affari esteri avendo notificato siffatta conversazione al signor Franassovich, questi, se le mie informazioni sono esatte, ha risposto con un telegramma il quale si oppone alle ragioni della Porta, osserva che un agente bulgaro esisteva a Belgrado già prima della guerra, esservene uno attualmente a Bucarest, e che se la Turchia non si è creduta nel tempo obbligata d'impedire alla Bulgaria d'occupare Bregovo non eravi motivo per ricorrere al suo intervento adesso che si tratta di comporre la vertenza. Al che Zia bey ha replicato per lettera diretta al signor Danitch, rinnovando così per iscritto e in uno stile, mi si accerta, anche più esplicito, la protesta. Indi ieri, dietro un telegramma che sarebbegli pervenuto da Costantinopoli, è partito per Nisch.

La legazione russa, grazie al carattere conciliante del suo capo, almeno fin qui giudica con moderazione l'accordo suddetto che d'altra parte s'afferma avere di molto spiaciuto al Gabinetto di Pietroburgo. Il signor Persiany avrebbe però, mi si dice, ispirato gli articoli dei fogli liberali, di cui ho già riferito il tenore all'E.V., e i quali sostengono che non dovevasi scegliere il momento attuale per firmare un patto che costituisce una inutile offesa alla Russia, che non può che inasprirla maggiormente contro il re Milano, e per stringere amicizia con un Governo precario e debole come l'attuale Reggenza. La Serbia doveva limitarsi a rispondere che manteneva gl'impegni presi col principe Alessandro ma avrebbe aspettato per adempierli che fosse regolata la situazione ed eletto un nuovo principe. Infine so che tanto dalla legazione russa quanto da altri miei colleghi si accusa il re di aver obbedito ad intrighi dell'Austria esercitati quando egli era a Vienna ed ai consigli di sir William White passato per Nisch nel recarsi da Bucarest a Costantinopoli. Credo false queste accuse, giacché le trattative con la Bulgaria erano già bene avviate prima dei suoi colloqui col conte Kalnoky e con l'ambasciatore inglese, al quale però, è vero, Sua Maestà a Nisch restituì personalmente la visita e rese speciali onori. Per me non vi ha dubbio che il parere di questi due uomini di Stato fu favorevole all'accordo, ma non può dirsi che l'abbiano suggerito.

La legazione di Germania osserva la più grande riserva; però stima dovere aggiungere all'E.V., nel modo il più confidenziale, che, a mio giudizio, essa !unge dall'avere espresso la benché minima approvazione al suddetto convegno, partecipa interamente al modo di vedere ed ai sospetti della legazione russa.

All'E.V. è già noto il contegno serbato in questa circostanza dall'incaricato d'affari d'Austria la di cui azione, quantunque un po' meno attiva, fu parallela alla mia. Il signor Schiessl mi è tornato a ripetere le riserve già espressemi fino da principio, cioè esser'io il solo collega al quale si è confidato e che il passo da lui fatto per facilitare i negoziati è di quelli destinati a rimanere per sempre segreti. Il che credo tanto più necessario di qui menzionare avendo io giudicato del mio dovere, nonostante siffatta raccomandazione, di riferire all'E.V. col mio rapporto serie politica n. 107 in data 10 ottobre/28 settembre u.s. 1 il consiglio da lui dato per ordine del suo Governo a quello di Belgrado.

Il ministro d'Inghilterra è il solo che approva esplicitamente l'accordo. Il rumeno, qualunque siano le sue simpatie personali, si è astenuto ufficialmente dall'esprimere una opinione, ed è molto lodata, mi si narra, specialmente a Berlino la condotta prudente del re Carlo che in tutte queste circostanze si è astenuto da ogni misura, da ogni ingerenza che potesse tornare sgradita alla Russia, ed ha respinto qualsiasi forma di riavvicinamento agli altri Stati balcanici, ne venisse l'invito da Sofia o da Belgrado. Forse questa breve analisi dell'attitudine dei suddetti rappresentanti potrà, collegandola con altri sintomi, offrire qualche interesse a codesto ministero. Torna, credo, inutile di aggiungere che per parte mia ho mantenuto sulla pratica, da me eseguita del resto con tutta la delicatezza e riserva impostami dalle direzioni dell'E. V., a~soluto silenzio con i miei colleghi tranne l'austriaco, a cui solo restituii confidenza per confidenza.

Il dottor Stranski al suo arrivo a Belgrado avendo chiesto al signor Persiany la consegna degli archivi dell'agenzia bulgara a lui affidati durante la guerra, questi ha risposto di non potere eseguirla senza ordine espresso da Pietroburgo. Intanto però è pronto a !asciargli prender copia degli atti in corso per non frapporre ostacolo all'adempimento della sua missione.

257

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL CONSOLE A ZANZIBAR, FILONARDI 1

T. 919. Roma, 8 novembre 1886, ore 12,30.

Ringrazio 1• Desidero sultano mantengasi amichevoli disposizioni con l'Italia, assicurandolo nostra costante benevolenza. Però importa sopratutto evitare ogni occasione attrito con Germania.

256 1 Non pubblicato. 257 1 Risponde al n. 253.

258

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 1066. Roma, 8 novembre 1886.

Ho ricevuto il pregiato rapporto di questa serie n. 1424, del 31 ottobre scorso 1 con cui V.S. m'invia la traduzione di un rapporto a lei comunicato, in via ufficiosa, da Nubar pacha, col quale il maggiore Kitchener riferisce intorno alla cattura dei sambuchi, oggetto d'un recente carteggio fra il generale Gené, codesta agenzia e il r. ministro. Di fronte al contenuto della relazione del governatore generale di Suakin ella non ha potuto entrare in trattative, desiderando anzitutto ricevere le notizie già chieste al generale Gené, restando inteso con Nubar pacha che nel frattempo rimarrebbe sospesa la vendita dei sambuchi.

Rispondendo poi al desiderio da lei espresso di avere frattanto opportune istruzioni in argomento, mi reco a premura dirle che gioverà ora attendere che giungano a V.S. gli schieramenti da lei domandati al signor generale in relazione con le affermazioni contenute nel rapporto del maggiore Kitchener.

Intanto però, già fin d'ora, dobbiamo dichiarare che non possiamo assolutamente ammettere come titolo di legittima cattura il fatto che i quattro sambuchi erano stati noleggiati dal signor Akkad; questi, infatti è stato internato a Massaua, ma non consta affatto ch'egli sia stato colpito di interdizione qualsiasi, la quale ad ogni modo non potrebbe avere più valore del nuovo stato di cose. E neppure potremmo ammettere come titolo di cattura il solo fatto d'aver portato merci in un punto della costa ove si afferma esistere tribù ostili o ribelli, a meno che, rispetto a quel punto, fosse intervenuta una dichiarazione di blocco, da noi ingnorata, ma regolarmente ratificata.

Queste avvertenze, che toccano a questioni di massima vogliamo fare fin d'ora, ad opportuna riserva delle nostre ragioni, senza pregiudizio di quelle altre che potranno emergere dagli ulteriori rapporti del generale Gené.

Intanto converrebbe, ad evitare altri incidenti, che fosse ben determinato il limite delle rispettive zone di sorveglianza', tenuto conto delle proposte del generale Gené, circa la fissazione del punto di demarcazione, e che rispetto alla costa assegnata alla sorveglianza egiziana ci si facessero conoscere, in modo preciso, le norme di polizia marittima adottate per quel tratto di costa dalle autorità vicereali.

258 1 Non pubblicato,

259

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ

D. 612. Roma, 8 novembre 1886.

Il r. incaricato d'affari in Atene mi ha testé riferito aver saputo in via confidenziale dal ministro britannico che i russi introducono in Abissinia dei cosacchi del Don 1• Ve ne sarebbero già alcune centinaia coi loro capi i quali avrebbero preso stanza in Abissinia per fondarvi colonie agricole sovra terreni concessi dal Governo abissino. Scopo della emigrazione però sarebbe quello di combattere l'influenza degl'italiani e degli inglesi, non che quello di favorire l'unione della Chiesa abissina con l'ortodossa.

Ho risposto al conte Calvi che sebbene io non credeva esatta la notizia riferita, avrei però assunto in proposito le informazioni opportune. E tanto è maggiore la necessità di averle che coincidenza vuole appunto che S.E. il conte Ludolf mi parlasse in questi giorni dello stesso fatto domandandomi ciò che io ne pensassi. Risposi all'ambasciatore austro-ungarico nel senso stesso di quanto scrissi al r. incaricato d'affari in Atene. Ma la notizia essendo contemporaneamente giunta da due parti, stimo sia necessario fare le accurate indagini che giovino a chiarire come stanno le cose. Sarò quindi grato alla S.V. illustrissima, di voler investigare al riguardo e riferirmene.

260

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2002. Berlino, 9 novembre 1886, ore 18,28 (per. ore 23,20).

Secrétaire d'Etat vient de me dire que l'Allemagne n'a aucun droit à invoquer sur Kisimayo, localité qui, avec un territoire de dix milles anglaises à la ronde, appartient en effet au sultan de Zanzibar, lequel, par conséquent, peut librement en disposer. Une première expédition pour reconnaìtre le cours du fleuve Giuba et préparer établissement de station sur ses rives, ayant teminé cette tàche, une seconde expédition va s'occuper meme déjà de conclure des accords avec des chefs indigènes.

259 1 R. riservato s.n. del 31 ottobre, non pubblicato.

261

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, A LONDRA, CORTI, E A VIENNA NIGRA

T. 924. Roma, 9 novembre 1886, ore 23.

D'après le langage tenu par M. de Giers à l'ambassadeur du roi a Saint-Pétersbourg, le candidat que la Russie mettra en avant pour le tròne de Bulgarie est le prince de Mingrélie. Je tiendrais à savoir ce que pense de cette candidature le Cabinet auprès duquel vous ètes accrédité 1 . Pour mon compte, toute réserve faite de l'aptitude du personnage en question, dont je n'ai aucune idée, pour les fonctions auxquelles il sera appelé, il me semble que ce serait un choix possible et de nature à amener plus tòt l'entente nécessaire, car un vrai prince n'accepterait jamais dans les conditions actuelles. Il faut donc se rabattre sur les petits princes par à peu près, et celui-ci me semble encore le mieux trouvé car il est cependant le moins russe de tous les aides de camp de l'empereur qu'on aurait pu proposer.

262

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI 1

D. 374. Roma, 10 novembre 1886.

L'ambasciatore di Russia, nella visita che oggi facevami al mio ordinario ricevimento, ritornava meco sull'argomento che forma oggetto dei miei due dispacci di ieri 2 . S.E. insisteva sulla necessità che anzitutto si sgombri il terreno in Bulgaria, per far posto ad una nuova reggenza che abbia a convocare una Sobranje, di cui non facciano parte i deputati rumelioti, ed abbia così un carattere legale. La nuova assemblea eleggerebbe il principe che in antecedenza si saprebbe accetto a tutte le Potenze.

Non esitai a manifestare il mio pensiero al barone di Uxkull. Gli dissi che l'attuazione di quel programma incontrerebbe molte difficoltà costituzionali, tali

262 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in L V 55, pp. 95-96.

2 DD. 372 e 373 in realtà del 10 novembre, non pubblicati.

257 da renderne impossibile l'attuazione, e da avere per conseguenza che per lungo tempo ancora non si avrebbe l'elezione di un principe; fatto, questo, che solo potrebbe, se si avverasse senza indugio, far cessare il pericolosissimo ed anormale stato di cose che regna in Bulgaria. Osservai, quindi, che il solo sistema pratico da seguirsi consisterebbe, a mio avviso, nel metterei prontamente d'accordo intorno al candidato da indicare alla Sobranje; non potendosi dubitare, raggiunto questo risultato, che l'assemblea non esiterebbe ad acclamare il principe sul nome del quale saprebbe esser unanimi i suffragi delle Grandi Potenze.* Se a prima vista siffatto accordo, da parte dei Gabinetti, non sembrerebbe così facile a conseguirsi, non credo però che riuscirebbe impossibile pel nome che già si va sussurando da alcuni giorni, quello cioè del principe di Mingrelia. A questo proposito, non nascondevo al barone d'Uxkull che, per raggiungere pacificamente l'intento, il Gabinetto di Pietroburgo non dovrebbe esitare a non far più cenno della illegalità, da essso sostenuta, della Reggenza e della Sobranje, e di accontentarsi che l'una e l'altra, dopo avere acclamato il candidato designato dallo czar ai suffragi degli altri Gabinetti, spariscano prontamente coll'immediato arrivo a Sofia del nuovo principe. In fin dei conti, soggiungevo, se l'Europa uscirebbe così da una pessima situazione, la Russia si trarrebbe pure dalla falsissima posizione in cui si è impigliata.

L'ambasciatore russo non mostravasi contrario al mio modo di vedere; ma mi faceva comprendere che idee di quella natura, se pur potrebbere attecchire nell'animo del signor di Giers, non hanno molta probabilità d'essere accolte dal suo sovrano; il quale oramai si è assunto personalmente l'esclusiva direzione della questione bulgara, )asciandone intieramente all'infuori il suo ministro degli esteri*.

Ai concetti da me svolti in questa circostanza col barone di Uxkull desidero che, presentandosene l'opportunità, I'E.V. conformi il suo linguaggio col signor di Giers.

261 1 Cfr. nn. 263, 282 e 298.

263

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4301. Berlino, 10 novembre 1886 (per. il 13).

M'étant rendu aujourd'hui au Département impérial des affaires étrangères afin de me mettre en mesure de répondre au télégramme circulaire de V.E. d'hier au soir 1 , j'ai pu constater que le Cabinet de Berlin donnera son assentiment au chois du prince

263 Cfr. n. 261.

258 de Mingrélie où de tout autre candidat au tròne de Bulgarie, fiìt-il meme un paysan russe. On agira de meme à Vienne. Du moment, ainsi que vous en faites la juste remarque, où un vrai prince, un membre, par exemple, de la famille royale de Danemark, n'accepterait jamais dans les circostances actuelles, il faut, selon votre expression si bien placée, se rabattre sur l'à-peu-près d'un prince, comme celui dont le nom va sortir de l'oubli. L'essentiel est d'en venir au plus tòt à une situation normale. Il me résulte aussi que les dispositions favorables de l' Allemagne sont déjà connues par le Gouvemement russe qui, sous le sceau du plus grand secret, avait fait pressentir le chancelier sur le candidat que l'empereur Alexandre tenait en réserve.

Le discours par lequel l'empereur François-Joseph a ouvert la session des délégations austro-hongroises, était à la fois modéré et digne dans le fond comme dans la forme. S'il n'a pas des pointes trop acérées, il est du moins anguleux en certains passages, et indique des bornes aux prétentions de la Russie ou de ses agents à la Kaulbars, ces saltimbanques de la diplomatie. L' Autriche, lo in de se désintéresser, comme on pouvait le croire et comme elle en avait l'air, suit au contraire les événements avec une extreme attention. Elle fait davantage. Elle vise à une solution dont les grandes lignes sont indiquées; c'est que dans le règlement définitif de la question bulgare, auquel les Puissances doivent nécessairement participer, on établisse dans le Principauté autonome une situation légale, conforme aux désirs des populations, tout en étant compatible avec les traités existants et avec les intérets de l'Europe. On voit par là, dans quel ordre d'idées se meut la diplomatie autrichienne. Or, le cercle de solution à Pétersbourg, jusqu'ici du moins, différait essentiellement de celui tracé à Pest. Ces avertissements n'ont pas été affaiblis par le langage du marquis de Salisbury au banquet du lord maire. D'une autre coté, ainsi qu'un télégramme de M. de Radowitz en porte la nouvelle, M. Grekow, l'agent bulgare à Costantinople, a été chargé de faire, entre autres pour une modification ministérielle à Sophia, des ouvertures conciliantes à M. Nelidow, et celui-ci comme par le passé, ne leur aurait point opposé une fin de non recevoir.

On croit voir ici dans ces circonstances autant d'indices que la Russie ne tardera pas à se montrer moins intransigeante, et qu'il s'opérera dès lors une détente dans la situation. Cette Puissance, si elle est bien renseignée, devrait se rendre compte que ses procédés de pacification dans les Balkans n'excitent aucunement l' admiration de l'Europe, et sentir aussi que la patience de l' Autriche surtout est mise à une épreuve qu'il serait imprudent de prolonger.

Voici un détail très-confidentiel. L'ambassadeur de Russie à Berlin a fait vers le 20 octobre une course à Pétersbourg, avant laquelle il a vu le chancelier. A cette occasion, Son Altesse donnait au comte Schouvalow les conseils les plus amicaux, mais empreints d'une forte dose narcotique destinée à calmer les emportements à Pétersbourg.

En me référant à mon télégramme de ce jour2•

263 2 T. 2008, non pubblicato.

264

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1351/323. Londra, 10 novembre 1886 (per. il 14).

Facendo seguito al rapporto che ebbi l'onore di dirigere all'E.V. il 2 corrente 1 relativamente all'eventuale intenzione della Francia di stabilire un porto militare a Biserta, mi pregio di trasmettere qui acchiuso all'E.V. in traduzione una nota di lord Iddesleigh sullo stesso soggetto. Essa è datata delli 8 corrente 2•

ALLEGATO

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, IDDESLEIGH, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

NOTA 3 . Foreign Office, 8 novembre 1886.

Riferendomi alla domanda fatta da V.E. se vi fosse alcuna informazione in questo ufficio tendente a confermare un rapporto che era pervenuto al Governo italiano che due ingegneri militari francesi erano stati mandati per prendere rilievi del porto di Biserta in Tunisi, ho l'onore d'informarla che in un recente rapporto che ho ricevuto dal console inglese a Tunisi si dichiara che i francesi stanno facendo preparativi per allargare il porto di Bona in cui si dovrà costruire un bacino navale.

Il console britannico suddetto esprime quindi l'opinione che, in vista di queste costruzioni, non sembrerebbe che vi sia alcun progetto per fare di Biserta un porto militare contrariamente alle assicurazioni date dal signor B. de Saint-Hilaire nel 1881.

265

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 348. Madrid, 10 novembre 1886 (per. il 15).

Sabato 6 corrente il nunzio pontificio comunicò in copia al ministro di Stato una nota del cardinale Jacobini in data del 26 ottobre nella quale vengono rinnovate le consuete lagnanze sulle vendite di beni ecclesiastici in Roma, sugli impedimenti

alla Propaganda Fide di acquistare beni, sulla chiusura di conventi, sulle polemiche anticlericali (sic) della stampa, anche governativa; e denunziati inoltre discorsi ostili alla Chiesa da senatori e deputati ministeriali, citando nominativamente l'onorevole Bonghi: la nota conchiude che l'indipendenza e libertà della Santa Sede rimanendo così non solo precarie ma insufficienti, ed essendo compromessa la dignità del Pontefice, è ormai evidente l'impossibilità della coesistenza di due sovrani in Roma.

È a mia notizia che il ministro di Stato si preoccupa dell'intento che può aver dettato tale comunicazione, e delle conseguenze che possono derivarne se verrà data alla pubblicità, deplorando egli che le influenze ecclesiastiche sembrino cooperare colle influenze radicali a porre ostacoli alla buona intelligenza delle Monarchie.

P.S. CIFRATO. Il est à ma connaissance que dans ces derniers temps Moret a pris des accords formels avec la Vega Armijo, Ruiz Gomez, Canovas del Castillo et Silvela, qui sont tous d'accord pour une politique définitive d'entente avec l'Allemagne *et l' Autriche par intermédiaire de l'Italie. Canovas del Castillo a exprimé le regret d'avoir été entrainé par Elduayen dans une politique anti-allemande* 1 .

264 1 Cfr. n. 241. 2 Per il seguito della questione cfr n. 323. 3 Traduzione.

266

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

T. S.N. Berlino, 11 novembre 1886.

Dans l'entretien que j'ai eu hier avec le secrétaire d'Etat, et auquel se réfère mon télégramme du mème jour 1 , j'ai appris quelques détails confidentiels dont je crois utile d'informer V.E. Un peu surpris des premières ouvertures faites à Berlin à Vienne au sujet de la Tripolitaine, Kalnoky témoignait tout d'abord quelque répugnance à admettre un engagement de plus dans le nouveau traité d'alliance. Reuss, instruit des intentions du chancelier, a combattu avec succès cette répugnance. Il invoquait l'argument que le meilleur moyen de prévenir une pareille éventualité, etait précisément d'insérer dans le traité une clause établissant le casus foederis dans le cas aussi où, par suite de nos protestations et de notre attitude contre la France faisant acte de vouloir occuper Tripoli, une guerre éclaterait entre l'ltalie et la France. Malgré le secret dont seraient entourés les nouveaux accords, et si vagues et incomplets que fussent les renseignements que la diplomatie tàcherait de se procurer sur la portée de ces accords, il en résultera néanmoins, pour le Gouvernement français, le sentiment que l'ltalie ne resterait pas seule, et elle n'osera pas se risquer dans une pareille aventure. D'ailleurs, l'ltalie est, depuis quelques années, l'alliée des deux Empires et ceux-ci ne devraient pas la laisser exposée à une

guerre avec la France. Il me semble que ces confidences du comte de Bismarck viennent à l'appui de l'artide deux du projet de formule que j'ai ébauché dans mon télégramme du 28 octobre 2 en d'autres termes le fait que la France se mettrait en mesure d'occuper Tripoli ou d'y établir protectorat comme à Tunis serai envisagé à Berlin et à Vienne comme une provocation de cette Puissance contre l'Italie et constituerait le casus foederis.

265 1 Il brano tra asterischi fu trasmesso in cifra. Per la risposta cfr. n. 283. 266 1 T. s.n. del 10 novembre, non pubblicato.

267

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 727. Parigi, 11 novembre 1886 (per. il 14).

Il signor de Freycinet non avendo avuto jeri il suo ricevimento ebdomadario e non avendo io potuto vederlo quest'oggi, non vi fu occasione perché egli mi parlasse del discorso testé pronunziato da lord Salisbury al banchetto del lord Mayor di Londra, conversazione della quale non avrei però preso la iniziativa per conformarmi alle formali prescrizioni della E.V. Io sono adunque ridotto a darle un cenno della impressione che produsse in Parigi quell'importante discorso. Da quanto ho potuto giudicare esso venne malamente accolto dagli organi di tutti i partiti, cominciando dali'Autorité per andare all'Intransigeant. Le dichiarazioni che si rifericono all'Egitto sono quelle che urtarono maggiormente, sovratutto l'ultima parte in cui il nobile lord dice: «La prosperità e sovratutto l'affrancamento dell'Egitto da qualsiasi controllo di una Potenza estera, sono per l'Inghilterra di una importanza vitale».

La grande agitazione destata in questi ultimi tempi dalla stampa, aveva per oggetto la ripristinazione della ingerenza della Francia nella amministrazione egiziana; ma la ripulsa così esplicita fatta da lord Salisbury a tale ingerenza ha indispettito anche i fogli più moderati come Les Débats, che in un articolo di questa mattina firmato dal signor Lemoinne, non può trattenersi dal celiare sul programma del primo ministro inglese e lo considera quasi come parola vana. Vi è da osservare che molti giornali importanti non riferiscono il detto discorso se non troncato, mutilato.

Le parole severe dirette a proposito della Bulgaria all'indirizzo della Russia, benché il di lei nome non sia pronunziato, furono assai osservate, come anche l'eccitamento quasi fatto all'Austria di agire per la prima, affine di opporre un argine ai tentativi d'intervento nei Balkani che volesse fare il grande Impero slavo.

Senza volere precorrere sui risultati della politica delineata nel discorso anzidetto, non v'ha dubbio che esso avrà non poca influenza sulle relazioni internazionali attorno alle quali da qualche tempo si stava fantasticando.

La speranza quasi assoluta che si aveva nel mantenimento della pace, pare da una parte scemata alquanto, mentre l'atteggiamento risoluto dell'Inghilterra potrà forse rimuovere qualsiasi tentativo che la potesse turbare.

266 2 Cfr. n. 227.

268

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 132. Roma, 12 novembre 1886.

Facendo seguito al mio dispaccio di ieri, relativo all'atteggiamento dell'ambasciatore britannico presso la Sublime Porta\ mi reco a premura d'informarla, per sua norma, che sir Augustus Paget ebbe a pregare il conte Kalnoky di voler dare istruzione all'ambasciatore austro-ungarico a Costantinopoli di appoggiare l'azione che sarà per spiegare colà il nuovo ambasciatore della regina.

S.E. gli rispose che sir W. White poteva fare assegnamento sulla piena simpatia colla quale l'Austria-Ungheria ne vedrebbe svolgere l'azione allo scopo che l'influenza dell'Inghilterra a Costantinopoli si trovi posta su quel piede che le spetta; ed aggiunse che darebbe per istruzione all'ambasciatore imperiale di aiutare il suo collega a far sì che, tanto il sultano, quanto i suoi consiglieri, non abbiano a cadere sotto l'assoluta dominazione di una sola Potenza.

Questa risposta, a quanto dicevami sir J. S. Lumley, da cui ebbi queste informazioni, non soddisfece pienamente il Governo della regina; il quale, però, non credette di far osservazioni in proposito.

È da osservarsi che la conversazione attuale faceva seguito ad un'altra in cui il conte Kalnoky aveva detto a sir Augustus Paget che, come gli interessi inglesi nella penisola balcanica sono essenzialmente concentrati a Costantinopoli, così quelli dell'Austria-Ungheria gravitano invece sui Balcani; dichiarazione, questa, che, implicando una certa indifferenza, da parte del conte Kalnoky, per quanto ha tratto a Costantinopoli, non poteva riuscire gradita all'ambasciatore inglese.

269

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 220. Roma, 12 novembre 1886.

In relazione al rapporto del cavalier Catalani 21 settembre ultimo scorso,

n. 246 di questa serie 1 , le fo noto, in via confidenziale, che la nomina di un console

o viceconsole inglese a Massaua, qualora dovesse avvenire, sarebbe per noi, a parere del generale Gené, di grande imbarazzo nelle presenti circostanze.

Oltre a rendere più difficile la soppressione, almeno di fatto, delle capitolazioni consolari, e quindi assai più lenta l'istituzione della sola giurisdizione del tribunale italiano, le mire dell'Inghilterra sul Sudan e per conseguenza la sua politica con l'Egitto e con l'Abissinia, e le stipulazioni stesse del trattato Hewett, sono così diverse, per non dire opposte ai nostri interessi attuali a Massaua che l'impianto di un ufficio consolare inglese in quella città non potrebbe che creare grandi difficoltà alla nostra amministrazione.

Per le ragioni invocate dal generale Gené ed accennate or ora, credo bene che

V.E. trovi modo di far comprendere al Governo inglese, qualora abbia realmente l'intenzione che gli si attribuisce, che a noi sarebbe gradito il differimento di quel provvedimento fintanto che dura in Massaua il presente stato di cose.

268 1 D. 129 (recte del 10 novembre) non pubblicato. 269 1 Cfr. n. 107 nota 3.

270

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 221. Roma, 12 novembre 1886.

L'ambasciatore d'Inghilterra, persuaso, com'egli dicevami, di interpretare gl'intendimenti del suo Governo col mantenere con noi quello scambio d'informazioni e d'idee che è naturale conseguenza delle così intime relazioni che esistono fra i due Gabinetti, davami ieri lettura di appunti da lui presi su quanto ebbe a trovare di più notevole nei documenti diplomatici testé speditigli da Londra.

Fra le informazioni così datemi una delle più notevoli si è senza dubbio quella relativa al recente colloquio avuto da lord lddesleigh col signor Waddington sugli affari d'Egitto.

Il signor Waddington impegnò la conversazione chiedendo al ministro degli affari esteri della regina quale impressione gli avesse fatto il noto articolo del Temps. Il nobile lord, mentre dichiarava essersi compiaciuto dell'impronta di moderazione che gli apprezzamenti in esso svolti rivestivano, colse l'occasione per dichiarare, ancora una volta, che, se l'Inghilterra non intende di occupare indefinitivamente l'Egitto, non crede però sia ancora giunto il momento di ritirarne le sue truppe; queste dovendo, a tutela dell'onore e degli interessi inglesi, restarvi fino a che, mercé la sua presenza, l'Egitto abbia raggiunto quel pieno sviluppo delle sue risorse amministrative, finanziarie e militari a cui intende l'azione dell'Inghilterra in quella regione. Il signor Waddington non credette fare a tale dichiarazione risposta di sorta; e si limitò a dire che, il suo Governo non avendogli dato istruzione alcuna d'entrare in discussione al riguardo col Gabinetto britannico, egli non aveva da emettere apprezzamento di sorta sulle cose dettegli.

A conferma, poi, della dichiarazione fatta da lord Iddesleigh all'ambasciatore britannico 1 , sir J. S. Lumley riferivami pure il sunto di una nota verbale diretta, sullo stesso argomento, dal Foreign Office a Rustem pascià.

Assai probabilmente (ciò però non mi fu detto) l'ambasciatore turco avrà avuto l'incarico di esprimere il desiderio di veder fissata una data per lo sgombro dell'Egitto da parte degli inglesi. Nel citato documento, quindi, il Gabinetto di Saint-James, oltre al ripetere le stesse dichiarazioni fatte al signor Waddington per giustificare la necessità dell'attuale occupazione, aggiunge che, quanto ad indicarne il termine, deve porre in sodo non essere tenuto a farlo, e ciò in base all'art. 6 della Convenzione anglo-turca del 24 ottobre 1885, che esclude il ritiro delle truppe fin che non sia tornata la sicurezza ai confini dell'Egitto.

La nota verbale rimessa a Rustem pascià conclude dichiarando che la permanenza delle truppe inglesi in Egitto potrebbe essere abbreviata se i negoziati che il Governo britannico sta per intraprendere colla Porta ottenessero il concorso delle Potenze ed approdassero così a soddisfacente conclusione; ed enumera, a tale riguardo, le seguenti concessioni che il Governo della regina vorrebbe gli si facessero: che gli stranieri sieno sottoposti alle leggi egiziane, sopratutto per la stampa; che i tribunali misti giudichino gli stranieri in materia criminale; che si riordini la Daira Sanich; che si regolino nuovamente i poteri della Cassa del debito egiziano.

Ho ringraziato sir J. S. Lumley per queste sue interessanti comunicazioni, senza esprimere parere in proposito, non essendone ancora il caso.

271

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 2042. Pietroburgo, 14 novembre 1886, ore 14,40 (per. ore 16,05).

Dans une longue conversation que j'ai eu avec M. de Giers, celui-ci, examinant les moyens de sortir de l'impasse actuelle, a mis en avant l'idée de faire suggérer à la Turquie de se prévaloir de ses droits suzerains pour ramener la Bulgarie dans une position politique régulière en y envoyant un caimacan, ou vicaire impérial, jusqu'à la définitive installation d'un nouveau prince de Bulgarie. En mème temps Russie, mème avant de connaìtre décision du prince de Mingrélie sur son acceptation du tròne de Bulgarie, consultérait Grandes Puissances sur opportunité de ce choix. M. de Giers proposerait ce pian à l'empereur, lequel contrairement à l'assertion du baron d'Uxkull, excepte quelque rare cas, agit de concert avec son ministre des affaires étrangères.

270 1 Reete: francese

272

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 2043. Berlino, 14 novembre 1886, ore 15,50 (per. ore 19,15).

Chancelier, de passage à Berlin pour se rendre lundi à Fréderichsruhe, a reçu, avant-hier, nouvel ambassadeur de France qu'il n'avait pas encore vu depuis son entrée en fonctions. Il s'attendait à ce que ce diplomate plaiderait chaudement les intérèts français en Egypte; te! n'a pas été le cas. Un discours de Son Altesse à un de ses intimes sur cette audience porte à croire, cependant, que M. Herbette ait sondé le terrain, ou que, du moins, le prince de Bismarck ait pris lui-mème l'initiative de parler de cette question. Le fait est qu'en termes généraux celui-ci témoignait des dispositions favorables, à de bons rapports entre l' Angleterre et la France, mais laissait entendre ne vouloir pourtant exercer «aucune pression», c'est à dire, en d'autres termes, que, dans un due! éventuel entre les deux Puissances, l' Allemagne ne servirait pas de témoin à la France, et ne prendrait, d'ailleurs aucun engagement si pareille éventualité devait se réaliser. Le chancelier n'est nullement ébranlé dans sa confiance pour le maintien de la paix: il ne croit pas à ce que dans la conjoncture actuelle un conflit puisse survenir entre l' Autriche et la Russie, pour les affaires de Bulgarie; mème si les russes, contre toute attente, occupaient la Principauté, ou quelques ports sur !es còtes occidentales de la Mer Noire, l'Angleterre ne bougera pas davantage, mème si la Russie parvenait à s'entendre avec la Turquie pour prendre des gages vers les détroits; il a aussi tout lieu d'espérer que Kalnoky se maintiendra au pouvoir. L'essentiel maintenant c'est que la Russie, ce qui n'a pas encore été fait, propose officiellement une candidature au tròne de Bulgarie; en attendant, le général Kaulbars agit d'après les instructions de son souverain, qui, lui-mème, prenant conseil de personne, peut ménager encore plus d'une surprise. C'est ainsi que publiquement chancelier envisage la situation.

273

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2046. Madrid, 14 novembre 1886, ore 16,40 (per. ore 22).

D'après les déclarations que Moret m'a faites hier, l'affaire Zorilla a cessé d'ètre une cause de retard pour notre négociation réservée. La reine très satisfaite de ses ouvertures et des réponses tiendra dans très peu de jours avec lui et Sagasta une conférence décisive pour une communication écrite à nous faire immédiatement en vue d'accords secrets qui seraient signés parla reine comme par les autres souverains.

274

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, AVARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2044. Vienna, 14 novembre 1886, ore 17,45 (per. ore 21 ).

Kalnoky a fait hier devant comm1sswn pour les affaires étrangères, de la délégation hongroise, l'exposé de la situation politique étrangère. Voici, d'après le compte-rendu des joumaux, le résumé des déclarations faites par S.E. le ministre. Le ministre commence par déclarer que dans la question bulgare il faut faire la distinction entre ce qui touche seulement les intérèts bulgares, et ce qui concerne les intérèts européens. Quant aux intérèts de l'Autriche-Hongrie, ils reposent sur des questions de principe et de droit et .sur les traités généraux. Une chose qui est d'importance capitale, c'est que le Traité de Berlin demeure intact. La tàche importante et difficile de veiller à ce que le principe fondamenta! de l'autonomie bulgare, telle qu'elle est garantie par les traités, ne soit pas lésée, incombe aux Puissances et à l'Autriche-Hongrie. Mais la tàche la plus difficile du Gouvemement consiste à ne pas laisser influencer son action par une surexcitation momentanée. Avec l'attitude du général Kaulbars, on n'obtiendra rien de ce qui pourrait exercer une influence décisive sur la formation définitive de la Bulgarie. Le général Kaulbars a réussi à faire sentir de la manière la plus fàcheuse aux bulgares l'action de la Russie, mais il a ravivé d'une façon inouYe jusqu'ici les sympathies de l'Europe pour la Nation bulgare. Les intérèts de l' Autriche-Hongrie exigent qu'aucune violation des traités ne s'effectue et que l'autonomie de la Bulgarie, garantie par l'Europe, soit maintenue intacte. C'est donc une tàche longue et ardue qui lui est dévolue celle de suivre les événements avec patience et attention. Le président du Conseil hongrois, M. Tisza, a indiqué nettement les points généraux de notre politique. Supposé le cas où nous serions dans la nécessité de défendre le Traité de Berlin, nous sommes assurés d'avoir les sympathies et le concours de toutes les Puissances qui ont à coeur le maintien des traités en Europe. Le ministre estime qu'il n'y a pas lieu d'abandonner la voie suivie jusqu'ici, tant qu'on a la perspective d'arriver au but par des voies amicales. La Monarchie austro-hongroise n'a jamais fait une politique agressive. Ce n'est point sa faute si le développement pacifique des Etats des Balkans a été interrompu. Le ministre rappelle sa déclaration de l'année dernière, à savoir que l'union de la Bulgarie et de la Roumélie n'était pas contraire aux intérèts de l'Autriche-Hongrie. La Turquie a négligé de faire valoir les garanties qui lui avait accordées le Traité de Berlin. La mission des Puissances consiste a rétablir l'état légal et a résoudre les questions qui se rattachent à l'union bulgaro-rouméliote. Le Gouvernement austro-hongrois cherchera à faire exaucer les voeux admissibles des bulgares. Il n'a jusqu'ici négligé, en aucune occasion ni en aucun temps, les intérèts européens et ceux de l'Autriche-Hongrie, quand ils ont été compromis. Il devait avant tout prévoir le cas où la question bulgare deviandrait une question européenne. Par exemple, l' envoi d'un commissaire russe chargé de prendre le Gouvernement de la Bulgarie, l'occupation de quelque port ou de la Bulgarie elle-mème, auraient été des actes qui auraient imposé l'obligation de prendre une attitude enérgique.

275

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE

T. 944. Roma, 15 novembre 1886, ore 23,55.

L'ambassadeur de Russie est venu chez moi, chargé de sonder le Cabinet de Rome sur le choix du candidat pour le tròne de Bulgarie. Ce serait, m'a-t-il dit confidentiellement, le prince de Mingrélie. Je lui a répondu que je n'avais aucune idée des mérites de ce candidat, mais je ne doutais pas que le choix de l'empereur ne se fùt arrèté sur un personnage ayant toutes les qualités requises pour gouverner la Bulgarie, un pays si digne, sous tous les rapports, des sympathies de toutes les Puissances. Si donc tous !es autres Cabinets tombaient d'accord sur le nom du prince de Mingrélie, ce ne serait pas l'assentiment de l'Italie qui lui fera défaut. l'ai, cependant, ajouté que je croyais surtout nécessaire, pour la réussite de cette candidature, qu'elle ne dut pas subir de rétard et que, par conséquent, elle fùt le plus tòt possible suggérée à la Sobranje actuelle, qui, s'étant simplement prorogée, pourrait procéder immediatement à l'élection du nouveau prince, et se dissoudre aussitòt après, mettant ainsi fin aux dangers de l'état de choses actuel.

276

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

L. PERSONALE. Roma, 15 novembre 1886.

La ringrazio vivamente per la sua lettera del lo novembre 1• Le sono grato pel progetto di formola che ella ebbe a trasmettermi, e ne ho tenuto particolar conto nel progetto di trattato che trasmetterò a Berlino, dopo che Sua Maestà al suo ritorno a Roma, mi avrà impartito la sua sovrana autorizzazione.

È stabilito ufficialmente che i negoziati dovranno essere condotti a Berlino dal conte de Launay, ma s'intende ch'ella sarà tenuta a corrente di tutto. Come ella vedrà, ho creduto dover mettere i punti sugli i, e spiegherò tutta la possibile resistenza affinché non me li tolgano.

In quanto alla giustificazione del mio operato in caso di riuscita come in caso d'insuccesso; non ci penso affatto, poiché i negoziati come il Trattato dovendo restar sempre un segreto assoluto, non potrò mai difendermi contro le accuse che mi si faranno. Ma ciò poco m'importa. Ci ho fatto la pelle nel modo il più completo, e poco mi curo di ciò che si dirà di me quando vivrò in quell'oscurità in cui conto

finire i miei giorni, ad altro giudizio non tengo quindi fuori di quello della mia coscienza.

Il discorso di Kalnoky fu assai più accentuato di quanto mi aspettavo. Vedo poi che Bismarck continua a dire che se anche la Russia bombardasse, occupasse etc. etc. niun si muoverebbe.

Come ella ha potuto vedere: in conformità anche delle idee sue, mi sono tenuto fino ad ora in quell'equilibrio colla Russia reso necessario dagli imprevedibili eventuali volta faccia della Germania.

276 1 Cfr. n. 238.

277

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4302. Berlino, 15 novembre 1886 (per. il 21 ).

J'ai eu hier la visite du secrétaire d'Etat. Il n'avait pas encore lu le discours prononcé aux délégations par le ministre austro-hongrois des affaires étrangères, mais espérait qu'il saurait triompher des attaques de ses adversaires. Il jouit de la confiance des Cabinets allemand, italien et russe. La modération de ses veus, son esprit conciliant offrent de solides garanties qu'il usera de tous !es moyens pour la conservation de la paix. Un changement de Ministère serait à tous égards regrettable. L'arrivée au pouvoir du comte Andrassy exciterait des défiances à Pétersbourg. Ayant été pendant sept années en dehors du Gouvemement il se croirait peut-étre obligé de «faire quelque chose» pour signaler son retour aux affaires. Dans cette condition, on court grand risque de faire fausse route à ses propres dépens, et à ceux des intéréts d'autrui.

Ayant rencontré M. Herbette après sa première entrevue avec le chancelier, je racontais que ce diplomate, dans le but peut-étre d'endormir ma vigilance sur la politique française, m'avait parlé avec beaucoup d'animation contre !es acquisitions ou aspirations coloniales de son Pays dans ces demières années. Le Gouvemement de la République a commis une immense faute en occupant Tunis. Il a par là provoque le mécontentement de la Turquie, offusqué l' Angleterre, et irrité au plus haut point l'ltalie. L'ambassadeur ne comprenait pas que M. Ferry s'en fit un titre de glorie, et il blamait également les entreprises au Tonkin, à Madagascar qui occasionnaient au Trésor de lourdes changes sans compensation réelle. L'opinion pubblique en France est fatiguée de ces aventures, et se révolterait contre un Ministère qui voudrait se lancer dans de nouvelles entreprises. M. de Freycinet est parfaitement résolu à respecter ce courant d'opinion. La France ne demande pas autre chose que le maintien du statu-quo dans la Méditerranée.

Par ce récit, je visais à amener le comte de Bismarck à me dire si le langage de

M. Herbette en ma présence coi"ncidait avec celui tenu le méme jour au chancelier.

Le secrétaire d'Etat me confiait que l'Italie n'avait pas été nommée; que M. Herbette se portait garant que la France ne se laissait plus hypnotiser par la contemplation des Vosges; qu'elle se rendait compte qu'il était de bien plus grande importance pour elle de sauvegarder sa position méditerranéenne, et en Egypte notamment. A mots couverts, et en termes généraux, l'espoir était émis qu'au besoin l'appui de l' Allemagne ne ferait pas défaut. Il donnait ensuite force coups d'encensoir à M. de Freycinet, sans aUer aussi loin toutefois, qu'avec mon collègue d' Angleterre, auquel il le représentait comme le Bismarck de la France. Mais il affirmait que cet homme d'Etat était de beaucoup supérieur aux autres membres du Ministère, et que sa position était «inébranlable». Le chancelier, à son tour, se montrait favorable à ce qu'il ne survint aucune brouille sérieuse entre la France et l' Angleterre, mais ne prenait pas d'engagement en prévision de pareille éventualité, pas mème celui d'exercer une pression.

Le secrétaire d'Etat m'annonçait alors que le chancelier l'avait chargé de m'inviter à venir chez lui dans la soirée, et que dans cette visite j'en apprendrais davantage.

278

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4303. Berlino, 15 novembre 1886 (per. il 21).

Dans l'entretien que j'ai eu hier soir avec le chancelier il touchait aussi à la situation générale.

Je vais reproduire en substance ses appréciations. Pour mon compte, je me suis borné à fixer autant que possible la conversation sur les points où il importait d'obtenir quelques éclaircissements.

Il n'entendait pas se brouiller avec la Russie sur les affaires bulgares, qui n'affectent en rien les convenances de l'Empire d'Allemagne. «Si mème elle occupait la Principauté, il n'y aurait pas motif d'immixtion de notre part». Aucun indice ne laisse entrevoir qu'il résulterait de ce fai t une rupture entre l' Autriche et la Russie, et le Cabinet de Berlin s'emploirait d'ailleurs de son mieux à la prévenir. Il est évident néanmoins, si contre toute attente une guerre éclatait entre ces deux Etats, que «nous ne saurions permettre que l' Autriche fùt vaincue, ou sortit épuisée de la lutte. Nous tenons à ce qu'elle se maintienne dans sa position de Grande Puissance. Si elle était réduite aux abois, elle tomberait à la merci de la Russie, et pourrait aussi se laisser entrainer vers la France». A défaut de l'Autriche, l'Allemagne, l'Italie et l'Angleterre devraient, avec moins de chances qu'aujourd'hui, se prémunir contre la Russie et la France, lesquelles, tenues à distance l'une de l'autre, doivent se contenter actuellement de «friser leur moustache», de se livrer à des bravades sans danger pour la paix européenne. «Quoi mettre d'ailleurs à la place de l' Autriche? C'est l'observation que je présentais à mon souverain, lorsqu'après Sadowa il voulait marcher sur Vienne. L'existence de la Monarchie des Habsburg est nécessaire à l'équilibre; et en ce qui nous concerne nous ne nous soucierions en aucune manière d'accroitre par l'acquisition de territoire le chiffre de nos catholiques».

Au point de vue strictement allemand, l' Allemagne resterai t impassible si les russes occupaient Constantinople ou les détroits, comme la Bulgarie. C'est à quoi ils tendent. Ils cherchent déjà à arracher à la Turquie quelques concessions; mais jusqu'ici ils n'ont pas obtenu gain de cause. «Avec Constantinople entre leurs mains, ils n'en deviendraient que plus faibles, vers nos frontières, et donneraient plus de prise sur eux». Lors mème que le tsar ne gouvemerait pas de Constantinople l'immense Empire, ce ne serait pas moins pour lui une déperdition de forces réparties sur tant de points. En outre, ce coup hardi provoquerai probablement un changement de position des Puissances sur l'échiquier européen. La France se souviendrait peut-ètre que le motif principal pour lequel Napoléon III entreprit la guerre de Crimée, était d'empècher que par suite des empiétements de la Russie, la Méditerranée ne devìnt un lac russe. La Russie aurait de plus à garer con tre la Turquie, et l' Angleterre se réveillerait de la léthargie que le parlementarisme lui a inoculée. On devrait se rappeler à Londres les paroles prononcées par Pitt à son lit de mort.

Je me permis de faire l'observation qu'il importe à l'Italie que l' Angleterre conserve tout son prestige, lequel serait considérablement affaibli par une marche victorieuse de la Russie sur Constantinople. «A nous aussi», ajoutait le prince de Bismarck, «il convient que l' Angleterre se maintienne comme Grande Puissance. Je pense mème que si la France méditait un jour une descente en Angleterre comme sous Napoléon 1er, l' Allemagne devrait s'y opposer les armes à la main». Le Cabinet de Berlin attache beaucoup de prix à vivre en bonne intelligence avec la Grande Bretagne. Et comme preuve, le prince me disait que si M. Herbette dans sa récent entrevue, au lieu de s'énoncer en termes généraux sur les intérèts de la France dans la Méditerranée et sur l'Egypte, avait indiqué un programme, fait quelque ouverture, il lui aurait répondu à peu près dans ce sens. S'il s'agissait d'une simple médiation désirée par la France pour en venir à un arrangement pour l'Egypte avec l' Angleterre, le Gouvernement impérial serait disposé à l'accorder. La France pourrait aussi invoquer les bons offices de la Russie! Si, malgré tous les efforts, une rupture devenait menaçante, l' Allemagne ne se refuserait pas à renouveler ses tentatives pacifiques, car une lutte entre ces deux Pays pourrait entraìner de graves conséquences, et gagner de proche en proche. «Mais si la France nous demandait d'exercer une pression dans toute l'acception du mot, je m'y refuserais».

V.E. remarquera que ces indications se trouvent assez conformes à mon télégramme transmis hier avant l'audience 1 , et que j'avais rédigé d'après des données qui m'étaient parvenues indirectement de très-bonne source.

Dans ce meme entretien, je demandais au chancelier s'il était en accord avec le discours récent du comte Kalnoky, dont les agences télégraphiques avaient publié un résumé. Son Altesse m'en donnait l'assurance. Les idées principales lui en étaient du reste connues d'avance. Quant au discours du marquis de Salisbury, il ait mieux valu en supprimer la partie où il subordonne publiquement sa politique dans Ies Balkans à l'attitude de l'Autriche. Un tel langage sonne mal dans la bouche du ministre des affaires étrangères d'une grande Nation.

Je n'ai pas besoin d'ajouter que le prince se montrait trés-heureux des rapports d'amitié et de confiance, que V.E. et lui de son còte s'appliquaient à entretenir entre les deux Gouvernements.

P.S. Ci-joint une Iettre particuliére pour V.E. 2

278 1 Cfr. n. 272. 2 Non pubblicata.

279

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Madrid, 12-15 novembre 1886 (per. il 20).

Ringrazio l'E. V. del riverito dispaccio n. 312 di questa serie in data del 6 corrente 1•

Il signor Moret, al suo ritorno da San Sebastian, trovò il terreno preparato dal conte Benomar presso la Presidenza del Consiglio nel senso di desistere da ogni pretesa a formali inviti di accessione alla politica italiana: quel diplomatico si era efficacemente adoperato perché il Gabinetto entrasse, senz'altro, nella via segnata dalle entrature fatte presso di noi dal signor Moret ed aveva, inoltre, avuto conferenze importanti cogli anteriori ministri di Stato, il marchese la Vega Armijo, don Servando Ruiz Gomez e don Antonio Canovas del Castillo i quali lo avevano assicurato che appoggerebbero il signor Moret quando egli attuasse l'adesione della Spagna alla politica delle tre Monarchie centrali mediante accordi coll'Italia.

Il 4 corrente a sera, come ebbi l'onore di telegrafare all'E.V. l'indomani 5 2 , il signor Moret mi dichiarava che, dopo l'accoglienza benevola del Governo del re alle sue entrature, egli non aveva più bisogno di inviti per accedere agli accordi delle tre Potenze. Il linguaggio del conte Solms gli provava che quelle entrature medesime sono, non solo conosciute, ma veramente gradite a Berlino. Informazioni di altra sorgente lo avevano convinto che fosse completa l'intelligenza dell'Italia con l'Inghilterra, il qual fatto non poteva che rendere vieppiù accetti al Paese i propositi a noi manifestati. Dunque, conchiuse, il signor Moret, gli accordi che siamo risoluti a stringere coll'Italia potranno per parte nostra, diventare formali e definiti nel dicembre.

Nel frattempo, aggiunse il signor Moret, dobbiamo finirla colla cospirazione repubblicana franco-spagnuola della quale tengo tutte le fila. In seguito ai passi ufficiosi delle Potenze monarchiche per la quistione Zorilla, il signor Laboulaye, nella sua udienza di congedo, espresse, d'ordine ed in nome personale del signor Grévy, alla regina reggente l'ammirazione del presidente per la clemenza e la saggezza di Sua Maestà e diede la promessa che il Governo francese appoggerà sinceramente la causa dell'ordine in Ispagna. Zorilla, privo oramai di mezzi ed eclissato da Castelar a Parigi, verrà forse indotto ad accettare l'indulto. Egli, intanto, mantiene un contegno minaccioso e, fra pochi giorni, i suoi partigiani in !spagna tenteranno un altro movimento insurrezionale, se non altro per non trovarsi nell'obbligo di restituire alla setta i sussidii ricevuti: quel moto verrà soffocato e represso come i precedenti e, ad ogni modo, nelle prime discussioni delle Cortes sarà data una battaglia decisiva al partito d'azione repubblicano. Dopo ciò -continuò il signor Moret -potrò realizzare il programma di politica estera che non potrebbe attuare il marchese la Vega Armijo, la cui entrata nel Gabinetto sarebbe una sfida

279 1 Cfr. n. 250. 2 Cfr. n. 247.

alla Francia ed il quale, d'altronde, persisterebbe nel concetto di conchiudere accordi con Berlino, mentre io otterrò lo stesso risultato con intelligenze dirette con l'Italia.

Ho l'abitudine, in presenza degli sfoggi di eloquenza immaginativa del signor Moret, di ascoltarlo fino alla perorazione e di rispondere poi, in forma affatto privata, con interrogazioni come, per esempio, le seguenti: «Quando sarete tenuti verso la Francia per il rimpatrio di Zorilla, come farete a tourner casaque? Volete far credere a Castelar che, avvicinandovi all'Italia, v'incamminate alla confederazione latina? Credete proprio di poter dare assicurazioni al Paese sulla politica inglese? Siete sicuri che i nuovi tentativi di disordine che voi ritenete prossimi non trarranno seco una crisi ministeriale, come è pur sempre succeduto? Credete voi impossibile che in questi due mesi i comuni avversarii sollevino qualche incidente di poca importanza in sé, ma tale da dividerci, quando non fosse altro che quello della fondazione italiana in Madrid, già trattato con alquanta passione nei due Parlamenti e che avete, purtroppo, lasciato aperto? E, ponendo, come fate, tante legna al fuoco -subordinando a tante circostanze accessorie o estranee l'affermazione fondamentale di un indirizzo politico chiaro ed intelligibile, non temete voi che, venuta che sia quella data di dicembre da voi fissata, quelle stesse circostanze accessorie prevalgono sopra i propositi che considerate -sin qui, in teoria soltanto -richiesti dalla vostra saggezza?

Ad alcune di queste mie amichevoli interrogazioni, rispondeva il signor Moret con particolari interessanti: condotta la Francia, diceva egli, a cessare dallo adoperare emigrati spagnuoli come istrumenti contro la dinastia, rimarrà l'altra quistione grave tra i due Paesi, quella cioè del Marocco in vista della quale il ministero è già assicurato di poter riunire tutti i partiti dinastici nel concetto di una intima intelligenza coll'Italia per gli interessi comuni nel Mediterraneo; è inteso colla Corona non doversi modificare, checché avvenga, il Gabinetto prima di gennaio, epoca alla quale già ci saremo impegnati verso l'Italia; la quistione della fondazione italiana verrà risoluta tra breve («è sciolta di già, interruppi io, e soltanto rimanete debitori morosi»); la Spagna intera accoglierebbe con entusiasmo l'idea, per esempio, di un invito ai nostri sovrani di recarsi all'esposizione di Barcellona l'anno venturo, idea partecipata confidenzialmente, aggiunse il mio interlocutore, da me al conte Rascon dopo lettura di un rapporto del console di Spagna in Genova circa parole di sovrana cortesia che S. M. la nostra Augusta Regina si degnò dirigergli all'occasione delle feste di inaugurazione dal momumento al re Vittorio Emanuele, parole di nobile simpatia per la regina reggente e per la Spagna.

V.E. non disapproverà che, davanti a certe esuberanze io, valendomi della fiducia che giustamente ripone il signor Moret nei miei sentimenti di cordialità verso di lui, gli opponga, senza offendere né scoraggiarlo, lo scetticismo dell'amicizia tante volte delusa. Il mio collega di Germania, tornato da un lungo congedo pochi giorni fa, accoglie, invece, le analoghe entrature del signor Moret colle apparenze della più schietta fiducia e soddisfazione. Egli divide pienamente le mie impressioni sulla leggerezza ed instabilità di condotta di questi uomini politici e non ne accetta, in fondo, le assicurazioni se non con beneficio d'inventario; ma ritiene che il signor Moret è veramente sincero, e, alla maniera spagnuola, perfino risoluto. Ne dà prova, mi disse il conte Solms, nelle conferenze che tiene quasi continuamente sull'argomento stesso con Canovas del Castillo e la Vega Armijo, coi quali si consulta e scambia impegni per assicurare la continuità della politica estera legata alla Spagna del re Alfonso. Canovas, a quanto mi affermò il conte Solmas, ha perfino espresso rammarico di essere stato trascinato dal signor Elduayen nella politica anti-germanica che si manifestò durante l'incidente della Caroline. È evidente il desiderio dei miei colleghi di Germania e di Austria-Ungheria che approdi il negoziato incominciato: mi dissero, perfino, che essi non riferivano ai loro Governi quanto poteva farli dubitare della serietà del signor Moret: dalla quale asserzione poco verosimile inferii, anzitutto, che i detti miei colleghi temono le impressioni che il Governo del re può ricevere dai miei rapporti.

Il signor Moret ha la gentilezza di mandarmi frequenti inviti a recarmi al Ministero di Stato, tanto che, nelle attuali circostanze, posso senza inconvenienti, dimostrare discrezione col non incomodare il ministro se non quando egli si compiace chiamarmi presso di sé. Il martedì 9 corrente mi recai, appunto, dietro un suo invito, al Ministero di Stato; il signor Moret mi dimandò se io aveva notizie da Roma. Risposi che non ne aveva, né aspettava alcuna risposta da V.E. circa l'annunzio da me trasmessole di una sosta nell'attuazione dei propositi da lui manifestati. Una cosa grave assai è avvenuta, mi disse egli. E, chiamato il sottosegretario di Stato, lo pregò di procurarsi subito, per proprio uso, senza che apparisse fosse per uso del ministro di Stato che allora trova vasi in notorio colloquio col Ministro d'Italia, la nota pontificia. Pochi momenti dopo il signor Moret mi pregava, sotto condizione di assoluta segretezza di prendere sommaria conoscenza della nota intorno alla quale ebbi l'onore di riferire a V.E., in via di corrispondenza ordinaria, col mio rapporto politico n. 348, in data dei 10 corrente 3 . Il signor Moret si dimostrò preoccupato assai di quell'atto della Santa Sede tanto spiacevole, soprattutto se verrà recato alla pubblicità; e mi disse supporre, dopo averci pensato molto, che il principe di Bismarck tanto influente, in questo momento, presso il Vaticano, non poteva avere ignorato un tale passo della Santa Sede; e che forse l'aveva suggerito egli stesso per avvertire di possibili pericoli quella parte dell'opinione italiana che tende ad avvicinarsi alla Francia. Io osservai, in risposta, che, benché il principe di Bismarck fosse generalmente considerato come facendo la pluie et le beau temps in Europa, mi pareva difficile ammettere che facesse anche le note del cardinale Jacobini, alle quali, d'altronde l'Europa è abituata, simili periodiche manifestazioni del Vaticano non esercitando più alcuna influenza sulla politica delle Grandi Potenze. Soggiunsi che, se la nota pontificia era dettata da qualche intento speciale, questo poteva forse dedursi dal linguaggio tenuto dal nunzio personalmente nell'atto di presentarla. Il signor Moret mi disse allora che il nunzio gli aveva espresso, in tale occasione, la propria meraviglia per l'insolito contegno di ostilità recentemente assunto dal Governo italiano verso la Chiesa; «il Governo italiano, disse il nunzio, vuole qualche cosa, e crede riuscirvi colla minaccia». Il signor Moret mi aggiunse, con evidente sincerità, non capirci nulla, ma essere assai contrariato, le influenze ecclesiastiche sembrando cooperare colle radicali a porre ostacoli alla buona intelligenza delle Monarchie. Mi parve che alludesse con ciò alle sue speranze di visite reali e di appoggio per parte dei cattolici dinastici; non rilevai, ben inteso, l'allusione.

Il ministro di Stato terminò poi col dirmi che persisteva a credere che la Germania non poteva essere estranea al passo della Santa Sede (probabilmente egli vorrebbe che da Berlino si dissuadesse il Vaticano dal creargli difficoltà) e che egli non tralascerà alcun mezzo per scoprire da chi e con quale intento sia stata ispirata la nota pontificia.

Nell'accomiatarmi gli dissi scherzando che l'ispiratore era forse monsignor Lavigerie, anch'egli influente in Vaticano; il quale si sarà ricordato che, nel 1884, bastò sollevare, col così detto incidente Pidal 4, una vuota quistione di clericalismo perché Canovas (oggi pentito) abbandonasse le intelligenze coll'Italia e ricadesse, col sultano del Marocco, nell'orbita della politica africana servita tanto patriotticamente dall'eminente prelato.

Madrid, 15 novembre 1886.

P.S. Il signor Moret, che vidi ieri, mi disse che le trattative sull'affare Zorilla hanno cessato di essere motivo di dilazioni per il negoziato d'accessione; che egli sottopose nos petits papiers alla regina, la quale ne fu soddisfattissima; e che fra pochi giorni egli ed il presidente del Consiglio terranno in presenza della Maestà Sua una conferenza decisiva sui termini di una comunicazione da farci per iscritto. L'indirizzo politico da consacrare è approvato dai capi dei partiti dinastici, ma gli accordi che verranno firmati dalla regina come dagli altri sovrani rimarranno assolutamente segreti. Così il signor Moret. Continuano qui i provvedimenti di vigilanza per una sommossa militare ritenuta imminente. Affido questo rapporto ad occasione sicura.

279 3 Cfr. n. 265.

280

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2059. Costantinopoli, 16 novembre 1886, ore 11,30 (per. ore 18,15).

Il me révient de bonne source que les ambassadeurs de France et de Russie auraient fait démarche à la Porte, pour confirmer le caractère européen de la question égyptienne et pour déclarer que leurs Gouvemements ne sauraient admettre que cette question soit traitée exclusivement entre la Turquie et l' Angleterre.

281

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2064. Costantinopoli, 16 novembre 1886, ore 19,20 (per. ore 23,05).

Mémorandum anglais, relatif à l'Egypte, a été énvoyé ici par Rustem pacha. Ambassadeur d'Angleterre vient de me dire qu'il n'en a pas donné communication

à la Porte et que jusqu'ici il n'est chargé d'aucune négociation. Il est d'avis que, par suite de la convention conclue l'année dernière, le règlement de la question a perdu son caractère international; par contre, ambassadeur de Russie m'a dit tantòt d'en avoir entretenu longuement le grand-vizir, pour lui démontrer la nécessité de rien conclure sans l'accord préalable des Puissances.

279 4 Sull'incidente Pida1 vedi serie II, vol. XVII-XVIII, nn. 308, 316, 324, 327, 348, 371, 382,410,417, 602, 661, 667 e 673.

282

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2061. Londra, 16 novembre 1886, ore 19,34 (per. ore 21,40).

Ambassadeur de Russie a fait hier communication relative à la candidature du prince de Mingréiie. Ministre des affaires étrangères a répondu que le prince étant sujet russe, ce choix ne lui semblait pas bon, mais il se réservait de faire une reponse positive lorsque le moment de la décision serait venu. Il me semble que le noeud de la question soit à Vienne. Gouvernement anglais a été très satisfait des déclarations de Kainoky.

283

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

D. 317. Roma, 16 novembre 1886.

Ho ricevuto il rapporto di questa serie n. 384 in data lO corrente 1 relativo ad una comunicazione testé fatta al ministro di Stato dal nunzio pontificio.

Non ho a questo riguardo se non a confermare il contenuto del mio telegramma dei 13 novembre 2 . La S.V. potrà dire al signor Moret, ove se ne presenti occasione, che non si preoccupi della recente circolare della Santa Sede, di cui nessuno si occupa in Europa, l'attenzione delle Potenze essendo rivolta ad altri e ben più serì argomenti.

P.S. Faceva seguito ai rapporto cui oggi rispondo, in poscritto cifrato. Prego V.S., in altra occasione, d'inviare gli annessi in cifra in foglio separato.

283 1 Cfr. n. 265. 2 T. 935, non pubblicato.

284

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

T. S.N. Roma, 17 novembre 1886, ore 17,35.

V otre télégramme d'hier 1 me surprend. Vous me demandez des instructions pour le cas où M. Moret reviendrait avec vous à l'idée d'accords particuliers entre l'Italie et I'Espagne. Mon télégramme d'avant-hier 1 vous a déjà clairement fait connaìtre, ce me semble, ma pensée à cet égard. Nous avons déclaré dans notre mémorie du 11 octobre 2 et nous répétons maintenant qu'il ne peut ètre, entre l'Ita1ie et 1'Espagne, question d'accords particuliers qu'après accession de l'Espagne à la Triple Alliance et encore il faut, tout d'abord, que l'initiative pour l'accession de l'Espagne soit prise par l'Allemagne ou par l'Autriche. C'est cela précisément que vous devez dire à M. Moret s'il vous parle d'accords particuliers entre l'Espagne et I'Italie. Quoiqu'il en soit, et pour éviter des malentendus je désire que vous absteniez scrupoleusement d'énoncer une déclaration quelconque qui pourrait nous engager et que vous borniez strictement à prendre et à transmettre ce qu'on vous dira.

285

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 2070. Pietroburgo, 17 novembre 1886, ore 18,50 (per. ore 19,35).

Prince de Mingrélie pas encore arrivé. On craint à son égard quelques difficultés de la part de la Turquie. Dans le cas d'opposition j'ai entendu parler, très vaguement, du prince Vogorides, nevue d'Aleko pacha.

286

L'INCARICATO D'AFFARI A VIENNA, A VARNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 150. Vienna, 17 novembre 1886 (per. il 22).

Nella seduta di jeri la Commissione per gli affari esteri della delegazione ungherese continuò la discussione sopra l'esposizione del conte Kalnoky circa la

situazione politico-estera. L'interesse di questa seduta fu principalmente nel discorso pronunziato dal conte Andrassy, il quale si occupò in ispecial modo delle relazioni fra l'Austria-Ungheria e la Germania, e si studiò d'indagare le ragioni per le quali tale alleanza non aveva arrecato quanto da essa generalmente si aspettava.

Secondo il conte Andrassy, il contegno silenzioso del Governo austro-ungarico durante gli avvenimenti della Bulgaria, come pure le espressioni di alcuni giornali tedeschi, avevano fatto nascere in molti la persuasione che i rapporti fra l'Austria-Ungheria e la Germania non fossero di alcuna utilità. La risposta poi data nella scorsa seduta dal ministro alla domanda rivoltagli dall'Apponyi circa tale alleanza non è tale certamente da tranquillizzare la opinione pubblica, la quale crede che, durante gli avvenimenti bulgari, la Germania abbia sacrificato gli interessi dell'Austria-Ungheria alla conservazione della pace.

Questa alleanza, che l'oratore chiama naturale e qualifica quale una garanzia di pace per l'Europa, ha perso, a suo avviso, il suo carattere dal giorno in cui la Russia entrò a farne parte. L'unione dei tre imperi, non poteva essere utile né all'Austria-Ungheria né alla Russia, giacché essa mise gli interessi contrari di queste due Potenze in una più acuta opposizione. Non poteva essere utile alla Germania perché le imponeva un carico grave e non necessario. Non utile neppure all'Europa, perché fece nascere presso le altre potenze sfiducia, quantunque mal fondata. In ultimo essa ha perso la sua forza per la conservazione della pace, perché l'unione di tre potenze, due delle quali hanno interessi sì diversi laddove esse devono agire, non può più imporre ad alcun Stato d'Europa. La conseguenza di tal posizione non naturale fu che la Germania, la quale erasi dichiarata neutrale nella questione balcanica, si trovò di fronte alla Russia in una posizione più difficile di quella in cui era l'Austria-Ungheria, ciò che la mise nella impossibilità di rimuovere tutti gli ostacoli che sorsero durante lo svolgersi degli avvenimenti nella Bulgaria.

Il conte Andrassy conchiude dicendo che avrebbe desiderato trovare nella esposizione del ministro un accenno a ciò che «qualora il Governo austro-ungarico si trovasse anche solo a difendere le deliberazioni del Trattato di Berlino, esso non indugerebbe a farlo finché non sia creata un'altra base di diritto». Egli fa quindi, conoscere i suoi timori circa la risposta data dal ministro al conte Eugenio Zichy, relativamente alla missione del generale di Kaulbars. In questa risposta il conte Kalnoky aveva detto fra le altre cose che gli sforzi delle potenze dovevano tendere a creare in Bulgaria uno stato di cose tollerabile e duraturo, e che non si poteva pensare a ciò senza ristabilire fra la Russia e la Bulgaria relazioni migliori. Gli domandò quindi spiegazione su tale espressione del ministro che, a suo avviso, era erronea giacché faceva credere che in Bulgaria non siasi ancora regolato nulla mentre all'opposto, tranne l'unione della Bulgaria colla Romelia, tutto venne regolato dal Trattato di Berlino. Egli chiese anche schiarimenti circa le altre dichiarazioni del ministro relative alla necessità della cooperazione della Russia per la costituzione definitiva della Bulgaria, dichiarazioni che, egli aggiunse, erano in contraddizione con programma svolto dal presidente del Ministero ungherese.

Nella sua risposta al conte Andrassy S.E. il conte Kalnoky, dopo aver ripetuto quanto aveva detto nella sua esposizione circa l'unione della Rumelia orientale alla Bulgaria, disse essere perfettamente giusto l'affermare che nulla dev'essere cambiato al Trattato di Berlino in ciò che concerne la situazione della Bulgaria. Dichiarò quindi che se parlando della Bulgaria egli disse essere necessaria per l'ordinamento definitivo del Principato la cooperazione della Russia, naturalmente con ciò volle dire che anèhe la Russia, come le altre potenze, avrebbe da cooperarvi. L'operatore ricorda poscia ciò che egli disse espressamente nella sua esposizione, cioè, che quanto venne confermato ai bulgari dal Trattato di Berlino non sarà loro tolto. Ciò non impedisce però che secondo i trattati è necessaria per la Bulgaria la cooperazione delle potenze e quindi anche della Russia. L'oratore conchiude dicendo che nessuno può contestare che i rapporti della Russia colla Bulgaria non sieno d'una grande importanza per l'avvenire di questo Paese. È quindi desiderabile che dal punto di vista politico la tensione presente si attenui in guisa da farla cessare del tutto nell'interesse della tranquillità del Principato.

Il conte Andrassy nell'esprimere la sua soddisfazione per le dichiarazioni del ministro, dichiara che gli schiarimenti da lui dati avevano dissipato in molti punti i suoi dubbi.

Dopo alcune osservazioni presentate dall' Apponyi e da altri delegati la seduta fu levata.

284 1 T. s.n., non pubblicato. 2 Cfr. n. 175.

287

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT AL RE D'ITALIA, UMBERTO I, A FIRENZE

T. 54. Roma, 18 novembre 1886, ore 10,30.

La situazione è senza dubbio assai tesa poiché imperatore di Russia è grandemente irritato in conseguenza dei discorsi di Salisbury e di Kalnoky. La Germania però mentre dà consigli prudenza alla Russia, non nasconde all'Austria che, se intraprendesse la guerra contro la Russia, non dovrebbe contare sul suo concorso. Dall'assieme delle cose quindi salvo sempre incidenti impreveduti od un colpo di testa dell'imperatore Alessandro non vedo la guerra imminente.

288

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

D. 286. Roma, 18 novembre 1886.

Con rapporto del 6 di questo mese 1 , la S.V. mi faceva conoscere la circolare diretta da cotesto ministro degli affari esteri ai rappresentanti delle potenze firmatarie

del Trattato di Berlino per pregarli d'indicare, al più presto possibile, il candidato che dai rispettivi governi sarebbe raccomandato alla scelta dell'assemblea bulgara. Voglia, la prego, dichiarare a S.E. il ministro che apprezziamo pienamente la correttezza e la opportunità di cotesto passo ufficioso del Governo bulgaro.

Desidero che, nel tempo stesso, ella porga, l'assicurazione nulla più starei a cuore che di vedere la Bulgaria uscire prontamente dalla delicata e pericolosa situazione in cui attualmente si trova; locché potrà solo avverarsi coll'assunzione al trono di un nuovo principe, in base alle precise stipulazioni del Trattato di Berlino.

Nelle circostanze attuali, la preliminare ed ufficiosa indicazione collettiva, da parte delle Potenze, del candidato sul quale si raccolga l'unanimità dei suffragi che devono concorrere alla sua elezione, è indubbiamente e sommamente opportuna. Ella può affermare che l'Italia, dal canto suo, non tralascia, precisamente in questo momento, di applicarsi, per tale scopo, ad opportuno scambio di vedute coi Gabinetti amici. Giova sperare che gli intendimenti di quei governi che dimostrano il loro particolare buon volere di raggiungere al più presto possibile l'intento condurranno, senza soverchio ritardo, al necessario accordo, anche ritorno al modus procedendi, che non è certo fra le minori difficoltà della questione.

288 1 R. 686, non pubblicato.

289

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1370/332. Londra, 18 novembre 1886 (per. il 21).

Ieri ebbi un colloquio con lord Salisbury il quale m'intrattenne in termini generali delle questioni del giorno.

Sua Signoria mi parlò primieramente degli affari della Bulgaria e dimostrò non dubbia soddisfazione per l'effetto prodotto dalle sue parole nonché dalle dichiarazioni del conte Kalnoky, per cui sperava che la Russia s'arresterebbe nella via seguita in questi ultimi tempi, né procederebbe ad un'occupazione che non potrebbe a meno di produrre serie complicazioni. La scelta del principe di Mingrelia per quel trono non gli gradiva, né comprendeva come s'invertisse l'ordine stabilito dal Trattato di Berlino per cui toccava in primo luogo all'Assemblea di eleggere il principe, e l'elezione era indi confermata dalle Potenze, in ogni modo il Governo britannico si riservava di pronunziarsi in modo definitivo sulla candidatura allorché l'Assemblea avrebbe fatta la sua scelta e questa gli sarebbe formalmente comunicata.

Feci osservare a questo proposito a Sua Signoria tale essere infatti la lettera del Trattato di Berlino, ma conveniva pure tener conto degli effetti pratici, l'Assemblea aveva invero già eletto un candidato il quale aveva declinata l'offerta, ne avrebbe un altro che non era possibile, non era più pratico che ora le Potenze si mettessero d'accordo sulla scelta e la suggerissero al Governo bulgaro? Ed aggiunsi il R. Governo non erasi opposto al candidato della Russia perché gli sembrava urgente di mettere fine al presente stato di sospensione, il quale poteva da un momento all'altro dar luogo ad incidenti pericolosi pel mantenimento della pace. E Sua Signoria riconosceva l'importanza di questa considerazione.

Si venne indi a parlare dell'Egitto, al quale proposito Sua Signoria disse il Governo inglese essere animato dal più vivo desiderio di metter fine a quella occupazione, la quale gli cagionava gravi spese, ma questo risultato non poteva attenersi che in un lungo intervallo di tempo. Si desiderava attualmente di stabilire accordi più concreti con la Sublime Porta sulla base della Convenzione del 24 ottobre 1885, verrebbe poscia la fase delle trattative internazionali.

E le cose erano ora venute al punto che si desiderava conferire col r. commissario sulle misure a prendere, epperò sir Henry Drummond Wolff era stato chiamato a Londra e ritornerebbe indi al Cairo con nuove istruzioni. Colsi questa occasione per esprimere a Sua Signoria i sentimenti di simpatia che animavano il

R. Governo per l'Inghilterra, il che ci condusse a far menzione di Massaua. Domandavami allora Sua Signoria come procedeva quella nostra occupazione, cui rispondeva consolidarsi a poco a poco, e Sua Signoria replicava facendo i più sinceri auguri per la riuscita di quella impresa.

Durante il colloquio Sua Signoria più d'una volta mi significava la sua vera soddisfazione per la parte che il R. Governo aveva sostenuta durante le recenti vicende, e per l'amicizia che in ogni occasione aveva dimostrata alla Gran Brettagna.

290

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 290. Pietroburgo, 18 novembre 1886 (per. il 24).

Ieri, mercoledì, giorno destinato al ricevimento del corpo diplomatico, nelle sale del Ministero degli esteri i capi di missione si trovavano raccolti in maggior numero del consueto. Tutti accorrevano per raccogliere le impressioni del ministro, in seguito ai discorsi di lord Salisbury e del conte di Kalnoky.

Entrai nel Gabinetto del signor di Giers dopo che ne erano usciti i miei colleghi d'Austria e d'Inghilterra. Ritrovai il ministro in uno stato d'animo più tranquillo di quello me l'aspettassi. Ragionò meco con calma, almeno apparente, su quanto occorse. Così mi disse, che ai due miei colleghi appena usciti, aveva espresso le sue meraviglie di che i principali ministri di sovrani amici, avessero adoperate parole offensive per il suo, mentre tutti debbono essere convinti degli sforzi che fa la Russia per mantenere la questione sopra un terreno sul quale l'accordo è possibile; lo czar essere irritatissimo per i discorsi tenuti; tuttavia fedele alla risoluzione presa, nulla farà di contrario al mantenimento della pace. Il signor di Giers poi mi disse, imitando il celebre detto del principe Gortchakow: «Je me recuille». Ma nel corrente della conversazione notai la frase seguente: «Il est bien nature! que dans cet état de choses, nous tiìchons de nous rapprocher de ceux qui n'ont pas l'air d'ètre contre nous».

Chiesi al ministro se egli credeva che la Germania dividesse gli apprezzamenti esposti dal conte Kalnoky; su questo proposito così egli mi rispose: «L'imperatore Guglielmo è assolutamente con noi, me lo assicurò recentemente il principe di Bismarck del quale sono sicuro».

Se dovessi definire i discorsi di lord Salisbury e del conte di Kalnoky a seconda dell'impressione qui prodottasi, direi che il discorso del primo ministro inglese è più offensivo; ma quello del ministro degli esteri austro-ungarico è più ostile. Così mentre alcune frasi di lord Salisbury offendono direttamente le suscettibilità della corte imperiale, come lo si proverà con qualche segno esterno, destano dell'indulgenza per l'istante in cui furono pronunciate; ma si trovano meritevoli di ben altro contegno quelle espresse a Pest in una solenne adunanza e suggerite, come sembra da una meditata ostilità.

Ciò nonpertanto prevale la speranza che in successive opportunità il conte Kalnoky saprà modificare gli aspri concetti palesati in una adunanza innanzi alla quale le esigenze della politica austriaca forse consigliavano un linguaggio in armonia coll'ambiente colà dominante.

291

IL REGGENTE IL CONSOLATO A BUDAPEST, PANSA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 17. Budapest, 18 novembre 1886 (per. il 24).

La seduta che tenne, ieri, il Comitato della delegazione ungherese pel bilancio degli affari esteri, arrecò un notevole complemento a quella precedente, nella quale eransi udite le dichiarazioni del ministro conte Kalnoky.

Cominciò il relatore del bilancio signor Falk (direttore del Pester Lloyd) con un discorso il cui scopo era, evidentemente, di prendere atto delle dichiarazioni ministeriali, mettendovi, come suol dirsi, i punti sugl'i. Dalle parole del ministro, disse il relatore, risulta in sostanza che se la Russia ha rinunciato a intervenire colle armi in Bulgaria, ciò è dovuto, fra le altre difficoltà, alla persuasione inculcatale che una simile impresa la trarrebbe a un conflitto con l'Austria-Ungheria. Approvando il ministro per tale sua ferma attitudine e per la favorevole situazione diplomatica creatasi in Europa, conchiuse però il signor Falk, non essere lecito pronunciare un giudizio definitivo sulla sua politica, finché non si veda quale partito egli saprà trarre da quella situazione per opporsi ad ulteriori procedimenti arbitrari della Russia in Bulgaria. Il discorso del signor Falk offre una certa importanza come quello che lascia prevedere fin d'ora il senso della relazione che sarà da lui presentata alle delegazioni sul bilancio degli affari esteri.

Prese quindi la parola il conte Giulio Andrassy, il cui discorso era atteso con viva curiosità, molti commenti essendosi fatti negli scorsi giorni sulla sua attitudine, che si diceva sarebbe tutt'altro che favorevole al Ministero. E infatti, la vigilia del giorno in cui il conte Kalnoky fece le sue note dichiarazioni, avendo io avuto occasione d'intrattenermi col conte Andrassy, egli si era espresso anche con me in termini piuttosto severi sulla politica del Ministero, dicendo che, con le sue esitazioni, essa condurrebbe forse ad un conflitto, mentre per la conservazione appunto della pace sarebbe occorso che fino dal primo nascere della recente crisi bulgara, il Gabinetto di Vienna avesse dichiarato fermamente alla Russia e a tutti quali erano i limiti oltre i quali esso avrebbe considerato come lesi gl'interessi vitali della Monarchia.

Il suo discorso di jeri (che egli pronunciò in lingua tedesca, per offrire al ministro la possibilità di replicare immediatamente) suonò, almeno nella forma, in tuono più mite; e fu osservato che, il giorno prima, il conte Andrassy aveva avuto dall'imperatore un'udienza assai lunga. Egli cominciò col dire che le dichiarazioni del conte Kalnoky erano state conformi alla sua aspettazione: doveva però chiamare l'attenzione del ministro su due punti, ai quali si limiterebbe il suo discorso. In primo luogo, disse, era necessario chiarire il dubbio che nell'animo di molti era penetrato relativamente alla portata dell'alleanza per l'Austria-Ungheria. Il ministro non l'aveva fatto completamente: egli lo farebbe. Non poteva naturalmente, entrare nei particolari di quell'accordo, la cui esistenza è oramai a tutti nota, ma ne parlerebbe a un punto di vista generale: «Quell'alleanza offre anch'oggi una guarentigia della pace europea, quale non potrebbe darla alcun'altra combinazione. Essa ha sopratutto il vantaggio di essere cosa tanto naturale, che se non esistesse, ognuno se ne chiederebbe, tanto in Germania che fra noi, il perché; essa è poi anche vantaggiosa per la Europa perché essendo di natura puramente difensiva, non contiene minaccie contro nessuno. Se adunque molti ritengono in oggi che tale alleanza così naturale non ha prodotto i frutti che se ne attendevano, conviene ricercare senza ambagi se ciò sia colpa originale dell'alleanza per se stessa o delle mutate circostanze. Finché essa fu un'alleanza di due sole potenze, essa funzionò assai semplicemente. I due Stati avevano soltanto i loro reciproci interessi da tutelare, i quali non si urtano in nessun punto, e verso gli altri paesi avevano soltanto da mantenere buone relazioni di amicizia. Dal giorno in cui venne ostentativamente annunziato che base della nostra politica doveva essere, specie nelle questioni orientali, d'intendersi, prima che con qualunque altra potenza con la Russia, da quel giorno la nostra alleanza con la Germania non potè più essere quella che era in origine, senza che di ciò avessimo menomamente motivo di accusare la Germania. La ragione per la quale da codesto nuovo aggruppamento delle tre Potenze, sia derivata, almeno finora, molta inquietudine all'Europa e, del rimanente, nulla di molto utile, sta esclusivamente in ciò che quel raggruppamento non è conforme a natura. Esso non poteva riescire di vantaggio a nessuno: non alla Russia né a noi, perché il forzato concerto rendeva più acuto il contrasto dei nostri rispettivi interessi; non all'Europa, della quale esso suscitava le differenze, mentre poi l'alleanza di tre stati due dei quali avevano notoriamente interessi diversi, cessava d'imporne pel mantenimento della pace; non infine alla Germania, perché le addossava l'ingrato e inutile compito di un continuo lavoro di arbitraggio, compito impossibile, al quale si dimostra insufficiente perfino la posizione eccezionale del principe di Bismarck... Conchiudo: non nel difetto di buon volere per parte del principe di Bismarck, ma nella forza delle circostanze create da questa alleanza· a tre, devesi cercare il vizio per il quale noi aspettiamo che altri faccia quello che noi stessi dovremmo fare, che altri dica quello che noi stessi dovremmo dire, e per il quale, -come sembra, almeno finora -non siamo decisi a pigliare su di noi quella responsabilità che in prima linea a noi ed a noi soli appartiene». E dopo avere osservato che solo quello Stato può far calcolo sulle alleanze, del quale ognuno sa che, in determinati casi, esso sarebbe pronto a difendere da solo i propri diritti, aggiungeva l'autore essere personalmente convinto che «fin tanto che nelle questioni balcaniche che immediatamente ci toccano, noi rimarremo sul terreno di quel programma che risponde agli interessi della Monarchia, nonché della pace europea, e fintantoché noi non pretenderemo per noi stessi quello che agli altri dobbiamo negare, noi potremo far calcolo, in ogni circostanza, sulla cooperazione del nostro alleato tedesco».

Il secondo punto toccato dal conte Andrassy si riferisce ad alcune frasi che il ministro aveva pronunciate nella precedente seduta, rispondono a una interrogazione del conte E. Zichy, sulle cose di Bulgaria. Il conte Kalnoky aveva detto: «Se da una parte il generale Kaulbars ha oltrepassato lo scopo provocando animosità contro se stesso e la Russia, dovranno però anche i bulgari rivenire dal loro contegno estremo; gli sforzi delle Potenze devono tendere a creare in Bulgaria una situazione sopportabile di qualche durata, e non è supponibile che ciò si possa ottenere se fra la Russia e i bulgari non si stabiliscono migliori relazioni». Il conte Andrassy passando in rivista i diversi articoli del Trattato di Berlino, si adoperò a dimostrare che esso non accordava -dopo il periodo della transitoria occupazione -veruna situazione privilegiata alla Russia in Bulgaria; e chiese quindi al ministro di spiegare quelle sue parole, aggiungendo, come conclusione, che da tali spiegazioni egli farebbe dipendere la propria attitudine verso il Ministero.

La risposta desiderata fu data immediatamente dal conte Kalnoky e in termini assai chiari, sul secondo punto segnalato dall'interpellante, col dire che la cooperaizone della Russia era indipendente per la soluzione delle difficoltà bulgare, egli aveva inteso alludere esclusivamente alla cooperazione che spetta alla Russia del pari che alle altre potenze segnatarie del Trattato di Berlino; ed essa è senza dubbio necessaria, soggiunse il ministro, giacché in Bulgaria sono a risolversi diverse questioni, come la elezione del principe, la unione della Rumelia, le modificazioni allo Statuto, cose tutte sulle quali la Russia ha essa pure il diritto di pronunciarsi. Ciò non toglie, del resto, che, indipendentemente anche da ciò, l'attitudine della Russia verso la Bulgaria è di evidente particolare importanza per l'avvenire di codesto paese e ognuno che conosce la situazione ammetterà essere difficile di stabilirvi alcunché di praticamente durevole, finché persiste l'attuale tensione dei suoi rapporti col potente Impero.

Di codeste dichiarazioni il conte Andrassy si mostrò pienamente soddisfatto, e dopo alcune altre considerazioni, egli conchiuse col dire che «le parole del ministro avevano completamente dissipato i suoi scrupoli e che egli era lieto d'incontrarsi col conte Kalnoky su quel programma che il ministro presidente Tisza aveva sviluppato nella seduta del 30 settembre, e nel quale egli pure scorgeva l'unica reale guarentigia di pace».

Malgrado la cortesia della forma, e malgrado anche codesta finale approvazione delle intenzioni del Ministero, circa la linea politica da seguirsi nella fase attuale della crisi bulgara, non isfuggirà ad alcuno la gravità della critica contenuta nella prima parte del discorso del conte Andrassy relativamente alla questione delle alleanze. L'autore dell'alleanza austro-tedesca rimprovera in sostanza al proprio successore di avere snaturata l'opera sua, coll'introdurre in quell'accordo un elemento estraneo, dissolvente dell'alleanza stessa. Su codesto punto il conte Kalnoky non ha risposto parola.

La discussione sul bilancio degli esteri avrà luogo quest'oggi, anche nel Comitato della delegazione austriaca e mi riservo di riferire ciò che ne risulterà di più notevole.

292

IL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 97. Tripoli, 18 novembre 1886 (per. il 25).

Il mio rapporto del 15 corrente 1 non fece a tempo a prevenire il riverito dispaccio dell'E.V. del 7 andante, giuntomi jeri 2 .

Come informai l'E.V. la notizia della delimitazione della frontiera tumsma e tripolina io l'appresi dal telegramma del giornale Il Popolo Romano, all'arrivo del corriere dall'Italia (mercoledì 3 corrente). All'indomani mi recai dal governatore generale per attingere qualche informazione, quantunque io fossi sicuro che quel telegramma mascherasse la verità dei fatti. E dal pascià ebbi quella risposta, che io riferii all'E.V. col precitato mio rapporto. Confermo nuovamente le mie anteriori informazioni concernenti quell'incidente, trasmesse all'E.V. con mio rapporto del 2 ottobre n. 91 di questa serie 3 .

La notizia della delimitazione, ripeto, è falsa e soggiungo, che oltre alle informazioni che io ebbi dal pascià, nessuno qui vi prestò fede.

293

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 226. Roma, 19 novembre 1886.

In un recente colloquio del nostro cpmandante superiore a Massaua col padre lazzarista Coulbeaux 1 , che ultimamente accompagnò, come suole, il console francese nel suo viaggio in Adua, il discorso venne sul capitano Smith.

Da quanto disse quel religioso, non solo lo Smith avrebbe lasciato al negus la dichiarazione verbale che gl'italiani dovessero abbandonare il territorio occupato,

Cfr. n. 254. 3 Non pubblicato. 293 1 R. 706 del 19 ottobre, non pubblicato.

ma avrebbe pure vincolato il re Giovanni a non far trattati colla Francia mediante la promessa, da parte dell'Inghilterra, che la nostra partenza era sicura, del che il negus aspetterebbe attualmente conferma in iscritto dalle autorità britanniche.

Non ho d'uopo di dire a V.E. che questo cenno, della cui attendibilità la lascio giudicare, è a titolo confidenziale.

292 1 R. 95, in realtà dal 5 novembre, non pubblicato, col quale, smentendo la notizia di un accordo sulla frontiera tripolitano-abissina, se ne ipotizzavano le ragioni e le fonti.

294

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2095. Costantinopoli, 20 novembre 1886, ore 18,30 (per. ore 20).

A la communication de la Russie, relative au choix du prince de Mingrélie, ce Cabinet a répondu que la Porte ne s'opposerait pas à cette candidature, si elle était agréée par tous les autres Cabinets; mais elle demanderait que l'élection eùt lieu sans délai. M. Grekoff attend d'un moment à l'autre autorisation de son Gouvernement de retourner à Sophia, où il croit sa présence plus utile qu'ici.

295

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4306. Berlino, 19-20 novembre 1886 (per. il 23).

Le Cabinet de Berlin avait aussi reçu l'avis contenu dans le télégramme de

V.E. de la nuit dernière 1 , sur la notification fai te par le général Kaulbars au Gouvernement à Sophia, qu'il quitterait demain samedi la Principauté avec tout le personnel de la légation et des consulats russes de 'la Bulgarie et de la Roumélie. Il laissait peu avant pressentir à son collègue, l'agent diplomatique d'Allemagne, qu'il lui remettrait aussitòt après la rupture des relations les archives, en lui confiant en mème temps la protection des personnes et des biens des sujets russes dans ces Pays. Cet agent a été éventuellement autorisé à accepter ce mandat.

Le départ du général Kaulbars sera, disais-je aujourd'hui au secrétaire d'Etat, une véritable délivrance. Mais qu'arrivera-t-il ensuite de ces populations soumises depuis des mois à une action démoralisatrice? Les agents secrets du panslavisme ne

vont-ils pas plus que jamais mettre en jeu tous les moyens pour avoir gain de cause, délivrés comme ils ne tarderont pas à l'etre de tout scrupule que la responsabilité de leurs actes ne retombe sur qui semblait jusqu'ici les inspirer?

D'après l'avis du comte H. de Bismarck, on peut s'attendre meme à la guerre civile, car la Régence et le Ministère ne jouissent d'aucun prestige, les liens de la discipline militaire sont relàchés, les finances sont épuisées. Il croyait cependant qu'après les manifestations qui ont eu lieu à Pest, l'éventualité d'une inte~vention russe était écartée, ou se trouvait du moins très à l'arrière-plan.

Il a vai t eu la visite du chargé d'affaires d'Autriche, qui venait de recevoir une communication confidentielle de Vienne. Le comte Kalnoky avait parfaitement prévu que ses discours aux délégations ne seraient point goùtés à Pétersbourg. Mais pouvait-il parler autrement qu'il ne l'a fait? Il attache sans doute beaucoup de prix aux déclarations rassurantes, dont la diplomatie russe se rend l'interprète; mais il est de fait que depuis trois semaines environ il a demandé à M. de Giers d'indiquer son programme; aucune réponse catégorique n'est parvenue jusqu'ici. Peut-etre parce que cet homme d'Etat ignore le pian arreté, ou parce que son Gouvernement en est encore aux études préliminaires. D'ailleurs, les déclarations rassurantes ne s'accordaient pas avec les menaces proférées, le général Kaulbars laissant entrevoir, au besoin, l'occupation de la Bulgarie. Le comte Kalnoky ajoutait que si en présence d'un pareil état de choses, et de l'excitation des esprits au sein des délégations, il n'avait pas parlé avec une certaine fermeté, n'excluant pas toutefois sa confiance dans le maintien de la paix, et s'il s'était abstenu d'aborder le terrain des hypothèses pour mieux faire ressortir les vues du Cabinet austro-hongrois, une crise ministérielle n'aurait pas manqué de se produire. Or il estimait qu'en manoeuvrant en sorte de rester au pouvoir, il servait mieux les intérets de la paix qu'en cédant la piace à quelque chauviniste hongrois.

Le secrétaire d'Etat partageait le meme avis.

D'un autre còté, le général de Schweinitz mande que le tzar est «outré» du langage tenu par le ministre austro-hongrois. Comme de raison, le comte Schouvaloff fait écho. Le comte de Bismarck, fidèle au ròle de son Gouvernement cherche à aplanir les surfaces anguleuses. Il ne lui appartenait pas, disait-il à ce diplomate, d'exercer une critique sur l'exposé de la situation présenté par le comte Kalnoky dans des comités diplomatiques. Il convient de faire la part du milieu où un ministre expose ses vues, où il répond aux interpellations. On ne saurait prendre chaque mot à la lettre, comme s'il s'agissait d'une communication faite de Gouvernement à Gouvernement, ou par l'organe de leurs représentants. La presse russe ne se gene d'ailleurs en aucune manière dans ses attaques con tre l' Autriche, et cependant il suffirait d'un mot de l'autorité pour lui imposer silence.

Je demandais si la Russie, après avoir sondé le terrain reconnu favorable à la candidature du prince de Mingrélie, se disposait à faire une proposition officielle. Le secrétaire d'Etat n'avait aucun indice à cet égard.

Il m'a été supposé que ce princillon hésitait maintenant à etre porté sur les rangs. Il faudrait en effet que le désir de régner fiìt bien fort chez lui pour se contenter d'une ombre de souveraineté, si tant est que la Russie en arrive à ses fins. Vivre alors entre le marteau russe et l'enclume bulgare; recevoir tous les coups sans en tirer ni honneur ni profit; exécuter les ordres d'un souverain étranger pour opprimer un peuple qui vous a confié ses destinées; exercer la plus triste des tyrannies, la tyrannie de seconde main; vivre impopulaire; laisser après soi une trace douteuse dans l'histoire: vilain métier peu fait pour tenter un galant-homme 2 .

En me référant à mon télégramme de ce jour... 3

20 novembre.

P.S. J'apprends que le Gouvernement russe a annoncé ici que le général Kaulbars laisserait derrière lui un employé subalterne. La Cabinet de Berlin était prié d'autoriser son agent diplomatique à Sophia à prèter appui à cet employé dans tous !es cas, où celui-ci invoquerait son appui. Il en a été référé au chancelier, qui ne s'est pas encore prononcé sur cette forme assez insolite de protection. Mais il est douteux qu'il l'accepte telle quelle.

295 1 T. 954 del 18 novembre con il quale si ritrasmetteva il T. 2077. non pubblicato.

296

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 1374/334. Londra, 20 novembre 1886 (per. il 23).

Jeri mi trasferii nuovamente al Foreign Office per avere la risposta del signor ministro degli affari esteri in ordine alla candidatura del principe di Mingrelia. Lord Iddesleigh mi disse, in seguito a consultazione col primo ministro, essere venuto alla conclusione non doversi invertire l'ordine prescritto dal Trattato di Berlino, il Governo di S.M. la Regina significherebbe il suo avviso allorché la Sobranje avrebbe proceduto all'elezione del principe, per ora non si pronunziava né in favore né contro il principe di Mingrelia, la decisione finale potendo dipendere dalle circostanze in cui seguirebbe l'elezione. Questa comunicazione m'era fatta in modo categorico, né altro v'era da aggiungere.

Siffatta decisione non recherà meraviglia ali'E.V., alla quale già ebbi l'onore di riferire pel mio rapporto d'avant'ieri 2 come lord Salisbury m'esponesse appunto il modo di vedere, cui io rispondevo, già prima di ricevere il telegramma dell'E. V. 3 ne' termini che essa conosce. Ma v'è un'altra ragione che indubbiamente deve avere esercitato non poca influenza sull'animo di Sua Signoria, la quale è sempre inspirata dal desiderio di conformare i suoi atti all'aura popolare. Ora, la candidatura del principe di Mingrelia al trono di Bulgaria era stata assai male accolta dall'opinione pubblica, e la stampa era stata unanime a scagliarsi contro di essa. Era probabile che lord Salisbury temesse d'oscurare la popolarità procaccia tosi pel suo discorso

Cfr. n. 289. 3 T. 951 del 17 novembre, non pubblicato.

al banchetto dellord mayor accettando poco appresso il candidato russo. Quando la Sobranje fosse per adottarli, la situazione sarebbe diversa.

L'ambasciatore d'Austria-Ungheria fu pure jeri al Foreign Office ed il ministro degli affari esteri gli parlò nel medesimo senso della candidatura in discorso. Però il conte Karolyi non ha finora ricevuto alcune istruzioni in proposito. Delle quali cose mi feci premura di dare jersera contezza telegrafica alla E.V. 4

Ed oggi deve effettuarsi la partenza del generale Kaulbars, della quale si consoleranno facilmente i bulgari, e la quistione entrerà in una nuova fase. Non sarebbe ora abile da parte della Soberanje di procedere spontaneamente all'elezione del principe di Mingrelia?

Nell'accusarle ricevuta dell'ossequiato dispaccio, in data del 15 corrente, n. 224 di serie politica 5 .

295 2 Annotazione di Robilant a margine dell'intero paragrafo: «Scritto di mano maestra». 3 T. 2089, non pubblicato. 296 1 Il brano tra asterischi è edito in L V 69, p. l O.

297

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Madrid, 21 novembre 1886, ore 20,10.

Moret m'ayant invité à venir au Ministère d'Etat m'a déclaré ètre autorisé par la reine et par le président du Conseil à effectuer d'abord l'accession formelle de l'Espagne à l'entente pacifique des trois Puissances par l'intermédiaire de l'Italie et à négocier ensuite avec nous des accords particuliers entre l'Espagne et l'Italie. Je lui ai fait observer que l'initiative pour l'accession de l'Espagne appartenait à l' Allemagne ou à l'Autriche plutòt qu'à l'Italie. Il m'a dit que l'initiative de la proposition d'accession sera prise par l'Espagne, que l'initiative de l'acceptation de notre còté pourra ètre prise par l'Allemagne ou par l'Autriche mais qu'intermédiaire de l'Italie est indispensable à l'Espagne. Je lui ai dit qu'il nous avait annoncé une communication écrite sans laquelle je ne pouvais demander à mon Gouvernement une décision sur une matière si grave. Il m'a annoncé sa visite chez moi pour mardi matin.

298

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 154. Vienna, 21 novembre 1886 (per. il 25).

Il conte Kalnoky è venuto questa mattina da Pest a Vienna per sole 24 ore. Andai a vederlo oggi per chiedergli quale risposta avesse fatto o intendesse di fare

al Governo russo intorno al suggerimento della scelta del principe Nicola di Mingrelia a candidato per il trono di Bulgaria. Il conte Kalnoky era di già informato della risposta data dall'E.V. al barone di Uxkull a questo proposito. Egli mi disse che non aveva ancora data alcuna risposta, ma che si proponeva di rispondere, che certamente egli avrebbe non poche obbiezioni a fare questa scelta (attese le condizioni, il carattere e le qualità del candidato) ma che, cionondimeno, il Governo austro-ungarico non avrebbe ricusato il suo consenso a questa nomina, ove fosse regolarmente fatta dall'Assemblea bulgara, accettata dalla Turchia e consentita dalle altre Potenze firmatarie del Trattato di Berlino.

Chiesi poi al conte Kalnoky se, secondo il di lui giudizio, la partenza del generale Kaulbars dalla Bulgaria e la conseguente rottura dei rapporti diplomatici fra questo Principato e la Russia, potessero produrre eventi più gravi e più immediati. S.E. mi disse che, a suo avviso, la partenza del generale Kaulbars da Sofia doveva considerarsi piuttosto come un evento favorevole. Il conte Kalnoky non poteva naturalmente prevedere le decisioni della Russia, giacché esse dipendono esclusivamente dalla volontà senza controllo d'un uomo solo; ma egli ritiene che un'occupazione militare russa nel Principato è ora meno probabile di prima e persiste a credere nel mantenimento della pace, benché non sappia ancora in qual modo si escirà dalle difficoltà quasi inestricabili del momento.

Il ministro imperiale mi espresse la sua compiacenza nel vedere come la sua esposizione fosse stata giudicata favorevolmente dalla maggioranza degli organi della pubblica opinione in Italia.

296 4 T. 2090/116, non pubblicato. 5 Non pubblicato.

299

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 156. Vienna, 22 novembre 1886 (per. il 26).

Secondo l'articolo 3 del protocollo n. 8 del 5 aprile 1886, una commissione turco-bulgara dovrebbe compiere il mandato relativo alla revisione dello statuto della Rumelia orientale, per metterlo in armonia coi cambiamenti accaduti colà in questi ultimi tempi, in seguito al rivolgimento dell'anno scorso. Ora il conte Kalnoky è venuto in pensiero di suggerire alle Potenze che alla commissione turco-bulgara sia sostituita una commissione europea internazionale, composta di commissarii delle Potenze segnatarie del Trattato di Berlino e convocata a Filippopoli. Questa commissione, oltre il mandato speciale di regolare ciò che rimane ancora a regolare rispetto alla Rumelia orientale, passata sotto il Governo del principe di Bulgaria, potrebbe anche preparare e facilitare, se sarà bisogno, il passaggio dal Governo attuale al Governo del futuro principe di Bulgaria. Il

conte Kalnoky non definì in modo preciso questo secondo mandato, intorno al quale si espresse meco in termini generali. Ma, a suo avviso, questa commissione europea presenterebbe il grande vantaggio di dimostrare pubblicamente che l'Europa si è rimessa ad occuparsi degli affari di Bulgaria e della Rumelia nell'interesse europeo.

Il conte Kalnoky mi ha incaricato di sottomettere questa sua idea all'esame di

V.E. e so che l'ha pure sottomessa all'esame degli altri Gabinetti.

Ho detto al conte Kalnoky che mi sarei fatto premura di riferire la sua idea all'E.V. che certamente non avrebbe mancato di prenderla nella debita considerazione. Nel tempo stesso, essendosi la conversazione portata naturalmente sulla questione di trovare un modo pratico per uscire dalle difficoltà dello stato presente in Bulgaria, ricordai al conte Kalnoky ciò che l'E.V. disse, recentemente al barone d'Uxkull, quando questi le parlò della scelta eventuale del principe di Bulgaria, cioè che si dovrebbe procedere a questa nomina senza indugio, e per mezzo dell'attuale assemblea bulgara, escludendo all'uopo dalla votazione i deputati rumelioti.

Io esposi quest'idea al conte Kalnoky nel modo che segue:

Per uscire dagli imbarazzi presenti, è necessario che si nomini un nuovo principe di Bulgaria. In sostanza i varii Gabinetti accettano la candidatura, messa innanzi dalla Russia, del principe Nicola di Mingrelia. Ma occorre anzitutto che la nomina proceda da un'assemblea bulgara. Fare ora nuove elezioni generali per eleggere una nuova assemblea, non è cosa pratica ed è cosa pericolosa. Inoltre, chi ordinerà queste nuove elezioni? Non potrebbe essere che il Governo attuale bulgaro; giacché se dovesse essere un altro Governo bulgaro successore del presente, nasce ancora la questione: chi farà questo nuovo governo? Sarebbe una vera petizione di principio. La Russia contesta la legalità dell'attuale Governo bulgaro e dell'attuale Assemblea di Tirnovo. Ma, dall'un lato non si può negare al Governo attuale bulgaro almeno la qualità di Governo di fatto. Ora è ammesso che dai governi di fatto possono emanare decisioni perfettamente legali. Gli esempi di condizioni simili sono ovvii e frequenti. Dall'altro lato, l'Assemblea di Tirnovo può considerarsi come illegale, soltanto per una parte, cioè per la parte rumeliota. Così stando le cose, la Turchia, che è la Potenza sovrana, potrebbe presentare alla Russia e alle altre Potenze la proposta, o, se si vuole, il semplice suggerimento di consentire a che l'Assemblea di Tirnovo, esclusi i deputati rumelioti, proceda alla scelta del principe. La nomina d'un nuovo principe avrebbe per naturale conseguenza la demissione della Reggenza e del Governo attuale di Bulgaria, per far luogo ad un nuovo Governo. Il passaggio poi dall'uno all'altro Governo potrebbe essere, al bisogno, preparato e facilitato dalla commissione europea, quale è proposta dal conte Kalnoky.

Se la Turchia si rifiutasse di presentare questo suggerimento alla Russia e alle altre Potenze, la cosa potrebbe essere fatta da un'altra Potenza, come sarebbe, per esempio, la Germania, che per la sua speciale condizione nella questione attuale, offre le maggiori guarentigie di imparzialità e di disinteresse. Ho poi espresso l'avviso personale che l'Italia non mi parrebbe indicata nelle presenti circostanze per assumersi essa questo mandato.

Il conte Kalnoky parve dare la sua approvazione a questo modo di procedere e si riservò di parlarne coi rappresentanti delle altre Potenze. Ma egli nutre poca speranza che esso possa essere messo innanzi sia dalla Turchia, sia dalla Germania, e accettato dalla Russia. E non si fa nemmeno troppa illusione sull'accettazione della sua proposta di procedere per intanto alla convocazione a Filippopoli d'una commissione europea da sostituirsi a quella contemplata dall'articolo 3 del protocollo del 5 aprile 1886.

Ebbi cura di far conoscere per telegrafo alla E.V. il sunto di quanto predece2 .

299 1 Ed. con varianti in L V 69, pp. 16-17.

300

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CIFRATO S.N. Madrid, 22 novembre 1886 (per. il 28).

L'idée que le mm1stre d'Etat m'avait exprimée le dimanche, 14, et que je n'avais pu qu'indiquer en hàte dans mon rapport réservé clos le meme jour1 , nous déférait l'initiative de la négociation pour des accords à signer par les quatre souverains sur la base des accords déjà existants entre les trois Puissances, et dont la reine, selon Moret, aurait d'abord à prendre connaissance; le comte Benomar devait partir au plus tòt pour Berlin, en passant par Vienne et obtenir des éclaircissements à ce sujet.

l'ai déclaré au ministre d'Etat que je n'étais point autorisé à entrer dans un tel ordre d'idées, j'ai observé que, d'ailleurs, les explications transmises de mon mieux à V.E. sur les complications et retards survenus n'avaient pas obtenu de réponse de V.E., ce qui me semblait indiquer qu'on regardait à Rome notre négociation à deux comme suspendue. Le ministre d'Etat me pria vivement de télégraphier de sa part à V.E. que la négociation n'est pas suspendue, et que je recevrai jeudi de lui une communication écrite, après laquelle je devrais etre en mesure de concerter confidentiellement avec lui la forme et la teneur des accords a conclure. Je lui répondis, comme opinion personelle, que je ne m'attendais recevoire de V.S., sur la teneur éventuelle des accords projetés, d'autres indications que celles contenues dans le mémoire de V.E. du onze octobre 2 , lesquelles ne pouvaient évidemment que coincider avec l'entente des trois Puissances.

Ayant télégraphié le 14 3 et le 15 a V.E. 4 la substance de ce qui précède, je reçus le télégramme de V.E. du 15 5 , portant que c'est à une tierce Puissance de prendre, pour l'accession de l'Espagne à l'entente pacifique des trois Puissances,

300 1 Si tratta forse del postscriptum ai rapporto del 12 novembre: cfr. n. 279.

Cfr. n. 175.

Cfr. n. 273.

4 T. s.n., non pubblicato.

5 T. s.n., non pubblicato, col quale si informava che Benomar tentava di persuadere Moret dell'opportunità di stipulare un accordo con l'Italia prima di altre iniziative per accedere alla Triplice.

une initiative que nous ne croyons nous appartenir, et que ce n'est qu'après cette accession qu'il pourra s'agir d'accords spéciaux entre l'Espagne et nous. Ces instructions ne pouvaient étre une réponse plus claire à mes derniers télégrammes. Les circonstances que je vais rappeler me firent toute fois désirer de m'assurer entièrement qu'elles s'appliquaient également au cas où Moret reviendrait de l'idée d'accords directs à une autre idée, celle que les informations d'un de mes collègues m'ont permis de formuler nettement le 18 à V.E. 6

Des indices très réservés m'avaient appris que la reine comprenait les inconvénients de l'une et de l'autre idée; toutefois l'affirmation du comte So1ms à Moret que ce que l'Espagne ferait avec l'ltalie serait comme fait avec les deux Empires, l'abstention de mes collègues d'Allemagne et d'Autriche de toute la suite de la négociation, les efforts du comte Benomar avec qui je ne suis pas en relation, pour persuader la reine et Moret que l'initiative pour l'accession espagnole avait été déjà prise par le langage du ministre d'Allemagne, et que la forme meilleure d'accession serait un accord entre l'Espagne et l'Italie, agréé par les deux Empires, la résistance enfin de Benomar à quitter l'Espagne en ce moment, tout cela devait avoir fait supposer à Moret, quoique rien de ma part ne l'y eùt autorisé, qu'il y avait au fond une entente dans ce sens entre les trois Puissances, et V.E. m'excusera d'avoir eu besoin d'éclaircissements avant qu'une occasion se presentàt où j'aurai été obligé de lui tenir un langage si différent de celui de mes collègues.

Pénétré de la nécessité de ne rien compromettre, comme de ne rien engager, je me renfermerai dans une abstention absolue, et j'attendrai la communication écrite annoncée, n'ayant plus une ombre de doute sur ma ligne de conduite après le télégramme de V.E. du 17 7 .

299 2 T. 2104 del 22 novembre, non pubblicato.

301

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 1430. Cairo, 22 novembre 1886 (per. il 30).

Il signor Baring, in via strettamente confidenziale, mi ha dato lettura di un rapporto del ministro inglese in Atene, ricevuto dal Foreign Office.

Il ministro britannico riferisce d'esser stato confidenzialmente informato dal ministro austro-ungarico, che da rapporti, assai attendibili, di un capitano del «Lloyd» austriaco, che naviga nel Mar Rosso, parrebbe che l'immigrazione di cosacchi in Abissinia è assai ben vista, e favorita dal negus: che sono molti già quelli che vi si trovano, ed anche ufficiali dell'esercito: che il loro scopo è di suscitar

sospetti, ed inimicizia contro l'Italia, e di far propaganda per la fusione delle chiese copta e greca ortodossa, che avrebbe per risultato il protettorato della Russia dell'Abissinia.

Il Governo inglese ha diramato ordini a tutti i comandanti delle sue navi nel Mar Rosso di esercitare attiva sorveglianza per assicurarsi sull'esattezza delle informazioni del ministro in Atene.

Il signor Baring crede esagerati i rapporti del capitano austriaco.

Nello stesso tempo mi disse di esser stato informato, extra-ufficio, che il suo Governo avrebbe l'intenzione di nominare un viceconsole a Massaua, di che ne sarebbe lietissimo, perché sotto i suoi ordini diretti, sarebbe utile intermediario nei rapporti tra le autorità di Suakin, e quel r. comando 1 .

300 6 T. s.n., non pubblicato. 7 Cfr. n. 284.

302

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. PERSONALE S.N. Roma, 23 novembre 1886.

Il corriere ausiliario le reca insieme con questo mio dispaccio:

l) uno schema di Trattato addizionale al Trattato d'alleanza del 20 maggio 1882; 2) i pieni poteri sovrani che danno a V.E. facoltà di negoziare e stipulare codesto Trattato addizionale; 3) un mio dispaccio, di questa stessa data 1 , nel quale ho svolto, circa lo schema di Trattato, opportune spiegazioni, avvertenze ed istruzioni.

Copia dello schema e del dispaccio fu da me inviato, a titolo strettamente confidenziale2 , al r. ambasciatore a Vienna.

Mi sembra sopratutto da evitarsi che procedimenti insoliti suscitino commenti e supposizioni. Desidero, quindi, che V.E. rinvii il corriere, per la via di Vienna, non oltre due o tre giorni dopo il suo arrivo a Berlino. Occorrendo all'E.V. di farmi pervenire alcuna ulteriore comunicazione, potrà giovarsi dell'ordinario corriere quindicinale; oppure, in caso di urgenza, si varrà di persona fidata (però estranea al personale dell'ambasciata, acciò non si noti l'alleanza), la quale rechi il piego al di qua del confine e lo raccomandi presso il primo ufficio postale italiano che si trovi sul suo cammino.

Unisco al presente una mia lettera particolare per l'E. V. 3

2 Cfr. n. 304.

Non rinvenuta.

ALLEGATO

PROGETTO DI TRATTATO ADDIZIONALE 1

23 novembre 1886.

Leurs Majestés

Le Roi d'Italie

L'Empereur d' Allemagne

L'Empereur d'Autriche etc.

animés du désir de resserrer de plus en plus les liens créés entre leurs Etats et leurs Gouvernements par le Traité conclu à Vienne le 20 mai 1882 ont résolu d'en prolonger la durée ainsi que de le compléter d'une manière qui réponde toujours davantage aux circonstances présentes, au moyen d'un traité additionnel et ont à cet effet nommé savoir ... lesquels s'étant communiqués leurs pleins pouvoirs trouvés en bonne et dùe forme sont convenus des articles suivants.

Art. r.er

Le Traité d'alliance conclu à Vienne le 20 mai 1882 entre les Puissances signitaires du présent Traité additionel, est confirmé et maintenu en vigueur dans toute son étendue jusqu'au 30 mai 1892. Les stipulations du dit Traité d'alliance sont en outre à partir du jour de l'échange des ratifications du présent Traité additionnel complétées par les clauses contenues aux articles suivants.

Art. Il.ème

Les Hautes parties contractantes n'ayant en vue que le maintien autant que possible du status quo territorial en Orient s'engagent à user de leur influence pour prévenir sur les còtes et lles ottomanes dans l' Adriatique et dans la Mer Egée toute modification territoriale qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires du présent Traité. Elles se communiqueront à cet effet tous les renseignements de nature à les éclairer mutuellement sur leurs propres dispositions ainsi que sur celles d'autres Puissances.

Dans le cas puis où par suite des événements, le maintien du status quo dans les régions susmentionnées deviendrait impossible, et que soit en conséquence de l'action d'une Puissance tierce, ou autrement, l'Italie ou l'Autriche-Hongrie se verraient dans la nécessité de le modifier par une occupation permanente ou temporaire de leur part, cette occupation n'aura lieu qu'après un accord préalable entre les deux susdites Puissances, basé sur le principe d'une compensation réciproque donnant satisfaction aux intérèts et prétentions bien fondées des deux Parties.

Art. III.ème

Les stipulations de l'art. Il ne s'appliquent d'aucune manière à la question égyptienne, à l'égard de laquelle les Hautes Parties contractantes conservent respectivement leur liberté d'action, en égard toujours aux principes sur lesquels repose le présent Traité et celui du 20 mai 1882.

Art. IV.ème

S'il arrivait que la France fit acte d'étendre son occupation ou bien son protectorat ou sa souveraineté sous une forme quelconque sur le térritoire Nord-africain soit du vilayet de Tripoli soit de l'Empire marocain. et qu'en conséquence de ce fait, l'Italie crùt devoir pour sauvegarder, sa position dans la Méditerranée entreprendre elle-mème une action sur la Tripolitaine, ou bien recourir sur le territoire français en Europe aux mesures extrèmes; l'état de guerre qui s'en suivrait entre l'Italie et la France constituerait ipso facto sur la demande de I'Italie, et à la charge du groupe allié le casus foederis avec tous !es effets prévus par l'artide II et V du susdit Traité du 20 mai 1882 comme si pareille éventualité y était expressément visée.

Art. V.èmc

Le présent Traité sera ratifié. Les ratifications seront échangées à ... dans le délai de quinze jours ou plutòt si faire se peut. En foi de quoi ...

301 1 Per la risposta cfr. n. 326. 302 1 Cfr. n. 303.

302 1 Ed. in GP, vol. IV, allegato I al n. 836.

303

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. PERSONALE S.N. Roma, 23 novembre 1886.

Al corriere che reca a V.E. il progetto di Trattato addizionale 1 , destinato a riconfermare, prorogare e rendere più completo il Trattato di alleanza del 20 maggio 1882, affido anche questo dispaccio, nel quale mi studierò di manifestare, quanto più chiaramente per me si possa il pensiero da cui muovono le presenti nostre proposte.

Il Trattato del 20 maggio 1882 ebbe, in quanto concerne l'Italia, principalmente per iscopo di fissare, mediante un impegno convenzionale, quello che, per volere di Sua Maestà e per consenso della grande maggioranza, nel Parlamento e nel Paese, doveva essere oramai il programma fondamentale della nostra politica esteriore. Le circostanze d'allora non sarebbero, forse, riuscite propizie a speciali pretensioni da parte nostra, dal momento sopratutto che, stando al procedimento tenuto, l'alleanza appariva da noi ricercata, non già offerta a noi dai due Imperi. Del resto, usciti pur allora da una crisi dolorosa che aveva fatto palese il nostro isolamento in Europa e la nostra impotenza ad impedire il danno recatoci dalla Francia con la sua impresa di Tunisi, dovevamo necessariamente essere condotti ad attribuire un grande valore al fatto stesso del nostro ravvicinamento alle due

Potenze centrali aventi, come l'Italia, un obiettivo supremo di conservazione e di pace. Da questo punto di vista, già sembrava notevole beneficio lo assicurarci, da parte dei due Imperi, un costante appoggio morale, ed eventualmente anche un appoggio materiale, in guisa da avere innanzi a noi un quinquennio di quiete, durante il quale avremmo potuto imprimere alla nostra politica un più preciso indirizzo e in più, efficace impulso allo svolgimento dei nostri mezzi militari.

Senonché, col volgere del tempo la situazione si veniva considerevolmente mutando a nostro vantaggio. Con la Francia si poterono rannodare, se non i legami dell'antica amicizia, quanto meno rapporti tali che escludono ogni probabilità di aggressione da quella parte. E per quanto riflette l'altra nostra vicina, quella d'Oriente, l'Austria-Ungheria, la coscienza popolare (è giustizia riconoscerlo), avvezzatasi a considerare il radicale divario tra lo stato di cose anteriore e quello posteriore al Trattato di pace del 3 ottobre 1866, si è fatta talmente matura da rendere affatto inverosimile, a meno che sopraggiungano gravi sconvolgimenti, o nel paese stesso, o in Europa, un conflitto austro-italiano per effetto di perturbazioni irredentiste. A questo duplice miglioramento della posizione nostra, rimpetto alla Francia e rimpetto all'Austria-Ungheria, si aggiungono i progressi evidenti delle nostre forze, così di terra come di mare. In una parola, ci sembra potersi affermare, senza tema di smentita, che, avuto riguardo, sia alle nostre presenti relazioni esteriori, sia ai mezzi di cui attualmente disponiamo, una aggressione a nostro danno è contingenza affatto improbabile; tanto da rendere quasi nominale, per noi, il beneficio di una alleanza puramente difensiva, e da persuaderei che, a raggiungere gli stessi intenti di quiete e di sicurezza, basterebbe, senza che occorra vincolare la nostra libertà d'azione, perseverare in quella via di savia e prudente politica che già ci siamo spontaneamente prefissa.

Ben potevamo, ciò essendo, chiedere a noi stessi se, venuto a scadenza il Trattato del 1882, ci convenisse di rinnovare puramente e semplicemente un patto che, senza procacciarci effettivo vantaggio, ci astringe a così grave onere quale è quello di dover mettere a disposizione degli alleati tutte le nostre forze quante volte fosse per tradursi in atto la minaccia, quasi permanente, di una aggressione, da parte della Francia contro la Germania, o da parte della Russia contro l'Austria-Ungheria.

Da codesta considerazione fondamentale fummo tratti a questo convincimento: che la rinnovazione del Trattato d'alleanza del 1882 non fosse per noi conveniente se la giusta reciprocità non sia ristabilita mercé taluna clausola che ci fornisca un positivo e concreto compenso degli obblighi che si riassumerebbero. E qui tosto si poneva innanzi a noi la questione dell'equilibrio nel Mediterraneo: questione gravissima, e per noi vitale, questione già troppo vulnerata a nostro danno, e che non potremmo, senza venir meno ad un vero istinto di conservazione, abbandonare all'incerta alea degli eventi.

Che la situazione nostra, nel Mediterraneo, non si faccia ancor peggiore di quella che già è divenuta per effetto dei casi del 1881, è, per noi interesse di primo ordine; interesse corrispondente, per la sua capitale importanza, a quello che l'Austria-Ungheria ravvisa nella propria posizione nella penisola balcanica, ed a quello che la Germania ravvisa nel mantenimento del suo statu quo territoriale rimpetto alle eventuali rivendicazioni francesi. E come alla tutela di quei loro interessi sostanzialmente mirarono la Germania e l'Austria-Ungheria nello stipulare con noi il Trattato del 20 maggio 1882, così non parrà singolare od avventata pretesa che al corrispondente nostro interesse, nel Mediterraneo, si voglia da noi analogamente provvedere, ora che la scadenza dell'antico Trattato di alleanza ci pone in grado di negoziare il nuovo con quelle condizioni che meglio ci sembrino atte a farci ottenere lo scopo. Tanto più parrà naturale la nostra preoccupazione in quanto che, mentre, nel pattuire il Tr~ttato del 1882 potemmo concepire alcuna lusinga che a preservare, almeno entro certa misura, le ragioni nostre nel Mediterraneo potesse giovare il secondo capoverso dell'art. II, là dove le parti contraenti si promettevano per le materie estranee al casus foederis reciproco appoggio nei limiti dei loro interessi (e noi presumevamo che l'appoggio fosse sempre dovuto fin tanto che non vi fosse mutuo contrasto di interessi), in realtà quella fu lettera morta, come pur troppo sperimentammo in occasione di giuste nostre ansie per Tripoli e per Marocco, essendo apparso evidente che, a Vienna e a Berlino l'appoggio si intendeva dovuto allora soltanto quando vi fosse mutua coincidenza di interessi.

Insomma, nel rinnovare il Trattato d'alleanza, e nel provvedere così alle esigenze della nostra conservazione, noi vogliamo che codesto concetto di conservazione includa anche la preservazione di quanto rimane, a beneficio nostro, di equilibrio nel Mediterraneo. Non per questo il Trattato muta carattere; anzi è riconfermato il carattere conservativo del patto, sempre standone esclusa ogni idea di provocazione od aggressione. Questo bensì avverrebbe: che i nostri alleati abbiamo ad assumere obblighi nuovi e maggior di quelli che essi accettarono col Trattato del 1882. Però questi obblighi nuovi non fanno (lo dimostrammo testé) che restaurare, a nostro vantaggio, la giusta correlazione dei compensi; né d'altra parte, i nostri alleati vorranno disconoscere che con l'impedire il decadimento ulteriore della Potenza italiana nel Mediterraneo, in realtà si procaccia efficacia e consistenza all'intero gruppo alleato, scongiurando i pericoli derivanti da un incremento di dominio o di influenza, nel nostro mare, a pro di quella Nazione che potrebbe, un giorno, essere il nostro nemico comune.

A colmare la lacuna che qui venni additando mira il Trattato addizionale che proponiamo ai nostri alleati.

Un primo articolo reca, anzitutto, conferma e proroga, a tutto il 30 maggio 1892, dell'antico Trattato. Il nuovo patto dovrebbe entrare in vigore con lo scambio delle ratifiche, e senza che debba aspettarsi la scadenza del vecchio. In questo concetto, che fu nostro fin dal primo momento, V.E. già mi significò essere consenziente il principe di Bismarck. Ed il concetto trovasi espresso con questa formola, che ci sembrò la più appropriata e corretta: doversi il Trattato d'alleanza, a decorrere dallo scambio delle ratifiche, intendere completato mercé le clausole aggiunte nel nuovo patto. Sono queste contenute negli articoli II, III, IV del Trattato addizionale, di cui gioverà ora più minutamente discorrere.

L'art. II ha un duplice obiettivo, corrispondente ad una duplice situazione.

Anzitutto le tre Potenze mirano a preservare, per quanto sia possibile, lo statu quo territoriale in Oriente. Codesto programma comune si riferisce espressamente alle coste ed isole soggette al dominio ottomano nell'Adriatico e nell'Egeo. Le Parti contraenti s'impegnano ad usare della loro influenza per impedire in quelle regioni, qualsivoglia modificazione territoriale a danno dell'una o dell'altra; e si impegnano altresì a comunicarsi reciprocamente, per lo stesso intento, ogni notizia atta ad illuminarsi a vicenda circa le proprie disposizioni rispettive e quelle d'altre Potenze.

Senonché potrà avvenire che gli avvenimenti siano superiori alla volontà delle Potenze alleate, o che, per qualsiasi altra ragione, il mantenimento dello statu quo nelle regioni anzidette si chiarisca affatto impossibile. Ciò sarebbe principalmente nel caso, tassativamente contemplato nel Trattato addizionale, che altra Potenza intraprenda in quella direzione una sua azione che non altrimenti possa essere paralizzata e corretta, se non con una corrispondente azione concertata

o non con quelle della terza Potenza, da parte dell'una o dell'altra delle due Potenze alleate, o di entrambe. Per queste ipotesi l'art. II del Trattato addizionale prevede che l'azione eventuale abbia a spiegarsi esclusivamente dall'Italia, o dall' Austria-Ungheria, o da entrambe essendo queste le sole, nel gruppo alleato, che, per geografica postura, e per un più manifesto titolo di intervento, avrebbero a scendere in campo, mentre la Germania, con la sua firma, non contrarrebbe, per questo rispetto, che l'impegno morale di favorire l'opera dei due alleati.

L'Italia e l'Austria-Ungheria, invece, secondo che il Trattato formalmente dispone, potrebbero, nella ipotesi di cui si tratta, procedere dal canto loro, ad una occupazione, o permanente, o temporanea, di quei territori a cui sarebbe volta la minaccia della terza Potenza, o d'altri compresi nella stessa zona; è, però, formalmente convenuto che, in tal caso debba precedere, tra le due Potenze alleate, un previo accordo fondato sul principio d'un reciproco compenso che soddisfaccia equamente alle loro legittime ragioni e pretese.

Non mi sembra che un simile patto debba suscitare obiezioni. Certo non può suscitarne la prima parte, quella relativa al mantenimento dello statu quo; essa non è che la conferma di dichiarazioni ripetutamente fatte dalle tre Potenze. Ma neppure la seconda potrebbe dare appiglio a ragionevole censura. Data l'ipotesi di un inevitabile mutamento territoriale sulle coste od isole ottomane, nell'Adriatico

o nell'Egeo, per effetto dell'azione o della minaccia d'una terza Potenza, è impossibile concepire che abbiano a rimanersi indifferenti ed inerti l'Italia e l'Austria-Ungheria; e se, in quella ipotesi, la loro azione deve necessariamente esplicarsi, è conforme al loro comune interese, segnatamente quando l'azione debba assumere la forma di una occupazione, che essa sia l'oggetto di un anticipato accordo che ne assicuri viemmeglio l'efficacia, rimuova il pericolo di reciproci attriti tra le due Potenze alleate, assegni a ciascuna il compito che le spetta, e regoli, infine, con imparzialità e mutua benevolenza, i vantaggi che dall'opera comune si vogliano ricavare. E la Germania, dal canto suo, non sottostando a speciale onere per questo rispetto, non può non compiacersi della certezza che dalle contingenze possibili, nelle regioni di cui discorriamo non abbiano a sorgere complicazioni e contrasti tra i suoi due alleati.

Il patto consegnato nell'art. Il del Trattato addizionale, è, già per se stesso, chiarissimo; né, potrebbe a rigor di termine, affacciarsi il dubbio che le sue disposizioni siano eventualmente applicabili anche all'Egitto. Tuttavia, per mettere bene in luce che ciascuna delle Parti contraenti conserva, circa le cose del Vice-reame, piena libertà di azione, una espressa riserva è stata sancita, a questo riguardo, con l'art. III. Tale riserva non ha solo uno scopo di maggiore chiarezza; essa ha altresì per noi, speciale valore, sia perché elimina ogni pericolo di contrasto tra i nostri obblighi verso gli alleati e le particolari esigenze della nostra situazione verso l'Inghilterra, sia sopratutto perché essa implica quasi una tacita acquiescenza, da parte dei due Imperi, a quelle combinazioni che, in vista di interessi nostri fossimo condotti a concordare col Governo britannico.

L'art. IV del Trattato addizionale è quello che, agli occhi nostri, ha la maggiore importanza.

Non giova farci illusione. Una impresa della Francia sopra Tripoli o sopra la zona mediterranea del Marocco, è contingenza sempre possibile, malgrado le dichiarazioni ripetute e recenti dei ministri francesi; dichiarazioni della cui sincerità non vogliamo punto dubitare, ma che potrebbero essere contraddette dai fatti nel giorno in cui la cosa potesse, agli occhi dei governanti in Francia parere, o necessaria, od anche solo utile in vista di altri intenti di politica interiore od esteriore.

D'altra parte, non è esagerazione il dire che un nuovo ingrandimento di territorio o di influenza, a pro della Francia, sulla costa nord-africana del Mediterraneo sarebbe ravvisato dalla pubblica opinione, in Italia, non altrimenti come se ne fosse vulnerata la integrità stessa del territorio nazionale. Il governo, quale che esso fosse, sarebbe, in tale ipotesi, trascinato senza rimedio, a contrastare, armata manu, l'attuazione del disegno, o quanto meno a restaurare mercé opportuno compenso, il turbato equilibrio nel Mediterraneo.

Noi non chiediamo già ai nostri alleati che ci ajutino, con le armi, ad impedire una impresa francese sopra T ripoli o sopra il Marocco; e neppure chiediamo che ci ajutino se, a compensarci dell'ingrandimento francese verso il Marocco, vorremo cercare a Tripoli per noi stessi, un ingrandimento che non fosse contrastato dalla Francia. Ciò che chiediamo ai nostri alleati è questo: se, di fronte ad una impresa francese sopra Tripoli, noi ci accingiamo ad opporci con le armi, o se, di fronte ad una impresa francese nel Marocco noi ci accingiamo verso Tripoli ad una impresa contrastata dalla Francia; e se, nell'una o nell'altra di queste due ipotesi, lo stato di guerra formalmente dichiarato, sorge tra noi e la Francia, o a Tripoli, o in un punto qualsiasi del territorio francese in Europa; in questa ipotesi, in questa ipotesi soltanto, e dopo che noi avremo già preso l'iniziativa d'una azione armata contro la Francia, noi trarremmo dall'art. IV del Trattato la facoltà di invocare l'ajuto dei due alleati e di giovarci di tutti gli effetti del casus foederis.

Desidero, circa questo punto che V.E. si formi un concetto ben chiaro della stipulazione che presentiamo alla accettazione dei nostri alleati. Imperocché l'obiezione che prima di ogni altra, potrebbe affacciarsi, e conviene assolutamente rimuovere, è questa: che da noi si voglia vincolare l'azione dei nostri alleati per una intrapresa avente uno scopo di mera ambizione. Ciò è affatto contrario al vero. La causa determinante del casus foederis non sarebbe punto l'intrapresa francese su Marocco o su Tripoli, e tanto meno una nostra intrapresa su Tripoli avente per oggetto di procacciarci un compenso per ingrandimenti francesi verso il Marocco. Nel nostro concetto, codeste contingenze sarebbero solo la occasione, la causa iniziale del casus foederis, mentre causa determinata ne sarebbe, invece, il fatto compiuto d'uno stato di guerra tra noi e la Francia derivante dal contrasto tra l'azione dell'una e quella dell'altra Potenza nel Mediterraneo. In una parola, a mettere in moto il gruppo alleato conviene che abbia a trattarsi, non già delle condizioni territoriali del Marocco o della Tripolitania sibbene della esistenza stessa e delle sorti del Regno; né certo per tale ipotesi, potrà ai nostri alleati, parere soverchia la nostra presente domanda.

L'art. V non abbisogna di commenti. Esso si riferisce allo scambio delle ratifiche. Né altro mi occorre aggiungere.

Raccomando in particolar modo alla diligenza, alla perspicacia alla devozione di lei questo importante e delicato negozio. Questo solo mi basti dire a V.E. Rinnovare, nei termini che ora proponiamo, e che porgono soddisfacemento ad ogni nostro ragionevole interesse, il Trattato d'alleanza, è porre l'Italia in condizione di continuare, con sicuro e posato animo, l'opera sua di progressivo svolgimento; così che, allo spirare del nuovo quinquennio trovisi aver raggiunto, per larghezza di finanza e potenza d'armi, al posto che le compete tra le Grandi Nazioni.

303 1 Cfr. n. 302.

304

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. PERSONALE S.N. Roma, 23 novembre 1886.

Come già feci noto a V.E., è desiderio del principe di Bismarck, conforme tanto al pensiero mio quanto a quello del conte Kalnoky, che si svolga a Berlino il negoziato per la rinnovazione della Triplice Alleanza.

Qui acchiudo, nondimeno, copia dello schema che oggi invio al conte de Launay 1 per un Trattato addizionale, tale parendomi la miglior forma di rinnovazione. Così V.E., conoscendo perfettamente la base del negoziato, potrà, se interrogato dal conte Kalnoky, spiegargli con precisione il mio pensiero; e potrà altresì più agevolmente scambiare meco quelle comunicazioni che, nel progresso delle trattative, divenissero opportune.

A tal intento, qui unisco pure copia delle istruzioni con le quali mandai al conte de Launay lo schema di Trattato addizionale.

Non ho mestieri aggiungere che questi documenti hanno carattere eminentemente confidenziale e segreto.

305

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1385/338. Londra, 24 novembre 1886 (per. il 27).

Ebbi a suo tempo il riverito dispaccio del 22 ottobre n. 200/111 1 pel quale l'E.V. mi significava il generale Genè essere stato assicurato che il trattato conchiuso in Adua il 3 giugno 1884 fra l'Inghilterra, l'Egitto e l'Abissinia non è ancora stato

ratificato, assumessi informazioni in proposito. Sono ora in grado di ragguagliare l'E.V. che quel trattato fu senza indugio ratificato nel modo prescritto dall'atto stesso. L'articolo VII portava infatti che S.M. la Regina d'Inghilterra e S.A. il Khédive d'Egitto ratificherebbero il trattato e spedirebbero le rispettive ratifiche a Adua (Adowa) nel più breve termine possibile.

Né accorrevano le ratifiche del re di Abissinia poiché Sua Maestà aveva apposto il proprio sigillo al trattato stesso, equivalente alla firma, ed i due originali per tal modo firmati erano stati rispettivamente ritirati dai rappresentanti di S.M. la Regina e di S.A. il Khédive. Le ratifiche di S.M. la Regina erano spedite in Abissinia nel luglio seguente per la via dell'Egitto.

Mi pregio offrire all'E. V. i miei distinti ringraziamenti per le informazioni fornitemi pel suo dispaccio del 19 corrente n. 226/70 2 relativamente alle comunicazioni che sarebbero state scambiate fra il capitano Smith ed il re Giovanni in ordine alla nostra posizione a Massaua.

Non esito ad esprimere il mio avviso le asserzioni del lazzarista Coubleaux non avere fondamento di vero almeno per quanto riguardano impegni che il capitano Smith avrebbe assunti riguardo alla nostra partenza da quelle regioni.

304 1 Cfr. n. 303. 305 1 Cfr. n. 213.

306

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 24 novembre 1886.

L'ambasciatore d'Austria fece ieri una comunicazione confidenziale al ministro degli affari esteri riguardo all'idea del conte Kalnoky di riprendere le fila dei negoziati bulgari al punto del Protocollo di Costantinopoli, affidandone l'incarico ad una commissione internazionale il cui primo compito sarebbe di regolare l'unione definitiva delle due provincie, e di rimettere per tal modo la questione sul terreno europeo. Lord Iddesleigh fece buon viso al progetto e come al solito si riservò d'intrattenerne il primo ministro. Però non dubito che lord Salisbury applaudirà ad un concetto che risponde perfettamente alle sue tendenze. Che se il progetto è aggradito credo che Kalnoky ne lascerà l'iniziativa formale ad altri, cioè alla Germania od all'Italia, vorrei che fosse la seconda. Ma che dirà la Russia? lvi sta la difficoltà, a meno che stimi opportuno d'appigliarsi a questo modo di coprire la ritirata.

Non scrivo officialmente sull'argomento poiché il segreto, per quanto sia possibile, mi sembra condizione importante del successo.

305 2 Cfr. n. 293.

307

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA1

D. 194. Roma, 25 novembre 1886.

*Con telegramma del 22 di questo mese 2 , V.E. mi faceva conoscere i concetti che, in colloquii avuti con lei e con altri ambasciatori, compreso il russo, il conte Kalnoky aveva messo innanzi come tali che potrebbero agevolare la soluzione delle presenti difficoltà. Si sarebbe trattato sostanzialmente di istituire una commissione europea la quale, non solo avrebbe proceduto, in luogo e vece della commmissione europea turco-bulgara prevista dal protocollo di Costantinopoli, del 5 aprile 1886, alla revisione dello statuto rumeliota, ma avrebbe avuto altresì, occorrendo, il còmpito di agevolare in Bulgaria l'installation du nouveau prince.

Rispondendo a V.E., col telegramma di ieri l'altro 3 , non le tacqui la mia preoccupazione, che, cioè, connettere l'elezione e l'insediamento del principe con opera così lunga e laboriosa quale sarebbe la revisione dello statuto di Rumelia, possa avere per effetto di protrarrre indefinitivamente una situazione di cui tutti riconosciamo i pericoli. Ond'è che io persistevo nel pensare che fosse preferibile di lasciare alla presente Reggenza la cura di far acclamare il nuovo principe dalla stessa assemblea attuale, o da altra tosto convocata dalla Reggenza stessa con esclusione dei deputati rumelioti. Conchiudevo, però che, standomi a cuore di procedere d'accordo col Gabinetto di Vienna, avrei anche accettato la proposta del conte Kalnoky qualora fosse da lui mantenuta ed avesse probabilità d'essere accolta dagli altri Gabinetti*.

Venne dipoi, ieri, da me il conte Ludolf, rimettendomi, a titolo confidenziale, copia di un telegramma nel quale il conte Kalnoky espone minutamente, e con precisione, il metodo di cui vorrebbe raccomandare l'adozione. Acchiudo copia di questo documento 4•

V.E. scorgerà subito il notevole divario che corre tra la comunicazione di lei e quella contenuta nell'acchiuso telegramma. Secondo il telegramma di lei, la commissione europea avrebbe potuto essere incaricata anche del còmpito di agevolare l'elezione o l'insediamento del nuovo principe. Invece, secondo il telegramma del conte Kalnoky, la commissione si occuperebbe esclusivamente della revisione dello statuto di Rumelia; mentre, in quanto concerne la Bulgaria, il conte Kalnoky suggerisce solo la continuazione, tra i Gabinetti, d'uno scambio di idee circa la candidatura russa e circa il modus procedendi, stimando che ciò possa, in certa guisa, fornire il filo che ci guidi ad un accordo.

Ridotto a questi termini, il concetto del conte Kalnoky non mi sembra offrire, rispetto alla questione bulgara propriamente detta, un positivo vantaggio. Già si scambiarono idee, tra i Gabinetti, circa la candidatura del principe di Mingrelia

2 T. 2104, non pubblicato, ma cfr. n. 299.

3 T. 965, non pubblicato.

4 Non si pubblica.

e circa il modo di procedere; ma tale scambio, anziché eliminare il dissidio, lo fece vieppiù palese, rivelando, presso alcune Potenze, esitazione, per non dire ripugnanza assoluta contro il nome designato da Pietroburgo, e mostrando, da parte della Russia, una persistenza finora non vinta, nel volere che anzitutto scompaiano, in Bulgaria, l'attuale Reggenza e l'attuale assemblea. Si è fatto oramai evidente che, agli occhi della Russia, la soluzione della questione, quale che essa sia, deve essere preceduta dalla eliminazione della Reggenza attuale e della attuale Sobranje. A tale risultato si può giungere in due modi: o con una pressione concordata, unanime, di tutte le Potenze, a Sofia; oppure mediante un colpo di Stato, favorito dalla Russia. Indipendentemente dalla difficoltà, per non dire impossibilità, di riunire le potenze per una azione contro il presente Governo di Bulgaria, non saprei nascondere la mia impressione, essere preferibile, cioè, che la attuazione del programma russo sia effetto di una rivoluzione nel Principato, anziché di un nuovo atto di dedizione delle Potenze di fronte alle pretese della Russia.

Senonché, non solo non vedrei i vantaggi del metodo additato dal conte Kalnoky; ma ne vedo, invece, gli inconvenienti, tra i quali principalissimo quello di risuscitare una questione rumeliota che non è all'ordine del giorno di rimettere in questione il patto del 5 aprile mercé l'istituzione di una commissione nuova e diversa da quella ivi contemplata, e di aggiungere così una complicazione di più ad una situazione che già apparisce anche troppo intricata e complessa.

In questi termini mi sono espresso col conte Ludolf; e come dal telegramma del conte Kalnoky si trae abbastanza chiaramente essere desiderio di S.E. che l'iniziativa di proporre alle altre potenze il metodo da lui escogitato sia presa dall'Italia, dissi schiettamente che non potrei assumermi siffatto còmpito. Aggiunsi però, che, se il conte Kalnoky stimasse, malgrado i suoi presenti scrupoli, di prendere egli stesso l'iniziativa della proposta, l'adesione dell'Italia può senz'altro, e fin d'ora essere da lui considerata come acquisita. In questa materia, sopratutto mi preme di evitare che appariscano discordi i gabinetti aventi sostanzialmente lo stesso scopo di conciliazione e di pace.

Ho riassunto in un telegramma, spedito ieri sera a V.E., la sostanza di questo mio dispaccio 4 .

307 1 Il brano tra asterischi è edito in LV69, pp. 17-18.

308

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 1073. Roma, 25 novembre 1886.

Dal generale Gené mi è pervenuto, circa il fatto di Taklai, un altro rapporto, con parecchi documenti annessi 1• Non constando che le ne sia stata inviata direttamente una copia, le invio, anche questa volta, l'originale con preghiera di restituzione.

308 1 R. 723 del 3 novembre, non pubblicato.

Il rapporto, e più ancora i documenti, tolgono oramai ogni dubbio intorno ai particolari dell'incidente. È affatto escluso che a bordo dei sambuchi abbia potuto trovarsi traccia di illecito commercio. È, del pari, escluso che le ciurme, o gli indigeni con cui i sambuchi stavano commerciando, abbiano fatto atto qualsiasi di resistenza, basti, a rimuovere ogni contraria supposizione, il fatto che era tutta gente sprovvista d'armi. È infine escluso che i pochi indigeni venuti a raccogliere la merce portata dai sambuchi fossero di tribù ribelli.

Rimane quindi viemmeglio assodato che l'operazione compiuta dal «Giaffaria» fu una vera e propria depredazione. Noi la consideriamo come tale, e vogliamo che ne sia data intera riparazione, nei termini che già indicai con le precedenti mie istruzioni.

Intanto dal rapporto del generale Gené si desume che i nachudà dei sambuchi furono, probabilmente senza processo, condannati a parecchi mesi di carcere.

Voglia chiedere la immediata liberazione di costoro; i quali, dato pure, e non concesso, che fossero giudicabili dal magistrato di Suakin, non hanno commesso reato alcuno. Sono gente di Massaua, hanno diritto alla nostra protezione. Chiediamo che siano liberati non solo, ma risarciti della ingiusta prigionia.

D'altra parte, in base al rapporto del generale Gené, debbo porgerle due avvertenze.

L'una si è che dalle deposizioni dell' Akkad risulterebbe essere di Suakin, e non di Massaua, l'uno dei quattro sambuchi. In quanto concerne questo sambuco, il nostro reclamo deve restringersi alla restituzione della merce depredata.

L'altra avvertenza è che a bordo del «Giaffaria» sembra essersi trovato, in occasione del fatto di Taklai, lo stesso governatore di Suakin, maggior Kitchener. Questa circostanza non muta manifestamente l'indole dell'incidente, e punto non toglie efficacia alle nostre legittime doglianze.

Le nostre conclusioni debbono quindi rimanere immutate; e il linguaggio di lei deve serbare l'impronta della massima femezza. Però l'essere personalmente implicato nella vertenza il maggiore Kitchener, alto funzionario egiziano, ed ufficiale inglese, deve suggerire una certa cautela, acciò non sorga, accanto alla questione principale, una questione accessoria di suscettibilità. Gioverà a questo intento, il fatto che ella suole spiegare in ogni affare di natura delicata.

307 4 T. 969, non pubblicato.

309

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA 1

T. 972. Roma, 26 novembre 1886, ore 13,50.

Voici les propositions que, d'après délibération du conseil des ministres, j'ai faites, aujourd'hui, à l'ambassadeur de France au sujet de la Convention de

navigation. Nous laissons au Gouvernement français le choix entre les deux partis suivants: l) la convention telle qu'elle a été votée au mois de juin dernier par le Parlement italien, remplaçant l'art. Il sur le cabotage, tel qu'il y figure, par l'art. Il tel qu'il est formulé dans le récent projet français. Aucune autre des modifications qui nous sont demandées n'est admise; 2) la susdite convention, votée chez nous en juin, en maintenant l'art. 11 tel qu'il était, c'est-à-dire, réserve absolue du cabotage, mais remplaçant l'art. 5 relatif aux courtiers par le correspondent art. 5 du projet français et, bien entendu, aucune des autres modifications qui nous sont demandées ne serait admise. Voilà tout ce que nous pouvons faire, animés du sincère désir d'avoir un régime conventionnel pour la navigation, mais devant prendre en considération le courant d' opinion qui existe dans n otre Chambre et qui rendra mème fort difficile l'acceptation de l'un ou de l'autre des susdits partis. L'ambassadeur de France m'a dit qu'il télégraphierait à son Gouvernement nos propositions, auxquelles, je dois le dire, il a fait un accueil fort défavorable.

309 1 Ed. in DEL VECCHIO, Di Robilant e la crisi, cit., p. 176.

310

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 1010. Roma, 26 novembre 1886.

Discorrendo con l'ambasciatore d'Inghilterra di parecchi argomenti, ebbi, ieri, da

S.E. notizia confidenziale di un recente colloquio di sir R. Morier col signor di Giers.

L'ambasciatore della regina aveva fatto allusione a quello che i giornali giudicano essere stato un ravvicinamento tra la Russia e la Francia. Al che il ministro imperiale degli affari esteri rispondeva non doversi esagerare l'importanza del fatto che ciascuna delle due Potenze ha di nuovo, reciprocamente, accreditato un suo ambasciatore presso l'altra; doversi, in ogni modo, tener fermo che il Gabinetto di Pietroburgo non ha punto inteso, né intende, in questa circostanza, incoraggiare la Francia rispetto all'Egitto od in un'altra direzione qualsiasi.

Il cenno fornitomi da sir Savile Lumley mi parve abbastanza interessante per esser consegnato nel mio carteggio con codesta ambasciata.

311

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4308. Berlino, 27 novembre 1886 (per. il 2 dicembre).

Se faisant des illusions .sur les dispositions du Cabinet de Berlin, le Gouvernement français autorisait son ambassadeur près cette Cour à invoquer les bons offices de l' Allemagne au su jet de l'Egypte. Cette démarche a eu lieu mardi dernier. Le sous-secrétaire d'Etat-en l'absence du comte H. de Bismarck-a répondu qu'à défaut d'un recours de la part aussi de l' Angleterre aux bons officies du Gouvernement impérial, une entremise de celui-ci équivaudrait à une pression, laquelle n'entrait pas dans ses vues.

Il déclinait donc de donner suite à des ouvertures unilatérales. Ce qui n'a pas été dit à M. Herbette, mais ce que je sais très positivement, c'est que le Gouvernement britannique a été informé en voie confidentielle que le Cabinet de Berlin compte en effet s'abstenir dans cette question d'user de toute pression à Londres. Il paraìt également que la Porte ne se soucie pas non plus en ce moment, malgré les instances de Paris, de traiter d'urgence cette affaire. La situation vers les Balkans semble préoccuper davantage la Turquie. On croit savoir ici que M. Nelidov, qui avait dans ces derniers temps le haut du pavé à Constantinople, commence à perdre de son influence. Il aurait dépassé la mesure dans ses remontrances auprès du grand-vizir, de Saìd-pacha et mème du sultan pour les pousser, après le départ du général Kaulbars, à prendre une attitude plus accentuée en Bulgarie, surtout en présence du refus opposé par la Régence aux démarches récentes de Gadban effendi. On prétend également que Abdul Hamid, assez enclin à craindre des révolutions de palais, se trouve très perplexe en suite de l'avertissement secret qu'en ne sauvegardant pas mieux les intérets musulmans, il s'exposerait à subir le sort de son onde Abdul Aziz.

312

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4309. Berlino, 27 novembre 1886 (per. il 2 dicembre).

A vant son départ pour Friedrichsruhe, le prince de Bismarck, en sa qualité de président du Conseil, a réuni les ministres pour le règlement d'affaires intérieures. Il a cependant touché, en termes généraux, à la politique étrangère. Lors mème qu'il ne se montràt pas entièrement d'accord avec certains procédés de la Russie, il continuait à envisager sans appréhension l'état actuel des choses au point de vue du maintien de la paix européenne.

Le discours du tròne à l'ouverture de la session du Reichstag a lui aussi des allures pacifiques, mais moins accentuées qu'elles ne l'étaient en d'autres occasions semblables. Au reste, le passage concernant l'augmentation de l'armée indique assez que toute préoccupation n'est pas écartée. Je transmet ci-joint le projet de loi et l'exposé des motif présentés à la Chambre. L'effectif de paix sera, sur la base du dénombrement de 1885 et du l% de la population, porté de 427.274 à 468.409 hommes, soit une augmentation de 41.135 hommes. La nouvelle formation comprendra en outre 24 batteries d'artillerie de campagne, etc. etc. Une division d'infanterie renforcera le XVème corps d'armée dans l'Alsace-Lorraine; et un régiment sera destiné au Xllème corps d'armée en Saxe. Les 15 autres bataillons disponibles figureront comme 4èmes bataillons; et tout cela à partir du l er avril 1887, quoique le septennat à renouveler n'expire qu'une année plus tard. L'exposé des motifs justifie l'anticipation du septennat, et l'augmentation de l'effectif dès l'année prochaine, en faisant ressortir que l'effectif et le budget de l'armée française et de l'armée russe sont beaucoup plus considérables que ceux de l'armée allemande, et qu'un retard apporté dans la solution de la question pourrait etre funeste à l'Allemagne. Les dépenses ordinaires et annuelles sont calculées à 23.000.000 marks, et celles extraordinaire ou de premier établissement à 24.200.000 marks. Je m'abstiens d'entrer dans les détails techniques; ils seront traités en parfaite compétence par notre attaché rnilitaire, le chevalier de Robilant. Il est occupé a préparer son rapport à l'Etat major, et je l'inviterai à me mettre à meme de vous en communiquer, M. le ministre, la partie la plus essentielle.

Vu le fractionnement des partis au Reichstag, la lutte sera vive, et une majorité favorable assez incertaine. C'est la fraction du centre qui fera pencher la balance pour ou contre. Mais le Gouvenement est parfaitement résolu à ne pas céder sur le chiffre de l'augmentation; tout au plus fera-t-il quelque concession sur la période du septennat. Je n'ai pas besoin d'ajouter qu'il a eu surtout en vue de rétablir l'équilibre de l'effectif de paix vis-à-vis de la France, et de se préparer toujours plus à faire front, au besoin, à une double attaque des voisins de l'est et de l'ouest.

313

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Madrid, 28 novembre 1886, ore 14,55.

Je viens de recevoir du mm1stre d'Etat note suivante: «En partant du mémorandum du dix septembre 1 , et en acceptant l es déclarations du mémoire du onze octobre 2 , le Gouvernement espagnol entendant faire accession à l'entente des trois Puissances centrales pour la conservation de la paix générale prie le Gouvernement du roi d'Italie de faire en son nom la démarche nécessaire près des deux autres Gouvernements pour l'admission de l'Espagne à la dite entente. Si cette demande est agréée, il y aura lieu de préparer les conventions assurant cette entente. L'accord sur ]es autres points mentionnés au mémorandum du dix septembre et [sur] le mémoire de l'onze octobre, est réservé pour après l'accession. Il est bien entendu que l'initiative de cette démarche appartient à l'Espagne et que le Gouvernement italien agirai t . sur la demande formelle de l'Espagne et pour répondre à son désir de s'associer aux Puissances alliées dans le but généreux de la conservation de la paix» 1 . Cette pièce est datée d'hier et signée Moret.

2 Cfr. n. 175.

3 Il testo della nota è pubblicata in CuRATO, La questione marocchina, cit., p. 274.

313 1 Trascritto al n. 98.

314

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 975. Roma, 28 novembre 1886, ore 18.

Répondant aujourd'hui aux interpellations qui m'ont été adressées à la Chambre, j'ai d'abord constaté que l'Italie est en bonnes relations avec toutes !es Puissances. Les rapports avec l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie sont empreints de la plus grande cordialité et confiance mutuelle. Le Gouvemement du roi s'associe au programme pacifique des deux Empires du centre et continuera de s'y associer dans la mème forme et mesure que jusqu'ici, s'appliquant à rendre l'entente de plus en plus intime et répondant encore mieux aux intérèts réciproques. Avec l'Angleterre le Gouvemement du roi maintient et s'emploiera à développer encore davantage, si !es événements l'exigeait, !es liens de cette amitié particulière, qui est une tradition de la politique italienne et que ni l'action du temps, ni !es vicissitudes de l'avenir ne sauraient ébranler. Quant à l'affaire bulgare j'ai rappelé mes déclarations du janvier dernier, auxquelles je me suis tenu costamment fidèle. La bravure du prince Alexandre, la sagesse dont peuple et Gouvernement en Bulgarie ont fait preuve dans !es circonstances !es plus difficiles, ont excité chez nous des sympathies générales que le Gouvernement du roi n'a pas dissimulées. Mais il fallait avant tout que la paix ne fùt pas troublée par une question en face de laquelle l'Italie ne se trouve pas en première ligne, mais qui impliquerait pour nous un intérèt de premier ordre, le jour où elle conduirait ou bien à un conflit, ou bien à des arrangements séparés entre deux ou plusieurs autres Puissances. Le Gouvernement du roi s'est donc imposé une attitude d'expectation vigilante, s'associant, pour donner des conseils de prudence, aux Cabinets ayant commun avec nous le désir sincère de la paix. Les événements ont maintenant abouti à un temps d'arrèt, dont l'action diplomatique pourra profiter pour chercher, dans un esprit de conciliation et d'équité, la solution des présentes difficultés. Pour ce qui concerne le ròle de l'Italie, personne ne saurait désormais en douter, son concours, aussi actif et énergique que !es circonstances pourraient le comporter, est absolument acquis à toute Puissance voulant, comme nous, le maintien de la paix et le respect des traités.

315

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 977. Roma, 28 novembre 1886, ore 22.

Les pièces que je vous ai trasmises le 20 de ce mois 1 et celles que vous recevrez par le courrier de cette semaine, établissent d'une manière péremptoire combien

a été monstrueuse la conduite du «Giaffaria» dans l'affaire de Taklai. Sans une juste réparation notre préstige dans la Mer Rouge est perdu. La restitution des sambouks ne suffit pas. Il faut, d'abord, qu'on restitue également les marchandises arbitrairement saisies, et il faut en outre qu'on mette immédiatement en liberté les patrons et agents détenus à Suakin. Aprés quoi nous pouvons rénoncer à toute réclamation ultérieure, à la condition, bien entendu, que cet arrangement soit immédiatement accepté. C'est déjà une grande concession que nous faisons, et il est inutile qu'on nous demande davantage. Nous avons assez de confiance dans l'esprit amicai et élevé de M. Baring pour ne pas ètre sùr qu'ayant une pleine connaissance des faits, et vous devez lui dire tout, il sera le premier à recommander à Nubar la prompte acception de l'arrangement que nous lui offrons. Quant à une enquète, veuillez dire a Nubar, s'il vous en parle, que nous en avons déjà faites assez avec l'Egypte dans la Mer Rouge, et qu'on ne nous y prendra plus. Si l'affaire ne s'arrange pas autrement, l'acte de piraterie de la part du «Giaffaria» étant, à nos yeux, dùment constaté, nous ferons simplement appliquer par nos croiseurs aux croiseurs égyptiens le mème traitement que celui-ci a fait subir à ces pauvres sambouks de Massaua.

315 1 D. 1071, non pubblicato.

316

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2140. Cairo, 29 novembre 1886, ore 12,50 (per. ore 13,15).

Je regrette que mon télégramme d'hier matin 1 ait été incomplet; il était bien entendu, avec Nubar et Baring, que la restitution sambouks comprendrait celle des marchandises et liberté de tous les détenus en ce moment. Ayant reçu ce matin votre télégramme de hier soir 2 , cet arrangement a été confirmé et accepté, et le consul anglais à Suakin, qui retourne demain à son poste, est chargé porter les ordres au gouverneur général pour son exécution immédiate. Par la mème occasion je donne les instructions nécessaire à notre agent consulaire en cette ville. Baring ne croit pas nécessaire, une fois arrèté l'arrangement, d'entrer dans le fond de la question, prenant connaissance des piéces que je lui ai offert. Suit rapport 3 sur une idée de Nubar pour prévenir à l'avenir des faits semblables.

2 Cfr. n. 315.

3 R. 1433, pari data, non pubblicato.

316 1 T. 2136, non pubblicato.

317

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ

T. 978. Roma, 29 novembre 1886, ore 20.

Faisant droit à nos réclamations, le Gouvernement égyptien ordonne gouverneur Suakir relàcher immédiatement les nachudo détenus, restituer sambouks, marchandises. Legnani averti par De Martino surveillera exécution.

318

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Vienna, 29 novembre 1886.

Il corriere ausiliario di Udine che mi recò la sua lettera riservata del 23 corrente 1 e i documenti annessi, è qui di ritorno da Berlino, e riparte questa sera. Gli consegno la presente lettera, che serve di ricevuta di quegli importanti documenti, ricevuta confermata con dispaccio riservato qui unito 2• Intorno al contenuto di quei documenti non ho altro a dir qui, tranne che mi pajono quali devono essere. Le istituzioni sono, a mio avviso, perfette, e la formola, quali che siano le frasi onde si compone, dice in sostanza ciò che importa di dire. Rimane a vedere che cosa se ne dirà a Berlino e qui a Vienna. Reuss, che vedo spesso, e che ieri ancora è venuto a vedermi, non mi parlò finora della cosa, e io, secondo il di lei consiglio, non presi alcuna iniziativa con lui a questo soggetto. Kalnoky è ancora a Pest. Ma giungerà qui verso il fine della settimana; e se entra in discorso sull'argomento, gliene riferò subito, e mi varrò eventualmente delle ragioni svolte nelle istruzioni. Le disposizioni mi pajono buone. Kalnoky, e in generale l'opinione pubblica in Austria, si mostrano soddisfatti dell'attitudine presa dall'Italia nelle diverse fasi della questione bulgara, come d'altra parte in Italia fecero buona impressione le dichiarazioni del conte Kalnoky. Ora poi la risposta da lei data jeri, nella Camera dei deputati, alle interpellanze sulla nostra politica in Oriente, deve ancora corroborare quelle favorevoli impressioni nei due Paesi, come in Germania, e come anche in Inghilterra. Anzi sono certo che in quest'ultimo Paese le di lei parole saranno altamente apprezzate, e vi avranno un grande e serio successo. Per necessaria conseguenza bisognerà attendersi al malumore della Russia. Ma non si può contentare tutto il mondo. E veramente la Russia, dopo la missione Kaulbars, non può aspettarsi a udire elogi sinceri sulla sua condotta, nemmeno in Italia,

318 1 Cfr. n. 304. 2 R. s.n. del 29 novembre, non pubblicato.

311 dove in sostanza non vi è nessuna naturale disaffezione per essa. lo non ho ancora sotto gli occhi il di lei discorso. Non ho che il sunto telegrafico. Ma credo che questo, mandandomi in di lei nome, contiene abbastanza fedelmente la sostanza delle sue dichiarazioni. E gliene porgo i miei complimenti.

Le scrivo d'ufficio 3 relativamente alle differenze ch'ella rimarcò 4 tra il mio telegramma 5 e quello del conte Kalnoky relativamente alla di lui idea della convocazione d'una commissione internazionale a Filippopoli, e al mandato speciale che dovrebbe essere a questa affidato. Come notai nel mio susseguente dispaccio (che non le era ancora giunto quando ella mi telegrafò e mi scrisse in proposito) il conte Kalnoky si espresse meco in termini piuttosto generici, e quando mi parlò, non aveva ancora probabilmente formolato in termini chiari la sua idea. Certo è che io le telegrafai e le scrissi ciò che ho creduto comprendere. Ma oramai la questione non ha grande importanza, attesoché la proposizione d'una commissione internazionale, anche col semplice mandato d'occuparsi dello statuto della Rumelia orientale e di null'altro, non sembra incontrare molta accoglienza presso i varii Gabinetti. Il principe Reuss, che è in ciò l'eco fedele di Berlino, è d'avviso che convenga attendere senza mettere in campo nuove proposte. Ora a Berlino che cosa si può attendere? Come le scrissi nel dispaccio d'ufficio d'oggi, non si possono aspettare che due cose, cioè,

-o un cambiamento d'attitudine nella Russia, il che per ora non sembra sperabile, -o una rivoluzione, spontanea o provocata, in Bulgaria. E quest'ultima eventualità si presenta come la più probabile a verificarsi o tosto o tardi.

Durante i pochi giorni che passai a Parigi ho potuto convincermi del fatto, ch'io già sospettava, cioè che qualche mese fa, quando il granduca Vladimiro fu in Francia, furono fatte dalla Russia, ossia a nome della Russia, positive esibizioni d'alleanza alla Francia, ossia a Freycinet. Ma questi, da uomo prudente e avvisato, le declinò. Tenga la cosa per sicura. Più recentemente, l'iniziativa del ripristinamento delle ambasciate, o per meglio dire dei titolari delle ambasciate a Parigi e a Pietroburga, fu presa dalla Russia. Vi fu anzi un incidente assai caratteristico che prova la singolare premura mostrata dall'imperatore di Russia in questa occasione. L'incidente è questo. Il personaggio russo (non mi fu detto il nome) che prese con Freycinet l'iniziativa della proposta, disse a questi (in risposta all'abbiezione di Freycinet che lo czar aveva rifiutato Billot e altri) che si potrebbe designare per Pietroburgo un ambasciatore di carriera il quale senza dubbio sarebbe accettato. Freycinet prese in mano l'annuario e percorrendo la lista degli ambasciatori, trovò che Waddington, originario inglese era fatto per Londra; che Decrais, Herbette, Mouy, Montebello erano appena nominati or ora ai loro posti nuovi; che non rimaneva che Laboulaye. La conversazione rimase a questo punto. Senonché l'indomani mattina Freycinet con grande stupore, riceveva l'avviso ufficiale di Pietroburga, che l'imperatore Alessandro gradiva la nomina di Laboulaye. Freycinet si trovò in un certo imbarazzo giacché non ne aveva nemmeno parlato con Grèvy. Se ne andò adunque in tutta fretta dal presidente della Repubblica e gli raccontò in

4 Cfr. n. 307.

5 Cfr. n. 307, nota 2.

qual modo essi avevano un ambasciatore a Pietroburgo senza saperlo. Del resto la nomina di Laboulaye è eccellente. Io conobbi l'uomo fin da quando era consigliere a Pietroburgo e non posso farne che elogi sotto ogni riguardo.

Ancora una breve notizia e poi finisco. La informai, a tempo debito, che lord Randolph Churchill, quando passò per Vienna, non vide il conte Kalnoky. La cosa è esatta. Ma però Churchill ha fatto sapere a Kalnoky per mezzo d'altra persona, che se l'Austria prendeva le armi, per gli affari in Bulgaria, contro la Russia, l'Inghilterra avrebbe immediatamente mandato la sua flotta ai Dardanelli.

318 3 R. 159 del 29 novembre, non pubblicato.

319

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2146. Parigi, 30 novembre 1886, ore 15,30 (per. ore 18,50).

Le discours prononcé le 28 courant à notre Chambre des députés par V.E. qui a bien voulu m'en télégraphier le contenu 1 , a déja été reproduit en substance par les journaux. Il est apprécié ici de mème que l'avait été le Livre Vert sur la question bulgare. Le langage ferme et net de V.E. a produit de l'effet, mais on remarque que la France n'y a pas été nommée, et que, au contraire, l'union de l'Italie avec l'Angleterre y est vivement accentuée, mais on ne peut s'empècher de rendre justice à la sagacité, à la prudence et à l'esprit de dignité qui ont réglé la conduite de V.E. dans l'affaire de la Bulgarie. L'Italie est heureuse d'avoir un ministre qui sait ainsi imposer l'estime et le respect à l'étranger, et mériter la confiance de la Nation. Les sentiments sont ceux de tous les italians qui aiment le Pays et dont je me rends l'interprète.

320

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2147. Costantinopoli, 30 novembre 1886, ore 19,30 (per. ore 20).

Il me revient que les pourparlers entamés par le grand-vizir avec l'ambassadeur de Russie auraient en vue la solution suivante: modification del la Régence et

élection du prince de Mingrélie par l'assemblée actuelle. A la Porte on s'e montre assez confiant de pouvoir décider la Régence à se modifier et faire accepter par la Sobranje la candidature du prince de Mingrélie. La Russie ne ferait connaìtre son avis sur ce projet de solution, qu'après l'arrivée de Kaulbars à Saint-Pétersbourg.

319 1 Cfr. n. 314.

321

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. PERSONALE S.N. Roma, 30 novembre 1886.

Con dispaccio riservato del 12 ottobre 1 io le facevo conoscere la risposta da me fatta alle entrature confidenziali del Gabinetto di Madrid per la accessione della Spagna alla lega pacifica, ed anche per accordi particolari tra l'Italia e la Spagna. Il tenore di quella mia risposta, recato dal conte di Bismarck a notizia del principe cancelliere, veniva giudicato da Sua Altezza (così l'E.V. mi riferiva con rapporto del 30 ottobre) 2 perfettamente corretto. Ed in quella circostanza il segretario di Stato le osservava doversi oramai attendere che il signor Moret si pronunciasse sulla mia risposta.

Il mio concetto, come V.E. ricorda, era sostanzialmente questo: non potersi da noi concepire accordi speciali tra la Spagna e l'Italia se prima non fosse avvenuta la accessione della Spagna alla lega pacifica delle tre Potenze centrali; per tale accessione, che noi, dal canto nostro, dichiaravamo di gradire, doversi prendere, da altra fra le tre Potenze, una iniziativa che noi non stimavamo aspettarci.

Senza che mi occorra di esporle minutamente quanto è occorso dipoi tra il r. ministro e Madrid e S.E. il ministro di Stato, basta che io qui riassuma la conclusione di quegli ufficii, nei quali, come il barone Blanc mi riferisce, ebbero alcuna parte anche i rappresentanti dei due Imperi.

Il signor Moret, a ciò espressamente autorizzato dalla regina reggente, e di concerto col presidente del Consiglio, chiede formalmente che sia consentito alla Spagna di accedere alla Triplice Alleanza, riconoscendo che accordi particolari coll'Italia sono da subordinarsi a quella accessione. E per quanto concerne l'iniziativa, da noi declinata, il ministro di Stato dichiara che essa è presa dalla Spagna stessa, aggiungendo avere egli, già fin d'ora, ragione di credere che l'accessione sarebbe venuta con favore anche dai due Imperi. Il signor Moret si rivolge, quindi, al Gabinetto di Roma unicamente perché si faccia intermediario della sua domanda presso i Gabinetti di Berlino e di Vienna.

Qui acchiudo, come telegraficamente mi è pervenuto, il testo della nota del signor Moret3 . Essa reca la data del 27 novembre.

2 Cfr. n. 231.

3 Cfr. n. 313.

Il Gabinetto di Roma essendosi già pronunciato in massima circa l'accessione, in occasione dei primi officii preliminari, noi non abbiamo, per il momento, nulla da aggiungere. Importa, invece, che i Gabinetti di Berlino e di Vienna, esaminata la domanda del signor Moret, si pronuncino del pari, e facciano conoscere a Madrid i loro intendimenti, o direttamente, o per mezzo nostro, dandocene naturalmente notizia per nostra norma anche nel caso d'una diretta comunicazione. In ogni modo, è bene inteso che noi non intendiamo di assumere, in questa fase del negoziato, altra parte tranne quella di intermediarii amichevoli, secondo l'espresso desiderio del signor Moret.

Mi rivolgo, con la presente comunicazione, al solo Gabinetto di Berlino, e non anche a quello di Vienna. Lascio che il Gabinetto di Berlino faccia, a Vienna, circa questo argomento, quelle diligenze che gli sembrino più opportune. Né può sfuggire a V.E. la ragione del metodo da me prescelto, essendo evidente la convenienza di non derogare alla regola, oramai concordata, di accentrare a Berlino quanto si riferisce all'alleanza, ed essendo del pari manifesta la impossibilità di scindere questo particolare negozio dall'altra e ben più importante trattativa che sta ora pendente costì 4•

321 1 Cfr. n. 179.

322

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 30 novembre 1886 1

Le courrier éxtraordinaire, M. Felice Madella, m'a remis vendredi dernier l'expédition mentionnée dans la dépèche de V.E. du 23 novembre 1 . Le secretaire d'Etat, à son retour de Friedrichsruhe, était parti, le mème jour, pour une chasse royale dans le Hanovre et devait revenir dans la nuit du samedi au dimanche. Je ne pouvais demander à le voir que le 29, au lundi suivant.

Il m'a, en effet, reçu hier 2 . Dans une conférence qui a duré une heure et demie, je résumais la teneur des instructions de V.E. et, passant en revue chacune des clauses du projet de Traité additionnel, je me suis appliqué à lui inculquer les justes raisons auxquelles s'inspirent les articles principaux II et IV. Profitant de votre autorisation, que dans l'intervalle j'avais sollecité et obtenue en voie télégraphique, et pour témoigner toujours plus de notre franchise et parfaite loyauté, je communiquais ensuite confidentiellement le texte de vos instructions, afin qu'il les eùt mieux présentes à l'esprit et qu'il puisàt tous les arguments de nature à se convaincre lui-mème, ainsi que le Cabinet de Vienne, du bien-fondé de nos demandes. Je remettais en mème temps une copie du Traité précité d'alliance, lequel proroge et complète celui du 20 mai 1882 3 .

2 Sul colloquio de Lanuay -H. von Bismark vedi anche GP, vol. IV, n. 836.

3 Cfr. allegato al n. 302.

Le secrétaire d'Etait remerciait vivement de la confiance que nous lui montrions. Il a laissé entendre qu'en présence des points nouveaux qui se présentaient à l'examen des deux autres alliés, il ne lui appartenait pas de se prononcer officiellement avant d'en avoir référé à l'empereur et au chancelier. Le comte de Bismarck pensait que dans six ou sept jours, il serait à mème d'en écrire à Vienne. Il ne doutait pas, d'après son opinion personnelle que, dans !es communications au comte Kalnoky, l'Allemagne fera ce qui dépendra d'elle pour retenir de vos formules tout ce qu'il sera possible d'en conserver. Le Cabinet de Berlin, en ce qui le concerne, ne demanderait pas mieux que de chercher à nous satisfaire, mais il doit, en une certaine mesure, ménager !es scrupules de l' Autriche à ne pas élargir le cercle des obligations trop au delà de celles prévues par le Traité encore en vigueur. Il ne s'emploiera pas moins à rapprocher !es distances entre ce que l' Allemagne et l' Autriche étaient déjà, en principe, disposées à faire en plus et ce que nous voudrions maintenant voir admis comme surcroìt. Mais, ajoutait le comte de Bismarck, c'était là sa maniére tout à fait particulière d'envisager !es choses. Il ne voulait pas pour autant préjuger ni l'avis du chancelier, ni !es dispositions du Cabinet de Vienne.

Je faisais l'observation que si en effet nos demandes, notamment au second alinéa de l'artide II, allaient au delà des intentions manifestées dans !es pourparlers préliminaires par le chancelier et le ministre austro-hongrois, qui eussent désiré une abstention à prévoir, dans nos accords, certaines éventualités, il fallait cependant reconnaìtre, en suite des conjonctures actuelles, qu'il importait de se prémunir pour le cas où le status quo territorial deviendrait impossible à maintenir, dans !es régions spécialement désignées de l' Adriatique et de la Mer Egée, par l'exercice d'une simple influence diplomatique. Or l'Autriche-Hongrie, bien loin de se laisser arrèter par des considérations qui avaient autrefois peut-ètre quelque apparence de vérité, devrait au contraire s'empresser, dans un intérèt mutue!, de faire bon accueil à notre proposition de subordonner à une entente préalable tout action de l' Autriche ou de l' Italie pour sauvegarder au besoin, e n ces mèmes régions, des convenances qui n'ont rien d'inconciliable si elles sont examinées et discutées avec un esprit équitable.

Quant à l'art. IV, il n'est pas besoin de revenir sur l'éventualité où la France voudrait, sous une forme quelconque, mettre la main sur le vilayet de Tripoli. Sur ce point et sur le casus foederis qui dériverait d'une guerre entre l'Italie et la France, l'accord était déjà établi en principe, gràce à l'entremise si amicale de l' Allemagne. Il s'agit d'étendre cette mème clause au cas où, en sui te d'une entreprise française dans le Maroc, nous chercherions armata manu une compensation à Tripoli. Si nos deux alliés se rendent un compte exact de nos intérèts et des leurs à ce que l'équilibre dans la Méditerranée ne soit pas davantage troublé à notre détriment, ils comprendront que notre demande n'a rien d'exagéré. D'illeurs, S.E. le comte de Robilant le relève avec beaucoup de justesse, nos conditions générales à l'intérieur et à J'étranger ne sont plus les mèmes qu'en 1882. Elles se sont considérablement modifiées à notre avantage et constituent un titre sérieux à ce qu'il soit aujourd'hui établi envers nous une plus grande parité d'obligations. «Nous sommes prèts à entrer en campagne. Avec 150.000 hommes nous assurons notre frontière vers la France par une défensive-offensive, et 200.000 hommes, soit six corps d'armée, quatre divisions de cavallerie et une division d'alpini, seraient en mesure, dans 18 ou 20 jours, de passer les Alpes pour s'unir aux allemandes vers le Rhin, ou à traverser l' Autriche pour marcher, au besoin, contre la Russie. Nous sommes prets, en un mot, à marcher dans une direction quelconque».

Nous n'entendons pas nous servir d'autrui pour faire une chose dangereuse dont nous espérerions de l'utilité et que nous n'oserions faire nous memes. Nous rougirions de jouer un te! ròle. Ce serait une tache aux glorieuses traditions de la Maison de Savoie. Nous ne réclamerions le casus foederis qu'après avoir pris nous meme l'initiative d'une action armée. Une entreprise vers Tripoli comme conséquence d'une action de la France contre ce vilayet ou contre le Maroc, n'aurait pas un but de mesquine ambition. La mobilisation des forces du groupe allié ne dépendrait pas des conditions territoriales au Maroc, ou dans la Tripolitaine, mais il devrat s'agir de l'existence meme et du sort du Royaume. Ces arguments sont présentés avec une grande netteté dans le texte de mes instructions auxquelles je ne puis que me référer.

Le secrétaire d'Etat admettait la valeur de ces arguments au point de vue de l'Italie. Reste à savoir si tel est l'avis au point de vue de l' Autriche-Hongrie et quelles seront les instructions qu'il recevra de Friedrichsruhe. Il se demandait aussi comment une entreprise contre Tripoli à propos du Maroc pourrait s'accorder ---avec la situation et les rapports internationaux de la Turquie qui pourrait alors se ranger du còté de la France. A cet égard il fallait probablement s'attendre à des objections de la part de l' Autriche.

Je ne pouvais que me référer nouvellement à mes instructions très précises.

Durant cet entretien, il a été aussi question de la réserve énoncée, à l'artide

III. Elle n'a soulevé aucune difficulté. L'Allemagne tient comme nous à vivre en bons termes avec l' Angleterre et à ne pas lui susciter des embarras pour l'Egypte.

Depuis lors j'ai appris que le secrétaire d'Etat se propose, sauf l'assentiment du chancelier, de préparer un peu à l'avance le terrain à Vienne pour que nos formules n'arrivent pas comme une bombe, n'y causent pas trop de surprise.

Je remercie V.E. de recourir à mon entremise pour le renouvellement de l'alliance à des conditions plus favorables que celles stipulées en 1882. l'agirai de mon mieux pour justifier cette preuve de confiance, heureux s'il m'est donné de jeter quelque poids dans la balance pour la faire pencher du còté où vous avez déjà si bien placé les intérets de l'Italie.

Je vous prie en meme temps, M. le comte, l'exprimer au roi, Notre Auguste et bien aimé souverain, ma profonde gratitude pour les pleins pouvoirs que Sa Majesté a bien voulu m'accorder pour cette importante négociation.

En me référant à mon télégramme d'aujourd'hui 4 ...

Qui unita una copia lettera particolare per V E. 5

321 4 Per la risposta cfr. n. 341. 322 1 Cfr. n. 303.

322 4 T. s.n., non pubblicato. 5 Cfr. n. 325.

323

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1393/340. Londra, 30 novembre 1886 (per. il 3 dicembre).

Ho l'onore di trasmettere qui unita alla E.V. la traduzione di una nota che il signor ministro degli affari esteri m'indirizzò, in data del 27 corrente, per farmi conoscere le ulteriori nozioni che gli furono fornite dal console britannico a Tunisi sui procedimenti di quelle autorità francesi in ordine ai lavori ad intraprendersi a Biserta.

Lord Iddesleigh mi fa sapere in pari tempo che l'impegno assunto dal Governo francese di non convertire Biserta in porto militare risulta da una nota che il signor Barthélémy de Saint-Hilaire indirizzava all'ambasciatore di S.M. la Regina, il 16 maggio 1881, il quale si trova inserito nel libro giallo francese, affari di Tunisia, supplemento aprile e maggio 1881, pp. 53 e 54 1 .

Nell'accusarle ricevuta dell'ossequiato dispaccio in data del 25 corrente n. 232 di serie politica 2 , ho l'onore di rinnovarle ...

ALLEGATO

IL SEGRETARIO DI STATO AGLI ESTERI BRITANNICO, IDDESLEIGH, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

NOTA 3 .

Foreign Office, 27 novembre 1886.

Ho l'onore d'informare l'E.V. che, dopo averle diretto la mia nota dell'8 corrente 4 , ho ricevuto un telegramma dal console della regina a Tunisi in cui mi si partecipa che degli ingegneri francesi sono stati occupati, nel mese scorso, a tracciare un passaggio per un canale tra il mare ed il lago di Biserta ed a scavare pozzi per conoscere la qualità dei vari strati del terreno. Il suddetto console (signor Sandwith) aggiunge che, due settimane fa, il governatore di Biserta fu chiamato a Tunisi. Ed essendo ritornato dopo un'assenza di due giorni fece il giro del lago con un ingegnere, il quale esaminò i terreni dei proprietari indigeni intorno al lago vietando a questi ultimi di alienarli.

In relazione a tale argomento, ho l'onore di chiamare l'attenzione di V.E. sopra una nota indirizzata all'ambasciatore britannico a Parigi il 16 maggio 1881 dal signor Barthélémy Saint-Hilaire in cui quest'ultimo esplicitamente ripudiò qualsiasi intenzione per parte del Governo francese di convertire Biserta in un porto militare. La suddetta nota si troverà nel libro giallo francese Ajfaires de Tunisie supplément. Avril-Mai 1881, pp. 53-54.

avril-mai 1881, Paris, Imprimerie Nationale, 1881, pp. 53-54.

2 Non pubblicato.

3 Traduzione.

4 Cfr. n. 264

323 1 MINISTÈRE OES AFFAIRES ÉTRANGÈRES, Documents Dip/omatiques, Ajfaires de Tunisie, Supp/ément,

324

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO 735. Parigi, 30 novembre 1886 (per. il 2 dicembre).

Il discorso sulla politica interna ed estera pronunziato dal signor di Freycinet alla camera dei deputati nella tornata di sabato ultimo, ristabilì la solidità del Ministero alquanto scossa dalle discussioni dei giorni precedenti. Il Signor di Freycinet fu felicissimo nella sua esposizione e le sue parole incontrarono la più grande approvazione benché fossero dirette più alla ragione che non a quelle passioni cui le assemblee sono talvolta prodighe dei loro applausi.

Quel discorso può considerarsi come un piano regolatore della politica del Governo repubblicano, ed attesa la sua importanza, io credo di doverne qui concretare le parti sostanziali.

Il signor di Freycinet espone che il principio che servì di guida al governo nelle questioni estere, fu quello di propugnare, per quanto possibile, il mantenimento della pace generale. Egli la considera come necessaria per compiere la trasformazione del vecchio edificio monarchico in repubblicano, ma una tale trasformazione richiede tempo e la Francia abbisogna di tutte le sue forze per non compromettere l'esito di quella impresa, in una società che sta tuttora sotto l'influenza di tradizioni monarchiche secolari. Epperò una politica pacifica è necessaria finché la dignità del Paese non vi opponga un invincibile ostacolo.

La Francia quindi, come Grande Potenza, non può astenersi nelle grandi questioni che si svolgono attorno ad essa; la saviezza politica consiste nel proporzionare la sua azione alla gravità degli interessi suoi che vi possono essere minacciati. Così la questione bulgara interessa bensì l'Europa intiera, ma non direttamente la Francia che non vi ha se non un interesse generale, quello cioè della conservazione dell'Impero ottomano, ora per essa, più che mai, essenziale.

La Francia è ugualmente interessata all'equilibrio delle forze del Mediterraneo, per cui essa si riserva di fare udire, al momento opportuno la propria voce nella questione bulgara, e l'effetto ne sarà tanto più efficace che sarà stata fin allora più circospetta.

Al contrario gl'interessi della Francia sono più direttamente indotti nella questione egiziana, ed essa non potrà mai farsi alla idea che l'Egitto, che è il croce-via (carrefour) tra l'Europa, l'Asia e l'Africa, possa passare nelle mani di una Grande Potenza europea. Il signor di Freycinet soggiunge però che un tal pericolo non esiste, e gl'inglesi, dice egli, hanno dichiarato di stare in Egitto, in istato temporaneo, solo per mettere ordine in quel Paese, e col proposito di quindi restituire l'Egitto a se stessa, per cui egli spera che tanto nella questione di Egitto quanto su quella del canale di Suez si verrà fra non molto ad un accordo, usando fermezza di proposito e ad un tempo i riguardi dovuti ad una Grande Potenza sinora amica, senza che si debba ricorrere all'areopago delle Potenze per fare sparire le difficoltà insorte. Il signor di Freycinet stima che la politica franca e disinteressata da lui seguita è la più abile di tutte, per cui la situazione della Francia è buona ed essa con la sua lealtà si è guadagnata la stima e la considerazione delle Potenze con le quali ebbe a trattare.

Parlando poscia delle colonie, il signor di Freycinet dice che l'èra di simili acquisti è oramai per lungo tempo chiusa; ma se sarebbe opportuno e temerario di accrescere quel campo di azione, sarebbe per alto impolitico e poco consentaneo alla propria dignità di rinunziare agli acquisti fatti: «Nulla di meno, nulla di più», questo è il principio cui è d'uopo di attenersi; basta cercare di migliorare quel retaggio per renderlo all'avvenire più proficuo che non lo sia stato finora.

Dopo il discorso del quale esposi il riassunto, e che ebbe la generale accoglienza, il signor Michelin proponeva l'abolizione dell'ambasciata di Francia presso il Vaticano; ma il signor di Freycinet vi si oppose energicamente, ed egli stesso benché sia protestante, inneggiò i servizi resi alla propagazione dell'influenza francese per mezzo delle missioni cattoliche. È necessario, disse egli, di avere al pari di altre Potenze, presso la Santa Sede, un rappresentante che vi tuteli questi interessi così importanti per la Francia. In seguito a quella risposta del signor Freycinet, la proposta soppressione dell'ambasciata presso il Vaticano, venne respinta con 288 voti contro 230.

A questo proposito non si può fare a meno di osservare che mentre i francesi rimproverano agli inglesi di servirsi dei loro ministri protestanti per aprire la via al loro commercio e stabilire le loro influenze nelle regioni remote, la Francia non procede altrimenti con la sua associazione delle missioni estere che ha sua sede a Lione ed a cui largheggia i sussidi e gli aiuti; è certo che le conquiste terrestri del cardinale di Lavigerie in favore della Francia, non sono minori di quelle spirituali fra gli infedeli.

Il discorso del signor di Freycinet corrisponde ad un sentimento assai generale dei francesi; essi vogliono la pace, e sono disgustati dalle conquiste come quelle di Tonkino, e di Madagascar che divorano uomini e denari per soddisfare alcune ambizioni col creare sotto il nome di residenti, dei pro-consoli della nuova repubblica, ed aprire il campo agli affaristi in cerca di speculazioni più o meno azzardate ed immaginarie. Che tale sia questo sentimento, se ne ebbe ieri la prova in occasione del credito di trenta milioni di franchi chiesto per il Tonkino. Questo credito fu vivamente combattuto dal signor Raoul Duval a cui rispondeva il signor di Freycinet e non venne adottato che con una maggioranza di 278 voti contro 249.

L'esposizione della politica estera del signor di Freycinet incontrò bensì il gradimento generale, non così però quella della politica interna che parve a molti incerta e non senza pericoli. Essi temono che nelle trasformazioni chi dovrà sottostare ancora il Paese per passare dalle tradizioni monarchiche ad un sistema meramente repubblicano, il Governo si lasci guidare più dallo spirito di setta che dagli interessi reali della società e dai principii di vera libertà. Questo è il timore cui sembra accennare un periodico che rappresenta l'opinione di una parte più eletta del partito repubblicano, voglio dire il Journal des Débats. Comunque sia, la posizione del signor di Freycinet in seguito alla discussione da lui sostenuta sembra oramai consolidata avanti al Paese e di fronte al Parlamento; però non si può dissimulare che le sorprese sono sempre possibili.

325

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 30 novembre 1886.

Je ne m' attendais pas à une réponse officielle à mon rapport n. 4141 1 . E n face des critiques au sujet du Congrès de Berlin, je ne voulais pas qu'on se prévalùt en ce qui me concerne du moins du dicton «qui se tait consent». C'est le seui moyen à ma portée pour repousser des attaques injustes et qui froissent au plus haut degré mon patriotisme. V otre lettre particulière du 14 mars 1 que je dois à votre amitié, m'a causé une vive satisfaction, et je vous en remercie de tout coeur. Je suis bien aise aussi que vous ayez soumis mon rapport au roi. Je cherche de mon mieux à suivre l'exemple que vous nous donnez dans une si large mesure de se dévouer, de se sacrifier au bien de la Couronne èt du Pays, mais cela n'empèche pas de laisser trace dans la correspondance officielle ou particulière de la douleur, de l'indignation que l'on épreuve de se voir mettre au pilori où l'on voudrait ficeler d'autres gens que nous. Vous avez du moins l'avantage si on vous prend à partie de vous défendre publiquement d'exposer dans une certaine limite votre politique. Vos discours sont là pour prouver que vous le faites habilement et de manière à fermer la bouche à ceux qui voudraient vous créer des embarras.

Sous ce rapport tout marche bien. Si notre situation intérieure était autre, le Ministère aurait des chances de longue vie. Il cherchera du mois, je l'espère, à la prolonger autant que possible. M. Depretis est sommo maestro dans le maniement des Chambres. Vous ètes la clef de voute de notre politique étrangère. La retrait des deux amènerait l'effondrement de l'édifice.

Vous avez tort d'affirmer que vous n'avez plus aucune force vis-à-vis de l'étranger. Ici du moins, et je suis sùr qu'il en est de mème ailleurs, on est d'avis que vous avez relevé notre prestige diplomatique, on écoute volontiers votre avis. Dans le fond de la pensée, on vous donne raison lors mème que des considérations de ménager tour à tour la Russia et l' Austriche, ne permettent pas au Cabinet de Berlin d'appuyer directement ou mème indirectement quelques unes de vos ouvertures. Je vous ai déjà mandé quel est le jugement de l'empereur. Le prince de Bismarck s'exprime dans le mème ordre d'idées. Le 22 mars, il me disait combien il était satisfait d'avoir affaire avec un homme d'Etat comme vous et avec un parfait gentilhomme. Le langage qu'il tenait n'était certes pas défavorable à votre formule transactionnelle. C'était une perche que nous tendions à l'Europe pour sauver du naufrage l'accord turco-bulgare. Les Puissances se trouvaient de notre bord, sauf la Russie. Nous verrons si elle fera mieux. Je ne reviens pas sur l'idée que j'avais émise de tourner la difficulté de maintenir notre formule à flot, en cherchant à pousser en avant la Turquie. Je comprends que les chances d'aboutir dans cette

direction étaient fort problématiques. Mais en vue de la conservation de la paix, il me semblait que ne fùt ce que pour acquit de conscience il importait de ne rien négliger dans ce sens.

Au dìner pour la fete de l'empereur, le chancelier portait les plaques des Grandes Puissances. D'ordinaire il mettait au cou le collier de l'annonciade. Cette fois il avait la plaque. Il portait en sautoir la croix du Christ conférée récemment par le pape à l'occasion du règlement de l'affaire des Carolines. De son propre mouvement il m'expliquait que selon sa coutume il avait mis le collier de l'annonciade; à còté se trouvait l'ordre du pape. Mais, toute réflexion faite, il lui avait semblé que les deux décorations contrasteraient trop en restant voisines l'une à l'autre. C'est pourquoi au lieu du collier il avait choisi la plaque. Il lui avait paru indiqué pour éviter des commentaires de ne pas mettre sous boisseau la décoration du pape qu'il n'avait pas encore produite dans une réunion diplomatique. Il me répétait à ce propos, que la médiation du Saint-Père dans l'affaire des Carolines et les échanges de politesse qui s'en suivirent, ne touchaient absolument en rien aux relations avec l'Italie. Cet appel au Vatican était la conséquence du refus de l'Espagne de s'en remettre à l'arbitrage d'une Puissance arnie quelconque etc. etc.

Comme j'écris presque chaque jour, et aujourd'hui encore, je n'aurai rien à mettre demain dans la valise du courrier. Au reste nous ne pouvons, selon les dernières instructions, lui confier que des rapports confidentiels pour lesquels la matière me manque ordinairement.

Je finis par mon refrain d'habitude: courage, courage quand meme. Vous devez avoir le sentiment que votre oeuvre profite à notre politique éntrangère. Cela doit vous faire passer par dessus les mécomptes inséparable de la vie d'un homme d'Etat.

Etes-vous content de Keudell? Il me semble qu'il réussit par une extrème réserve, et par une absence de toute initiative.

P.S. J'oubliais de vous parler de l'incident Kraszewski. J'avais remis au sous-secrétaire2 d'Etat votre formule de réfutation. Il l'a soumise à son père qui donnait aussitòt l'ordre d'insérer un démenti dans la Norddeutsche Allgemeine Zeitung. Séance tenante il a été crayonné je ne sais par qui l'entrefilet et cela très à la hàte, ce qui explique peut-etre que sans intention on ait omis la fin de la phrase «les rapports continuent à etre intimes et amicaux entre !es deux Etats». Telles sont !es indications que j'ai recueillies indirectement à cet égard. Il n'est pas moins regrettable, et je partage entièrement votre avis, qu'une telle lacune ait pu se produire. Je vois que nos journaux reproduisent le démenti de la Norddeutsche Allgemaine Zeitung, mais en omettant la qualification de traìtre du Pays donnée par le journal à Kraszewski. Quand on fait une citation, il est de règle de ne pas la tronquer. Que cette qualification plaise ou non, il est de fait que Kraszewski a été condanné pour crime de haute trahison par la Cour suprème de Leipzig.

325 1 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

325 2 Sic.

326

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

D. 1075. Roma, l o dicembre 1886.

Mi pregio di segnarle ricevuta del suo rapporto confidenziale in data del 22 novembre scorso, n. 1430 di serie politica 1•

La notizia, che si cerca propalare, di una immigrazione cosacca in Abissinia, ci era già pervenuta da più parti. Ma abbiamo anche saputo essere unica la sorgente: le insinuazioni e la malevola opera del dottor Parisis. Non abbiamo quindi da preoccuparcene. Certo è, in ogni modo, che non vi è traccia, finora, della minacciata immigrazione.

327

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4312. Berlino, l o dicembre 1886 (per. il 7 ).

J'ai pu constater au Département impérial des affaires étrangères qu'il avait également reçu communication du télégramme du comte Kalnoky, dont le texte formait un annexe à la dépèche de V.E. du 25 novembre échu, n. 2336 1 . Comme vous, le prince de Bismarck n'a pas trouvé que les idées émises par le ministre austro-hongrois, celle notamment de réunir à Philippopoli une commission internationale pour examiner et régler, avec l'assistence de délégués bulgares, les rapports de la Roumélie orientale, fussent de nature dans les circonstances actuelles à faciliter une solution si irnpatiemment attendue. Au reste, ces combinaisons n'ont pas rencontré non plus l'assentiment de la Russie. Comme vous le disiez, M. le ministre, à la Chambre, les événements ont abouti à un temps d'arret mais on ne voit pas encore quelle sera l'issue pour sortir de l'impasse, où le Cabinet de Saint-Pétersbourg s'est placé par ses fausses manoeuvres. L'empereur Alexandre, pour ce qui le regarde, n'adoptera aucune résolution avant d'avoir entendu le baron de Kaulbars. Or, ce général, ainsi qu'il résulte de son langage au moment encore de se rendre de Constantinople à Odessa, a~s'il m'est permis d'employer une expression familière ~le toupet de soutenir mordicus que le peuple bulgare, sauf une minorité infirme et entièrement discréditée, reste inébranlable dans son dévouement à la Russie et à ses intérèts. Si le tsar se laisse éblouir par de semblables assurances, il continuera comme par le passé à vivre dans une illusion complète, et il faut prévoir de nouvelles fautes de sa part, qui lui enlèveront tout moyen d'effectuer une retraite honorable. Là git le danger de la situation.

326 1 Cfr. n. 30 l. 327 1 Non pubblicato.

328

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 293 . Pietroburgo, 10 dicembre 1886 (per. il 7).

. La stampa russa commenta il discorso pronunciato al parlamento nazionale daii'E.V., ed il suo giudizio è molto severo. Credo utile riassumere qui gli articoli dei due principali giornali di questa città, il Nuovo tempo e Le novelle.

Il primo dei suddetti fogli (Novoe Vremia) ricorda al Governo italiano che volere e potere sono due parole distinte: se il Governo italiano ha voluto persuadere all'Europa di esser capace di sostenere una parte preponderante ed influente negli avvenimenti che minacciano di provocare la crisi bulgara, non è però detto che esso lo possa. Prima di tutto è molto dubbioso che esista tra le potenze considerate dall'oratore ministeriale come alleate probabili dell'Italia, una piena conformità d'intendimenti giustificante la sua frase sul «programma pacifico delle potenze dell'Europa centrale» e poscia se questo accordo risultasse reale, non potrebbe tuttavia andare al di là d'un semplice desiderio più o meno accentuato di non permettere alla Russia il ristabilimento della sua primitiva influenza in Bulgaria.

Il Nuovo tempo non attribuisce seria importanza alle dichiarazioni deli'E.V. Né le millanterie, così scrive il giornale, sull'unità di intendimenti delle Potenze dell'Europa centrale, né quelle relative ad un'amicizia particolare coll'Inghilterra non potrebbe influenzare la Russia; e la quistione bulgara sta per entrare in una tale fase nella quale l'Italia non riuscirà ad esercitare una parte predominante colla prospettiva d'un buon compenso.

Loda la fermezza tranquilla della Russia che produsse già il suo effetto; e Io stesso Andrassy, uno dei più conosciuti russofobi, comincia a testimoniare delle sue intenzioni pacifiche; e constata che l'unico mezzo d'annichilare definitivamente il pericolo d'una guerra consiste nel compimento delle esigenze legali e moderate della Russia. Lo si capisce talmente, così esso prosegue, che le diplomazie tedesca ed austriaca sono occupate a trovare una soluzione che offra loro il modo d'uscirne che non sembri una piena ritirata.

L'unico risultato dei tentativi dell'Italia di ricavare un profitto dalle complicazioni bulgare attuali non sarà che un sensibile raffreddamento della Russia verso di essa, che potrà assai facilmente trovarsi nella necessità di entrare in lotta aperta colla Francia, la quale avrebbe in tal caso grandissima probabilità di vedere i russi schierati al suo fianco.

Il secondo giornale (Novosti) pubblica un articolo ancora più violento, nel quale dopo una serie d'argomenti ironici sulla parte che l'Italia pare voglia prendere, a danno della sua dignità nazionale e dei suoi propri interessi, di fronte all'Austria ed all'Inghilterra, questo organo qualifica la politica italiana di mercenaria e pusillanime.

Avendo l'abitudine di profittare del sangue versato dagli altri paesi, l'Italia si mette coll'Austria e coll'Inghilterra perché essa crede assicurato a queste Potenze l'appoggio germanico e garantita perciò ad esse la vittoria in caso di guerra, e perché allora essa stenderebbe la sua mano per ricevere la ricompensa.

Questo giornale termina il suo articolo conchiudendo che le esigenze degli avversari della Russia si basano non sul diritto, giacché essa non reclama che quanto le fu anteriormente riconosciuto dall'Europa, né sulla forza perché in caso di conflitto questa Potenza non si troverebbe, subito, di fronte che la sola Austria, troppo debole per resisterle vantaggiosamente. L'Inghilterra e l'Italia non potrebbero effettivamente volare a tempo in soceorso di quest'ultima, e la Germania sarebbe paralizzata dalla Francia.

Ne segue adunque, così scrivono Le novelle, che pare si voglia contare unicamente sulla ingenuità della Nazione russa immaginandosi, per esempio, che essao non capirà il vuoto sonoro delle minaccie colle quali l'Europa tenta di spaventarla.

Ai due suddetti giornali della capitale si deve aggiungere la Gazzetta di Mosca, in essa tutto il ragionamento di Katkow sul discorso di V.E. è tinto di marcata ironia. Londra, Pest e Roma, ecco la coalizione! così esclama la Gazzetta di Mosca; la coalizione contro la Russia, per portarla a concedere in via amichevole e spontanea ciò, che solamente con una dura guerra si potrebbe da lei ottenere. Del resto, così continua l'autore, coalizione non è la giusta parola, bensì congiura. I congiurati sono tre. Nessuno di essi ha il coraggio di farsi avanti, e l'uno spinge l'altro, tutti tre poi sperano d'appoggiarsi alla Germania.

L'autore di questo articolo crede che l'E.V. abbia detto di più di quanto volesse dire, per produrre effetto, e si esprime con termini ironici sulla simpatia di V.E. per i reggenti e pel Governo bulgaro.

Il Journal de Saint-Pétersbourg come ebbi l'onore di telegrafarle 1 mantiene su questo soggetto assoluto silenzio, e come esso gli altri giornali russi, tranne i tre suaccennati. Ma è da presumere che i loro apprezzamenti sul discorso di V.E. saranno analoghi a quelli del Nuovo tempo, delle Novelle e della Gazzetta di Mosca.

329

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 160. Vienna, l° dicembre 1886 (per. il 5).

La grande maggioranza dei giornali di Vienna comparsi ieri commentano con elogio e con compiacenza le dichiarazioni fatte dall'E.V. alla Camera nella seduta di domenica scorsa. Ci vorrebbero molte pagine per riassumere gli articoli di questi giornali anche in modo sommario. Preferisco omettere questo inutile lavoro, che è già fatto in parte dalla Correspondance politique che le invio oggi, e che sarà fatto senza dubbio in modo più completo dalla nostra stampa.

Voglio qui notare soltanto che parecchi giornali viennesi fanno risaltare la alta importanza del di lei discorso non solo dal punto di vista austro-ungherese,

ma bensì al punto di vista europeo. Tutti poi si congratulano dell'affermazione così netta delle buone relazioni dell'Italia coi due Imperi centrali, non che coll'Inghilterra. Questa generale manifestazione di compiacenza e questo giusto apprezzamento delle di lei parole e dell'attitudine del Governo italiano nella politica estera, per parte di una stampa che non ci ha accostumati a molta benevolenza, erano meritevoli d'essere menzionati in questa corrispondenza.

328 1 T. 2149 del ]0 dicembre, non pubblicato.

330

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY 1

D. 2338. Roma, 2 dicembre 1886.

Come V.E. non ignora, l'assemblea bulgara ha eletto una deputazione, che si recherà presso i Governi delle Grandi Potenze con l'incarico di chiedere la designazione di un candidato per il trono di Bulgaria, ed anche con la missione di far conoscere la situazione del paese.

La deputazione deve appunto in questi giorni essere partita da Sofia.

Avendo avuto occasione, oggi, di parlare di quest'argomento con l'ambasciatore di Germania, non esitai a dirgli che, come noi non abbiamo mai revocato in dubbio la legalità della Reggenza e della Sobranje di Tirnovo, così non vi è ragione (a meno che nuove circostanze sopraggiungano a farmi mutare pensiero) per cui la deputazione dell'assemblea, non sia da noi ricevuta e benevolmente accolta.

331

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 738. Parigi, 2 dicembre 1886 (per. il 5).

Al suo ricevimento ebdomadario di ieri il signor de Freycinet mi parlò con grande elogio del discorso testé pronunziato da V.E. alla nostra Camera dei deputati sulla politica estera. Egli lo trova chiaro, esplicito, vigoroso e ad un tempo prudente e tale da fare giustamente impressione nel mondo politico, e da essere preso in seria considerazione. Fece qualche leggiera allusione al passo in cui V.E. dichiara che l'Italia si riserva la propria azione nel caso ove due Potenze volessero isolatamente mettersi d'accordo per regolare la questione bulgara, ma non fece punto

mostra di trovare una tale dichiarazione fuori di proposito. Non disse parola sulla parte del discorso che si riferisce all'Inghilterra né sul silenzio che l'E. V. tenne rispetto alla Francia.

Intanto il signor de Freycinet m'incaricò di porgere a V.E. i suoi complimenti per quel discorso che egli dice di considerare come uno dei più importanti pronunziati in questi ultimi giorni dai capi della politica estera presso le Grandi Potenze.

Non si può però dissimulare che la Francia vede con qualche rincrescimento l'Italia stringersi più fortemente alla Germania e all'Austria da una parte, e dichiarare dall'altra, in modo così esplicito, la sua intima unione con l'Inghilterra che, in questo momento, suscita il vivo malcontento dei francesi per la quistione di Egitto. Ad ogni modo l'E.V. ha ottenuto un importante successo; gli uomini di cuore hanno applaudito alla generose parole da V.E. pronunziate in onore del valoroso principe Alessandro e del popolo bulgaro che lotta contro le violenze e le insidie per mantenere l'indipendenza e la libertà conquistate sul campo di battaglia e sancite dalla vittoria. Io non so se quelle parole avranno simile accoglienza a Pietroburgo. In quanto alla opinione delle persone più serie, essa è che l'E.V. ha messo in rilievo l'importanza che l'Italia ha ormai acquistato in Europa, e non posso che confermare quanto io diceva nel mio telegramma di ieri l'altro 1 , cioè che gli italiani sono lieti e fieri ad un tempo di avere un ministro degli affari esteri la di cui parola autorevole si fa udire nel mondo ed è accolta con rispetto 2•

330 1 Ed. in L V 69, p. 26.

332

L'INCARICATO D'AFFARI A TEHERAN, DE REGE DI DONATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 3. Teheran, 2 dicembre 1886 (per. il 29).

Lunedì scorso lo schah avendomi fatto sapere che desiderava vedermi, fui a palazzo dove Sua Maestà mi accolse con molta affabilità, essendo presente il ministro degli affari esteri che faceva da interprete.

Dopo qualche complimento, il re prese a rivolgermi un vero interrogatorio sopra argomenti abbastanza disparati.

Mi parlò di Massaua e chiesemi quali viste il Governo del re avesse avuto nel creare quello stabilimento. Risposi che si era voluto aprire sbocchi al nostro commercio e dare sicurezza a quegli italiani che per traffici o per ragioni di scienza, si volessero recare in quelle regioni contro le violenze dei predoni e le angherie dei piccoli sultani di quei Paesi. Soggiunsi che quando il Governo italiano giudicasse opportuno di spingersi più addentro non gli mancherebbero certamente mezzi di

331 1 Cfr. n. 319. 2 Per la risposta cfr. n. 346.

ciò, ma che avevo motivo di credere che nessuna mira di conquiste entrasse nei piani del Governo stesso.

Il re mi chiese in seguito informazioni intorno all'ordinamento politico dell'Italia sulle attribuzioni del presidente del Consiglio dei ministri, ecc. e volle sapere chi tenesse attualmente tale carica, che carriera avesse fatto V.E. ed altrettali cose.

Entrando poscia appieno sul terreno politico, Sua Maestà mi domandò quali vincoli esistessero tra l'Italia, l'Austria e la Germania e se fossero legate da un trattato di alleanza. A questa abbastanza inattesa domanda risposi che le relazioni tra Stato e Stato possono essere cordiali senza che perciò se ne debba conchiudere che sian vincolati da formali accordi scritti, che tale credevo essere il caso tra l'Italia e le accennate Potenze, essendoché i trattati e le alleanze soglionsi stringere in vista di uno scopo determinato, ma non genericamente, troppo prezioso essendo per ogni Governo la libertà della propria azione.

Insistendo Sua Maestà mi chiese quale sarebbe l'attitudine del Governo del re nel caso che scoppiasse un conflitto fra Austria e Russia.

Risposi che mi pareva difficile determinare l'attitudine presumibile dell'Italia in presenza di una situazione che, per ora, è una semplice eventualità; che lo scopo principale della politica italiana all'estero era, in massima, quello di conservare all'Europa il beneficio della pace e che credevo potere, senza tema di essere smentito, assicurare che la cooperazione dell'Italia sarebbe sempre acquistata a quelle Potenze che si adoperassero ad allontanare dall'Europa i mali della guerra. Siccome però nessuna Potenza al mondo può, in qualunque caso, imporre la propria volontà alle altre, dissi essere assurdo il supporre che l'Italia non potrebbe mai trovarsi nella necessità di adottare un contegno più spiccato, ma soggiunsi che, in tale eventualità era ferma mia convinzione che essa prenderebbe consiglio dai propri interessi morali e materiali e l'attitudine sua sarebbe determinata dalle circostanze attualmente impossibili a prevedere. Il far parte del consorzio delle Grandi Potenze d'Europa, dissi a Sua Maestà impedisce evidentemente l'Italia dal disinteressarsi delle grandi questioni internazionali, ma ciò non esclude punto quella libertà di azione ed indipendenza di cui ogni Stato è giustamente geloso ed io credo che l'Italia attenderà a pronunciarsi quando il momento ne sia venuto.

Sua Maestà sorrise alquanto e, abbandonando il terreno politico, ritornò sull'argomento già toccato nell'udienza del mio ricevimento dicendomi che, da tempo, desiderava vedere stabilirsi tra l'Italia e la Persia una corrente di relazioni commerciali che potrebbero essere utili ai due Paesi. Soggiunse sperare che la mia presenza alla sua corte sarebbe il segnale di un avviamento deciso nel senso accennato a poter io essere sicuro che qualunque italiano sia per venire in Persia allo scopo di stabilirvi qualsiasi industria nuova o migliorarne di esistenti, potrà far assegno sull'efficace protezione del suo Governo, come ne potrà esser certo chiunque d'Italia apporti progetti di lavori pubblici. Insomma ci parrebbe che veramente sia desiderio di Sua Maestà di dare un'efficace impulso allo sviluppo della ricchezza del Paese rivolgendosi agl'italiani anziché ad altre Nazioni che forse potrebbero ispirarle nuova fiducia.

Rinnovando poi l'espressione della sua viva soddisfazione per essersi il Governo di Sua Maestà deciso ad annodare col suo, regolari relazioni diplomatiche, Nassered din scihah ripeté essere sua intenzione di istabilire una rappresentanza di Persia presso la corte italiana !asciandomi intendere che sperava di presto poterla ridurre in atto. Di che ringraziai Sua Maestà assicurandole che il rappresentante suo troverebbe al Quirinale la migliore accoglienza. Espressi pure sentiti ringraziamenti al re per la benevolenza che professa verso gli italiani e soggiunsi che scopo principalissimo della creazione di una missione italiana in Persia essendo stato appunto quello di creare e svolgere relazioni commerciali fra i due Paesi sarei venuto meno alla fiducia del Governo del re in me riposta se non mi sforzassi di attuare tale pensiero.

Esaurito così lo scopo della mia chiamata presso di lui, lo schah mi congedava molto cortesemente lasciando in me l'impressione che realmente desideri quello svolgimento di commerci cui accennavo e sia disposto a coadjuvarlo.

Non intendo certamente dire che oggimai i capitalisti ed artieri italiani abbiano in Persia assicurato un campo di attività produttiva, giacché nel breve tempo dacché mi trovo qui, già ebbi a constatare che la vantata onnipotenza del sovrano dell'Iran è più apparente che reale e che non mancheranno ostacoli da superare, opposizioni da vincere e soprattutto ingordigie inavouables da soddisfare, ma, d'altro lato, è evidente che qualche cosa si vuol fare e, siccome il campo è vastissimo e meravigliosamente fertile, crederei che, realmente ci sia mezzo per gli italiani di tentare questo terreno ancora così poco esplorato. Crederei perciò utile che la stampa italiana, prendendo argomento dalla splendida accoglienza fatta al primo rappresentante del re in Persia, trattasse con qualche sviluppo l'interessante argomento in modo da occuparne la pubblica opinione. Sarebbe, a mio avviso, da esaminare specialmente se la nostra marina mercantile non potrebbe tentare il porto di Bender Buscir dove, per l'improvviso divieto di transito sul territorio russo, tende sempre più a concentrarsi l'intero commercio della Persia coll'estero.

Ed è per chiamare l'attenzione di V.E. sopra questo punto che ho creduto dover darle conto, con qualche diffusione, dell'udienza con affatto insolita e molto osservata cortesia datami, ~enza mia domanda, lunedì scorso da Nasser ed din schah.

333

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI 1

D. 383. Roma, 3 dicembre 1886.

L'ambasciatore di Russia è venuto, per ordine del suo Governo, a darmi lettura e !asciarmi il testo di una circolare del signor di Giers relativa alla questione bulgara. Qui acchiudo copia del documento 2•

Dopo avere ricapitolato l'origine, lo scopo e le vicende della missione del generale di Kaulbars, il ministro imperiale degli affari esteri enuncia, con molta

333 1 Ed. in L V 69, pp. 30-31. 2 Non pubblicato.

chiarezza, nella sua circolare, gli intendimenti attuali del Gabinetto di Pietroburgo circa le cose di Bulgaria. La Russia, -così si esprime il signor di Giers, -non vuole punto attentare alla indipendenza della Bulgaria; vuole anzi restituir gliela. La Russia ha il diritto e il dovere di non permettere che il popolo bulgaro sia oppresso da una minoranza di agitatori radicali; che lo si travii e trasformi in un focolare di anarchia, di rivoluzione e di ostilità contro la nazione che l'ha chiamato alla vita e vuole conservargliela. L'imperatore, -così conchiude il signor di Giers, -non rinuncia alla speranza di ottenere lo scopo, e vuole raggiungerlo per le vie pacifiche, senza dipartirsi dai trattati fin tanto che questi siano pure rispettati dalle altre potenze. Con questi intendimenti il sovrano di Russia attenderà lo svolgimento degli avvenimenti.

Poiché il barone d'Uxkull ebbe terminata la lettura, aggiungendo alcune parole di commento, non gli tacqui, a mia volta, che le nostre informazioni, attinte a più d'una fonte, ed avvalorate da quelle che ci constano pervenute agli altri Gabinetti, escludono affatto che esista in Bulgaria uno stato di cose quale è dipinto nel dispaccio del signor di Giers.

Ciò premesso, come dato di fatto, io ero lieto di porgere la più positiva assicurazione che niuno, meglio di noi, si associa col desiderio manifestato dal signor di Giers nel suo dispaccio, che si addivenga alla soluzione della presente questione nei modi pacifici e senza deviazione dai trattati.

Del mio colloquio coll'ambasciatore di Russia le feci pervenire, oggi, un cenno telegrafico che qui le confermo 3 .

334

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA 1

D. 198. Roma, 3 dicembre 1886.

Venne, ieri, il conte Ludolf alla Consulta, incaricato dal conte Kalnoky d'una ben cortese ed amichevole comunicazione che qui trascrivo, avendo l'ambasciatore avuto la gentilezza di !asciarmi copia del telegramma pervenutogli:

«le vous prie (così era concepito il telegramma del conte Kalnoky) de saisir la première occasion pour exprimer à M. le comte de Robilant la grande satisfaction avec laquelle j'ai relevé, de sa réponse donnée aux interpellations sur la question bulgare, le parfait accord qui subsiste, à ce sujet, entre nos appréciations réciproques. Dites à M. le ministre que son discours a produit ici, partout, la meilleure impression, et que j'espère qu'une ferme coopération avec le Cabinet italien aura les conséquences les plus utiles pour le développement ultérieur de cette question».

334 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi, in L V 69, p. 27.

Mi stava a cuore di manifestare, a mia volta, il mio compiacimento per il messaggio fattomi pervenire dal ministro imperiale e reale degli affari esteri. *Con telegramma di stamane 2 la pregai di volergli porgere i miei ringraziamenti.*

Al pari di S.E., non dubito punto che l'azione concorde dei due Gabinetti avrà la massima efficacia per il definitivo componimento della questione bulgara, nel senso della preservazione della pace e del rispetto dei trattati. L'accordo tra Roma e Vienna, a questo intento, mi sembra completo. Trattasi, oramai, soltanto di dargli tutto quello svolgimento ulteriore che le circostanze potranno richiedere; locché non mi sembra malagevole ad attenersi, mercé i rapporti, così lealmente cordiali, che esistono, non solo tra i due Governi, ma anche tra i due Paesi.

*Anche questi concetti volli enunciare nel mio telegramma di stamane, pregando V.E. di rendersene interprete presso il conte Kalnoky.*

333 3 T. 987, non pubblicato.

335

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 3 dicembre 1886.

Le secrétaire d'Etat me priait aujourd'hui de passer chez lui, en s'excusant que le temps lui manquait pour venir lui-mème à l'ambassade.

M'étant rendu à son appel, il me donnait connaissance d'une lettre du chancelier disant n'avoir en général aucune objection (Bedenken), au renouvellement du traité d'alliance selon les propositions de V.E. Son Altesse me faisait demander s'il pourrait se croire autorisé à ce que l'ambassadeur d' Allemagne à Vienne reçut confidentiellement, et pour régler son langage, une copie des instructions dont j'avais remis ici le texte. A cet effet, il a déjà été préparée une traduction en allernand.

Sans en référer préalablement à V.E., je n'ai pas hésité à répondre affirmativemente sur ce point. L'expérience durant votre mission en Autriche vous aura preuvé que ce diplomate est digne de confiance, et d'ailleurs, puisqu'il doit pérorer en notre faveur, vos arguments, arrivés déjà fort à propos à Berlin, né perdront certes rien de leur valeur étant reproduits à Vienne avec l'estampille de Berlin.

Le secrétaire d'Etat me demandait en suite si le prince de Reuss, à l'appui de ses raisonnements, pourrait, en voie confidentielle, donner lecture au comte Kalnoky de certains passages des instructions susmentionnées, ou mème les communiquer intégralement. Si, dans ce dernier cas, vous préfériez exclure quelques parties, il conviendrait de !es indiquer.

Je me réservais, ainsi que je viens de le faire par le télégraphe l, d'interpeller là-dessus V.E.

335 1 T. s.n. del 5 dicembre, non pubblicato.

Je suis d'avis, qu'il y aurait avantage à donner lecture à Vienne du texte en entier, et mème à en laisser copie, si elle était désirée. Par la phrase du troisième alinea, où il est dit que «à moins qu'il ne survienne de graves perturbations, ou dans· le Pays mème, ou en Europe, un conflit austro-italien, par effet d'agitations irrédentistes, est tout à fait improbable»,' nous touchons à une corde très sensible. Si nous avions affaire avec un esprit prenant facilement ombrage et ne calculant pas avec justesse la portée des mots, il vaudrait peut-ètre mieux les éliminer; mais avec un homme d'Etat calme et judicieux comme le comte Kalnoky, il n'y a pas lieu de s'en préoccuper, vu surtout les considérations auxquelles cette phrase se rattache.

Dans les dépèches adressées à l'ambassadeur il est fait mention des forces dont nous disposerions en cas de guerre. C'était là un argument des mieux persuasifs. En exprimant des remerciements en mon nom, j'ai assuré d'avance que le message du chancelier produirait certainement la meilleure impression à Rome.

Le comte de Bismarck s'attendait à ce que le Cabinet de Vienne, eu égard surtout aux sympathies françaises de la Hongrie, hésiterait à donner son assentiment aux formules actuelles, ou que tout au moins il faudrait bien des pourparlers avant de réussir à convaincre le troisième allié. Il y a, fis-je observer, un dilemme qui n'admet point de milieu: ou le Cabinet de Vienne piace en nous une confiance méritée, et dans ce cas il ne saurait tarder à se rendre à nos arguments si solides; ou il manque, bien à tort, de confiance et ce serait pour lui un motif de plus d'accepter des clauses subordonnées, en ce qui concerne le second alinea de l'artide II, à une entente préalable entre !es deux Gouvernements. Et pour ce qui regarde !es ménagements à observer au sujet des sympathies hongroises, !es arrangements à conclure auront, d'après toute prévision, pour effet de prévenir l'éventualité d'une guerre contre la France. Celle-ci aura l'intuition de l'alliance à trois et ne voudra pas, dès lors, se risquer dans une aventure. Le comte de Bismarck pensait de son còté que !es forces réunies de l'ltalie et de l' Allemagne, sans l' Autriche, suffiraient au besoin pour tenir la France en échec.

Le feldjiiger porteur des dépèches qui prescrivent, avec !es directions voulues, au prince de Reuss, de soutenir vos propositions partira demain pour Vienne. A cet dépèches forment annexe !es instructions qui m'ont été transmises par V.E. ainsi que le projet de traité additionneJ2. Le secrétaire d'Etat se rend le mème jour à une chasse royale. Je ne pourrai donc lui communiquer que dans l'après-midi du dimanche votre réponse télégraphique.

Les négociations sont bien acheminées, mieux peut-ètre qu'on ne pourrait l'espérer d'après !es idées personnelles émises de prime abord par le secrétaire d'Etat. Du moment où le chancelier entre dans notre jeu, il est permis de supposer que l'Autriche finira par adopter, si non entièrement, du moins en partie, nos vues. Les dispositions favorables dans lesquelles le prince de Bismarck se trouvait déjà envers l'Italie, n'ont pu ètre que fortifiées par le dernier discours de V.E. à la Chambre. La tension des rapports entre la Russie et l' Autriche devrait contribuer à rendre celle-ci plus malléable dans !es négociations avec nous.

Je ne voudrais pas néanmoins me montrer trop optimiste sur le résultat fina! des négociations. Ainsi que le comte de Bismarck le laissait entendre, l' Autriche ne sera pas facile à la détente. Ses répugnances porteront, entre autres, très probablement, sur le second alinea de l'artide II. Il est vrai que toute occupation permanente ou temporaire de la part de l'ltalie ou de l' Autriche-Hongrie, n'aurait lieu qu'après un accord préalable entre les deux Puissances et qu'il y a là de quoi calmer les alarmes. Mais cet accord est lui-mème subordonné au principe d'une compensation réciproque donnant satisfaction aux intérèts et aux prétentions bien fondées des deux parties. Il y a là ampie matière à discussion. V.E. ne croit-elle pas que pour tourner la difficulté, si elle se présentait dans les pourparlers, il serait utile alors de proposer une clause en ce sens: dans le cas où l'Italie et l'Autriche ne parviendraient pas à s'entendre directement, elles feraient appel aux bons offices de l' Allemagne. Il faut s'attendre en outre à une controverse en ce qui touche une action de la France sur le Maroc et qui serait aussi la cause initiale d'une entreprise de l'Italie vers la Tripolitaine et d'une guerre contre la France. Le Cabinet de Berlin témoigne sans doute d'un parfait bon vouloir à notre endroit; mais si après s'ètre employé activement à gagner les suffrages de l'Autriche-Hongrie, il acquérait la certitude que certains obstacles sont insurmontables, il viendra vers nous avec un minimum au lieu du maximum qu'il patronne aujourd'hui.

J'envoie ce rapport avec recommandation à la poste, et sous la double adresse de mon fondé de pouvoirs à Turin, comme je l'ai fait en d'autres circonstances.

P.S. J'apprends que pour préparer le terrain à Vienne, un des employés supérieurs du Département impérial des affaires étrangères, a eu à cet effet deux conférences avec le chargé d'affaires d'Autriche.

334 2 T. 984, non pubblicato.

335 2 Cfr. n. 302.

336

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 137 bis. Monaco di Baviera. 3 dicembre 1886 (per. il 5).

Col signor ministro degli affari esteri, che ebbi la fortuna di incontrare ieri sera in casa del collega di Prussia, conte Werthern, si venne a ragionare delle prossime elezioni generali al Landtag bavarese, per le quali si prevede già una lotta più che mai accanita. S.E. mi diceva che il partito clericale lusingandosi, ma ben a torto, di segreti appoggi nelle alte sfere della Corte, dopo gli avvenuti cambiamenti, raccoglie tutte le sue forze per riuscire ad ottenere una maggioranza tale da costringere il Ministero a dimettersi.

Per fortuna, soggiungeva il barone di Crailsheim, le parti liberali non stanno colle mani nella cintola e si studiano dal canto loro di riunirsi tutti in un fascio contro il comune nemico. Disgraziatamente la parola d'ordine vien data a costui d'oltre monti ed esso se ne avvale pei suoi particolari scopi.

Il ministro mi annunziava infatti di aver ricevuto recentemente dal nunzio apostolico qui accreditato la comunicazione di una nuova circolare del cardinale Jacobini, la quale, accennando lungamente alle continue dimostrazioni ostili e persecuzioni cui va soggetta la Santa Sede entro la stessa Roma, conchiudeva che la posizione del Santo Padre era divenuta ormai insoutenable. La sola novità del fatto stava in ciò che la circolare era diretta a tutte le Potenze cattoliche, meno la Francia; finita la lettura, avendo S.E. chiesto a monsignor nunzio cosa voleva ch'ei facesse, gli veniva, come al solito, risposto che nulla dalla E.S. pretendevasi; e che egli doveva soltanto considerare un tale documento come una solenne protesta del papato pei casi avvenire.

Ringraziai S.E. di tali notizie che dichiarai ricevere, come sempre, a titolo di semplice informazione.

337

IL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 99. Tripoli, 3 dicembre 1886 (per. il 9).

Il mio rapporto del 18 scorso novembre di n. 97 1 avrà confermato all'E.V. che non era da prestarsi fede alla notizia data dai giornali francesi, ed accolta dai periodici locali di Costantinopoli, concernente la frontiera marittima tra la Tunisia e la Tripolitania.

Con quel rapporto io rispondeva al riverito dispaccio dell'E.V. del 7 novembre

p.p. 2 ed ora non mi resta, riscontrando quest'altro del 22 stesso mese\ che riconfermare nuovamente le mie anteriori informazioni.

Dirò di più che in questi giorni scorsi, essendo andato dal valì, quasi volendomi dimostrare che aveva mantenuta la promessa, mi disse che la notizia in parola era stata smentita dall'Agenzia Reuter di Londra. Ed infatti vidi poi riprodotto nel giornale Il Popolo Romano (18 novembre n. 318) un telegramma da Londra spedito da Tripoli, che qui trascrivo: «<l dispaccio da Tunisi ai Débats in data corrente, relativo alla delimitazione della frontiera marittima fra Tunisi e la Tripolitana è assolutamente falso». Soggiungo inoltre che tale smentita è venuta dallo stesso pascià di accordo col console inglese, in quantocché l'agente della Reuter in Tripoli è lo stesso viceconsole inglese. A me sembra perciò che sia una pura invenzione la pretesa delimitazione della frontiera marittima.

PUre, comecché l'insieme di questi fatti e le assicurazioni di Artin Dadian a Costantinopoli e quelle del governatore di Tripoli, escludono ogni ipotesi di possibile accordo tra la Francia e la Sublime Porta, non è difficile, come dice S.E., il baron Galvagna, che i negoziati siano stati iniziati tra quell'ambasciata francese ed il sultano e tenuti perciò segretissimi. Ed in questo caso, gli accordi avrebbero forse attuazione ad un momento dato, con l'occupazione effettiva, da parte della Francia, di quel tratto di frontiera concessale dal sultano. Ammettendo questa

Cfr. n. 254. 3 Non pubblicato.

possibilità, si spiegherebbe allora facilmente la presenza delle due navi francesi sulla costa tripolitana, allo scopo di rilevarne con precedenza il punto di confine maritti

• mo. O pure, esclusa questa ipotesi, sia dalle categoriche smentite di Dadian e dal telegramma della Reuter, non potrebbe darsi altra plausibile spiegazione alla notizia dei giornali francesi, se non la mia prima supposizione che esternai all'E.V. col rapporto del 5 novembre scorso, n. 95 4 .

337 1 Cfr. n. 292.

338

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 991. Roma, 4 dicembre 1886, ore 22,45.

L'ambassadeur de Turquie est venu me remettre copie d'une circulaire télégraphique concernant l'affaire bulgare. Le Gouvernement russe ayant proposé à la Porte la candidature du prince de Mingrélie, la Porte a donné son adhésion «en vue de la promesse d'une solution de la question». La Porte nous exprime maintenant la confiance de nous voir lui prèter notre concours «dans les dispositions que le Gouvernement impérial croira devoir recommander à Sophia pour l'élection du prince de Mingrélie». J'ai fait remarquer à l'ambassadeur qu'il ne résulte pas de la circulaire quelle est la solution dont la promesse, de la part de la Russie, a décidé la Sublime Porte à accepter la candidature du prince de Mingrélie, et qu'il ne résulte pas non plus quelles sont les dispositions dont le Gouvernement impérial recommanderait à Sophia l'adoption en vue de l'élection princière, et pour lesquelles il sollicite notre concours. Il est évident, et je ne l'ai pas caché à l'ambassadeur, que jusqu'à explications sur ces deux points il me serait impossible de me prononcer au sujet de la démande actuelle de la Sublime Porte.

339

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA1

D. 1018. Roma, 4 dicembre 1886.

Ringrazio l'E.V. per le interessanti notizie contenute nel pregiato rapporto del 30 novembre scorso 2 circa il discorso testé pronunziato dal signor de Freycinet alla Camera dei deputati.

339 1 Ed., con l'aggiunta di un estratto del n. 324, in LV 58, p. 430. 2 Cfr. n. 324.

La parte più importante delle dichiarazioni da esso fatte è senza dubbio quella che si riferisce all'Egitto e al canale di Suez. Le parole del signor de Freycinet alludono evidentemente a una azione, o già iniziata, o quantomeno prossima ad iniziarsi a Londra su quegli argomenti. Non sarebbe naturalmente il caso di rivolgere una vera e propria interrogazione al ministro francese; però ci gioverebbe una notizia precisa dell'indirizzo e degli intenti di siffatti negoziati'.

337 4 Non pubblicato, ma cfr. 292, nota l.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI

D. 61. Roma, 5 dicembre 1886.

Ringrazio la S.V. pel rapporto in data del 3 dicembre corrente 1 con cui ella mi riferisce la conversazione avuta con cotesto signor ministro degli affari esteri sul risveglio del partito clericale in Baviera e sulla nuova circolare del cardinale Jacobini, concernente la posizione del Santo Padre in Roma. Quest'ultima circolare vaticana è la ripetizione periodica dello stesso concetto, ormai per troppo tempo ed in occasione di troppi avvenimenti contraddetto dai fatti. Non dobbiamo punto preoccuparcene.

341

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. PERSONALE S.N. Berlino, 5 dicembre 1886.

Le courrier de Cabinet, M. Signoroni, m'a apporté hier la dépeche réservée du 30 novembre échu et son annexe 1 . J'en ai donné, dès aujourd'hui, connaissance au secrétaire d'Etat, qui s'est réservé de solliciter des instructions de Friedrichsruhe relativement à la démarche formelle du Cabinet de Madrid pour que, sur sa propre initiative et par notre entremise amicale, il soit déféré à sa demande d'accéder à la ligue pacifique de l'Italie et des deux Empires. Mais le comte de Bismarck exprimait l'avis personnel qu'avant de donner una réponse directe ou indirecte, il conviendrait

341 Cfr. n. 321.

d'attendre que !es négociations, bien plus importantes, en cours entre l'Italie, l' Allemagne et l'Autriche-Hongrie, eussent abouti au résultat désiré. Jusque-là, pour faire prendre patience à Madrid, on pourrait laisser entrendre que la question est examinée en commun par !es trois Cabinets. Le secrétaire d'Etat pensait en outre qu'on s'en tiendrait à una simple adhésion à l'alliance, car l'Espagne ne saurait prétendre à se voir placée sur le mème pied que !es Grandes Puissances. Ne fùt-ce que dans l'intérèt de se garantir contre des indiscrétions, il ne serait pas le cas de lui fournir le texte de nos arrangements réciproques. On pourrait se borner à indiquer en termes généraux !es accords de 1882 et, sauf pour le renouvellement, garder le secret à l'égard du Traité additionel. Nos pourparlers sur ce dernier doivent rester distincts de ceux avec l'Espagne.

Le comte de Bismarck m'a dit qu'il ne manquera pas de m'informer de la réponse qu'il recevra du chancelier. Mais, dans cet entretien, j'ai acquis une fois de plus le sentiment que, sans vouloir repousser la main tendue de Madrid, le Cabinet impérial ne la serrera qu'avec peu d'empressement et sans enthousiasme. Si l'Espagne n'est pas, à l'occurrence, une valeur tout à fait négligeable, ses attaches à l'alliance offriront probablement plus d'un embarras.

E n joignat ici une pièce chiffrée, ...

ALLEGATO

ANNESSO CIFRATO.

J'ai donné lecture aujourd'hui au secrétaire d'Etat du télégramme de V.E. d'hier au soir 2 , il vous remercie et allait sans retard télégraphier au prince de Reuss autorisation de remettre à Kalnoky texte, traduction allemande, de votre dépèche du 23 novembre 3 . Après mùre réflexion il a cependant estimé bien faire, en retranchant de ce document deux lignes d'une phrase, au troisième alinea, où il est fait allusion à l'irrédentisme. Ces lignes me préoccupaient aussi, et j'en avais déjà expliqué véritable signification, pour qu'il n'en résultàt aucun malentendu. Comte de Bismarck avait cru que mieux valait les éliminer, car elles pourraient recevoir une fausse interprétation à Vienne, où l'on est assez disposé à la défiance en toute négociation. Secrétaire d'Etat ajoutait qu'il était superflu de vous parler de cette omission, car le raisonnement de l'alinea ne conservait pas moins de sa valeur; j'en fais toutefois mention, en hommage à la vérité, et parce que cela prouve avec quel intérèt on s'occupe ici de la réussite des négociations. Comte de Bismarck disait aussi que si l'Autriche se montre raisonnable, on arriverait vers les premiers jours de l'an à la signature du traité. J'ai profité de mon entretien pour faire comprendre délicatement à mon interlocuteur, en le priant d'en écrire au chancelier, les nuances au sujet des applaudissements de la Chambre, à différentes parties de votre discours et qu'on peut compter sur vous, mais à titre de réciprocité et dans un intérèt qui en définitive nous est commun etc.

Cfr. n. 302.

339 3 Per la risposta cfr. n. 359. 340 1 Cfr. 336.

341 2 T. s.n., non pubblicato.

342

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

T. 1001. Roma, 6 dicembre 1886, ore 22, 15.

Massaua se trouvant sous le régime d'une occupation militaire, mon intention est de ne pas y admettre, au moins pour le moment, de nouveaux agents consulaires. Je ne vois, d'ailleurs, pas pourquoi l'agent grec au Caire devrait s'occuper de Massaua qui n'a plus rien à faire avec l'Egypte.

343

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2182. Cairo, 7 dicembre 1886, ore 12,40 (per. ore 13,40).

Gouvemeur de Souakin télégraphie encore qu'un second vapeur postal confirme la nouvelle que notre pavillon a été hissé à Taklai, mais ne pouvoir l'affirmer n'étant pas retoumé le bàtiment de guerre qu'il a envoyé sur les lieux. Ayant communiqué à Baring votre télégramme de hier l, il m'a demandé si sur ce télégramme je puis l'assurer que V.E. désavouerait le fait, s'il ressortirait exact, je me suis montré étonné de me croire capable de préjuger la liberté d'action de V.E. prévoyant à mon tour des complications si l'arrangement pour les sambouks était retardé.

344

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 7 dicembre 1886, ore 20,45 1.

J'apprends très confidentiellement par le baron de Holstein qu'il résulte d'une lettre particulière de Vienne, datée d'avant-hier, qu'en somme et à première vue les stipulations contenues dans le projet de traité additionnel ont reçu un accueil favorable, mais elles n'en fornient pas moins l'objet d'un examen approfondi en ce

qui concerne l'art. Il relatif à une entente préalable pour des compensations éventuelles. Quant à l'art. IV, Kalnoky a émis de prime abord l'idée qu'on pourrait compenser le surcroìt d'obligations résultant pour l'Autriche de cette stipulation par l'extension du casus foederis à l'éventualité où l' Autriche serait attaquée parla Russie à elle seule. Bien entendu si nous devions coopérer avec l'Autriche contre la Russie nous serions garanti contre la France par nos anciens accords avec l' Allemagne. Il est mème probable que dans une guerre générale nos engagements prendraient cette forme; que l' Allemagne, partiellement dégagé par nous, aiderait l' Autriche con tre la Russie en faisant face des deux còtés. Cette manière d'utiliser les forces des trois alliés paraìtrait la plus pratique. Il me semble que nous pourrions entrer dans ces vues de l' Autriche, lesquelles seront vraisemblablement partagées à Berlin, mais votre assentiment devrait alors ètre, bien entendu, subordonné à l'acceptation intégrale de nos propositions. Je crois utile de vous renseigner sur la teneur probable de la communication officielle afin que V.E. soit à mème d'examiner la question. Veuillez en attendant considérer ce télégramme comme non avenu tant qu'une communication officielle n'aura pas été faite.

343 1 T. 997 col quale di Robilant comunicava di non aver ricevuto notizie da Gené e formulava l'ipotesi che «Prétendue occupation de Taklai par nos troupes, n'est qu'une intrigue montée à Souakin». 344 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

345

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA1

D. 143. Roma, 7 dicembre 1886.

Con telegramma del 4 di questo mese (confermato con dispaccio dello stesso giorno 2) le feci conoscere come alcuni schiarimenti mi fossero assolutamente indispensabili per potermi convenientemente pronunciare circa la circolare di Sai'd pascià, comunicatami in quello stesso giorno dall'ambasciatore di Turchia.

Nel dì successivo, un telegramma di lei 3 recava la notizia che la Sublime Porta stessa erasi accorta della opportunità di meglio spiegare il suo pensiero. Pareva anzi, secondo le informazioni di lei, che una nuova circolare sarebbesi tosto diramata per rendere più chiari quei punti che, nella circolare precedente, erano sembrati a noi, -e probabilmente anche agli altri gabinetti, -non abbastanza espliciti per formar oggetto di sicuro giudizio e di prudente deliberazione.

Un telegramma da lei speditomi ieri sera 4 mi fa, ora, avvertito che la Sublime Porta ha rinunciato al progetto di spedire la seconda circolare. Schiarimenti verbali sono stati forniti, invece, ai rappresentanti delle Potenze; e la S.V. riassume, nel telegramma stesso, quelli che il ministro degli affari esteri ed il gran vizir le hanno somministrato con preghiera di farli pervenire al R. Governo.

2 Cfr. n. 338; D. non pubblicato.

3 T. 2163, non pubblicato.

4 T. 2177, non pubblicato.

Manifesto apparisce, oramai, che tra la Sublime Porta e il Governo imperiale di Russia è intervenuto, circa la questione bulgara, un accordo mercé il quale la si vorrebbe avviare ad una soluzione. La Sublime Porta, non solo acetta formalmente la candidatura del principe di Mingrelia, ma la raccomanda altresì alle Potenze ed alla Bulgaria stessa; essa porge inoltre, a Sofia, il duplice consiglio di modificare la Reggenza ed il ministero in guisa che vengano a comporsi di elementi tratti da tutti i partiti, e di convocare indi l'assemblea nazionale per l'elezione del principe di Mingrelia. Dal canto suo, la Russia, dipartendosi dal sistema finora tenuto di denegazioni assolute, consentirebbe a lasciar decidere dalla Reggenza modificata se l'elezione debba farsi dall'assemblea attuale o da altra assemblea. Il gran vizir, poi, discorrendo con lei dei modi per attuare un siffatto programma, esprimeva l'opinione che la trasformazione della Reggenza e del ministero, in Bulgaria, potrebbe essere opera di una riunione a cui partecipino i notabili di tutti i partiti.

Tale sarebbe, per la soluzione della questione bulgara, il metodo concordato tra la Russia e la Turchia. Le indicazioni date, a questo riguardo, dai ministri del sultano ai rappresentanti delle Potenze rimuovono ogni dubbiezza circa quello che è occorso, nella presente circostanza, tra Pietroburgo e Costantinopoli. Sappiamo ora quello che dalla circolare ottomana del 3 dicembre era appena adombrato; sappiamo in che consiste la promessa con la quale il Governo russo avrebbe contribuito alla attuale risoluzione della Sublime Porta, e sappiamo altresì quali siano i provvedimenti, da promoversi a Sofia, per i quali la Sublime Porta chiede il nostro concorso.

È evidente che il programma turco-russo implica non lieve responsabilità per coloro che concorrano alla sua attuazione. Si tratta, -vano sarebbe dissimularlo, -di prendere, nelle cose interne del Principato, una ingerenza lontana assai dalle previsioni del Trattato di Berlino, anzi, escluse dallo spirito, se non dalla lettera del Trattato stesso, mercé il quale si volle assicurare al Principato una piena autonomia di governo. L'ingerenza sarebbe tanto più grave in quanto che, per essere schietti, come è nostro costume, non possiamo dissimulare a noi stessi che la vagheggiata trasformazione, sotto specie di far giusta parte a tutti i partiti, dovrebbe, secondo gli intendimenti di chi la ispira, avere per obiettivo di porre la direzione delle cose, in Bulgaria, nelle mani di un partito solo, di quel partito, cioè, che si è già mostrato ben poco sollecito della indipendenza nazionale. E l'azione combinata della Porta e delle potenze dovrebbe svolgersi in codesto senso, mentre appunto, secondo le nostre informazioni, discordi da quelle pervenute a Costantinopoli, la Reggenza persisterebbe a respingere ogni tentativo di intromissione ed a voler tutelare, con la più scrupolosa cura, l'autonomia del paese.

La Turchia, come Potenza alto-sovrana, ha in Bulgaria una posizione speciale, riconosciuta dallo stesso Trattato di Berlino. Per le Potenze, invece, una attiva contribuzione all'opera della Sublime Porta mi parrebbe implicare una responsabilità soverchia. Si comincierebbe, è vero, con semplici consigli; ma n i uno può prevedere dove sarebbe. per condurre lo svolgersi ineluttabile degli avvenimenti. Noi ci troveremmo, quando che sia, trascinati !ungi assai dal Trattato di Berlino, base salda e sicura sulla quale tutti dobbiamo adoperarci a contenere la questione, se vogliamo evitare che degeneri in irreparabile conflitto.

Per quanto ci concerne, ho ben fermo il mio pensiero. Non abbiamo nulla da eccepire contro le raccomandazioni che il sultano voglia far pervenire a Sofia, e non neghiamo neppure favore e simpatia agli sforzi della Sublime Porta, facendo i più sinceri voti acciò conducano a soddisfacente conclusione. A questo punto può giungere il nostro consentimento; ma non oltre. Ad un intervento, quali che ne siano i primordii, quale che ne sia la prima apparenza, non intendiamo partecipare.

Così mi sono espresso in un telegramma che rivolsi oggi stesso 5 ai rr. ambasciatori in Vienna, Londra e Berlino, incaricandoli di far conoscere il mio pensiero ai Gabinetti presso cui sono, rispettivamente, accreditati, e di indagarne, a loro volta, le impressioni e le eventuali decisioni.

Un altro mio telegramma 6 recava la esposizione sommaria di questi miei concetti anche a lei, per sua informazione personale, e con riserva di più positive istruzioni a tempo opportuno.

345 1 Ed. in LV 69, pp. 34-36.

346

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 1022. Roma, 7 dicembre 1886.

Ho ricevuto il rapporto che l'E. V. m'indirizzava, il 2 corrente 1 per riferirmi le parole a lei dette dal signor de Freycinet circa il discorso sulla politica estera da me recentemente pronunziato alla Camera. Il caldo elogio fattone dal signor ministro e le espressioni con cui egli ha manifestato questo suo pensiero mi riuscirono particolarmente graditi. L'E.V. vorrà, non dubito, farsi mio interprete, manifestando al signor de Freycinet tutto il mio compiacimento per i lusinghieri apprezzamenti espressi intorno al mio discorso.

Né posso chiudere il presente dispaccio senza aggiungere che sono in particolar modo grato a V.E. per il giudizio ch'ella ebbe a portarne, e al quale io annetto un grande valore, specialmente ispirato dall'altissima deferenza che professo all'E.V. da tanti anni.

347

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 8 dicembre 1886, ore 6.

Reuss n'a reçu que le 7 l'autorisation qui lui a été expédiée le 5 parla poste de communiquer en traduction allemande le texte de vos instructions. Je apprends par

6 T. 1005, non pubblicato. 346 1 Cfr. n. 331.

341 le télégramme de V.E. de hier soir 1 que Kalnoky désire parler à Nigra du Traité d'alliance il conviendrait je crois sauf un cas d'urgence expliquable à Berlin éviter d'établir un double-courant, ce fait pourrait amener des malentendus et provoquer mème quelques susceptibilités de la part du chancelier qui montre des dispositions favorables à notre égard et qui compte que !es négociations restent concentrées ici.

345 5 T. 1004, non pubblicato.

348

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 8 dicembre 1886, ore 12,20.

le vous remercie pour vos deux télégrammes de hier soir 1• J'attendrai ce que par votre entremise le chancelier me fera connaìtre des propositions du comte Kalnoky. le ne suis pas éloigné en principe à entrer dans I'ordre d'idées indiqué par baron Holstein, mais en vue de ce nouveuau casus foederis, je ne pourrais pas à moins de stipuler une réserve explicite d'entente ultérieure pour des compensations à notre profit correspondantes aux avantages territoriaux que la campagne commune pourrait avoir pour l' Autriche. Quant à ce que n otre ministre de la guerre a dit à I'attaché militaire allemand il faut avoir présent qu'il ignore complètement !es négociations en cours et que entrevoyant comme beaucoup de monde ici la possibilité d'un conflit entre l' Autriche et la Russie il s'est très justement préoccupé de l'éventualité que nous soyons appelés à nous ranger à còté de l' Autriche dans une campagne commune contre la Russie, ce qui serait du reste la forme pratique du casus foederis indiqué par le baron Holstein comme étant désiré à Vienne. Le langage du ministre de la guerre ne prouve qu'une chose c'est que nous sommes réellement militairement prets pour toutes !es éventualités.

349

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2193. Londra, 8 dicembre 1886, ore 18,25 (per. ore 20,50).

le viens de voir le ministre des affaires étrangères; il n'a pas encore répondu à la circulaire de la Porte: quand ambassadeur de Turquie lui a communiqué la circulaire, S.E. s'est bornée à répondre qu'elle consulterait ses collègues, et elle doit

348 1 Cfr. n. 347; T. s.n., non pubblicato.

encore en conférer avec lord Salisbury. La réponse sera évidemment conforme à l'attitude prise par le Gouvernement anglais. Aujourd'hui, toutefois, j'ai trouvé le ministre des affaires étrangères moins absolu. Il a, entre autres, fait mention d'une conférence comme idée personnelle qu'il avait communiquée à lord Salisbury. Le ministre des affaires étrangères m'a aussi dit qu'il avait reçu télégramme portant que Gadban conseillait maintenant au Gouvernement bulgare d'élire prince Alexandre, en quoi il soupçonnait grave piège.

347 1 T. s.n., non pubblicato.

350

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 8 dicembre 1886, ore 23,30.

Lorsque Kalnoky émettait de prime abord l'idée d'une extension du casus foederis au delà des limites fixées par l'artide III du Traité de 1882, il n'avait pas encore sous les yeux le texte mème de vos instructions, car l'autorisation de le lui communiquer n'a été télégraphié à Reuss que dans la soirée de dimanche, 5 novembre 1 . Or il résulte de ce document que vos propositions visaient précisément à établir un certain niveau d'obligations réciproques qui n'existe plus dans le Traité précédent. Je me rends compte des hésitations qui se présentent aussitòt à l'esprit au sujet d'une coopération armée de l'ltalie avec l'Autriche-Hongrie con tre la Russie s'il s'agissat d'une guerre localisée entre ces Puissances, mais à coup sùr l'Allemagne devrait se ranger à còté de l' Autriche, car la France cédant à son propre mouvement, mème si elle n'était pas stimulée par la Russie, tenterait alors l'aventure. Ainsi ce qui serait en théorie un surcroìt d'obligations, n'altérerait pas en pratique les engagements entre les trois alliés, tels qu'ils sont établis par le Traité de 1882. C'est en me plaçant à ce point de vue que je me permettais de me montrer éventuellement plutòt favorable à l'idée de Kalnoky tout en subordonnant notre agrément à l'acceptation intégrale de nos propositions. L'essentiel pour nous est de sauvegarder nos intérèts vitaux dans la Méditerranée, et cela mème en prenant, à l'occurrence, une part de charges dans d'autres directions 2•

2 Allegata al presente documento si trova la seguente annotazione di Malvano: «Non mi sembra intieramente esatto l'apprezzamento del conte Launay. Si può benissimo concepire che il conflitto scoppii esclusivamente tra l'Austria e la Russia, senza che la Francia, tenuta in rispetto dalla Germania e dall'Italia, punto si muova. In tale ipotesi, il Trattato non ci obbliga punto ad ajutare l'Austria di guisa che se accettiamo l'estensione del casus foederis a quella eventualità si contrarrebbe una obbligazione effettivamente nuova e gravissima. Notisi ancora che la Germania potrebbe, in tale ipotesi, e segnatamente se le sorti della guerra volgessero male per l'Austria, essere condotta ad ajutare l'Austria dal suo stesso interesse ed indipendentemente da obbligo contrattuale; mentre invece per noi un disastro austriaco sarebbe pressoché indifferente e forse vantaggioso. Mi pare quindi però più che giustificata la nostra domanda di compensi effettivi per la estensione del casus foederis alla ipotesi di una aggressione della Russia contro l'Austria».

350 1 Recte décembre.

351

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA 1

D. 144. Roma, 8 dicembre 1886.

Mi è giunto, poco dianzi, il telegramma, in data di ieri sera 2 , con cui la S.V. mi riferisce che, contrariamente alle informazioni da lei precedentemente attinte presso la Sublime Porta, e trasmessemi con telegramma di ieri l'altro\ l'ambasciatore di Russia le ha detto non essere punto esatto che il suo governo si fosse in alcun modo pronunciato circa l'assemblea che dovrebbe eleggere il principe di Mingrelia.

Secondo che le disse il signor Nelidow, il Gabinetto di Pietroburgo si sarebbe invece riservato di far conoscere la sua opinione, a tale riguardo, dopo la ricomposizione della Reggenza e del Ministero in Bulgaria.

*Come la S.V. osserva con ragione, dal linguaggio di codesto signor ambasciatore di Russia parrebbe doversi argomentare che il Governo imperiale non ha punto rinunciato ad eliminare in modo assoluto l'attuale assemblea in Bulgaria e vuole, ad ogni modo, riuscire al suo intento. Se il nuovo Governo di Sofia sarà in maggioranza russofilo, prenderà esso stesso la iniziativa della dissoluzione della presente assemblea; se, invece, la maggioranza continuerà ad essere avversa alla Russia, questa, rinnovando le sue precedenti dichiarazioni, vorrà che l'elezione sia sottoposta ad una nuova assemblea.*

Manifesto è quanto si discosti la versione del signor Nelidow da quella che, circa l'accordo turco-russo, le era stata fornita dalla Sublime Porta; imperocché, secondo quella prima versione, la Reggenza, trasformata, avrebbe avuto potestà di decidere, essa stessa, se l'elezione del principe si debba fare dall'attuale o da un'altra assemblea.

In ogni modo, il telegramma di lei sempre più mi conferma nel pensiero espresso nel mio dispaccio di ieri 4 , non convenirci affatto di partecipare in alcuna guisa ai procedimenti coi quali la Sublime Porta vorrebbe promuovere la soluzione della questione bulgara. Di che ho telegrafato alla S.V. un cenno, che qui le confermo 5 .

2 T. 2188, non pubblicato.

3 T. 2177, non pubblicato.

Cfr. n. 345. 5 T. 1005 del 7 dicembre, non pubblicato.

351 1 Ed., con l'omissione del brano tra asterischi, in LV 69, p. 38.

352

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANTI

R. 4319. Berlino, 8 dicembre 1886 (per. il 12).

Par mon rapport du 6 courant, n. 4317 2 , j'ai indiqué dans quel sens le secrétaire d'Etat se proposait de s'exprimer -comme il le faisait en effet -vis-à-vis de Tewfik-Bey à l'égard de la circulaire turque du 3 décembre. Depuis lors, ainsi qu'il résulte du télégramme de V.E. du 7 au soir 3 , la Sublime Porte renonçant à l'envoi d'une nouvelle circulaire, complétait le contenu de la précédent par des explications verbales. Les combinaisons suggérées, en tout ou en partie, de Pétersbourg à Constantinople, impliqueraient, pour !es Puissances qui accepteraient de !es recommander à Sophia, une immixtion dans !es affaires intérieures de la Bulgarie, et une responsabilité que vous déclinez par de justes considérations.

Conformément à vos instructions, je me suis rendu aujourd'hui au Département impérial pour communiquer votre manière de voir, et connaitre l'impression et !es décisions éventuelles du Cabinet de Berlin. Le secrétaire d'Etat ayant son temps pris par les fètes à l'occasion de la présence du prince régent de Bavière dans cette capitale, je me suis adressé au baron de Holstein.

Je lui ai lu votre télégramme.

Il m'a dit que jusqu'ici le Cabinet de Berlin n'était pas encore directement renseigné sur !es explications fournies par la Porte au sujet de la circulaire présentée, dans laquelle, ici aussi, on avait remarqué des lacunes. A cette circulaire le Gouvernement imperia! a répondu qu'il avait déjà notifié à Pétersbourg son agrément à la candidature du prince Dadian de Mingrélie, et qu'il ne pouvait qu'approuver l'action de la Sublime Porte en tant qu'elle ferait valoir son influence médiatrice à Sophia pour amener une entente par le fait de l'installation d'un Gouvernement modéré.

M. de Holstein ajoutait qu'ici on admettait parfaitement qu'il y eùt des nuauces dans l'attitude des différents Cabinets relativement à maintes questions, à celles entre autres de forme et de détails, tels que: réunion des notables pour la modification de la Régence et du Ministère, etc., questions dans lesquelles pour son compte, l' Allemagne se mèlera le moins possible.

*V.E. voit que le Cabinet de Berlin ne s'énonce qu'en termes généraux et certes peu compromettants. Officiellement il persiste à se tenir en seconde ligne. Il ne se soucie point d'agir directement en Bulgarie. Mais il me revient d'autre part qu'en voie confidentielle, il fait donner à la Sublime Porte le conseil de ne rien négliger, mème par un langage frisant la menace et en semant au besoin de l'argent, afin de décider la Bulgarie à accorder à la Russie quelque satisfaction d'amour propre qui permettrait à celle-ci de se montrer à son tour conciliante pour l'aplanissement des

2 Non pubblicato.

3 T. 1004, non pubblicato.

difficultés actuelles. Les circonstances s'y prètent aujourd'hui, car en suite des manifestations à Rome, Londres et Vienne, il se produit quelques symptòmes d'apaisement. Le discours de V.E., ainsi que l'écrit le général de Schweinitz, à causé un véritable décontenancement (Verbliifftheit) à Pétersbourg, où l'on ne s'attendai! aucunement à nous voir prendre ainsi position dans le question bulgare.

En me référant à mon télégramme de ce jour4.•. *

352 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in LV 69, p. 47.

353

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2202. Londra, 9 dicembre 1886, ore 18, 18 (per. ore 21,20).

Je viens de voir le ministre des affaires étrangères. Les nouvelles des journaux relatives aux négociations entre la France et l'Angleterre sur l'Egypte n'ont aucun fondement. La position n'est point changée depuis l'envoi de mon rapport, du 18 novembre, sur ma conversation avec lord Salisbury 1 . Aucune négociation spéciale n'est actuellement pendante avec la France sur cette question. Le Gouvernement anglais, aidé par sir Henry Wolff, fait des études financières et militaires en vue de reprendre les négociations avec la Turquie pour la stipulation de la convention supplémentaire. Pourront venir ensuite les négociations avec les autres Puissances, plutòt qu'avec la France seule.

354

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 1421/348. Londra, 9 dicembre 1886 (per. il 13 dicembre).

Ho ricevuto il dispaccio che l'E.V. mi fece l'onore di rivolgermi li 4 del presente 1 relativamente ai progetti del Governo francese in ordine al porto di Biserta.

Risulta infatti dalle espressioni del signor Barthélemy de Saint-Hilaire che esse non costituiscono un impegno formale da parte della Francia, ma solo la manifestazione degli intendimenti del Governo della Repubblica in quel tempo, i quali potrebbero mutarsi in seguito. E tale interpretazione di quelle comunicazioni può considerarsi come avvalorata dal precedente verificatosi, a non ha

353 1 Cfr. n. 289. 354 1 D. 239, non pubblicato.

guari, quando la Russia denunziava le dichiarazioni fatte riguardo al porto di Batoum che pure erano state inserite in un solenne trattato, epperò avevano assai maggior forza, né quella denunzia provocava complicazioni internazionali. Ed allorché io domandai poscia a lord Iddesleigh se intendeva fare a Parigi qualche osservazione sopra la questione di Biserta, Sua Signoria mi rispose con un silenzio significativo.

Non mancherò di cogliere propizia occasione per nuovamente intrattenere il signor ministro nel senso dall'E.V. indicatomi, e di quanto sarà per venire a mia conoscenza le darò pronta contezza.

Colgo questa occasione per rinnovarle ...

352 4 T. 2195, non pubblicato.

355

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 9 dicembre 1886.

Ti scrivo pel rapporto d'oggi 1 come lord Iddesleigh ieri emettesse l'idea di deferire la quistione bulgara ad una conferenza. Non è veramente un'idea nuova, ma non è del tutto impossibile, che, mutate le circostanze, essa venga nuovamente a galla. Essendo quindi venuti a discorrere del luogo in cui essa potrebbe per avventura radunarsi, io combattei strenuamente l'eventualità di tenerla a Costantinopoli. Già sapevo per prova quanto fosse arduo di far procedere i lavori di una conferenza sotto la presidenza di un ministro ottomano, il quale, per la poca pratica e più ancora per la soverchia timidità, non sapeva né osava dare una direzione effettiva ai lavori di essa; e se tanta era la difficoltà di procedere l'anno scorso, quanto maggiore, per ragioni facili a comprendersi, sarebbe nelle presenti congiunture. A me sembra che se l'idea dovesse avere alcun seguito le più idonee residenze a scegliersi sarebbero Berlino o Roma, e Bismarck rifiuterebbe forse la prima. Basta, io t'ho voluto dare pronta contezza della menzione di questa idea, ma stimo frattanto opportuno, di non farne motto a nessuno, ché se son rose fioriranno.

Che non si potrebbe rispondere ai progetti francesi su Biserta attivando da nostra parte i lavori di miglioramento e di difesa a Taranto? Se delle operazioni navali avessero da seguire in quei mari sarebbe pure importante l'avere in vicinanza una sicura base per ogni eventualità. E scusa questa digressione.

Vedo che alle parole di sir J.S. Lumley è sempre meglio di dar la tara, ché egli porta talvolta alla Consulta i frutti della sua immaginazione piuttosto che gli echi esatti del Foreign Office. Il che è bene di tenere a mente.

L'orizzonte si rabbruna dunque sempre più. Eppure niuno mi leva dal capo che Bismarck avrebbe ancora in suo potere di dissipare le nubi minacciose, se lo volesse, imperocché anche la Russia e la Francia riunite non oserebbero affrontare la Germania, l'Austria, l'Italia e l'Inghilterra alleate. Ma chi può leggere nella mente di questo Giove moderno?

P. S. Dopo aver scritto quel che precede compare il telegramma 2 pel quale ti lamenti del silenzio del ministro riguardo all'Egitto. Io non so cosa dicano i giornali francesi, ma non credo che le trattattive siano vicine ad approdare, e dubito anzi assai che vere trattative pendano attualmente fra i due Governi, massime mentre non c'è Governo in Francia. Pel mio rapporto del 18 novembre n. 13703 scrissi quello che m'aveva detto lord Salisbury in proposito. Di questo passo vado al Foreign Office per procurare di vedere lord Iddesleigh, ma questi spesso non si trova, e quando si trova poco dice. E lord Salisbury sta in campagna. Telegraferò tosto quello che ne posso trarre.

355 1 R. 1422/349, non pubblicato.

356

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 10 dicembre 1886, ore 11,55.

Je crois utile de revenir encore une fois sur ce qui forme le sujet de votre dernier télégramme 1 . Si !es propositions officielles du com te Kalnoky colncident avec !es confidences du baron de Holstein c'est ce point qui devient la note dominante de la présente négociation. De toutes les chances de guerre actuellement possibles, un conflit entre la Russie et l'Autriche-Hongrie est assurément le plus probable. Ce conflit éclaterait demain que personne ne s'en étonnerait. D'après le traité de 1882, ni l'Italie, ni l' Allemagne ne seraient, en pareil cas, obligées de marcher. L'Autriche-Hongrie ne pourrait, d'après ce traité, que leur demander une bienveillante neutralité, plus que suffisante, d'ailleurs, pour immobiliser la France. Il est maintenant évident que, si le traité de 1882 venait à ètre modifié de façon à obliger l'Italie de se ranger con tre la Russie à còté de l' Autriche-Hongrie, celle-ci tirerait de cette modification un profit énorme, en mème temps que l'Italie prendrait à sa charge un surcroìt d'obligations en face duquell'acceptation intégrale de notre projet de traité additionnel, c'est à dire la simple garantie contre l'éventualité lointaine et problèmatique de perturbations ultérieures d'équilibre dans la Méditerranée, serait encore bien loin de répondre au principe d'une juste réciprocité. Pour

Cfr. n. 289. 356 1 Cfr. n. 350.

que ce principe soit respecté, il est indispensable qu'à coté des articles II et IV de notre projet, ne faisant selon nous, que ramener la réciprocité dans !es clauses de l'ancien traité, on stipule pour nous, dans la prévision d'une campagne commune contre la Russie, une compensation plus directe et plus immédiate. Nous n'entendons nullement marchander, en vue de ce nouveau casus foederis, le prix de notre alliance. Mais nous estimerions ne pas ètre indiscrets en demandant, comme l'équivalent de ce casus foederis supplémentaire, une réserve d'entente ultérieure au sujet des bénéfices territoriaux qui pourraient ètre le résultat de la guerre. V.E. recevra naturellement sur ce point, des instructions plus positives le jour où Kalnoky formulerait, par l'entremise du Cabinet de Berlin, une demande concrète. Pour le moment je tiens seulement à ce qu'il existe, sur ce point aussi, entre nous deux une identité absolue d'appréciation. J'attacherais également du prix à savoir quel accueil l'Allemagne ferait, en ce qui la concerne à la demande du comte Kalnoky si le casus foederis pour l'éventualité où la Russie seule attaquerait l' Autriche-Hongrie devait ètre à la charge de tous !es deux ses alliés.

355 2 T. 1013 del 9 dicembre, non pubblicato.

357

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. 1 Roma, l O dicembre 1886.

Rispondendo oggi ad una interrogazione del deputato Tegas in ordine alla denuncia dei trattati di commercio ho fatto la dichiarazione che le trascrivo qui testualmente: dopo maturo studio dell'argomento il Governo è venuto alla decisione di denunciare entro questo mese i trattati di commercio a tariffa speciale vale a dire il trattato di commercio e navigazione con l'Austria-Ungheria del 27 dicembre 1878 ed il trattato di commercio con la Francia del 3 novembre 1881. Entrambi questi trattati saranno così a scadenza col 31 dicembre 1887. Debbo però tosto soggiungere che denunciando i due trattati il Governo non intende uscire senz'altro dal regime contrattuale in materia di dogana lasciando sussistere in tale materia la sola tariffa generale ed autonoma. Della libertà d'azione ridonataci dalla denuncia intendiamo invece di valerci allo scopo di negoziare senza ritardo e stipulare nuove tariffe convenzionali corrispondenti ai nuovi o meglio accertati bisogni del Paese. È quindi nostro animo di dichiarare tanto alla Francia quanto all'Austria-Ungheria nel denunciare i rispettivi trattati la nostra disposizione a riaprire i negoziati per la conclusione di nuovi trattati. Questo per semplice informazione di V.E. riservandomi di trasmetterle più tardi le opportune istruzioni.

357 1 Il telegramma fu trasmesso in chiaro.

358

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 145. Roma, 10 dicembre 1886.

II valì di Tripoli insiste nel dichiarare priva di qualsiasi fondamento la notizia dei Débats relativa ad una delimitazione della frontiera marittima fra la Tunisia e la Tripolitania 1 . Tale smentita però non esclude interamente l'ipotesi d'accordi diretti e segreti intervenuti su tale argomento fra S.M. il Sultano ed il conte di Montebello. Veda quindi la S.V. d'indagare. In ogni modo, rammenti, con acconcio linguaggio, ai ministri del sultano, che la nostra risoluzione di volere scrupolosamente rispettare lo statu quo in quelle regioni è subordinata alla condizione che tale statu quo sia pure da altri rispettato. Se l'eventualità opposta si verificasse, sorgerebbe per noi, accanto alla questione dell'integrità dell'Impero ottomano, che ci tocca solo come Grande Potenza, una questione d'equilibrio nel Mediterraneo, nella quale noi saremmo interessati in prima linea come Potenza avente nel Mediterraneo una posizione affatto speciale.

359

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 740. Parigi, 10 dicembre 1886 (per. il 14).

Nell'accusarmi ricevuta del mio rapporto del 30 novembre u.s. serie politica n. 735 2 I'E.V., col suo dispaccio del 4 corrente n. 1018 di questa serie 3 esprime il desiderio che, senza rivolgere una vera ed assoluta interrogazione al Ministero francese, io tenti di avere una notizia precisa dell'indirizzo e degli intenti dei negoziati della Francia a Londra relativamente all'Egitto ed al canale di Suez. Giusta le prescrizioni di V.E., io mi sono sempre astenuto dal provocare alcuna discussione a quel riguardo. Ma per formarmi un concetto, per quanto possibile esatto della politica egiziana del signor di Freycinet, ho seguito attentamente le fasi della questione nella stampa, e mi sono valso delle conversazioni particolari che io ebbi in proposito, nonché dei documenti diplomatici che cotesto Ministero degli affari esteri trasmette di mano in mano a questa r. ambasciata.

359 1 Ed. con l'omissione dei brani tra asterischi in L V 58, pp. 432-433.

Cfr. n. 324.

Cfr. n. 339.

Come io ebbi l'onore di dirlo in parecchie mie precedenti comunicazioni a cotesto Ministero, il signor di Freycinet sentiva il bisogno di avere un successo diplomatico specialmente nella questione egiziana affine di cancellare l'effetto del non intervento della Francia nella spedizione contro il rivoltoso Arabi pascià, lasciando così l'Inghilterra agire da se sola e quindi acquistare certi dritti preponderanti ad occupare l'Egitto per un tempo non definito sotto pretesto di riordinare il Paese e metterlo a riparo di un altro tentativo d'insurrezione simile al precedente. Non poteva entrare nella mente del signor di Freycinet di surrogare interamente l'influenza della Francia a quella inglese, ma egli desiderava certamente di dividerla e non vi ha dubbio che per lo meno la risurrezione del famoso controllo franco-inglese balenasse alle menti di molti; ma se non si poteva ricostituirlo come per lo addietro, si considerava e si considera tuttora come un diritto per la Francia quello di partecipare in qualche modo all'amministrazione dell'Egitto, ammettendo a prendervi parte qualche altra Potenza, come fra l'altre, l'Italia che, per lo addietro, ne fu così malamente esclusa dalla Francia stessa. Il signor di Freycinet lasciava intravvedere questa eventualità nelle aperture che, per mezzo del nuovo ambasciatore, signor conte di Mouy, egli faceva alla E.V.; ma per raggiungere questo fine il signor di Freycinet ravvisava miglior partito quello di ottenere anzitutto che l'Inghilterra fissasse un termine alla sua occupazione dell'Egitto, ed a tal uopo egli tentava di interessare le Grandi Potenze sul progetto, mentre il suo agente a Costantinopoli cercava di mettere il sultano in diffidenza contro di esse per indurlo a riporre tutta la sua fede nella Francia. Quei tentativi verso l'Italia non riuscirono; lo stesso si" può dire rispetto all'Austria; il signor Herbette, nominato ambasciatore a Berlino per sostenervi la politica del Gabinetto francese rispetto all'Egitto, non ebbe finora un successo su quel punto. *Intanto l'Inghilterra, tuttoché prometta di evacuare la terra dei faraoni, non precisa alcun termine all'occupazione di essa, ed anzi lascia altamente intendere che, col ritirare le sue truppe dall'Egitto essa non intende rinunziare alla sua influenza, che al contrario pretende di conservare a più alto grado; per cui affine di legittimare le sue aspirazioni, essa cerca di interessarvi il sultano restituendogli un'apparente sovranità sull'Egitto, e col chiedere alla Turchia alcuni elementi per comporre l'esercito egiziano che si propone di riordinare. In vista della resistenza dell'Inghilterra e della freddezza dimostrata dalle altre Potenze per aiutarla a vincere quella resistenza, la Francia si rivolse principalmente alla Russia a cui sembrava promettere un aiuto, almeno morale, nel suo modo di agire verso la Bulgaria, il che diede luogo al riavvicinamento di quelle due Potenze iniziato dallo czar stesso che fu il primo a chiedere che fosse mandato il nuovo ambasciatore francese a Pietroburgo, mettendo per sola condizione che appartenesse alla carriera. In conseguenza di ciò venne nominato il signor di Laboulaye a Pietroburgo e fu rimandato a Parigi il barone di Mohrenheim che, dopo il suo ritorno, mostra di essere in grande intimità con questo ministro degli affari esteri, a tal punto che mercoledì ultimo si diceva in un gruppo di diplomatici, recatisi al Quai d'Orsay per la solita udienza ebdomadaria, che fra il signor di Mohrenheim ed il signor di Freycinet si era stabilita una comunicazione telefonica.*

In questo momento di crisi ministeriale, varie voci contradditorie si fanno circolare intorno alla vertenza; alcuni dicono che la Francia si limita ad insistere per l'evacuazione dell'Egitto senza formulare per ora altra pretesa; altri, al contrario, dichiarano che la Francia rinunzierebbe a che si fissasse la data della evacuazione purché fin d'ora le si consentisse qualche ingerenza nell'amministrazione finanziaria dell'Egitto. Il signor di Freycinet parve sperare di avere maggior successo nella questione della libertà del canale di Suez, sulla quale egli insiste indipendentemente dalla quistione riflettente l'Egitto. Anche su questo punto del canale di Suez, sembrerebbe che l'Inghilterra non sia disposta ad ammettere tutte le esigenze della Francia.

Tale è ciò che ho potuto raccogliere intorno a questa ardente questione egiziana.

*In presenza della incoerenza e della incertezza dell'appoggio della Camera, non è a meravigliarsi che il signor di Freycinet, disgustato da una ingrata lotta, vedendosi sempre più trascinato verso il radicalismo e sentendo la responsabilità che gl'incombeva per gli affari di Egitto, abbia colto l'occasione dell'ultimo voto dei deputati, per liberarsi del peso di un Ministero nel quale egli non poteva che essere sempre più compromesso ed esautorato. Questo, a me pare, è il motivo per cui il signor di Freycinet ha resistito a tutte le istanze che gli furono fatte perché rimanesse al potere. Però egli non intende, per quanto mi consta, rinunziare alla vita attiva politica alla quale da molti sarà richiamato, perché lasciò di sé grato ricordo per l'amenità dei modi, la lucida sua eloquenza, e l'arte dimostrata nel condurre le discussioni e risolvere le difficoltà. Non ignora che si aspetta da lui maggiore fermezza di quella dimostrata in alcuni casi. Io so che se non avesse dovuto dare la sua dimissione, in seguito all'ultimo voto della Camera, era suo intendimento, tosto dopo la votazione del bilancio, di rimettere le dimissioni di tutto il Ministero nelle mani del signor Grévy e quindi di ricomporre un Gabinetto più omogeneo ed atto a raggruppare intorno a sé una maggioranza effettiva, razionale e non variabile come l'attuale. Se il signor di Freycinet sarà più tardi nuovamente rivestito del potere, è probabile che attuerà il programma poc'anzi accennato e corrisponderà così al desiderio dei molti suoi amici fra i quali primeggia il presidente stesso della Repubblica.*

358 1 Cfr. n. 337.

360

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 166. Vienna, 10 dicembre 1886 (per. il 14).

Con telegramma del 7 2 e con successivi dispacci del 7 ed 8 corrente\ giuntomi oggi. V.E. mi comunicò il suo modo di vedere intorno alle spiegazioni verbali che la Turchia fece dare alle Potenze a complemento della sua precedente circolare relativa alla soluzione della questione bulgara. Conformemente alle di lei istruzioni ho partecipato la sostanza del citato di lei telegramma al conte Kalnoky in udienza

2 T. 1004, non pubblicato.

3 D.D. 1666 e 1675, non pubblicati.

d'oggi e lo richiesi di parteciparmi il suo avviso m proposito che avrei poscia comunicato all'E.V.

Il conte Kalnoky mi ringraziò di questa partecipazione e si congratulò che anche in questa occasione e senza previa intelligenza i due Governi avessero manifestato un'opinione identica sulla materia. Difatti il conte Kalnoky rispose alle spiegazioni turche declinando d'ingerirsi nelle faccende interne del Principato di Bulgaria ed osservando che in fondo la Turchia non aveva ricevuto dalla Russia nessuna guarentigia intorno al proposto modo di elezione del futuro principe, e che d'altronde, secondo le notizie da Sophia, l'elezione del principe di Mingrelia diventava ogni giorno meno probabile.

Il conte Kalnoky aveva poi soggiunto che del resto egli, come l'E.V., seguiva con simpatia ogni tentativo della Porta per giungere ad una soluzione, la quale, al suo giudizio, doveva pur sempre avere per base il Trattato di Berlino.

360 1 Ed. in L V 69, pp. 52-53.

361

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 167. Vienna, 10 dicembre 1886 (per. il 14).

I delegati bulgari, signori Grekoff, Stoiloff e Kaltcheff, giunsero jeri l'altro a sera in Vienna. Non vi furono dimostrazioni al loro arrivo. Jeri furono ricevuti, in forma privata, ma cortesemente, dal conte Kalnoky, il quale mi riferì oggi ciò che fu detto in sostanza in questa udienza.

I delegati cominciarono per dare al conte Kalnoky ragguagli sullo stato attuale di cose in Bulgaria, sulla situazione interna del Principato, sulle condizioni dell'esercito e sullo stato di tranquillità del Paese. Essi credono che non sia per ora urgente né spediente l'occuparsi della questione della Rumelia Orientale, la quale, a loro giudizio, può considerarsi come già risolta in principio nel senso dell'unione. Quello che loro sembra più urgente e più importante si è di trovare un candidato che possa essere accettato dal Paese e non rifiutato dalle Potenze. Quanto al principe di Mingrelia, essi lo considerano come affatto impossibile. La loro principale missione consiste adunque nel chiedere alle Potenze, presso le quali avranno adito, di suggerire loro un candidato accettabile, essendo difficile il continuare a lungo nello stato presente d'incertezza.

Il conte Kalnoky rammentò ai delegati che i primi autori delle presenti difficoltà erano stati gli stessi bulgari e i rumelioti che avevano fatto o ajutato la rivoluzione dell'anno scorso, la quale era stata un primo e grave attentato al Trattato di Berlino. Egli si riferiva, per il resto, alle dichiarazioni da lui fatte recentemente dinanzi le Delegazioni a Pest, non volendo né potendo dire ad essi né più né meno. L'Austria-Ungheria aveva per la Bulgaria un vivo interesse, ma né l'Austria-Ungheria, né altra qualsiasi Potenza era deliberata a fare una grossa guerra per i bulgari. Il conte Kalnoky insisteva su quanto aveva già detto a Pest, cio che a lungo andare la Bulgaria potrebbe difficilmente perseverare in uno stato di semi-ostilità colla Russia, sua potente v1cma; che perciò dovevano tentare per riavvicinarsi ad essa ogni mezzo compatibile colla loro autonomia. Per ciò che riguarda l'elezione d'un principe, tranne le note eccezioni (il principe di Montenegro e Pietro Karagiorgevic), il Governo austro-ungarico avrebbe approvato qualsiasi candidatura che fosse accetta ai bulgari e alle altre Potenze. Per ora intanto il conte Kalnoky dava il consiglio di fare ogni sforzo per mantenere in Bulgaria e nella Rumelia Orientale un ordine perfetto e una tranquillità assoluta, di governare il Paese con rettitudine e fermezza, di conservare la disciplina nell'esercito, di provare in sostanza che il popolo bulgaro è capace di governarsi civilmente.

Questo è il sunto delle cose dettemi oggi dal conte Kalnoky intorno alla udienza da lui data ai delegati bulgari.

362

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 11 dicembre 1886, ore 15.

Le chancelier, partageant l'avis préalable enoncé par le secrétaire d'Etat, estime qu'il faut tenir la négociation pour l'accession de l'Espagne à la ligue pacifique séparée de celle pour le renouvellement de l'alliance et qu'il convient d'attendre la conclusion de cet arrangement. Il est d'avis, quant à des accords spéciaux, de les traiter ensemble, sauf à informer l' Allemagne et l' Autriche du résultat des pourparlers. En effet pour l'Espagne c'est le Maroc où se trouve le point principal de mire et comme l'ltalie a aussi des intérets dans ces régions, mieux vaut laisser ces deux Puissances se concerter séparément. Le prince de Bismarck s'est exprimé d'une manière peu flatteuse pour l'Espagne. Il n'a confiance ni dans la continuité de la politique de ce Pays, ni dans l'efficacité réelle des moyens militaires. D'après sa manière de voir, mieux valait m'entretenir verbalement de cette affaire, que d'en écrire à Madrid et à Vienne. Kalnoky aussi ne semblait pas très-chaleureux à patronner la cause espagnole. Il se montrait surpris que le Cabinet de Madrid voulùt adhérer à une alliance dont il ignorait les stipulations. Il ne s'agit en résumé que de lui faire prendre patience jusqu'à ce que nous ayons terminé à trois les négociations principales. Le mieux, en effet, est de dire que la démarche désirée par M. Moret a eu lieu à Berlin par l'entremise amicale de l'Italie et qu'après mùr examen la décision sera communiquée à Madrid.

Ces détails m'ont été données officiellement hier au Département des affaires étrangères. Ce n'a été qu'après ma visite que j'ai reçu le télégramme de V.E. du mème jour1• Je me reserve d'en parler incessament au secrétaire d'Etat.

362 1 T. s.n., non pubblicato.

363

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. 1 Vienna, 12 dicembre 1886, ore 13,45.

Kalnoky m'a dit qu'il avait sous les yeux le projet de traité, qu'il avait soumis à l'empereur, et qu'il présenterait parla voie de Berlin ses observations, qu'en tout cas il désirait examiner mùrement la question, attendu qu'il s'agit d'élargir considérablement la sphère des engagements précédents. Je lui ai dit que, s'il avait besoin de renseignements étant en ma possession, je les lui aurais fournis volontiers, mais que je ne pouvais pas entamer une discussion là-dessus. Il en a convenu et m'a annoncé que maintenant il avait reçu en communication vos instructions, ce qui le mettait davantage à mème d'examiner la proposition. Reuss m'a aussi parlé à ce sujet. Je lui ai fait la mème réponse. Il m'a dit qu'il avait communiqué à Kalnoky non seulement vos instructions, mais aussi l'extrait d'une de vos lettres à Launay qui lui avait paru importante. En général les dispositions m'ont semblé bonnes.

364

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÉ

D. CONFIDENZIALE 645. Roma, 12 dicembre 1886.

In relazione ai telegrammi direttile il 6, 71 e 10 corrente mese, e confermandole anzi specialmente quest'ultimo 2 , le fo noto avere il colonnello Kitchener telegrafato da Suakin a sir Evelyn Baring al Cairo che il comandante della nostra nave da guerra aveva convocato a Rarat i capi locali e consegnato loro una bandiera da collocare sopra un segnale (held a meeting of chiefs at Rarat, gave them an Italian flag to put up a beacon). Ella osserverà le lievi differenze che passano fra la presente versione, comunicatami dall'ambasciata d'Inghilterra, versione che rilevo dall'originale, citandolo, e quella pervenutami dal Cairo e riprodotta nel telegramma del 10 a lei diretto 3 .

Il telegramma di sir E. Baring soggiunge che in nessun luogo era stata innalzata la nostra bandiera.

364 1 T. 996 e T. 1006, rispettivamente del 6 e 7 dicembre, non pubblicati, coi quali di Robilant chiedeva notizie circa la pretesa occupazione italiana di Taclai.

2 T. 1019, non pubblicato, con l'eccezione del brano alla nota seguente.

3 Il telegramma di cui alla nota 2 reca: «... un batiment de guerre italien, s'étant rendu à Rarat, a convoqué !es chefs de l'endroit, leur a donné un pavillon italien et a construit une espèce de phare ... ».

363 1 Di Robilant inviò questo telegramma in pari data a de Launay.

365

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 139. Monaco di Baviera, 13 dicembre 1886 (per. il 15).

Col mio rapporto del 3 dicembre corrente 1 , ebbi l'onore di riferire a V.E., che quando monsignor nunzio terminò la lettura dell'ultima circolare del cardinal Jacobini, avendogli il barone di Crailsheim chiesto cosa da lui desiderasse, gli fu risposto: «Nulla: chiedere soltanto che quel documento sia considerato come una nuova solenne protesta della Santa Sede». Queste furono infatti le parole dettemi dal ministro. Però dal barone di Soden, ministro del Wiirtemberg, che è molto addentro nella intimità del signor barone. di Crailsheim, ho saputo che a lui il ministro aveva aggiunto la seguente circostanza; cioè, che alla interrogazione da

S.E. fatta al nunzio dopo la lettura della circolare sui desiderii della Santa Sede, aveagli risposto monsignore «nulla di positivo; ma desiderare che la circolare fosse trasmessa a Berlino».

Attesto la studiata reticenza, usata meco in proposito dal signor ministro, ed anche perché non crederei che l'incidente ne valga la pena, mi asterrò accuratamente dal tornare con lui sull'argomento.

Solo parmi degno di nota il fatto, se la versione del barone di Soden è esatta, che è questa la prima volta in cui la nunziatura apostolica in Monaco invoca la intromissione della Baviera per far pervenire le sue comunicazioni a Berlino 2•

366

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 13-14 dicembre 1886.

Depuis mon rapport du 3 décembre 1 , !es négociations subissent à Vienne un temps d'arrèt qui ne Iaissent guère prévoir qu'elles aboutiront à terme vers le premier jour de l'an, ainsi que le secrétaire d'Etat le supposait.

Le 7 décembre j'apprenais très confidentiellement par le baron de Holstein qu'en somme et à première vue les stipulations contenues dans le projet de Traité additionnel, ont reçu du comte Kalnoky un accueil favorable. Mais elles formaient l'objet d'un examen approfondi en ce qui concerne l'art. Il, relatif à une entente

2 Con D. 2347 del 17 dicembre, indirizzato all'ambasciata a Berlino, di Robilant, nel riferire il contenuto di questo rapporto, avvertì di non dare «a questi argomenti se non un'importanza di pura cronaca». 366 1 Cfr. n. 335.

préalable pour des compensations éventuelles. Quant à l'art. IV, le mm1stre austro-hongrois a émis de prime abord l'idée qu'on pourrait trouver moyen de compenser le surcroìt d'obligations résultant pour l'Autriche, par l'extension du casus foederis à l'éventualité où cette Puissance serait attaquée par la Russie à elle seule. Bien entendu que si nous devions coopérer avec l' Autriche con tre la Russie, nous serions garantis vers la France par les accords de 1882. Il est mème probable que dans une guerre qui deviendrait générale, nos engagements prendraient cette forme que l' Allemagne, partiellement dégagée par nous, aiderat l' Autriche con tre la Russie en faisant face des deux còtés. Cette manière d'utiliser !es forces des trois alliés, paraitrait la plus pratique.

Il me semblait (télégramme du 7 décembre) 2 que nous pourrions entrer, dans ces vues, qui seraient vraisemblablement partagés à Berlin, pourvu que notre assentiment fùt subordonné à l'acceptation intégrale de vos propositions.

Il est vrai, lorsqu'une pareille combinaison se présentait à son esprit, que le comte Kalnoky n'avait pas encore sous les yeux le texte, en traduction allemande, des instructions de V.E. Or, il résulte de ce document que vos propositions visaient précisément à établir un certain niveau d'obligations réciproques, !eque! faisait défaut dans le Traité de 1882. Je me rendais compte, s'il s'agissait d'une guerre restant localisée entre l'ltalie et l' Autriche d'une part et la Russi e d'autre part, qu'il y aurait lieu d'hésiter à nous mettre dans la mèlée. Mais, selon tous !es calculs de probabilité, l' Allemagne devrait elle aussi se ranger du còté de l' Autriche, car la France cédant à ses propres instincs, mème s'ils n'étaient pas stimulée parla Russie, tenterait alors l'aventure. Ainsi, ce qui serait pour nous, en théorie, un surplus d'obligations, n'altérerait pas en pratique la nature des engagements entre !es trois alliés, tels qu'ils sont définis par le traité principal d'alliance, complété par !es nouveaux articles additionnels. D'ailleurs, l'essentiel pour nous est de sauvegarder nos intérèts vitaux dans la Méditerranée, et cela mème en prenant, à l'occurrence, une part de lourdes charges dans d'autres directions.

C'était en me plaçant à ce point de vue que je me permettais (télégramme du 8 décembre) 3 , sauf avis contraire de V.E., de me montrer plutòt enclin à l'idée émise par le comte Kalnoky.

Ce télégramme s'est croisé avec un télégramme de V. E. 4 disant qu'en principe vous ne seriez pas éloigné d'entrer dans un mème ordre d'idées, mais que, si un nouveau casus foederis se produisait, vous devriez demander une réserve explicite d'entente ultérieure pour des compensations à notre profit, comme équivalent aux avantages territoriaux qui pourraient résulter pour l' Autriche d'une campagne fai te en commun avec l'ltalie. V otre télégramme du 10 décembre 5 développait, à l'appui, maintes considérations dont je vous demandais l'autorisation de me prévaloir camme d'arguments à moi personnels n'engageant pas l'opinion de V.E. dont je me réservais de solliciter !es directions nécessaires. Bien entendu, je ne parlerais sur ce sujet que dans le cas où le secrétaire d'Etat serait chargé de m'en entretenir

officiellement. Cette autorisation m'a été accordée par un télégramme reçu aujourd'hui. l'ai cru devoir récapituler les principaux télégrammes échangés entre nous depuis le 7 courant.

Comme je le mandais à V.E., je partage ses vues et j'aurai une double satisfaction en m'appliquant à la réussite. Mais il est fort à supposer que nous rencontrerons bien des obstacles, pour persuader à Vienne que le projet de Traité additionnel ne fait que ramener une juste réciprocité dans les clauses du Traité principal, et pour obtenir du comte Kalnoky un désistement de ses prétentions. Mais ce qu'il admettrait moins encore, ce serait la réserve d'un accord ultérieur pour des compensations territoriales comme conséquence d'une guerre contre la Russie, lors mème que le principe des compensations soit déjà prévu dans le second alinea de l'artide II du Traité additionnel, en ce qui regarde du moins les régions y mentionnées. Où l'Autriche trouverait-elle des compensations pour elle-mème? Ce ne pourrait ètre dans le nouveau Royaume de Pologne. Les polonais et !es ruthènes de la Galicie lui donnent déjà assez de fil à retordre pour qu'elle se soucie de fortifier des éléments qui lui sont délétères. Si la Russie possédait quelque province dans la Turquie d'Europe, un dédommagement pourrait ètre pris dans ces contrées. Mais te! n'étant pas le cas, il n'y faut pas songer, à moins qu'il ne surgisse, dans l'intervalle, un grand remue-ménage. Le Cabinet de Vienne se contenterait d6nc probablement du prestige des victoires, d'un déplacement d'influence à son profit, en Orient.

Où l'Italie obtiendrait-elle un équivalent? Le Trentino? L'Autriche ferait la sourde oreille. Je ne parle pas de Trieste et du territoire voisin, sans !eque! la possession de cette ville perdrait de son importance. Je ne mentionne pas davantage certains points vers la cote orientale de l'Adriatique, que cette Puissance convoite dans l'héritage de l'homme malade. Tout au plus, consentirait-elle à une entente ultérieure avec la arrière-pensée de ne point la laisser aboutir, ou se prèterait-elle peut-ètre à une rectification de frontière vers l'Isonzo, en la réduisant à un minimum hors de toute proportion avec les sacrifices supportés.

Là est le danger. Sous la première impression des succès des armées alliées,-il répugne à mon patriotisme et à la haute idée que j'ai de nos troupes de prévoir des revers-l'opinion publique en Italie manifesterait de l'enthousiasme. Mais lorsque ce sentiment se calmerait, elle se demanderait si nous avons combattu pour une idée, comme prétendait le faire Napoléon III en 1859. Elle réclamerait un règlement de compte pour le sang versé, pour les finances ébréchées. Nous répondrions qu'une entente ultérieure est explicitement stipulée avec l'Autriche. Si l'accord défmitif n'arrive pas, le sentiment italien sera froissé, l'irrédentisme gagnera du terrain. Les tiraillements ne tarderont pas à se produire, et !es frère d'armes redeviendraient des ennemis.

Il est vrai que les choses changeraient d'aspect si, comme tout porte à le croire, la campagne, commencée à deux contre un, se généralisait entre les Puissances. Des dédommagements seraient pris alors au détriment de la France? Dans cette direction, nous ne rencontrerions pas l es rivalités de l' Autriche, et certes l' Allemagne ne s'opposerait pas à ce que nous taillions des croupières à ses voisins à l'Ouest.

l'ai signalé plus haut le danger d'un pactum de pactiscendo avec l'Autriche pour égaliser la balance dans le cas d'un nouveau casus foederis. Ce péril ne doit pas ètre perdu de vue. D'un autre coté, il est à propos de se rappeler la conduite du comte de Cavour. Il ne se laissait pas arrèter par les scrupules des adversaires de notre participation à la guerre de Crimée. Il se lançait dans cette entreprise parce que son génie prévoyait les heureuses conséquences d'une telle résolution. Il voulait avant tout accroìtre le prestige de la Dynastie et du Pays, nous ménager dans les conseils de l'Europe l'entière considération qui lui était dùe, et poser ainsi les premières assises d'un Royaume d'Italie. Ce n'est en effet que avec une certaine audace, accompagnée de la prudence nécessaire, qu'on arri ve aux grands résultats. Il est vrai que le but que cet homme d'Etat se proposait en jouant les gros atouts, a été atteint dans ses parties essentielles et que nous pourrions, dès lors, rester plus facilement l'arme au bras si la campagne de 1866 avait été plus glorieuse sur terre et sur mer, de manière à donner au Gouvernement du roi plus d'autorité à l'intérieur et plus de prestige à l'étranger. Il nous importe de les fortifier, de les assurer dans cette double direction. Aussi ne veux-je point déclarer que la réserve d'une entente ultérieure avec l' Autriche ne soit pas de mise. Seulement je pense qu'en présence des proportions que prendrait le projet de Traité additionnel, en suite de ses exigences, le comte Kalnoky, s'abstiedra peut-étre de les formuler et se rangera à l'avis du chancelier qui, pour sa part, ne voyait en général aucune objection à faire contre vos propositions. Ce qui contribue à rendre le Gouvernement austro-hongrois plus dur à la détente, c'est qu'il croit pouvoir compter d'une manière absolue sur l'appui de l' Angleterre à l'égard de la question des Balkans. Son langage est devenu plus péremptoire. Il marche sur des échasses. L'observation en a été faite à Berlin.

Le comte Nigra, dans un télégramme que V.E. m'envoie 6 , dit savoir par le prince Reuss que j'avais communiqué ici, outre vos instructions, un extrait d'une de vos lettres particulières. Je n'ai pas besoin de rappeler que j'ai donné lecture du passage relatif aux forces militaires dont nous disposerions, et qu'il en a été pris note.

Berlino, 14 dicembre 1886. M. Signoroni est arrivé ce matin de Pétersbourg. Il a un accès de fièvre. Ne sachant pas s'il pourra repartir demain, je transmets ce rapport, sous double adresse, à mon fondé de pouvoirs à Turin.

365 1 Cfr. n. 336.

366 2 Cfr. n. 344. 3 Cfr. n. 347. 4 Cfr. n. 348. 5 Non pubblicato.

367

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 154. Costantinopoli, 14 dicembre 1886 (per. il 22).

Mi sono recato ieri a visitare il gran vizir ed ho avuto secolui un colloquio sugli affari di Bulgaria. Sua Altezza, dopo avermi annunciato che il suo tentativo di soluzione poteva considerarsi come fallito, mi manifestava il suo rincrescimento che non tutte le

Potenze avessero accolta favorevolmente la proposta della Sublime Porta. Allorquando la Russia aveva messo innanzi la candidatura del principe di Mingrelia, nessuno dei Gabinetti europei vi si era dichiarato recisamente contrario; né le informazioni venute da Sofia lasciavano presentire che quella candidatura avesse ad incontrare seria opposizione da parte dei bulgari. Il Governo ottomano aveva quindi ogni ragione di credere che la sua azione sui reggenti per indurii ad eleggere il principe di Mingrelia sortirebbe il desiderato effetto, e che a tale intento non gli mancherebbe l'unanime concorso delle Potenze. L'Italia stessa che ora nega la propria cooperazione, non aveva a suo tempo sollevata alcuna obiezione contro quel candidato, ed erasi limitata a subordinare la sua accettazione all'adesione di tutti gli altri Gabinetti.

Dissi al gran vizir che, se il Governo italiano si era astenuto dal prendere parte all'azione proposta dalla Sublime Porta, ciò non doveva, a parer mio, attribl.tirsi ad un mutamento qualsiasi del suo indirizzo politico, bensì alla sola circostanza che il concorso delle Potenze non era stato domandato esclusivamente per consigliare l'elezione del principe di Mingrelia, ma altresì per raccomandare una modificazione della Reggenza e del ministero. La pressione dei Gabinetti europei sul Governo bulgaro acquistava per tal fatto il carattere di una ingerenza diretta negli affari interni del Principato, che non è punto contemplata dal Trattato di Berlino; ed è naturale che l'Italia, in previsione delle possibili conseguenze di siffatta azione, non v'abbia voluto assumere una parte qualsiasi di responsabilità.

Kiamyl pascià mi rispondeva che l'appello fatto alle Potenze non mirava che ad ottenere la loro cooperazione per far eleggere il principe di Mingrelia; col suggerire una ricomposizione della Reggenza e del Ministero la Porta non aveva avuto punto in animo di esercitare una pressione sul Governo bulgaro, ma soltanto di dare agli attuali reggenti un incoraggiamento a compiere quello che essi stessi, per mezzo di Gadban effendi e del signor Grekow, si erano già dichiarati disposti di fare.

Dissi a Sua Altezza èhe, a mio avviso, dal momento che la Sublime Porta conosceva l'intenzione dei reggenti di procedere ad una modificazione della Reggenza e del Ministero, il farne oggetto di una pressione sul Governo bulgaro diveniva non solo superfluo, ma inopportuno, in tal caso meglio sarebbe stato di lasciare ai bulgari la spontaneità della cosa; volontariamente essi avrebbero forse fatto, ciò cui ora si rifiutano perché è loro imposto.

Il gran vizir nulla replicava a questo mio argomento; ma dicevami che, in seguito al rifiuto opposto dai reggenti, la Porta non sapeva ancora a qual partito si appiglierebbe.

A me però fu riferito che il Governo ottomano avrebbe in animo di rivolgersi alla Russia per invitarla a ritirare la candidatura del principe di Mingrelia, ed a concertarsi per la presentazione di un altro candidato.

So che coll'ambasciatore d'Austria-Ungheria il gran vizir si è pure amaramente lamentato del niun concorso prestatogli dal Gabinetto di Vienna nella sua proposta di soluzione. Il barone Calice gli avrebbe risposto che il Governo austro-ungarico, rifiutandosi di esercitare a Sofia la pressione desiderata dalla Sublime Porta, era stato pienamente conseguente alle sue antiche dichiarazioni di non voler assumere ingerenza di sorta negli affari interni del Principato; in quanto alla candidatura del principe di Mingrelia, il Gabinetto di Vienna aveva fin dal principio manifestato che quella scelta non gli pareva opportuna, e che si sarebbe astenuto tanto dal respingerla come dall'accettarla sino a tanto che non fosse nota l'accoglienza fattavi dagli altri Gabinetti e dalla popolazione bulgara.

366 6 Cfr. n. 363.

368

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 14 dicembre 1886.

Ieri ebbi coll'ambasciatore di Germania un colloquio privato degli affari di Bulgaria di cui credo prezzo dell'opera di renderti esatto conto.

Si passarano primieramente in rivista le varie soluzioni proposte, l'italiana, l'austriaca, la turca, ed a ciascuna di esse egli crollava il capo con aria d'incredulità, limitandosi a dire che l'austriaca aveva il difetto di non fornire alcuna soddisfazione alla Russia, imperocché non era possibile che questa si rassegnasse al suo insuccesso. Sulle proposte dell'Italia e della Turchia non si pronunziava, quantunque consentisse che la prima faceva anche la parte della Russia. E quanto all'idea d'una conferenza, egli ne aveva già fatto parola nella sua corrispondenza in seguito ad allusioni intese da questi ministri, ma il principe Bismarck non aveva manifestato il suo avviso in proposito, né credeva che alcuno l'accoglierebbe con entusiasmo. Innanzi a siffatte dichiarazioni di pessimismo, gli dissi sembrarmi che l'orizzonte fosse assai carico di nubi, le quali si erano fatte tanto più oscure dopo che il Governo germanico aveva domandato di aumentare considerevolmente il suo esercito, e dopo i discorsi del generale Moltke e del ministro della guerra, sarebbe pur tempo di trovare il modo di sciogliere una quistione che seriamente minacciava la pace d'Europa. Cui rispose la situazione essere infatti gravissima non tanto per la quistione bulgara come per altre ragioni. Ed insistendo io per conoscere quali fossero queste ragioni, disse la viva irritazione che regna a Pietroburgo ed a Vienna, e per la Germania specialmente lo stato della Francia, del resto se anche si riuscisse ora a trovare un rafforzamento esso non durerebbe che cinque o sei anni, e non di più. Soggiunsi, se dovessi avere la febbre preferirei d'averla fra cinque o sei anni che d'averla oggi, e nel frattempo si potrebbe forse trovare qualch'altro rimedio. S.E. sorrise e crollò nuovamente il capo. Insomma il conte Hatzfeldt mi sembrò animato da un pessimismo da far rizzare i capelli in testa. Rimane a vedere se questi umori siano passeggeri oppure vengano dall'impressione che il principe Bismarck voglia assolutamente la guerra. Problema pieno d'interesse, che io non intraprenderò di sciogliere, e sul quale non dubito che tu ne sappia assai più di me.

Del resto ora entriamo nelle vacanze natalizie, il ministro degli affari esteri è già ito in campagna, lord Salisbury se ne sta tranquillamente a Hatfield. La politica qui subirà necessariamente un intervallo di sosta. Ma cogli albori del nuovo anno converrà fare ancora qualche sforzo per assicurare il mantenimento della pace, se frattanto avrai trovato qualche nuovo concetto procurerò di farlo prevalere presso lord Salisbury, ché con lord Iddesleigh c'è poco da fare, e se non altro si vedrà chi vuole e chi non vuole scagliare sull'Europa i fulmini d'una guerra le cui proporzioni e la cui durata potrebbero sorpassare tutto quello che s'è visto finora sulla terra, né l'Italia recentemente risorta mi sembra avere bisogno di attraversare sì dura prova. E se le tempeste hanno da scoppiare sarà gran ventura per l'Italia l'avere al timone un nocchiero esperto e capace di condurre la nave a buon porto.

369

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ

D. 647. Roma, 15 dicembre 1886.

1114 corrente mi pervenne il suo telegramma dell'll 1 , col quale V.S. chiedeva l'autorizzazione di collocare a Ras Kasar un termine per segnare il nostro confine, appena terminato l'affare dei sambuchi.

Lo stesso giorno, 14, ricevetti ufficiosamente dall'ambasciatore d'Inghilterra comunicazione delle seguenti proposte suggerite dal signor Baring per evitare in futuro ogni difficoltà riguardo al commercio con gli indigeni:

l) Non sollevare la questione circa l'estensione del territorio italiano; i porti aperti situati al nord di Massaua dovranno essere sotto la giurisdizione dell'Egitto; 2) libero accesso a tutti i porti aperti; 3) il maggiore Kitchener verrebbe a Massaua per discutere quali porti devono essere aperti ed a quali condizioni.

Le telegrafai immediatamente questi suggerimenti del signor Baring chiedendo intorno ad essi il suo avviso ed avvertendola d'asteneri dal collocare il termine di confine a Ras Kasar 2 .

370

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 15 dicembre 1886.

Aujourd'hui, à sa réception hebdomadaire, le secrétaire d'Etat prenait !es devants pour me dire que le comte Kalnoky, après avoir reçu communication du projet de Traité additionnel, accompagné de vos instructions, et l'avoir soumis à son Auguste Souverain, était encore occupé à en faire un examen dans tous !es détails. Il se déclare animé des meilleures dispositions, et très confiant envers V.E. Mais,

d'après ses premières impressions, vos propositions allaient au delà d'une certaine réciprocité d'engagements laquelle, déjà dans le Traité de 1882, n'existait pas entièrement pour l' Autriche, car cette Puissance ne court pas à un égal degré le risque d'une attaque par la France. Il y aurait donc lieu, selon l'avis du ministre austro-hongrois, de «faire quelque chose» pour obvier à un manque d'équilibre qui deviendrait plus évident, encore en suite de vos propositions.

Le comte de Bismarck me donnait, pour mon information personnelle, ces détails, sur lesquels il croyait prématuré d'écrire à V.E., car ils ne tarderaient pas -dans le courant probablement de cette semaine-ètre complétés par les communications officielles attendues de Vienne. Peut-ètre mème, quand il s'agirait de formuler ses idées, le comte Kalnoky pourrait, si non les changer entièrement, du moins les modifier en une certaine mesure.

Comme le secrétaire d'Etat ne s'expliquait pas autrement sur les mots «faire quelque chose», je me suis borné à répondre que notre projet tendait précisément à ramener une juste réciprocité d'obligations, et que si l'Autriche jugeait à propos de surenchérir, il pourrait arriver que nous élargissions à notre tour nos propositions dans des proportions analogues. Les pourparlers se prolongeraient alors indéfiniment. J'ajoutais qu'il était vivement à souhaiter que le Cabinet de Vienne se rangeàt à la manière de voir du chancelier, qui n'avait en général aucune objection à un accueil favorable du projet de Traité additionnel et estimait, par conséquent, que la simple garantie contre des perturbations ultérieures du status quo dans la Méditerranée vers les régions par nous indiquées, serait assez efficace pour y rendre plus problématique, plus lointaine, et mème pour en écarter, l'éventualité d'un conflit. Ainsi notre projet, au lieu d'augmenter les chances de guerre, serait une garantie de plus pour le maintien de la paix.

Le comte de Bismarck a promis de me faire appeler dès qu'il recevrait de Vienne une réponse plus concluante que celle dont il venait de me signaler la substance.

P.S. Ci-joint une lettre particulière pour V.E. 1

369 1 T. 2231, non pubblicato. 2 T. 1025 del 14 dicembre, non pubblicato.

371

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 170. Vienna, 15 dicembre 1886 (per. il 18).

I membri della deputazione bulgara sono in procinto di partire di qui per Berlino.

371 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in LV 69, p. 57.

*Contrariamente a quanto era stato loro detto qui, quando giunsero,* essi hanno ricevuto da Berlino l'assicurazione che vi saranno ricevuti dal segretario di Stato per gli affari esteri, senza obbligo di essere presentati dall'ambasciatore di Turchia, ma in forma privata. *Soltanto l'udienza in forma ufficiale, della quale non è ora questione, avrebbe richiesto la formalità della presentazione fatta dal rappresentante diplomatico della potenza sovrana.

l deputati bulgari, avevano chiesto un'udienza dal conte Taaffe. Ma questi si scusò cortesemente con lettera, dicendo loro che non avrebbe potuto dire ad essi altro o di più che il ministro per gli affari esteri col quale si erano già intrattenuti.*

Ieri poi si recarono dal principe Ferdinando di Coburgo-Gotha e gli chiesero se eventualmente avrebbe accettato la corona di Bulgaria. L'E.V. conosce personalmente il principe Ferdinando 2 . Non ho quindi a far qui la sua biografia o descriverlo altrimenti. Il principe ha risposto (secondo che mi fu riferito da buona fonte) senza rifiutare, dicendo però che occorreva, in caso di elezione, il consenso della Russia e delle altre Grandi Potenze, non che quello della Turchia. *Si recò poi subito dopo dal principe Lobanoff e gli riferì la proposta, o per dire più esattamente, questa specie di scandaglio dei deputati bulgari. Naturalmente il principe Lobanoff ne scriverà ad ogni buon fine a Pietroburgo.

Avrò cura d'informarla del seguito di questa pratica, se ne avrà e se perverrà a mia notizia.*

370 1 Del 16 dicembre, non pubblicata.

372

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 2346. Roma, 16 dicembre 1886.

Mi riferisco al suo rapporto del 26 ottobre scorso 1 .

La r. ambasciata a Londra mi informa 2 che i negoziati fra i Gabinetti di Londra e di Berlino per comporre le differenze insorte fra di essi riguardo alle regioni dell'Africa orientale, hanno approdato ad un accordo del genere di quello già intervenuto fra i due Governi per le isole del Pacifico occidentale, che assegna, cioè, a ciascuno i confini della propria sfera d'azione. Sembra che il sultano di Zanzibar perda, in conseguenza di quell'accordo, grandissima parte dell'antico suo territorio, al di là di dieci miglia della costa. La Germania acquisti la parte maggiore, probabilmente in virtù della maggiore attività spiegata. Oltre agli acquisti territoriali, la Germania otterrebbe, da quanto sembra, speciali privilegi, come l'esercizio delle dogane nei porti zanzibaresi. Notevoli concessioni sono fatte al sultano di Witu, il quale è sotto la protezione germanica.

2 R. 430/353 del 12 dicembre. non pubblicato.

La sfera d'azione assegnata all'Inghilterra è assai minore. Il Governo britannico fu evidentemente largo nelle sue concessioni alla Germania, sia perché lord Salisbury tiene assai a non ricadere nell'errore commesso da un suo predecessore e vuol conservarsi la benevolenza del principe di Bismarck, sia perché l'Inghilterra possiede in Africa tanti territori da bastare alla sua attività e forse da sopravanzarla.

L'E.V. potrà certamente, quando voglia, procurarmi informazioni che completino quelle pervenutemi da Londra, intorno all'accennato accordo anglo-germanico. Ne sarò grato a V.E., avendo l'argomento, per noi, particolare interesse 3 .

371 2 Annotazione a margine di Di Robilant: «Un imbecille presuntuoso dt'lla più bell'acqua». 372 1 Cfr. n. 220.

373

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 298. Pietroburgo, 16 dicembre 1886 (per. il 21).

La comunicazione del Governo imperiale pubblicata jeri mattina nel Messaggiero ufficiale e di cui mi procurai l'onore di trasmettere un sunto all'E.V. col mio telegramma parimenti di jeri 1 , produsse gratissima impressione in tutti i circoli di questa capitale.

All'invero il linguaggio dei principali giornali dell'Impero erasi fatto intollerabile risvegliando l'odio contro la Germania e sostenendo la necessità per la Russia di moverle guerra. Ho luogo di credere che l'ambasciatore di Germania presentasse a più riprese delle osservazioni al signor de Giers, insistendo sul danno che questo stato di cose poteva cagionare ai cordiali rapporti che esistono tra le due Corti imperiali. Si aggiunga che la violenza dei giornali russi giunse a tal segno da lasciar credere ad una prossima rottura tra i due Stati, e lo sgomento nel commercio giunse a tanto che il valore del rublo discese assai più basso che nei peggiori istanti della guerra turco-russa del settantasette.

Ora il manifesto del Governo imperiale, di cui l'E.V. troverà qui unito un esemplare in lingua francese 2 , tolto da un numero straordinario del Journal de Saint-Pétersbourg distribuitosi jeri nel dopo mezzogiorno, ha ricondotto la calma negli spiriti e lascia campo alle speranze per un apprezzamento più giusto della presente situazione.

Sono assicurato che il testo francese riproduce esattamente l'originale russo, e ricordo questa circostanza per i riflessi a cui può dar luogo quel passaggio del manifesto che così incomincia: Le Gouvernement impérial fermement résolu etc., che del resto contrassegnai in rosso.

Da un'attenta lettura di quel passaggio sembrerebbemi risultare che esso contiene un avvertimento al Governo germanico per il caso volesse discostarsi od opporsi al programma della Corte di Pietroburgo.

2 Non si pubblica.

Il signor de Giers che jeri fui a visitare, nell'occasione del consueto ricevimento diplomatico, e che ritrovai col volto più sorridente che per il passato, si compiacque comunicarmi che la redazione del manifesto fu accordata tra lo tzar e lui nella giornata d'avant'jeri e quindi esprime l'intimo pensiero del suo sovrano. Un mio collega, il generai Kjaer, ministro di Danimarca, che trovavasi a Gatchina a colazione colla famiglia imperiale in quel giorno istesso, mi disse di avere osservato nel contegno dell'imperatore una soddisfazione marcatissima, circostanza di cui si deve tener calcolo non essendo quel sovrano uso a nascondere le sue impressioni quali esse si siano. Dal che si può dedurre che la situazione stia perdendo di quel carattere acuto che nei giorni trascorsi generava tante apprensioni.

Il signor de Giers nel suo colloquio meco lamentò gli eccessi della stampa russa perché cagionavano tanti imbarazzi alla politica imperiale, al che non potei trattenermi dall'osservagli che stante il regime vigente in Russia il Governo possedeva i mezzi per frenarne la violenza. Ma dal suo contegno imbarazzato mi fu facile capacitarmi che non si osa attaccare di fronte un partito dal quale s'inspira la parte più importante del giornalismo russo, partito che ogni giorno più tende ad ingrandire, quello cioè che vuole schiacciare sotto l'egemonia russa qualsiasi altro estraneo elemento.

372 3 Per la risposta cfr. n. 380. 373 1 T. 2239, non pubblicato.

374

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 1029. Roma, 17 dicembre 1886, ore 22,30.

Il me résulte que le prince Ferdinand de Cobourg a fait interpeller l'empereur de Russie au sujet de la réponse qu'il devait donner à l'offre de la couronne bulgare à lui faite par la députation de l'assemblée, et que l'empereur à fait répondre qu'il ne connaissait pas de députation ni d'assemblée, et que, d'ailleurs il ne reconnaissait pas aux bulgares le droit de le chercher en candidat. L'empereur aurait ajouté que toutes les Puissances l'ayant prié de proposer un candidat, il en avait proposé un, et qu'il le maintiendrait.

375

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI

D. 390. Roma, 17 dicembre 1886.

Pareva, in questi ultimi giorni, che le disposizioni della Russia rispetto alla vertenza bulgara si fossero alquanto mitigate, tanto che oramai non consideravasi impossibile, mercé mutue concessioni, un favorevole componimento delle presenti difficoltà.

Un mio colloquio d'oggi coll'ambasciatore di Russia non confermerebbe il pronostico. Il programma tracciato dal volere dell'imperatore Alessandro non è punto mutato. A Pietroburgo si vorrebbe ravvisare, nelle cose di Bulgaria, una questione da trattarsi e definirsi esclusivamente tra la Russia e la Turchia, essendo stata concordata (così a Pietroburgo si afferma) nella penisola dei Balcani quasi una linea di demarcazione, secondo la quale la zona orientale, quella includente la Bulgaria, dovrebbe essere soggetta alla sola influenza russa; anzi, a tale accordo sarebbesi già recato offesa, senza che la Russia, mossa da sentimento conciliante, abbia protestato, quando l'Austria-Ungheria assunse in Serbia un atteggiamento assai spiccato durante l'ultima guerra.

Avendo io fatto notare all'ambasciatore che non tutte le Potenze sembravano disposte a riconoscere, a favore della Russia, codesto diritto di esclusiva ingerenza nelle cose bulgare, -che a Vienna siffatta pretesa era, invece, già apertamente contrastata, -e che, qualora la divergenza d'opinione tra i due Governi si mutasse in conflitto armato, non sarebbe da sperare che questo rimanga circoscritto alle due potenze, il mio interlocutore si espresse meco in modo da !asciarmi l'impressione che a Pietroburgo queste contingenze siano prevedute, ed il Governo imperiale vi si tenga già fin d'ora preparato.

Non posso, in una parola, tacere che la nota bellicosa vibrava nel linguaggio tenutomi oggi dall'ambasciatore di Russia, contrariamente alle supposizioni che, in base a non saprei quali indizii, eransi venute formando.

376

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 18 dicembre 1886, ore 12,30.

L'attitude de la Russie rend la situation générale en Europe du plus tendue. Malgré l'action si éminément pacifique que l'Allemagne déploye la guerre pourrait cependant éclater d'un moment à l'autre. En présence de cet état de choses il serait pour nous d'une très grande importance que notre position vis-à-vis des deux Empires non seulement pour le prochain printemps mais mème pour un temps plus proche, fùt définitivement établi pour pouvoir régler là-dessus plus sùrement notre politique et notre préparation militaire. Veuillez vous exprimer dans ce sens avec le comte Bismarck dans la forme que vous croirez préférable afin que le chancelier use de son influence à Vienne pour hàter la conclusion des négociations en cours sur le renouvellement de l'alliance.

377

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 171. Vienna, 18 dicembre 1886 (per. il 22).

Facendo seguito al rapporto del 15 corrente, serie politica n. 170 2 , mi pregio di riferire ali'E.V. che il principe Lobanow, ambasciatore di Russia in Vienna, il quale aveva fatto cenno al suo Governo della candidatura eventuale al trono di Bulgaria del principe Ferdinando di Coburgo-Gotha, messa innanzi dai deputati bulgari mentre erano in Vienna, ricevette da Pietroburgo la dichiarazione (che egli del resto prevedeva e aveva fatto prevedere) secondo la quale il Governo russo, dopo avere indicato che la candidatura del principe di Mingrelia non era punto ritirata, faceva notare che ai suoi occhi il Governo bulgaro e la Reggenza bulgara erano illegali, al pari della deputazione bulgara, e che quindi non potevasi riconoscere ad essi il diritto di proporre candidature per il trono di Bulgaria.

L'attitudine del Governo austro-ungarico rispetto a questa candidatura fu consentanea alla condotta da esso tenuta a questo riguardo fin da principio. Il Governo austro-ungarico non prese alcuna iniziativa in proposito, e non suggerì alcun nome. Esso continua a dichiarare, come dichiarò, che accetterebbe (all'infuori delle due note eccezioni) qualsiasi candidatura che riunisse la doppia condizione d'un'elezione regolare per parte dei bulgari e dell'approvazione della Turchia e delle Grandi Potenze, in conformità del Trattato di Berlino.

378

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 19 dicembre 1886, ore 23,30 (per. ore 4,20 del 20).

A vant'hier, le secrétaire d'Etat, interpellé par le ministre d'Espagne sur la manière de voir du Cabinet de Berlin au sujet de la question de l'accession de l'Espagne à notre ligue pacifique, a répondu que j'avais fait la démarche convenue. Le comte de Bismarck faisait observer qu'il n'est guère praticable que le Gouvernement espagnol négocie avec trois Cabinets à la fois sans compromettre le résultat; que dès lors l'ltalie était indiquée comme l'intermédiaire de l'Espagne auprès

Cfr. n. 371.

368 des deux Empires. M. Moret avait, à plusieurs reprises, énoncé que la susceptibilité latine s' opposait, en quelque sorte, à une entent directe avec l' Allemagne, et que ce sentiment se calmerait si l'Espagne pouvait entrer dans la ligue par une porte latine. En outre l' Autriche, et l'Allemagne plus encore, n'avai t dans la Méditerranée que des intérèts indirects. La seule Puissance méditerranée, des trois, l'Italie, était donc naturellement appelée à représenter les deux autres dans les négociations avec l'Espagne; négociations qui rouleront essentiellement sur des questions méditerranéennes.

Une lettre chiffrée vient d'ètre transmise au ministre [d' Allemagne] 1 à Madrid, le chargeant de s'exprimer dans le mème sens. La réponse a été également communiquée au Cabinet de Vienne, et Keudell en a été instruit pour sa propre gouverne sans ètre chargé d'une initiative. Le baron de Holstein, qui venait de préparer la communication pour Madrid, Vienne et Rome, et à qui j'avais demandé des éclaircissements en sui te de votre télégramme du 15 2 , me di t, en ce qui concerne le modus procédendi, que le Gouvernement impérial n'est pas intéressé dans la question de savoir si l'accession de l'Espagne à la ligue doit préceder ou suivre des accords speciaux de l'Italie avec l'Espagne, mais ce qu'il importe de ne pas perdre de vue c'est que les pourparlers pour l'accession de l'Espagne ne viennent que après le renouvellement du Traité de 1882. Ce traité une fois renouvelé, l'Italie pourrait, peut-ètre, alors, comme mandataire de ses deux alliés, négocier avec l'Espagne pour son accession à l'alliance. Le Cabinet de Berlin vise à éviter que la conclusion du pacte principal ne soit retardée par des questions italo-espagnoles de nature à amener quelque divergence de vues, dès que l'Espagne serait mise en cause.

La réponse du comte de Bismarck au comte Benomar impliquerait mème déjà, pour l'Italie, un mandat de traiter avec l'Espagne quand le moment serait venu. Il n'est pas encore temps de s'occuper de la formule. Il nous appartiendrait, en attendant, de leur faire prendre patience par de bonnes paroles.

Diverses allusions de M. de Holstein me laissent supposer que, dans son for intérieur, le chancelier préfererait rester avec l'Espagne sur le pied d'ami de nos amis, c'est-à-dire qu'il n'y eùt qu'un arrangement italo-espagnol, sans admission formelle de l'Espagne dans l'alliance des trois Puissances, mais Son Altesse tolérera cette admission, pourvu qu'elle ni compromette ni retarde nos arrangements plus sérieux.

Le comte de Benomar m'a rendu compte de son entretien avec le secrétaire d'Etat qui lui avait dit que les négociations devaient se continuer par l'entremise de V.E., en qui on avait pleine confiance, et conseillait en mème temps à ce diplomate de se mettre en rapport avec moi. Je me suis borné à lui faire comprendre, sous la forme la plus courtoise, que la question se trouvait à l'étude, et qu'il convenait, au point de vue mème de la dignité de son Gouvernement, de ne pas montrer trop d'empressement à activer une solution.

378 1 «d'Espagne» nel documento. 2 T. s.n., non pubblicato.

377 1 Ed. in L V 69, pp. 58-59.

379

IL MINISTRO A BRUXELLES, MAFFEI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 401. Bruxelles, 19 dicembre 1886 (per. il 22).

Nell'occasione in cui rimisi al re Leopoldo ed a S.A.R. il conte di Fiandra l'esemplare della Divina Commedia offerta loro in dono da Sua Maestà, entrambi quelli augusti personaggi mi espressero, come non mancano di fare ogni qualvolta se ne presenti l'opportunità, i sentimenti della più alta stima all'indirizzo di V.E.

In questa speciale contingenza, però, le parole del sovrano del Belgio e del fratel suo avevano un significato particolare, avendo entrambi fatto menzione del discorso da V.E. pronunziato recentemente alla Camera.

Essi mi dissero che agli alti concetti svolti nel medesimo dovevano associarsi quanti avevano a cuore la pace europea, ed essere per loro un soggetto di vera soddisfazione il vedere la direzione della politica estera italiana affidata ad un uomo che accoppia tanta fermezza di propositi ad un così elevato sentimento della dignità del proprio Paese.

Mancherei al mio dovere s'io non riferissi a V.E. quanto mi venne esternato dagli augusti personaggi presso i quali sono accreditato, nei colloqui che fu onor mio avere con loro.

380

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4322. Berlino, 20 dicembre 1886 (per. il 27).

Les négociations poursuivies à Londre entre l' Allemagne et l' Angleterre au sujet de la délimitation du Sultanat de Zanzibar, ont en effet abouti à une entente à laquelle la France s'est ralliée. D'après cet accord, le pouvoir reconnu au Sultanat s'étend du fleuve Rovuma, près du Cap Delgado, frontière des possessions portugaises, à l'embouchure du Tana vers le 3ème degré au sud de l'Equateur, avec continuité de territoire sur la còte jusqu'à dix milles nautiques dans l'intérieur. Aucun privilège spécial, comme l'exercice des douanes, n'est concédé dans cette région, en ce sens du moins qu'il constitue une faveur qui ne pourrait pas ètre également obtenue par d'autres Etats. Au nord du Tana, les trois Puissances ont admis la souveraineté de Said Bargash sur les localités de Kismaju, Brawa, Merka, Makdischu et Warscheich. Sauf ces différents points, l'accord ne s'applique pas entre autres au Pays de somalis, au fleuve Juba. En outre quelque partie de la còte, qui jusqu'ici formait objet de contestation, a été attribuée au sultan de Vitu. Le sultan de Zanzibar a fini par donner son consentement à pareille combinaison, malgré qu'elle s'écarte beaucoup de ses prétentions allant du Cap Delgado à Mogadoxo, et comprenant à l'intérieur toute la contrée d'entre les lacs Tanganyka et Victoria-Njanza et la còte. Et mème il vient de notifier à Berlin qu'il est prèt à adhérer à l' Acte général de la Conférence africaine, en se réservant, pour certains droits acquis, une position analogue à celle du Portugal.

Un second arrangement a été conclu à Londres, en dehors de la France, entre l'Allemagne et l' Angleterre sur leurs intérèts mutuels dans l es contrées de l'Mrique orientale. La sphère d'action de l' Allemagne embrasse le territorie situé entre le fleuve Rovuma, et une ligne partant de la còte à peu près vers le 5ème degré sud-Equateur, et se prolongeant vers le nord-ouest jusqu'au lac Victoria-Njanza. La sphère limitrophe d'action de la Grande-Bretagne se trouve entre la ligne susdite et le cours du fleuve Tana, environ jusqu'au 37ème degré de longitude occidentale (Greenwich). Le Cabinet de Berlin voit avec satisfaction l' Angleterre intéressée dans cette zone, car cette Puissance servirai t en quelque sorte de rempart contre les incursions du Soudan. Soit dit en passant, il n'y a pas eu de différends à aplanir entre les deux Puissances, ni dans ces régions africaines, ni en ce qui concerne le Zanzibar, car là il n'existe pas de divergences d'intérèts.

J'aurais voulu joindre à ce rapport quelques documents à l'appui, mais le conseiller de légation, M. Krauel, regrettait de devoir se borner à des explications verbales, car le Gouvernement anglais tenait à présenter, en date du 13 janvier, au Parlement un Blue-Book à ce sujet, et avait demandé à ne pas ètre devancé par une communication quelconque.

J'espère qu'en attendant cette prochaine publication, les détails ci-dessus pourront suffire en réponse à la dépèche de V.E. n. 2346/81, reçue aujourd'hui 1 .

Ainsi que les journaux l'annoncent, le docteur Jiihlke, chargé par la Deutsche-Ostafrikanische-Gesellschaft d'établir une station allemande sur le Juba, a été massacré à Kismaju par des somalis. Le sultan de Zanzibar se proposait d'envoyer des troupes pour chàtier les coupables. L' Allemagne qui, dans l'Océan Indien, a déjà une station de deux canonnières, les a fait renforcer par trois autres bàtiments de guerre pour appuyer, au besoin, les représailles du Zanzibar ou pour en exercer elle-mème. Le successeur du docteur Jiihlke est déjà nommé en la perso nn e du com te Pfeil, qui dans ces derniers temps a résidé à Usagara.

380 1 Cfr. n. 372.

381

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 300. Pietroburgo, 20 dicembre 1886 (per. il 26).

Col mio telegramma d'jeri 1 mi procurai l'onore di trasmettere all'E.V. i ragguagli che mi fu possibile di raccogliere circa la nuova candidatura del principe Ferdinando Sassonia-Coburgo-Gotha, al quale argomento si riferiva il telegramma ch'ella, signor conte, compiacevasi indirizzarmi la sera delli 17 corrente 2 .

Essendomi recato in visita dal generale Schweinitz, la conversazione nostra cadde sulla candidatura del principe Ferdinando, così d'improvviso apparsa nel mondo politico. Il mio collega di Germania ch'aveva avuto un colloquio il giorno innanzi col signor de Giers mi disse che questi non avevagli fatto cenno di sorta sopra una qualsiasi comunicazione diretta all'imperatore dal detto principe in mira di richiedere il consiglio, né certo il ministro degli esteri avrebbe taciuto, in quel colloquio questa circostanza, soprattutto negli attuali frangenti. Confidenzialmente poi il generale Schweinitz m'informò di un telegramma diretto dal conte Kalnoky al conte di Wolkenstein col quale il primo riproduceva la risposta da lui data al principe Ferdinando che gli si era rivolto nella speranza di provocare un consiglio incoraggiante sulla risoluzione che doveva prendere in seguito all'offerta fattagli della corona per parte della deputazione bulgara. La risposta del conte Kalnoky fu nel senso seguente: che la deputazione bulgara non aveva titolo per formulare una simile offerta e che giaceva tuttora sul tappeto un'altra candidatura, quella cioè del principe di Mingrelia, che non era punto ritirata. A detta del mio collega di Germania, la risposta del conte Kalnoky, fu tale d'avvertire il principe Ferdinando degli ostacoli in cui imbatterebbesi se fosse per persistere nel volere accettare, ma al tempo stesso non fu tale da togliere ogni speranza al nuovo pretendente, il quale s'annunziò come persona gratissima alla corte di Pietroburgo, circostanza questa non corrispondente al vero, giacché qui rammentasi i disturbi cagionati allorché avendo assistito all'incoronazione a Mosca volle restituire la Gran Croce d'Alessando Nevskij, pretendendo il collare di Sant'Andrea. Oltreché l'essere egli cattolico e l'appartenere ad una famiglia che professa questa credenza con fanatismo, sono circostanze che lo rendono inaccettabile alla corte imperiale.

Del resto lo tzar mantiene la candidatura del principe di Mingrelia nella casa del quale, secondo mi si assicura, tutto si dispone in mira del suo avvenimento al trono di Bulgaria. In complesso la nuova candidatura del principe di Sassonia-Coburgo-Gotha, non desta grande attenzione, giudicandola l'opinione pubblica come una manovra degli avversarii della Russia per aggiungere nuove complicazioni alle complicazioni esistenti, nella speranza di produrre tale confusione nei rapporti internazionali, da considerarsi poi da tutti pressoché un beneficio, il ritorno del Battenberg in Bulgaria.

381 1 T. 2256, non pubblicato. 2 Cfr. n. 374.

382

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 21 dicembre 1886.

Essendomi jeri incontrato al club per caso coll'ambasciatore di Francia, da pochi giorni tornato da Parigi, ebbi con esso un colloquio del quale penso, ad ogni buon fine, darti qualche cenno.

Egli mi disse che si era ripetutamente intrattenuto con Freycinet, il quale, a suo avviso, continuerà ad essere l'anima del presente Ministero. Freycinet era assai preoccupato dello stato delle cose, nessun uomo politico in Francia voleva la guerra, neppure Clemenceau che era pur l'amico di Boulanger, né il Governo aveva commesso alcun atto che la Germania potesse tacciare di mire bellicose, senza dubbio erano a deplorarsi le improntitudini di una parte della stampa la quale pareva avesse per iscopo di provocare l'inimicizia di tutti i vicini, ma il Governo era impotente a prevenirle. Boulanger erasi invero lasciato sfuggire qualche proposito men che prudente, ma egli non era che un général de panache, che nessuno seguirebbe se volesse veramente prendere un atteggiamento bellicoso. Freycinet però deplorava la condotta di esso, e mentre era ministro cercava di disfarsene. Ed aggiungeva il signor Waddington essere stato colpito dal linguaggio poco pacifico che tenevagli or non ha guarì il suo collega di Germania. Qual ragione aveva dunque la Germania di manifestare disposizioni guerresche? Egli non sapeva trovare altra spiegazione dell'enigma se non che nella supposizione che essa creda conveniente a' suoi interessi di non lasciar maggior tempo alla Francia di prepararsi alla lotta. E questo è il linguaggio che il signor Waddington tiene co' ministri di S.M. la Regina.

L'ambasciatore di Germania ha ottenuto un breve congedo, e si metterà, credo, domani in cammino per andare a passare le feste in Germania colla sua ex moglie, né il suo viaggio ha alcuna ragione politica.

I ministri inglesi sono fuori di città, e credo che i viaggiatori bulgari saranno invitati in campagna da lord Iddesleigh.

383

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4323. Berlino, 22 dicembre 1886 (per. il 27).

Les trois délégués de la Sobranié ont été reçus dimanche demier par le secrétaire d'Etat, individuellement et comme de simples particuliers. Ceux-ci lui ont exposé la situation en Bulgarie les efforts vainement tentés par le Gouvemement pour amener une solution satisfaisante. Le comte de Bismarck, ainsi qu'il me le disait aujourd'hui, leur a répondu dans les termes qu'il m'avait indiqués d'avance, à savoir que l'Allemagne n'a pas d'intérèts directs dans cette question, mais qu'elle désire vivement le maintien de la paix, et que la seule voie à suivre à cet effet serait une entente préalable avec la Russie. Il engageait vivement ces messieurs à recommander à Sophia d'agir dans ce sens. Ainsi qu'ils le laissaient entrevoir, dans un entretien avec Tewfik-bey, ils ont été médiocrement édifiés de cet accueil, lors mème qu'ils dussent s'y attendre.

La députation, sans demanderà me voir, a remis à cette ambassade des cartes de visite que je me suis fait un devoir de restituer de la mème manière. Elle a inutilement essayé de s'aboucher avec l'ambassadeur de Russie. A vec mes autres collègues, sauf avec celui de Turquie, avec !eque! ces députés se sont mis en contact, ils se sont aussi bornés à Iaisser des cartes. Ils sont partis hier pour Paris; de là ils se rendront à Londres, où il ne comptent arriver que lorsque le prince Alexandre de Battenberg aura repris la route de l'Allemagne, et cela afin d'éviter des commentaires. Je pense qu'ensuite ils iront à Rome.

La question jusqu'ici n'a pas fait un pas vers un dénouement. Elle continue donc à peser de tout son poids sur la situation générale de l'Europe. Il est vrai qu'on pourrait croire de prime abord à una détente, en suite de la démonstration amicale faite à l'adresse du Cabinet de Berlin par le Messager du Gouvernement russe.

Le Cabinet de Pétersbourg, après avoir laissé à des journaux qui ne jouissent que d'une simple tolérance, toute liberté d'exprimer de sentiments de malveillance à l'égard de l'Allemagne, a jugé à propos de leur prècher la modération. En Iisant attentivement ce communiqué, on trouvera peut-ètre que la mercuriale à la presse russe sert en mème temps d'avertissement à l'Allemagne, invitée à ménager !es intérèts de la Russie en Orient avec autant de délicatesse que la Russie en mettrait à respecter partout !es intérèts allemands. Pas un mot en faveur de l'Autriche, dédaigneusement passée sous silence.

La Norddeutsche Allgemeine Zeitung, dans un article évidemment inspiré de Friedrichsruhe, se dit heureuse de pouvoir conclure, de cette publication, que le Cabinet de Pétersbourg repousse, comme dénuées de fondement, !es insinuations des journaux russes qui attribuent à une intervention secrète de l' Allemagne la cause des difficultés en Bulgarie. La gazette exprime aussi sa satisfaction de voir le Messager faire ressortir les nombreux intérèts vitaux communs aux deux Empires, ce dont o n a eu plusieurs preuves. «L'influence allemande est uniquement employée au profit de la paix générale et cette direction donnée à la politique du Cabinet de Berlin n'a jamais été modifiée par !es articles de journalistes écrivant de leur propre inspiration, parce que sa confiance dans la sagesse et la fermeté de caractère de I'empereur Alexandre demeure inébranlable».

L'organe officieux ne pouvait guère parler autrement, en rendant politesse pour politesse. Je n'ai pas besoin d'ajouter que si l'on traite ici la Russie en arnie, on ne la surveille pas moins d'un oeil défiant. Les attaques de la presse russe peuvent recommencer d'un jour à l'autre, et mème M. Katkoff, pour son compte, a déjà rouvert le feu. D'ailleurs, tant que les rapports actuels ne s'amélioreront pas entre la Russi e et l' Autriche, l' Allemagne reste sur le qui vive, car il existe toujours le danger d'un conflit dans !eque! celle-ci pourrait se trouver engagée. En outre, !es relations de la Russie avec le Cabinet de Londres laissent tout autant 1 à desirer

que celles avec l' Autriche-Hongrie. D'un autre còté, la France n'offre aucune sécurité. Nous sommes, par conséquent, encore assez éloignés d'un véritable apaisement. Aujourd'hui, plus que jamais, il importe d'ètre fort militairement et diplomatiquement. Les articles de journaux, qu'ils soient pacifiques ou belliqueux, ne changent en rien le véritable état des choses.

L'ambassadeur d' Allemagne à Pétersbourg est attendu ici demain. Il a obtenu un court congé. Mais il est a présumer qu'il a été surtout motivé par le désir d'un échange de vues sur la situation présente.

383 1 Annotazione a margine: «heaucoup plus».

384

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI 1

D. 392. Roma, 23 dicembre 1886.

Oggi, giorno del mio consueto ricevimento settimanale, ebbi coll'ambasciatore di Russia, circa le cose di Bulgaria, un colloquio di cui stimo utile farle conoscere i punti sostanziali.

Premettendo ch'egli parlava in forma strettamente particolare, e senza averne incarico alcuno, il barone di Uxkull mi confidava essergli giunta dal signor di Giers una lettera nella quale questi mostrava rincrescimento e sorpresa per l'atteggiamento che il Governo del re ha preso rispetto agli avvenimenti che si vengono svolgendo nel Principato. Il signor di Giers non sa spiegarsi un siffatto nostro atteggiamento dal momento che, come è ben noto, e neppure da noi si contrasta, l'Italia non ha in Bulgaria interesse suo proprio da tutelare.

A mia volta non nascosi al barone di Uxkull parermi singolare la meraviglia del signor di Giers per il contegno nostro nelle fasi successive della vertenza bulgara. Fin dal 28 dello scorso mese, io aveva detto pubblicamente, e molto schiettamente, rispondendo ad interpellanza rivoltami nella nostra Camera, quale fosse il nostro criterio direttivo nel presente argomento. Non abbiamo, è vero, interessi diretti in Bulgaria, ma la questione bulgara potrebbe implicare per noi un interesse di primo ordine se dovesse un giorno divenire materia di conflitto ovvero materia di separato accordo tra altre potenze. La nostra politica mira appunto ad escludere l'una e l'altra di queste due contingenze; mira cioè ad assicurare, per una parte il mantenimento della pace, e per altra parte l'osservanza del Trattato di Berlino. Da siffatto programma, -ricisamente lo dichiarai al barone di Uxkull, -non ci rimuoveremo certo, dolenti se il signor di Giers persista a mostrarsene rincresciuto.

L'ambasciatore di Russia, scendendo indi ai particolari della questione, mi domandò se fosse irrevocabile nostro proposito di astenerci dal dare alla Reggenza

il consiglio di trasformare sé e il suo attuale ministero in guisa che nella Reggenza e nel ministero vengano a trovarsi rappresentati tutti i partiti di Bulgaria.

Anche su questo punto diedi precisa risposta. Noi stimiamo,-dissi-che la composizione della Reggenza e del ministero sia materia d'ordine puramente interno. Prendere, a tal riguardo, una ingerenza, anche sotto l'apparenza di semplice consiglio, ci parrebbe inconciliabile con quella autonomia che, appunto per le cose d'ordine interno, è stata guarentita alla Bulgaria dal Trattato di Berlino. Se la Reggenza, per spontaneo suo impulso, e dopo attenta considerazione di ciò che meglio convenga al paese, si appiglia al partito di una opportuna trasformazione, certo noi non avremmo nulla a ridire, e saremmo lieti se così potesse agevolarsi un soddisfacente componimento delle presenti difficoltà. Ma non vorremo mai associarci, in qualsiasi guisa o misura, ad una pressione che, irregolare in diritto, potrebbe nel fatto, allontanandoci da quella sicura base che il Trattato di Berlino è solo atto a fornirci, esporre noi, la Bulgaria e le potenze tutte alle più gravi complicazioni.

*Credo che l'ambasciatore di Russia avrà riferito questi miei concetti al suo Governo. V.E. sarà eventualmente in grado, mercè questo mio dispaccio, di porgeme al signor di Giers la esatta espressione 2 .*

384 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in LV 69, pp. 59-69.

385

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, E ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. 1044. Roma, 24 dicembre 1886, ore Il.

Le langage que me tient Keudell tout en me disant qu'il ne s'agit que d'idées à lui, correspondant à d'autres indications que j'ai eu de très bonne source, me fait craindre que l' Allemagne, pour éviter la guerre, employe toute so n influence pour amener une entente entre la Russie et l'Autriche mettant en avant la délimitation bien connue des intérèts dans la péninsule des Balkans entre ces deux Puissances, qui donnerait Constantinople à la Russie et Salonique à l' Autriche. Il paraìtrait qu'à Vienne on serait tout disposé à s'entendre ainsi mais la résistance vient de l'Hongrie qui ne veut pas entendre parler d'un accord de ce genre. V.E. comprend combien serait grave pour nous un accord entre la Russie et l' Autriche sur ces bases. Je la prie donc de porter là-dessus toute son attention pour que nous ne soyons pas pris au dépourvu et de me faire connaìtre tout ce qui pourrait lui résulter à ce propos 1 .

384 2 Cfr. n. 399. 385 1 Cfr. nn. 387, 393.

386

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 30 l. Pietroburgo, 24 dicembre 1886 (per. il 30).

Mediante il dispaccio che l'E.V. mi fece l'onore di dirigermi in data delli 17 corrente n. 390 1 ella si compiacque informarmi del linguaggio tenuto le dall'ambasciatore di Russia circa i rapporti, fattisi al presente più intimi, tra la Russia e la Turchia. All'invero mi colpì l'accento col quale il barone di Uxkull replicò alle saggie e prudenti osservazioni della E.V. avvegnaché questo accento per nulla corrisponde al linguaggio che costantemente tenne meco il signor de Giers. Questi anche nel convegno d'jeri, mentre non nascondevami il suo rammarico nel constatare che le mire dell'Italia nella questione bulgara non si accordavano perfettamente con quelle della Russia, persistette sempre nel protestare che l'imperatore non discosterebbesi punto da quello spirito di conciliazione e di moderazione di cui erasi fatto una legge, ogni qualvolta esso non recasse danno alla sua dignità.

Per sempre meglio precisare il linguaggio del signor de Giers, riproduco testualmente le parole da lui impiegate per indicare i sentimenti della Corte imperiale nelle presenti contingenze: «Nous ne sommes pas belliqueux», mi disse egli, «mais vexés ».

Nel corrente della conversazione col signor de Giers, rilevai che da qualche tempo il barone d'Uxkull doveva mancare di istruzioni particolareggiate giacché i dispacci che da una quindicina di giorni furono affidati al barone di Meyendorff consigliere presso cotesta ambasciata di Russia, non erano per anco stati recapitati stante che quel diplomatico cadde, per via, ammalato, ed i pieghi di cui era latore trovavansi ancora presso di lui. Pochi giorni sono altre istruzioni furono da qui trasmesse all'ambasciatore di Russia in Roma, ma queste non potevano trovarsi ancora in possesso del barone d'Uxkull, allorché avvenne la conversazione tra questi e l'E.V., esposta nel dispaccio n. 392 in data 23 corrente2 •

Mi fece cenno inoltre il signor de Giers d'un telegramma poc'anzi ricevuto dal barone di Uxkull, relativo ad uno scambio d'idee avvenute tra esso e l'E.V. Il telegramma fu tosto trasmesso a Gatchina all'imperatore. Il ministro non entrò meco nei particolari di questa comunicazione; ma parvemi assai compiaciuto per questa nuova prova dello spirito conciliativo di cui è costantemente animata l'E.V.

In quanto ai rapporti avviati in modo più cordiale che per il passato tra la Russia e la Turchia, il signor de Giers mi disse, che questi rapporti erano

stati male interpretati in Inghilterra, non mirando essi a recare danno al Trattato di Berlino, cioè, a volere sottrarre al controllo dell'Europa ciò che le compete; ma che oramai essendo scomparso per la Turchia qualsiasi timore che la Russia voglia prendere a proteggere nuovi popoli sottomessi all'Impero ottomano, alludendo ai disinganni toccati in Bulgaria, e l'amicizia tra i due Stati, travasi sopra basi più durevoli.

Per ultimo il signor de Giers mi accennò d'un suo colloquio col principe Vogorides, nipote di Aleko-pacha che venne qui spinto dalla voglia di scuoprire terreno sul proposito della sua candidatura al trono di Bulgaria. Il ministro gli osservò ironicamente che prima di sottoporre la sua candidatura al voto dell'Europa, sarebbe stato necessario di sapere se egli disponeva di partigiani in Bulgaria.

386 1 Cfr. n. 375. 2 Cfr. n. 384.

387

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 2289. Vienna, 26 dicembre 1886, ore 14,55 (per. ore 16,50).

L'idée d'un partage qui donnerait Constantinople à la Russie, Salonique à l'Autriche-Hongrie, n'est pas nouvelle, et je me souviens qu'elle fit l'objet d'une des dernières conversations que j'ai eu avec V.E. Comme elle ne blesse apparemment aucun intérèt immédiat de l'Allemagne, il est possible que Bismarck, s'il n'est pas lié par engagements contraires, se décide à la proposer quoique en ce moment il semble incliné à ménager l'Angleterre. Lord Salisbury a dit à moi-mème que l'Angleterre fera la guerre pour Constantinople, mais Kalnoky, m'a dit autre fois que la question de Constantinople n'est pas vitale pour l'Autriche; toutefois, jusqu'à présent, je n'ai surpris aucun indice d'une négociation avec l'Autriche à ce sujet. D'après les informations de Cerruti, il n'en est pas question dans les cercles militaires, aucune disposition visible n'est prise pour une marche de troupes autrichiennes dans la direction de Salonique. Il n'y a pas non plus apparence de négociation avec la Serbie qu'il s'agirait de traverser pour y arriver, ni de pourparlers avec les hongrois qui sont, en général, contraires à cette idée, mais tout ceci n'est pas une preuve, car il est évident que s'il y avait quelque négociation là-dessus, elle serait tenue secrète, et des mesures d'exécution ne seraient prises qu'après l'entente, et au dernier moment. D'ailleurs les premières négociations, si elles existent, se passeraient non pas à Vienne, mais à Pétersbourg, ou à Berlin. Je porterai toute mon attention sur ce sujet, sans toutefois pouvoir répondre de réussir à pénétrer le secret, s'il y en a un. En tout cas la meilleure manière de parer à une surprise de ce genre, c'est de la considérer comme parfaitement possible, et de se tenir prèts à agir en conséquence et sans retard. C'est précisément, si je me souviens, ce que nous disions, il y a un an, dans votre Cabinet.

388

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO 1

D. 1085. Roma, 26 dicembre 1886.

Con ragione la S.V. fa rilevare nel rapporto del 16 corrente n. 1439 2 e nel telegramma del giorno successivo 3 la convenienza che da un nuovo regime sulla costa del Mar Rosso al nord di Massaua non venga detrimento alla posizione economica di quel nostro possedimento.

Il signor Baring, il quale conosce meglio di chicchessia l'origine e lo svolgimento della nostra occupazione, non può disconoscere il nostro buon diritto, almeno nei rapporti coll'Inghilterra, ed avere a Massaua una posizione corrispondente ai considerevoli sacrifici che faremmo e stiamo tuttora facendo. Se quindi sarà dimostrata, mercé la testimonianza del generale Genè, la necessità per noi d'avere attorno a Massaua, anche dal lato nord, un raggio d'azione

o d'influenza che soprattutto giovi alla nostra sicurezza, ponendo sotto la nostra dipendenza la tribù ivi stanziata, confidiamo che il signor Baring vorrà riconoscere l'equità della cosa e tenerne conto nel progettato accordo.

Questi son cenni preliminari per norma generica del suo linguaggio. Le saranno impartite più precise istruzioni quando giungerà la risposta del generale Gené. Egli si è riservato di trasmetterla dopo aver attentamente esaminato la questione 4•

389

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 24-27 dicembre 1886.

Dans une visite que j'ai faite avant-hier au secrétaire d'Etat 1, j'ai appris que le comte Kalnoky venait de répondre à la communication reçue, par l'entremise du prince Reuss, du projet de Traité additionnel pour le renouvellement de l'alliance avec les deux Empires.

Le ministre austro-hongrois vous était très reconnaissant de l'autorisation donnée par V.E. à ce qu'il prìt connaissance des instructions que vous m'aviez

2 lvi, pp. 372-373.

3 T. 2247, non pubblicato.

4 Per la risposta cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Rosso, tomo VI, cit. p. 2 (R. 1445 del 9 gennaio 1887: proposta di delimitazione dell'area di influenza egiziana e italiana a Nord di Massaua, riassunta al n. 426). 389 1 Vedi anche GP, vol. IV, n. 840.

tracées en ma qualité de plénipotentiaire. Il exprimait ses regrets du retard dans sa réponse, !eque! était motivé par le sérieux examen que méritait une question aussi importante. Il accepte, à peu près dans son ensemble, votre rédaction. Mais de nouvelles charges incombent à l'Autriche pour des éventualités non prévues dans l'ancien Traité de 1882, et qui se rattachent au Maroc et à la Tripolitaine. Tenant compte, d'ailleurs, de ce que vous m'écriviez sur !es troupes dont nous disposerions, le cas échéant, pour coopérer avec l'Allemagne vers le Rhin, «ou pour marcher con tre la Russie en traversant l' Autriche», et de ce qui avait été dit à ce sujet par S.E. le général Ricotti à l'attaché militaire allemand, le comte Kalnoky propose d'ajouter, après l'art. II du projet, dont il voudrait voir éliminées !es dernières lignes «basé sur le principe d'une compensation réciproque donnant satisfaction aux intérèts et prétentions bien fondées des deux Parties», ~ la clause suivante:

«Si, à la suite de pareils événements et sans provocation de la part de l'Autriche-Hongrie, une guerre éclatait entre cette dernière et la Russie, l'Italie s'engage à faire cause commune avec son alliée et à prendre part à la guerre».

Le secrétaire d'Etat estimait que le résultat des premiers pourparlers était en général plutòt satisfaisant et fournissait des éléments d'entente.

Conformant alors mon langage au télégramme de V.E. du 10 décembre 2 , et en ayant bien soin de faire ressortir que j'exprimais un simple avis à moi tout personnel, je me suis appliqué à démontrer qu'une semblable clause constituerait au contraire pour nous un surcroìt considérable d'obligations, en opposition au principe d'une juste réciprocité que nous avons précisément voulu ramener vis-à-vis de l'ancien Traité. Si l'on insistait de Vienne, ce serait nous piacer dans la nécessité de demander, comme équivalent du nouveau casus foederis, une réserve, par exemple, d'entente ultérieure à l'égard des avantages territoriaux, qui pourraient surgir de la guerre, ou «de l'ensemble de la situation». Il n'entre aucunement dans notre pensée de marchander le prix de notre alliance, si précieuse qu'elle soit au reste aux yeux de tout bon juge. Mais encore faudrait-il que l'Autriche n'élevàt point des exigences qui nous obligeraient à surenchérir équitablement pour rétablir l'équilibre dans !es plateaux de la balance. Il me semblait, en outre, que nous consentirions difficilement à la suppression des dernières Iignes du second alinéa de l'art. II.

Le secrétaire d'Etat ne pouvait se prononcer officiellement avant d'avoir sollicité des ordres à Friederichsruhe, mais il ne manquerait pas de référer au chancelier !es observations que j'avais tout d'abord présentées à titre personnel. Son Altesse ne connaissait pas encore la communication de Vienne, qui lui serait transmise le jour mème ou le lendemain. En attendant, le comte Herbert de Bismarck pensait que la réserve «sans provocation» enlevait de sa valeur à la clause énoncée par l' Autriche et la rendait plus acceptable. Il est toujours assez malaisé de prouver d'où part la provocation, et il appartieni à la Puissance alliée, quand elle le juge à propos de discuter là-dessus. Les échappatoires ne manquent pas si le cas est vraiment douteux. C'est là, au reste, une question de confiance.

J'ai répondu, sur le premier point, qu'il était réservé à V.E. de se prononcer, mais qu'il allait de soi que nous tiendrions avant tout, et comme de raison, à une parité d'engagements dans le contrat synallagmatique. Quant au second point, j'ai dit que si dans les associations privées, il existe, à còté du cahier des charges, des avantages qui ne sont pas sous-entendus, mais fixés selon l'occurrence, a fortiori ne faut-il pas négliger cette précaution dans les accords internationaux. Ils impliquent de bien plus graves responsabilités, de bien plus lourdes obligations qui, en toute justice, doivent trouver, non seulement des compensations morales, mais aussi des compensations, de nature à mieux justifier encore l'action des armées qui auraient fait cause commune. Au reste, dans le passage cité plus haut, que le comte Kalnoky désirerait supprimer, les intérèts de l' Autriche sont sauvegardés comme l es nòtres, et la réserve d'une entente préalable devrait calmer ses scrupules.

Le comte Herbert de Bismarck me répétait qu'il ne pouvait s'expliquer davantage, et mème les détails qu'il m'avait fournis, n'étaient que pour l'information personnelle et confidentielle de V.E. Ceci n'a rien de définitif. Il n'y a donc pas encore lieu de répondre de notre part, ni, surtout, que l'on sache déjà à Vienne que nous sommes tenus au courant. Il vous demande en un mot, M. le comte, de laisser pour le moment la parole au chancelier. Il faudra probablement récrire à Vienne avant de vous faire faire, par mon entremise, une communication officielle, ce qui emploiera une douzaine de jours. Le secrétaire d'Etat a promis de me faire connaitre la réponse du prince de Bismarck. J'ai profité de la circonstance pour émettre, en mon propre nom, des arguments analogues à ceux contenus dans le télégramme de V.E. du 18 décembre3 , afin que le Cabinet de Berlin use de son influence à Vienne pour hàter une conclusion.

Ayant reçu le 23 au soir le télégramme 4 par lequel V.E. veut bien approuver le langage que j'avais tenu et dont je rendais compte en voie télégraphique, j'en informais dès le lendemain le baron de Holstein pour qu'il en instruisit le comte Herbert de Bismarck qui allait passer les fètes de Noel à Friederichsruhe. Il m'a paru utile que le chancelier conm1t cet avis quand il examinera les propositions autrichiennes. Le message a aussitòt été transmis au secrétaire d'Etat, ainsi que celui que vous attendriez lo communication officielle que Son Altesse nous ferait parvenir après la conclusion des pourparlers entre Berlin et Vienne.

J'ai le sentiment que nous parviendrons à aplanir, ou à tourner du moins, la plus grande partie des difficultés. Le bon vouloir du prince de Bismarck nous est acquis dans une certaine mesure. Je ne veux point dire pour autant qu'il ira jusqu'à brusquer l'Autriche, dont, au contraire, il caresse l'amitié, mais il cherchera autant que possible à concilier les intérèts de cette Puissance avec les nòtres. La meilleure preuve en est que lorsque le comte Kalnoky hésitait de prime abord à assumer ne flìt-ce que des engagements indirects à propos de Tripoli, Son Altesse déclarait que cette éventualité pourrait au be so in former l' objet d'un accord séparé entre l'Italie et l' Allemagne. Plus d'une fois j'y ai fai t allusion depuis, et notamment j'ai rappelé le fait dans mon dernier entretien avec le

389 3 Cfr. n. 376. 4 T. s.n., non pubblicato.

secrétaire d'Etat. On comprend que l'Autriche, qui d'ordinaire a eu la main peu heureuse dans ses entreprises, se laisse aborder par des scrupules, mème par un manque de confiance envers autrui, parce qu'elle se défie d'elle-mème. Ces sentiments ne sont pas, à un égal degré, de mise chez le chancelier, habitué aux grands succès.

Berlino, 27 dicembre 1886.

P.S. Je transmets ce rapport, sous double enveloppe, à mon fondé de pouvoir à Turin. Les communications souffrant des retards par suite de l'abondance des neiges, je ne sais trop quand le courrier auxiliaire sera de retour de Pétersbourg.

388 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo V, cit., p. 377.

389 2 Cfr. n. 356.

390

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

L. PERSONALE. Roma, 29 dicembre 1886.

Rispondo ben di rado alle tue lettere particolari persuaso che tale mio silenzio non è da te sinistramente interpretato, del che mi dai prova continuando a scrivermi con una frequenza che apprezzo grandemente, interessantissime lettere.

Meno che mai avrei tempo in questi giorni da dare alla mia corrispondenza particolare, non saprei però lasciar partire il corriere senza dargli una mia lettera per te intesa a farti conoscere il pensiero che più mi tormenta da qualche tempo.

Senz'altro entro in argomento. Le nostre relazioni coll'Inghilterra non sono quali dovrebbero essere, quali le vorrei. Esse non corrispondono affatto alle cordiali ed esplicite dichiarazioni in proposito da me fatte in Parlamento, e non armonizzano per niente col linguaggio unanime della stampa dei due Paesi.

Dacché il Gabinetto Salisbury è al potere tutte le mie entrature per stabilire un intimo scambio di vedute tra i due Governi furono accolte con freddezza e su nessun terreno in questione alcuna il Governo brittanico ci diede prove di amicizia e di fiducia. È inutile ti faccia qui l'enumerazione dei fatti, delle circostanze speciali, pensaci e troverai che ho ragione. Dovresti trovare un'occasione per far ciò comprendere a lord Salisbury. Parlando con Lumley gli ho chiaramente fatto intendere che ero pronto a dargli tutto il mio concorso negli affari di Egitto, ciò non di meno non ebbi mai un cenno qualunque che accennasse ad una fiduciosa accoglienza di quelle mie entrature. In corrispettivo anzi l'Inghilterra non ebbe e non ha che dei procédés assai mediocri a nostro riguardo nel Mar Rosso. Ad ogni costo dobbiamo uscire da questa situazione contraria ai veri interessi dei due Paesi e di natura anche a pregiudicare gli avvenimenti che possono svolgersi da un momento all'altro. In passato si poteva dir che la politica dell'Italia era incerta, che non si poteva fare assegno su di essa. In oggi quei dubbi non sono più permessi: una politica l'abbiamo e nessuno mi contesta la lealtà e l'energia necessaria per continuarla colla massima costante fermezza.

Astrazione fatto se possibile per un momento dall'interesse generale, bada che anche nel tuo interesse personale è indispensabile che tu ti metta in misura di provare all'evenienza che nulla hai trascurato dal canto tuo per stabilire le relazioni fra i due Paesi sul dovuto piede. Hai nemici in Italia che sono attivi e che possono da un momento all'altro diventare potenti, è quindi necessario per te di premunirti. Io sono oggi alla Consulta ed oltre alla vecchia amicizia che a te mi lega, so altamente apprezzare i servizi che hai sempre reso e che rendi al Paese, ma non ti garantisco affatto che fra due mesi io sia ancora alla Consulta. Se il Depretis fosse rovesciato, locché non sarebbe cosa facile, ma pur sempre possibile, io non resterei, al mio posto verrebbe il Tornielli od il Crispi, od un altro che saprei prevedere oggi, ma ad ogni modo non un amico tuo. È dunque indispensabile, mentre sei ancora in tempo che tu ti affermi a Londra con un'azione attiva, energica anche. Prendi le mie parole per quel che dicono e nulla più. Sai che sono uso a spingere la franchezza fino alla brutalità magari. Puoi dunque essere certo che quando ho parlato nulla più mi resta da dire. Non voglio escludere la possibilità che mi sbagli nei miei apprezzamenti. Sentirò dunque molto volentieri ciò che dal canto tuo crederai dirmi per correggere qualche mio giudizio forse troppo reciso. La barca nostra naviga in un mare sommamente procelloso, non si può dunque dar torto al nocchiero se aguzzando lo sguardo al fosco orizzonte si impensierisce di ogni punto nero che vi scorge.

391

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 164. Costantinopoli, 29 dicembre 1886 (per. il 6 gennaio 1887).

Il Daily Telegraph 1 pubblicava la settimana scorsa un articolo nel quale si intimava al Governo ottomano di pronunciarsi contro la politica della Russia; altrimenti l'Inghilterra, che è stata sinora strenuo baluardo della Turchia, non consulterebbe più che i propri interessi, e cercherebbe un compenso alla perduta influenza in nuovi acquisti nel Mediterraneo.

La Sublime Porta commossasi per quest'articolo, mandò a Rustem pascià l'ordine di domandare al ministro degli affari esteri britannico se esso fosse stato ispirato dal Governo. Lord Iddesleigh rispose che il Governo era del tutto estraneo all'articolo del Daily Telegraph 1 ma aggiunse, che, se egli avesse ad esprimere il proprio pensiero sull'argomento trattato da quel periodico, le sue enunciazioni avrebbero certamente un'altra forma, ma non sarebbero guarì diverse nella sostanza.

Mi risulta altresì che il gran vizir avrebbe in questi giorni interrogato pure l'ambasciatore d'Inghilterra sull'importanza da attribuirsi a quell'articolo e che sir William White sarebbe stato nella sua risposta assai esplicito. Egli avrebbe detto che il contegno della Porta dava fondato motivo di temere che l'Impero ottomano vada incontro ad una catastrofe; che era quindi obbligo per l'Inghilterra di premunirsi contro un'eventuale modificazione della situazione in Oriente; che ad ogni modo l'ambiguità della Sublime Porta nello svolgimento delle gravi questioni del giorno influirebbe necessariamente sulle decisioni del Gabinetto di Londra riguardo all'evacuazione dell'Egitto.

Non ho d'uopo di dire che queste dichiarazioni hanno prodotto viva emozione alla Porta ed a palazzo.

391 1 Corretto con Morning Post per l'edizione fattane nei Documenti Diplomatici, serie LXXVI, Rumelia Orientale, 1887, parte prima, Roma, Ministero degli esteri, s.d., p. 21.

392

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2299. Londra, 30 dicembre 1886, ore 19,38 (per. ore 21,50).

Les délégués bulgares venant de Berlin ont rendu hier visite au ministre des affaires étrangères qui !es a invités à la campagne pour demain; vraisemblablement pour concerter réponse avec Salisbury. Aujourd'hui ils sont venus me voir et ils m'ont exposé la situation. A Berlin ils ont prié Bismarck de s'interposer auprès de la Russie et de leur montrer un chemin pour arriver à une solution. Bismarck à catégoriquement refusé; il se sont montrés très contraires au prince de Mingrélie, ils ont dit qu'ils accepteraient tout autre candidat sérieux, mais si on persiste à refuser de leur suggérer candidat acceptable, ils éliront un prince de leur choix. Je !es ai assurés de toute la sympathie de l'Italie pour la Bulgarie. Je leur ai plutot conseillé d'ètre pratiques et conciliants, et leur ai parlé dans le sens que V.E. a indiqué récemment. La semaine prochaine ils vont à Paris, ensuite à Rome.

393

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4326. Berlino, 30 dicembre 1886 (per. il 6 gennaio 1887).

En voie indirecte, j'ai cherché à me mettre à mème de répondre aux préoccupations énoncées dans le télégramme de V.E. du 24 décembre 1 . le continuerai mes investigations. En attendant, voici ce que j'ai pu recueillir sur ce sujet.

Il est de fait que le Cabinet de Berlin s'occupe activement, en vue d'éviter une guerre, à amener une entente entre la Russie et l' Autriche. Il s-'agirai t d'un partage d'influences en faveur de la première en Bulgarie, et en faveur de la seconde en Serbie, de manière à calmer la rivalité de ces Puissances. Mais que le chancelier aille jusqu'à soutenir une combinaison qui donnerait à l'une Constantinople, à l'autre Salonique, il n'en est pas question. Il est vrai qu'au point de vue strictement allemand, le Cabinet de Berlin resterait impassible si les Russes occupaient Constantinople. Ce serait pour eux une cause de faiblesse vers les frontières de l'Allemagne. Ce ne serait donc pas elle qui s'en plaindrait. Il appartiendrait à l' Angleterre, à la France et à la Turquie à se garer con tre une telle éventualité. C'est ce que me disait le prince de Bismarck dans un entretien, dont j'ai rendu compte par mon rapport n. 4303 du 15 novembre dernier2. Quant à Salonique, il se montrerait également désintéressé, et rien ne prouve qu'il excite, en ce moment du moins, les convoitises de l' Autriche, qui déclare elle-mème ne pas vouloir s'avancer jusque-là, se contentant de s'y assurer un débouché commercial, dont l' Allemagne profite de son còté.

Le Gouvernement austro-hongrois, pour ne pas troubler davantage l'équilibre entre les différentes nationalités juxtaposées dans l'Empire, manifeste actuellement des répugnances marquées contre des agrandissements de territoire dans la péninsule Balkanique, et voudrait au contraire y maintenir le status quo.

La plus grande vigilance n'est pas moins indiquée, car quelles que soient la volonté, l'habilité des hommes d'Etat, ils ne pouvent à la longue lutter contre la force des choses, qui pousse à l'effondrement de la Turquie d'Europe, et à la nécessité d'un partage, ou par la voie des transactions, ou par des moyens violents.

La situation politique continue à ètre aussi sombre qu'incertaine. Le fait est, ainsi que me le disait avant-hier le maréchal de Moltke, que, sans attendre le vote de la Chambre, le Gouvernement prend dès-à-présent toutes les dispositions nécessaires pour assurer l'application de la nouvelle loi militaire, lors mème qu'elle ne soit encore qu'à l'état de projet. On ne se laisse en aucune sorte détourner par les allures relativement pacifiques, qu'on semble prendre en France et en Russie, comme si l'on s'était donné le mot pour fournir un argument à certains partis du Reichstag, opposés à l'adoption de la loi précitée.

Relativement aux affaires de Bulgarie, elles n'ont pas fait un seul pas vers une solution, comme si, en désespoir de cause, on paraissait' l'attendre de l'imprévu. Peut-ètre qu'il se fera une éclaircie au retour de la députation à Sophia. Sa rencontre à Cologne avec le prince Alexandre de Battenberg fournira de nouveaux prétextes à l'empereur Alexandre pour se montrer plus intraitable encore.

393 1 Cfr. n. 385.

393 2 Cfr. n. 278.

394

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 30 dicembre 1886.

Pour la régularité et le contròle de la correspondance chiffrée, je transcris ci-après en clair le télégramme que j'ai eu l'honneur d'adresser aujourd'hui à V.E. et auquel je n'ai rien à ajouter, sauf de communiquer la copie des amendements proposés par l'Autriche à l'art. II du projet de Traité additionnel: «Le secrétaire d'Etat étant retenu à Friederichsruhe pour cause d'indisposition, le chancelier a chargé le baron de Holstein de me remettre hier au soir une copie des amendements présentés par le Cabinet de Vienne à l'art. II du projet de Traité additionnel. Le premier amendement consiste à transporter, de l'alinéa un à l'alinea deux, en piace du mot «susmentionnées», l'indication des régions sur les còtes et ìles ottomanes dans l' Adriatique et dans la Mer Egée, en y comprenant en premier lieu !es Balkans. Le second amendement est identique à celui que j'ai textuellement télégraphié en date du 22 décembre1 , et formerait la phrase finale du mème alinea deux. Le chancelier réserve son impression jusqu'après connaissance de notre réponse. Il prendra ensuite à tàche d'amener les deux autres alliés à un accord qui concilierait dans une mesure équitable leurs intérèts mutuels. L'Allemagne, néanmoins, en ce qui la concerne, croit dès à présent ne pas pouvoir accepter l'adjonction des régions des Balkans, car aucun intérèt allemand ne se trouve impliqué dans ces régions. Une observation en ce sens a déjà été faite d'ici à Vienne. Mais le chancelier estime qu'il ne faut rien négliger pour arriver à un arrangement «à trois», et que, pour des motifs d'ordre militaire, cet accord à trois est tout spécialement dans l'intérèt de l'Italie. Les fortifications de la France vers !es Alpes sont telles qu'un déplacement de forces qui utiliserait pour l'alliance l'armée italienne dans sa totalité, paraitrait exclu. Notre coopération, si elle n'avait pas d'autre objectif que !es Alpes, ne pourrait dès lors servir qu'à immobiliser tout au plus deux corps d'armée français qui en surveilleraient !es passes. Comme, en pareil cas, notre ròle ne serait pas celui qui appartient à une Grande Puissance, il faudrait chercher d'autres issues pour l'emploi de nos forces militaires. Dans cet ordre d'idées, le passage du Brenner et, par conséquent, l'alliance autrichienne, se présentent comme une nécessité absolue, et cela sans qu'il y ait besoin de s'occuper dès-à-présent des nombreuses éventualités qui pourraient surgir durant un conflit général européen pour l'utilisation de nos troupes. J'ai dit que je m'empresserait de télégraphier à V.E. l'exposé qui venait de m'ètre fait au nom du chancelier, qui tenait, avant de reprendre !es pourparlers officiels à Vienne, de connaìtre votre manière de voir. En attendant je devais relever le fait, jusqu'ici nouveau pour moi, -le secrétaire d'Etat l'ayant involontairement passé sous silence -, que l' Autriche ajoute !es Balkans aux régions désignées à l'artide II.

Vous aviez déjà approuvé le langage que j'avais tenu le 22 décembre au comte de Bismarck, lors mème qu'il ne s'agissait que de mon opinion personnelle n'engageant alors, pas plus qu'aujourd'hui, la votre. Je ne pouvais que confirmer a fortiori mon langage antérieur, en présence de la nouvelle proposition autrichienne. Elle s'écarte toujours plus du principe d'une juste réciprocité. Les Balkans sont tendus de trappes, d'embùches. C'est un vrai guèpier. Nous visons sans doute, nous aussi, à maintenir le status quo territorial, ou du moins à ce qu'il ne subisse pas de modifications sans accord préalable. Mais l'Autriche voudrait élargir davantage nos obligations. Non contente de demander notre coopération contre la Russie, elle applique aussi aux contrées des Balkans les éventualités prévues dans le second alinéa de l'artide deux, et en élimine mème le passage que l'accord préalable sera basé sur le principe d'une compensation réciproque, etc.

Je me tromperais fort si V.E. consentait à entrer dans ces vues sans proposer, à son tour, des équivalents. Je me référais donc, à plus forte raison, aux arguments et à l'avis que j'avais énoncés de prime abord au secrétaire d'Etat. Il faudrait ne pas perdre de vue que l'Italie n'est pas exposée, en première ligne, à une agression, autant que l'est l'Allemagne de la part de la France, et l'Autriche du coté de la Russi e. Il serait donc de toute équité que l' Autriche surtout, devant se rendre compte de l'efficacité de notre concours militaire, se pretàt mieux à nous faire, dans les arrangements à conclure, une part plus conforme à la justice distributive. C'est elle qui doit rabattre de ses prétentions, ou bien nous serons dans la nécessité de rétablir le niveau, en remaniant en conséquence le projet de Traité additionnel. M. de Holstein allait communiquer à Friederichsruhe mes premières impressions, en se réservant de communiquer la réponse qui viendrait de Rome probablement par le télégraphe. Vous jugerez peut-ètre à propos que votre réponse, dans la partie que vous voudriez bien m'indiquer soit rédigée d'une manière ostensible, et que je sois autorisé à en donner lecture. C'est le moyen d'éviter des malentendus quand les messages parviennent de seconde main au prince de Bismarck. V.E. aura remarqué que pour le moment il s'est abstenu d'émettre un jugement quelconque sur un concours armé de l'Italie en faveur de l'Autriche contre la Russie. Il veut d'abord vous entendre. Je dois en mème temps induire des considérations qu'il fait valoir, à l'appui de l'arrangement «à trois», qu'il a entièrement renoncé à l'idée, qu'il avait précédemment énoncée, de procéder, au besoin, à un accord séparé entre l'Italie et l'Allemagne, en ce qui touchait, du moins, à la Tripolitaine. Le baron de Holstein m'a dit que dans les instructions arrivées de Friederichsruhe, et qui avaient formé la base de notre entretien, le chancelier émettait en outre l'idée qu'il y aurait tout avantage pour l'Italie, soit à contracter une alliance, soit à établir une action commune avec l' Angleterre. Son Altesse croit qu'en Angleterre l'idée, de tout temps populaire, d'une entente avec l'Italie, a gagné comme actualité en suite de l'exaspération qui est le contre-coup des affaires égyptiennes. Il est de fait que la pensée d'une lutte contre la France a gagné du terrain. Le prince de Bismarck conseille d'utiliser cette disposition des esprits pour faire à Londres des ouvertures positives. Une alliance avec l' Angleterre ferait disparaitre du coup le danger d'un débarquement français sur les cotes d'Italie, et nous rendrait en mème temps plus facile de tourner, le cas échéant, la position des Alpes, en faisant débarquer nos troupes sur le littoral de la France, sous la protection des flottes anglaise et italienne. M. de Holstein ajoutait qu'il était superflu de noter que le message de Son Altesse destiné à V.E. avait un caractère des plus secrets. Il m'a dit aussi qu'un personnage anglais très haut placé s'est amèrement plaint que des ouvertures faites à Rome, il y a quelques mois, eussent été repussées».

ALLEGATO

AMENDEMENTS PROPOSÉS PAR L'AUTRICHE AU PROJET DE TRAITE ADDITIONNEL 2

Artide II

Texte du projet

Les Hautes Parties contractantes n'ayant en vue que le maintien, autant que possible, du statu quo territorial en Orient, s'engagent à user de leur influence pour prévenir (sur le còtes et iles ottomanes dans l'Adriatique et dans la Mer Egée) toute modification territoriale qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires du présent Traité. Elles se communiqueront à cet effet tous !es renseignements de nature à !es éclairer mutuellement sur leurs propres dispositions, ainsi que sur celles d'autres Puissances.

Toutefois, dans le cas où, par suite des événements, le maintien du statu quo dans !es régions (susmentionnées) deviendrait impossible et, que, soit en conséquence de l'action d'une Puissance tierce, ou autrement, l'Italie ou l' Autriche-Hongrie se verraient dans la nécessité de le modifier par une occupation permanente ou temporaire de leur part, cette occupation n'aura lieu qu'après un accord préalable entre !es deux susdites Puissances, (basé sur le principe d'une compensation réciproque donnant satisfaction aux intérèts et prétentions bien fondées des deux Parties).

Amendements

Supprimer !es mots enfermés entre !es parenthèses.

Au mot «susmentionnées», substituer ce qui suit: des Balkans et des còtes et des iles ottomanes dans l' Adriatique et dans la Mer Egée.

Supprimer !es mots enfermés entre !es parenthèses et faire suivre l'alinea suivant: si, à la suite de pareils événements et sans provocation de la part de l'Autriche-Hongrie, une guerre éclatait entre cette dernière et la Russie, l'Italie s'engage à faire cause commune avec son alliée et à prendre part à la guerre.

394 1 T. s.n., non pubblicato.

394 2 Ed. in GP, vol. IV, allegato al n. 839.

395

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 2. Berlino, 1° gennaio 1887, ore 15,40 (per. ore 17,50).

En voie directe le sultan s'est adréssé à l'ambassadeur de France peu avant le départ de ce diplomate, en vue d'une médiation du Gouvernement de la République à Pétersbourg pour le règlement des difficultés en Bulgarie. Une suggestion analogue a été faite indirectement à M. Radowitz, qui l'accueillait avec une grande réserve. Mon collègue de France en a parlé au sous-secrétaire d'Etat. Il lui a été répondu que le Cabinet de Berlin ne pouvait que se référer à ce qui avait été déjà dit ici aux députés bulgares, à savoir, que le Gouvernement impérial, désinteressé dans la question de la Principauté, s'était borné à donner le conseil d'une entente avec la Russie, età recommander la candidature du prince de Mingrélie. Cela équivalait à decliner l'idée d'une médiation. Le sous-secrétaire d'Etat pouvait le faire d'autant plus aisément, tout en le laissant ignorer à M. Herbette, qu'il était déjà averti que la Russie n'agréerait pas la médiation. L'impression à Berlin est que l'empereur Alexandre persiste à demander une modification de la Régence, et que rien ne sera changé à la situation avant le retour de la députation à Sophia.

396

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY 1

T. S.N. Roma, 1° gennaio 1887, ore 18.

La double variante que Kalnoky propose, le chancelier et le ministre austro-hongrois lui-mème ne sauraient ne pas l'admettre, n'a pas seulement la portée d'un simple amendement. Elle implique, pour ce qui concerne l'ltalie et l'Autriche-Hongrie, un changement radica! dans la base mème de l'alliance. Nous sommes aujourd'hui, avec le Traité de 1882, libres de prendre, envers les mouvements éventuels de l'Autriche-Hongrie dans !es Balkans, l'attitude qui nous paraìtrait la plus conforme à nos intérèts, et s'il sortait de ces mouvements une guerre entre la Russie et l'Autriche-Hongrie, celle-ci ne pourrait nous demander qu'une bienveillante neutralité. L'adoption du contreprojet viennois comporterait au contraire, pour nous un ròle tout différent. Nous aurions, d'abord, en quelque sorte la solidarité de ce que l'Autriche-Hongrie ferait ou projetterait dans !es Balkans; nous aurions, ensuite, l'obligation de participer, le cas échéant, à une grosse guerre, pas du tout improbable, dont il n'est guère facile de mesurer à l'avance les difficultés et les sacrifices. Ce serait, pas d'illusion à se faire, nous assumer une de ces responsabilités historiques qui ne marquent pas seulement l'oeuvre d'un ministre, mais qui pèsent quelquefois lourdement, pour bien des générations, sur la

vie d'un peuple. Ainsi, nous préférons franchement de beaucoup qu'on s'en tienne à notre projet, qui conserve à I'alliance son caractère strictement conservateur, et qui, aujourd'hui que notre position politique et militaire nous metà I'abri de toute attaque, ne fait que nous donner une garantie d'équilibre dans la Méditerranée comme compensation de la garantie de sécurité que le Traité stipule pour l'Allemagne envers la France et pour I' Autriche envers une coalition russo-turque ou russo-française. Si cependant le comte Kalnoky trouve que la situation générale d'aujourd'hui doit faire désirer à l'Autriche-Hongrie de se prémunir aussi contre une attaque isolée de la Russie, éventualité Iaissée par le traité de 1882 en dehors du casus foederis, et si une pareille extension du casus foederis est déclarée par le Cabinet de Vienne, comme étant une condition absolue de l'entente «à trois» dont le prince de Bismarck recommande le renouvellement, nous pourrions consentir à entrer, de notre còté, dans cet ordre d'idées; mais ceci à la condition qu'on maintienne dans le groupe allié I'équilibre des avantages et des obligations nous mettant en mesure, par un équivalent sérieux, de nous justifier envers le roi, envers le Pays et envers notre propre conscience, d'avoir accepté un surcroìt de charges aussi considérable que celui résultant pour l'Italie de son concours obligatoire à une guerre austro-russe. L'équivalent ne peut évidemment consister que dans une juste participation aux bonnes comme aux mauvaises chances de la campagne commune. C'est pourquoi je vous prie de résumer comme il suit ma pensée auprès du prince de Bismarck. Il s'agit d'une alternative: ou bien faire accepter par le Cabinet de Vienne notre texte te] quel avec maintien, bien entendu, de la phrase finale de l'art. Il, cette dernière suppression ne nous paraissant aucunement justifiée. Ou bien adopter pour l'art. Il le contreprojet austro-hongrois mais avec rétablissement, au second alinéa, de la phrase ci-dessus et avec l'adjonction d'un dernier alinéa ainsi conçu: «L'Autriche-Hongrie et l'ltalie se réservent de stipuler au moment opportun, avant l'entrée en campagne, un accord ultérieur destiné à régler, sur la base d'une compensation équitable, !es combinaisons territoriales qui pourraient éventuellement résulter de la guerre entreprise en commun». le vous autorise, non pas seulement à donner lecture de cette dépèche au secrétaire d'Etat, mais à lui en laisser copie, s'il le désire, afin que le prince chancelier puisse en faire te! usage qui lui semblerait le plus utile pour le bon et prompt succès de la négociation.

396 1 Ed. con varianti di stile legate alla decifrazione, in GP, vol. IV, allegato al n. 843.

397

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 1° gennaio 1887, ore 18,30.

le n'ai, en ce qui concerne le renouvellement de I'alliance, rien à ajouter, à mon télégramme ostensible 1 . Ce télégramme exprime ma pensée intime, une pensée si nette et si Ioyale que je n'ai aucun motif d'en dissimuler le fonds ni la forme. Il me reste seulement de vous dire que le conseil du prince de Bismarck au sujet d'une entente italo-anglaise nous est doublement précieux, car le suffrage de l'Allemagne

vient ainsi s'ajouter aux considérations capitales qui forment, depuis longtemps déjà, ma conviction à ce sujet. Je ne sais pas trop m'expliquer l'affirmation du haut personnage anglais. L'ambassadeur d'Angleterre m'a fait, il y a trois mois, des allusions fort vagues à une entente possible entre les deux Pays. Comme il avait l'air de parler en son propre nom personnel, j'ai eu soin de lui dire bien clairement que toute ouverture qu'il me ferait là-dessus au nom de son Gouvernement, serait de notre part l'objet d'une considération amicale et tout empressée. Depuis ma réponse, qui, comme V.E. le voit, a été tout autre chose q'un refus,

M.J. Lumley, questionné par moi à plusieurs reprises, n'a plus soufflé mot; ce qui, je dois ne pas le cacher, m'a assez surpris, surtout après mon discours à la Chambre qui contenait, pour bon entendeur, plus qu'une avance. Je vais tàcher de tirer l'affaire au clair à Londres. Vous pourrez, en attendant, faire dire tout ceci au chancelier, le remerciant de l'interèt dont sa suggestion témoigne envers nous.

397 1 Cfr. n. 396.

398

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 165. Costantinopoli, 1° gennaio 1887 (per. !'8).

Ho saputo in via confidenziale che il Gabinetto di Berlino, dietro informazioni venute da Vienna, aveva chiamato ultimamente l'attenzione del Governo russo sui preparativi militari, che stava segretamente facendo il Montenegro in vista di possibili eventi; e che il signor di Giers, in seguito a queste rimostranze, ha scritto una lettera al principe Nikita per dissuaderlo da qualsiasi proposito aggressivo.

Ora il Gabinetto di Vienna ha segnalati i preparativi militari del Montenegro anche alla Sublime Porta facendola avvertita che il piano eventuale di guerra attribuito al principe Nikita sarebbe un'invasione in Serbia a traverso il Sangiaccato di Novi-Bazar; ed all'ambasciatore d'Austria-Ungheria che gli forniva queste informazioni il gran vizir ha risposto, che all'evenienza sarebbero prese tutte le disposizioni necessarie ad impedire una violazione del territorio ottomano da parte del Montenegro.

399

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 302. Pietroburgo, l° gennaio 1887 (per. il 7).

Attirò la mia particolare attenzione, il dispaccio di questa serie n. 392, che l'E.V. mi fece l'onore di dirigermi in data delli 23 ultimo 1 . In esso ella compiacevasi

ragguagliarmi sopra una conversazione avuta col barone di Uxkull circa il rincrescimento e sorpresa esternato dal signor de Giers per l'atteggiamento assunto dal Governo del re, rispetto agli avvenimenti che vanno svolgendosi in Bulgaria. Nella chiusa di quel dispaccio mi si accennava il desiderio che opportunamente io dovessi confermare al signor de Giers, i concetti in modo preciso, isviluppati dall'E.V. all'ambasciatore di Russia.

Nell'ultimo colloquio avuto col signor del Giers, questi infatti mi accennò d'essere stato ragguagliato sulla conversazione occorsa tra V.E. ed il barone d'Uxkull, e non mi parve che il ministro degli esteri trovasse un urto tra li porprii apprezzamenti e quelli da lei, signor conte, espressi. Non era certo sua intenzione di indurre gli esteri Gabinetti ad esercitare una diretta pressione sulla Reggenza bulgara per procurarne la dimissione. Ma trattarsi d'un consiglio, quale talvolta l'amico dà all'amico, ed il consiglio da darsi sarebbe quello di condurre le cose in modo da facilitare un riavvicinamento tra la Russia e la Bulgaria. Ed a questo punto mi occorreva d'osservare al signor de Giers che il riavvicinamento da tutti desiderato, sarebbe tanto più durevole ed efficace ove potesse effettuarsi senza non dico un pi"essione, ma anche senza il concorso di qualsiasi estera spinta, acciò apparisse in modo evidente, che il riavvicinamento era un atto assolutamente spontaneo della Nazione bulgara e che quindi da tutti doveva essere rispettato.

Frattanto osservasi una sosta nel moto politico dei giorni addietro, in parte cagionata dal riposo che seco traggono le festività di questa epoca dell'anno 2 . Ciò non toglie che il Governo imperiale segua con scrupolosa attenzione gli atti della deputazione bulgara, che deve ora trovarsi in via per Roma. Ciò che mantiene al suo riguardo qui desta l'irritazione, è l'incontro, che sospettasi intenzionato, dei deputati bulgari col principe di Battenberg. Questo incontro, giudicato imprudente anche dagli stessi imparziali, lascia temere che possa in alto luogo risvegliare propositi che potevansi sperare abbandonati; quelli cioè di una occupazione del Principato, nel caso si tentasse di ricondurre il principe di Battengerg in Bulgaria.

399 1 Cfr. n. 384.

400

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO RESIDENTE IN MONTENEGRO, MACCIÒ

T. 3. Roma, 3 gennaio 1887, ore 15.

Les journaux sont pleins de bruits concernant l'attitude et les desseins du Monténégro en vue d'une action contre la Serbie. Veuillez me télégraphier ce qu'il y a de vrai là dedans 1 .

399 2 Annotazione a margine: «Forse questo passo spiega anche l'eleganza di certa prosa ... ». 400 1 Per la risposta cfr. n. 40 l.

401

IL MINISTRO RESIDENTE IN MONTENEGRO, MACCIÒ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 10. Ragusa, 3 gennaio 1887, ore 21,20 (per. ore 22,55).

Nul doute que le Monténégro suit attentivement la marche des affaires dans les Balkans, mais rien n'autorise à croire qu'il se dispose à agir contre la Serbie. Il ne fait au moins dans ce moment et dans cette saison si peu favorable aucun préparatif en rapport aux projets qui lui prètent des correspondants de tous les jours, besogneux de gagner de l'argent par des dépèches à sensation.

402

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 4 gennaio 1887, ore 23,20.

J'ai communiqué hier au secrétaire d'Etat, revenu la veille de Friederichsruhe, le télégramme ostensible de V.E. du Jer janvier 1 . Il vous exprime ses meilleurs remerciements de l'autorisation, que vous m'avez accordée, de lui en donner lecture et en laisser copie. Il se réservait d'en transmettre, le soir mème, le texte intégral au chancelier. Le comte attendait les instructions de Son Altesse pour savoir s'il devait s'adresser, une fois encore à V.E. avant de reprendre les pourparlers avec Vienne. D'après son avis, personnel, et en ce qui regarde l' Allemagne, il juge acceptable la première formule de Traité additionnel, et mème les nouvelles propositions autrichiennes avec vos contrepropositions, sauf qu'on tient beaucoup, ici, à ce que la désignation des Balkans soit omise. Ainsi que cela avait tout d'abord été dit à Vienne, l'Allemagne s'est déclarée à Pétersbourg, désintéressée en Bulgarie, où «elle laisse faire». Si mème les engagements à prendre pour les Balkans ne concerneraient que l' Autriche et l'Italie, la signature de l' Allemagne impliquerait une certaine responsabilité, et la mettrait en contradiction avec ses déclarations à Pétersbourg. Les objections ne viendront pas d'ici sur l'ensemble du Traité, mais du Cabinet de Vienne, qui, en chaque négociation, se montre méticuleux et défiant d'une manière systématique; on dirait qu'il màche de la gomme élastique, en se fatiguant les dents molaires, sans parvenir à la triturer. En outre Kalnoky s'est cru dans la nécessité de consulter, par l'entremise

de Szogyenyi, le ministre Tisza sur votre projet de Traité additionnel, et ce fut ce dernier qui se prononça pour la clause relative à un concours de l'Italie contre la Russie, en laissant entendre qu'à défaut de cette insertion il ne saurait consentir. Le secrétaire d'Etat n'épargnait pas la critique à une semblable consultation. Il n'avait pu s'empècher d'en toucher un mot à Vienne. Ce serait comme si, pour l'accord que nous sommes en train de négocier, le Cabinet de Berlin s'adressait à Munich, Dresde, etc., au risque de soulever des obstacles et de prolonger indéfiniment la discussion; et cependant Bavière et Saxe ont des souverains distincts, tandis que te! n'est pas le cas pour la Hongrie. Si !es deux parties de l'Empire sont administrées séparément, elles ont pour !es affaires étrangères un seui ministre commun qui dirige la politique extérieure, le seui avec !eque! !es autres Etats sont appelés à traiter. Il y a là des difficultés qu'il n'est pas aisé de surmonter, sans compter celle que l' Autriche et l'Italie, chacune à son point de vue, allèguent que propositions et contrepropositions n'ont pour but que de rétablir ou d'établir, vis-à-vis du Traité de 1882, l'équilibre des charges et des avantages. Le secrétaire d'Etat me donne l'assurance que le chancelier s'emploiera, néanmoins, de so n mieux pour aplanir le terrain, pour rapprocher !es distances. J'ai répondu que le Gouvernement du roi, tout en maintenant sa manière de voir, basée sur !es raisons !es plus évidentes et !es plus équitables, auxquelles je ne pouvais que me référer, avait pleine confiance dans l'esprit pratique et élevé du prince de Bismarck. Je faisais l'observation comprenant aussi !es Balkans, que si l'Autriche, pour mieux se prémunir contre une attaque isolée de la Russie, tient absolument à la clause qu'elle propose, nous pourrions y consentir en conservant, bien entendu, !es équivalents indiqués dans vos contrepropositions, mais il faudrait qu'il s'agìt d'une attaque dirigée contre le territoire de la Monarchie austro-hongroise. Lors mème qu'en pareil cas la coopération de l' Allemagne ne ferait pas défaut, il allai t de soi qu'à l'instar de l'Allemagne nous préférerions que !es Balkans ne fussent pas mentionnés car l'Autriche et la Russie pourraient se trouver aux prises dans ces régions, et il nous conviendrait de ne pas nous immiscer tant que la lutte resterait circonscrite entre ces deux Puissances, à moins que l'Autriche ne nous offre des avantages tels que nous trouvions nette convenance à participer à la guerre. Le comte de Bismarck n'avait personnellement rien à redire à l'adjonction que vous proposez comme dernier alinéa à l'art. II. A ce propos je me permets de demander à V.E. si elle ne jugerait pas préférable de substituer le mot «spécial» au mot <<Uitérieur». Celui-ci pourrait prèter à une interprétation plus dilatoire qu'il n'entre dans notre pensée. Ne vous semblerait-il pas, en outre, qu'il serait bien d'ajouter, après !es mots «prendre part à», !es mots, plus restrictifs <<Une ... 2 qui s'étendrait au territoire de l'Autriche-Hongrie».

402 1 Cfr. n. 396.

402 2 Gruppo indecifrato. Annotazione a margine di Robilant: «Impossibile decifrare. Non vanno guerre, campagne, lutte, etc.».

403

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. PERSONALE S.N. Berlino, 4 gennaio 1887.

J'ai aussi parlé au secrétaire d'Etat dans le sens du second télégramme de

V.E. du J<r janvier1 . Il vous remercie des détails que vous avez bien voulu lui communiquer et qu'il s'empressera de transmettre à Friederichsruhe. Le chancelier apprendra avec satisfaction que vos dispositions au sujet d'une entente italo-anglaise, que S.A. avait cru opportun de nous conseiller, se rencontrent avec les siennes et les ont mème précédées.

Le comte de Bismarck ajoutait aux considérations déjà exposées par le baron de Holstein, qu'il serait probablement difficile d'amener Angleterre à signer, contre ses habitudes, une alliance formelle mais l'essentiel serait de préparer les voies à une action commune, sauf à en venir à un accord special pour un cas déterminé quand des circonstances urgentes en auraient mieux démontré encore l'utilité pratique et réciproque. Il disait qu'à cet effet et puisque vous vous proposiez de chercher à tirer en clair le malentendu inexplicable surgi à Londres sur l'accueil fait par nous à de prétendues ouvertures pour une entente, vous partageriez peut-ètre son avis que, lord Iddesleigh, soit à cause de l'àge soit par suite de son inexpérience dans la politique, étrangère, ne semblant pas à la hauteur de sa position, il conviendrait dès lors de s'adresser de préférence à lord Salisbury en toute matière d'une nature confidentielle et importante.

404

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 4 gennaio 1887.

Le comte de Benomar m'a nouvellement fait visite pour me demander où en étaient les négociations pour accession de l'Espagne à la ligue. J'ai répondu que la question se trouvait à l'examen et que si les choses marchent avec lenteur c'est parce que les Cabinets ont à s'occuper de maintes autres affaires attenant à la situation générale. Il m'a dit qu'il reviendrait, chaque quinze jours, m'adresser la mème interpellation et cela simplement pour savoir si une communication dont il ne prétendrait pas de connaìtre le contenu avait été faite à Madrid. Il me laissait entendre, à mot couvert, quelle fàcheuse impression se produirait dans l'opinion publique si les ouvertures de son Gouvernement n'aboutissaient pas au résultat

vivement désiré et conforme d'ailleurs aux intérèts des trois Grandes Puissances. J'ai répliqué qu'il n'y avait pas lieu de douter des bonnes dispositions des Cabinets, et nommément de l'Italie qui n'avait qu'une seule voix dans le conseil, non sans faire l'observation que la démarche, quel qu'en serait le résultat, doit rester secrète et que dès lors l'opinion publique ne saurait se livrer à des commentaires quelconques. J'ai rendu compte de cet entretien au secrétaire d'Etat: quand il reverra mon collègue espagnol, il se réservait de le payer lui aussi en bonnes paroles et lui répéter qu'on ne pourrait négocier à quatre sans s'exposer à des mécomptes. Ce qu'il ne pouvait dire à ce diplomate c'est qu'il faut attendre avant tout la conclusion des pourparlers pour le renouvellement de l'alliance. Il est arrivé dans l'intervalle un rapport du comte Solms, auprès duquel M. Moret s'était étudié à démontrer l'urgence d'un accord, car le Gouvermement français n'ispire aucune confiance. Il lui était attribué le projet d'occuper le port Mahon etc. Le prince de Bismarck a écrit en marge de ce rapport qu'il fallait s'abstenir de répondre.

Je ne voit pas trop comme on sortira de l'impasse, car, il ne faut pas se le dissimuler, si d'un còté on ne voudrait pas pousser l'Espagne entre !es bras de la France, on hésite d'autre part, après nous avoir attiré dans cette impasse, à lier partie sérieuse avec un pays qui offre peu de stabilité et dont !es forces militaires et navales n'auront pas de long temps grand poids dans la balance. On semble se préoccuper en autre de ce qu'une fois admis dans la société, dont il voudrait un peu forcer la porte, il ne se laisse entraìner à des bravades, à des provocations contre la France. On va mème jusqu'à prétendre que entre l'Espagne et la France il n'existe qu'un dépit d'amoureux et que si !es français s'appliquaient à faire miroiter aux jeux des espagnols des avantages réels au Maroc, leur seui objectif, ceux-ci succomberaient facilement à la tentation.

M. Benomar assure que M. Rascon est tenu par son Gouvernement à l'écart des pourparlers.

Je serais reconnaissant à V.E. de me dire si l'assertion est vraie. Voudriez vous m'autoriser quand mon collègue d'Espagne reviendra à la charge à lui dire que !es négociations se trouvant concentrées à Rome il vous est réservé de faire le cas échéant !es communications à Madrid 1?

403 1 Cfr. 397.

405

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 5 gennaio 1887, ore 16,30.

Merci de votre télégramme d'hier 1 . Vous avez parfaitement rendu n otre pensée. J'estime cependant après mùre réflexion qu'il ne nous convient pas d'insi

ster, nous-mèmes, pour faire écarter du texte de l'art. II la mention explicite des Balkans. En effet le jour où nous accepterions, bien entendu contre juste compensation, de faire, le cas échéant, cause commune avec l'Autriche con tre la Russie, nous avons tout intérèt à ce que la politique austro-hongroise dans les Balkans ne puisse devenir militante, et se traduire par des faits accomplis, qu'après entente préalable avec nous. Le texte viennois du second alinéa de l'art. II ne dit, au fond, pas autre chose; de sorte qu'à mes yeux il constitue, pour le Cabinet austro-hongrois, plutòt une charge qu'un avantage. Si, donc, le prince de Bismarck croit devoir persister, sur ce point, dans son opposition, nous préférons que l' objection vienne de Berlin, et non pas de Rome, d'autant plus que l' Allemagne peut en donner une explication facile, tandis que notre refus pourrait laisser supposer une arrière-pensée qui n'existe pas. Quant à vos deux amendements, j'adopte sans hésiter la substitution du mot «spécial», au mot <mltérieur» dans le dernier alinéa dont nous demandons l'adjonction; mais, pour ce qui regarde l'autre, portant sur l'avant-dernier alinéa, proposé par le comte Kalnoky, je pense qu'il vaut mieux ne pas le réclamer. Le point grave pour nous, est d'admettre le casus foederis entre Rome et Vienne dans l'hypothèse d'une attaque isolée de la Russie contre l'Autriche-Hongrie. Une fois ce point admis, il me paraìt plus digne et plus pratique d'en accepter tous les corollaires, sans nous arrèter à des distinctions qui nous attireraient peut-ètre de la part du prince chancelier, le reproche de meticulosité qu'on adresse déjà au Cabinet austro-hongrois. Ayant maintenant tout dit avec ma franchise habituelle, j'espère qu'on ne tardera pas à reprendre entre Berlin et Vienne des pourparlers dont l'incertitude de la situation doit faire désirer à tous les trois Cabinets une prompte conclusion.

404 1 Con T. s.n. dell'8 gennaio non pubblicato, di Robilant diede l'autorizzazione richiesta. 405 1 Cfr. n. 402.

406

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 6/370. Londra, 5 gennaio 1887 (per. il 9).

È venuto a mia conoscenza da fonte autentica che in questi ultimi tempi furono scambiate delle comunicazioni piuttosto vive fra i Governi d'Inghilterra e di Francia a proposito del massacro di sudditi francesi recentemente occorso n~lle regioni dei somali. Il Governo francese accusava agenti esteri di eccitare gli indigeni contro i francesi, epperò domandava a quello di S. M. la Regina di permettere lo sbarco a Zeila di alcune forze francesi allo scopo di fare un'inchiesta sui fatti avvenuti, e coll'autorizzazione di procedere all'arresto delle persone, a qualunque nazionalità appartenessero, le quali risultassero implicate negli atti di provocazione che diedero luogo a quel massacro, nel cui numero si comprendevano quindi eventualmente gli agenti inglesi. Il Governo britannico, come era da aspettarsi, rifiutò recisamente d'aderire a siffatta domanda.

407

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 814. Atene, 6 gennaio 1887 (per. l'11).

Ne' scorsi giorni ebbi l'onore di essere ricevuto da S.M. il Re Giorgio in udienza privata; e quindi da Sua Altezza Reale il principe Costantino, in forma ufficiale e solenne per essere quella la prima volta ch'io mi presentassi all'erede del trono dopo la conseguita maggiorità.

Il sovrano al quale mi affrettai di esprimere il più profondo rimpianto per la mia involontaria assenza da Atene mentre la augusta famiglia e la Nazione festeggiavano quel fausto avvenimento, mi fu prodigo di cortesi parole e tenne a mostrarmi la sua particolare soddisfazione per le congratulazioni e gli auguri ricevuti in tale occasione dal nostro re. Interrogato poscia con molto interesse sul conto di Sua Altezza Reale il principe di Napoli e dell'imminente suo viaggio in Oriente credetti bene di rispondere che siffatta escursione non sarebbe che un viaggio di semplice istruzione, i cui giorni erano contati, circostanza che toglieva, ben suo malgrado, a Sua Altezza la possibilità di visitare tutte le principali regioni bagnate dall'arcipelago.

Condotta finalmente la conversazione sul terreno politico Sua Maestà, pur non celandomi le più serie preoccupazioni che l'incerto stato delle cose in Bulgaria debbono necessariamente destare perfino nell'animo dei più ottimisti, mi dichiarò a più riprese che malgrado tutto non crede egli alla possibilità di una guerra; il suo linguaggio sembrava voler scusare la politica russa nel Principato che pur deve la propria indipendenza al sangue moscovita e (sintomo assai nuovo) biasimava l'atteggiamento dell'Inghilterra qui, à défaut d'une base solide sur le continent, ne sait plus ce qu'elle veut et s'amuse en attendant à embrouiller !es cartes. Tutte le Potenze si armano, soggiungeva di scatto, e l'Italia eziandio: al che risposi immediatamente non essere l'affermazione esatta per quanto ci concerne ma, qualora altri Stati si allestissero il nostro attuale organamento ci permetterebbe di seguire l'esempio, giusta le recenti dichiarazioni dei ministri della guerra e della marina. En tout cas, conchiudeva l'augusto interlocutore, sempre nel tuono il più amichevole, il n'y a pas deux Puissances qui soient franchement d'accord, vous vous méfiés !es uns des autres.

Da tutto quanto precede e da altri particolari meno significanti ho tratto l'impressione che pur non riponendo soverchia fiducia nelle entrature e forse nelle promesse della Russia, anche il sovrano ne subisce in qualche modo l'influenza e sarà costretto probabilmente a seguirla ciecamente più tardi a meno che altri non venga a paralizzare l'azione di questo Reame.

Al principe ereditario, presso il quale trovai la più benevola ed intima accoglienza, rinnovai le mie scuse ed il mio rimpianto ed egli pure, dopo d'avermi chiesto con molta premura le notizie di Sua Altezza il principe di Napoli mi espresse il reato di poterne presto fare la conoscenza.

Mi preme da ultimo assicurare l'E. V. che, in seguito ai miei colloqui con questi reali e con vari ministri, nulla mi fa ritenere che si sia da essi prestato fede alle mie pretese comunicazioni dalla Suda, di cui fu menato tanto rumore da questa stampa nell'ottobre ultimo.

408

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 6 gennaio 1887.

Jersera il corriere di Gabinetto Anielli mi portò la sua particolare del 29 dicembre 1 , e pel medesimo ti spedisco la presente. Io sono dolentissimo d'intendere che non sei soddisfatto dello stato delle nostre relazioni coll'Inghilterra, mentre credo invece che esse siano perfettamente cordiali.

E per rispondere adeguatamente alle tue osservazioni debbo primieramente avvertire che gli inglesi sono per natura assai parchi di frasi, e non ne fanno quando non hanno uno scopo positivo ed immediato. Che se questo è costume generale, quanto più doveva essere il caso con lord Iddesleigh il quale non proferiva motto senza prima aver preso l'imbeccata da lord Salisbury. E questo sta in campagna, non viene in città che pei consigli, né gli si potevan comandare delle conferenze se non quando s'aveva qualche comunicazione a fargli. Se non che egli sta ora per assumere il portafoglio degli affari esteri, e le nostre relazioni col Foreign Office saranno assai più facili.

Toccherò ora degli appunti che fai al presente Governo. Tu dici che, avendo fatto intendere a cotesto ambasciatore d'Inghilterra che sei pronto a dare al Governo britannico tutto il tuo concorso negli affari dell'Egitto, ed avendo indi fatto balenare ancor più larghi orizzonti nel discorso pronunziato alla Camera dei deputati, quelle profferte erano freddamente accolte, né avevano alcun seguito. Ora io ti prego di osservare che, in seguito a' miei colloqui con lord Salisbury e con lord Iddesleigh, esposi esattamente la posizione, vale a dire che il Governo intendeva trattare prima colla Sublime Porta e poi rivolgersi alle Potenze. Questo era l'atteggiamento preso da esso innanzi alle ripetute istanze del Governo francese, ed arduo sarebbe stato in ogni modo di farlo deviare da esso. E per altre ragioni facili a comprendersi questo Governo non desidera di maggiormente aprirsi colle Potenze sulla questione egiziana.

Né approvi i procedimenti di questo Governo in ordine alle cose del Mar Rosso. lo stimo che gli inconvenienti che ebbimo ad incontrarvi provennero piuttosto dal mal volere di quelli argomenti, sempre ansiosi di non avere altro in vista che gli interessi inglesi, che da intendimenti poco amichevoli da parte del Governo; e d'altra parte è pur mestieri riconoscere che le nostre autorità sono talvolta proclivi a sospetti non fondati, il che ebbe ripetutamente a verificarsi. Arroge che, l'Italia essendosi messa in regioni cui l'Inghilterra tiene con somma gelosia, qualche lieve attrito era pure inevitabile.

Per le quali ragioni non è troppo a meravigliarsi che il Governo inglese non abbia corrisposto colla desiderata premura alle nostre entrature. Ed il negoziato

intervenuto durante la mia assenza, e sul quale qui si tenne con me uno scrupoloso silenzio, non avrebbe per avventura lasciato qualche traccia men che propizia? In ogni modo, quando il ministro ne aveva presa l'iniziativa ne' suoi colloquj coll'ambasciatore inglese, quando analoghe profferte erano state ripetute dalla tribuna del Parlamento, non sembrò a me opportuno di spiegare una speciale energia affine di provocare delle adesioni che avrebbero dovuto venire naturalmente. Ma v'ha di più. Onde io potessi insistere per l'iniziamento di negoziati sopra quelle questioni sarebbe stato conveniente avessi qualche conoscenza delle basi sulle quali l'Italia intendeva trattare. lmperocché oltremodo delicato è l'argomento. Per esempio noi reclamiamo la sovranità territoriale sopra Assab e Massaua, la quale non è legalmente riconosciuta né dall'Inghilterra né dalle altre Potenze. Ora, avremmo noi potuto conchiudere un accordo coll'Inghilterra senza che quella questione venisse a presentarsi? E dubito che il Governo inglese, sempre interessato a catturarsi la benevolenza del sultano, si deciderebbe a riconoscere apertamente questa nostra sovranità, mentre non cessa di proclamare la sovranità ottomana nelle località da esso occupate in quelle parti.

È inoltre a tenersi a mente che il Governo inglese è sempre alieno dal contrarre impegni se non che per un oggetto immediato, ed in ogni caso io non consiglierei mai al R. Governo di far troppo a fidanza sopra accordi vaghi e generali. Al quale proposito posso assicurarti che anche ora, e malgrado i discorsi di lord Salisbury, il Governo austro-ungarico non si ritiene ben sicuro che avrebbe la cooperazione dell'Inghilterra se avesse da scoppiare il conflitto colla Russia. E credo abbia ragione.

In tali circostanze io credetti mio dovere d'aspettare le risposte del Governo britannico, oppure delle istruzioni concrete da parte del R. Governo.

Se non che, massime da questo momento di transizione, io sarei stato imbarazzato a trovare nella tua lettera la ragione positiva per domandare un'udienza a lord Salisbury. Ma stamane comparve il telegramma 2 sullo stesso argomento, nel quale era inoltre detto notizie da Berlino parlare che un inglese alto locato s'era lamentato che, il Governo britannico avendo scandagliato il terreno a Roma allo scopo di stabilire un intimo accordo tra i due Stati, aveva subito un rifiuto. Sebbene non prestassi ombra di fede a questa asserzione, pure innanzi ad essa diveniva per me non solo doveroso ma urgente di avere una spiegazione con lord Salisbury, e gli domandai di vederlo. Del colloquio che sarà per seguire ti darò contezza officiale poiché il telegramma non ha nulla che indichi carattere non ufficiale.

Queste cose io ho creduto mio dovere di francamente esporti per spiegare la mia condotta. Ma ciò non toglie che, coll'addensarsi delle nubi, sia ora venuto il momento di mettere in chiaro lo stato delle nostre relazioni coll'Inghilterra, e cercherò di fare il mio ufficio come meglio saprò.

E non mi resta che di dir poche parole sulla questione personale. Io attualmente apprezzo i tuoi consigli che fermamente credo inspirati da amicizia e benevolenza.

Ma mi sarebbe duro il pensiero che tu potessi sospettare per un istante che quello che non faccio per amore del re, dell'Italia, e di te possa farlo per ragioni del mio interesse. Io t'assicuro che le considerazioni ·personali non esercitarono mai alcuna influenza sui miei atti politici. A Madrid come a Costantinopoli, alla Consulta come a Berlino non m'inspirai mai ad altri sentimenti che quelli dell'interesse e della dignità del re e della patria, e sempre più per essi feci tutto quello che mi consentirono le deboli forze. Per tal via continuerò fino a che Dio mi dà vita. E quando il

R. Governo fosse per ritirarmi quella fiducia che m'è necessaria per l'efficace adempimento de' miei doveri mi vedresti lasciare questa carriera che ha già riempito quarant'anni della mia esistenza colla serenità di chi ha la coscienza d'aver fedelmente servito l'Italia, e consacrarmi ad alcuni lavori che ancora mi restano a compiere prima di scendere nell'avello.

408 1 Cfr. n. 390.

408 2 T. 8 del 5 gennaio, non pubblicato.

409

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 7 gennaio 1887, ore 16.

Les contrepropositions de V.E. aux variantes introduites à Vienne dans le projet de Traité additionnel ont été transmises avant-hier soir au prince de Reuss avec instruction de les notifier à Kalnoky. Les observations du Cabinet de Berlin conçues dans un esprit évidemment conforme à l'assurance que le secrétaire d'Etat me donnait dans un entretien dont je rendais compte par mon télégramme du 4 janvier 1 ont été envoyées sous la forme d'une lettre particulière à l'ambassadeur d'Allemagne pour le mettre à mème de régler son langage. Le chancelier se réserve, quand il aura sous les yeux la réplique autrichienne, de mettre nouvellement la main à la pàte pour chercher à concilier les vues aujourd'hui encore assez diverses. Ensuite du télégramme de V.E. du 52 , au soir, et dont je vous remercie, j'ai prié dès le lendemain le baron de Holstein de faire télégraphier à Reuss qu'il y avait lieu de substituer, dans le dernier alinéa qu'il s'agissait d'adjoindre, le mot «spécial» au mot <mltérieur». Le baron a également pris note de notre préférence à ce que l'objection contre la mention explicite des Balkans vienne de Berlin et non pas de Rome. Je sais indirectement que Reuss témoigne des doutes sur un résultat satisfaisant; mais que le comte de Bismarck plaide avec entrain notre cause, ce qu'il ne ferait certainement pas s'il avait le sentiment d'aller à l'encontre des intentions du chancelier, qui tient beaucoup à ce qu'on arrive bientòt à un arrangement à trois. J'agis de mon mieux pour entretenir ces bonnes dispositions.

Cfr. n. 405.

409 1 Cfr. n. 402.

410

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. S.N. Londra, 8 gennaio 1887.

La mattina del 6 corrente ricevetti il telegramma che l'E.V. mi faceva l'onore di rivolgermi 1 per significarmi le entrature da essa fatte a cotesto ambasciatore d'Inghilterra e le parole pronunziate alla Camera dei deputati non aver avuto alcun riscontro, avere ora ricevuto da Berlino l'avviso confidenziale che un personaggio inglese altolocato si lamentò che il Governo britannico, avendo investigato il terreno a Roma allo scopo di addivenire a più intimi accordi fra i due Paesi, aveva subito un rifiuto; avessi a mettere la cosa in chiaro, imperocché, se esisteva un malinteso, l'una e l'altra parte avevano grande interesse ad eliminarlo per una franca spiegazione; dichiarassi senza ambagi che noi vogliamo avere coll'Inghilterra relazioni della maggior fiducia, e siamo dal nostro canto anche disposti a dare ad esse un carattere positivo e pratico.

In presenza di questi ordini non indugiai a domandare un'udienza a lord Salisbury il quale, alla qualità di primo ministro stava per aggiungere quella di ministro degli affari esteri, e lord Iddesleigh aveva già lasciato il suo ufficio. Cui Sua Signoria rispose immediatamente per telegrafo mi riceverebbe l'indomani alla residenza del primo ministro.

Esposi primieramente a Sua Signoria in brevi parole le comunicazioni dall'E.V. fatte a sir Savile Lumley, toccai del discorso dell'E.V., e feci menzione delle cose che sarebbero state dette da un personaggio inglese altolocato. Sua Signoria sorrise, e disse vorrebbe sapere chi questo inglese potesse essere, le parole ad esso attribuite non essere in verun modo conformi al vero; egli non era stato finora segretario di Stato per gli affari esteri, epperò non conosceva i dettagli di quello s'era passato al Foreign Office (nelle quali parole trovai verosimilmente un'allusione al colloquio dell'E.V. coll'ambasciatore britannico), ma poteva bene assicurarmi che le parole dell'E.V. pronunziate in Parlamento avevano prodotto la più grata impressione presso la Nazione e sul Gabinetto di S.M. la Regina, il quale contava sopra quei sentimenti, e dal suo canto era animato dal più vivo desiderio di mantenere le più amichevoli relazioni coll'Italia. Ripresi allora l'Italia e l'Inghilterra trovarsi in una situazione analoga rispetto alla questione orientale; di quanta importanza sarebbe per l'una e per l'altra parte di procedere in pieno accordo nello svolgimento di quei fatti, epperò il R. Governo desiderava intrattenere le più intime relazioni con quello di S.M. la Regina, e dal canto suo era eziandio disposto a dare ad esse un carattere positivo e pratico. Cui rispondeva Sua Signoria essere oltre ogni dire felice d'intendere che il Governo di S.M. il Re era animato da siffatte disposizioni, le quali trovano un eco sincero da parte del Gabinetto di San Giacomo, la situazione non appariva attualmente pericolosa, ma fra pochi mesi poteva aggravarsi, ed allora il

Governo britannico sarebbe felice d'intendersi con quello d'Italia sulle risoluzioni a prendersi nel comune interesse. Sua Signoria mi espresse in termini cordiali la soddisfazione aveva provata pel colloquio intervenuto e ne presi commiato. Delle quali cose venni senza indugio a dare contezza telegrafica all'E. V. 2 Unisco al presente una lettera particolare per l'E. V. 3

410 1 T. 8 del 5 gennaio, non pubblicato.

411

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. URGENTE 27. Parigi, 10 gennaio 1887, ore 17,10 (per. ore 20,25).

Je prie V.E. de communiquer au rninistre des finances ce qui suit: «J'ai eu ce matin une conversation avec MM. Rothschild. Ces messieurs déclinent toute responsabilité de la baisse sur toutes les valeurs générales et spécialement sur les fonds italiens. Cette baisse est due à l'état d'inquiétude qui règne à propos des armements des diverses Puissances, mais la baisse sur les fonds italiens est due surtout à la cause que voici: l'agent de change Vaflard, ayant été obligé de suspendre ses payements, la Chambre syndacale a fait liquider ses titres; on a trouvé un grand nombre d'italiens, qui ont dù ètre jetés sur la piace; plusieurs autres spéculateurs se sont trouvés dans une situation analogue par suite des difficultés de la liquidation. On dit que M. de Soubeyran, entre autres, se trouverait enagagé dans une forte spéculation sur les fonds italiens, qu'il aurait faite, soit pour son compte, soit pour celui de plusieurs spéculateurs italiens. MM. Rothschild m'ont dit qu'ils ne pouvaient pas faire démentir par les joumaux les bruits qu' on faisait courir à leur égard, vu que cela serait contraire à l'usage de leur maison. Je reçois, en ce moment, une note de Rothschild qui confirme ce qui précède et que je vous enverrai».

412

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 170. Costantinopoli, 10 gennaio 1887 (per. il 16).

L'ambasciatore d'Inghilterra è stato ricevuto, il 7 di questo mese, in udienza privata dal sultano che aveva espresso il desiderio di vederlo.

Cfr. n. 408.

Intorno al colloquio che ebbe luogo tra Sua Maesta e sir William White ho avuto confidenzialmente da persona autorevolissima interessanti dettagli che mi affretto a comunicare a V.E.

Il sultano cominciò col deplorare l'acrimoniosa insistenza colla quale la stampa periodica inglese va da poco in qua accusando il Governo ottomano di essersi dato in braccio della Russia; tale accusa è del tutto infondata; nessun accordo né scritto, né verbale è intervenuto tra il Gabinetto di Pietroburgo e la Sublime Porta; la Turchia non ha preso e non intende prendere alcun impegno speciale con qualsiasi Potenza pel regolamento della questione bulgara.

L'ambasciatore rispose che, avendo l'onore di conoscere da lungo tempo Sua Maestà, e sapendo con quanta intelligenza e solerzia essa cura gli interessi del suo Impero, egli non poteva certamente dare importanza di sorta alla voce di un preteso accordo turco-russo; ma quella voce aveva ben altrimenti impressionato l'opinione pubblica in Inghilterra, la quale non può giudicare che dalle apparenze; ed è naturale che essa abbia prestato fede alla notizia del suddetto accordo dal momento che la stampa periodica russa andava proclamando ed ostentando la completa intesa intervenuta tra la Turchia e la Russia. Quanto fu detto in proposito dal giornalismo inglese è l'espressione dell'opinione pubblica, non quella del Governo; però la Sublime Porta non dovrebbe dimenticare che l'opinione pubblica in Inghilterra esercita una grandissima influenza sulla politica del Gabinetto.

Sua Maestà replicava essere suo vivissimo desiderio di mantenere rapporti di stretta amicizia col Governo della regina; questo desiderio sarebbe pienamente soddisfatto se l'Inghilterra si procedesse ad una pronta evacuazione dell'Egitto.

Sir William White faceva osservare a Sua Maestà che la questione del ritiro delle truppe inglesi dalla valle del Nilo era già stata regolata dall'articolo Vl0 della convenzione conchiusa nel 1885. In quell'articolo è detto che i due Governi stabiliranno l'epoca per l'evacuazione dell'Egitto, quando i loro commissari si saranno intesi sulla difesa del territorio e sul regolare funzionamento dell'amministrazione. Si adempiano queste due condizioni, ed il Gabinetto britannico porrà tosto fine all'occupazione di quella provincia.

Il sultano rispondeva che avrebbe conferito in proposito col gran vizir, e farebbe quindi conoscere a sir William White le proprie determinazioni.

Passando quindi a discorrere degli affari di Bulgaria, Sua Maestà non celava all'ambasciatore d'Inghilterra quanto quella questione lo preoccupasse; la Russia non vuoi rinunciare alla candidatura del principe di Mingrelia; i bulgari sono risoluti a non accertarla; la Sublime Porta s'aggira in un circolo vizioso, e frattanto i pericoli di conflagrazione aumentano. La soluzione è resa più ardua dalla difficoltà di trovare un candidato serio da proporre in luogo del principe di Mingrelia; a Sua Maestà pregava sir William White d'aiutarlo nelle sue ricerche, indicandogli, anche a semplice titolo d'opinione sua personale; l'individuo che gli sembrerebbe adatto a quel posto.

L'ambasciatore rispondeva che la domanda rivoltagli dal sultano lo poneva in gravissimo imbarazzo. Per la situazione di fatto creata dai recenti avvenimenti nella penisola balcanica occorrerebbe scegliere un personaggio che sapesse essere ad un tempo principe di Bulgaria, governatore generale in Rumelia orientale, devoto vassallo di Sua Maestà il Sultano, zelante difensore degli interessi bulgari e docile strumento della Russia. Un uomo dotato dei requisiti necessari per soddisfare a tutte queste varie esigenze non è facile a trovarsi, ed anche se lo si trovasse è dubbio ch'egli accetterebbe il difficilissimo mandato reso più ingrato dalla sfortunata prova che fece il principe di Battenberg. Anziché preoccuparsi della scelta immediata di un candidato, la Porta e le Grandi Potenze dovrebbero intendersi, come lo ha di recente proposto l'Inghilterra, per istabilire in quali condizioni il futuro principe dovrà governare il Paese, e per determinare la posizione reciproca della Bulgaria e della Rumelia orientale. Regolata colà la situazione in modò preciso, sarà più facile di trovare il personaggio che voglia sobbarcarsi al governo di quelle due provincie.

Nel congedare sir William White, il sultano gli annunciava che in breve lo inviterebbe a conferire di nuovo secolui.

410 2 T. 20 del 7 gennaio, non pubblicato.

413

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 27/376. Londra, 10 gennaio 1887 (per. il 12).

Molto si occuparono i giornali in questi giorni della strana notizia testé messa fuori dal Times di un'alleanza stipulata fra la Germania e la Russia. Né stava a me di smentire una voce la quale portava in se stessa lo stampo della improbabilità e sulla cui portata l'E.V. doveva in ogni modo esser assai miglior giudice di me. Questa notizia, alla quale naturalmente qui niuna fede prestarono tutte le persone bene informate, fornì tuttavia l'occasione a discussioni sulla presente situazione e sulle possibili eventualità, sulle quali stimo prezzo dell'opera di sottomettere alcune considerazioni all'E.V.

La sola manifestazione degli intendimenti del Governo britannico che seguì in ordine alla questione della Bulgaria fu quella del discorso pronunziato da lord Salisbury al banchetto del lord-mayor, dal quale appariva invero che, lasciando pure l'iniziativa delle risoluzioni energiche all'Austria-Ungheria, esso seguirebbe questa nel caso di complicazioni. Se non che sopravvennero indi alcuni fatti i quali ponno far nascere qualche dubbio sul valore pratico di quelle dichiarazioni. Già ebbi l'onore di riferire all'E.V. come lord Randolph Churchill rassegnasse la sua dimissione sulla quistione finanziaria, perché non voleva acconsentire ad un lieve aumento di spese richiesto dai ministri della guerra e della marina. E m'è ora riferito da buona fonte avere egli intenzione, nel caso le cose d'Oriente prendessero un aspetto più grave, di opporsi strenuamente ad una alleanza coll'Austria-Ungheria allo scopo di muovere guerra alla Russia. M'è pure noto che lord Hartington e lord Derby espressero in questi ultimi tempi sentimenti piuttosto contrarj a questa guerra, ed i liberali-unionisti in generale partecipano a questo modo di vedere. Né ho d'uopo d'aggiungere come il partito radicale in Inghilterra sia sempre avverso ad implicare l'Inghilterra nelle lotte fra estere Potenze. Lo stesso Gladstone, che già fu l'autore delle atrocità bulgare, ora mostrasi assai freddo riguardo alla sorte di quella Nazione, tanto che, quando l'assemblea bulgara fece un appello a' suoi sentimenti d'umanità, egli rispose in termini generali ed evasivi, né pronunziò indi alcuna parola in loro favore.

Seguiva infrattanto la visita del principe Alessandro di Battenberg il quale era assai festeggiato presso questa real Corte, vi era ricevuto come un membro della famiglia, passava riviste, era insignito del Gran Cordone militare del Bagno, ed era sempre designato negli annunzj di Corte come principe di Bulgaria. Queste festose accoglienze erano severamente biasimate dalla stampa radicale, la quale sosteneva la tesi non doversi permettere che le velleità domestiche della Corte avessero per avventura l'effetto di compromettere la pace dell'Inghilterra. Né debbo celare all'E.V. che queste polemiche incontravano una certa eco nel Paese.

Giunsero poco appresso i delegati bulgari, né dubito che i fatti predetti esercitassero una certa influenza sul modo con cui essi furono ricevuti da questi ministri. Imperocché lord Salisbury e lord Iddesleigh non solo non li incoraggiarono nella resistenza, ma consigliarono ad essi di venire ad un componimento colla Russia.

Dalle quali cose è premesso trarre la conseguenza che lord Salisbury avrebbe ad incontrare una grande opposizione allorché si trovasse nel caso di voler attuare il programma esposto al banchetto del lord-mayor.

Nell'accusare ricevuta all'E.V. del suo riverito dispaccio n. 260 di questa serie in data del 5 corrente 1 , ••.

414

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 263. Roma, 11 gennaio 1887.

Allorché, il 28 novembre scorso anno, mi si presentò l'occasione di fare dinanzi alla Camera, alcune dichiarazioni intese a ben precisare l'indirizzo che il R. Governo intende seguire nella sua politica estera, non mancai di nettamente definire la natura delle nostre relazioni specialmente intime con alcune Potenze; relazioni che formano per così dire, il caposaldo della nostra politica estera.

Per ciò che riguarda i nostri rapporti colla Germania e l'Austria, essi vanno svolgendosi, a seconda dell'espressione da me adoperata nella succitata occasione, in maniera sempre più intima e meglio rispondente ai reciproci interessi.

Per quanto ha tratto, poi, alle nostre relazioni coll'Inghilterra, io ebbi a scolpirne il carattere colle seguenti parole, che reputo opportuno ripeterle qui testualmente: «Coll'Inghilterra noi manterremo e svolgeremo sempre maggiormente, ove gli eventi il richiedessero, quelle relazioni di particolare amicizia che formano parte tradizionale della politica italiana, e che, per procedere di tempo o mutare di eventi, non possono subire alterazione».

La Camera accolse questa dichiarazione con quell'unanime approvazione di cui fanno fede gli atti del Parlamento.

La pubblica opinione, in Inghilterra, ben sembrò di aver compresa tutta la portata di tale mia dichiarazione. Essa non lasciò dubbio, mi compiaccio constatarlo, che, da parte sua, la piena reciprocità di sentimenti e d'intendimenti ci è assicurata.

*Il Governo della regina, però, fino ad ora nulla fece che abbia potuto dimostrarmi che si svolgerebbero sempre maggiormente, se gli eventi il richiedessero, quelle cordialissime relazioni con noi che, dal canto suo, mi giova dichiararlo, esso sempre si studia di mantenere.

Forse il Gabinetto di Saint-James non ravvisò le circostanze politiche essere tali da richiedere, fin d'ora, l'inizio di previe intelligenze per eventi di là da venire, i quali, mercé i pacifici intendimenti comuni a tutte le Potenze, probabilmente non si verificheranno così presto, come tenderebbero a farlo supporre gli armamenti a cui da ogni parte si attende con singolare alacrità.

È però parer mio che, mentre nulla devesi tralasciare per raggiungere il comune scopo del mantenimento della pace, pur convenga, mentre ne abbiamo il tempo, preparare le vie ad un'eventuale nostra comunicazione coll'Inghilterra, atta a tutelare quegli interessi che abbiamo comuni, essenzialmente, nel Mediterraneo, nonché nelle regioni e mari adiacenti, in maniera da trovarsi pronti ad addivenire a speciali accordi in determinati casi, allorché circostanze urgenti fossero per dimostrarne ancora meglio l'utilità politica, anzi l'assoluta necessità.

È mio desiderio che V.E. si procuri l'occasione di spiegarsi in tal senso con lord Salisbury, provocando così da lui esplicite dichiarazioni, che servano di base ad un continuato scambio di idee, inteso a ben definire quali siano i comuni interessi dei due Paesi e nelle linee generali bensì, ma con carattere pratico, entro quali limiti, e con quali mezzi i due Governi sarebbero disposti a tutelarli con un'azione comune.

La natura e la forma di quest'azione comune dovrebbe, poi, essere oggetto di ulteriori speciali negoziati, da iniziarsi tosto che le circostanze ne facessero sentire la necessità; negoziati che, mercé l'opportuna antecedente preparazione, sarebbero condotti prontamente a termine, quando ne sia venuto il momento.* 1

Ho piena fiducia che l'E.V. col particolare suo senno, e colla conoscenza del tutto speciale ch'ella ha del Governo inglese, nonché degli uomini di Stato che attualmente ne tengono le redini, saprà adempiere le presenti istruzioni in modo pienamente soddisfacente.

Quali siano gli interessi italiani nel Mediterraneo, e nelle sue adiacenze, non ho l'uopo di precisare qui, ella li conosce perfettamente.

D'altronde, V.E. mi troverà sempre pronto a definirli in precisi termini, ogni qualvolta crederà dovermi rivolgere una qualche categorica interrogazione al riguardo.

Ciò che mi preme di dirle, affinché ella non possa avere il menomo dubbio in proposito si è che il R. Governo è fermamente deciso a tutelare, con tutti quei mezzi che le circostanze saranno per consigliargli, gli interessi sopraccennati, i quali in nessun punto possono essere in urto con quelli dell'Inghilterra.

413 1 Non pubblicato.

414 1 Il 12 gennaio fu consegnato a Lumley un memorandum confidenziale che riproduce la parte di questo dispaccio compresa tra gli asterischi.

415

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 264. Roma, 11 gennaio 1887.

L'ambasciatore d'Inghilterra venne ieri a presentarmi sir J. Drummond Hay, che fu per quarant'anni ministro della Gran Brettagna al Marocco.

Questi mi intrattenne assai a lungo, ed in molto interessante maniera, delle cose del Marocco. In particolar modo egli accentuò la necessità assoluta, non solo per l'Inghilterra, ma anche ed anzi in particolar modo per l'Italia, e poscia per la Spagna, l'Austria-Ungheria e la Germania, che lo statu quo sia conservato al Marocco.

Parlando dell'Inghilterra, egli non esitava a dirmi che, se il Marocco dovesse cadere nelle mani della Francia, illusoria sarebbe la guarentigia che essa avrebbe col possesso di Gibilterra. Colla Francia padrona dell'Algeria e del Marocco, il Mediterraneo sarebbe un lago francese. Ogni mezzo deve, quindi, essere posto concordemente in opera dalle succitate Potenze onde causare sì grave irreparabile pericolo.

Egli mi accennò al persistente intendimento della Francia di raggiungere quel risultato sotto una forma qualunque, che per intanto, a seconda dei piani più velati del Governo francese, sarebbe quello del protettorato.

Il signor Ordega, allorché rappresentava colà la Francia, si sforzò, con mezzi quasi violenti, di soddisfare le aspirazioni della sua Nazione; il diplomatico che ebbe a sostituirlo impiega altri mezzi, ma identico è sempre l'intento.

Sir J. Drummond conchiudeva il suo ragionamento col dirmi che, durante i quarant'anni della sua permanenza nel Marocco, ebbe a convincersi che il solo modo d'impedire il successo di così pericolosa e persistente azione della Francia sta nel non dar scosse al Governo marocchino sotto pretesto di volerlo civilizzare. Poiché conviene aver presente che, se quel Governo è in verità pessimo, precisamente per ciò il toccarvi malamente ne produrrebbe l'immancabile rovina a tutto vantaggio della Francia, la quale coglierebbe l'occasione per far suonare alta la umanitaria necessità di sostituirlo con uno stato di cose meglio rispondente ai bisogni della odierna civiltà; belle parole, queste, di cui i francesi sempre seppero valersi per colorire le loro imprese invaditrici.

Il mio interlocutore mi assicurava che il suo Governo non ha mai cessato di dividere, nel modo il più completo, le suespresse sue vedute, e che, oggi più che mai, è fermamente deciso a non tollerare che la bandiera francese copra colla sua protezione, od altrimenti, l'Impero marocchino.

Il discorso tenutomi da sir J. Drummond Hay acquistava, ai miei occhi, una speciale importanza pel fatto che sir John Savile Lumley, presente al nostro colloquio, mi confermava, in ogni sua parte, e nel modo il più esplicito, tutto ciò che l'onorevole ministro britannico al Marocco ebbe a dirmi, ed essenzialmente ciò che ha tratto agli'intendimenti del suo Governo.

Non ho d'uopo di dire all'E.V. che non ho esitato a dichiarare all'ambasciatore d'Inghilterra che l'Italia, dividendo pienamente, per quanto ha tratto al Marocco, le vedute del suo Governo, sarebbe sempre pronta a dargli tutto il suo concorso per parare ad eventualità che potrebbero mutare lo stato di cose colà esistenti.

416

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 827. Sofia, 11 gennaio 1887 (per. il 23).

Malgrado tutte le belle cose che dicono i reggenti ed i ministri ai rappresentanti delle Potenze in Sofia sulla prudenza e moderazione che essi continueranno ad adoperare nel governare questo Paese 1 comincia a farsi strada la voce, confermatami da amici intimi dei reggenti, che fra alcune settimane, al ritorno della deputazione bulgara, potrebbe avvenire un qualche mutamento in queste contrade.

Si tratterebbe, pare, di tagliare corto alle presenti difficoltà proclamando l'indipendenza della Bulgaria dal vassallaggio della Sublime Porta e dal controllo delle Grandi Potenze.

La cosa è tenuta molto segreta; quindi la riferisco a V.E. come somma riserva.

Quello che so, si è che il reggente Stambuloff ha letto con vivo interesse un'opera del pubblicista belga, signor Rolin-Jacquemins, comparso nelle ultime dispense della Revue du droit international, in cui si sostiene che la Sublime Porta per la sua condotta durante la recente guerra bulgaro-serba ha perduto, secondo il diritto delle genti, i diritti di alta sovranità sulla Bulgaria; e che dopo la lettura egli ha detto ad un suo intimo: «Se abbiamo avuto torto di non farlo dopo Pirot, potremo farlo adesso se la Porta continua a non darsi pena ad aiutarci ad uscire dalla crisi; i pericoli di dichiararci indipendenti saranno per noi gravi, ma non di molto superiori a quelli che abbiamo corsi dopo la rivoluzione rumeliota e durante la missione del generale Kaulbars».

Forse sono queste semplici parole; ma possono anche riferirsi ad un serio progetto.

L'idea dell'indipendenza è, naturalmente, gradita al pubblico bulgaro, e può concordare colla fiaba che si continua a narrare nelle città e villaggi della Bulgaria che il principe Alessandro fra poco ritornerà per essere re dei bulgari.

Il signor Stambuloff ed i suoi colleghi evitano con cura di accennare a questa questione nei loro colloqui cogli agenti delle Grandi Potenze, i quali tutti non mancherebbero di fare le più serie rimostranze sul concetto di una nuova e gravissima violazione del Trattato di Berlino. Non so se eguali consigli di prudenza riceverebbero da tutti i rappresentanti degli altri Stati balcanici, alcuni dei quali vorrebbero forse pécher dans le trouble.

416 1 Annotazioni a margine: «Sarebbe una corbelleria grossa».

417

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Madrid, 12 gennaio 1887, ore 17,25 (per. ore 18,40).

Comte So1ms a communiqué à Berlin des informations de Moret, d'après 1esquelles, Zorilla prépare un pronunciamento dans le personnel inférieur de la flotte et dans la garnison de Mahon, en assurant ses complices, que le Gouvernement français débarquera aussitòt des troupes dans les Baléares, pour protéger ses nationaux. Je sais d'une source siìre, que Moret a déclaré à la reine qu'en aucun cas le tròne ne pouvait ètre en péril, mais que le moindre mouvement, mème sans importance, par Zorilla, pourrait causer la démission du Cabinet. Moret considère les absurdités publiées par le journal La France, comme ayant pour but de forcer l'Espagne, sur la faiblesse de laquelle on voit pouvoir compter à Paris, à s'entendre avec le Gouvernement français en vue de l'état menaçant des affaires européennes.

418

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4330. Berlino, 12 gennaio 1887 (per. il 15).

La commissione nominata dal Reichstag per il progetto di legge militare, sul quale ebbi l'onore di intrattenere l'E. V. coi miei rapporti n. 4309 1 , 4315 2 , 4321 3 di questa serie, conchiuse coll'adottare una soluzione che respingeva la durata dell'aumento del piede di pace proposto dal Governo per sette anni; e quanto alla cifra dell'effettivo richiesto, ammetteva la domanda del Governo, con questa riserva, che sedici battaglioni di fanteria avrebbero potuto essere formati, non già fino al 1o aprile 1887 ma bensì a partire da questa data e fino al 1 o aprile 1888.

La prima seduta, nella quale furono discusse queste deliberazioni della commissione e che ebbe luogo al Reichstag nella giornata di jeri, rivestì un'importanza capitale a causa dell'intervento personale nella discussione del conte di Moltke e del principe di Bismarck.

In brevi parole il feld-maresciallo rinnovò le esortazioni già da lui rivolte al Parlamento nella discussione in prima lettura. Egli crede che nessun uomo di Stato

2 R. 4315 del 6 dicembre, non pubblicato.

3 R. 4321 del 19 dicembre, non pubblicato.

vorrà assumere l'enorme responsabilità di provocare una guerra: ma le passioni popolari, l'ambizione dei capi partito, la pubblica opinione fuorviata, possono sgraziatamente diventare più forti che la volontà dei governanti. E se uno Stato si trova nella situazione di contribuire al mantenimento della pace, questo è appunto la Germania, che non è direttamente interessata nelle questioni ora pendenti, e che, dall'esistenza dell'Impero in poì ha sempre dimostrato di non voler attaccare alcuno dei suoi vicini. Ma per poter compiere la sua difficile missione, occorre che la Germania sia forte e preparata alla guerra: se essa si trovasse contro sua volontà, implicata in una guerra, occorre che non le manchino i mezzi per condurla a fine. Secondo il conte di Moltke, se le domande del Governo sono respinte, la guerra è sicura. E, quanto alla durata del nuovo assetto militare, egli osserva che l'esercito non può poggiare sul provvisorio, che approvazioni limitate ad un breve lasso di tempo non gli sono giovevoli, la durata e la stabilità essendo la base di ogni solido ordinamento militare. E dopo aver dichiarato che gli occhi dell'Europa sono rivolti verso il Parlamento tedesco, il feld-maresciallo diresse un ultimo caldo appello a' suoi colleghi in favore della proposta governativa.

Il cancelliere dell'Impero prese non meno di quattro volte la parola nel corso della seduta. Dopo un lungo discorso, pronunciato verso il principio della discussione, emise qualche osservazione in risposta ad un apprezzamento del relatore della commissione, poi, traendo argomento da un discorso, favorevole alla proposta, del deputato nazionale-liberale Hobrecht; salì una terza volta alla tribuna; ed infine diede un'ultima e vivace risposta all'argomentazione contraria del deputato Winolthorst, il capo del partito del centro. Una gran parte di questi discorsi fu dedicata all'esposizione dei rapporti della Germania coll'estero. Ecco i punti più essenziali delle sue dichiarazioni: i rapporti colla Russia sono gli stessi come sotto Alessandro II; è certo che essi non saranno turbati da parte della Germania, ed il principe non crede che la Russia attaccherà essa stessa o tirerà profitto da un attacco che provenisse da un altro lato contro la Germania. Rispetto alla Bulgaria, l'Impero non ha alcun interesse proprio. L'alleanza tra la Germania e l'Austria ha creato un'unione più stretta e più solida di quella che esisteva sotto la passata Confederazione germanica e sotto il Sacro Romano Impero; senonché il cancelliere aggiunse più tardi che per ciascuna delle due Potenze l'esistenza dell'altra è bensì essenziale, ma che non per questo la politica dei due Governi deve necessariamente essere identica in ogni particolare, né l'uno di essi esser obbligato a sostenere tutti gli interessi dell'altro. È già prima, mentre assicurava non esistere alcun motivo di guerra tra la Russia e la Germania, egli aveva rilevato che assai più difficile appare il mantenimento della pace tra l'Austria e la Russia.

Importantissime furono poi le dichiarazioni del cancelliere per ciò che riguarda i rapporti colla Francia. Ci occorre rinforzare l'esercito, diss'egli, in primo luogo contro la Francia. Finora nessun Ministero francese ha osato riconoscere pubblicamente come definitiva la pace di Frankfurt: e finché ciò non sarà avvenuto, la guerra colla Francia è solo una questione di tempo; essa potrà scoppiare fra dieci anni, ma anche fra dieci settimane o fra dieci giorni, secondo che si avrà in Francia la speranza di esser più forti della Germania o secondo che si avrà colà bisogno della guerra come di una valvola di sicurezza contro difficoltà interne. Ed a questo riguardo il cancelliere parlò direttamente della possibilità di un Ministero Boulanger. La Germania, come all'epoca dell'affare del Lussemburgo, certo non vorrà affrettare la guerra, perché si crede meglio preparata che la sua avversaria: non si può prevedere il futuro, e ritardare la guerra può forse significare evitarla. Ma se questo accadesse, non potrebbe che avere le più serie conseguenze: in caso di sconfitta, la Germania dovrebbe esporsi a perdere non solo l' Alsazia-Lorena, ma anche la provincia renana, lo Schleswig-Holstein forse Posen, a veder ricostituito il Regno di Hannover, ad un esaurimento fino alle ossa (Aussaugung bis auf die Knochen) ma in caso di vittoria la pace sarebbe ben diversa da quella del 1871: «Noi renderemmo allora la Francia incapace di un alleanza per una generazione».

Per ciò che concerne l'Italia, il principe di Bismarck si limitò a brevissime dichiarazioni. Egli si espresse così: «Non ho bisogno di passar in rivista tutte le Potenze europee. Non parlo punto dell'Italia né dell'Inghilterra, perché non esiste ragione per la quale noi non dobbiamo avere per quei due Governi, ed essi per noi, la maggiore benevolenza. I nostri rapporti con entrambi sono di tal natura, da non dover esser qui presi da me in considerazione a proposito dell'aumento delle nostre forze combattenti: essi sono amichevoli sotto ogni rapporto». In una successiva parte del suo discorso il cancelliere encomiava il patriottismo degli italiani che non rifiutano alle loro autorità militari i mezzi che esse domandano per migliorare le difese dello Stato.

Ma queste poche osservazioni mi sembrano tanto più importanti, inquantoché da un lato il cancelliere poteva aver interesse, per ottenere l'approvazione della proposta, a presentare sotto un aspetto meno favorevole i rapporti con tutte le Potenze, e dall'altro lato, per ciò che riguarda l'Italia, questo interesse poteva apparire ancor più evidente, allo scopo di assicurarsi l'appoggio del partito del centro cattolico che non vede certo di buon occhio le cordiali relazioni esistenti tra l'Impero germanico ed il Governo del re.

Infine il principe di Bismarck, prevedendo che la proposta del Governo per il settennato sarebbe stata respinta dal Reichstag, accennò chiaramente alla sua dissoluzione, annunciando che se ne sarebbe appellato agli elettori con un proclama dell'imperatore. Ed aggiunse che si sarebbero prese intanto, per l'esecuzione provvisoria della legge militare, misure transitorie, basate sui pieni poteri legislativi che spettano al Governo, e per l'approvazione delle quali interverrebbe il futuro Parlamento.

Se malgrado queste minacce e malgrado la sensazione incontestabile che le dichiarazioni del cancelliere produssero nel Reichstag, la proposta del Governo verrà da questo approvata, non si può ancora prevedere. Tutto dipende dal contegno della frazione del centro. Non si sa finora se essa si manterrà unita nella sua opposizione.

Avrò cura di tenere informata l'E.V. del risultato dell'importante discussione, e, nel confermarle i miei due telegrammi in data d'oggi 4, ...

418 1 Cfr. n. 312.

418 4 T. 37, non pubblicato, non rinvenuto il secondo telegramma pari data.

419

IL CONSOLE A LA CANEA, PIRRONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 253. La Canea, 12 gennaio 1887 (per. il 25).

Questo mio collega d'Inghilterra ha spedito coll'ultimo corriere al suo Governo ed all'ambasciatore della regina in Costantinopoli un lungo ed interessante rapporto, nel quale, dopo aver esposta la criticissima situazione di quest'isola dal punto di vista politico, economico ed amministrativo, propone come unico rimedio ai mali presenti ed a quelli più gravi che minacciano sopraggiungere in un prossimo avvenire, l'allargamento della autonomia di questo Paese, indicando come punto di partenza delle varie riforme cui a tal uopo dovrebbesi gradatamente procedere, la nomina d'un governatore generale fatta col previo consenso delle Grandi Potenze.

Il signor Biliotti s'ingegna a provare che ove le sue proposte fossero tradotte in alto, avrebbero a ricavarne profitto, tanto il Paese che avendo un Governo proprio potrebbe, meglio che ora non possa, resistere agli intrighi che vengono dalla capitale ellenica, e trovare in se stesso una fonte di attività e di vitalità che non gli è ora consentita dalla debolezza del Governo di Costantinopoli, quanto la stessa Turchia che potrebbe più a lungo conservare il suo alto diritto di sovranità su quest'isola che nello stato attuale cerca di sottrarvisi di ora in ora, quanto, infine, le Grandi Potenze che lavorano per la conservazione dell'attuale equilibrio del Mediterraneo e per il mantenimento della pace generale, la quale trova un pericolo permanente nello stato perenne discontento di questi isolani.

Ignoro sino a qual punto l'ambasciatore britannico in Costantinopoli voglia e possa farsi sostenitore delle idee di questo mio collega d'Inghilterra. So però di positivo che sir White mostra di prendere vivo interesse agli avvenimenti che si succedono in questo Paese, e che si mantiene col signor Biliotti in continua corrispondenza epistolare e telegrafica.

È inoltre a mia conoscenza che la proposta del mio collega inglese è, fra le altre cose, diretta a combattere le tendenze manifestate a varie risprese da questo console di Francia, il quale non cessa di ripetere che l'unico mezzo per porre un rimedio alla triste condizione di quest'isola si è di rialzarvi maggiormente il prestigio della Sublime Porta mercé l'impiego della forza; ed a questo proposito credo opportuno soggiungere che il signor Blanc ha sovente, nei colloqui tenuti meco, disapprovato decisamente le idee sostenute dal signor Biliotti sulla convenienza di procedere ad un ampliamento dell'autonomia della Creta, obiettando che un'isola come questa, abbandonata a se stessa, cadrebbe agevolmente in balia d'una forte Potenza che potrebbe al momento più opportuno inviarvi una poderosa squadra.

Non credo fuor di proposito riferire all'E.V. che il mio collega di Francia non si è, dal canto suo, limitato ad esprimere un'opinione, ma ha anche fatto vivissime pratiche presso l'ambasciatore della Repubblica in Costantinopoli per pregarlo ad indurre la Sublime Porta ad aumentare il contingente delle truppe in quest'isola. Ed a prova dell'azione spiegata in questo senso tanto dal mio collega quanto dall'ambasciatore francese nella capitale turca, non credo dover tacere che quest'ultimo annunziò l'altro ieri per telegrafo al signor Blanc che tutto era stato disposto al Ministero imperiale della guerra per il mantenimento in Creta di un effettivo di quindicimila uomini.

420

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Madrid, 13 gennaio 1887, ore 22,45 (per. il 14Jl.

Ministre d'Etat m'a dit, et a dit à Solms: savoir de source certaine que Zorilla ayant obtenu audience de M. Freycinet pour lui expliquer la continuation de son silence, lui a offert le concours illimité de l'Espagne républicaine en cas de guerre démontrant qu'il ne peut ètre indifférent à la France de pouvoir tirer d'Espagne deux corps d'armée en fournissant seulement le matériel, au lieu d'employer un corps d'armée à la surveiller. Freycinet qui croit à la guerre conduisit Zorilla chez Boulanger, et ils eurent à trois une conférence, où le ministre se tint sur la réserve. Moret croit que, si notre négociation n'aboutit pas bientòt, sa position personnelle sera ébranlée. Il a appris, de Berlin, que l'on désire que l'Italie propose le texte des accords à conclure et il craint que ce désir n'ait pas été agréé par V.E. l'ai dit ne rien savoir, observant que ces sortes de négociations durent toujors un peu.

421

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 756. Parigi, 13 gennaio 1887 (per. il 17).

I discorsi del principe di Bismarck testé pronunziati in occasione della legge sul settennato militare hanno prodotto in Parigi una grande impressione. Essi sono interpretati in vari modi. Alcuni ci vedono un pronostico di guerra non lontana; altri al contrario, ed è il maggior numero, vi attribuiscono un carattere assai più pacifico che non bellicoso. Questo ministro degli affari esteri, il signor Flourens, mi esprimeva ieri il suo avviso in quel senso. Ma ciò che sembra risultare più evidentemente da quella discussione è la lotta tra la prerogativa reale ed il Par

lamento, o per meglio dire, la dichiarazione di guerra del gran cancelliere al parlamentarismo. Benché il principe di Bismarck abbia solennemente dichiarato che la conquista dell'Alsazia e della Lorena è intangibile ed abbia segnalato la instabilità delle opinioni e dei governi in Francia, tuttavia la irritazione che avrebbero potuto produrre quei giudizii è stata per così dire soffocata dalla soddisfazione di amor proprio che prova questo popolo bensì generoso, ma chauvin, per le lusinghiere parole del cancelliere sulla grandezza della Nazione francese, sulla sua forza, e specialmente sui suoi ordinamenti militari.

Non mi avventuro a fare commenti sulle intenzioni più o meno derminate del principe di Bismarck, né dei pronostici sulle conseguenze della lotta intrapresa; basti dire che per il momento il termometro delle opinioni calcolatrici, la Borsa cioè, non si è grandemente commossa come si poteva temere, ed il suo movimento non venne segnalato che da un ribasso generale sui diversi fondi, che generalmente non oltrepassa il 0.50 p. %; così la rendita italiana calò di 20 centesimi.

Dal complesso di quei discorsi sembra però emergere che la Germania vuole mantenersi più forte ancora che per l'addietro affine di far fronte a tutte le eventualità, mentre tende a tenersi svincolata da qualsiasi impegno oneroso verso le altre Potenze.

420 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

422

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 22. Roma, 14 gennaio 1887, ore 13,45.

Je verrai les délégués bulgares partis ce matin de Paris, probablement dimanche ou lundi. Jusqu'à présent on ne leur a donné que des conseils théoriques; le moment me semble venu de leur en donner des pratiques et les sympathies que j'ai hautement témoignées à leur Pays, me mettent en position d'ètre écouté. La difficulté plus grande, la seule vraie pour trouver une solution dans l'imbroglio bulgare, est à mon avis toute de forme. Or voici ce que je voudrais suggérer comme avis officieux tout à fait à moi personnel: la Régence dissout l'assémblée actuelle, et en convoque une purement bulgare, ce qui serait absolument indiqué pour rentrer dans les préscriptions du Traité de Berlin. La nouvelle assémblée devrait élire le prince, et en mème temps aussi une nouvelle Régence qui maintiendrait le pouvoir jusqu'à l'arrivée du nouveau prince avec un nouveau Ministère que la nouvelle Régence nommerait. On mettrait tout en oeuvre avec l'aide des conseils des représentants des Puissances pour que l'élément ami de la Russie qui incontestablement existe aussi dans le Pays, ait sa part dans la Régence et dans le Ministère. En présence de cette nouvelle situation il me semble que la Russie n'aurait pas de difficulté d'accepter le choix d'un prince autre que le Mingrélie sur lequel on n'aurait pas de difficultés non plus à tomber d'accord, par exemple sur Leuchtenberg, ou bien un prince de Suède. Demandez, je vous prie, l'avis du Cabinet de Berlin auquel je m'adresse seui. Si le prince de Bismarck trouve mon idée pratique, je la suggérerai. On pourrait mème faire tout à fait abstraction pour le moment de la désignation d'un candidat quelconque, tout en faisant comprendre qu'il n'est pas à supposer qu'après les grosses concessions qu'on ferait à la Russie tout aussi bien qu'à la paix générale, l'empereur Alexandre ne tiendra pas absolument à l'élection du prince de Mingrélie. Répondez moi télégraphiquement le plus tòt possible 1 , après avoir fai t mettre ce télégramme sous les yeux du chancelier, qui, j'en doute pas, ne verra dans mon initiative que la preuve de mon vif désir de concourir pour ma part aussi à son action éminémment pacifique.

423

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 15 gennaio 1887, ore 15,45 (per. ore 18,25).

La réponse officielle n'est pas encore arrivée de Vienne. Voici, en attendant ce que mande Reuss. Il croit qu'on finira par s'entendre. Kalnoky se prononce de préférence pour la seconde partie de l'alternative que V.E. posait dans son télégramme ostensible du 1er janvier1 , mais en se réservant de formuler quelques modifications au dernier alinéa que vous proposez comme adjonction à l'art. II. Il ne m'a pas été dit en quoi consisterait ce changement, mais tout porte à supposer qu'il se rattache aux mots «compensation équitable». J'ai appris hier, aussi, par le

. secrétaire d'Etat que, dans ses communications au Cabinet de Vienne, celui de Berlin a laissé entendre, sous la forme la plus courtoise, que, si de trop grandes difficultés se présentent pour un accord à trois, on devrait se borner à un accord à deux entre I'Allemagne et l'Italie.. Il me disait, à ce su jet, combien il serait regrettable que la signature de l'Autriche fit défaut, car c'est par so n territoire que nous trouverions une issue pour utiliser en pleine efficacité nos forces militaires, mais alors on ferait, de part et d'autre, de son mieux pour combattre éventuellement la France, notre ennemi commune. Il me semble que ce dernier argument, invoqué par I' Allemagne, rendra plus malléable I'Autriche, trop défiante de sa nature pour ne pas ètre abordée par la pensée qu'un pacte avec son exclusion pourrait tourner à son préjudice. Quant aux Balkans, Kalnoky assure que I'Autriche-Hongrie ne vise pas de conquètes, mais qu'elle a intérèt à ce que le cercle ne se ferme pas sur elle dans cette péninsule de manière à lui boucher !es communications et à la mettre en contact, dans ces régions, avec une grande puissance slave. Le comte de Bismarck s'attendait à recevoir le courrier de Vienne porteur de la réponse. En attendant il m'avait dit tout ce qu'il sait.

423 1 Cfr. n. 396.

422 1 Cfr. n. 430.

424

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 52. Berlino, 15 gennaio 1887, ore 19,15 (per. ore23).

Dans la visite que je lui ai faite hier, le secrétaire d'Etat me disait spontanément qu'ici quelques gazettes avaient reproduit de manière erronée le passage relatif à l'ltalie et à l' Angleterre dans le discours prononcé le 11 de ce mois au Reichstag par le chancelier. Dès que le prince de Bismarck s'en était aperçu, ordre avait été donné de publier rectification dans le journal la Poste qui lui avait attribué ces mots: «Je ne parle pas du tout de l'Italie et de l'Angleterre parce que je n'ai aucun motif d'examiner si ces Etats nous veulent ou non du bien». C'est ce qui a été fait. «Personne mieux que le comte de Robilant et l'ambassadeur du roi savent combien nous attachons de valeur à nos excellents rapports avec l'Italie, et c'est précisément pour ce motif que le chancelier a déclaré, entr'autres, que ces relations sont amicales sous tous les rapports». J'ai répondu que j'avais été également surpris de l'inexactitude des premiers compte-rendus, d'après lequels Son Altesse se serait exprimé à notre égard avec indifférence, car pareil language contrastait trop avec celui que je entendais à la Chancellerie impériale: aussi je me suis abstenu de télégraphier avant d'avoir sous les yeux le texte officiel. Je donnais en mème temps lecture du télégramme chiffré adressé le mème jour à V.E 1• Le comte de Bismarck me disait que j'avais parfaitement interprété la pensée du chancelier. Parlant ensuite de la situation politique extérieure, le secrétaire d'Etat admettait qu'elle s'était améliorée. La France notamment prend des airs de satisfaction; et après le discours du chancelier il s'est opéré une détente dans les rapports entre la Russie et l'Autriche. Mais ce qui est vrai aujourd'hui peut ne plus l'ètre à court intervalle: on ne voit d'ailleurs poindre une solution de l'affaire bulgare. Le comte de Bismarck croyait néanmoins que si la Régence se modifiait elle-mème par un système de «cooptation» l'empereur Alexandre serait peut-ètre alors disposé à se montrer à son tour conciliant. Quant à la situation intérieure, l'Allemagne va traverser une crise assez grave ensuite de la dissolution du Parlement. Les élections auront lieu et l'opposition travaillera sans relàche à regagner les suffrages des électeurs. Il est assez vraisemblable que le nouveau Reichstag ne différera guère de l'ancien. Le Gouvernement se sent assez fort pour persévérer dans sa voie, sauf à se faire accorder plus tard, comme en 1866, un bill d'indemnité; peut-ètre mème aviserat-il à tourner la difficulté financière au moyen du Parlement de chacun des Etats de la Confédération. On prétend mème qu'il s'agirait d'introduire dans le système du suffrage universelles élections à deux dégrés.

424 1 T. 37 del 12 gennaio, non pubblicato.

425

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 209. Roma, 15 gennaio 1887.

V.E. ha senza dubbio appreso dai resoconti parlamentari che, ora è circa un mese e propriamente nella seduta 20 dicembre, il Governo di Sua Maestà fu, nella nostra Camera dei deputati, attaccato vivamente per avere proibito una lapide che, pur non contenendo espressa ingiuria all'Austria, non era tale da riuscire aggradevole al Governo imperiale. Cito questo come l'ultimo d'una lunga serie di fatti che dimostrano quale studio noi mettiamo nell'evitare tutto ciò che possa riuscire poco piacevole ai nostri vicini della frontiera d'Oriente,

o accentuare antipatie che rendano poi troppo ardua l'opera dei due Governi, tendente a stabilire, fra i due Paesi, un'amicizia vera, e, se gli eventi lo esigeranno, praticamente efficace.

Al riaprirsi della Camera, dopo le ferie, un'altra interpellanza era presentata al banco della presidenza da un deputato dell'estrema sinistra. Un manifesto nel quale si annunziava un'esposizione artistica sotto l'alto patronato di Sua Maestà la Regina era stato proibito a Trieste, e l'affissione ne era stata impedita. Chiamato a rispondere, Io feci nella sola maniera che per me si poteva; dissi che, ogni Stato avendo libertà di apprezzamento sull'affissione di manifesti provenienti da altri Paesi, io non poteva non riconoscere nell'Austria questa libertà, della quale anche noi, ove il caso se ne presentasse, eravamo pronti a servirei.

Al punto di vista giuridico, ciò era esatto; ma non è men vero che fra due Stati amici non viene fatto uso di quel summum jus se non per gravi ragioni d'ordine pubblico le quali nel fatto di Trieste proprio non possono scorgersi. Inoltre il trattamento di delicata amicizia che noi avevamo usato verso l'Austria, or fa un mese, non trovandosi ora ricambiato da lei con procedimenti egualmente amichevoli, esponeva il Governo del re all'accusa di una eccessiva deferenza, poco compatibile con la nostra dignità, e certo non atta a far crescere in Italia le simpatie popolari, a vero dire non grandissime che qui si hanno per l'Austria.

Io non ignoro che la proibizione del manifesto, innanzi ricordato, devesi non tanto al Governo centrale, quanto a quello locale, di Trieste; ma pure, questo dipendendo da quello per gli atti di natura politica la responsabilità dell'uno non può completamente scindersi da quella dell'altro.

La prego, signor ambasciatore, di volere di questi fatti tener discorso al conte Kalnoky e dirgli quanto io deplori che, per ragioni assolutamente futili, per sospetti o timori che non hanno alcun fondamento di verità, il Governo austriaco si lasci andare ad atti che sono in Italia ritenuti come sintomo di latente ostilità, e che, commentati, coloriti, esagerati dal partito che ha interesse a rendere aspri i nostri rapporti con le Potenze centrali, fanno per noi più difficile il compito che ci siamo imposti.

Perché due Stati possano essere cordialmente amici, perché al momento opportuno non nascano difficoltà alla cooperazione di essi in un intento unico, è necessario che tutti quegli incidenti i quali, nella opinione popolare, non equivalgono ad espressione di amicizia siano con ogni cura evitati. Quale ai nostri tempi, e con le nostre istituzioni, è l'uomo di Stato che abbia la forza di trascinare il proprio Paese e combattere a fianco di altro al quale non sia legato da vincoli di simpatia?

Io desidererei che la proibizione del manifesto per la esposizione artistica sia tolta; non già perché a quell'affissione io attribuisca la minima importanza pratica, ma solo per raggiungere lo scopo innanzi indicato. Se peraltro codesto Governo non converrà con noi, non solo nella risoluzione di questa singola e piccolissima difficoltà, ma quel che più monta, nel sistema generale da seguire nei mille piccoli fatti analoghi che ogni giorno si presentano, io crederei più utile adottare, per conto nostro, un metodo diverso da quel che finora mi sono adoperato a seguire. Nei piccoli fatti di relazioni di vicinato l'Austria sarà trattata come se non stretta a noi da vincoli di particolare amicizia. La manifestazione di questa sarà riservata solo nella trattazione de' grandi affari e dei generali interessi. In tal maniera, almeno noi, non usando verso codesto Governo speciale deferenza in un campo nel quale non possiamo attenderci a reciprocità, renderemo meno antipatica la causa della cooperazione con esso nelle grandi linee della politica generale 1 .

P. S. Affido al corriere un rotolo contenente due esemplari del manifesto.

426

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTIN01

D. 1093. Roma, 17 gennaio 1887.

Ella ricevera m breve istruzioni precise sull'argomento di cui tratta il suo rapporto del 9 corrente n. 1445 2 •

Noto intanto che, secondo l'avviso del generale Gené, e nostro, non si tratta d'esercitare sopra la costa, a nord di Massaua, un vero e proprio dominio, che potrebbe, infatti, esporci a difficoltà od oneri di gran lunga superiori ad ogni sperabile vantaggio. Si tratta solo di allargare convenientemente la nostra sfera di sorveglianza sulla costa, e d'influenza sulle tribù prossime a Massaua, in guisa che queste, dipendendo economicamente, e sotto certo rispetto anche politicamente dall'autorità nostra, si trovino nell'impossibilità di nulla intraprendere che possa nuocerei, ed al tempo stesso sieno sottratte al pericolo di cadere, o sotto l'influenza delle tribù ribelli, o sotto il giogo abissimo.

Rimuovere queste due contigenze, entrambi possibili fin che dura in quelle regioni la presente incertezza, equivale a risparmiarci il pericolo di trovarci in Massaua accerchiati da ogni parte. È, in una parola, questione di esistenza e di sicurezza.

Da questo punto di vista, il progetto del signor Cameron, console inglese a Suakin, di porre cioè il limite italiano poco al nord di Ras Harb, vale a dire a poche miglia da Massaua, mentre il confine egiziano comincerebbe al fiume Lebka, a circa 40 miglia da Massaua, lasciando fuori dalla nostra influenza tutta intera la tribù degli habab, non può esser considerata come pratica e seria. Esso equivarebbe ad ammettere che, proprio alle porte di Massaua, sotto la sovranità nominale dell'Egitto, si trovino tribù oggi scontente, domani riottose, e, in prossimo avvenire, docili strumenti nelle mani o dei dervisc o degli abissini. Non presteremo certo la mano a creare intorno a Massaua una simile situazione.

Queste sono, ben inteso, semplici considerazioni, di cui, in attesa di più formali istruzioni, ella potrà valersi nei suoi colloqui col signor Baring.

425 1 Per la risposta cfr. n. 437. 426 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 5. 2 Cfr. n. 388, nota 4.

427

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 17 gennaio 1887 (per. il 22).

Je n'ai pas manqué, selon vos instructions, de donner lecture au secrétaire d'Etat de votre télégramme du 8 janvier 1 , au sujet de l'entente à établir entre nous et l'Angleterre. La récente modification du Ministère a mieux encore prédisposé le terrain à cet effet. Lord Randolph Churchill et le comte d'Iddesleigh n'adoptaient que sous réserve le programme de politique étrangère du marquis de Salisbury. Le comte de Bismarck pensait que nos ouvertures auprès du Cabinet de la reine avaient des chances de trouver un accueil favorable. Le Gouvernement britannique doit parfaitement se rendre compte des avantages d'un accord intime avec l'Italie, qui serait en mesure de fournir éventuellement de bonnes troupes pour suppléer à l'insuffisance numérique de celles de l'Angleterre; insuffisance qui explique en partie que son prestige n'est plus à la mème hauteur que jadis, lorsque, avant l'invention de la navigation à vapeur et les perfectionnements successifs de la marine, elle trouvait dans ses flottes, à elles seules, une ampie sauvegarde de ses intérèts. Le comte de Hatzfeldt, me disait encore le comte de Bismarck, est au courant de la question, et ne manquera pas, au besoin, de seconder nos vues, qui se concilient avec celles du Cabinet de Berlin.

427 1 T. s.n., non pubblicato.

428

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 17 gennaio 1887.

J'ai déjà eu l' occasion, conformément à v otre télégramme du 8 janvier l, de laisser entendre au comte de Benomar que lorsque le moment viendrait de donner une réponse relativement à l'accession de l'Espagne à notre alliance avec l' Allemagne et l' Autriche-Hongrie, cette réponse serait faite par l'entremise de notre légation à Madrid.

Il se montrait médiocrement édifié de cette attidude réservée. Il m'a deìnandé que, du moins en voie confidentielle et à titre d'ami, je lui fournisse quelques indications. Je m'y suis récusé, car autrement ce serait le mettre en mesure de devancer les communications réservées à V.E.

J'ai informé le secrétaire d'Etat de cette réponse. Je lui disais aussi que vous partagiez entièrement l'opinion du Cabinet de Berlin sur les dangers et sur le peu ou point d'utilité que des engagements dans le genre de ceux existant déjà entre les trois Etats et dont nous négocions le renouvellement sur la base d'une équitable réciprocité, présenteraient en suite d'une participation de l'Espagne. J'ai ajouté que dans ces conditions et selon votre pensée, il faudrait au moment opportun se borner à signer avec cette Puissance un acte qui donne en quelque sorte satisfaction à son amour propre, sans nous créer envers elle de véritables obligations.

Le comte de Bismarck reconnaissait la valeur de cette observation de V.E. En tout cas il ne saurait s'agir de traiter d'égal à égal un Etat qui ne range pas parmi les Grandes Puissances, ni de l'associer d'une manière complète au traité présent et futur de la Triple Alliance dont les choses lui seront tenues secrètes. J'ai fait la remarque qu'en cet état de choses, le mieux serait peut-ètre de procéder à un simple pactum de contrahendo qui, le cas échéant, ménagerait une issue pour l'avenir. Mon interlocuteur goùtait cette idée. Je lui rappelais que nous abandonions au Cabinet impérial le soin de préparer la formule qui lui semblerait la mieux appropriée.

J'ai revu hier le secrétaire d'Etat. Il me racontait que, selon des confidences faites par S.E. M. Moret au comte Solms et au baron Blanc, M. Zorilla, accompagné de M. de Freycinet, avait fait visite au général Boulanger. L'agitateur espagnol avait promis monts et merveilles, entre autres le concours armé de son Pays dans une guerre éventuelle de la France con tre l' Allemagne. Il laissait mème entrevoir une alliance italo-espagnole. Ces combinaissons ne manqueraient pas de se produire, quand le parti dont il était le chef renverserait la monarchie déjà chancelante. M. Moret ajoutait qu'il pourrait transpirer quelque chose des pourparlers de l'Espagne en vue de son adhésion à la ligue des trois Puissances, et que ce serait là un motif de plus pour activer une solution. V.E. recevra des détails, à ce sujet, par notre

mission à Madrid. Un courrier qui part aujourd'hui de Berlin pour Rome, apporte aussi ces mèmes renseignements à M. de Keudell.

Selon l'avis du comte de Bismarck, qui était aussi le mien, il convient peut-ètre de faire une part à l'exageration dans le récit de M. Moret, à l'affùt de tout argument à l'appui du projet d'alliance. Mais l'ambassade d' Allemagne à Paris n'a pas moins d'instructions de procéder à des vérifications. V.E. jugera s'il est le cas de charger l'ambassadeur du roi en France d'agir de mème pour démèler la vérité sur les intrigues de M. Zorilla.

428 1 Non pubblicato ma cfr. n. 404, nota l.

429

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4333. Berlino, 17 gennaio 1887 (per. il 23).

Tout en me référant à mes rapports sur les dernières séances du Reichstag, je crois devoir, lors mème que V.E. aura déjà relevé l'importance des discours du chancelier, en résumer dans ma correspondance les points essentiels.

D'abord, l'alliance avec l'Autriche, que l'on disait ébranlée, est toujours vivante. Elle est l'arnie du premier degré, que l'on tient volontiers sous le bras pour ètre plus près d'elle, et peut-ètre aussi, de peur qu'elle ne s'échappe. Mais l' Autriche et l' Allemagne, si elles se déclarent mutuellement intéressées à défendre au besoin leur position de Grandes Puissances, ont leurs propres convenances. L'une louche du còté de l'Orient, l'autre surveille plutòt l'Occident. L'Allemagne n'a rien à faire avec l'Orient. Elle ne prend pas souci de la Bulgarie. Peu lui importe de savoir, qui règne ou ne règne pas à Sophia ou à Philippopoli. Elle estime qu'entre l'amitié bulgare et celle de la Russie il n'y a pas à hésiter.

On pourrait en conclure que si le comte Pierre Schouvaloff est venu à Berlin pour s'entendre sur le sort des bulgares, il a trouvé des oreilles complaisantes. Mais les dispositions du chancelier étaient connues bien avant l'arrivée de cet ex-diplomate.

Le second point acquis c'est que l'alliance germano-russe, qui a donné lieu à tant de commentaires, n'existe pas. Le prince de Bismarck l'a dit en termes formels. Elle ne pourrait évidemment se concilier avec la position de l' Allemagne envers l'Autriche. Ce qui le prouve mieux encore, ce sont les passages du discours, où la Russie est représentée comme un voisin, avec lequel on veut vivre en paix, dont il faut ménager les susceptibilités, que, dans tous les cas, on n'attaquera pas le premier. Ce n'est pas sur ce ton là, que l'on s'exprime envers un allié, un ami du cceur.

Ce ton vis-à-vis de la Russie devient aigre, pour ne pas dire davantage, lorsqu'il s'agit de la France. C'est de là qu'on attend l'orage. C'est un pays en voie de transformation, un pays troublé où les nuages vont et viennent, amenés ou chassés par des vents incertains. On veut bien reconnaìtre, que ni le gouvernement actuel, ni une partie de la Nation française ne souhaite la guerre; mais personne ne peut prévoir ce que sera et ce que voudra le gouvernement de lendemain. Quand les destinées d'un peuple sont livrées aux combinaisons du hasard, il faut bien prendre d'avance ses précautions, de peur de surprise. D'ailleurs, la France n'a jamais renoncé à revendiquer l' Alsace-Lorraine, et il est évident qu'elle saisira la première occasion de rentrer dans ce qu'elle appelle son bien.

C'est donc bien contre la France qu'est dirigée officiellement la pointe de l'épée allemande. Mais faut-il se fier absolument à cette indication, si précise qu'elle soit? N'est-il pas à croire aussi qu'en menaçant la France, on ne regarde pas aussi du còté de l'est, dans la prévision d'une coalition? En désignant la France, on est sùr de faire vibrer les fibres patriotiques en Allemagne. Il serait plus dangereux de s'en prendre à la Russie, qui, n'ayant jamais été battue par l' Allemagne et se croyant plus forte, est aussi plus susceptible.

l'ai entendu tirer de ces discours la morale très-vraie: c'est que la meilleure politique est celle qui a le meilleur sabre au còté.

En tout cas, ces discours, rapprochés de ceux du maréchal de Moltke, -lors mème que la note pacifique ne pouvait y dominer, du moment où il s'agissait de nouveaux armements-ne sont pas de nature à écarter les préoccupations générales. On a tellement étayé, replatré, que l'art de la diplomatie ne suffira probablement plus pour tenir debout ce qui menace de tomber en ruines. Je ne veux pourtant pas en tirer l'horoscope d'une guerre prochaine, mais certainement l'année qui vient de commencer sera féconde en émotions de plus d'une sorte.

Je me réfère également à ce quej'ai télégraphié à V.E. le 12 1 et le 15 janvier sur la manière dont le chancelier a parlé des relations amicales sous tous les rapports entre l'Allemagne et l'Italie. Je reproduis ici les termes du dernier de ces télégrammes 2 .

430

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4334. Berlino, 17 gennaio 1887 (per. il 23).

Les instructions télégraphiques de V.E. du 14 janvier1 ne me sont parvenues qu'après la fermeture des bureaux de la chancellerie impériale.

J'en parlais dès le 15 au secrétaire d'Etat qui, après avoir mis sous les yeux du chancelier votre télégramme, m'a dit le lendemain que Son Altesse vous remercie beaucoup de cette communication dont elle a pris connaissance avec un vif intérèt. Le prince de Bismarck trouve acceptable la combinaison énoncée par V.E., à cela près que l'empereur Alexandre s'attribuant à lui-mème le soin d'aviser en ce qui

2 Cfr. n. 424. 430 1 Cfr. n. 422.

concerne une nouvelle candidature au tròne de Bulgarie, il conviendrait de ne pas préjuger ses intentions sur ce point. Il serait donc mieux, comme vous le laissiez déjà entendre, de faire abstraction complète de la désignation d'un candidat quelconque. Sauf cette réserve et en ce qui le regarde, le chancelier serait disposé à appuyer votre suggestion. Il ne pourrait toutefois le faire ostensiblement que du moment où le Cabinet de Pétersbourg en ferait autant; car, ainsi qu'il l'a nettement déclaré dans so n discours du Il janvier au Reichstag, l' Allemagne se disintéresse des affaires bulgares, et ne veut en aucune façon se brouiller avec la Russie, surtout pour une question semblable.

Le prince de Bismarck croit que le Gouvernement russe, lui aussi, n'objecterait pas non plus à votre suggestion de laquelle serait éliminée la désignation d'une candidature.

Le secrétaire d'Etat ignorait sous quelle forme V.E. se proposait de donner suite à cette idée. Vous enverriez peut-ètre un télégramme à l'ambassadeur du roi à. Pétersbourg pour l'informer du langage que vous aurez tenu à la deputation bulgare, en fournissant ainsi à M. de Giers l'occasion de s'expliquer à son tour.

En me référant à mon télégramme du 16 janvier2 ...

429 1 T. 37, non pubblicato.

431

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. S.N. Londra, 17 gennaio 1887.

Oggi ricevetti il dispaccio che l'E.V. mi fece l'onore di rivolgermi li 11 del presente 1 , relativamente alle suggestioni a farsi al Governo britannico alfine di procedere ad uno scamb!o di idee preparatorie di eventuali e positivi accordi.

Non indugiai a trasferirmi presso lord Salisbury, al quale diedi lettura in inglese dei passaggi più importanti di esso, facendoli seguire dagli opportuni commenti. Sua Signoria ascoltò questa lettura con viva attenzione e mi espresse indi il desiderio di avere un memorandum contenente la sostanza di quel documento, che si propose di prendere in seria considerazione allegando che esso costituirebbe l'iniziamento di uno scambio di idee che potrebbe, all'emergenza, condurre ad accordi concreti.

Sua Signoria disse indi la politica dell'Inghilterra nel Mediterraneo e ne' mari d'oriente essere antica e tradizionale, epperò ben conosciuta; non potersi dire altrettanto dell'Italia; essa aveva indubbiamente grandi interessi in quelle regioni, ma egli crederebbe utile all'ulteriore sviluppo di questi scambi di comunicazioni che il R. Governo definisse in modo più positivo i suoi interessi sulle coste d'Africa,

nell'Adriatico, a Salonicco e nel Mare Egeo, nel Mar Nero, e quel valore desse a ciascuna di queste questioni (how far they would emphasize them). Risposi che ero pronto ad entrare in queste materie tostoché Sua Signoria avrebbe manifestato i suoi intendimenti riguardo alle entrature che ero incaricato di fargli da parte del

R. Governo. E Sua Signoria mi lasciò intendere che farebbe una risposta al mio memorandum, del quale unisco copia al presente 2• L'E.V. giudicherà frattanto se sia opportuno di fornirmi speciali istruzioni sui

punti ai quali Sua Signoria fece allusione. Delle quali cose ebbi testè l'onore di dar contezza telegrafica all'E. V. 3

430 2 T. 56, non pubblicato. 431 1 Cfr. n. 414.

432

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÉ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

T. 62. Aden, 18 gennaio 1887, ore 10 (per. ore 11 ).

Massaua, 15 gennaio. N. 54. Ras Alula, à propos de caravanes des hababs et de l'occupation de Uaà, envoya des menaces de Ghinda, où il se trouve avec des soldats, il a dit, pour question agricole. J'ai renforcé Saati et Uaà avec réguliers et canons. Pas de crainte. Pourtant nécessaire que soit prèt envoi d'un bataillon, d'une section montagne complète avec personnel et mulets et d'une compagnie génie. Suit rapport 2•

433

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ 1

D. 315. Roma, 18 gennaio 1887.

*Il telegramma che mi affrettai, questa sera stessa, a spedirle 2 , già le reca il racconto del mio lungo colloquio coi signori Stoiloff, Grekow e Kaltcheff, deputati della assemblea bulgara*.

Questi tre signori, non appena giunti a Roma, mi avevano chiesto udienza con lettera indirizzatami ieri dal signor Stoiloff. Mi si presentarono, nel pomeriggio

3 T. 59, non pubblicato. 432 1 Ed. in italiano in LV 60, p. 71 ed in F. CRISPI, La prima guerra d'Africa, Documenti e Memorie, a cura di T. Palamenghi-Crispi, Milano, Garzanti, 1939, p. 16.

2 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 3-4. 433 1 Ed. con l'omissione dei brani tra asterischi in LV 69, pp. 74-76. 2 T. 34 in realtà del 19 gennaio, non pubblicato.

425 d'oggi, con la lettera d'introduzione che la S.V. aveva loro rimesso, e con una commendatizia di codesto signor ministro degli affari esteri. Dissi tosto ai tre deputati che ero lieto di vederli; venuti in paese amico, avrebbero trovato accoglienza cordiale, come si conviene ad amici.

La conversazione assunse tosto accento di grande schiettezza e confidenza.

Il signor Kaltcheff, al discorso del quale i colleghi suoi venivano, di quando in quando, assentendo, fece una succinta esposizione degli avvenimenti in Bulgaria. Nulla disse che potesse significare animo ostile verso la Russia; anzi il desiderio di rannodare con questa rapporti di mutua benevolenza traspariva abbastanza chiaramente dalle sue parole. Però, nel narrare ciò che in Bulgaria è occorso dopo la venuta a Sofia del generale Kaulbars, il signor Kaltcheff non tralasciò di notare la singolarità, la incongruenza dei procedimenti dell'agente imperiale, ricordando, tra le altre cose, come questi fosse da principio accreditato presso quella stessa Reggenza che più tardi ripetutamente dichiarava di non riconoscere, e come indarno si fosse cercato dalla Reggenza di indurre il generale, osteggiatore di ogni cosa, a mettere innanzi un programma positivo, suscettibile di pratica e conveniente attuazione.

La conclusione dei tre deputati, dopo che mi ebbero sommariamene additato la situazione presente del loro Paese, fu la preghiera, francamente rivoltami, d'avere dal R. Governo amichevole consiglio ed appoggio efficace.

Presi a mia volta la parola, premettendo che avrei anzitutto, come ministro degli affari esteri, manifestato, senza reticenza od ambagi, il pensiero del R. Governo.

La Bulgaria -dissi -ha per sé le generali simpatie e suscita grande interesse in Europa. Però all'Europa si impone un interesse maggiore: il mantenimento della pace. Si vuole bensì riuscire alla soluzione della questione bulgara, parte integrante di quella che oramai può appellarsi questione europea; ma sopratutto si intende, con sforzo unanime, ad evitare le calamità di una guerra. Questo è il punto di vista dal quale debbono collocarsi gli uomini di Stato, in Bulgaria, se desiderano imprimere ai loro atti, alla loro politica, un carattere praticamente utile alla loro nazione.

Una seconda considerazione dovevo del pari enunciare. Altra Nazione, l'Italia, aveva fatto tale esperimento di cui la Bulgaria poteva oramai giovarsi. Non è, -e qui chiedevo di poter esprimere il mio pensiero con una immagine concreta, -non è navigando con la rapida ed invariata tenacia del vapore che può arrivare alla meta quel popolo che si prefigga di conquistarsi libertà ed indipendenza; conviene invece che si valga accortamente della vela, che sappia rassegnarsi alle lunghe soste quando taccia il vento, e si adatti a bordeggiare quando questo non spiri nella giusta direzione.

Dopo queste premesse, di cui gli interlocutori miei mi parvero avere esattamente afferrato il significato ed il valore, entrai nel vivo dell'argomento, non senza dichiarare espressamente che non intedevo punto porgere consigli, i quali avrebbero potuto avere la apparenza di una intromissione nelle cose interne della Bulgaria. Mio proposito era quello soltanto di porre sotto gli occhi dei tre deputati la situazione, quale mi sembra ora presentarsi, lasciando che il Governo di Sofia decida nella pienezza del suo giudizio e della sua responsabilità.

Per me, -dissi, è evidente che una risoluzione definitva deve essere presa, a Sofia, tostoché la deputazione, reduce dal suo giro per le capitali europee, vi sarà rientrata. Quale potrà essere una siffatta risoluzione? A me pare che oramai una precisa alternativa si impone al Governo di Sofia. Questa deve scegliere tra l'uno

o l'altro di questi due partiti.

O si mantenga il presente stato di cose provvisorio, dedicandosi il Governo esclusivamente a tutelare l'ordine all'interno e a rimuovere ogni contigenza di complicazioni esteriori. Questo partito ha i suoi vantaggi, e segnatamente quelli che sono proprii a qualsivoglia statu quo; la Bulgaria si risparmierebbe la molestia di incerti eventi e la scossa di inevitabili perturbazioni. Ma codesto partito ha pure i suoi inconvenienti; i quali sarebbero, a mio giudizio, gravissimi. La condizione delle cose in Bulgaria, e l'incerta soluzione delle attuali difficoltà, tengono l'Europa intera in un ambiente di inquietudine e di malessere che, potraendosi, non potrà non nuocere alle buone disposizioni delle Potenze. Alle presenti simpatie subentreranno in breve l'impazienza e l'irritazione; così che, nel giorno della crisi decisiva, la Bulgaria si troverebbe abbandonata a se stessa. Certo i bulgari, saprebbero trovare, nel proprio patriottismo, la forza di lottare e di cadere con onore; però siffatte catasfrofi, che la storia tramanda col ricordo di eroismi sublimi, sogliono pure segnare date lungamente nefaste, ed è pur dura sorte, per giovane Nazione, il dover ripigliare il faticoso cammino d'un nuovo rinascimento.

O si cerchi, -questo è il secondo partito, -risolutamente un accordo colla Russia; accordo che, a mio avviso, non è punto impossibile qualora attentamente si meditino e si studino i procedimenti segnati dal Trattato di Berlino e dal protocollo di Costantinopoli del 5 aprile 1885.

*Qui dovevo, come ministro degli affari esteri, porre termine al mio dire. Però, come amico ed a titolo di pensiero affatto individuale, avrei pigliato licenza -dissi -di aggiungere ancora altre avvertenze e considerazioni, con la espressa riserva che a queste non si avesse ad attribuire carattere ufficiale. Di questa seconda parte della nostra conversazione, che lungamente ancora si protrasse, preferisco trattare in separato dispaccio 3 , acciò meglio apparisca l'essenziale distinzione che mi preme di fare tra le cose da me dette come ministro e quelle che aggiunsi come privata ed amica persona*.

431 2 Non pubblicato.

434

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

D. CONFIDENZIALE 316. Roma, 18 gennaio 1887.

Riassumo in questo secondo mio dispaccio ciò che, esaurito, nel colloquio d'oggi coi deputati bulgari, il mio dire come ministro degli affari esteri, aggiunsi a titolo meramente personale e con espressa esclusione d'ogni carattere ufficiale.

Avevo, nel chiudere la prima parte della nostra conversazione, espresso l'avviso che, mercé un diligente studio dei procedimenti segnati dal Trattato di Berlino e dal protocollo di Costantinopoli, non fosse impossibile di giungere ad onorevole accordo colla Russia. Tale è infatti il mio convicimento.

Trattavasi, naturalmente, di semplice idea, che abbandonavo al giudizio dei miei interlocutori.

L'assemblea attuale -dissi -dovrebbe sciogliersi o lasciarsi sciogliere dall'attuale Reggenza. Questa convocherebbe gli elettori, in Bulgaria, per la creazione di un'assemblea esclusivamente bulgara; la quale a sua volta, procederebbe, anzitutto alla nomina di una nuova Reggenza, e immediatamente dopo alla proclamazione del principe. La nuova Reggenza, formato un nuovo Ministero, governerebbe il Paese, secondo la costituzione, fino alla venuta ed all'insediamento del principe.

Un siffatto metodo -osservai -avrebbe duplice pregio. In primo luogo sarebbe strettamente conforme alle prescrizioni del Trattato di Berlino, eliminando il vizio d'origine di cui la attuale Sobranje in sé reca il germe, come i migliori amici della Bulgaria non avevano, fin da principio, potuto dissimularsi. In secondo luogo esso renderebbe possibile, nei congegni costituzionali e governativi del Paese, quel lavorìo di trasformazione e conciliazione, che dovrebbe, secondo le ripetute affermazioni del Gabinetto di Pietroburgo, dare soddisfazione alle esigenze della Russia.

I deputati bulgari, i quali seguivano attentamente il mio parlare, mi parvero affermarne il giusto senso, ed apprezzare l'efficacia del modus agendi da me adombrato. Però mi fu da essi tosto affacciata, non senza ragionevolezza, la osservazione che l'adozione di un simile programma, da parte del Governo di Sofia, non era, agli occhi loro, possibile, se non alla condizione che, mercé la anticipata acquiescenza della Russia, fosse procacciata la certezza di riuscire per tal guisa ad un risultamento effettivamente pratico. Voleva, poteva il Governo del re incaricarsi di fare, a tale scopo, opportuno officio a Pietroburgo?

A questa schietta domanda francamente risposi. L'Italia -dissi -non ha titolo per sostenere una parte speciale nella controversia bulgara; inoltre, per ragioni che sarebbe superfluo ricordare, non è, tra le Potenze, quella che in questo momento sia la meglio benevisa a Pietroburgo. Non gioverebbe quindi a noi, e neppure alla Bulgaria stessa, che le entrature preliminari, in relazione col programma da me additato, a Pietroburgo giungano da Roma. Altra Potenza mi sembrava assai meglio in grado di rendere, in questa circostanza, utile servigio alla Bulgaria; la Turchia stessa. La Turchia, come Potenza alto-sovrana, ha, rispetto alle cose bulgare, una speciale competenza, che certo nessuno vorrà contrastarle. Di più, le relazioni fra la Turchia e la Russia si sono fatte in questi ultimi tempi particolarmente cordiali ed intime, tanto che più d'una volta, di recente, l'azione delle due Potenze, a Sofia, apparve perfettamente concorde ed inspirata da unico concetto direttivo. La Sublime Porta riunisce dunque in sé, per gli offici da farsi a Pietroburgo, quella duplice condizione favorevole che a noi fa precisamente difetto.

Né la cosa può riuscire malagevole ad ottenersi. La deputazione bulgara recasi ora a Costantinopoli. Perché-dissi-non aprirebbe, a questo riguardo, schiettamente l'animo suo ai ministri del sultano? Certo, a Costantinopoli non dovrà dirsi, del programma che si vorrebbe far gradire ed attuare, essere desso sorto, qui, in Roma, nel corso della nostra conversazione. Bensì la deputazione potrà dire che quel programma in sé riassume l'impressione complessiva, e quasi la sintesi di quanto essa raccolse nella sua peregrinazione in Europa. Dopo di che tornerà affatto ovvia e naturale la preghiera sua, che la Sublime Porta accolga anzitutto il programma, e tasti indi il terreno, a Pietroburgo, per fornire a sé e alla Bulgaria l'anticipata sicurezza che l'applicazione sua possa condurre alla soluzione del problema. La Sublime Porta -osservai -con tanto maggiore zelo e buon volere si adopererà nel còmpito suo, in quanto che oramai non può più farsi illusione sulle conseguenze immediate, per l'Impero, di una conflagazione che divampasse in un punto qualsiasi dei Balkani.

Con questi miei cenni ebbe termine il colloquio; i deputati bulgari da me si accommiatarono riportandone, a quanto mi sembrò, buona impressione. Essi riconobbero, anzi espressamente dichiararono, che qui, a Roma, dalla mia bocca, essi udirono, per la prima volta dopo che intrapresero il loro viaggio attraverso l'Europa, indicazioni pratiche, e non più, come altrove loro accadde, suggerimenti generici, e dichiarazioni di platonica benevolenza.

Entrambi i miei dispacci d'oggi 1 , e questo segnatamente, sono esclusivamente destinati per informazione di lei, acciò ella possa, in ogni propizia occasione, tenere linguaggio conforme al mio. Che se dei miei concetti, per la soluzione effetiva della questione, le fosse costì tenuto parola, o dal ministro degli affari esteri, o da altri personaggi politici del paese, la S.V. dovrà senza esitazione raccomandarne l'adozione, traendo bensì dal mio scritto gli argomenti a ciò acconci, ma avendo l'aspetto di esprimere un suo proprio convincimento personale, non già di uniformarsi ad istruzioni ricevute.

433 3 Cfr. n. 434.

435

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 18 gennaio 1887.

Je vous remercie vivement de v otre lettre du ler janvier 1• Depuis lors il y a eu une réplique de l' Autriche à vos propositions. On attend maintenant la duplique pour me servir d'une expression usitée dans le barreau. Tout se passe à Vienne avec une lenteur désespérante. Cependant on pensait ici recevoir chaque jour la réponse officielle. C'est mème pour ce motif que j'ai gardé ici quarante huit heures de plus le courrier auxiliaire. On croit savoir ici sur quoi porteront les amendements autrichiens. Les mots «compensation équitable» font dresser l'oreille au comte Kalnoky. Je suppose -quoiqu'ici on ne m'en ait pas soufflé mot -qu'on se préoccupe à Vienne que nous puissions faire entrer par une porte dérobée la question du Trentina, d'une rectification de frontière vers l'Isonzo, qui sait mème

435 1 Non rinvenuta. Nelle carte Robilant non si conservano generalmente le minute delle lettere in partenza.

de Trieste. Il va de soi que nous serions trop heureux si on nous offrait, le cas échéant, des dédommagements surtout du còté de Trento. Mais que nous profitions nous mèmes de notre position d'allié pour poser hic et nunc une question si délicate, ce n'est pas présumable, et l'on aurait tort a Vienne de s'en préoccuper. C'est ce que je compte dire comme mon opinion personnelle si on me fait des allusions à cet égard. Enfin nous verrons comment seront conçues !es modifications à votre projet du dernier alinéa à l'art. II, et vous saurez comme toujours aviser pour le mieux. Si en 1882l'Autriche et l'Allemagne avaient accepté notre proposition d'une garantie réciproque de nos territoires le Cabinet de Vienne ne serait pas hanté, au mème degré du moins, par le spectre de l'irrédentisme. Mais il y a un obstacle invincible à une garantie territoriale. C'est un cas de conscience pour l'empereur François-Joseph de s'abstenir de s'engager d'une manière aussi formelle à reconnaìtre notre occupation de Rome.

J'avais déja combattu l'argument que notre concours n'est bon qu'à paraliser l'action des deux corps d'armée que la France laisserait à la garde des Alpes. J'ai affirmé que de notre còté il suffirait également de quelques corps d'armée pour nous préserver d'un attaque de la France vers !es Alpes, et que le reste de nos forces resterait disponible dans d'autres directions. Mais pour donner plus de poids à mon langage, j'ai lu au comte Herbert le passage y relatif de votre lettre. Il m'a dit que ses observations là-dessus n'avaient eu pour objet que de démontrer la grande utilité d'associer l' Autriche aux arrangements; car !es forces dont nous disposerios en outre de celles placées vers !es Alpes du còté de la France deviendraient inutilisables si !es débouchés de cette chaine de montagnes étaient fermés du còté de l' Autriche. Vous auriez remarqué ce que disait le chancelier du Reichstag que dans le cas d'une guerre avec la France, l' Allemagne resterai t seule à se défendre. En effet il faudrait que la Russie se coalisàt avec la France pour que le casus foederis se vérifiat avec l'Autriche. En ce qui nous concerne nous devrions il est vrai faire cause commune, mais nos armées ne pourraient se rejoindre par voie de terre, si l'issue nous était fermée à travers le territoire autrichien. C'est en ce sens que le prince de Bismarck pouvait en quelque mesure laisser entendre que dans cette éventualité l'Allemagne devrait compter sur ses seules forces contre la France.

Enfin espérons que tout ira pour le mieux, et comme vous je crie: «Vive le roi».

434 1 Cfr. n. 433.

436

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 176. Vienna, 19 gennaio 1887 (per. il 23).

Avendo avuto oggi occasione di intrattenermi col conte Kalnoky gli chiesi quale fosse la sua impressione sui discorsi tenuti dal principe di Bismarck al Reichstag tedesco e sulle loro conseguenze. II conte Kalnoky cominciò col dirmi che naturalmente tutto ciò che il principe di Bismarck disse sull'alleanza austro-germanica e sul disinteresse della Germania in Oriente gli era noto prima d'ora. Ma soggiunse che vi era una grande differenza tra il fatto che la situazione diplomatica internazionale della Germania verso l'Austria, e viceversa, fosse pienamente chiara e nota alle due Potenze per mezzo di documenti diplomatici destinati ad esse sole e il fatto che questa situazione fosse notificata al pubblico e alle Potenze terze.

Noi sapevamo perfettamente, disse il conte Kalnoky, che la Germania non ha diritto all'aiuto dell'Austria-Ungheria nel caso in cui la prima sia in guerra con la Francia sola, che l'Austria-Ungheria non ha diritto al soccorso dèlla Germania nelle complicazioni balcaniche e che la Germania si considera disinteressata negli affari d'Oriente, compresa anche la sorte di Costantinopoli. Ma tutto ciò non era saputo dal pubblico, non era saputo da tutte le Potenze e principalmente dalle piccole Potenze del Danubio e dei Balcani. Nel pubblico si sapeva soltanto che la Germania e l'Austria-Ungheria erano strette in un'alleanza della quale s'ignoravano le clausole. Ora è chiaro che l'effetto delle dichiarazioni del principe di Bismarck sarà deplorevole nella penisola dei Balcani e in Oriente al punto di vista degli interessi austro-ungarici. Le tendenze panslaviste ne ricaveranno forza e vantaggio a scapito di questi interessi e degli interessi europei. E d'altro lato non è cosa indifferente che la Francia sappia bene positivamente che in caso di guerra con essa la Germania non può contare che sulle proprie forze.

In tale stato di cose, continuava il conte Kalnoky, l'Austria-Ungheria deve più che mai concentrare tutta la sua attenzione verso l'Oriente. Benché la triste eventualità d'una guerra non sia ora probabile, e vi siano anzi da qualche tempo sintomi più rassicuranti, tuttavia alcuni provvedimenti dovettero esser presi a titolo puramente d'indispensabile precauzione. Così fu provvisto all'aumento nei magazzini degli oggetti di vestiario e di equipaggiamento: si accelererà l 'istituzione della Landsturm e si anticipò di qualche settimana l'appello delle reclute della riserva di complemento. Ma, conchiuse il conte Kalnoky, tutto fa sperare che la pace non sarà turbata.

Di questi ultimi provvedimenti io già avvisai l'E.V. con telegramma di ieri\ e il tenente-colonnello Cerruti, addetto militare a questa r. ambasciata, ne fece oggetto di speciale rapporto al comandante del r. corpo di stato maggiore.

437

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 178. Vienna, 19 gennaio 1887 (per. il 23).

Ho ricevuto oggi il dispaccio del 15 corrente, n. 209 serie politica 1 , col quale l'E.V. mi commette di fare opportune rappresentazioni al conte Kalnoky relativa

mente alla proibizione di cui fu oggetto a Trieste l'affissione pubblica dell'annunzio d'una esposizione artistica a Venezia, posta sotto l'alto patronato di Sua Maestà la Regina, e di esprimere il desiderio che tale interdizione sia tolta. Nella conclusione di questo dispaccio l'E.V. osserva che se il Governo austro-ungarico non conviene col Governo del re nel programma d'evitare in generale i molteplici attriti che possano ingenerare sfiducia e antipatia fra le rispettive popolazioni, ella crederebbe più utile di adottare per l'avvenire un metodo diverso da quello finora seguito dal

R. Governo, trattando l'Austria nei piccoli fatti di relazioni di vicinato come se questa Potenza non sia stretta a noi da vincoli di particolare amicizia, pur continuando a trattarla con questi sentimenti di particolare amicizia nelle questioni dei grandi affari e dei generali interessi.

Il soggetto di questo dispaccio, specialmente nelle considerazioni generali in esso svolte e nella sua conclusione, è d'un'indole così delicata che io ho creduto utile, per timore di servirmi di espressioni inadeguate, di leggere, traducendolo, il dispaccio stesso di V.E. al conte Kalnoky.

Il ministro imperiale espresse l'avviso che sia più conveniente agli interessi reciproci il sistema delle concessioni reciproche e della reciproca deferenza nei varii incidenti che si producono nei due Paesi vicini, all'infuori d'ogni intenzione dei due Governi. Quanto all'interdizione dell'affissione che provocò il dispaccio dell'E.V., il conte Kalnoky mi disse che l'aveva ignorata. Prenderà in considerazione il desiderio manifestato dall'E.V. perché tale interdizione sia tolta e ne conferirà di proposito col presidente del Consiglio e ministro dell'interno, conte Taaffe. Si riserva poi di far conoscere la risposta all'E.V. sia per mezzo mio, sia per mezzo dell'ambasciata imperiale a Roma.

436 1 T. 64, non pubblicato. 437 1 Cfr. n. 425.

438

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A PECHINO, MARTIN LANCIAREZ AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 242. Shanghai, 19 gennaio 1887 (per. il 25 febbraio).

L'E.V. rammenterà di certo la interessante conversazione che ebbi con sir Robert Hart sull'argomento delle missioni cattoliche in Cina in generale e sulla protezione dei nostri missionari in particolare. Di questa conversazione è cenno nel rapporto di questa serie n. 223, che ebbi l'onore d'indirizzare a codesto ministero sotto la data del 6 ottobre u.s. 1 In questa circostanza sir Robert Hart dietro preghiera fattagliene mi promise che mi avrebbe tenuto al corrente di quanto di nuovo fosse per verificarsi presso Io Tsung-Ii-ya-men sopra tale argomento e più specialmente in quanto rifletteva i nostri missionari.

Ebbi occasione ultimamente di scrivere a sir Robert Hart per fargli i m1e1 augurii di Capo d'anno e gli rammentai la promessa fattami e lo pregavo di dirmi se era sua cognizione che lo Tsung-li ya-men sarebbe disposto a vidimare passaporti che da missionari italiani mi fossero richiesti, ciò che poteva verificarsi da un momento all'altro.

Ricevo oggi da sir Robert Hart un documento confidenziale che egli ha mandato in cifra a questo commissioner delle dogane per essermi comunicato. Esso è del tenore seguente:

«Tsung-li ya-men will seal, but request you to send passeports for seal in official despatch.

Despatch should say passeports for italian priests will henceforth be issued by italian legation and request Tsung-il ya-men not to seal passeports for italian subjects unless issued, asked for or authorised by italian legation».

Non è mestieri che io richiami l'attenzione di V.E. su tale telegramma. Esso indica chiaramente quali sono le idee dello Tsung-li ya-men ed esse sono a mio avviso favorevoli a noi. Non è però men vero che nella seconda parte di esso la intenzione precisa e netta di voler far cessare il protettorato francese su tutte le missioni apparisce d'altra parte non meno chiaramente e che mentre lo Tsung-li ya-men non vuoi prendere un'attitudine risoluta verso la Francia, sarebbe però riconosciente a quella Potenza che prendesse l'iniziativa.

Vorrà l'Italia essere quella Potenza? Ed al Governo del re tornerà conto far tale parte? Stando alle istruzioni impartitemi non sembrami che alla Consulta si sia disposti a far ciò. Ma è questione troppo seria, perché io possa pronunciarmi.

Mi permetterò solo di osservare che qualora le idee dello Tsung-li ya-men trovassero favorevole accoglienza presso il Ministero, la questione dei missionari sarebbere risoluta d'un tratto e tutta a nostro vantaggio, sempre però ben inteso che le altre nostre missioni in Cina si decidessero ad imitare l'esempio di quella dello Scen-si, che non sarebbe del tutto improbabile. E se si riflette che è assai verosimile che il marchese Tseng il quale fa parte ora dello Tsung-li ya-men, possa imitare l'esempio delle Nazioni di Europa le quali rilasciano passaporti valevoli solo per un anno (vedi mio rapporto, serie politica n. 237 in data del 22 dicembre u.s.) 2 la soluzione di tale questione riuscirebbe anche più agevole.

Può darsi che al Ministero si censuri il modo col quale ho fatto progredire la questione dei missionari, sta però in fatti che essa si muove e cammina. Ciò è innegabile. Lascio ad altri la cura di dirigere gli incerti passi, non ne sarò geloso, perché mi consolerà il pensiero di essere stato il primo a rilasciare passaporti a missionari nostri e di avere nel breve tempo che ho retto questa legazione, tracciato ad altri la via per giungere alla meta 3 .

È poi appena necessario che io soggiunga alla E.V. che nel rispondere per lettera a sir Robert Hart, mi limiterò ad accusare ricevuta del suo telegramma

438 2 Non pubblicato. 3 Annotazione a margine di di Robilant: «Chi si loda s'imbroda».

ringraziandolo e che avrò cura di aggiungere che non ho per il momento dal Ministero alcuna istruzione relativa alla seconda parte della sua notizia. Possa questo mio rapporto essere esente da critica; è tutto quanto io oso umilmente sperare; ed in tale aspettativa mi è grato, onorevolissimo signor ministro, ...

438 1 Cfr. n. !56.

439

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, ALL'IMPERATORE D'ETIOPIA, GIOVANNI IV

Massaua, 19 gennaio 1887.

Che il Salvatore del mondo vi conceda una lunga vita.

Come state colle vostre truppe? Io, grazie a Dio, sto bene colle mie truppe.

Avant'jeri ho scritto a voi Maestà una lettera e l'ho mandata a ras Alula per spedirverla. Ora vi mando la copia di quella lettera.

Ieri mi è giunta la notizia che ras Alula ha legato con delle catene il conte Salimbeni, vostro amico e mio amico, con i suoi individui in Ghenda, e li ha minacciati colla morte se non tolgo i miei soldati da Uaà e da Saati.

Nella mia lettera d'avant'jeri io ho detto che ho messo i soldati in Uaà, non per far la guerra all'Etiopia, ma è per proteggere il paese dai ribelli e dai ladri.

Io dico, dinnanzi a Dio, che la mia intenzione è buona e non cattiva. Ma io, dopo aver sentito che ras Alula ha detto che vuoi venire cacciar i miei soldati, ho aumentato i soldati ed ho messo dei cannoni, perché gli italiani, come rispettano gli altri, debbono essere rispettati.

Voi, Maestà, che siete savio e giusto, vedrete che la condotta di ras Alula non è giusta.

Ora, voi Maestà, potete credere senza dubbio alla parola dei mio re ed a quanto io vi ho detto ed ordinerete che Salimbeni e gli individui che sono con lui, siano messi in libertà.

Tutto il male che succederà a questi italiani, sarà cagione d'inimicizia fra l'Italia e l'Etiopia. Voi, Maestà, conoscete bene le cose del mondo e non potete permettere che si faccia una guerra con una Potenza grande e forte, come l'Italia.

Io che sono vostro amico, vi scrivo questa lettera per informarvi della verità, e perché sappiate che ras Alula guasta l'amicizia fra voi e noi. Per ciò vi prego di ordinare che gli italiani che sono legati in Ghenda siano liberati.

Scrivo questo, conoscendo io che voi, Maestà, siete savio e giusto.

Che Dio protegga la vostra salute e vi conceda le sue benedizioni.

439 1 Trasmessa al Ministero degli esteri con R. 868 del 21 gennaio, non pubblicato ma cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 5-9 (publicazione del rapporto senza gli annessi).

440

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIA T A A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 167. Roma, 20 gennaio 1887.

L'ambasciatore di Russia venne oggi alla Consulta per comunicarmi il contenuto d'un telegramma pervenutogli dal suo Governo.

Il signor di Giers rivolge al Governo del re la preghiera che voglia impartire al rappresentante di Sua Maestà a Costantinopoli istruzione di intendersi col suo collega di Russia per i modi atti ad agevolare la soluzione della crisi bulgara.

Il significato di questa comunicazione, per se stessa alquanto indeterminata, mi riusciva abbastanza chiaro mercé le indicazioni che, sopra lo stesso soggetto, dal r. ambasciatore a Pietroburgo mi erano state fomite con un telegramma giuntomi oggi stesso t, nel pomeriggio. Il progetto vagheggiato dal Governo russo questo sarebbe: che il sultano, giovandosi dei suoi poteri di alto-sovrano, in Bulgaria, significasse, non appena siano giunti a Costantinopoli i deputati della Sobranje, la volontà che questi si pongano in relazione col signor Zankoff ed i principali emigrati bulgari costì residenti, con lo scopo di giungere, di comune accordo, alla composizione di una nuova Reggenza nella quale tutti i partiti siano rappresentati. Il conte Greppi opina che, quantunque la candidatura del principe di Mingrelia non sia punto, officialmente, abbandonata, pur sarebbero, a Pietroburgo, disposti a rinunciarvi quando, regolata ogni altra difficoltà, quella sola rimanesse a superarsi per riuscire ad un soddisfacente componimento.

Il Gabinetto di Pietroburgo vorrebbe, sostanzialmente, che le Potenze si adoperassero, a Costantinopoli, acciò codesto suo disegno, l'attuazione del quale è principalmente affidata all'ambasciatore imperiale presso il sultano, possa tradursi in atto.

La mia risposta al barone d'Uxkull, della quale le significai, con telegramma di questa sera 2 , i termini precisi, fu che le avrei impartito, come in realtà le impartii con lo stesso mio telegramma, l'istruzione di concertarsi, per lo scopo additatoci, col signor di Nelidov e con gli ambasciatori delle altre Grandi Potenze; ciò, beninteso, sulla base del Trattato di Berlino e del protocollo di Costantinopoli.

La S.V. avrà certo inteso il senso esatto della mia istruzione, conformandovisi con quella diligenza e perspicacia che la contraddistinguono. Assai volentieri portiamo il nostro contributo ad opera di conciliazione e di pace; però conviene che questa sia opera delle Potenze, e non della Russia sola, a cui le altre Potenze abbiano l'apparenza di cedere; e conviene del pari che siffatta azione sia accuratamente contenuta entro i limiti segnati dal Trattato di Berlino e dal protocollo di Costantinopoli.

440 1 T. 73, non pubblicato. 2 T. 43, non pubblicato.

441

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 426. Tangeri, 21 gennaio 1887 (per. il 9 febbraio).

Mi onoro di confermarle il mio telegramma di ieri 1 , col quale informai V.E. della concessione fatta dal sultano alla Francia riguardo al territorio di Genan Borzig, in prossimità di Figuig. Non mi era sembrato, per vero dire, che il fatto avesse sì capitale importanza di farne oggetto di telegramma; ma poiché il mio collega di Spagna, al quale io aveva partecipato la notizia, s'era affrettato di telegrafarla al suo Governo, mi vidi costretto a fare io pure lo stesso, acciò l'E.V. non avesse a ricevere per altra via un'informazione da me raccolta durante il mio soggiorno a Marocco.

A maggiore spiegazione del mio telegramma aggiungerò ora che, sin dallo scorso anno, la Francia aveva chiesto al sultano di poter costrurre otto forti in diversi punti del confine dell'Algeria affine di stabilirvi dei posti di guardia. Tale domanda è evidentemente in relazione colla politica di lento e graduale avanzamento che la Francia ha seguito in Algeria fin dai primi tempi della conquista. È noto che passi importanti furono fatti su questa via durante gli ultimi anni; che l'autorità pressoché nominale, esercitata per lo innanzi dalla Francia sulle tribù nomadi del sud, si è affermata in modo effettivo; e che, per contenere queste cabile, furono, sugli estremi confini meridionali della colonia, innalzati numerosi blokhaus, i quali rendono più facile la polizia del territorio annesso, e costituiscono ad un tempo una linea di posti avanzati, che preparano la via ad un ulteriore avanzamento. A ben comprendere, poi, come la Francia abbisognasse dell'autorizzazione del sultano per innalzare costruzioni sul proprio territorio, conviene rammentare che, colla convenzione di confini conchiusa il 18 marzo 1845, i due Stati si sono obbligati «de n'élever à I'avenir de nouvelles constructions sur le tracé de la limite». A questa disposizione si è dopo d'allora derogato più d'una volta, ma sembra che siasi sempre chiesta la previa autorizzazione dell'altro Stato, e, per confessione del Governo marocchino, esso sarebbe stato il primo a dare l'esempio di costruzioni siffatte, fabbricando un forte là dove il torrente Agerud si getta nel Mediterraneo, alla estremità settentrionale della frontiera.

Alla domanda, fatta lo scorso anno dalla Francia, il sultano rispose affemartivamente, e mi pregio di acchiudere la traduzione della lettera diretta a tale riguardo dal gran vizir Ben el Arbi Ben Moktar a questo ministro di Francia in data del 15 maggio 1886 (annesso A) 2 .

La domanda della Francia e l'autorizzazione del sultano si riferiscono, come ho detto, alla costruzione di otto forti in diversi punti di confine. Non sarà superfluo avvertire che, sebbene i documenti arabi facciano parola di forti, è pro

441 1 T. 75, non pubblicato. 2 Non si pubblicano gli allegati.

babile che si tratti di semplici blokhaus, per indicare i quali non v'ha nella lingua araba parola speciale.

Avuta l'autorizzazione, i francesi si accinsero tosto alla costruzione, e sembra che questa non abbia sollevato alcun incidente per quanto riguarda sette dei blokhaus autorizzati. Ma allorquando si accinsero alla costruzione dell'ottavo, nella località chiamata Genan Borzig, ove gli abitanti ed una Zauia (specie di monastero

o luogo pio) di Figuig tengono delle piantagioni, incontrarono opposizione nella gente del luogo, e sospesero i lavori. Sembra però che il signor Féraud abbia avuto istruzione dal suo Governo di rimuovere queste difficoltà in occasione della recente sua missione a Marocco, facendo riconoscere la sovranità della Francia sul territorio di Genan Borzig; ed egli vi è riescito come l'E.V. rileverà dalla lettera che gli fu diretta dal vizir Garnit in data del 14 novembre 1886 dalla quale è qui unita la traduzione (annesso B).

Non sono in grado di indicare con precisione a V.E. la situazione di Genan Borzig; questa località non è segnata sopra alcuna delle carte del Marocco che ho potuto aver sott'occhio, e nemmeno mi fu possibile di ottenere ragguagli esatti dal sultano e dai suoi ministri. Ma da diversi indizi sono indotto a ritenere che la località debba trovarsi alla distanza di quaranta o cinquanta kilometri da Figuig in direzione nord-nord-est, là dove la carta del capitano Beaudoin (Carte de l'Empire du M aro c, Paris 1848, dép6t de la guerre) segna l' Ued D erme l, ed a nord-est del Merfeg el Djebbar segnato sulla carta di E. Picard (Bulletin de la Société de géographie, janvier 1872). Forse l'E.V. troverà indicazioni più esatte nei Mitteilungen di Petermann del 1872 fascicolo di settembre, dove si trova (tav. 18), una carta dell'intiera regione alla scala di 1/2.000.000, ed una carta speciale dell'oasi di Figuig alla scala di 1/500.000. Disgraziatamente non ho presso di me questa pubblicazione.

È difficile di stabilire se le pretese accampate dalla Francia sul territorio di Genan Borzig avessero valido fondamento. Il trattato del 1845, già citato, che stabilisce i confini tra il Marocco e l'Algeria, non ha segnato una vera e propria delimitazione fra i due Stati se non per il tratto compreso fra il mare ed il colle di Teniet el Sassi, punto che non dista più di centodieci kilometri in linea retta dal mare. Dal colle di Teniet ed Sassi fino alle oasi di Figuig, per un tratto di duecentotrenta kilometri circa in linea retta, si convenne che non era il caso di stabilire «de limites territoriales» perché «la terre ne se laboure pas et qu'elle sert de pacage aux arabes des deux Empires qui viennent y camper pour y trouver des pàturages et les eaux qui leur sont nécessaires». Epperò invece di fissare limiti territoriali la convenzione enumera le tribù che dipendono dall'Impero del Marocco e quelle che dipendono dall'Algeria, ed indica inoltre quali fra i ksur (villaggi fortificati del deserto) appartengono al Marocco e quali all'Algeria. Infine per il paese che è al sud dei ksur, e si noti che il ksur marocchino di Figuig è il più meridionale di tutti i ksur enumerati nella convenzione, questa stabilisce che «camme il n'y a pas d'eau, qu'il est inhabitable et que c'est le désert proprement dit, la délimitation en serait superflue».

Si comprende a quante contestazioni, di fronte alle stipulazioni di questo trattato, possa andare soggetto il territorio che travasi fra Figuig ed i ksur algerini.

Vero è che la convenzione di confini del 1845 confermò la massima, stabilita dal trattato di pace del l O settembre 1844, che cioè «les limites qui existaient autrefois entre le Maroc et la Turquie resteraient les mèmes entre l'Algérie et le Maroc». Ma questa massima non è certo per recare nuova luce riguardo ad un territorio che dista dalla costa trecentoquaranta kilometri in linea retta, abitato da popolazione poco densa, nomade per la massima parte, e sulla quale, sino a questi giorni, non fu, in sostanza, mai esercitata da alcuno che una supremazia nominale. Così è, per quanto riguarda Genan Borzig, che, mentre la Francia sostiene aver esso appartenuto ai turchi prima della conquista francese e trovarsi a sei ore di marcia al di qua del confine storico, il Governo sceriffiano afferma che sin dall'anno 956 dell'egira (corrispondente al 1549 dell'èra nostra) lo sceriffo Sid Mohamed Ben Abd-el-Gebbar el Fighighi, guerriero vassallo dei sultani di Marocco, s'impadronì di Genan Borzig, di Ain Safra, e di altri luoghi in quella regione, i quali, dopo d'allora, non furono più ripresi dai turchi, ma rimasero governati dai discendenti del Gebbar, che sempre si conservarono fedeli vassalli dei sultani marocchini.

Il sultano, perplesso di fronte alla insistenza del signor Féraud, nella prima udienza da lui concessami dopo il mio arrivo a Marocco, mi richiese segretamente di consiglio. lo gli dissi che, a mio avviso, meglio era non cedere alle pretese della Francia, la quale, ottenuto Genan Borzig, non si sarebbe perciò acquetata: e gli suggerii che, qualora il Governo francese persistesse nel reclamare quel territorio come proprio, il sultano proponesse al signor Féraud di sottoporre la vertenza all'arbitrato di una terza Potenza, la quale, gli dissi io, avrebbe potuto essere la Spagna più d'ogni altra interessata al mantenimento dello stato attuale.

Il sultano parve dapprima gradire il suggerimento; ma poi la pressione esercitata sopra di lui dal ministro di Francia che, a quanto pare, gli tenne parola di trentamila uomini che già si troverebbero pronti sulla frontiera, ed il timore d'una guerra gli fecero mutare pensiero, ed egli me ne diede avviso comunicandomi la risposta data al ministro di Francia che è qui unita.

Ritengo che, cedendo su questo punto, il sultano abbia commesso un grave errore. Non è già ch'io esageri il valore che Genan Borzig possa avere in se stesso, sebbene mi si affermi che esso sia una posizione strategica importante, e che domini l'intiero paese di Figuig. Ma lo stabilirsi dei francesi in quel punto è il primo passo per l'occupazione di Figuig, sul quale da molti anni il Governo dell'Algeria tiene fisso lo sguardo. Quell'oasi è infatti il centro di azione della valle dell'Uded Zuzfana e della contrada montuosa abitata dalle tribù degli Ulad Gerir e degli Amur, parte dei quali già sono sotto la dominazione francese. I dissidenti algerini 3 hanno trovato sempre in Figuig rifugio ed appoggio, e si spiega il desiderio della Francia d'impadronirsi di un luogo che, piccolo in se stesso (l'oasi misura appena seimiladuecento metri in lunghezza, duemilacinquecento in larghezza, e conta quindicimila abitanti) è divenuto agli occhi di quelle popolazioni saariane il simbolo della loro indipendenza, ed ha acquistato una importanza politica fuori di proporzione colJa sua estensione.

Da Figuig i francesi saranno sempre più spinti verso l'ovest, né essi dissimulano di desiderare l'occupazione di quel luogo quale posto avanzato, come ebbe a dire uno dei loro generali. È d'altronde una regione deiia quale già conoscono la natura e le risorse, e che più volte fu percorsa dalle loro colonne

nell'inseguire sul territorio marocchino i ribelli dell'Algeria. Così nel 1866 il colonnello de Colomb s'inoltrò sino a Meharrug a circa centosessanta chilometri in linea retta a nord-ovest di Figuig; e nel 1870 il generale de Wimpffen si spinse verso sud-ovest sino all'Ued-Ghir a centosettanta chilometri in linea retta da Figuig nel territorio dei Doui Menia, rinnovando la spedizione che diciotto secoli prima era stata condotta dal pretore Svetonio Paolina allo stesso fiume Ghir dai confini della Mauritania Tangitana. Nel ritornare dalle oasi di Bahariat, sin dove era giunto, il generale Wimpffen non trascurò di far sentire la potenza della Francia agli abitanti dell'oasi di Ain Scehir (la fontana dell'orzo) altro punto agognato, e che è il centro di azione dell'alta valle del Ghir come Figuig lo è per la valle del Zuzfana.

Quella estesa zona non ha alcuno dei caratteri del deserto. Il Rohlfs, che l'aveva attraversata nel 1862, venendo dall'ovest, già avvertiva che alle oasi di Tafilet finiva il vero Sahara; a partire di là sino ai confini francesi egli aveva trovato ogni giorno acqua, fiumi, fontane e villaggi. Il generale Wimpffen si loda della facilità del terreno, della relativa mitezza del clima, delle acque buone ed abbondanti e dei pascoli da esso incontrati sul suo cammino di guisa che una colonna che comprendeva un effettivo numeroso di cavalleria ed un convoglio di cinquemila camelli potè fare senza inconvenienti l'intera spedizione.

Padrona di Figuig la Francia si trova dunque alle porte di Tafilet, e quando si consideri che il principio ereditario non fu sempre riconosciuto nella successione dei sovrani marocchini, e che l'elezione preparata dagli alti funzionari civili e religiosi dello Stato deve poi essere acclamata dal popolo di Marocco, Fez e Meknès, ben si possono prevedere le gravi conseguenze che avrebbe in questo Impero cadente l'occupazione per parte della Francia del Tafilet culla della dinastia attuale 4 .

441 3 Annotazione o margine: «Anche in Algeria ci sono i dissidenti?».

442

IL MINISTRO RESIDENTE IN MONTENEGRO, MACCIÒ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 167. Ragusa, 21 gennaio 1887 (per. il 26).

Mi è pervenuto il riverito dispaccio confidenziale dell'E.V. in data del 7 gennajo corrente n. 111 di questa serie 1 . Ringraziando la distintamente di avermi informato di ciò che le fu riferito da Berlino circa ai preparativi militari del Montenegro, e dei passi che porsero occasione all'ambasciata austriaca in Costantinopoli di fare presso il Governo del Gran Signore, mi permetto di esporle ciò che dopo matura riflessione io ne credo.

Affinché il Montenegro procedesse ad armamenti segreti o straordinari dovrebbe avere qualcuno dei tre scopi seguenti:

-o entrare in campagna per un suo interesse immediato e diretto quale l'estensione del territorio; -o favorire un movimento in Serbia per rovesciare la dinastia degli Obrenovic e insediarvi quella dei Karageorgevic; -o finalmente servire alla Russia come istrumento di turbolenze, o di ostilità contro qualcuno.

L'idea di entrare in campagna col proponimento d'ingrandirsi a spese dei vicini, sembre esclusa dal fatto delle buone relazioni del principato coll'Austria e la Turchia; il Montenegro non vorrà per certo farsi aggressore senza motivo, e fosse tale da volerlo in onta ad ogni principio di diritto internazionale, sa benissimo che, solo, non può lottare né con l'una né con l'altra.

Per avventurarsi a suscitare ed appoggiare una rivoluzione in Serbia a favore del Karageorgevic, bisognerebbe che questi godesse molta simpatia ed influenza nei due Paesi, e gravissime difficoltà materiali non vi si opponessero. Invece tanto è dubbioso che egli ne abbia a Belgrado quanto è certo che ben poca gliene viene accordata a Cettigne, dove il principe Nicola gli mostra appena quella benevolenza che basti a salvare le apparenze di un certo accordo nelle relazioni di parentela, sia perché non ritenga bastantemente felice con lui la propria figlia datagli in sposa, sia perché spingendo le sue vedute fino all'eventualità di giungere egli un giorno al trono di Serbia, provi verso il genero un sentimento di gelosia. Ma non fosse tutto questo, ognuno sa che per arrivare dal Montenegro ai confini della Serbia conviene traversare qualche centinajo di kilometri di territorio straniero; e passare sul corpo della Turchia o dei paesi occupati dall'Austria sostenendo con loro un inevitabile conflitto, è tale operazione che non si intraprende se non disponendo di mezzi militari molto più importanti di tutti quelli che la Czernagora possiede. Né è da presumere che Sua Altezza abbia voglia di giuocare come suoi dirsi, il tutto per tutto; egli è tutt'altro che un idiota, né i suoi consiglieri sono così poco accorti da incoraggiarlo a tentare insensate avventure.

Resta la terza ipotesi, quella cioè che il Montenegro si presti a suscitare un incendio per conto della Russia. Ma se il signor Giers ha creduto ad istigazione del Gabinetto di Berlino, di dissuadere il principe Nicola da qualsiasi proposito bellicoso, sarebbe incoerente l'ammettere che nello stesso tempo lo spinga a far precisamente l'opposto.

Questi ragionamenti i quali mi pajono ovvj e sensati non mutano l'idea che fin qui mi son fatta della situazione a Cettigne, e mi persuadono a ritenere che le preoccupazioni avute a Berlino ed i passi dell'ambasciata austro-ungarica a Costantinopoli abbiano avuta una stessa causa, vale a dire quella di rapporti non interamente esatti della legazione imperiale austriaca nella capitale del Principato. È cosa risaputa ed in parte spiegabile, che da quella vedonsi generalmente le cose del Montenegro assai ingrandite. La occupazione dell'Erzegovina costituisce una causa di dissidj continui col Montenegro e crea attorno al rappresentante del Governo di Vienna una atmosfera di diffidenze e di sospetti che essendo a lui naturalmente molto ingrata, lo trae ad attribuire costantemente all'azione di quello di Sua Altezza un significato sfavorevole. Quindi vedendolo inteso a premunirsi con ordinarie precauzioni, per non esser preso alla sprovvista dai gravi avvenimenti che sarebbero sorti nei Balcani se la Russia si fosse decisa ad occupare la Bulgaria, ne ha inferito che invece avesse in mira qualche avventurosa spedizione fuori dello Stato. I preparativi per questa, che dovrebbero essere di ben altro genere, sono davvero molto segreti perché nessuno li vede; la neve cuopre tutto il paese, ed il signor Plamenatz ministro della guerra se ne sta tranquillamente a Cettigne senza darsi nessuna cura straordinaria del servizio della sua ammistrazione che lo dimostri intento ad incarnare progetti, i quali, tutto ben considerato, darebbero seriamente da riflettere all'uomo di guerra il più esperto ed ardito.

Concludo pertanto, basandomi inoltre sui risultati delle premure che non ometto per tenermi a giorno dell'attitudine del Montenegro, che il Governo di Sua Altezza mentre vigila attentamente, non si dispone ad aggredire e non aggredirà nessuno, finché gli Stati da cui è attorniato restino in pace con le altre Potenze; se questa fosse turbata e ne sorgesse una conflagrazione, è naturale il supporre che prenderà consiglio dai suoi interessi e dalle circostanze e principalmente dai suggerimenti che riceverà da Pietroburgo.

441 4 Si rispose con D. 261 del 10 febbraio, non pubblicato, ma cfr. n. 506. 442 1 Non pubblicato.

443

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 22 gennaio 1887, ore 19 (per. ore 23,30).

Hier, dans la smree, le chancelier me priait de passer chez lui. Il m'avait d'abord fait communiquer par le secrétaire d'Etat les dernières nouvelles transmises par Reuss sur les négociations avec Vienne. Il n'y a pas encore une réponse définitive, mais on peut déjà prévoir que le Cabinet de Vienne ne sortira pas de sitòt, s'il sortira jamais, de ses hésitations. Kalnoky a eu plusieurs conférences avec l'empereur François-Joseph, et les deux ont clairement laissé comprendre à l'ambassadeur d'Allemagne qu'illeur répugne de s'engager pour un nouveau casusfoederis camme celui qui pourrait résulter d'un conflit italo-français à propos de Tripoli ou du Maroc, et mème en toute loyauté doivent-ils avouer que l' Autriche-Hongrie ne serait alors pas en mesure de nous prèter secours, ni sur terre, ni sur mer, car il est à prévoir que la Russie adopterait une attitude qui empècherait de disposer des forces autrichiennes en faveur de l'alliance. Le comte de Bismarck supposait que les scrupules de l' Autriche étaient peut-ètre aussi motivés par notre demande de compensations équitables. Le prince de Bismarck n'a pas soufflé mot sur ce dernier point, mais les hésitations à Vienne lui semblaient à quelques égards assez justifiées. Il pensai t qu'en cas de guerre de la France con tre l' Allemagne et l'ltalie la Russie resterai t neutre, tandis que celle-ci ne manquerait pas, si l' Autriche se mèlait à la lutte, de profiter de l'occasion pour vider ses anciens démelés avec elle. Ainsi en cherchant de se faire de cette dernière Puissance un allié pour un nouveau casus foederis l'Allemagne et l'Italie se mettraint à dos un adversaire de plus au lieu de circonscrire la guerre. Ce serait en étendre le théatre et aller au devant des plus

graves embarras. Le prince de Bismarck ajoutait que ses discours récents au Reichstag avaient peut-etre contribué à rendre perplexe l' Autriche. Le prince n'avait cependant pas laissé ignorer au comte Kalnoky, il y a quelques mois, qu'en présence des illusions dans lesquelles on se berçait, surtout en Hongrie où chaque hussard est doublé d'un avocat cherchant à fendre un cheveu en quatre, il serait obligé de ramener les choses à la réalité. Il n'existe ici aucune obligation de prendre les armes parce qu'il plaira à l' Autriche de combattre la Russie à propos, entr'autres, de la Bulgarie. L'Autriche ne devrait alors compter que sur elle-meme; si cette Puissance attaquait, c'est à ses risques et périls. L'Ailemagne ne permettrait pas sans doute que la position de l'Autriche fùt compromise comme Grande Puissance, car sa disparition ferait un vide qu'on ne saurait comment remplir, mais l'intervention de I'Allemagne ne se produirait, à titre de réciprocité, que dans un but de conservation et non pour secourir l'allié en vue d'intérets qui ne sont pas communs. Il s'est exprimé dans le meme sens à Pétersbourg où son langage paraìt avoir eu le bon effet d'amener un commencement de détente dans la situation. Quoi qu'il en soit, il faut prendre les choses comme elles le sont. Le chancelier se demande donc, dans le cas où il ne réussirait pas à surmonter les doutes et hésitations à Vienne, s'il ne conviendrait pas de s' en tenir à renouveler à trois le Traité de 1882. L'Autriche s'engagerait par écrit et par document séparé, comme elle y est disposée, à prendre un engagement conforme au premier alinéa de l'art. II de votre projet de Traité additionnel; l'Ailemagne et I'Italie signeraient entre elles un Traité semblable à l'accord additionnel en éliminant l'art. II précité, lequel concernait l' Autriche et I'Italie. L'art. IV, relatif à notre position méditerranéenne serait, bien entendu, conservé. Le prince regrettait seulement qu'en dehors de l' Autriche, et pour le cas visé dans cet artide, la neutralité de cette Puissance, obligerait I'Ailemagne et I'Italie, vu le défaut de communication par les Alpes, à opérer séparément, et qu'une bonne partie de nos forces militaires ne pourrait etre utilisée pour une action commune con tre la France, le principal ennemi con tre lequel il y a à se prémunir. L' Allemagne, après une expérience de seize années, au cours desquelles rien n'a été négligé de sa part pour se gagner l'amitié de son voisin de l'ouest, ne se fait aucune illusion qu'une guerre, si meme on ne peut en fixer l'époque, est inévitable. J'ai répondu au chancelier que, pour ramener un certain équilibre de charges et d'avantages qui manquait dans le Traité en vigueur, et que nous avions précisément cherché à rétablir par notre projet de Traité additionnel, il conviendrait si le Gouvernement du roi s'y décidait, à accueillir non seulement le premier, mais aussi le second alinéa de l'art. II et mème alors le plateau de la balance pencherait encore du coté de I'Autriche. En effet si l'art. II du Traité de 1882 stipule, en faveur de l'Italie, le concours de l' Autriche et de l' Allemagne au cas d'attaque de la France, il pourrait arriver que la Russie, par son attitude qui ne serait pas encore belligérante, enlevàt à l'Autriche la faculté de venir à nostre ai de. Ce serait le mème empechement de coopération qu'elle met aujourd'hui en avant, admettons par un sentiment de délicatesse, au sujet des stipulations contenues dans notre projet d'art. IV, et cela sans compter que l es probabilités de guerre se vérifieraient bien plus pour l'Autriche et l'Allemagne que pour l'Italie, surtout pour ce qui concerne l'éventualité visée par l'art. III du Traité en vigueur, d'une attaque de deux ou plusieurs Puissances non signataires. Le prince de Bismarck ne savait pas trop, en doutait mème, si Kalnoky se déclarera consentant au maintien en entier de l'art. II du projet de Traité, car il y a lieu de croire que l'Autriche a certaines aspirations dans la péninsule des Balkans qu'elle voudrait faire valoir dans !es arrangements éventuels avec la Russie, et qu'elle préférerait alors garder !es mains libres. l'ai objecté que le second alinéa de l'artide précité impliquait une entente prélable entre nous et l'Autriche, ce en quoi chacun devrait voir une garantie, diìt-il en surgir pour !es deux Pays des froissements que nous visions précisément à prévenir. Je devais aussi rappeler que c'était le Cabinet de Vienne qui avait eu besoin d'une clause éventuelle contre la Russie, et que ce n'était pas à nous à regretter la mise à l'écart de cette clause, qui nous aurait imposé une très lourde charge avec grande incertitude de profit. Lors mème que l' Autriche ne veut pas prononcer son dernier m o t, le prince de Bismarck me demandait si la combinaison qu'il m'avait esquissée vous agréerait. J'ai répondu que j'ignorais !es intentions de V.E. au sujet d'un accord à deux, et que j'allais solliciter par le télégraphe vos instructions. Il attendra votre réponse avant de reprendre ses pourparlers avec Vienne et d'indiquer l'arrangement transactionnel dont il s'agit, s'il n'y a pas moyen de s'entendre autrement. V.E. décidera ce qui convient le mieux à nos intérèts, dans la situation comme elle se présente aujourd'hui. S'il m'est permis d'émettre un avis, il y a tout lieu de nous féliciter d'ètre délivrés d'un casus foederis dirigé contre la Russie. Il existe déjà chez nous dans l'opinion publique un courant qui se dessinerait plus nettement encore le jour où nous aurions l'air de servir de partner dans un intérèt trop directement autrichien. Pour longtemps encore l' Autriche restera dans nos traditions le tedesco, tandis qu'on confond l'allemand de notre temps avec le prussien. Le vent qui souffle de Berlin vaut mieux certainement que celui qui se lève de Vienne. Il faudrait cependant garder dans J'acte additionnel le second comme le premier alinéa de l'art. II de votre projet. J'estime également qu'il serait bon de maintenir ce mème premier alinéa dans nos accords spéciaux avec l'Allemagne. Je partage l'opinion du chancelier que l'appui de l'Autriche dans l'état de guerre qui surgirait d'un nouvel envahissement français vers les còtes septentrionales de l' Afrique serait plus que douteux sur le terrain pratique. Si mème elle modifiait sa manière de voir actuelle, le casus foederis resterai t donc à la charge de l'Italie et de l' Allemagne. L'art. IV de votre projet de Traité devrait donc ètre modifié dans ce sens. Le prince de Bismarck, dans son entretien, lachant le mot Tunis: «Pourquoi ne penseriez-vous pas à ce territoire, beaucoup plus proche de vos còtés que ne l'est la Tripolitaine?». J'ai répondu que ce serait prendre le taureau par les cornes. Ce serait bien malaisé depuis que la Régence a passé, bien malgré nous, dans !es mains des français. Je n'ai pas autrement relevé ce propos qui à lui seul démontre assez que le temps des ménagements de l'Allemagne pour la France est passé. Le chancelier me répétait que quant à lui il acceptait votre projet de Traité additionnel sauf uniquement ce qui concerne l' Autriche à l'art. II et qu'il était disposé à le signer à deux, lors mème qu'il se préoccupait qu'en cas de guerre de la France contre l'Allemagne, éventualité dans laquelle l' Autriche n'est tenue qu'à la neutralité bienveillante, la fermeture du passage des Alpes ne permit pas à nos corps d'armée de s'unirà ceux de l' Allemagne, et c'est pourquoi il attachait beaucoup de prix, dans notre intérèt comme dans le sien, à une intimité de relations entre l'Italie et l' Angleterre. Le comte de Hatzfeldt est autorisé à seconder nos ouvertures et d'en faire lui-mème

auprès de Salisbury sur les meilleurs dispositions de l' Allemagne, non pas qu'il faille s'attendre à trouver un terrain bien préparé à une action armée contre la France, mais il est à Londres une corde sensible qu'on peut faire plus facilement vibrer, celle de se garer contre la Russie. En effet lorsque le bruit transpirerait à Pétersbourg que l'Italie, l'Allemagne et l'Angleterre entretiennent des rapports étroits d'amitié, la Russie hésitera à susciter de graves complications. Ce serait un eccellent moyen de la mettre hors de jeu, et quant à l'Italie, ses forces, unies à celles de la Grande Bretagne, sauvergarderaient nos intérèts dans la Méditerranée. Il est facile de s'expliquer les préocupations du chancelier sur la fermeture des Alpes vers l'Autriche dans l'éventualité d'une guerre entre la France et l' Allemagne; mais, pour ce qui nous regarde, si la France nous attaque dans les conditions prévues par l'art. II du Traité de 1882, dont il s'agit de prolonger la durée, l' Autriche elle aussi est obligée à nous prèter assistance et si mème son action militaire était paralysée par la Russic, le Cabinet de Vienne devrait tout au moins tenir ouverte les barrières du Brenner dans la double direction. J'attends les ordres de V.E. 1 s'ils sont ostensibles, je vous prie de m'en avertir.

444

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, E ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO

Roma, 22 gennaio 1887.

Il r. ambasciatore a Londra 2 mi ha riferito una conversazione avuta recentemente con lord Salisbury circa le trattative che sir Drummond Wolff è stato incaricato di iniziare colla Sublime Porta relativamente all'Egitto.

Il Governo britannico, disposto a richiamare dal Vicereame le sue milizie, vorrebbe dare all'Egitto uno stabile assetto militare ed amministrativo che impedisse il ritorno di quel Paese all'anarchia, ed allontanasse per conseguenza ogni pretesto ad una occupazione per parte di altra Potenza.

Ad ovviare però in modo sicuro a tale pericolo egli vorrebbe riservato a sé, per un determinato tempo, ed in certe eventualità, il diritto di procedere ad una nuova occupazione del Vicereame. Sarebbero queste le basi di una convenzione complementare colla Sublime Porta, che sarebbe poscia comunicata alle Potenze. Per maggiore informazione della S.V. le acchiudo copia del rapporto direttomi dal conte Corti.

443 1 Cfr. n. 446. 444 1 Il dispaccio venne inviato a Costantinopoli col n. 169 e al Cairo col n. 1096. 2 R. 50/387 del 17 gennaio, non pubblicato.

445

IL REGGENTE IL CONSOLATO AD ADEN, V. BIENENFELD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANP

T. 96. Aden, 24 gennaio 1887, ore 19 (per. ore 18,05) 2 .

Menelik occupato Barrar. Emiro fuggito. Europei Barrar salvi. Dettagli mancano.

446

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 22 gennaio 1887, ore 23,55.

Le compte-rendu de v otre entretien avec le chancelier 1 a formé, de ma p art, le sujet de la plus sérieuse considération. Pour déférer à l'opinion de Son Altesse, et pour épuiser tous les moyens propres à maintenir l' Autriche-Bongrie dans le groupe allié, je puis me décider à admettre, pour ce qui regarde cette Puissance, le simple renouvellement du Traité de 1882, avec un engagement séparé concernant sa politique en Orient, mais ceci sous la condition absolue que l'arrangement séparé entre l'Autriche et nous comprenne les deux alinéas, nn. l et 2, de l'art. II, tels qu'ils figurent dans le projet que, par mon télégramme du Jer janvier2 , je déclarais, ensuite de la première réponse de Vienne, ètre prèt à adopter en lieu et piace de mon projet originaire. L'alinéa premier de cet artide, ayant une portée purement platonique, et reproduisant une déclaration que tous les Cabinets ne cessent de s'échanger, aurait, s'il devait former à lui seui tout le texte de l'arrangement séparé, une bien piteuse mine, en mème temps qu'en fait il laisserait la porte toute grande ouverte aux éventualités d'occupations, partages et autres combinaisons quelconques que le Cabinet de Vienne pourrait, à notre insu et peut-ètre mème à notre détriment, vouloir chercher à réaliser en Orient, d'accord avec la Russie, le jour où le maintien du statu quo ne serait, d'après son jugement, plus possible. Pour que l'arrangement séparé entre l' Autriche et nous ait une valeur réelle, il faut compléter l'alinéa premier par l'alinéa deuxième, qui nous prémunit contre toute surprise et qui assure aux mouvements éventuels des deux Puissances en Orient, la base d'une entente préalable. On n'a sans doute pas oublié à Berlin et on doit savoir à Vienne que cette

2 Le discordanze tra l'orario di partenza e di arrivo sono frequenti nei telegrammi provenienti da Costantinopoli e da Aden e sono forse da imputare all'impiego dell'ora locale. 446 1 Cfr. n. 443.

2 Cfr. n. 396.

préoccupation a été hautement et sans aucune réserve déclarée par moi depuis !es débuts de nos pourparlers préliminaires. L'affirmation de principe contenue dans l'alinéa premier me paraitrait, au contraire, cadrer avec l'esprit et la tournure de l'autre arrangement séparé que, d'aprés !es idées du chancelier, nous stipulerions avec l' Allemagne. Je me résume. V.E. est autorisée à dire au prince de Bismarck que nous sommes disposés à accepter la combinaison suivante, essentiellement conforme aux indications de Son Altesse. On stipulerait trois actes séparés: l) un traité entre les trois Puissances portant renouvellement pur et simple du Traité de 1882; 2) un arrangement séparé entre l' Allemagne et l'Italie reproduisant l'alinéa premier de l'art. II, ainsi que les artt. III et IV de n otre pro jet de Traité additionnel; 3) un arrangement séparé entre l' Autriche-Hongrie et l'Italie reproduisant !es alinéas premier et second de l'art. II d'aprés le texte indiqué ci-dessus, c'est à dire comprenani la mention explicite des Balkans.

Si, aprés ceci, le Cabinet de Vienne ne donne pas ou hésite à donner son assentiment, je préfère renoncer, pour à présent, à continuer la négociation à trois et stipuler à deux avec l'Allemagne un Traité additionnel dont tous les points sont désormais réglés et acceptés de part et d'autre. Un renouvellement pur et simple du Traité de 1882, mème avec la clause platonique concernant la politique autrichienne en ouest, ne créerait pour nous envers l' Autriche-Hongrie que les charges du causus foederis sans nous assurer aucun bénéfice réel. C'est le Cabinet de Vienne lui mème qui le déclare implicitement alors qu'il a la loyauté d'avouer qu'au cas d'une guerre éclatant entre la France et l'Italie ensuite des événements dans la Méditerranée, elle se trouverait complétement paralysée par le besoin de faire face aux éventualités du còté de la Russie. Si tel doit ètre le résultat pratique de n otre alliance avec l' Autriche-Hongrie je préfère m'en passer, me réservant les chances favorables qui pourraient résulter pour nous d'une pleine liberté d'action. l'ai, du reste, l'impression que l' Autriche cédera si elle se voi t à la veille de se trouver au dehors de l'alliance. V.E. peut donner lecture et laisser copie au chancelier de cette dépèche en ajoutant que les pourparlers sont ouverts à Londres d'après son conseils et d'après une direction qui se trouve ètre conforme aux idées énoncées par Son Altesse 3 .

3 Allegata alla minuta di questo telegramma si conserva nell'Archivio di Gabinetto il seguente appunto: a-b-c Italia Austria e Germania si adopreranno per il mantenimento dello statu quo in Oriente. a-b-c Italia e Austria si impegnano a nulla intraprendere nei Balkani nell'Adriatico senza previo reci

proco accordo sulla base di giusta reciprocità. b L'Italia accetta il casus foederis per il caso di attacco della Russia contro l'Austria, con riserva di

accordo speciale per le combinazioni territoriali derivanti eventualmente dalla guerra fatta in

comune. a-b-c La Germania accetta come casus foederis la guerra che scoppiasse tra la Francia e l'Italia per

effetto della opposizione di questa ad ulteriori invadimenti dalla Francia verso Tripoli o Marocco. a-b L'Austria assume identico impegno.

a -Primo progetto italiano.

b -Secondo progetto italiano.

c -Progetto Bismarck agli emendamenti Launay.

445 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 20.

447

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4336. Berlino, 24 gennaio 1887 (per. il 28).

Le télégramme de V.E. du 19 janvier 1 était pour mon information. Mais il m'a paru ne pas m'écarter de vos intentions, en donnant au secrétaire d'Etat, en voie particulière et réservée, quelques détails sur le langage que vous aviez tenu aux députés bulgares. La première partie de ce télégramme avait d'ailleurs été assez exactement résumée par l' Agence Stefani, et la seconde parti e était conforme à la combinaison que vous indiquiez déjà dans votre télégramme du 14 janvier2 , et sur laquelle j'avais pressenti l'avis du Cabinet de Berlin. Le modus procedendi était en effet des mieux choisis, car la Turquie en sa qualité de Puissance suzeraine, et vu ses bons rapports avec la Russie, se trouve dans les conditions voulues pour agir dans le sens de vos idées, que la députation ferait siennes, en les représentant comme une impression d'ensemble sur sa tournée en Europe.

Le comte de Bismarck m'a beaucoup remercié de ces renseignements, que je lui fournissais après que j'avais eu bien soin d'ajouter que je le priais de n'en point faire usage. Il me l'a promis. Il trouvait très-sage le langage de V.E. et vos conseils très-pratiques. Il avait le sentiment qu'il s'opérait une détente dans la situation vers les Balkans, lors mème qu'on avait encore bien du chemin devant soi pour arriver à une solution. Mais, du moment où l'on montrait assez généralement des dispositions conciliants, il y avait des chances d'aboutir à quelque compromis, autre que le programme un peu raide de M. Zankoff (télégramme de V.E. du 21 janvier)3.

J'ai l'honneur d'accuser réception de votre télégramme du 20 janvier4 . L'ambassadeur de Russie a fait ici, comme son collègue à Rome, une démarche analogue. Il lui a été donné une réponse semblable, à savoir que M. de Radowitz aura l'instruction de se concerter avec M. de Nelidoff et avec les ambassadeurs des autres Grandes Puissances, en vue de s'entendre sur les moyens propres à faciliter une solution de la crise bulgare sur la base du Traité de Berlin et du protocole de Constantinople.

L'attention du Cabinet impérial est bien plus dirigée vers les Vosges que du còté des Balkans. Les journaux dénoncent des préparatifs d'une concentration de troupes françaises vers la frontière, des achats de bois destinés à construire des baraquements, preuve que l'effectif des garnisons devrait augmenter. Les fabriques allemandes de produits chimiques reçoivent des commandes d'acide pirique, lesquelles leur sont faites de Paris pour la fabrication du nouvel engin destructeur, la mélinite. Le Gouvemement allemand est occupé à vérifier ce qu'il peut y avoir d'exact à cet égard. Mais, en attendant, le conseil fédéral a été saisi d'une ordonnance relative à l'interdiction de l'exportation des chevaux, et le séjour en Alsace-Lorraine a été défendu aux personnes incorporées dans l'armée française. M. Herbette déclare que les soupçons à l'endroit de la France n'ont aucune raison d'ètre. On attache peu de valeur à pareille déclaration.

2 Cfr. n. 422.

3 T. 48, non pubblicato.

4 T. 44, non pubblicato, ma cfr. n. 440.

447 1 T. 33, non pubblicato ma cfr. n. 434.

448

IL REGGENTE IL CONSOLATO AD ADEN, V. BIENENFELD, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. S.N. Aden, 24 gennaio 1887 (per. il 6 febbraio).

Il mio incaricato a Zeila mi inviò via Perim un telegramma concernente l'occupazione dell'Harrar da parte di S.M. il Re dello Scioa.

Il telegramma in originale ho l'onore di unirlo alla presente, esso è in data 23 ma mi venne consegnato soltanto il 24 mattina 1• Mi recai subito dal signor governatore locale, per sapere se le di lui notizie concordavano colle mie, ma non avendolo trovato in casa mi decisi allora, onde la notizia (che reputo della massima importanza) non arrivi troppo in ritardo a V.E. di telegrafargliela tale quale l'avevo ricevuta servendomi del cifrario. Nelle ore pomeridiane vidi il signor generale Hogg il quale mi disse che precisamente in quel momento si disponeva a mandarmi a chiamare per comunicarmi la stessa notizia.

Il dispaccio ricevuto dal Governo locale dice che l'emiro è fuggito nell'Hegadin e che le truppe del re Menelik rispettarono le vite e gli averi della popolazione, infine che il re Menelik liberò certo Alì Abu Beker (zio dell'emiro) dal carcere e lo nominò governatore di Harrar. Avendo ricevuto qualche ora dopo telegramma da

V.E. 2 che mi chiedeva di ripetere il mio 3 e sapendo che la notizia era già stata telegrafata in Europa non lasciando più dubbio sulla sua veracità, ho pensato onde evitare nuovi errori telegrafici di telegrafare chiaramente.

Credo il mio incaricato abbia sbagliato telegrafandomi che l'emiro fu espulso dal re Menelik, essendo più probabile che sia fuggito.

Maggiori dettagli mancano, ma si attendono oggi o domani.

Il maggior Hunter ed il console francese avranno appreso la notizia al loro arrivo a Zeila. Il maggiore calcolava che il re Menelik non poteva prendere l'Harrar prima di aprile; credo egli ne sarà molto contrariato e la Francia pure.

Del conte Antonelli non ho notizie, qui correva la voce che il re Menelik era accompagnato da alcuni italiani; credo che, se il conte Antonelli fosse entrato col re Menelik all'Harrar, non avrebbe mancato di farmelo sapere con corriere espresso. Se è all'Harrar, lo saprò fra giorni. Riguardo ad Alì Abu Beker, posso assicurare

V.E. che egli è favorevole agli italiani e se il re dello Scioa lascerà nelle sue mani l'amministrazione dell'Harrar gli italiani troveranno in lei un protettore.

Allorché questo Alì Abu Beker fu condotto dal maggior Hunter qual prigioniero in Aden, onde non potesse colla di lui influenza nuocere all'emiro, ebbi occasione di conoscerlo, e subito che ottenne dal Governo locale la libertà e permesso di ritornare all'Harrar, venne a vedermi e mi disse che era libero, ma privo di mezzi. Io ho creduto bene di dargli lire mille, ma in cambio gli chiesi la sua parola d'onore, che, se la sorte gli arridesse e un giorno, per una combinazione od altra, fosse chiamato al potere non dovrebbe dimenticare che questo soccorso glielo

2 Il telegramma non è nel registro dei telegrammi in partenza.

3 T. 94, non pubblicato, ma cfr. n. 445.

davo a condizione che tutti gli italiani che si sarebbero stabiliti all'Harrar avrebbero trovato in lui ogni sorta di facilitazioni nei loro commerci ed acquisto di terreni. Appena arrivò all'Harrar l'emiro lo fece prigioniero. Io credo che, se il re Giovanni di Abissinia non verrà ad impartire ordini al re Menelik di espellere gli europei dai suoi stati (cosa che purtroppo può attendersi), tanto re Menelik che Alì Abu Beker faranno ogni possibile per aiutare gli italiani all'Harrar.

È probabile che prima della partenza della posta giungano altre notizie da Zeila, in tal caso formerà argomento di altra mia lettera.

448 1 Non pubblicato ma cfr. n. 445.

449

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

T. 101. Aden, 25 gennaio 1887, ore 9,45 (per. ore 11,10).

Massaua, 22 gennaio. N. 56. Continue tension avec Alula. Reçu hier lettre grossière, mais sans intimation. *Nouvelle rétirée troupes paraìt certaine.* Alula et ses soldats assez hésitants nous attaquer, car négus n'approuve rupture avec nous. Prisonniers toujours enchaìnés mais paraìt certain Alula n'exécutera menaces. Pour intimer Alula libération, appuyant, cas de refus, demande avec démonstration militaire, il est nécessaire renfort, aussi pour utiliser situation actuelle. Je prie envoyer promptement troupes, télégramme n. 54 2 , plus 4000 rémingtons ou wetterly avec brételles, sans bai:onnettes et cent cartouches chaque, pour armer indigènes. Suivent rapports 3 .

450

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 103. Costantinopoli, 25 gennaio 1887, ore 11,51 1 (per. ore 11,40).

J'apprends confidentiellement que le Gouvernement anglais, ayant appris par voie indirecte que la proposition russe a en vue une pression collective pour modifier la Régence, il n'a pas autorisé son ambassadeur à s'y associer.

2 Cfr. n. 432.

3 Per la risposta cfr. n. 452. 450 1 Sic.

449 1 Ed. in italiano, con l'omissione del brano fra asterischi, in LV 60, p. 72.

451

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 25 gennaio 1887, ore 15,30.

D'après le télégramme de Berlin du 15 janvier1 que je vous ai communiqué parma dépèche du 162 , le Cabinet de Vienne paraissait ètre prèt à accepter pour le renouvellement du Traité, la combinaison n. 2 de mon télégramme du ler janvier\ sauf une modification au sujet des mots «compensation équitable» contenue dans le dernier alinéa dont nous réclamions l'adjonction à l'art. II. Un télégramme du comte Launay 4 annonce maintenant un changement complet de scène. Le prince de Bismarck a dit à notre ambassadeur que les hésitations se reproduisent à Vienne et que Kalnoky voudrait se borner à un renouvellement pur et simple du traité de 1882 avec un arrangement séparé entre Rome et Vienne conforme dans son texte à l'alinéa prémier de l'art. II. Ce revirement soudain me surprend assez. Il est évidemment, pour nous, de la plus haute importance de savoir si le prince de Bismarck est en cette circonstance l'interprète fidèle de notre allié commun, ou bien si son langage ne se ressent peut-ètre pas un peu de ses présentes dispositions d'esprit envers l' Autriche-Hongrie telles qu'elles se sont révélées par son récent discours au Reichstag. Sans trop questionner et surtout sans avoir l'air de contròler la version de Berlin, V.E. devrait exprimer au comte Kalnoky, en passant, et sans commentaires, le «désir d'ètre renseigné sur la marche de la négociation n'en ayant plus entendu parler d'après bien longtemps». La réponse du comte Kalnoky nous mettra en mesure de connaìtre au juste ses vues actuelles.

452

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ 1

T. 53. Roma, 25 gennaio 1887, ore 18,45 .

. Reçu télégramme 56 2 . Ministre de la guerre fait partir le plus tòt possible un bataillon infanterie, une compagnie génie et une section artillerie de montagne, ainsi que les armes et les munitions que vous demandez. Nous sommes sans inquiétude, car nous avons pleine confiance en vous et en nos troupes, *ainsi que je l'ai dit hier à la Chambre; mais renseignez nous le plus que vous pouvez, et avec détails.*

2 D. s.n., non pubblicato.

3 Cfr. n. 396.

4 Cfr. n. 443. 452 1 Ed. in italiano, con l'omissione del brano fra asterischi, in LV 60, p. 73.

Cfr. n. 449.

451 1 Cfr. n. 423.

453

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 106. Cairo, 26 gennaio 1887, ore 13 (per. ore 14,55).

Gouverneur de Suakin télégraphie à Baring que le bateau postal arrivé de Massaua confirme la nouvelle que les abyssins ont attaqué le 20 nos avampostes, et ont été repoussés avec grandes pertes. Je n'ai aucune nouvelle de notre agent consulaire. De Aden on télégraphie à Baring que les abyssins ont occupé Harrar.

454

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Vienna, 26 gennaio 1887, ore 16,25 (per. ore 18).

le reçois v otre télégramme 1 . J'exécuterai vos instructions le plus tòt possible et avec la réserve que vous me prescriviez. Je vous avais écrit, dans ma dernière lettre particulière 2 , que Kalnoky m'a di t que l' Autriche, à la sui te du discours de Bismarck, devait désormais concentrer toute son attention en Orient. Cela voulait dire qu'il n'était plus disposé à prendre des engagements pour la Tripolitaine et le Maroc. Le revirement est du à l'effet produit en Autriche-Hongrie par le discours. Reuss vient de me dire, de son còté, que Kalnoky se refuse à accepter nos propositions et qu'il n'est plus disposé qu'au renouvellement de l'ancien traité avec l'adjonction que vous m'avez indiquée. Je n'ai pas le moindre doute que Bismarck a été en cette circonstance l'interprète fidèle de Kalnoky.

455

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 106 bis. Cairo. 26 gennaio 1887, ore ... 1 (per. ore 19).

Voici télégramme agent consulaire à Suakin: «Nouvelle gouverneur inexacte. Chef abyssin reste Ghinda. Nos troupes sont prètes à le récevoir, mais, à ce qu'il paraìt, il hésite avancer. Je vais écrire au sujet».

2 L. del 20 gennaio, non pubblicata. 455 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

454 1 Cfr. n. 451.

456

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI 1

D. PERSONALE CIFRATO S.N. Roma, 26 gennaio 1887.

Dans l'entretien que V.E. a eu le 17 de ce mois avec lord Salisbury, Sa Seigneurie, tout en s'empressant de se déclarer prète à entrer avec nous dans un échange de vues ayant pour but de rendre plus intimes et plus pratiquement utiles !es rapports entre !es deux Pays, exprimait cependant le désir d'ètre mieux renseignée sur !es intérèts particuliers de l'Italie, dans la Mediterranée et en Orient, que l'entente projetée devrait sauvegarder.

le présume que lord Salisbury, en parlant de nos intérèts en Orient et dans la Méditerranée, n'a pas voulu se référer à des intérèts spéciaux et d'une valeur, pour ainsi dire, locale.

Si j'ai bien saisi sa pensée, ce que le premier ministre de la reine désire connaìtre, c'est notre manière d'envisager le développement éventuel de la situation dans ces régions, ainsi que notre appréciation au sujet de l'action que !es deux Puissances pourraient, d'après leurs accords mutuels, déployer dans !es phases successives de la question méditerranéenne et dans le cas mème où cette question assumerai!, par l'enchaìnement des faits, !es proportions et la portée d'une question européenne.

Me plaçant à ce point de vue, et voulant donner à mes idées le cachet d'une précision absolue, j'ai résumé dans le mémoire ci-joint ce qui devrait ètre en quelque sorte, entre !es deux Cabinets, le programme de leur entente réciproque. Les propositions dont ce programme se compose se passent de tout commentaire. Elles sont fort simples, nettement énoncées, allant directement au but que chacune d'elles devrait, le cas échant et le moment venu, attendre au profit commun des deux Puissances. Je pense que lord Salilsbury n'hésitera pas à !es apprécier comme étant I'expression d'une conception absolument positive et pratique.

l'ai voulu ne pas limiter l'action combinée des deux Puissances au domaine du présent, ni à celui d'un avenir probable et immédiat. Je sais que !es hommes d'Etat en Angleterre n'ont pas l'habitude de s'occuper des prévisions Iointaines. l'ai cependant préféré mettre, dès aujourd'hui, sous !es yeux de lord Salisbury l'ensemble de nos vues à l'égard du ròle que l'Angleterre et l'Italie pourraient un jour prochain ou éloigné ètre appelées à jouer sur l'échiquier de la politique générale. Je vais, V. E. le voit, jusqu'à l'hypothèse d'une guerre que l' Angleterre et l'Italie seraient obligées de soutenir contre la France. Quand bien mème lord Salisbury hésiterait à accepter des engagements à si longue échéance et d'une application heureusement improbable, il ne saurait ne pas tenir compte, sur le terrain auquel nos ouvertures le convient, de l'avantage réel qu'aurait pour l'An

gleterre un accord établissant, entre elle et l'ltalie, une confiante solidarité, et la rattachant, gràce à notre intermédiaire, au groupe des Puissances centrales. Il ne peut, en effet, échapper à la haut~ intelligence du ministre britannique que, le simple soupçon à Pétersbourg, d'une pareille combinaison politique paralyserait bien des velleités de la part de la Russie.

J'autorise V.E. à remettre à lord Salisbury copie du mémoire ci-joint, et à lui donner lecture de la présente dépèche. Je tiens à ce qu'il ait de nos idées et des considérations qui nous les dictent, une notion rigoureusement exacte et complète.

MÉMORANDUM

Propositions pour une entente entre l'Italie et la Grande-Bretagne

l. Maintenir, autant que possible, le status quo dans la Mediterranée, y compris la Mer Adriatique, la Mer Egée et la Mer Noire. Conséquemment prévenir et au besoin empècher tout changement qui, sous la forme d'annexion, occupation, protectorat, ou d'une autre manière quelconque porterait atteinte, au détriment des deux Puissances, à la situation actuelle.

2. -Si le maintien du statu quo devient impossible, faire en sorte qu'il ne se produise une modification quelconque qui à la suite d'un accord préalable entre les deux Puissances. 3. -L'Italie est toute prète à appuyer l'oeuvre de la Grande-Bretagne en Egypte. La Grande-Bretagne est, à son tour, disposée à appuyer, envers les envahissements éventuels de la France, l'action de l'Italie sur tout autre point quelconque de la cote nord africaine, et nommément dans la Tripolitaine et la Cyrenaique. 4. -L'Italie serait prète à se ranger à co tè de l'Angleterre dans la Méditerranée dans toute guerre que cette Puissance pourrait avoir avec la France, à charge de réciprocité de la part de l'Angleterre, dans toute guerre entre l'Italie et la France.

456 1 Ed. in GP, vol. IV, allegati I e II al n. 887

457

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 112. Costantinopoli, 27 gennaio 1887, ore 18,30 (per. ore 19,50).

La Porte ayant interpellé le Monténégro au sujet des préparatifs militaires qui se font dans la Principauté, a eu pour réponse qu'en présence de la situation aussi incertaine dans la presqu'ìle des Balkans, le Monténégro se voyait forcé de prendre plusieurs mesures de précautions, mais n'avait aucune intention d'agression.

458

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE DI GERMANIA A ROMA, VON KEUDELL

NOTA S.N. Roma, 28 gennaio 1887.

Le soussigné ministre des affaires étrangères de S.M. le Roi d'ltalie, a reçu la note 1 par la quelle S.E. l'ambassadeur d'Allemagne a bien voulu porter à la connaissance du Gouvernement royall'adhésion du sultan de Zanzibar aux dispositions de l' Acte générale de la Conférence de Berlin, en accompagnant cette communication de l'envoi de copie de la déclaration, en date du 8 novembre 1886, par laquelle la susdite adhésion a été donnée.

En remerciant de cette communication, ...

459

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 874. Massaua, 28 gennaio 1887 (per. ill3).

Dopo il mio rapporto 21 corrente, n. 869 2 , gravi *ed importanti* avvenimenti stabilirono un ben definito stato di guerra contro l'Abissinia.

Il 25 corrente un combattimento ebbe luogo presso le fortificazioni di Sahati in cui gli abissini furono respinti, senza che però potesse essere inflitta loro una lezione tale da riuscire radicale.

Il 26, invece, un nostro distaccamento, che portava viveri e munizioni a Sahati, sopraffatto dal numero, periva, pressoché tutto, combattendo. Di questi due fatti d'arme V.E. troverà più particolareggiata relazione *negli annessi spediti con rapporto a parte* 3 .

Trovandomi sprovvisto di truppe per tenere libere le comunicazioni con Sahati e con Uaà, fui costretto a richiamare quei due presidì, sia per evitare che, sprovvisti di munizioni e di viveri, cadessero in mano al nemico, sia per provvedere alla difesa di Massaua, oramai sfornita di truppe.

Questi due distaccamenti qui giunsero, in buone condizioni, stamane, come pure quello di Arafali, egualmente richiamato per le stesse ragioni.

459 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 22-24 e, con varianti e l'omissione dei brani fra asterischi, in LV 60, pp. 74-77.

2 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 9-11. 3 Si trattava, presumibilmente, delle relazioni del maggior Boretti (Sahati, 26 gennaio) e del capitano Tanturri (Moncullo, 27 gennaio) conservate senza il rapporto di Genè agli esteri.

Dopo i combattimenti summenzionati, è fuor di dubbio che siamo in un vero stato di guerra, non trattandosi in questo caso di semplici scontri fortuiti e di poca importanza, quali avvengono talora con popoli barbari, e che non hanno influenza decisiva sulle relazioni successive con essi.

Gli atti precedenti di ras Alula; la sua acrimonia aggressiva negli ultimi tempi; il perseverare, contrariamente alle abitudini abissine, per parecchi giorni in una specie di assedio a Sahati, luogo da quasi due anni occupato da noi; le minacce di morte al conte Salimbeni e suoi compagni; i rinforzi considerevoli che egli riceve attualmente da re Giovanni, del quale si annunzia la venuta ad Asmara; tutte le informazioni che ci giungono; la voce pubblica stessa in Abissinia, sono sicuri elementi per poter giudicare che la guerra attuale ci fu mossa con premeditazione, e non fu solo un atto di inconsulta violenza di un capo abissino.

I due combattimenti *avvenuti* sono certamente onorevoli per le nostre armi, e furono prova irrefutabile della disciplina, della persistenza e del valore dei nostri soldati. Ciò però non toglie che gli abissini ne meneranno vanto, diventando sempre più tracotanti ed il fatto stesso del ritiro dei presidì da Sahati e da Uaà, non già *fatto* in obbedienza alle loro intimazioni, ma per necessità di concentrare le attuali poche forze, verrà *però* da essi interpretato nel modo più favorevole ai loro interessi, e profondamente intaccherà il nostro prestigio.

Intanto, col nostro concentramento in Massaua, si dovette abbandonare la difesa di un'estesa regione, che ora diverrà campo libero per le scorrerie abissine e dobbiamo !imitarci alla custodia di Massaua, e dei forti di Moncullo, Otumlo ed Archico. Ci sono per conseguenza, chiuse tutte le vie dell'interno, e non potremo ricevere approvigionamenti che per via di mare.

E questo stato di cose non può essere temporaneo, poiché, sino a tanto che non potremo fissare in modo sicuro più lontani confini, sarà impossibile essere tranquilli da parte degli abissini, ed avere qualsiasi comunicazione con l'interno in modo sicuro.

In una parola, noi siamo pressoché bloccati a Massaua, e ridotti ad una difesa continua ed attenta.

E se il concentramento, cui fummo costretti, ha già l'inconveniente di rendere di sé più fidenti ancora gli abissini ha in più la spiacevole conseguenza di render per contro meno fiduciose in noi le popolazioni delle quali abbandonammo i territori, ed anche quelle più lontane, che dalla credenza nella nostra forza erano verso noi attirate.

La maggiore baldanza abissina, e la minor fede delle altre popolazioni, nostre naturali alleate, hanno per conseguenza *sicura* di rendere difficilissimo, se pur non vuoi dirsi impossibile, qualsiasi commercio con l'interno, unica ragione per cui Massaua possa avere qualche valore.

Così essendo le cose, io ritengo si presenti una sola via da battere, quella cioè di prendere una pronta e definitiva rivincita. E per ciò occorre di disporre, oltre alle forze già in viaggio, di un vero corpo di spedizione, di otto o diecimila uomini. Un nostro movimento offensivo dovrebbe poi essere coadiuvato dalle seguenti combinazioni:

l) fare definitivamente nostre alleate le tribù più vicine, come i belad sceik, habab, tamariam, beni amer, el gadein, ecc., sovvenendole di qualche aiuto, e spingendole, dalla parte del nord, verso l'Abissinia sotto la nostra direzione.

Di questa operazione le basi furono già messe da lungo tempo ed ora più non occorre che riunire le fila e concretare l'alleanza. Se anche la loro fiducia fosse alquanto scossa, essa rinascerebbe appena sapessero che stiamo per impegnare un'azione con mezzi adeguati;

2) spingere i dervisc del Sudan contro l'Abissinia, facendo percorrere la valle del Mareb, che si dirige verso Adua, a quelli di Kassala, dove ora, dicesi, si trovano dodicimila combattenti sotto Osman Digma, e spingendo verso Gondar quelli di Metemma.

*Già relazioni indirette furono create con essi da qualche tempo, ed è possibile riuscire in questo intento, specialmente tenendo presso i capi più influenti di quei luoghi emissari fidati, dei quali qualcuno avrei sottomano;*

3) promuovere sollevazioni neli'Hamasen stesso, dove le popolazioni non sono punto soddisfatte del loro capo, ras Alula, e dove *esiste*, latente, ma abbastanza efficace, l'elemento mussulmano, *il quale* altro non brama che liberarsi dal giogo abissino.

Con forza nostra sufficiente, e con le suaccennate potenti diversioni, è, *a* mio avviso, possibile di occupare il Paese dei bogos e forse anche Asmara, stabilirvisi solidamente, e tenere sicure le nostre comunicazioni con Massaua.

Mediante tale occupazione saremmo padroni della strada diretta e sicura per Kassala e Kartum, e si renderebbe impotente contro di noi l'Abissinia, colla quale l'esperienza di due anni ci ha ormai dimostrato essere impossibile assolutamente né lo stringere alleanza, né il vivere in pace ed in dignitosa tranquillità.

L'esecuzione di questo progetto costerebbe certamente uno sforzo all'Italia; ma ormai sono venuto nell'avviso che, se si tiene conto di tutte le spese continuate cui ci costringe la difesa contro un prepotente, capriccioso e mal fido vicino, e dei limitati risultati sperabili dalla colonia di Massaua finché trovasi rinserrata nei limiti attuali, sia più conveniente e miglior consiglio il compiere una sol volta, un sacrifizio considerevole per assicurarci tranquillità ed utili in avvenire, anziché continuare a subire spese, più moderate certamente, ma continue, ed il cui risultato sarà ognora assai limitato e dubbioso.

Infine, è certo che una posizione assicurata nell'altipiano etiopico darà sempre un'influenza considerevole in Africa, cui ora si volgono tutte le Nazioni, alla potenza la quale avrà saputo porvi piede in tempo.

E per noi, oltre alla convenienza, milita ora eziandio l'occasione propria, poiché l'aggressione sofferta ci dà il diritto alla reazione, ed a provvedere colla ragione delle armi alla nostra sicurezza.

Il sunto di questo progetto ebbi l'onore di far noto a V.E. col mio telegramma *n. 574 4* e se avessi la ventura di vederlo approvato, pregherei la E.V. di voler disporre che fossero prontamente provveduti mezzi per mandarlo ad esecuzione, essendo necessario che possa giungere a compimento prima della stagione delle piogge, in Abissinia, che incomincia col finire di maggio all'incirca 5•

459 4 T. 125 del 31 gennaio (spedito da Massaua il 29), non pubblicato. 5 Per la risposta cfr. n. 531.

458 1 Nota 203 del 24 gennaio, non pubblicata.

460

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 29 gennaio 1887, ore 2, 15.

Je me suis empressé, dès le 25 janvier, de donner lecture et laisser copie au secrétaire d'Etat du télégramme transmis par V.E. dans la nuit du lundi au mardi 1 . Nous avons relu !es documents qui s'y rattachent et je me suis appliqué, en paraphrasant votre langage, a bien faire ressortir quel est votre point de vue, parfaitement motivé, dont vous étiez bien résolu à ne pas vous départir. Le comte de Bismarck entrait dans vos idées, mais il avait le sentiment, la presque certitude, que le Cabinet austro-hongrois, embarrassé dans ses efforts pour concilier !es intérèts austro-hongrois, et sous le coup du discours du chancelier, interprété comme si l'Allemagne ne viendrait au secours de l' Autriche que lorsque celle-ci aurait été terrassée par la Russie, subissait une crise de timidité qui accroissait ses indécisions et ses lenteurs. C'est toujours le mème Etat, en retard d'une année, d'une idée et d'une armée, ainsi que le définissait Napoléon I. Peut-ètre aussi qu'aprés l'expérience faite en 1866 craint-il que la réserve de compensations, de notre part, ne devienne un germe de graves complications. Cela explique surtout pourquoi il lui répugne d'admettre le second alinéa de l'art. II du projet de Traité additionnel. Kalnoky pourrait ètre comparé à un voyageur n'osant avancer sur un terrain où il redoute de mettre le pied dans des foudrières. Bref, le secrétaire d'Etat prévoyait l'inutilité d'une nouvelle démarche et qu'en définitive l' Allemagne et l'ltalie en viendraient à traiter à deux seules, en se contentant d'obtenir la neutralité bienveillante de l'Autriche en cas de guerre contre la France. L'objet de compensations éventuelles pour l'ltalie ne pouvant, comme de raison, ètre recherché en Allemagne, se trouverait par exemple à Tunis, Nice, Corse. Là ou il lui plairait de jeter son dévolu. Le Cabinet de Berlin irait sous ce rapport aussi loin que nous le voudrions -je ne l'ai pas dit au secrétaire d'Etat, mais je me demande s'il ne conviendrait pas dans notre accord séparé de nous laisser une porte ouverte dans ces directions comme dans celles de Tripoli sauf à en profiter en tout ou en partie selon le cours des événements. Ce serait un mérite de plus pour V.E. aux yeux du pays et de l'histoire d'avoir posé ces jalons d'avenir. Veuillez m'énoncer votre avis sur ce point et s'il est favorable me faire savoir de quelle maniére cette idée de compensation devrait ètre formulée.

Je me suis borné à insister pour qu'une dernière tentative fùt faite à Vienne en conformité de vos instructions; pour peu que l'Autriche comprenne la véritable situation des choses elle devrait se rendre compte que dans un intérèt réciproque il lui conviendrait d'accepter telles quelles vos propositions. Le secrétaire d'Etat ne manquerait pas d'eu référer au chancelier. Il m'apprendit hier soir à une réception à la Cour que Son Altesse approuvait ces propositions et !es recommanderait vivement à Vienne en laissant entendre, à moins qu'il ne s'agisse que de quelques changements de simple rédaction, que c'était à prendre ou à laisser. Dans ce dernier

cas Allemagne et ltalie procéderaient à un accord en dehors de l'Autriche-Hongrie: une prompte réponse est demandée. Un courrier de Cabinet partait le soir mème porteur des instructions dans ce sens pour Reuss. Secrétaire d'Etat croyait que malgré cette démarche cathégorique et urgente il ne fallait guére compter sur une réponse avant une dixaine de jours. Le Cabinet de Berlin a appris avec d'autant plus de satisfaction l'ouverture des pourparlers à Londres que d'aprés un télégramme du 22 janvier l'ambassadeur d'Allemagne a vai t recueilli d'un entretien avec Corti l'impression que celui-ci était encore sans instructions. Or il importe que sur ce sujet les deux représentants agissent d'un commun accord.

460 1 Cfr. n. 446.

461

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4338. Berlino, 29 gennaio 1887 (per. il 5 ).

*Dans la dernière visite que je lui ai faite, le secrétaire d'Etat constatait que le Cabinet de Pétersbourg montrait quelque condescendance, en suggérant lui-mème des pourparlers entre les ambassadeurs à Constantinople, et que la députation de la Sobranié, à laquelle il niait naguère toute existence légale, fùt entendue après sa tournée en Europe. C'est un premier pas vers une entente. Il conviendrait de faciliter la tàche de cette Puissance. Quant au Cabinet de Berlin, lors mème que cette question lui soit assez indifférente, il n'a pas moins cessé, depuis un an et demi, au point de vue du maintien de la paix, de vouer tous ses efforts pour qu'il ne sorte pas de graves complications de l'imbroglio* 1 . Y parviendra-t-il? Il ne saurait le garantir.

Le comte de Bismarck n'exprimait pas davantage sa pensée. Mais on peut s'expliquer ses doutes, car la Russie jusqu'ici n'a fait qu'une concession de forme. Dans le fond, elle persiste dans ses prétentions, toujours rien moins que favorables à l'autonomie bulgare. Le libre passage par les Balkans lui est nécessaire pour réaliser ses aspirations vers la Turquie d'Europe. Il foudrait une coalition des autres puissances pour l'arrèter dans cette voie. Or l'unanimité fait défaut. L'Allemagne, pourvu que la tranquillité générale ne soit pas compromise, ne contrecarrera pas ces desseins. L'Autriche, intimidée par !es derniers discours du prince de Bismarck au Reichstag, qui lui rappelait que l'appui de l' Allemagne n'était stipulé que pour des intérèts communs, a baissé le ton et témoigne de meilleurs dispositions à l'égard de la Russie. A I'instar de l'Angleterre, le Cabinet de Vienne n'attache plus la mème importance que jadis à la question mème des détroits. La France, dans !es conjonctures actuelles, se gardera bien de faire opposition à la Russie. L'Italie ne peut se montrer plus zélée, plus active que !es puissances intéressées davantage à sauvegarder un certain équilibre dans la péninsule des Balkans. Je ne parle pas de la Turquie, dont l'attitude ressemble assez à celle des eunuques dans ses harems.

Dans ces conditions, la Russie a beau jeu, et elle ne se fait pas faute pour en profiter. Ainsi elle travaille en ce moment auprès du sultan, pour l'induire, en sa qualité de khalife, à faire émaner unfetva mettant les anglais, dans leurs possessions asiatiques, au ban de l'islamisme. Sir William White ayant eu connaissance des menées de M. Nelidoff dans ce sens, n'a pas caché à Sa Majesté Imperiale que le Gouvernement britannique se préoccuperait médiocrement de l'effet de cette sorte d'excommunication majeure; mais qu'il y verrait une preuve manifeste de mauvais vouloir, et agirait de son còté en conséquence. Je tiens confidentiellement d'une source très-sùre ces derniers détails.

461 1 Il passo tra asterischi è edito in LV 68, p. 83.

462

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4339. Berlino, 29 gennaio 1887 (per. il 5 febbraio).

Hier, M. Herbette a été reçu par le prince de Bismarck. Il engageait sa parole d'honnète homme pour déclarer que la France ne songeait en aucune manière à attaquer l'Allemagne. Indépendamment des assurances officielles et les plus catégoriques de son Gouvemement, il connaissait assez les dispositions de son Pays, pour affirmer ses sentiments les plus pacifiques. Le chancelier se montrait satisfait d'entendre ce langage, et il déclarait à son tour, comme au Reichstag, que l'Allemagne n'avait elle aussi aucun dessein hostile, mais qu'on ne devait pas s'étonner à Paris de ce qu'elle se mìt en mesure de faire face aux armements au-delà des Vosges.

Le chancelier s'explique plus nettement avec ses intimes. Si le ministère actuel en France est de bonne foi, il peut d'un jour à l'autre céder la place à un parti plus avancé. Le général Boulanger aurait des chances de devenir président du Conseil, sauf à aspirer peut-ètre à occuper une plus haute position. Après avoir fait le matamore, il se couvrirait de ridicule et devrait abandonner le pouvoir, s'il modifiait ses allures et ne cherchait pas à réaliser l'espoir que l'opinion publique met en lui. Le fait est que le prince de Hohenlohe, qui a rempli pendant douze années les fonctions d'ambassadeur à Paris, dit n:avoir pas rencontré un seui français, qui accepte franchement le traité de paix de Versailles. Les français se partagent en deux catégories: les uns se livrent à l'illusion de recouvrer, par des moyens pacifiques, les provinces perdues; les autres n'attendent qu'une occasion propice pour reconquérir, l es armes à la main, l' Alsace-Lorraine.

Dans ces conditions, on comprend que les préparatifs de guerre se poursuivent de part et d'autre. On est convaincu ici que la lutte est inévitable. Dans l'état-major, dans l'armée, on se prononce à l'unisson. Puisqu'il faudra traverser cette nouvelle épreuve, autant vaut que ce soit aujourd'hui, où les troupes allemandes ont une supériorité d'organisation et d'outillage, que plus tard, lorsque les voisins de l'ouest auront complété leurs armements. Deux personnes seulement se placent en travers de ce courant belliqueux: l'empereur, qui a accumulé toutes les gloires, tous les triomphes, qui joue le ròle d'arbitre en Europe et qui voudrait mourir en paix; le prince de Bismarck qui, lui aussi, a tracé des pages si brillantes dans l'histoire. Mais Sa Majesté a un si profond sentiment du devoir que, du moment où cela deviendrait nécessaire, elle n'hésiterait pas à signer le décret de mobilisation. «A mon àge, laissait-il entendre, je ne reviendrais pas d'une campagne, mais je marcherais jusqu'à extinction de forces au milieu de mes soldats». Le chancelier, en ce qui le concerne, se rend parfaitement compte qu'il s'agirait d'une guerre à outrance, et rendue plus difficile encore par les lignes de forts construits par la France depuis 1871, et qu'il faudrait assiéger, ou masquer en partie, avec une grande perte de temps et de lourds sacrifices, avant de s'avancer sur le territoire ennemi. C'est là une grosse responsabilité; mais ne serait-elle pas plus grande, s'il attendait à se mesurer avec l'adversaire, lorsque celui-ci aurait eu tout le loisir de préparer son jeu, d'égaliser les chances en sa faveur, et mème de se ménager la victoire? Tout cela doit lui donner beaucoup à penser; car, en cas de défaite, chacun lui jetterait la pierre, en oubliant ses éminents services.

Je ne veux pas pour autant annoncer l'imminence d'une guerre. Mais on glisse du moins sur la pente qui y mène fatalement en dépit des meilleurs intentions. Au reste V.E. sait, par un entretien que j'ai eu, il y a un peu plus d'une année, avec le chancelier à Friedrichsruhe, qu'alors déjà il prévoyait l'orage, qui menaçait du còté de la France. On aurait donc tort d'attribuer uniquement à une réclame électorale les bruits belliqueux, qui ne sont du reste que l'écho de ceux qui résonnent en France, si mème on y met une sourdine. V.E. sait aussi par ma correspondance, dans quel sens Son Altesse m'a parlé à une époque très-récente.

Nous ne saurions donc trop chercher à nous prémunir contre une situation qui recèle tant de danger.

463

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 79/401. Londra, 29 gennaio 1887 (per. il 1° febbraio).

Credo mio debito di chiamare l'attenzione dell'E.V. sopra alcuni punti della discussione accorsa nel Parlamento nella seduta d'avant'jeri, i quali gettano qualche luce sulla politica estera inglese.

Lord Salisbury parlò a nome del Governo nella Camera alta. A proposito del principe Alessandro di Bulgaria pronunziò le seguenti parole: «Noi fummo dispiacenti per la sua caduta perché lo stimammo atto a consolidare quelle nazionalità cristiane che ne hanno sì grande bisogno. Ma dopo la sua caduta riconoscemmo che la sua rielezione non era politicamente pratica, per quanto ne sò essa non fu contemplata da alcun altro Governo in Europa, certamente non dall'Inghilterra». E conchiuse il suo discorso come segue: «È impossibile di essere ciechi al pericolo che è cagionato al mantenimento della pace dai vasti armamenti, sempre crescenti, che minacciano i due lati del continente europeo. Quelli che stanno vicino a questi armamenti sono costantemente nella posizione di quelli che si trovano sul cammino d'una valanga che vedono sovrastare, e che un piccolo accidente può far piombare sovra di essi. La vigilanza è il dovere di tutti in tali circostanze ma la vigilanza può ingenerare sospetti, e questi il conflitto. È vano di non riconoscere questi pericoli, ma debbo dichiarare in pari tempo che, durante le ultime settimane, nulla ci ha dato l'impressione che questi pericoli siano aumentati, e secondo il giudizio de' nostri ambasciatori a Berlino ed a Parigi le misure prese non sono bellicose ma pacifiche. Io caldamente desidero che queste previsioni siano giuste, e che sia risparmiata all'Europa la calamità di una guerra fra le nazioni più civilizzate d'Europa».

Nella Camera dei comuni lord Randolph Churchill, nell'occasione delle spiegazioni che fornì della sua dimissione, disse: «Desiderare una politica estera pacifica, scevra da ogni iniziativa non necessaria, e da disposizione ad intervenire troppo prontamente negli affari d'Europa, insomma una politica che maggiormente s'avvicini a quella di non intervento». E più innanzi dichiarò «una saggia politica estera trarrebbe l'Inghilterra fuori delle lotte continentali, e la terrebbe salva dai conflitti tedeschi, russi, francesi e austriaci». Ed infine «la politica estera del Governo mi sembra pericolosa e priva di sistema». Cui il signor Smith rispondeva a nome del Governo: «Dichiaro non esservi mai stata soverchia iniziativa, abbiamo nel fondo dei nostri cuori il desiderio di mantenere l'Inghilterra all'infuori delle complicazioni non necessarie, e la ferma volontà di non contrarre impegni che ci obbligassero a partecipare alle controversie cui il preopinante fece allusione».

Il signor Gladstone fece indi un lungo discorso, ma poco si occupò di politica estera. A proposito della Russia disse «se ella volesse accontentarsi dell'influenza sulla Bulgaria non si potrebbe rifiutarglielo, ma i recenti avvenimenti provarono che essa non se ne accontenta, e commette un grande errore non appoggiandosi sulle simpatie di quel popolo, o volendo invece imporgli il suo giogo». All'illustre statista rispondeva il signor Smith, il quale ripeteva: «l nostri intendimenti sono limitati dai doveri e dagli interessi della Nazione, e dagli obblighi imposti dai trattati, e non saremo per intervenire se non che quando vi saremo obbligati dagli interessi del commercio e dell'industria oppure dagli obblighi che abbiamo assunti».

464

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 875. Massaua, 29 gennaio 1887 (per. il 13 febbraio).

Col mio rapporto 21 corrente n. 868 1 , avevo l'onore di riferire a V .E. lo stato in cui trovavasi il doloroso incidente relativo al signor conte Salimbeni ed ai suoi compagni a quell'epoca.

D'allora in poi non ricevei più alcuna notizia a loro riguardo sino al 26 corrente, giorno in cui me ne vennero recate dal padre Coulbeaux della missione lazzarista francese, già noto a V.E. per precedenti rapporti, con circostanze però tali da meritarne speciale menzione.

In tale giorno recavasi a questo comando il padre Coulbeaux, il cui arrivo dall'Abissinia erami già stato annunciato per telegrafo da Monkullo, e mi narrava

che, venuto a cogmzwne, mentre trovavast m Akrur, della pngwnia toccata ai viaggiatori italiani, erasi recato al campo di ras Alula per interporsi in loro favore e porgere almeno a quegli infelici la consolazione della religione.

Soggiunsemi che dapprincipio aveva trovato il ras assai male disposto, ma che, in seguito alle sue istanze, il capo abissino aveva sospeso di prendere qualsiasi decisione sul conto dei suoi prigionieri, a condizione che essi mi scrivessero per eccitarmi a ritirare le truppe dalle posizioni occupate.

Il conte Salimbeni aveva risposto credere inutile di scrivermi non potendo sperare altra risposta se non quella già ottenuta.

Però il padre Coulbeaux aveva proposto, allo scopo principalmente di guadagnare tempo, di recarsi egli stesso a farmi tale ambasciata a voce, al che il ras aveva acconsentito col patto che la mia risposta gli fosse portata da padre Coulbeaux entro il 28 corrente.

Esponevami ancora il monaco che il conte Salimbeni erasi lagnato, in una conversazione avuta con lui solo, di non averlo io avvertito prima della sua partenza della nostra intenzione di muovere guerra all'Abissinia, poiché in tal caso egli avrebbe rinunciato a penetrare in quel Paese.

Intanto nel mattino del 27 corrente recavasi da me il vescovo monsignor Touvier per pregarmi di permettere l'uscita da Massaua di una piccola carovana, che egli intendeva di spedire alla sua missione a Keren valendosi del ritorno in Abissinia del padre Coulbeaux. lo acconsentiva a ciò immediatamente e rilasciava al vescovo apposita carta di lasciapassare.

Verso le 6 pomeridiane poi il signor avvocato Cagnassi recavasi per mio ordine dal padre Coulbeaux per dargli la mia risposta verbale pel conte Salimbeni, la quale era la seguente: non avere noi mai avuto intenzione di muovere guerra all'Abbissinia; i posti da noi occupati avere il solo scopo di mantenere la sicurezza delle strade; essere stata la discesa di ras Alula a Ghinda con tanto nerbo di armati, e la sua intimazione perentoria di sgombro che ci aveva costretti alla difesa; non poter io pertanto dare ora risposta diversa dalle precedenti.

L'avvocato Cagnassi inoltre, sempre per mio incarico, pregava il padre Coulbeaux di dire al conte Salimbeni, se si fosse potuto trovare da solo con lui, non essere fondata la mossami accusa, poiché egli doveva ben immaginare che, se avessimo avuto in mente di assalire l'Abissinia, non gli avrei certamente concesso d'intraprendere il suo viaggio. E che tanto maggiormente doveva essere di ciò convinto il conte Salimbeni, perché al suo passaggio in Massaua, avendo lui ed il maggiore Piano fatto allusione al non vedermi entusiasta della sua spedizione, io gli aveva francamente risposto poco sorridermi il vedere gli italiani in Abissinia, a cagione che la loro presenza in un Paese, col quale le relazioni erano sempre difficili, poteva in date circostanze impedire, od almeno menomare, la nostra libertà d'azione.

Con questo mio timore adunque era fuor di dubbio che, se vi fosse stata qualche intenzione di muovere guerra all'Abissinia, la sua partenza sarebbe stata certamente impedita.

Mentre l'avvocato Cagnassi compieva il suo mandato, veniva al comando il padre Paillard, altro missionario lazzarista per chiedere un nuovo lasciapassare per la carovana in partenza; ed io lo faceva informare che per sortire da Massaua bastava quello dato nel mattino, e che avrei telegrafato al comando di Monkullo affinché il padre Coulbeaux avesse ospitale accoglienza e libero transito in unione di quanti lo accompagnavano.

Questa risposta era conosciuta dal padre Coulbeaux mentre da lui trovavasi l'avvocato Cagnassi, ed il missionario allora disse che non sarebbe partito senza avere un altro lasciapassare scritto, perché tali erano gli ordini perentori avuti dal console di Francia.

L'avvocato Cagnassi, sorpreso di una così infondata pretesa appoggiata a tanto strano argomento, gli faceva osservare non parergli competente il console francese a stabilire le modalità colle quali il comandante superiore delle truppe italiane in Africa doveva accordare i lasciapassare; che trattandosi di un incidente abbastanza notevole ne avrebbe riferito a me. Ed infatti così faceva, avvertendomi in pari tempo sembrargli il padre Coulbeaux assai alterato da bibite eccessive.

Tale sospetto divenne per me certezza quando poco dopo, passando presso il comando per mettersi in viaggio, venne a prendere da me congedo, nella quale occasione più non mi parlò del preteso lasciapassare che, del resto, era disposto a concedergli.

Intanto per un breve ritardo che dovette subire al posto di guardia della diga, per cui venne tosto a reclamare da me con modi poco corretti, e quantunque per evitare nuove noje io lo facessi accompagnare da un ufficiale di questo comando, egli non volle più partire.

Appena spuntava l'alba dell'indomani (28) il vescovo Touvier recavasi in casa dell'avvocato Cagnassi e dicevagli confidenzialmente che egli disapprovava la condotta del padre Coulbeaux ma che essa sfuggiva alla sua azione, perché aveva ricevuto dai suoi superiori l'ordine di mettere quel missionario a disposizione del console francese. Che fra questi due facevano ogni cosa a sua insaputa, ed anche contrariamente alle sue intenzioni, e che quando egli si permetteva qualche rimostranza veniva minacciato di essere imbarcato.

Che egli il vescovo era amicissimo nostro e quindi gli spiacevano le visite frequenti e di nascosto che il padre Coulbeaux faceva, per incarichi del console di Francia, a ras Alula, e che perciò desiderava fossimo convinti che egli c'entrava per nulla. Pregava intanto perché gli venisse dato l'ormai celebre lascia passare.

Informato di tale conversazione dall'avvocato Cagnassi feci consegnare il salvacondotto per porre termine a tutti questi andirivieni, assai importuni, specialmente in questi momenti.

Ed invero verso le 9 antimeridiane il padre Coulbeaux prendeva la via di Monkullo colla sua carovana, ed io finalmente sperava che tale vertenza fosse terminata.

Ma ecco invece comparire nuovamente verso le 3 pomeridiane il padre Coulbeaux sempre avviluppato nel suo sciamma abissino il quale, dopo essere già andato dal console francese, veniva a narrare, dicendo però che né reclamava né denunziava, come al forte di Monkullo era stato fermato, gli erano state visitate le sue casse, e che quando si lasciò libero di continuare il viaggio, egli, preso da paura, non volle più proseguire oltre e preferì di ritornarsene a Massaua.

L'avvocato Cagnassi, da me incaricato di menare a termine tale faccenda, gli rispose che si sarebbe verificato come era accaduto il fatto da lui lamentato; che lo pregava di osservare che per ben due volte, per sola sua volontà aveva interrotto il suo viaggio per incidenti facili ad accadere in momenti anormali come questi; che del resto per parte nostra era sempre libero di partire come e quando gli sarebbe piaciuto; che ad ogni modo all'indomani gli si sarebbe detto qualcosa circa al fatto di Monkullo.

Ciò non potei ancora bene appurare, ma da quanto seppi finora pare che il padre Coulbeaux col suo viso abbronzato, drappeggiato in sciamma abissino e colla sua scorta abissina, non sia stato a Monkullo riconosciuto per un missionario francese, né ricevuto colla cortesia che avrei desiderato.

Tutti questi pretesti accampati dal padre Coulbeaux per non partire mentre la sua missione di carità dovrebbe fargli urgenza di ritornare presso al conte Salimbeni; le parole del vescovo Touvier, alcune informazioni da me raccolte; la voce pubblica; la poca benevolenza della Francia a nostro riguardo; lo spirito azzeccagarbugli speciale del suo console in Massaua, mi fanno persuaso che in questo momento il signor Soumagne ordisce qualche intrigo con ras Alula tentando di approfittare delle ostilità nostre colla Abissinia; che il padre Coulbeaux ne è il suo emissario; che egli cercò il pretesto di una opera umanitaria da compiere presso ai prigionieri italiani per avere veste di venire a Massaua onde abboccarsi con il console Soumagne senza destare i nostri so petti, e senza inasprire di più il suo vescovo; e che infine egli vuoi prolungare il suo soggiorno a Massaua per qualche istruzione dalla Francia che era probabilmente attesa col postale giunto ieri sera.

Intanto il console di Francia ieri dopo il ritorno del padre Coulbeaux inalberò la bandiera sulla sua casa dove non sventola che alla domenica, né so trovare la ragione di tale atto.

La colonia europea in Massaua ha gravi sospetti sulla condotta del console francese in questi momenti relativamente a noi ed all'Abissinia e vi è non poco fermento contro di lui, laonde fui costretto a dare disposizioni per evitare gli venga fatto qualche sfregio.

464 1 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 5-9.

465

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 120. Atene, 30 gennaio 1887, ore 12,10 (per. ore 13,25).

Délégués bulgares arrivés hier et repartis dans la soirée après avoir vu seulement président du Conseil et ministre des affaires étrangères; ils leur ont fait des ouvertures sur un projet de confédération balkanique à l'exclusion de la Turquie. Je donne cette nouvelle avec toute réserve, mais j'espère ètre fixé bientòt à ce sujet.

466

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. S.N. Roma, 31 gennaio 1887.

Con telegramma del 28/29 di questo mese 1 , l'E. V., dopo colloquio avuto col segretario di Stato, mi lasciava intravedere, come cosa assai probabile, che, fallito

ogni tentativo di accordo con l'Austria-Ungheria, l'alleanza si avesse a rinnovare soltanto tra l'Italia e la Germania. In previsione di che, V.E. mi chiedeva, nel telegramma stesso, precisa istruzione sul da farsi, e segnatamente sui compensi che, ristretto il casus foederis alle due Potenze, siano da pattuirsi a beneficio nostro per la ipotesi di una campagna di guerra intrapresa, e con fortuna condotta a termine in comune tra i due alleati. Il telegramma di lei già metteva innanzi, come concetto enunziato dal conte di Bismarck, che codesti compensi si avessero a cercare verso Nizza, Corsica, Tunisi ecc., V.E. aggiungendo essere il Gabinetto di Berlino disposto, per questo rispetto, a largheggiare quanto più da noi desiderar si possa.

Poiché la nuova fase del negoziato, ristretto ai Gabinetti di Roma e di Berlino, si aprirà allora soltanto quando sia per giungere a Berlino, in termini negativi, la definitiva risposta del Gabinetto austro-ungarico, ho preferito di risponderle, anziché col telegrafo, col presente mio dispaccio che le sarà recato dal Corriere di Gabinetto del lo febbrajo. Mi parve infatto espediente, di non !imitarmi a porgere precisa risposta al quesito di lei circa i compensi da chiedersi per il casus foederis italo-germanico, ma di inviarle, invece, uno schema completo di Trattato a due nel quale figura altresì, in luogo opportuno, la clausola dei compensi.

Codesto schema è qui acchiuso. Brevi parole di commento basteranno, io credo, a darle ragione dei singoli patti in esso contenuti. Imperocché, come questi sono sostanzialmente la reproduzione o dei patti del 1882 o di quelli che, inseriti nello schema di Trattato addizionale a tre hanno già formato oggetto di ampia discussione, gioverà che io mi restringa a parlare delle lievi modificazioni introdotte e segnatamente del patto aggiuntivo concernente la materia dei compensi.

Il preambolo, riproduce, in forma alquanto più stringente i concetti che già erano espressi nel preambolo del Trattato del 1882; il carattere e lo scopo del nuovo Trattato sono, per tal modo, tassativamente chiariti e determinati.

L'art. I non diferisce dal corrispondente articolo del Trattato del 1882 se non in quanto la reciproca assistenza nelle quistioni politiche ed economiche d'ordine generale, è espressamente pattuita quante volte non siavi contrasto d'interessi («pour autant qu'il n'y aurait pas conflit d'intéréts»). La locuzione adoperata nel Trattato del 1882 «dans la limite de leurs propres intéréts» lasciava credere che l'assistenza fosse dovuta allora soltanto quando vi fosse coincidenza d'interessi; e per quanto, così intesa, la clausola potesse apparire superflua, non occorendo, un patto per assicurare una assistenza già suggerita dal proprio interesse, tale fu, nel fatto, la interpretazione che più di una volta prevalse. Giova rimuovere il dubbio, acciò o il patto sia accettato nella forma che solo è razionale e praticamente utile, o senz'altro lo si escluda, se così piace a Berlino, dall'articolo.

L'art. II riproduce dall'articolo corrispondente del Trattato del 1882 la parte riflettente il casus foederis tra l'Italia e la Germania, con la esclusione di quanto concerneva, nel precedente trattato, l'Austria-Ungheria. Ho, però, stimato opportuna una variante, la soppressione, cioè, della riserva relativa alla provocazione. Codesta riserva non mi pare conciliabile col carattere preciso e tassativo che siamo concordi, tra Roma e Berlino, a volere imprimere al nuovo Trattato; essa può infatti suscitare disputazioni infinite, malamente suscettibili di pratica soluzione, e tale da potere, quando fortunatamente non provvedesse abbastanza la lealtà dei due contraenti, rendere addirittura illusoria la reciproca alleanza.

Anche nell'art. III dello schema ho introdotto identica correzione, lasciando, per il rimanente, sostanzialmente immutato il corrispondente articolo del Trattato del 1882. Debbo, però, aggiungere che, per quanto ci concerne noi preferiremmo, senza farne oggetto di formale domanda, e meno ancora di assoluta insistenza, che si eliminasse l'intero articolo, il quale, nell'antico Trattato non aveva essenzialmente valore pratico che rispetto alla particolare situazione dell'Austria-Ungheria nell'alleanza.

L'art. IV è identico, salvo lievissima variante di pura forma, al corrispondente dell 'antico Trattato.

L'art. V è la riproduzione testuale del primo alinea dell'articolo II del nostro progétto di Trattato addizionale. Il principe cancelliere ha dichiarato a più riprese di non avere, da parte, sua, obiezione contro il concetto ivi espresso. Ritengo che la accettazione definitiva non debba essere dubbiosa, non intendiamo però di fare di questo articolo una condizione assoluta.

L'art. VI è la riproduzione testuale dell'articolo III del nostro schema di Trattato addizionale, il qual articolo non ebbe a sollevare osservazione a Berlino.

L'art. VII riproduce l'articolo IV dello schema di Trattato addizionale, con due sole varianti, che mi parvero, in certo modo il corollario dei concetti manifestati dal segretario di Stato nell'ultimo colloquio che V.E. ebbe con esso. In primo luogo ho stimato di includere nel testo, là dove si parla di nuovi invadimenti francesi, anche una menzione della Tunisia, il presente protettorato potendo, ivi, volersi mutare in dominio territoriale. In secondo luogo ho pensato che, nello accennare ad una nostra contro-azione, si dovesse alludere anche ad una nostra eventuale intrapresa che avesse di mira alcun punto della costa nord-africana che non sia la Tripolitania. Evidentemente queste due varianti, intese a meglio contemplare tutte le ipotesi possibili, non mutano sostanzialmente né aggravano il casus foederis, a carico della Germania. Presumo che esse saranno agevolmente accolte dal Gabinetto di Berlino.

L'art. VIII riproduce l'articolo V del Trattato del 1882 con lieve modificazione avente per iscopo di mettere in luce che il patto ivi contenuto si applica, non solo a guerra intrapresa in ossequio al casus foederis, ma altresì a guerra volontariamente intrapresa secondo la riserva sancita nell'articolo IV del nuovo e dell'antico Trattato; la cosa è tanta ovvia e naturale che non mi sembra potrà incontrare costì difficoltà od obiezione. Questo articolo VIII, poi trova il suo completamento in altro articolo che per l'indole sua stimai dovesse figurare, nel nuovo Trattato, come articolo separato dopo tutti gli altri del Trattato stesso. In codesto patto, che è interamente nuovo, si colloca precisamente la questione dei compensi a cm alludeva il recente telegramma di V.E.

Mi è sembrato conveniente di seguire, a questo riguardo, il precedente del Trattato d'alleanza del 1866 tra l'Italia e la Prussia; nel senso, cioè, che il patto dei compensi si avesse a connettere coll'obbligo di riportare dall'altro alleato un espresso consenso prima di poter stipulare col nemico armistizio, pace o trattato. Restringendomi alla previsione del. caso più probabile, quello cioè di una campagna condotta in comune contro la Francia, proporrei come limite massimo di pretese, oltre al quale da noi non possa negarsi assenso ad armistizio, pace o trattati, quello che abbracci: l) la rinuncia, a favore nostro, di tutti i diritti e le pretenzioni della Francia in Tunisia; 2) l'ottenimento d'una nuova frontiera che includa tutte le alte valli degli affluenti da sinistra del Rodano e finisca, verso il mare, con l'intero corso del Varo; 3) la cessione della Corsica.

Spetta ora alla Germania di enunciare il limite massimo di pretese oltre il quale non possa negare, dal canto suo, l'assenso ad armistizio, trattato o pace.

Naturalmente, qualora questo limite ci apparisse sensibilmente superiore al nostro, dovremmo riservarci la facoltà di ripigliare in esame la cosa col concorde proposito di stabilire, anche a questo riguardo, una giusta reciprocità di trattamento, tra i due alleati. Anzi, qualora non sembrasse agevole, su questo punto, un accordo immediato lo si potrebbe rinviare ad ulteriore trattazione, mentre per ora basterebbe esprimere, nell'art. VIII, il principio di una giusta equivalenza di compensi come condizione del reciproco assenso alla conclusione eventuale di armistizio, pace

o trattato, con la indicazione generica delle direzioni nelle quali codesti compensi sarebbero eventualmente da ricercarsi. Gli art. IX, X e XI sono di pura forma; né abbisognano di particolare commento. Sono, del resto, la riproduzione degli art. VI, VII e VIII dell'antico Trattato.

Altro non ho da aggiungere. Continuando nel procedimento finora tenuto, che corrisponde alla schietta intimità dei rapporti tra ~ due Governi, autorizzo, quando fosse per giungerne il momento opportuno, l'E.V. a rimettere al cancelliere copia dello schema di trattato e di questo mio dispaccio.

ALLEGATO

PROGETTO DI TRATTATO

Leurs Majestés

le Roi d'Italie

et l'Empereur d'Allemagne, Roi de Prusse, animés du désir de consolider de plus en plus !es garanties d'équilibre, de paix et de conservation, en Europe, sont tombés d'accord de conclure à cet effet un Traité ayant essentiellement pour but de sauvegarder contre toute atteinte la sécurité et !es intérets de leurs Etats.

A cet effet, ont nommé, savoir:

Sa Majesté le Roi d'Italie, ... et Sa Majesté l'Empereur d'Allemagne, Roi de Prusse, ...

Lesquels, s'étant communiqué leurs pleinpouvoirs, trouvés en bonne et due forme, sont convenus des articles suivants:

Art. I

Les Hautes Parties contractantes se promettent mutuellement paix et amitié. Elles n'entreront dans aucune alliance dirigée contre l'un de leurs Etats. Elles s'engagent à procéder à un échange d'idées sur !es questions politiques et économiques d'une nature générale qui pourraient se présenter, et se promettent leur appui mutue! pour autant qu'il n'y aurait pas entr'elles conflit d'intérets.

Art. II

Dans le cas où l'Italie serait attaquée par la France pour quelque motif que ce soit, l'Allemagne sera tenue à lui preter secours et assistance avec toutes ses forces.

Cette méme obligation incombe à l'Italie dans le cas d'une agression de la France contre l'Allemagne.

Art. III

Le casus foederis se présentera également si l'une des deux Hautes Parties contractantes venait à étre attaquée et se trouver engagée dans une guerre avec deux ou plusieurs Grandes Puissances non signataires du présent Traité.

Art. IV

Dans le cas où une Grande Puissance non signataire du présent Traité menacerait la sécurité des Etats de l'une des deux Hautes Parties contractantes, et la Partie menacée se verrait, par là, forcée de lui faire la guerre, l'autre Partie s'oblige à observer, à l'égard de son allié, une neutralité bienveillante avec réserve, cependant, de la faculté, pour elle, de prendre part à la guerre, si elle le jugerait à propos, pour faire cause commune avec son allié.

Art. V

Les Hautes Parties contractantes, n'ayant en vue que le maintien, autant que possible, du status quo territorial en Orient, s'engagent à user de leur influence pour y prévenir toute modification territoriale qui porterait dommage à l'une d'elles. Elles se communiqueront, à cet effet, tous !es renseignements de nature à !es éclarer mutuellement sur leurs propres dispositions, ainsi que sur celles d'autres Puissances.

Art. VI

Les stipulations de l'art. V ci-dessus ne s'appliquent d'aucune manière à la question égyptienne à l'égard de laquelle !es Hautes Parties contractantes conservent respectivement leur liberté d'action, eu égard toujours aux principes sur lesquels le présent Traité repose.

Art. VII

S'il arrivait que la France fit acte d'étendre son occupation, son protectorat ou sa souveraineté, sous une forme quelconque, sur !es territoires nord-africains, soit de la Régence de Tunis, soit du Vilayet de Tripoli, soit de l'Empire marocain, et qu'en conséquence de ce fait l'Italie crùt devoir, pour sauvegarder sa position, dans la Méditerranée, entreprendre elle meme une action sur !es dits territoires nord-africains, ou bien recourir sur le territoire français, en Europe, aux mesures extrèmes, l'état de guerre qui s'en suivrait entre l'Italie et la France constituerait ipso facto, sur la demande de l'Italie, et à la charge commune des deux alliés, le casus foederis avec tous !es effets prévus par !es articles II et VIII du présent Traité.

Art. VIII

Dès le moment où la paix viendrait à etre menacée dans !es circonstances prévues par !es articles II, III et VII, ou bien l'une des deux Parties contractantes voudrait faire usage de la faculté qui leur est réservée par l'art. IV, !es deux Alliés se concerteront en temps utile sur !es mesures militaires à prendre en vue d'une coopération mutuelle.

Les deux Hautes Parties contractantes s'engagent, dés-à-présent, dans tous !es cas de participation commune à une guerre, à ne concime ni armistice, ni paix, ni traité qu'avec assentiment réciproque entr'elles.

Art. IX

Les Hautes Parties contractantes se promettent mutuellement le secret sur ce contenu et sur l'existence ;du présent Traité.

Art. X

Le présent Traité entrera en vigueur dès le jour des l'échange des ratifications et le restera pour l'espace de cinq ans à partir du mème jour.

Art. XI

Les ratifications du présent Traité seront échangées à Berlin dans un délai de trois semaines ou plus t6t, si faire se peut.

ARTICLE SÉPARÉ

Cet assentiment dont il est question à l'art. VIII ne pourra pas etre respectivement refusé, dans le cas d'une guerre contre la France, si les Hautes Parties contractantes se voient assuré les avantages suivants, savoir: pour l'ltalie: la renonciations, en sa faveur, de tous droits et prétensions de la France en Tunisie, une ligne de frontière embrassant les hautes vallées des affluentes de gauche du Rh6ne et se terminant par le cours du Var, la cession de la Corse,

pour l' Allemagne: ... En foi de quoi, les Plénipotentiaires respectifs ont signé le présent Traité, et y ont apposé le cachet de leurs armes. Fait à Berlin, le ...

466 1 Cfr. n. 460.

467

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Madrid, 1° febbraio 1887, ore 18 (per. ore 21,25).

Rascon va recevoir ordre de demander à V.E. si l'ltalie est disposée à appuyer et jusqu'à quel point l'Espagne, qui ne peut admettre la frontière entre la Muluia et Figuig, obtenue par Féraud, ni la protection promise par celui-ci aux tribus. Ministre d'Etat a parlé de nouveau à Solms, à ce propos à Solms 1 , ainsi qu'à moi, de rappeler Albareda et de prendre une attitude énergique. Il m'a dit que la France rompt ainsi l'engagement pris entre Féraud et Elduayen, de ne rien faire au Maroc, sans s'entendre. Je lui ai fait observer que nous sommes restés étrangers à cet accord franco-espagnol.

468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE IN EGITTO

T. 64. Roma, 1° febbraio 1887, ore 19,55.

Nous avons reçu un télégramme 1 de Massaua qui nous apprend que notre poste avancé de Sahati a repoussé le 24 une attaque des abyissiniens. Une colonne de trois compagnies, qui deux jours après, le 26, allait ravitailler la position de Sahati a été attaquée et détruite, après un combat de plusieurs heures. Quatre-vingt-dix blessés auraient déjà été recouvrés à l'hòpital de Massaua. La Chambre, à laquelle le prési

468 1 Cfr. n. 459, nota 4.

dent du Conseil a donné aujourd'hui lecture de ce télégramme, a appris la nouvelle d'une manière virile. Elle votera demain le crédit de cinq millions que le Gouvernement a demandé pour renforcer en attendant la situation à Massaua.

467 1 Sic.

469

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. RISERVATO S.N. Roma, 31 gennaio-1° febbraio 1887.

Riferendomi al mio telegramma del 29 di questo mese 1 , qui acchiudo copia dei carteggi scambiati col r. ambasciatore in Londra circa i negoziati coi quali vorremmo, secondo che ce ne venne consiglio ed incoraggiamento anche da Berlino, rendere ancora più intimi, e soprattutto più concreti i nostri rapporti colla Gran Bretagna. Richiamo in particolar modo l'attenzione di V.E. sul mio dispaccio al conte Corti, settimo ed ultimo della serie qui acchiusa. Esso reca la data del 26 gennaio2 e contiene precise istruzioni circa l'avviamento e l'obiettivo di quei nostri negoziati.

Con telegramma del 29, il conte Corti ricevette istruzione, altresì, di mettersi e tenersi in comunicazione, circa questo argomento, col suo collega di Germania.

Delle nozioni che possono trarsi dall'unito carteggio, V.E. vorrà opportunamente valersi nei suoi colloqui col cancelliere e col segretario di Stato.

P. S. Aggiungo ancora un telegramma d'oggi del conte Corti l o febbraio, giuntomi in questo momento.

470

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4340. Berlino, l° febbraio 1887 (per. il 5).

Le ministre d'Espagne à Tanger a trasmis à Madrid l'avis que le Gouvernement français a obtenu du sultan du Maroc une rectification de frontière avec la cession de grands territoires. Ce diplomate estime que, par cette cession, la France devient virtuellement maìtresse du Maroc.

Le Cabinet de la reine-régente a chargé son représentant à Berlin d'appeler l'attention sur ce fait de la plus haute gravité pour l'Espagne. Elle est décidée à ne

pas l'accepter et à ne reculer devant aucune conséquence. Une de ses traditions les plus constantes a toujours été de maintenir l'indépendance de l'Empire du Maroc. A cet effet, elle y a plus d'une fois envoyé des troupes. L'établissement de la prépondérance exclusive d'une puissance dans ces contrées ferait perdre à l'Espagne tous les avantages de sa position péninsulaire. Un coup d'ceil jeté sur la carte du détroit de Gibraltar, suffit pour démontrer à quel point les traditions dont il s'agit sont d'accord en ce cas avec les intérets vitaux de cet Etat.

Le comte de Benomar s'est acquitté aujourd'hui de ce message, en se réservant de compléter sa communication par des renseignements qui lui seront, sous peu de jours, apportés par un courrier de Cabinet. Ce diplomate avait aussi l'instruction de me notifier le mème fait. Le comte de Bismarck se réservait d'examiner la question, quand il aura reçu des éclaircissements ultérieurs.

Je me suis permis de dire à mon collègue espagnol qu'avant d'ébruiter une semblable nouvelle et de surexciter ainsi les passions dans son Pays, il conviendrait d'en attendre la confirmation. En effet il paraissait de premier abord peu vraisemblable que le Gouvernement français, soit qu'il vouh1t la conservation de la paix, soit qu'il se préparàt à un conflit, choisìt précisément ce moment pour exciter davantage la défiance à son égard.

Je ne doute pas qu'une communication analogue ait été faite à Rome, mais à toute bonne fin j'ai cru devoir en écrir et en télégraphier 1 a V. E.

469 1 T. s.n., non pubblicato. 469 2 Cfr. n. 456.

471

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO l. Londra, 1° febbraio 1887.

Reçu la dépèche chiffrée de V.E. du 26 janvier 1 avec le mémorandum, ensuite le télégramme du 29 2 . Je me suis mis tout de sui te en communication avec ambassadeur d'Allemagne, à qui lord Salisbury avait trois jours avant fait allusions aux pourparlers intervenus avec moi. Il lui avait fait entendre qu'il était informé de l'affaire. Lord Salisbury lui di t alors: que lui personnellement serait bien disposé à entrer dans ces vues, mais que la position du Gouvernement vis-à-vis du Parlement n'étant pas solide en ce moment, il était obligé d'ètre fort prudent. Il espérait toutefois, que dans un prochain avenir cette position s'améliorerait. En attendant j'avais demandé une entrevue à lord Salisbury qui me l'a fixée pour aujourd'hui.

Je viens de donner lecture à lord Salisbury de votre dépèche chiffrée du 26 janvier, et de lui laisser copie du mémorandum. Il m'a dit que naturellement il ne

2 T. s.n., non pubblicato.

pouvait me répondre avant d'avoir conféré avec ses collègues. Il tenait pourtant à me faire connaìtre, dès à présent, qu'il ne serait point permis au Gouvernement de contracter des conventions ou traités, ce qui serait contraire aux traditions de la politique étrangère de l' Angleterre et dont o n lui domanderait strict compte. Il s'empressait de reconnaitre en mème temps, que !es intérèts italiens dans ces régions colncidaient avec ceux de l'Angleterre et qu'il était par conséquent avantageux pour !es deux parties de s'entendre là -dessus, lorsque moment sera venu. Une pareille entente produirait de la part de l' Angleterre !es mèmes effets pratiques camme si une convention avait été stipulée. Ayant ensuite fait mention de l'accord qui existait entre nous et l' Allemagne au sujet de ces pourparlers, lord Salisbury en parut satisfait, mais il me déclara que quoiqu'il n'exista aucun traité, toutefois la base inaltérable de la politique anglaise était de ne rien faire qui ne fùt conforme aux relations cordiales qui existaient avec l' Autriche. Je l'ai rassuré là-dessus en exprimant le ferme avis que qui était l'allié de l'Allemagne l'était aussi de l'Autriche, et je me suis étendu sur !es immenses avantages qu'aurait pour l'Europe en général, et pour ces quatre Puissances surtout, une entente pacifique entre l' Angleterre et l'Italie, et indirectement entre celle-ci et !es deux Empires. Lord Salisbury m'a en suite demandé si nous avions quelque différend avec la France puisque était nommé dans le mémorandum. J'ai répondu que l'expédition de Tunis et la manière dont elle s'était effectuée n'avaient pas été oubliées. Cela nous mena à faire mention de la Tripolitaine, et à cet égard lord Salisbury m'assicura qu'il serait beaucoup plus agréable qu'elle fiìt occupée, !es cas échéant, par l'Italie que par la France. En somme le ministre anglais est entré dans nos vues, quant aux bases substantielles de l'entente. Il a conclu qu'il me ferait une réponse, qui serait probablement conçue dans la mème forme, à savoir, une dépèche à son ambassadeur à Rome et un mémorandum.

En confirmant à V.E. par cette dépèche !es deux télégrammes 3 que j'ai eu l'honneur de lui adresser aujourd'hui méme ...

ALLEGATO

L. PARTICOLARE. Londra, l o febbraio 1887.

Mon entrevue avec lord Salisbury me semble plut6t satisfaisante. Par le vent pacifique qui souffle en ce moment en Angleterre, avant de lui donner lecture des documents, je l'ai préparé, en lui déclarant que notre voeu suprème était le maintien de la paix et du statu quo. Je lui ai dit aussi que ces propositions pouvaient en quelque sorte se considérer comme suite de celles que lui-mème avait faites à l'Italie dans le printemps 1878, sur quoi il observait que nous reprenons !es fils; il écouta la lecture avec une attention soutenue, il fut catégorique dans sa déclaration de vouloir le maintien fidèle à l'entente avec l' Autriche, il fut frappé par l'artide dans !eque! est contemplé le cas de guerre avec la France, et quoique au fond de l'iìme il partage, jusqu'à un certain point, nos sentiments, je crois qu'il ne nommera pas

cette Puissance dans sa réponse. Il a donc dit qu'il nous répondra par un mémorandum dans !eque! il déclarera qu'il existe communauté d'intérèts entre !es deux Etats dans ces régions et ce qui s'en suit, après cela on pourra continuer les pourparlers, et tacher d'obtenir des déclarations plus positives, ce qui dependra en partie des événements à venir.

470 1 T. non rinvenuto nel registro dei telegrammi in arrivo. 471 1 Cfr. n. 456.

471 3 T. s.n., non pubblicati.

472

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 133. Parigi, 2 febbraio 1887, ore 18,45 (per. ore 21,40).

Aujourd'hui j'ai parlé incidentellement avec M. Flourens des bruits de guerre qui commencent à vivement émouvoir l'opinion, et qui sont cause de la chute si rapide des fonds publics. M. Flourens m'a dit que l'attitude de la France ne considérait nullement cette panique: que ses rapports avec l'Allemagne se maintenaient dans les meilleurs termes; que le général Boulanger, à qui on attribuait tant de projets hostiles et indépendents, avait pris l'engagement de ne faire aucun mouvement de troupes sans le consentement du Conseil des ministres, dont !es idées sont essentiellement pacifiques. M. Flourens reproche au ministère autrichien, d'avoir dit que le danger de guerre venait de l'ouest tandis qu'au contraire il aurait été plus exact de dire qu'il venait de l'est. D'après ce que je vois et j'entends, il se fait un grand travail pour faire baisser les fonds publics. Il n'est pas improbable que le général Boulanger soit, incosciemment sans doute, un instrument dont se servent les spéculateurs pour amener Rothschild à baisser. En attendant l'or se fait rare mème à Paris et se concentre dans les mains des rois de la finance.

473

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, E AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

T. 69. Roma, 2 febbraio 1887, ore 22,30.

L'ambassadeur de Russie nous dit que de la correspondence qu'il reçoit il résulte que Kalnoky a accepté en principe le programme de la Russie pour la solution du différend bulgare. Ce programme consiste en ce que les Puissances doivent se montrer, evers la Sublime Porte, unanimes à appuyer, en général, l'idée d'une trasformation de la Régence, ayant pour résultat de faire figurer dans la Régence et dans le Gouvernement tous les partis. Les détails de cette transformation doivent ètre abbandonnés aux pourparlers qui auront lieu maintenant à Costantinople, sous !es auspices de la Porte, entre Zankoff et l'agent bulgare. On ne parlerait maintenant de candidature, ni d'autre chose. Tout cela pourra, selon l'avis du Cabinet de Pétersbourg, ètre seulement réglé après la transformation de la Régence qui permettrait à la Russie de renouer des rapports réguliers avec la Bulgarie.

474

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Londra, 2 febbraio 1887, ore 23,50 (per. ore 4 del 3 ).

L'ambassadeur d'Allemagne a vu aujourd'hui lord Salisbury qui lui a di t que nos propositions avaient été soumises au Conseil des ministres. Ceux-ci ont été d'avis que notre politique dans la Mediterranée et dans la Mer Noire était parfaitement conforme à celle de l' Angleterre. Ils craignaient pourtant que nos intentions se fussent tant soit peu agressives. Est-ce que l'Italie aurait des vues sur N ice et la Savoie? L'ambassadeur d' Allemagne chercha à les rassurer là-dessus en déclarant qu'il n'avait jamais été question de pareille chose, et qu'un Etat pouvait ètre entraìné à la guerre par les menaces des autres ou par la force des choses. Lord Salisbury ajouta que ses collègues, tout en partageant ses sympathies pour nos ouvertures, étaient aussi contraires à la stipulation de tout traité. Lord Salisbury se trouvait, d'ailleurs, embarassé par le caractère si precis de nos propositions. Il est revenu sur le secret à tenir avec l'Autriche. L'ambassadeur d'Allemagne a insistè là-dessus, et l'a engagé à conférer encore avec moi avant d'envoyer la réponse.

Hatzfeldt est d'avis que des déclarations verbales auraient plus de valeur que des documents écrits qui seraient obtenus par la pression et qui pourraient susciter des difficultés, vers la position actuelle de I'Angleterre vis-à-vis de l'Autriche.

475

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 2 febbraio 1887.

Credo mio dovere di farti conoscere che, avendo jersera avuto occasione di vedere il mio collega di Germania, ei mi parlò della guerra fra la Germania e la Francia come di eventualità quasi sicura.

La notizia del nostro infortunio a Massaua mi fece una profonda impressione. Ed ora vi si manderanno dei rinforzi, ma il male è che probabilmente ras Alula non rimarrà lì ad aspettarli, ed una guerra coll'Abissinia, sempre cosa gravissima, lo è ancor più nelle presenti contingenze d'Europa.

476

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 4 febbraio 1887, ore 12,50 (per. ore 15).

Ainsi que V.E. le prévoyait, Kalnoky, après avoir obtenu l'agrément souverain, accepte, d'après ce qui m'a été dit hier au soir par le secrétaire d'Etat, la combinaison indiquée dans votre télégramme du 25 janvier1 , qui se «réfère» à votre télégramme du 1er janvier2 . Cette référence a été interprétée comme une acceptation, de notre part, du casus foederis à stipuler envers la Russie sous la condition de l'insertion de la dause qu'en conséquence nous demandions à notre tour.

J'ai répondu au secrétaire d'Etat que je le priais de suspendre les pourparlers jusqu'à l'arrivée d'un courrier de Cabinet déjà en route, car dans mon dernier entretien avec le chancelier, dont je rendais compte par mon télégramme du 22 janvier3 , il n'avait pas été question d'adjonction, dans l'accorci séparé, des deux alinéas, auxquels se rapporterait la référence susmentionnée. V.E. avait, peut-ètre, par là en vue la désignation des Balkans.

Le secrétaire d'Etat disait que, s'il en était ainsi, il faudrait reprendre les négociations avec l' Autriche sur des points qui, d'aprés votre télégramme, on considérait comme acquis. D'après la réponse de Kalnoky, l'artide à insérer dans le traité italo-autrichien serait conforme à l'artide II de votre projet de Traité additionnel, qui serait complété par un troisième alinéa relatif au casus foederis envers la Russie et par un quatrième alinéa identique à celui que vous aviez proposé, sauf une variante. Vu l'état non encore nettement défini où se trouve jusqu'à ce jour la Bosnie-Herzégovine envers l'Empire austro-hongrois, et pour exdure que ces provinces, qu'à Vienne et ici aussi on considère comme faisant partie de la Monarchie, puissent former matière à compensation, l'empereur François-Joseph et Kalnoky tiennent à ce que dans l'alinéa, après les mots «compensation équitable» on ajoute les mots «en dehors de leurs possessions» ou si on le préfère «on dehors de leurs Etats respectifs» ou bien «de leurs territoires».

Le Cabinet de Berlin juge superflu de maintenir à la fin du deuxième alinéa de l'artide les mots «basé sur le principe d'une compensation réciproque donnant

Cfr. n. 443.

satisfaction aux intérèts et prétentions bien fondées des deux parties». Le principe d'une compensation équitable se trouve énoncé au quatrième alinéa d'une manière plus positive. Si nous voulons cependant maintenir la fin de phrase précitée, on n'y objecterait pas lors mème que ce serait un pléonasme qui suivrait à une rédaction correcte.

l'ai fait observer que la compensation dont il s'agit à l'alinéa quatrième s'applique aux conséquences d'une guerre contre la Russie, tandis que la compensation au deuxième alinéa pourrait ètre la suite d'autres éventualités.

Les Balkans sont expressément désignés à l'alinéa deuxième parmi les régions où le maintien du statu quo deviendrait impossible. Je prie V.E. de me transmettre des instructions par le télégraphe 4•

476 1 Cfr. n. 446. 2 Cfr. n. 396.

477

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS 1

L. PERSONALE. Roma, 5 febbraio 1887, ore 10,15.

Vengo a pregare l'E.V. a voler sottomettere a Sua Maestà la domanda del mio esonero dalla carica di ministro degli affari esteri.

La mia insufficienza parlamentare, e le condizioni di debolezza del Gabinetto a cui il voto di ieri non ha portato né poteva portare rimedio, sono le ragioni che motivano tale mia determinazione, che prego l'E.V. a voler considerare siccome irrevocabile.

Nelle circostanze gravissime in cui da oggi a domani l'Italia potrebbe trovarsi, è indispensabile un Gabinetto fortemente costituito, ed un ministro degli affari esteri che goda di un indiscusso prestigio nel Paese; per poter efficacemente svolgere quel programma di politica estera, che in pienissimo accordo sempre con l'E.V., ebbi a preparare, e trovasi alla vigilia forse di essere applicato. Le due suaccennate condizioni fanno diffetto ai miei occhi: tradirei quindi la fiducia in me riposta dal mio re nonché quella di cui l'E.V. mi riteneva degno proponendo nell'ottobre 1885 all'Augusto Nostro Sovrano di chiamarmi a far parte del Ministero, se non rinunciassi oggi ad una carica che non mi sento coscienziosamente di più oltre coprire.

Indelebile resterà nel cuor mio, tengo ad accertarla, la ricordanza dell'onore fattomi, nonché della benevolenza e del lealissimo ed illimitato appoggio sempre datomi dall'E.V., durante tutto il tempo in cui ebbi a far parte del Gabinetto da lei presieduto.

Non ho d'uopo di chiamare la di lei attenzione sulla necessità di una pronta risoluzione in ordine alla presente mia domanda; e colgo l'occasione per pregar l'E.V. a voler gradire l'espressione del mio riverente ossequio.

477 1 Minuta autografa di Robilant: vedi riproduzione dall"originale.

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476 4 Cfr. n. 477.

1 4 • --'i....J~----

478

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 5 febbraio 1887, ore 13.

J'ai encore relu mon télégramme du 25 janvier1 et je ne réussis vraiment pas à m'expliquer de quelle façon le malentendu que V.E. me signale a pu se former. J'avais eu soin, en effet, de dire très nettement dans ce télégramme que l'arrangement séparé entre nous et l' Autriche ne devait reproduire que le premier et le deuxième alinéa de l'art. Il. Si, en parlant du deuxième alinéa, je me suis référé à mon télégramme du l er janvier2 , c'est parce que je tenais à ce que cet alinéa fùt conçu d'après le texte cité dans ce télégramme, c'est à dire le texte contenant la mention explicite des Balkans et non pas d'après le texte de mon projet originaire où cette mention n'existe pas. Si j'avais, au contraire, eu l'idée de faire également figurer dans l'arrangement séparé italo-autrichien le casus foederis envers la Russie, je l'aurais évidemment énoncé, tandis que rien, dans mon télégramme du 25 janvier, ne laisse supposer, de notre part, une pareille intention, écartée, d'ailleurs, par le fait mème que je déclarais, dans ce télégramme, de vouloir essentiellement adopter la combinaison supposée par le prince chancelier dans sa dernière entrevue avec V.E.

Quoiqu'il en soit, et tout en étant le premier à regretter un nouveau retard, je dois maintenant prier le Cabinet de Berlin de vouloir bien rectifier le malentendu à Vienne, et répéter au Cabinet austro-hongrois d'après la version exacte notre dernière proposition, une interpellation formelle et conclusive. Pour le cas où la réponse ne serait pas favorable, V.E. reçoit déjà, par le courrier qui va lui arriver aujourd'hui, les instructions applicables à cette éventualité. J'ajoute confidentiellement, mais ceci doit rester entre Rome et Berlin, que si nous étions, il y a quelques semaines, assez portés à admettre l'extension du casus foederis à une attaque de la Russie seule contre l'Autriche, et ceci bienentendu contre le double correspectif d'une réserve d'entente ultérieure au sujet des bénéfices éventuels d'une campagne italo-autrichienne contre la Russie, et de l'extension du casus foederis à une guerre franco-italienne pour les affaires de la Méditerranée, nos dispositions à cet égard se sont notablement modifiées depuis que le discours du prince de Bismarck au Reichstag a jeté un nouveau jour sur les rapports entre l'Allemagne et l'Autriche depuis surtout que l'attitude de la France indique la nécessité suprème de réserver la plus forte somme d'efforts et de ressources, en Italie comme en Allemagne, en vue du danger le plus pressant et le plus immédiat. C'est sur cette considération, ayant à nos yeux une valeur décisive, et qui devrait également l'avoir à Berlin, que je vous prie d'appuyer dans vos communications avec le chancelier et le secrétaire d'Etat. J'attends votre réponse avec une impatience que la tournure des événements me paraìt amplement justifier 3 .

Cfr. n. 396.

Cfr. n. 492.

478 1 Cfr. n. 446.

479

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Londra, 5 febbraio 1887, ore 18 (per. ore 21).

le viens de voir lord Salisbury. Il a commencé par me dire que la politique traditionnelle de l' Angleterre ne lui permettrait point d'engager sa coopération sans connaìtre préalablement le casus belli. Pour ce qui regarde la Méditerranée, Salonique, les Détroits, la Mer Noire, la Cyrénai:que et Tripoli, il est prèt à établir une entente et à se concerter toujours avec l'Italie. L'affaire du Maroc aussi devient grave, et il voudrait également s'entendre là-dessus avec nous, mais il ne voudrait s'engager pour des questions inconnues, car le Parlement ne lui pardonnerait jamais si l'Italie voulait revendiquer Nice et Savoie, ou si un ministre moins prudent que le général Robilant provoquait une guerre non nécessaire. A ce point je lui ai déclaré que je n'avais jamais entendu un homme politique parler de revendiquer Nice et Savoie, en faisant toutefois la réserve d'une grande guerre. Je lui assurai encore que le but des présents démarches était surtout le maintien du statu quo, car l'expérience avait démontré que le peuple italien ne tolererait pas une autre infraction à l'équilibre actuel. Lord Salisbury me dit alors qu'il était en tout d'accord avec nous sauf sur la quatrième clause du mémorandum, qui était conçue en termes trop larges et positifs. Il ajoutait mème que de toute façon cette clause produirait une pénible impression si elle était jamais connue. C'est pourquoi il désirait vivement, si je pouvais l'en autoriser, me rendre le mémorandum pour lui en substituer un autre où la quatrième clause serait supprimée ou du moins fort modifiée. Il serait aisé de s'entendre sur le reste. Naturellement j'ai répondu que je prendrais les ordres de V.E. Je soumets à V.E. qu'il serait opportun de faire dans ce sens toutes les concessions qui seraient convenables pour réussir dans la négociation, car lord Salisbury doit nécessairement compter sur le Parlement et sur l'opinion publique. J'attends les instructions ulteriéures de V.E. 1•

480

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 150. Parigi, 5 febbraio 1887, ore 18,15 (per. ore 20,35).

Je constate en me réjouissant qu'on interprète ici le vote de notre Chambre des députés relatif à Massaua 1 comme exprimant d'une manière formelle la con

480 1 Approvazione di una spesa straordinaria di cinque milioni di lire per i rimborsi militari nel Mar Rosso.

fiance du Parlement dans le Ministère, surtout à la suite de l'émotion que le disastre éprouvé par nos troupes a provoquée. Le contraste avec l'attitude de la Chambre française dans une circonstance analogue est frappant.

479 1 Cfr. n. 482.

481

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 157. Berlino, 6 febbraio 1887, ore 15,25 (per. ore 18,40).

Dès jeudi, secrétaire d'Etat me demandait si l'ambassade avait reçu quelque détail sur les événements du 26 janvier à Massaua. Je me référais au télégramme de

V.E. du l er février \ en ajoutant que le Gouvemement du roi saurait sauvegarder notre prestige et nos intérèts; qu'il ne s'agissait, au reste, que d'un incident dont, si regrettable qu'il fùt, nous ne nous exagérions pas l'importance. Secrétaire d'Etat émettait avis que des agissements français et russes étaient peut-ètre mèlés à ces événements. Il n'entendait pas soupçonner Cabinet de Saint-Pétersbourg, mais il résultait ici, que depuis 1884 des cosaques et de popes travaillaient à favoriser ce qu'il croyaient les convenances de la Russie chez un peuple considéré comme ayant avec elle des affinités religieuses. Quoi qu'il en soit, il importait que le Ministère ne se laissàt pas ébranler par les attaques de l'opposition et le secrétaire d'Etat ne mettait pas en doute que V.E. continuerait à diriger notre politique étrangère dans un moment surtout où la situation générale exige plus que jamais stabilité du Cabinet. Demier vote de notre Parlement a donc produit ici une excellente impression.

482

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

T. S.N. Roma, 6 febbraio 1887, ore 22,45.

Veuillez remercier lord Salisbury et lui dire combien nous apprécions ses bonnes dispositions. Quant à la quatrième clause, on pourrait substituer au texte actuel le texte suivant: «En général et pour autant que les circonstances le comporteraient, l'Italie et l' Angleterre se promettent appui mutuel, dans la Méditerranée, pour tout différend qui surgirait entre l'une d'elles et une tierce Puissance». Si lord Salisbury a vai t, en vue de cette formule, encore quelque scrupule envers l' Autriche, j'autorise

V.E. à chercher avec Sa Seigneurie une clause adjonctive indiquant que la stipulation ci-dessus ne vise point cette Puissance.

481 Cfr. n. 468.

483

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 6 febbraio 1887, ore 22,50 (per. ore 1,30 del 7 ).

Le courrier auxiliare est arrivé aujourd'hui. Le secrétaire d'Etat se réserve de prendre les instructions du chancelier quant au malentendu relatif au projet d'accord separé italo-autrichien. Quant aux pourparlers avec Londres j'ai remis copie de nos propositions. Le prince de Bismarck connaissait en substance, par un télégramme de Hatzfeldt, le n. 4 de ces propositions, et le désir de l' Angleterre qu'il lui fùt donné un caractère purement défensif. Son Altesse entrait complètement dans cette idée, car ce serait, de la part de l' Angleterre, un progrès qu'il faudrait nous assurer.

484

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Londra, 6 febbraio 1887.

Facendo seguito al mio telegramma d'jeri, ripetuto pel n. 4 della presente serie 1 , ho l'onore di riferire all'E.V. i seguenti ulteriori dettagli sul colloquio che ebbi con lord Salisbury.

Dalle parole di Sua Signoria risultava che le sue disposizioni riguardo alle nostre proposte erano assai favorevoli, forse più che non erano apparse da principio, e Sua Signoria desiderava di andare fino agli estremi limiti di quanto credeva essergli permesso dall'opinione pubblica inglese. Però aveva evidentemente una preoccupazione, ed era che il concetto dei presenti negoziati fosse inspirato all'Italia, almeno in parte, dall'intendimento di rivendicare Nizza e la Savoja. Credo di avergli tolta quest'idea dalla mente, salvi naturalmente gli effetti di una grande guerra. Gli dissi, in qualche vivacità, non avere mai inteso un serio uomo politico in Italia emettere siffatta aspirazione. Ed egli soggiungeva avere pure, in questi ultimi tempi, inteso correre voci in questo senso. Gli rispondevo siffatte voci non potere venire d'Italia, cui Sua Signoria replicava, dopo un istante di riflessione, essere vero.

Ripresi allora la ragione morale che nuoceva l'Italia nella presente congiuntura essere che l'esperienza aveva dimostrato che il popolo italiano non tollererebbe più una ulteriore modificazione dell'equilibrio nel Mediterraneo e nell'Egeo. L'occupazione di Tunisi e, mi permisi d'aggiungere, quella di Cipro, avevano prodotto in

Italia una sì penosa impressione che, se qualcosa di simile avesse nuovamente a succedere, una rivoluzione sarebbe inevitabile; egli credeva innanzi di lui la vittima di quegli eventi, poiché avendo io stimato che la prima volta che l'Italia unita ed indipendente si presentava ad un congresso europeo dovesse mostrarsi efficace fattore d'ordine e di pace, non ne avevo raccolto che biasimo ed ire, che ancor non mi abbandonano; era impossibile che il R. Governo non prevedesse a salvare l'Italia dal rinnovamento di vicende che potrebbero ora avere ben più funeste conseguenze. E Sua Signoria comprendeva la forza di questi ragionamenti.

Nel passare indi in rivista le varie quistioni sulle quali desiderava di stabilire un accordo coll'Italia, Sua Signoria pronunciava serie parole sul Marocco, allegando le mosse della Francia a questo riguardo, dalle quali sembra avesse ricevuto recenti e gravi notizie. E m'è noto che del medesimo argomento Sua Signoria trattava nell'ultimo colloquio coll'ambasciatore di Germania. Né ometteva di far menzione dell'Egitto, ripetendo il Governo di S. M. la Regina essere animato dal sincero e fermo desiderio di sgombrare al più presto il Vice Reame, però si riserverebbe il diritto di rimandarvi le sue truppe nel caso alcuna Potenza facesse segno d'intervenire colle sue forze.

Ed essendo poscia venuto a parlare del segreto a tenersi, Sua Signoria mi assicurava non avere neppure lasciato conoscere le comunicazioni scambiatesi fra noi agli impiegati del Foreign Office, i soli che ne erano informati essere i suoi colleghi, il sottosegretario politico, (sir James Fergusson) e S.M. la Regina. Al quale proposito aggiunse che, quando ne parlò a questa, Sua Maestà gli raccomandò di stringere le relazioni d'amicizia coll'Italia quanto più fosse possibile, («to make them as tight as possible»).

Egli esprimeva infine il suo desiderio di sopprimere o modificare la quarta clausola del memorandum. Ne telegrafai immediatamente all'E.V., ed alle istruzioni che sarà per impartirmi mi atterrò strettamente 2 , che se essa preferisce una modificazione non credo sarà difficile di trovare una redazione che sia per soddisfare le due parti.

484 1 Cfr. n. 479.

485

L'ONOREVOLE CAMPOREALE AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE RISERVATISSIMA. [Roma], 6 febbraio 1887, ore 19,30.

Facendo seguito alla nostra conversazione di oggi debbo aggiungerle che avendo passato buona parte della giornata a Montecitorio ed avvicinato gran gente, ho potuto e dovuto confermarmi nella impressione che le manifestai, essere cioè il suo nome sulla bocca di tutti. In tutta sincerità posso affermarle che la soluzione

Robilant è la sola che sembra ai più ed ai migliori della maggioranza desiderabile, ed anche a non pochi della stessa opposizone.

Per altro permetta che le ripeta che la stessa comunicazione che a nome di amici che non sono poeti od idealisti ma vecchi ed esperimentati uomini politici le ho fatto stamane, dovrebbe convincerla essere poco esatto il giudizio che ella fa della sua situazione politica e parlamentare.

La notizia, che oggi si dava per sicura, della sua decisione di abbandonare il Ministero le ha enormemente giovato. Infine è universale il sentimento che nella attuale fase della politica europea la sua presenza alla Consulta ed alla testa del Governo sia necessaria e vantaggiosa pel Paese.

I miei amici mi incaricano quindi di ripregarla a volere ritornare sulla decisione che ella quest'oggi mi manifestava. Ed a questo riguardo il Rudinì sottomette al suo apprezzamento alcuni appunti che riassumo brevemente:

l) il fermento nella maggioranza e principalmente fra quelli che in altri tempi si sarebbero detti di destra è grande e crescente. Lo stesso dicasi dei nuovi venuti del centro. C'è un senso di generale stanchezza del ministero ed è ormai generale la convinzione che come pera troppo matura debba, al primo soffio di vento cadere. Sarà fra breve une course au clocher a chi prima lo abbandonerà. Le piccole e le grandi riunioni di deputati ministeriali si moltiplicano. È, sintomo grave, anche i più interessati ministeriali, La Porta e simili, si agitano.

2) È oggimai impossibile che il Depretis possa intendersi coi dissidenti; questi vi si rifiuterebbero recisamente; nessun uomo di senno potrebbe oggi volere condividere le responsabilità accumulate dal Depretis nel suo lungo Governo.

3) Potrebbe, è vero, il Depretis rivolgersi a Crispi. Questi pure, allo stato attuale delle cose, difficilmente acconsentirebbe ma in ogni caso questa unione non avrebbe nessun risultato utile poiché l'entrata del Crispi non consoliderebbe certo quella parte della maggioranza (antica destra) che oggi accenna a distaccarsi. Ed in ogni caso poi i dissidenti rimarrebbero tali.

4) Un Ministero Depretis Crispi sostituito ad un Ministero Depretis Robilant farebbe pessima impressione in Europa.

5) È invece certo che nel nome di Robilant si farebbe la riunione dei dissidenti alla maggioranza; e non v'è dubbio alcuno che la attuale maggioranza nella sua massima parte rimarrebbe fedele al Robilant. I venti o trenta ministeriali che forse si staccherebbero (Morana La Porta Salaris e simili) sarebbero ad esuberanza rimpiazzati dai voti dei dissidenti. Ma la nuova maggioranza che si verrebbe in tal modo a costituire sarebbe assai più omogenea e compatta dell'antica ed acquisterebbe uomini di valore intellettuale e morale (Spaventa Giolitti Sonnino Rudinì etc. etc).

6) Oltre a ciò il Depretis non potrebbe decentemente combattere subito il Robilant. E la sinistra stessa, per qualche tempo coopererebbe ad impedire l'immediato ritorno del Depretis.

7) Se però il Robilant non si credesse abbastanza forte (numericamente parlando) potrebbe forse chiamare a sé il Crispi. Però la chiamata del Crispi avrebbe due inconvenienti: a) allarmare in qualche modo l'Europa; b) continuare nel sistema del sale e pepe inaugurato dal Depretis continuando così la confusione parlamentare.

8) Preferibile alla combinazione, discutibile ma non desiderabile, Crispi, sarebbe l'adottare un largo criterio di tolleranza nella costituzione del ministero chiamando a farvi parte uomini che sono nominalmente di sinistra ma che sono realmente conservatori, come il Branca per esempio.

9) Un ministero Robilant avrebbe per effetto la ricostituzione con tendenze sane, di un partito moderato e di Governo.

10) Anche Nicotera dice che si debbono ricostituire i partiti e per ricostituirli vuole un ministero Robilant Nicotera con uomini di destra e di sinistra. Ma l'effetto di questa combinazione sarebbe invece il prolungamento della attuale confusione . . . peggiorata, senza il vantaggio della cooperazione d'un uomo di valore quale è il Crispi. Per la tattica parlamentare nessuno supera il Nicotera ma al Governo non dimostrò il valore strategico di un gran capitano. Uomo di ordine lo è ed è perciò desiderato da molti. Però non sarebbe accetto allo Spaventa, Rudinì etc. i quali sicuramente si trarrebbero dietro i dissidenti tutti, le file dei quali sarebbero tosto ingrossate dagli amici e da coloro che rispettano le tradizioni del Minghetti. Esempio Tenani.

È bene inteso che quanto sopra non pretendo o vuole essere da lei considerato quali consigli, ma bensì come semplici apprezzamenti sui quali si richiama la sua attenzione. Non occorre che io dica al conte di Robilant che questa lettera è del tutto personale e confidenziale.

484 2 Cfr. n. 482.

486

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Vienna, 7 febbraio 1887, ore 9 (per. ore 10,30).

Kalnoky m'écrit qu'il prend la plus grande part aux soucis que l'échec de Massaua cause au Gouvernement du roi, échec qui n'aurait d'importance politique que si l'impressionabilité de nos [compatriots]l donnait à l'opposition le moyen d'ébranler le Ministère et surtout votre position. Kalnoky pense que si vous persistez dans votre démission, c'est alors que l'échec de Massaua aurait la veritable importance d'un désastre pour l'Italie et pour l'Europe. Les conséquences, ajoute-t-il, seraient très graves. L'empereur serait le premier à le regretter. Ce télégramme étant confidentiel n'est destiné au dehors de V.E., qu'au roi et au président du ConseiF.

2 Annotazione in calce del di Robilant: «Non ne fu data conoscenza ad altro né a S.E. Depretis».

486 1 Integrato sulla base di una copia della lettera di Kalnoky a Nigra del 6 febbraio, conservata tra le Carte di Robilant.

487

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

Suakin, 7 febbraio 1887, ore 20 (per. ore 22,15 dell' 8).

Massaua, 6 febbraio. N. 58. *Profite khedivial Suakim pour cette dépèche*. Le 27 soir Alula, contournant au loin Saati, entreprit retraite Ghinda, qu'il continua immédiatement Asmare, ne laissant Ghinda que chef habituel Barambaras-Tesamma et quelques soldats. Ses pertes sont certainement très grandes en chefs et soldats, tous mème indigènes abyssiniens admirent et craignent hero"ique conduite nos troupes. Intentions Alula inconnues si retire pour attendre renforts ou si suite pertes renonce attaquer Massaua. Hier arrivé major Piano, porteur lettres négus et Alula: lettre négus 26 janvier Makallé, dit: «D'abord avez pris Uaà, maintenant ètes venu aussi a Saati pour faire une forteresse; quel but avez vous? Ce Pays n'est-il pas le mien? Evacuez mon Pays si vous ètes venu avec des ordres, à quoi sert de faire des forteresses? Apportez ce qui abonde chez vous, canons, fusils et soldats». Alula moins violent, mais énigmatique, écrit: «Ce qui est arrivé causé par votre astuce maintenant comme pour le passé, soyons amis. Restez dans votre Pays. Tous les pays qui se trouvent de Massaua jusqu'ici sont du négus, j'ai envoyé votre frère pour qu'il vous parle». Piano dit avoir mission parler rétablissement amitié et commerce, *illusion de sa part, subissant influence sa triste position*. Piano retournera demain matin Asmare, portant ma réponse Alula, que sans dire grande chose, tàche aider prisonniers. Paraìt certain sursis momentanée opération militaire de l' Abyssinie con tre nous; *je télégraphie ministre de la guerre, par ordinaire Aden, liste officiers morts, bléssés*.

488

IL REGGENTE LA LEGAZIONE A PECHINO, MARTIN LANCIAREZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 245. Shanghai, 7 febbraio 1887 (per. il 19 marzo).

Il signor Dunn, quello stesso che fu a Roma presso il Vaticano negoziatore privato del settimo principe imperiale, Chung e di S.E. il vice-re Li Hung-chang per la missione Agliardi, venne a trovarmi due giorni sono, egli era reduce da Tien-tsin ove erasi recato per render conto del risultato della sua missione.

Come era naturale, tanto durante la visita che il signor Dunn mi fece, come durante il tempo che passai con lui per restituirgliela, la nostra conversazione si aggirò sulla sua missione e sui missionari.

487 1 Ed. in italiano, con l'omissione dei brani fra asterischi, in LV 60, pp. 77-78. 2 Trasmesso con T. 83 dell'8 febbraio alle ambasciate e all'agenzia e consolato generale in Egitto.

Il mio interlocutore chiesemi se poteva parlare liberamente meco, e se potevo promettergli il segreto su quanto egli sarebbe per dirmi. Glielo promisi come privato, ma gli chiesi l'autorizzazione di riferire al Governo del re il sunto della sua conversazione. Egli annuì ed allora si mise a parlare senza alcun ritegno.

Il signor Dunn dissemi anzitutto che nei suoi negoziati egli aveva trattato non per incarico dello Tsung-li ya-men (ciò che sapevo), ma per mandato speciale di Li Hung-chang il quale agiva d'ordine del settimo principe Chung. Poscia egli soggiunse che a Pechino si nutriva pur sempre la speranza che monsignor Agliardi alla cui nomina la Francia appose il veto, sarebbe venuto in Cina come inviato del Sommo Pontefice e che in tale circostanza si pensava istituire in Pechino una specie di consiglio composto di gesuiti, lazzaristi e francescani, i quali avrebbero avuto l'incarico di occuparsi degli interessi dei missionari per tutto quanto non si riferiva a politica.

Parlando poi dell'attitudine che la Francia aveva presa nel negoziato Agliardi, il signor Dunn mi disse sapere da certa fonte per aver attinte le sue informazioni in altro luogo, che si sperava in Pechino far desistere la Francia: l) dalla sua opposizione contro la missione Agliardi; 2) dal protettorato che la Francia ha finora esercitato sui missionari in Cina, e ciò in occasione dei negoziati che il signor Constans ha aperto collo Tsung-li yamen per ottenere dal Governo cinese alcune concessioni nel nuovo trattato che si sta discutendo per quanto concerne i confini del Tonchino e del Yun-nan.

Il signor Dunn ebbe ad assicurarmi formalmente che la Cina non avrebbe acconsentito ad accordare alla Francia quello che essa chiede se non alla condizione che verrebbe tolto il veto all'invio di monsignor Agliardi a Pechino.

Parlando poscia del protettorato finora esercitato dalla Francia sui missionari in generale, il signor Dunn mi assicurò che la Cina, pur non volendo parlare di esso che non riconosce affatto, non è disposta a sopportarlo più a lungo; e mi soggiunse (ma di ciò V.E. sarà forse meglio al corrente costà) che il Santo Padre aveva seco lui convenuto alla convenienza che ciascuna Nazione, compresavi l'Italia, dovesse avere sotto la sua protezione i missionari del proprio Paese. La Cina essere solo incerta circa il modo di sciogliere tale questione; constargli però esser prevalentemente nell'animo del principe Chung fra i vari modi di soluzione quello di diramare per tutto l'Impero una proclamazione nella quale verrebbe esplicitamente dichiarato che ogni missionario debba provvedersi di un passaporto emanato dalle autorità del proprio Paese di nascita. Si assegnerebbe un termine di alcuni mesi, o di un anno, perché ogni missionario si mettesse in misura di obbedire alle ingiunzioni del Governo; trascorso il qual termine, i missionari che non fossero in regola, sarebbero espulsi.

Il signor Dunn terminò la sua conversazione col dirmi essere sua opinione che una misura radicale sarebbe presa non più tardi che fra tre mesi e mi promise di tenermi al corrente di quanto accadrà. Il Signor Dunn è partito pel Giappone per ristabilire la sua salute, ma dovrà essere in Tien-tsin il 15 marzo e passerà per Shanghai. Ho stimato dover rendere un esatto conto della mia conversazione col signor Dunn all'E.V. nella persuasione che le cose in essa dette possano riuscire di un qualche interesse. Non posso guarentire la verità delle cose dettemi dal negoziatore ufficioso presso la Santa Sede, solo posso assicurare l'E.V. che il signor Dunn nel riferirmi quanto ha avuto l'onore di esporre a V.E. mi assicurò nel modo il più assoluto che le teneva e da Sua Altezza Li Hung-chang e dal factotum del settimo principe, il cui nome ora mi sfugge alla memoria 1 .

P. S. Ricevo in questo momento li monsignor Volontier, vicario apostolico nella provincia dello Ho-nan, la risposta alla mia circolare. Non credo utile accluderne copia all'E.V. perché redatta quasi negli stessi termini delle altre.

489

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Vienna, 7 febbraio 1887.

Eccole la lettera del conte Kalnoky della quale le mandai oggi un sunto, necessariamente incompleto, col mio telegramma di questa notte 1• Essa è veramente cordiale ed è poi molto lusinghiera per lei. Essa esprime i sentimenti, confermatimi verbalmente, dal conte Kalnoky, e quelli anche dell'imperatore, che volle pure, se non erro, farglieli esprimere per mezzo del barone Bruck. Ho ringraziato di già, anche a di lei nome, il conte Kalnoky con cui mi trovai ieri sera ad un pranzo diplomatico. La prego di restituirmi a suo tempo quella lettera. La prima parte di essa si riferisce ad un'udienza imperiale per la duchessa di Galliera, per cui la prego di serbare il silenzio, giacché la duchessa desidera che questa udienza non sia commentata nel pubblico.

Alla lettera del conte Kalnoky io non ho molto da aggiungere. Sono parole d'oro, che la prego di ben meditare. Ella conosce la situazione politica e diplomatica dell'Italia e dell'Europa, al pari e meglio d'ogni altro in Italia. Voglia domandarsi in coscienza se ella ha il diritto di ritirarsi nelle presenti condizioni, a meno d'un voto parlamentare decisamente contrario. Io credo francamente che no.

490

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE IN EGITTO, G. DE MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 163. Cairo, 8 febbraio 1887, ore 14,20 (per. ore 16).

Reçu de Massaua télégramme suivant du 5: «Ras Alula vingt-cinq janvier attaqué infructueusement Saati, jour suivant après combat sanglant pour lui et

pour nous à Dogali, il s'est retiré avec tous les siens à Asmara. Après cette preuve il paraìt qu'aucune autre opération aura lieu. Salimbeni toujours prisonnier, mais traité avec moins de rigueur».

488 1 Per la risposta cfr. n. 619. 489 1 Cfr. n. 486.

491

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 8 febbraio 1887, ore 15,20 (per. ore 18,50).

J'apprenais hier par le secrétaire d'Etat que, d'après un télégramme de Keudell, vous aviez présenté vos dérnissions. Le prince de Bismarck en a été très ému et faisait aussitòt télégraphier à cet ambassadeur de vous exprimer au nom de Son Altesse et en voie tout-à-fait privée combien votre retraite des affaires serait préjudiciable aux intérèts de dèux Monarchies et des deux Pays ainsi qu'aux importantes négociations en cours. Une démarche analogue doit ètre faite aussi de Vienne. Le prince impérial, de son còté, m'a dit hier au soir, à un bal chez moi, qu'il me donnait carte bianche pour chercher, en son nom, de vous dissuader de votre résolution. Il n'est pas besoin, ajoutait il, de faire appel à votre profond dévouement au roi et à l'ltalie dont vous servez si bien la cause au mème temps que celle des excellentes relations entre nos Etats. Son Altesse Impériale croyait pouvoir se prévaloir de ses anciens rapports avec vous, et dont il garde le meilleur souvenir, pour atteindre le but désiré, et pour recourir à cet effet, à ti tre privé et personnel, à mon entremise 1• Qu'il me soit permis de joindre aussi le voix de mon ancienne amitié.

492

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 8 febbraio 1887, ore 20 (per. ore 0,20 del 9).

Une dépèche confiée à un courrier de Cabinet partant ce soir pour Vienne charge Reuss de dire à Kalnoky que, par suite d'un malentendu surgi dans la phase actuelle de la négociation, le Cabinet de Vienne doit nouvellement examiner la question. Le prince de Bismarck en fournissant les éclaircissements contenus

dans la première partie de la dépeche télégraphique de V.E. du 5 févrierl, exprime l'avis qu'en Iieu et piace du Gouvernement austro-hongrois il n'aurait aucune difficulté d'accepter tel quel l'art. II du projet de Traité additionnel et d'écarter ainsi !es alinéas troisième et quatrième subséquemment ajoutés. Il est en outre indiqué qu'il n'est pas plus le cas d'approfondir comment le malentendu s'est produit que de rappeler que le Cabinet austro-hongrois, en montrant pendant plusieurs semaines tant d'hésitation, a eu grande part de responsabilité dans !es retards d'une conclusion. Son Altesse continue donc à agir de son mieux pour conduire à bon terme !es pourparlers dans le sens que nous désirons.

491 1 Per la risposta cfr. n. 494.

493

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 8 febbraio 1887, ore 22,20 (per. ore 0,40 del 9).

Le Cabinet de Berlin avait, dès ce matin, connaissance par Hatzfeldt du nouveau texte pour la quatrième clause du mémorandum concernant l'entente entre I'Angleterre et nous, formule reproduite dans votre télégramme d'hier soir 1 , et il en fait recommander I'adoption à Londres. Ne croyez vous pas opportun, puisqu'il importe de frapper le fer tant qu'il est chaud, qu'il conviendrait, pour le cas où cette formule n'écarterait pas tous !es scrupules de Salisbury, d'autoriser Corti à se concerter et collaborer avec son collègue d'Allemagne, qui connaìt peut-etre mieux le caractère et !es tendances de Salisbury, pour tout autre rédaction qui aurait le plus de chance d'etre adoptée par le Gouvernement britannique?

494

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 8 febbraio 1887, ore 22,40.

La faiblesse du Cabinet et sa situation parlementaire toujours peu sùre m'ont forcé à donner ma démission, car il n'y avait pas de doute pour moi que nous n'avions pas la possibilité d'affronter les graves événements qui d'un moment

493 1 T. s.n., non pubblicato.

à l'autre peuvent se produire. Ma démission a entrainé celle de tout le Cabinet et il n'y a pas grand mal à cela, je crains cependant que la reconstitution d'un nouveau Cabinet ne sera pas chose facile; mais je ne doute pas que quel que soit le futur ministre des affaires étrangères, il s'empressera de mener à bonne fin les négociations qu'on peut dire étaient déjà, pour ce qui regarde nos rapports avec l'Allemagne, arrivées à conclusion. Le prince de Bismarck m'a fai t faire par Keudell le message dont on vous a parlé 1 et j'y ai été très sensible. Si l'occasion se présente veuillez faire savoir au prince impérial que je suis aussi fier que touché de la haute bienveillance qu'il a aussi voulu me témoigner en cette circonstance, mais que je me plais surtout à y voir une nouvelle preuve de ces sentiments si sympathiques pour notre auguste dynastie et pour l'Italie, dont Son Altesse Impériale n'a jamais cessé de donner les preuves les plus manifestes. Quant à vous cher ami vous connaissez mes sentiments à votre égard depuis trop d'années pour que j'aie besoin de vous dire en quelle haute considération je tiens la voix de votre vieille amitié.

492 1 Cfr. n. 478.

495

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Londra, 8 febbraio 1887, ore 23,10 (per. ore l, 12 del 9 ).

Je viens de communiquer à lord Salisbury la nouvelle version de la quatrième clause du mémorandum qu'il s'est réservé de faire connaìtre au Conseil des ministres. De son còté il m'a lu un projet rédigé par lui qui commençait par déclarer qu'il était bien entendu que le Gouvernement britannique ne s'engageait à donner sa coopération que lorsque les circonstances du casus belli seraient connues. Je lui ait démontré qu'un acte ayant pour but une entente spéciale entre les deux Etats ne pouvait contenir la négation d'une des éventualités les plus importantes. Mieux valait atténuer les termes des déclarations mutuelles. Je crois qu'on ne reviendra plus sur ce préambule. Nous sommes convenus que demain je retournerai au Foreign Office pour tàcher d'en venir à une rédaction définitive, qu'en tout cas je prendrais ad referendum. Quant à la forme il a absolument décliné de signer une convention et ne se prètera qu'à un échange de dépèches. Lord Salisbury veut toujours ètre à mème de pouvoir déclarer, si on lui adresse des questions dans le Parlement, qu'il n'a signé aucun traité d'alliance, et un échange de déclarations officielles engage autant qu'un traité si les parties sont de bonne foi.

494 1 Cfr. n. 491.

496

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 190. Costantinopoli, 8 febbraio 1887 (per. il 16).

S.A. il Gran Vizir e S.E. il ministro degli affari esteri, designati da S.M. il Sultano come negoziatori per la convenzione complementare da stipularsi coll'Inghilterra relativamente all'Egitto, ebbero ieri la loro prima conferenza con sir H. Drummond Wolff. Questi diede ai ministri ottomani comunicazione di una memoria, nella quale sono esposte con molta precisione le vedute e le intenzioni del Governo britannico sul regolamento della questione egiziana. Lo scambio d'idee che seguì la lettera di questo documento non fu di alcun interesse speciale, essendosi i negoziatori ottomani riservato di far conoscere i loro apprezzamenti sulla memoria inglese dopo di averla maturamente esaminata.

Avendomi sir H. Drummond Wolff, appena ritornato dalla Sublime Porta, usata la cortesia di darmi confidenziale conoscenza della sua memoria, mi affretto a comunicare qui appresso a V.E. i punti più salienti.

I negoziati, così si esprime il documento in parola, corsi sinora tra la Sublime Porta e l'Inghilterra, hanno dimostrato, che l'epoca alla quale potrà aver luogo il ritiro della truppe inglesi dall'Egitto dipenderà non solo dal progresso, che il Governo brittanico sarà in grado di fare per la pacificazione lungo il confine e pel consolidamento dell'amministrazione; ma altresì dalla natura degli accordi, che saranno presi per dare il necessario appoggio al kedivè dopo la partenza delle truppe. In verun caso potrebbesi abbandonare l'Egitto ai pericoli di una nuova anarchia, né ammettere come una eventualità possibile, che il vuoto lasciato dal ritiro dell'esercito inglese sia riempito dalle truppe di un'altra Potenza. Il sultano, spinto apertamente da una, e forse da due Potenze, domanda che si fissi il termine per l'evacuazione dell'Egitto. Questo termine l'Inghilterra non potrà fissarlo se non quando saranno stati adottati i mezzi necessari per assicurare, dopo quella data, la pace interna ed esterna dell'Egitto. Conviene quindi di ricercare innanzi tutto la natura di queste garanzie.

La presenza di numerose colonie estere godenti di privilegi, l'esistenza di pretendenti a Vice-reame, l'impopolarità della classe indigena, che ha mano nell'amministrazione, la natura fiacca della popolazione, il conflitto tra varie sette religiose; producono nel Governo kediviale una debolezza del tutto speciale; e dovranno scorrere forse parecchi anni prima che scompaia il pericolo di convulsioni interne.

Un mezzo potente per guarentire l'ordine si è che l'esercito sia comandato da individui fidati ed a tale effetto dovrebbero rimanere in Egitto degli ufficiali inglesi capaci d'infondere nella truppa il sentimento dell'obbedienza. Ciò però non basterebbe, ed il Governo britannico crede che la migliore garanzia sarebbe la neutralizzazione dell'Egitto sotto determinate condizioni, che assicurino la tranquillità all'interno e l'osservanza nel suo insieme dell'accordo intervenuto. Una di queste condizioni sarebbe, che nessun soldato di estera Potenza debba per verun pretesto restare sul suolo egiziano, salvo soltanto il caso in cui diventi necessario di far passare delle truppe per terra per trasportarle da un mare all'altro. Qualora però dei disordini scoppiassero in Egitto, tali da minacciare l'opera intrapresa dall'Inghilterra, il Gabinetto brittanico avrebbe facoltà di rioccupare temporariamente quella provincia. Tolta questa eventualità, l'esclusione di truppe estere dall'Egitto comprenderebbe tanto le inglesi quanto quelle di qualsiasi altra Potenza. La memoria termina protestando, che l'Inghilterra non intende esercitare in Egitto alcun protettorato, nemmeno simulato.

497

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 311. Pietroburgo, 8 febbraio 1887 (per. il 13).

In questi ultimi giorni attirò l'attenzione generale l'udienza accordata dall'imperatore al generale Schweinitz, ambasciatore di Germania. In una conversazione che ebbi ieri con questi venni a sapere che egli fu incaricato di presentare allo czar una lettera dell'imperatore Guglielmo.

Il generale Schweinitz, senza entrare nei particolari della conversazione, mi affermò che l'imperatore Alessandro colse questa opportunità per rinnovare le più esplicite assicurazioni sul suo fermo intendimento di seguire in tutte le questioni presenti una via conciliante ·e pacifica.

Queste affermazioni, formulate da un sovrano la cui unica legge è la propria volontà, meritano d'essere altamente apprezzate, urtando le tendenze della stampa russa, la quale, a seconda del suo linguaggio, vorrebbe trascinare il Paese sulla via delle avventure. I giornali più popolari delle due capitali di quest'Impero lasciano trasparire una malcontenta irritazione contro la Germania. Ricordano l'errore commesso da Napoleone III nel 1866 e dal Governo imperiale russo nel 1870 allorché si lasciò che la Francia venisse soprafatta dalla Germania, in modo poi che questa potè imporre la propria volontà a tutta l'Europa. Alcuni dei giornali a cui alludo riassumono il loro concetto col dire che sarebbe saggio consiglio da parte della Russia l'abbandono al caso degli interessi bulgari, se dietro ciò si potesse più liberamente sorvegliare gli avvenimenti che si maturano lungo la frontiera franco-germanica, e soprattutto l'astenersi dall'occupazione della Bulgaria, questo fatto potendo condurre ad una guerra con l'Austria e quindi sciogliere le mani di Bismarck a riguardo della Francia.

Tale atteggiamento, per parte della Russia, le sarebbe d'assai minore nocumento, che non il permettere il rovescio della Francia, ponendosi al lato della Germania. Che, se al contrario, la Germania esce vinta od almeno sfinita dalla sua lotta, la Russia potrà in allora facilmente riacquistare il terreno perduto e prendere una rivincita diplomatica.

498

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 9 febbraio 1887, ore 14,30.

Reçu votre télégramme d'hier 1 . Veuillez remercier le prince de Bismarck pour l'appui qu'il continue à nous prèter à Vienne. Pour éviter toute chance de malentendu ultérieur je transcris ici le texte des alinéas premier et deuxième de l'art. II, tels qu'ils devraient ètre reproduits dans l 'accord séparé italo-autrichien: « Les Hautes Parties contractantes, n'ayant en vue que le maintien, autant que possible, du status quo territorial en Orient, s'engagent à user de leur influence pour y prévenir toute modification territoriale qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires du présent Traité. Elles se communiqueront, à cet effet, tous les renseignements de nature à les éclairer mutuellement sur leurs propres dispositions, ainsi que sur celles d'autres Puissances. Dans le cas, puis, où, par suite des événements, le maintien du status quo dans les régions des Balkans et !es còtes et ìles ottomanes dans l' Adriatique et dans la Mer Egée, deviendrait impossible, et que, soit en conséquence de l'action d'une puissance tierce, soit autrement, l'Italie ou l'Autriche-Hongrie se verraient dans la nécessité de le modifier par une occupation permanente ou temporaire de leur part, cette occupation n'aura lieu qu'après un accord préalable entre !es deux Puissances, basé sur le principe d'une compensation réciproque donnant satisfaction aux intérèts et prétentions bien fondées des deux Parties».

499

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Londra, 9 febbraio 1887, ore 22,30 (per. ore 1,20 del 9).

Voici le projet des deux dépèches convenu avec lord Salisbury et que nous avons pris ad referendum. Ma dépèche: «Le soussigné, etc., a reçu de son Gouvernement l'ordre de porter à la connaissance de S.E. le marquis de Salisbury, etc., ce qui suit: le Gouvernement de

S.M. le Roi, animé du désir d'établir avec celui de S.M. la Reine une entente sur diverses questions concernant leurs intérèts, est d'avis que ce but pourrait ètre atteint par l'adoption des bases suivantes: l) on maintiendra, autant que possible, le statu

quo dans la Méditerranée, ainsi que dans l' Adriatique, la Mer Egée et la Mer Noire; on aura par conséquent soin de surveiller et au besoin d'empècher tout changement qui, sous la forme d'annexion, occupation, protectorat ou d'une toute autre manière quelconque, porterait atteinte à la situation actuelle, au détriment des deux Puissances; 2) si le maintien du statu quo devient impossible, on fera en sorte qu'il ne se produise une modification quelconque qu'à la suite d'un accord préalable entre les deux Puissances; 3) l'ltalie est toute prete à appuyer l'oeuvre de la Grande-Bretagne en Egypte. La Grande-Bretagne à son tour est disposée à appuyer, en cas d'envahissement de la part d'une tierce Puissance, l'action de l'ltalie sur tout autre point quelconque du littoral nord d'Afrique, et notamment dans la Tripolitaine et la Cirenai:que; 4) en général, et pour autant que les circonstances le comporteront, l'Italie et l'Angleterre se promettent appui mutue!, dans la Méditerranée, pour tout différend qui surgirait entre l'une d'elles et une tierce Puissance. En exprimant la confiance que ces bases recevront l'assentiment du Gouvernement de S.M. la Reine, le soussigné saisit etc.».

Traduction de la réponse de lord Salisbury:

«L'exposé de la politique italienne, qui est contenu dans la dépèche de V.E. du... 1 , a été reçu par le Gouvernement de Sa Majesté avec grande satisfaction, car elle le met à mème de répondre cordialement aux sentiments amicaux du comte de Robilant et d'exprimer son désir de coopération, en général, avec le Gouvernement italien dans les matières d'intérèt commun aux deux Pays. Le caractère de cette coopération doit ètre décidé par eux lorsque l'occasion s'en présente, selon !es circonstances du cas. Dans l'intérèt de la paix et de l'indépendance des territoires voisins de la Méditerranée, le Gouvernement de Sa Majesté désire d'agir dans le concert le plus étroit, et d'accord avec celui d'Italie. Le deux Puissances désirent que !es còtes de la Mer Noire, de la Mer Egée, de l' Adriatique et de la còte nord de l'Afrique restent dans !es mèmes mains qu'à présent. Si par quelques malhereux événements il devient impossible de maintenir le statu quo absolu, !es deux parties désirent qu'il n'y ait point d'extension de domination de la part d'aucune autre Grande Puissance sur aucune portion de ces còtes. Le Gouvernement de Sa Majesté est animé du vif désir de donner sa meilleure coopération ainsi qu'il a été dit plus haut au Gouvernement d'Italie pour sauvegarder ces principes fondamentaux de politique».

1 Cette rédaction est le résultat d'une longue discussion. Il a été impossible d'en obtenir davantage; mais les intentions valent parfois mieux que des termes, qui étaient, d'ailleurs, interdits au Gouvernement anglais par la tradition et l'opinion publique. Lord Salisbury va soumettre ces documents à la reine. De mon còté, j'attends les ordres de V.E. Demain aura lieu une interpellation dans la Chambre des Communes pour demander si le Gouvernement anglais a exprimé à l'Italie sa sympathie pour les pertes de Massaua. Le sous-secrétaire répondra que pour une Grande Puissance militaire comme l'ltalie, cet incident ne doit avoir que peu d'importance. Il est possible que dans cette occasion le sous-secrétaire ait instruction de faire vaguement allusion à l'entente entre !es deux Gouvernements.

498 1 Cfr. n. 492.

499 1 Cfr. n. 456.

500

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 110. Londra, 9 febbraio 188 7 (per. il 13).

Ho l'onore di far conoscere all'E.V. in risposta alla sua riverita confidenziale del 6 corrente 1 come già da parecchio tempo mi fosse occorso d'osservare che il corrispondente del Times da Roma scriveva lettere inette e poco amichevoli per l'Italia. Avevo quindi colte alcune occasioni che mi si erano presentate per vedere se fosse possibile di fargli dare un'altra destinazione. Essendomi incontrato un giorno col signor Buckle, capo della redazione del giornale, gliene tenni serie parole. Cercai poscia di far parlare in proposito al signor Walter proprietario del giornale, ma tutti i miei sforzi riuscirono vani, che assai più arduo è di far rimuovere un corrispondente di questo potente giornale che un funzionario dello Stato. Aggiungerò che il Times da qualche tempo ha grandemente scapitato in fatto di corrispondenze estere, e la ragione ne è precisamente che i corrispondenti, invece di essere scelti come lo erano per lo innanzi, fra le persone più capaci e distinte, debbono ora la loro nomina al favore ed alla protezione. Cionondimeno in seguito agli ordini impartitimi dall'E.V. cercherò nuove vie per vedere se sia possibile di ottenere l'intento.

501

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. CONFIDENZIALE 772. Parigi, 10 febbraio 1887 (per. il 14).

Al ricevimento ebdomadario di ieri, il signor Flourens mi parlò di Massaua; dopo di avere espresso il suo rincrescimento per le perdite da noi sofferte nel combattimento di Saati, non senza mostrarsi colpito dell'eroismo dei nostri soldati, mi disse che se, per le nostre ulteriori operazioni in quelle regioni, l'Italia avesse bisogno di occupare temporaneamente Zula, il Governo francese non vi farebbe alcuna opposizione benché avesse qualche diritto su quella posizione. Nel ringraziarlo dell'offerta io gli dissi che l'avrei riferita al mio Governo, facendogli però notare che quei diritti della Francia non erano stati finora ben stabiliti e che il signor de Freycinet stesso aveva proposto di lasciare per il momento la questione impregiudicata.

501 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 38-39.

Questa offerta del signor Flourens mi porta a riferire una conversazione che io ebbi, poco prima di quest'ultima, col signor de Lesseps, il quale, come si sa, considera Massaua come una posizione non tenibile per effetto del clima e delle difficoltà locali. Egli venne appositamente a trovarmi per dirmi che invece di concentrare i nostri sforzi in Massaua, sarebbe preferibile che l'Italia li portasse nella baia di Arafali, vicina a Massaua, accessibile alle grandi navi, sulla quale trovasi Zula e che servì di base alle operazioni degli inglesi contro il negus Teodoro. Il signor Lesseps soggiungeva che egli era sicuro che il Governo francese non avrebbe fatto opposizione ad una tale occupazione per parte dell'Italia.

Mi limito a riferire la proposta del signor Flourens ed il suggerimento del signor Lesseps senza fare commenti intorno alla loro opportunità, ma la loro coincidenza non isfuggirà alla perspicace attenzione di V.E.

500 1 D. s.n., non pubblicato.

502

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 10 febbraio 1887.

Avant'jeri, correndo la voce delle dimissioni del Ministero italiano, lord Salisbury m'esprimeva qualche dubbio sull'opportunità di procedere con questi negoziati, cui rispondevo non potevo in ogni modo credere al ritiro del generale Robilant. E quando seppi che la dimissione era un fatto positivo, temendo che egli non portasse il nostro affare al Consiglio del Ministri che doveva tenersi nell'intervallo, gli scrissi immediatamente un biglietto per dimostrargli che, non che sospendere le trattative, essi dovevano anzi affrettarsi, dimodoché più tardi lo trovai pronto a venire ad una conclusione, sebbene mi dicesse che nel Consiglio era stato discusso se, mentre s'aveva piena fiducia nel presente ministro degli affari esteri, si dovessero contrarre impegni rispetto ad un ministro ignoto. Ma il mio biglietto aveva prodotto il suo effetto, dell'altro v'aggiunsi e s'andò innanzi.

M'è pure noto che quando il principe Bismarck diede al conte Hatzfeldt l'istruzione d'appoggiare l'ultima versione della quarta clausola ed in generale il negoziato, diede eziandio per ragione che la conclusione di questo accordo contribuirebbe a consolidare la posizione del generale Robilant. Il conte Hatzfeldt trovava poi il progetto di dispaccio di lord Salisbury soddisfacente, e dopo un ultimo colloquio avuto con esso, nella quale occasione v'introduceva ancora qualche modificazione nel nostro senso, rimaneva convinto che nulla di più poteva attenersi.

Ed io non mi so ancora persuadere che tu lasci la Consulta. Nel fondo dell'animo devi pure sentire come l'abbandonare le redini della politica estera nelle presenti congiunture sarebbe per l'Italia e per l'Europa una grande sventura che potrebbe avere fatali conseguenze, eppure confido che quell'amore di patria che ti

fece accettare la corona di spine t'indurrà a ritenerla almeno fino a che l'orizzonte rimane sopraccarico di minacciose nubi... Chi avrebbe detto che sul tuo capo piomberebbero gli effetti d'un fatto che entrambi amaramente deplorammo? Equesta è umana giustizia.

503

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, II febbraio 1887, ore 14,14 (per. ore 15,50).

En sui te du télégramme de V.E. d'hier soir 1 , que je n'ai pu déchiffrer qu'à une heure avancée de la nuit, j'ai prié le secrétaire d'Etat d'interpeller le chancelier. Le comte Herbert me fait savoir à l'instant que du còté du Cabinet impérial il n'y a aucune objection à présenter sur le contenu des notes à échanger à Londres. Elies n' ont rien d'incompatible avec la situation entre l'Italie et l' Allemagne, ni avec les intentions à réaliser par les négociations en cours entre nos Gouvemements.

504

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, Il febbraio 1887, ore 16,20 (per. ore 17,50).

Keudell aura certainement dit à V.E. et cela m'a été confirmé par le secrétaire d'Etat qu'il va faire un courte absence de Rome se rendant dans sa province afin de remplir son devoir comme électeur pour le prochain Reichstag. Un courrier de Cabine t est parti hier au soir pour Rome porteur de dépéches: l'une entre autres charge le comte Goltz de vous répéter au nom du prince de Bismarck combien on désire ici qu'un serviteur aussi dévoué à son roi et à son Pays et un gentilhomme d'ancienne race conserve le portefeuille des affaires étrangères surtout dans ]es circonstances actuelles. Son Altesse espère que vous continuerez à faire longtemps bonne garde auprès du thròne dans l'intérét de J'ordre, de la paix et des excellentes relations entre Jes deux Gouvemements. C'est le comte de Bismarck qui m'a aussi fourni cette demière indication.

503 1 T. s.n., non pubblicato.

505

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

T. S.N. Roma, Il febbraio 1887, ore 18.

Je vous autorise à échanger avec lord Salisbury, aussitòt que celui-ci soit également en mesure de le faire, les notes dont vous me transmettiez le texte par votre télégramme d'avant-hier soir 1• Ce texte doit, naturellement, rester te! quel. J'ajoute, confidentiellement, pour vous, que le prince de Bismarck à qui le texte des deux notes projetées a été communiqué par le comte de Launay, déclare qu'il n'a aucune objection à présenter et que ces pièces n'ont rien d'incompatible avec la situation entre l'Italie et l'Allemagne. Veuillez me donner avis télégraphique de l'échange des deux notes, aussitòt le fai t accompli 2 .

506

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE A BERLINO E A LONDRA E ALLE LEGAZIONI A MADRID E A T ANGERI

T. 101. Roma, 11 febbraio 1887, ore 23,55.

Ensuite de votre rapport du 21 janvier (Tangeri) 1 , d'un rapport de notre ministre à Tangeri (aux autres) concernant la rectification de la frontière que le ministre de France a obtenue du còté de Figuig, je vous avais écrit hier une dépèche 2 exprimant l'avis qu'en face du fait accompli les Puissances soucieuses de voir se maintenir le statu quo au Maroc devraient, au lieu de se livrer à de stériles et irritantes protestations, s'appliquer par une attitude fennement unanime auprès du Gouvernement sheriffien à s'assurer que l'accident actuel ne soit pas suivi d'autres concessions de plus en plus dangereuses pour la situation de l'Empire. D'après un télégramme que lord Salisbury vient de me faire communiquer, le ministre britannique à Tanger proposerait maintenant que les représentants des trois Puissances fassent auprès du Gouvernement sheriffien une démarche identique ou collective, l'engageant à ne se prèter ultérieurement à aucun arrangement territorial sans s'ètre

préalablement concerté avec les Gouvernements amis. Lord Salisbury désirait connaìtre mon avis là-dessus, j'ai répondu à l'am~assadeur de la reine que la proposition du ministre britannique à Tanger ne fait que donner, à notre manière de voir, une forme essentiellement pratique. Nous n'avons donc, ai-je ajouté, aucune difficulté de nous associer à la démarche projetée et notre ministre à Tanger reçoit instructions en ce sens.

(Per Scovasso) Vous avez à cet effet toute autorisation nécessaire.

505 1 Cfr. n. 499. 2 T. s.n. del 12 febbraio, non pubblicato. 506 1 Cfr. n. 441. 2 DD. 2367, 283, 326, 261 del IO febbraio, non pubblicati, inviati rispettivamente alle ambasciate a Berlino e Londra e alle legazioni a Madrid e Tangeri.

507

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA

D. 176. Roma, 11 febbraio 1887.

Essendo l'ambasciatore di Turchia venuto ieri, giorno del mio consueto ricevimento, alla Consulta, cadde il discorso sopra i negoziati che si stanno svolgendo a Costantinopoli, sotto gli auspici della Sublime Porta, per la soluzione della vertenza bulgara.

Photiades pascià non esitava a manifestare l'opinione sua circa le proposizioni del signor Zankoff, nel senso che queste in buona parte non siano affatto accettabili. Egli accennava segnatamente a quella secondo la quale il Ministero della guerra, nel Principato, dovrebbe essere affidato ad un generale russo. La Sublime Porta, diceva il mio interlocutore, non potrebbe mai indursi a raccomandare l'adozione di un simile provvedimento.

A mia volta, e poiché l'occasione mi si presentava di dire in proposito l'avviso mio, non tacqui che lo assegnare il portafoglio della guerra a un generale russo sarebbe, agli occhi miei, tal cosa che eccederebbe i limiti delle concessioni a cui il Gabinetto di Pietroburgo ha fatto più d'una volta allusione nei suoi scambi di idee coi vari Gabinetti. Dal punto di vista pratico, sarebbe men grave, per il Principato, l'accettazione della candidatura del principe di Mingrelia; e, per quanto concerne la Sublime Porta, questa non potrebbe non ravvisare nell'esercito bulgaro posto sotto gli ordini di un generale russo quasi l'avanguardia dell'esercito russo.

Il nostro discorso non ebbe e non poteva avere altra conclusione. Nondimeno stimai utile di porgerne alla S.V. un cenno telegrafico 1 che qui le confermo.

507 1 T. 99 dell'l l febbraio, non pubblicato.

508

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 193. Costantinopoli, 11 febbraio 1887 (per. il 16).

Il nuovo valì di Creta, che parte oggi alla volta della Canea, venne ieri a presentarsi e ad accommiatarsi da me.

Costaki pascià non mi nascose la sua preoccupazione nell'andare ad assumere il Governo di quella provincia travagliata da dissensioni religiose, politiche ed economiche, ed espressemi la speranza di trovare nel disimpegno delle sue nuove e difficili funzioni l'efficace ed indispensabile appoggio dei consolati esteri. Gli risposi, che il console d'Italia alla Canea, conformandosi alle istruzioni avute dal R. Governo, aveva sempre prestato e continuerebbe certamente a prestare all'autorità governativa la propria cooperazione in tutto ciò che possa contribuire a conservare la tranquillità nell'isola, ed a migliorare le sorti dei suoi abitanti; ma che, a mio avviso, il nuovo governatore dovrebbe attingere la propria forza morale ben più che nel concorso dei consolati esteri, nello studio coscienzioso dei legittimi bisogni dei cretesi, e nella ricerca dei mezzi per soddisfarli. S.E. mi replicò, che a tale intento egli rivolgerebbe tutte le sue cure; ardua era la sua missione, ma non disperava di riuscirvi; il male esiste evidentemente, ma se ha assunto un carattere acuto devesi ricercarne la causa principalmente nella condotta di Sawas pascià, il quale ha creduto di poter attutire il malcontento col largheggiare in promesse, che sapeva dover essere fallaci.

Dissi, che l'invio in Creta di un nuovo valì, che ha fama di uomo probo, intelligente e conciliante, produrrà certamente un buon effetto sullo spirito di quelle popolazioni; ma il cambiamento di persone non è talvolta misura sufficiente per distruggere un male che ha salde radici; ed io, non ha guari, chiamando l'attenzione della Sublime Porta sul malcontento che serpeggia nell'isola, avevo accennato all'opportunità di far coincidere l'insediamento del nuovo governatore con qualche concessione ai cretesi; è rincrescevole che del mio consiglio non sia stato tenuto conto; se non si pone riparo a tempo, a lungo andare la Creta sarà causa di gravissime complicazioni pel Governo ottomano, e la Sublime Porta non può certamente lusingarsi di vedere una seconda volta, all'ora del pericolo, le Potenze europee accorrere di conserva colle loro navi a difendere l'Impero minacciato.

Costaki pascià mi ringraziò per l'avvertimento datogli, e mi disse che, arrivando in Creta, cercherebbe seriamente il modo di ottenere qualche vantaggio in favore delle popolazioni; ma mi lasciò, in pari tempo, comprendere, che assai difficilmente potranno essere fatte delle concessioni in materia finanziaria, a ciò ostando le disastrose condizioni del pubblico erario.

509

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 169. Londra, 12 febbraio 1887, ore 10,15 (per. ore 12,55 ).

M. James a demandé hier au soir au Gouvernement dans la Chambre des Communes s'il avait exprimé sa sympathie au Gouvernement italien à l'occasion du désastre de Massaua. Le sous-secrétaire répondit qu'aussitòt qu'il avait appris qu'un détachement italien avait beaucoup souffert dans un engagement avec une énorme force abyssinienne on avait offert médicaments et hòpital de Suez; qu'il aurait été inconvénient d'offrir à une Grande Puissance militaire l'expression de sympathie pour un pareil incident. L'Angleterre elle-mème ne voudrait pas que la perte d'un détachement fùt considérée comme un désastre. L'Italie avec laquelle l' Angleterre a tant d'intérèts communs peut compter sur l es offices amicaux du Gouvernement anglais.

510

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO 8. Londra, 13 febbraio 1887.

Conformément aux instructions que V.E. m'a fait l'honneur de me donner par son télégramme d'avant-hier 1 , j'ai procédé, hier, à l'échange des deux notes dont j'ai transmis le texte à V.E. par le télégramme du 9 courant 2 et par le courrier de Cabinet le 10 courant. Ces notes portent la date du 12 courant; celle de lord Salisbury porte la note «secrète».

Je garde auprès de moi l'originai signé par Salisbury ainsi que le reste de la correspondance relative à cette affaire, dont je disposerai selon les ordres que

V.E. jugerait à propos de me donner. Hier j'ai donné avis télégraphique à V.E. de l'échange des notes 3 .

510 1 Cfr. n. 505. 2 Cfr. n. 499. Le due note sono ed. in MARTENS, tomo X, n. 11/1 e n. 11/2 e in GP, vol. IV, n. 890. 3 T. s.n., non pubblicato.

511

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 14 febbraio 1887, ore 20,40 (per. ore l, 40 del 15).

Le secrétaire d'Etat vient de me dire qu'en suite de démarches pressantes faites d'ici à Vienne, le Cabinet autrichien accepte l'art. II de votre projet de Traité additionnel, tel qu'il est dans le télégramme de V.E. du 9 février 1 , le troisième et le quatrième alinéa subséquemment ajoutés sont donc éliminés. Mais l'empereur François-Joseph, ainsi que je l'avais déjà télégraphié en date du 4 février2, insiste, vu la situation non encore nettement définie de la Bosnie-Herzégovine, pour qu'il soit entendu que ces deux provinces ne sauraient fournir matière à compensation. C'est pourquoi le comte Kalnoky demande qu'après le mot «compensation réciproque» on piace !es mots «en dehors de leurs possessions». Il me semble, camme au secrétaire d'Etat, que nous ne devrions pas nous y refuser. Kalnoky tient en outre, dans le mème ordre d'idées, à ce que je sois autorisé par

V.E. à déclarer dans une lettre que j'adresserais à cet effet au secrétaire d'Etat que l'éventualité d'occupation temporaire ou permanente ne s'applique pas à la Bosnie-Herzégovine. J'attends votre réponse télégraphique 3 avant de m'occuper avec le baron de Holstein, ainsi que j'en ai été prié par le secrétaire d'Etat, de préparer la rédaction définitive du traité à trois et des deux actes séparés. Il ne s'agit donc plus de faire accepter le projet joint à votre dépèche du 31 janvier4 en prévision du défaut de tout accord avec l'Autriche-Hongrie pour le renouvellement de l'alliance, mais il ne conviendra pas moins que la question des compensations figure dans l'arrangement italo-allemand. Le Cabinet de Berlin, en ce qui le concerne, ne vise à aucune compensation territoriale en cas de guerre contre la France. Dès lors l'article séparé dont j'ai le texte sous !es yeux, se trouvera, sous ce rapport, sans correspectif et devrait recevoir une autre rédaction. Le but essentiel de l' Allemagne est de nous engager, de nous compromettre irrémissiblement envers la France, et par conséquent elle verrait de bon oeil qu'au détriment de cette Puissance l'Italie retiràt en tout ou en partie !es avantages que vous énumérez, mais autre chose est de nous !es assurer en quelque sorte, et d'en faire la condition préalable à un assentiment réciproque à la conclusion d'armistice, paix ou traité. J'en ai touché quelques mots au secrétaire d'Etat. Il me disait qu'en effet l' Allemagne ne sollicitait, à cet égard, rien pour elle, qu'elle nous souhaitait !es meilleures chances dans une guerre en commun contre !es français, et qu'elle trouverait tout nature! que nous cherchassions à prendre des gages de sécurité dans !es différentes directions indiquées, mais à son avis il vaudrait mieux ne pas spécifier, ne pas désigner expressement !es territoires à notre convenance.

511 1 Cfr. n. 498. 2 Cfr. n. 476. 3 Cfr. n. 514. 4 Cfr. n. 466.

On pourrait se borner, comme dernier alinéa de l'art. IV de votre projet de traité addictionnel, ou comme article sub-séquent, à énoncer en termes généraux la question des compensations en faveur de l'Italie. L'Allemagne, de son còté, déclarerait, qu'elle ne mettrait aucun obstacle à nos aspirations. Il nous a fallu déjà gagner la voix de l'empereur Guillaume en ce qui regarde la Tripolitaine et le Maroc. Ce serait un nouveau travail que d'obtenir son consentement pour de nouvelles stipulations relatives à Tunis, à la Corse et à une rectification des frontières vers les Alpes et se terminant par le cours du Var. V.E. saura me fournir la formule la plus appropriée. Il me semble qu'il pourrait ètre stipulé «si les chances de la guerre amenaient l'Italie à réclamer à l'égard de la France des garanties territoriales pour la sécurité de ses frontières et de sa position maritime, l' Allemagne n'y mettra aucun obstacle, et au besoin, et dans une mesure compatible avec !es circonstances, facilitera la réalisation de ce but». Il faut induire du langage du secrétaire d'Etat bien plus réservé que précédemment en cette matière qu'il préférera également que la Régence de Tunis ne soit pas explicitement mentionnée à l'art. IV précité. Je vous serais reconnaissant de vouloir bien m'envoyer par le télégraphe vos instructions sur !es differents points ci-dessus, de mème que toute indication de nature à prévenir de nouvelles difficultées ou malentendus.

512

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 14 febbraio 1887.

Lorsque le secrétaire d'Etat m'informait de quelle manière avait été interprété votre télégramme du 25 janvier1 , j'en exprimais ma surprise. Après mon entretien du 21 du mème mois avec le chancelier, et dont j'ai transmis le lendemain le compte-rendu télégraphique 2 , il ne pouvait subsister aucun doute, et si j'avais eu l'occasion de rencontrer le comte de Bismarck avant qu'il expédìt des instructions à l'ambassade allemande à Vienne, je n'aurais pas manqué de remettre dès lors !es choses sur la droite voie. Au reste, je lui avais lu le compte-rendu précité, dans lequel il est dit très nettement que nous avions tout lieu de nous féliciter d'ètre délivrés d'un casus foederis con tre la Russie, auquel s'appliquait précisément l'alinéa troisième dont l'initiative appartenait à l' Autriche, et auquel nous avions dù ajouter un quatrième alinéa comme correspectif de ces nouvelles et très lourdes charges. D'ailleurs le prince de Bismarck prévoyait alors que le comte Kalnoky ne consentirait pas à l'adoption du deuxième alinéa de l'art. II de votre projet de

512 1 Cfr. n. 446. 2 Cfr. n. 443.

Traité additionnel. Les alinéa troisième et quatrième se trouvaient dès lors nécessairement écartés.

Le secrétaire d'Etat alléguait que, dans l'arrangement que vous proposiez, en. ce qui regarde un accord séparé entre l'ltalie et l' Autriche, «les alinéas premier et second de l'art. II devaient ètre reproduits d'après le texte indiqué ci-dessus, c'est à dire comprenant la mention explicite des Balkans». Or, dans un passage précédent du télégramme susmentionné de V.E. du 25 janvier, vous disiez: «Je puis me décider à admettre envers l'Autriche le simple renouvellement du Traité de 1882 avec un engagement séparé concernant sa politique en Orient, mais ceci sous la condition absolue que l'arrangement séparé entre l' Autriche et l'Italie comprenne les deux alinéas nn. I et II de l'artide deuxième tels qu'ils figurent dans le projet que, par mon télégramme du Jer janvier3 , je déclarais, en suite de la première réponse de Vienne, ètre prèt à adopter en lieu et piace de mon projet originaire». Si vous aviez voulu exclure les alinéas troisième et quatrième, vous l'auriez formellement déclaré. C'est de là que provient le malentendu. Le comte de Bismarck me remettait le texte de l'art. II dont il s'agit, comme il devrait ètre inséré, en conformité de la demande du comte Kalnoky, dans l'Acte séparé italo-autrichien. J'en joins ici une copie.

J'ai répliqué que cette exclusion résultait implicitement de mon entretien avec le chancelier et de votre télégramme, et que pour mon compte aucun doute n'avait abordé mon esprit; mais j'allais télégraphier à V.E. et je demandais en attendant une suspension d es pourparlers4•

V otre réponse télégraphique du 5 février S, a parfaitement rétabli la vérité des choses. Il s'agissait de procéder aussi à des rectifications avec Vienne, ce qui causait quelque embarras au comte de Bismarck. Je suggérais d'envoyer au prince Reuss la copie de la première partie du télégramme de V.E., et de rejeter sur moi la responsabilité de la méprise, lors mème qu'on sùt ici que j'en étais parfaitement innocent, ayant toujours, dans nos pourparlers, joué cartes sur table et laissé copie de vos télégrammes, de mème que je donnais lecture des miens. L'essentiel pour moi était de me trouver en règle vis-à-vis de mon Gouvernement et de l' Allemagne; et je consentais à ètre mis un peu à découvert à l'égard de l'Autriche, si cela pouvait fournir un joint de plus pour reprendre les pourparlers avec Vienne. Le secrétaire d'Etat rendait pleine justice à l'entière confiance qui n'avait cessé de régner dans nos rapports. Il se réservait d'en référer au chancelier.

Ainsi que je le télégraphiais à V.E. en date du 8 février 5 , une dépeche confiée à un courrier de Cabinet partant le soir mème pour Vienne, a chargé le prince Reuss de dire au comte Kalnoky que, par suite du malentendu surgi dans la phase actuelle des négociations, le Cabinet austro-hongrois doit nouvellement examiner la question. Le prince de Bismarck, en fournissant les éclarcissements contenus dans la première partie du télégramme de V.E. du 5 février, exprime l'avis qu'en lieu et piace du Cabinet de Vienne, il n'aurait aucune difficulté

Cfr. n. 476.

Cfr. n. 478.

à accepter tel quel l'art. II du projet de Traité additionnel et d'élaguer ainsi les alinéas trois et quatre subséquemment ajoutés. Il est en outre indiqué qu'il n'est pas plus le cas d'approfondir la cause du malentendu, que de rappeler que le Cabinet austro-hongrois, par ses longues hésitations, a une grande part de responsabilité dans les retards pour la solution désirée. Il ne faut pas également oublier qu'après avoir accueilli favorablement en principe l'art. IV du projet de Traité additionnel au sujet de la Tripolitaine et du Maroc, il a décliné ensuite de s'y rallier, en induisant ainsi l'Italie à insister d'autant plus pour le maintien de l'art. II de ce mème projet.

Le chancelier continue donc à agir de son mieux pour conduire à bon terme les pourparlers, dans le sens que nous désirons. Il y a lieu d'espérer que ses efforts seront couronnés de succès. Seulement il ne faudrait pas que la crise ministérielle, qui ne pouvait se produire plus à contretemps, amenàt un changement du ministre actuel des affaires étrangères, qui inspire une entière confiance. Il en résulterait un retard dans les négociations, et qui plus est, les accords si bien acheminés seraient remis en question. La retraite de V.E. menacerait de nous rejeter loin des rivages où nous allions aborder. Si nous perdons le chemin à travers la houle, le retrouverons-nous?

ALLEGATO

ARTICLE II

Les hautes parties contractantes n'ayant en vue que le maintien, autant que possible, du statu quo territorial en Orient, s'engagent à user de leur influence pour prévenir toute modification territoriale, qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires du présent Traité. Elles se communiqueront à cet effet tous !es renseignements de nature à !es éclairer mutuellement sur leurs propres dispositions ainsi que sur celles d'autres Puissances.

Toutefois dans le cas où, par suite des événements, !es maintien du statu quo dans !es régions des Balkans, ou des còtes et ìles Ottomanes de l' Adriatique et dans la Mer Egée, deviendrait impossible et que, soit en conséquence de l'action d'une Puissance tierce, ou autrement, l'Italie ou l'Autriche-Hongrie se verraient dans la nécessité de le modifier par une occupation, permanente ou temporaire de leur part, cette occupation n'aura lieu qu'après un accord préalable entre !es deux susdites Puissances.

Si à la suite de pareils événements et sans provocation de la part de l'Autriche-Hongrie une guerre éclatait entre cette dernière et la Russie, l'Italie s'engage à faire cause commune avec son allié et à prendre part à la guerre.

L'Autriche-Hongrie et l'Italie se réservent de stipuler, au moment opportun, avant l'entrée en campagne, un accord spécial, destiné à régler sur la base d'une compensation équitable en dehors de leurs possessions !es combinaisons territoriales qui pourraient éventuellement résulter de la guerre entreprise en commun.

ARTICLE III

Le présent traité ...

512 3 Cfr. n. 396.

513

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 180. Pera, 15 febbraio 1887, ore 11,33 (per. ore 23,05).

Les dispositions militaires qu'on prend chez nous pour renforcer le corps d'expédition à Massaua ont réveillé ici les soupçons à notre égard. Ces préparatifs, dit-on, pourraient bien avoir en vue une occupation de la Tripolitaine, auss1 prend-on des mesures pour envoyer des renforts dans cette province.

514

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 15 febbraio 1887, ore 19,50.

Reçu v otre télégramme d'hier soir 1 . V o ici, poi n t par point, l es instructions que vous me demandez: l) Je n'entends nullement prétendre une compensation pour la situation que l' Autriche-Hongrie possède maintenant déjà en Bosnie-Herzégovine. Mais si cette situation venait encore à se modifier à son avantage, si les deux provinces étaient définitivement annexées à la Monarchie, ce ne serait que strictement équitable que d'appliquer, à cette éventualité aussi, la stipulation contenue dans le deuxième alinéa de l'art. Il. Comme je tiens surtout à ètre sincère, je veux que vous disiez nettement et loyalement ma pensée, sur ce sujet, au secrétaire d'Etat, afin que le chancelier puisse, s'il le croit, la répéter à Vienne. Désirant, d'autre part, donner satisfaction à ce qu'il y a de légitime dans la préoccupation de l'empereur François-Joseph et de son ministre, je propose, au lieu de la formule suggérée par Kalnoky, que l'alinéa deuxième, tel qu'il se trouverait reproduit dans l'accord séparé italo-autrichien, se termine par les mots suivants: «Cette occupation n'aura lieu qu'apres accord préalable entre les deux Puissances, basé sur le principe d'une compensation réciproque pour tout avantage, territorial ou autre, que chacune d'elles obtiendrait en sus du status quo actuel, et donnant satisfaction aux intérèts et prétentions bien fondées des deux Parties». 2) Après la formule ci-dessus, la lettre explicative que Kalnoky désire me paraìt superflue. Si cependant on y tient, à Vienne, V.E. est autorisée à déclarer par cette lettre, au secrétaire d'Etat, que «l'éventualité d'occupation temporaire ou permanente mentionnée dans l'accord italo-autrichien, s'applique au futur, et non

pas à l'occupation actuelle de l' Autriche-Hongrie en Bosnie Herzégovine, telle qu'elle a été consacrée par le Traité de Berlin». 3) Je vous autorise à demander l'insertion, dans l'accord séparé italo-allemand, d'une clause concernant !es compensations pour le cas d'une campagne italo-allemande contre la France. J'adopte volontiers, à cet éffet, votre formule, qui me paraìt parfaite. La clause relative aux compensations devrait, à mon avis, s'appliquer à toute campagne italo-allemande contre la France, et non pas seulement à une campagne qui prendrait origine dans !es affaires de la Méditerranée. La forme d'un artide subséquent me paraìtrait donc plus correcte que celle d'un simple alinéa ajouté à l'art. IV qui ne concerne que la situation dans la Méditerranée. Je veux cependant que tout ceci, la forme comme le fond, ne soit pas un motif d'obstacle ou de retard dans la conclusion. S'il n'y a pas acceptation immédiate de la part du Cabinet de Berlin, je préfère renoncer à toute clause pour !es compensations découlant d'une guerre italo-allemande contre la France. 4) La mention de Tunis dans le texte de l'art. IV me paraìt, comme je l'ai expliqué dans ma dépèche du 31 janvier, cadrer complètement avec la situation, car nous ne saurions guère ètre indifférents à ce que le protectorat français en Tunisie se transforme en souveraineté territoriale. Mais ici encore, si notre demande devait motiver un retard, je préfère ne pas insister. Je n'ai plus rien à ajouter. Une fois ces derniers points réglés, V.E. est en mesure de procéder au travai! de rédaction définitive, pour !eque! je m'en remets entièrement à votre habilité età votre expérience. Après quoi, V.E., qui a déjà !es pouvoirs du roi, a pleine faculté de signer. Si un nouveau Cabinet, venant nous remplacer, estimait ne pas devoir accepter notre oeuvre, la réserve des ratifications souveraines lui laisse, à cet effet, toute liberté d'action de laquelle cependant je crois que jamais personne ne se prévaudrait.

514 1 Cfr. n. 511.

515

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

L. PERSONALE. Roma, 15 febbraio 1887.

È assai probabile che quando riceverai questa lettera io non sii più ministro a malgrado che per obbedienza al re mi sii rassegnato a coadiuvare Depretis nel suo tentativo di ricomposizione del Gabinetto. È infatti evidente che se egli non riuscirà a ricostituire un ministero più forte del precedente, io mi ritirerò, poiché in un'amministrazione che il menomo soffio di vento potrebbe spazzare, l'opera mia sarebbe inutile non solo, ma anzi dannosa. Ad ogni modo tengo a ringraziarti vivissimamente per l'efficacissimo concorso che mi hai prestato nei negoziati che condussero al testé avvenuto scambio di note col Governo inglese. È questo un grosso passo che abbiamo fatto ed una bella e profiqua pagina nella nostra storia diplomatica che fu scritta colla tua cooperazione. Se il mio testamento ministeriale

dovesse limitarsi a quella pagina sarei già contento. Ai miei successori il trarre profitto di ciò che si è fatto.

Intorno all'accaduto in Africa, che io ebbi a prevedere fin dal primo giorno, non ti parlo, ne sai abbastanza dai giornali. A riguardo al da farsi in avvenire provvederà il nuovo Ministero.

Il tempo mi manca per scriverti più lungamente.

516

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, A ... 1

L. PERSONALE. Roma, 15 febbraio 1887.

La crisi dura tuttora, e temo assai non si risolva così presto.

A Vienna come a Berlino ed ovunque non venne giustamente apprezzata la ragione determinante delle mie dimissioni, che provocarono quelle di tutto il Gabinetto.

Si volle trovarne la causa nel disgusto fattami dai radicali dentro e fuori del Parlamento. Certamente che non posso essere indifferente a quegli attacchi, che di comune compenso non si pronunciarono mai così persistentemente violenti contro nessun ministro in Italia.

Però ciò non fu affatto la causa determinante della mia risoluzione: questa fu unicamente il fondato convincimento ben dimostrato dallo svolgimento della crisi, che il Gabinetto quale era costituito mancava in modo assoluto di quella forza di quell'appoggio tanto nel Parlamento che nel Paese indispensabile per poter fare una politica estera quale quella da noi intrapresa. Meglio dunque arrestarsi mentre si era ancora in tempo cioè quando la Corona non aveva assunto impegni.

Cedendo alle pressioni di Sua Maestà e di una considerevole parte della Camera mi sono rassegnato a coadiuvare Depretis nella formazione di un nuovo Gabinetto. Se si riescirà così a costituire un Ministero a più larga base che dia guarentigie di forza e di stabilità, resterò; altrimenti cederò il posto ad un altro; ed il convincimento di avere così operando reso un vero servizio al re ed al Paese, mi sarà di conforto nella vita privata a cui intendo di ritirarmi nel lasciare il Ministero.

Non mi dilungo maggiormente, il tempo me ne fa difetto, mi basta d'altronde d'averle con queste poche righe chiarito la vera situazione mia, e dirò anzi nostra.

516 1 Il destinatario non è indicato ma si tratta con ogni probabilità di Nigra.

517

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANP

R. 4343. Berlino, 15 febbraio 1887 (per. il 21).

Je me réfère à la dépèche de V.E. du 9 janvier échu n. 2357 2 .

Je me ménageai, il y a environ quatre semaines, un entretien avec le conseiller intime de légation M. Krauel pour connaitre nettement la pensée du Cabinet de Berlin en ce qui touche à Kissimayo et pour l'induire, dans le cas où ses dispositions seraient favorables, à autoriser le consul d'Allemagne à Zanzibar à déclarer au sultan que le Gouvernement impérial envisage avec bienveillance une cession de cette ile à l'Italie. Il s'agissait d'adopter, relativement à notre négociation, une attitude analogue à celle que les Cabinets de Berlin et de Londres se sont réciproquement promise dans leurs zones respectives d'influence.

M. Krauel se réservait de prendre les ordres du secrétaire d'Etat et de me faire connaitre sa réponse. Mais en attendant il me laissait clairement entrevoir que si l'Allemagne n'avait, comme elle nous l'a déjà declaré (rapport n. 4300 du 10 novembre 1886) 3, aucun dro i t à invoquer sur cette localité dont le sultan pouvait, dès lors, disposer à son gré, il y avait lieu de se demander s'il conviendrait qu'une Grande Puissance étrangère quelconque établit sa souveraineté à quelques milles de distance des embouchures du fleuve Giuba, vers lequel l' Allemagne a déjà fondé des stations commerciales, en prenant les devants sur toute autre Puissance. En tout cas, il n'appartiendrait pas à l'Allemagne d'appuyer, directement ou indirectement, à Zanzibar, une cession de Kissimayo. Elle reconnait pleine faculté au sultan d'agir comme bon lui semble, mais elle croirait aller trop loin en l'encourageant en quelque sorte à se désister de ses droits.

En parlant de la versatilité de Sai"d Barghasch, j'émettais l'idée qu'il fallait peut-ètre l'attribuer à une pression exercée sur lui par les agents de l'Ost-Afrikanische-Gesellschaft, déjà assez disposée à étendre toujours plus ses acquisitions, ou du moins son influence dans ces contrées, sans qu'il fiìt nécessaire qu'elle reçùt une impulsion quelconque de Berlin. M. Krauel assurait qu'il ne lui résultait rien de semblable.

Après avoir vainement attendu une réponse définitive, j'ai interpellé avant-hier le secrétaire d'Etat. D'après son langage, il est pour mois de toute évidence que le Cabinet de Berlin ne compte s'immiscer en rien dans cette affaire, tout en laissant le sultan de Zanzibar parfaitement libre dans ses déterminations 4•

2 lvi, pp. 72-73.

· 1 lvi, pp. 63-64.

4 Con D. 2376 del 27 febbraio a Berlino e con D. 295, pari data, a Londra, non pubblicati, di Robilant dava istruzione -a seguito della risposta tedesca -di non prendere più alcuna iniziativa sulla questione di Chisimaio.

517 1 Ed. in L'Italia in Africa, Oceano Indiano, tomo II, cit. pp. 74-75.

518

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIE NNA, NIGRA

D. RISERVATO S.N. Roma, 16 febbraio 1887.

Negoziati confidenziali che ho stimato opportuno di aprire col Gabinetto di Londra hanno rapidamente condotto, con reciproca soddisfazione, alla conclusione che apparisce dalle note di cui qui acchiudo copia 1 essendo state scambiate, previa formale approvazione dei due Governi, tra il conte Corti e lord Salisbury. Lo scambio ebbe luogo nel giorno 12 di questo mese.

Stimo utile che V.E. abbia, per sua propria informazione personale, notizia dei due documenti. E mi piace anche aggiungere, acciò ella abbia certezza perfetta di questo che è pure, oramai, elemento essenziale della nostra situazione politica, averci il Gabinetto germanico prestato appoggio e favore, nella presente circostanza, presso il Governo della regina.

519

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 16 febbraio 1887.

En attendant la réponse de V.E. à mon télégramme du 14 février 1 , cité tout au long dans mon rapport du lendemain 2 , j'ai préparé la rédaction et la coordination des différents articles qui doivent figurer dans le Traité additionnel et dans les deux Actes séparés. J'ai complété ce travail en conformité des instructions télégraphiques qui me sont parvenues hier 3 .

Je joins ici ces trois documents, dont j'ai remis aujourd'hui une copie au secrétaire d'Etat. Il se réservait de prendre !es ordres du chancelier, et il pensait pouvoir me communiquer demain la réponse de Son Altesse.

Il ne présentait, pour son compte, aucune observation sur !es divers préambules, ni sur l'arrangement à trois pour le renouvellement de l'alliance conclue en 1882.

J'ai mentionné à l'art. III du Traité italo-allemand (ancien art. IV de votre projet de Traité additionnel) la Régence de Tunis, et je le justifiais par !es arguments contenus dans la dépèche de V.E. du 31 janvier4 . Le comte de Bismarck consulterait sur ce point Son Altesse, mais il pensait que le chancelier préférerait que cette

2 Non pubblicato.

3 Cfr. n. 514.

4 Cfr. n. 466.

mention fùt éliminée, lors mème qu'il allait de soi, quelle que fùt la cause initiale ou déterminante d'une guerre entre nous et la France, que l' Allemagne ne nous laisserait pas seuls aux prises avec cette Puissance. Mais cette adjonction en termes explicites pourrait occasionner des retards, ou mème certains scrupules en haut lieu. Dans ce m~me ordre d'idées, ma formule pour l'art. IV (compensations éventuelles), agréerait certainement mieux que une autre formule que j'avais également soumise en m'inspirant de l'artide séparé du projet de Traité entre l'ltalie et l' Allemagne, annexé à la dépèche précitée du 31 janvier.

J'avais rédigé ainsi cette autre formule:

«Si !es chances de la guerre le permettent, l'ltalie recherchera pour la sécurité des frontières du Royaume et de sa position maritime, ainsi qu'en vue de la stabilité de la paix, des garanties territoriales à l'égard de la France, telles que la renonciation en faveur de l'Italie, de tous !es droits et prétentions de la France en Tunisie; une ligne de frontières embrassant !es hautes vallées des affluents à gauche du Rhòne et se terminant par le cours du Var. L'Allemagne n'y mettra aucun obstade, et, au besoin, et dans une mesure compatible avec !es circonstances, s'appliquera à faciliter !es moyens d'atteindre en tout ou en partie, un semblable but».

Nul doute que l'Allemagne nous souhaite tous !es avantages possibles d'une campagne contre !es français, et cela dans !es directions indiquées, voire mème la conquète de la Provence. Elle faciliterait au besoin notre tàche. Mais on ne saurait prévoir !es résultats d'une guerre. C'est toujours une entreprise aléatoire. Or, si la fortune ne secondait pas notre action commune et que la teneur de cet artide, ainsi conçu, fùt un jour divulguée, !es rieurs ne seraient pas du còté des alliés. Tandis que le Traité dans son en,semble et la formule sans désignation spéciale, en disaient assez «avec noblesse et dignité», sans s'exposer aux critiques malignes du public et de l'histoire.

Je n'ai pas insisté. Je me suis borné à rappeler que c'etait le chancelier lui-mème qui, le premier, nous avait soufflé le mot de Tunis, et que le secrétaire d'Etat avait abondé dans ce sens.

V.E. observera que j'ai introduit, dans cet artide, quelque changement du texte transmis par mon télégramme du 14 février. D'abord c'est, selon votre désir, un artide à part et non un alinéa de l'art. III et pour mieux en définir la portée, j'ai intercalé !es mots: «de toute guerre entreprise en commun contre la France», ainsi que !es mots: «ainsi qu'en vue de la stabilité de la paix». Cette dernière adjonction m'a été suggérée par le baron de Holstein qui, au reste, n'a rien trouvé, sauf lui aussi pour ce qui concerne la Tunisie, à modifier dans la rédaction générale, et sauf aussi pour ce qui regarde le deuxième alinéa de l'art. II du Traité italo-autrichien, dont je parlerai en dernier lieu. Enfin, aux mots qui, selon mon télégramme, terminaient la phrase de l'artide distinct IV: «facilitera la réalisation de ce but», j'ai substitué une diction plus correcte: «s'appliquera à faciliter !es moyens d'atteindre un semblable but». Le secrétaire d'Etat croyait que le chancelier accepterait cette rédaction.

Quant au Traité italo-autrichien, j'avais d'abord donné lecture au baron de Holstein des numéros primo et secondo de votre télégramme d'hier soir, et il prévoyait des objections de la part de l'Autriche-Hongrie à se prèter au sens restrictif que nous attachons à la question concernant la Bosnie et l'Herzégovine et à la combinaison que vous suggérez pour tourner la difficulté. Vos explications si nettes viennent à l'appui des appréhensions du Cabinet de Vienne. Le secrétaire d'Etat n'émettait pas, de prime abord, la méme manière de voir. Il voulait encore étudier la chose et consulter le chancelier. Il reconnaissait toute la franchise de vos explications, mais, sauf avis contraire, il estimait qu'il vaudrait mieux ne pas entrer dans tous ces détails avec le comte Kalnoky et se contenter de lui indiquer les mots que vous proposiez d'ajouter à l'alinéa deuxième de l'art. I: «pour tout avantage territorial ou autre que chacune d'elles obtiendrait en sus du statu quo actuel et donnant etc.». J'appuyais sur ce qu'il était superflu, dès lors, quoique j'y fusse autorisé, à passer une note explicative. Au reste la réserve d'une entente préalable met à couvert les Parties contractantes. Il ne faudra pas moins en référer une fois encore à Vienne, d'où l'on pourrait nous ménager quelque nouvelle surprise.

Sauf la régularisation de ce dernier point, l'accord ne tardera pas à étre établi sur le reste, gràce à la latitude que V.E. veut bien me laisser relativement à la mention de Tunis et à la question des compensations dans le Traité italo-allemand, et rien ne s'opposerait à ce que l'on procédàt à la signature des trois actes.

Je saisis en attendant cette nouvelle occasion ...

518 1 Per il testo delle note, cfr. n. 499.

519 1 Cfr. n. 511.

520

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 16 febbraio 1887.

J'ai l'honneur de remercier V.E. de ses divers télégrammes sur nos négociations à Londres, et je me réfère à ceux que j'ai expédiés sur ce mème sujet. Le Gouvernement impérial s'est montré vivement satisfait que les pourparlers aient abouti à un échange de notes dont le contenu n'a rien d'incompatible avec la situation réciproque entre l' Allemagne et l'Italie, ni avec les intentions à réaliser dans les accords que nous ne tarderons pas à signer ici. C'était beaucoup, vu les traditions de la politique anglaise, que d'amener les choses à ce point. Ce ne sont encore que des désirs de la part du Gouvernement de la reine, dont l'accomplissement est subordonné aux circonstances, aux éventualités, telles qu'elles se présenteront. Tout traité lui répugne; mais l'entente, mème sous la forme qui lui a été donnée, n'est pas moins une porte ouverte à des stipulations plus précises. L'entente recevra tòt ou tard le développement désirable.

V.E. ne croit-elle pas qu'il serait utile que de son còté l' Autriche-Hongrie fùt associée, en partie du moins, à ces mèmes vues, dans un moment surtout où la Russie semble reporter ses aspirations moins vers la Bulgarie que vers le Bosphore. C'est là où elle voudrait mettre un verrou pour que la Turquie soit entièrement sous son influence. Le Cabinet de Vienne a, comme ceux de Rome et de Londres, un intérèt de premier ordre à se mettre en travers de ces aspirations et à se ranger dans une ligue pour le maintien du statu quo.

Quant à l' Allemagne, si elle se tient derrière les coulisses, nous savons qu'elle favorise secrètement le tendances à réagir contre les projets du Cabinet de Saint

Pétersbourg dans cette direction. Elle s'emploie, de la sorte, à sauvegarder la paix générale. l'ai aussi l'honner de remercier V.E. de l'envoi de sa dépèche réservée du 31 janvier, ainsi que de ses annexes 1•

le n'ai pas manqué, en conformité de vos instructions télégraphiques du 14 courant2 , de prier le comte de Bismarck de se rendre auprès du chancelier l'interprète de la vive reconnaissance du Gouvernement du roi pour la précieuse et efficace coopération prètée au comte Corti par son collègue d'Allemagne.

521

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4344. Berlino, 16 febbraio 1887 (per. il 21)

Ces jours derniers, une lettre extrèmement amicale et pacifique du tsar à l'empereur Guillaume est arrivée ici et une réponse a été faite sur le mème ton et en termes généraux. Personne ne doute de la sincérité des sentiments personnels de l'empereur Alexandre. On fait seulement des vreux pour qu'il continue à maìtriser les courants, qui voudraient le pousser dans une voie contraire. Bref, les appréhensions ne se tournent pas aujourd'hui vers la Newa, mais au delà des Vosges. Cependant la situation qui était extrèmement grave encore au commencement de ce mois, tend à s'améliorer. Les partis qui s'agitaient en France, qui jouaient avec le feu, se replient sur eux-mèmes. Ils ne poussent plus aux armements avec la mème insistance. Le général Boulanger lui-mème se retire sous la tente, en comprenant qu'il compromettrait son avenir en voulant devancer le cours des événements. D'ailleurs, l'organisation de l'armée n'est pas achevée en France, tandis qu'en Allemagne on est à peu près en mesure d'affronter, au besoin, une lutte en cas de provocation manifeste. Le chancelier, vivement soutenu à la Cour, continue à se raidir contre l'élément militaire qui désire à l'unanimité qu'une campagne soit entreprise pour ne pas laisser à l'adversaire irréconciliable le choix du moment, qui lui paraitra propice pour engager la partie. Le prince de Bismarck ne veut pas encourir la responsabilité, avec un souverain nonagénaire, de courir les chances d'une nouvelle guerre. Mais pour autant, il n'est nullement rassuré pour un avenir plus ou moins prochain. Si le ministère actuel se retire, et que le général Boulanger reprenne la haute main, !es tiraillements recommenceront de plus belle, !es préparatifs belliqueux s'accentueront davantage et l'on ne tarderait pas alors à ètre mis en demeure de sortir violemment d'une situation, qui deviendrait de plus en plus intenable.

En attendant, le vote du septennat est assuré, gràce en grande partie à l'évolution du Vatican prechant aux catholiques de se ranger du còté d'un gouvernement qu'il se flatte de gagner toujours plus à ses vues pour la révision totale des lois, dites de mai, et pour s'assurer son influence dans les rapports de la Papauté avec l'Italie. Cette immixtion dans les affaires intérieures de l'Empire, provoquée évidemment par le Cabinet de Berlin pour le succés de sa propre cause, a soulevé ici bien des critiques. C'est une arme à deux tranchants. Elle s'émousse tant que le prince de Bismarck veille au grain, mais elle pourrait se retourner contre celui qui s'en prévaut s'il n'est pas assez habile pour la manier.

Je me résume: s'il y a actuellement une détente dans la situation, l'incertitude du lendemain continue à peser de tout son poids, et chacun doit tenir ses poudres sèches.

520 1 Cfr. n. 466. 2 T. s.n., non pubblicato.

522

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 17 febbraio 1887, ore 20 (per. ore l del 18).

Projet de Traité à trois accepté par le chancelier, de meme que le projet italo-allemand avec élimination de la désignation expresse de Tunis, et cela pour les motifs indiqués dans un rapport 1 que j'adresse aujourd'hui par le courrier, mais on conservera, ce qui vaut mieux, les mots «sur les dits territoires nord-africains» au lieu des mots «sur la Tripolitaine» qui se trouvaient dans le projet originaire de Traité additionnel. J'ai retouché la formule des compensations et Son Al tesse n'a rien trouvé à y redire. Elle forme un article distinct. La voici: «Si !es chances de toute guerre entreprise en commun contre la France amenaient l'Italie à rechercher des garanties territoriales, à l'égard de la France, pour la sécurité des frontières du Royaume et de sa position maritime, ainsi qu'en vue de la stabilité de la paix, l'Allemagne n'y mettra aucun obstacle, et au besoin, et dans une mesure compatible avec !es circonstances, s'appliquera à faciliter les moyens d'atteindre un semblable but». Quant au Traité italo-autrichien, le prince de Bismarck juge préférable de ne pas transmettre à Vienne vos observations touchant la compensation pour occupation Bosnie-Herzégovine. Il faut écrire aujourd'hui de la manière la plus pressante à Vienne pour que l'on se contente, au lieu de la formule suggérée par Kalnoky, de l'adjonction à l'alinéa deuxième des mots que vous proposez et qui rendraient en effet superflue une lettre explicative de ma part au secrétaire d'Etat. Sauf ce dernier point, sur lequel il faut attendre une réponse de Kalnoky, l'accord est établi.

522 1 Cfr. n. 519.

523

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 200. Sofia, 17 febbraio 1887, ore 21 (per. ore 24).

Régence m'a prié de demander confidentiellement à V.E. si l'accord qui se négocie à Constantinople en ce moment sera présenté au Gouvernement bulgare signé seulement par les représentants tures et bulgares, ou signé par toutes les Grandes Puissances. Régence est découragée par ce que télégraphient tous ses représentants à Constantinople en référant le langage des ambassadeurs d'Allemagne et d'Autriche.

Ambassadeur de Russie aurait mème dit, que si on n'arrive pas à un arrangement à présent, Russie occuperait Bulgarie. Malgré ces menaces et ce découragement Régence ne paraìt nullement disposée à accepter le protocole signé par l'agent bulgare, ni le ministre de la guerre russe. Elle considère ces deux faits comme une capitulation.

524

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 203. Pera, 17 febbraio 1887, ore 23,05 (per. ore 9,05 del 18).

Mustechar du ministre des affaires étrangères est venu me dire que les pourparlers pour la solution de la crise bulgare n'avancent pas, et que la Russie paraìt décidée à en venir à une occupation, au sujet de laquelle elle se proposerait d'entamer des négociations à Vienne. Artin effendi m'ayant demandé mon avis sur cette éventualité et sur l'attitude que la Porte devrait prendre, le cas écheant, j'ai répondu qu'il me paraissait bien difficile surtout, à cause de la Serbie, que l'Autriche pùt consentir à une occupation de la Bulgarie par les russes; mais en tout cas, il me semblait qu'à la Porte lui devrait importer beaucoup, de s'en tenir strictement au Traité de Berlin, et ne pas admettre que la question bulgare fùt réglée entre les plenipotentiaires des trois Puissances, en dehors du concert européen; j'ai rappelé à S.E. que le concours de l'Italie était acquis d'avance à toute solution qui resterait dans les limites du Traité de Berlin, mais ne le serait plus, pour des arrangements spéciaux qui modifiéraient isolément les stipulations de ce traité: par une occupation de la Bulgarie par l'armée russe, sans le consentement des autres Puissances.

525

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 776. Parigi, 17 febbraio 1887 (per. il 20).

Al ricevimento ebdomadario di ieri parlai col signor Flourens dello stato di inquietudine, che regnava per effetto dei rumori di guerra destati dai grandi armamenti che si facevano in Francia come in Germania. Egli mi rispose che il Governo della Repubblica evitava tutto ciò che potesse, per parte sua, dare appiglio a quei rumori. La Francia, diss'egli, procede bensì alla trasformazione dei suoi armamenti, ma si astiene dal fare alcun concentramento che accenni ad un pensiero di ostilità verso una potenza vicina, mentre al contrario la Germania sta accomulando alla frontiera numerose truppe che non possono considerarsi come indizj di sentimenti pacifici.

Questo linguaggio del signor Flourens coincide con un articolo importante, pubblicato nel giornale il Temps uscito l'altra sera. È un fatto che in questo momento l'opinione generale in Francia è contraria alla guerra, benché l'idea di una gloriosa riscossa contro i tedeschi sia stata, in questi ultimi tempi, accarezzata da certi partiti e sorretta dalla attività di cui fece mostra il ministro della guerra, generale Boulanger. Intanto non si può negare che il rinnovamento degli armamenti procede con grande attività. Le sperienze coll'impegno della melinite nell'artiglieria, riescirono oltre l'aspettativa. Un distinto generale che ha seguito quelle sperienze, mi assicurò che le fortificazioni moderne non possono oramai resistere agli effetti dei nuovi proiettili caricati con melinite. Il forte del Monte Valerien presso Parigi che si supponeva potere resistere durante tre mesi ad un assedio regolare, potrebbe ora essere espugnato in meno di quarantotto ore colle nuove artiglierie. In seguito a questi risultati si studia una trasformazione dei sistemi di fortificazioni, mentre per le artiglierie di assedio si procede alacremente all'introduzione delle nuove armi a melinite. Mi si assicura che furono ordinati trecentomila proiettili per l'artiglieria e che la massima attività si svolge per la loro fabbricazione. La melinite non sembra ancora destinata per l'artiglieria di campagna, la marina stessa non la crede adattata per l'attacco contro le navi corazzate. Un'altra trasformazione si fa anche nelle armi portatili colla introduzione dei fucili a ripetizione e l'impiego di una nuova polvere di maggiore effetto dell'attuale, e che avrebbe il vantaggio di non dare fumo sensibile. Tutte queste modificazioni sono tenute segrete, ma l'arcano non tarderà ad essere svelato, poiché il signor Turpin inventore della melinite si dice oramai sciolto dall'impegno da lui preso di non far conoscere il suo segreto e pare che il Governo inglese, per mezzo del suo adetto militare in Parigi, sia già entrato in trattative con lui per ottenere il diritto di fabbricare la misteriosa sostanza la di cui composizione si potrebbe ad ogni modo ritrovare consultando il Traité des matières explosibles del signor Berthelot, attualmente ministro della pubblica istruzione. Intanto si procede attivamente a mettere in istato di difesa le piazze di frontiera. Ma se l'armamento procede con efficacia, pare che lo stesso non possa dirsi del piano di mobilitazione. Ultimamente una persona di qualche autorità mi riferì una conversazione che disse di avere avuta col generale di Miribel che fu, per un tempo, capo di stato maggiore al ministero della guerra, posizione dalla quale era stato tolto a motivo dei suoi sentimenti non sufficientemente repubblicani, benché sia considerato come l'uomo il più adatto per quell'alta carica. Egli avrebbe detto che chiamato dal generale Boulanger per essere interrogato circa la mobilitazione dell'esercito, trovò il piano di mobilitazione che egli aveva principiato a preparare del tutto scomposto in modo tale non si potrebbe per ora entrare in campagna senza esporsi a gravi confusioni nei movimenti delle truppe. Ciò stante i tedeschi che, oltre un buon armamento, hanno un piano di mobilitazione perfettamente studiato ed in parte attuato, si troverebbero in una condizione militare assai superiore a quella dei francesi.

Non mi dilungo maggiormente su questi cenni militari lasciando al nostro addetto militare, l'egregio maggiore marchese Incisa, la cura di dare al r. ministero maggiori e più precisi ragguagli in proposito. Ma credei di dover entrare in alcune considerazioni a quel riguardo, per spiegare l'atteggiamento francese in apparenza più pacifico di quello della Germania, benché le prime provocazioni siano partite, non dirò da questo Governo, il cui capo irresponsabile è tutt'altro che di spirito bellicoso, ma dalla stampa francese, la cui intemperanza eccedette ogni limite.

Quest'oggi vi ha un poco di calma e si aspetta con qualche trepidazione il risultato delle elezioni in Germania. Si crede che saranno favorevoli al principe di Bismarck per ciò che riguarda l'esercito e che, ciò occorrendo, cresceranno di molto le probabilità di pace, la quale però sembrerebbe minacciata non più a ponente, come si diceva, ma bensì a levante d'Europa.

L'incidente della lettera del generale Boulanger allo czar, riferito dal giornale il Figaro di jeri l'altro, venne smentito; ma non si nega la lettera che, al contrario, egli avrebbe diretto non allo czar ma al ministro della guerra di Russia. Il Figaro di questa mattina riconferma la notizia che aveva data precedentemente e vi aggiunge alcuni particolari, ritenendo soltanto che la lettera del generale Boulanger era diretta al ministro della guerra anziché allo czar.

526

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 18 febbraio 1887, ore 0,40.

Pour marquer que, malgré la pluralité des actes que nous allons signer à Berlin, il n'existe pas moins une entente d'ensemble entre les trois Monarchies, je pense qu'il serait indiqué de dresser au moment de la signature un procès-verbal unique contenant l'énumération de ces différentes pièces et constatant la simultaneité des signatures respectives. V.E. pourrait énoncer, en temps et lieu, cette idée, comme lui étant personnelle et comme si elle lui était suggérée par une bonne tradition de chancellerie. Je dois puis ajouter que la crise durant toujours sans qu'on puisse encore en préciser le dénouement il serait à désirer que la signature ait lieu le plus tòt possible.

527

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

T. S.N. Roma, 18 febbraio 1887, ore 12,20.

Launay me télégraphie 1 que d'après la manière de' voir de lord Salisbury, partagée par le prince de Bismarck, il serait fort utile qu'il fiìt donné confidentiellement connaissance à Vienne des notes échangées à Londres le 12 de ce mois. L' Autriche, nous di t-on de Berlin, est, comme l'ltalie et l' Angleterre, intéressée dans la question et une entente à trois, si on parvient à l'établir, offrirait bien des avantages réels pour la conservation de la paix. Veuillez interroger d'urgence là-dessus lord Salisbury. S'il est effectivement de l'avis qu'à Berlin on lui attribue, je proposerais, pour éviter de donner à l'entente à trois le caractère d'une coalition contre la France, que chacun des deux Cabinets donne comunication des notes du 12 février séparément et dans la forme qu'il jugerait la plus convenable. J'attacherais beaucoup de prix à une réponse immédiate.

528

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 18 febbraio 1887, ore 12,40.

Si la suppression d'une mention explicite de Tunis dans l'accord italo-allemand n'est, aux yeux du Cabinet de Berlin, qu'une question de forme, il y aurait pour nous avantage, en vue d'embrasser toutes les éventualités, à supprimer également la mention de Tripoli et du Maroc, en disant simplement «sur les territoires nord-africains vers la Méditerranée», au lieu de dire «sur les territoires nord-africains soit du vilayet de Tripoli, soit de l'Empire marocain». Je vous prie d'en faire la proposition, mais à la condition bien entendu, qu'il n'y ait pas de ce chef retard à conclure.

527 1 T. s.n. del 17 febbraio.

529

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Londra, 18 febbraio 1887, ore 22 (per. ore 0,20 del 19 ).

Lord Salisbury est en effet d'avis qu'il faudrait informer le Gouvernement austro-hongrois de l'échange de notes du 12 courant, mais afin de mieux garder le secret il préférerait de lui communiquer seulement la substance. Si toutefois V.E. exprimait le désir de lui communiquer le texte des notes il n'aurait point des difficultés à en faire autant. En attendant il va télégraphier à son ambassadeur à Vienne de donner au comte Kalnoky communication secrète de la substance.

530

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA1

D. 182. Roma, 18 febbraio 1887.

In questi ultimi giorni ebbi dalla S.V. parecchi telegrammi relativi al lento ed incerto procedere dei negoziati che, per la definizione della questione bulgara, si sono costì intrapresi sotto gli auspici della Sublime Porta. In altro telegramma, poi, ella accennava a voci secondo le quali la Russia, impaziente del lungo indugio, si accingerebbe, acquiescente la Turchia, e con la speranza di ottenere altresì l'acquiescenza d'altre potenze, ad una temporanea occupazione del Principato.

Queste erano voci. Ma il telegramma che da lei mi è giunto stamane ha gravità assai maggiore 2 .

Il mustesciar del ministero degli affari esteri (così ella mi telegrafa) venne ieri sera all'ambasciata, dicendo che i negoziati bulgari non progredivano, e che la Russia sembrava decisa ad una occupazione, rispetto alla quale, tenendosi forse già sicura del consenso della Germania, si accingerebbe a ricercare anche il concorso dell'Austria-Ungheria. Artin effendi la richiedeva di manifestargli, intorno a codeste emergenze, la sua opinione. La S.V. assai opportunamente rispondeva parerle poco probabile che l'Austria-Ungheria fosse per consentire ad una occupazione russa in Bulgaria; dovere, in ogni modo, importare assai alla Sublime Porta di attenersi al Trattato di Berlino e di non ammettere che la questione bulgara sia risoluta all'infuori del concerto europeo. E per quanto concerne l'Italia, la S.V. ricordava con ragione essere la nostra cooperazione acquisita a qualsivoglia soluzione che sia conterminata entro i limiti del Trattato di Berlino, mentre essa più noi sarebbe di

fronte ad accordi separati che derogassero a quel trattato, e tale sarebbe il caso d'una occupazione russa non consentita da tutte le Potenze.

Mi affrettai, col telegramma di stamane 3 , a significarle la mia piena approvazione per il linguaggio da lei tenuto al mustesciar del Ministero degli affari esteri. Nel telegramma stesso volli, ancora una volta, esprimere in termini ben precisi il mio pensiero, acciò ella potesse averne norma nel discorrerne coi ministri del sultano. Se la Sublime Porta non è ripugnante ad aprire le porte dell'Impero ad un esercito straniero, se non vede le gravi complicazioni che un simile intervento, contrario alla lettera non meno che allo spirito del Trattato di Berlino, può apprestarle, a noi non rimane che riservarci, a nostra volta, intera libertà di giudizio, salvo a prendere consiglio, secondo le circostanze, dal nostro proprio interesse.

530 1 Ed. in LV 69, p. 86. 2 Cfr. n. 524.

531

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ 1

D. 721. Roma, 18 febbraio 1887.

Con rapporto del 28 gennaio, n. 8742 , la S.V. svolgendo più minutamente concetti espressi nel suo telegramma del 29 gennaio\ espone quale dovrebbe, secondo il suo avviso, essere ormai il nostro programma d'azione verso l'Abissinia.

Movendo da questo duplice concetto -essere per il momento necessità ineluttabile il nostro concentramento a Massaua, ma, d'altra parte, siffatto concentramento dovere essere provvedimento temporaneo se non si voglia, politicamente ed economicamente, ferire a morte la nostra posizione nel Mar Rosso-la S.V. riesce ad una precisa conclusione, enunciata con le seguenti parole: «Ritengo si presenti una sola via da battere, prendere una pronta e definitiva rivincita».

Per raggiungere codesto intento, la S.V. suggerisce i mezzi seguenti:

l) invio immediato di un vero corpo di spedizione, di otto o dieci mila uomini, oltre i primi rinforzi chiesti anteriormente ai fatti del 25 e del 26 gennaio;

2) alleanza effettiva con le tribù indigene con le quali già abbiamo relazioni d'amicizia, e che, stando attorno all'Abissinia dalla parte del nord, dovrebbero, nel momento opportuno, muovere all'attacco in quella direzione;

3) cooperazione dei ribelli sudanesi, nel senso che i dervisch condotti da Osman Digma debbano muovere da Kassala verso Adua, nel tempo stesso i mahdisti, attualmente concentrati a Metamma, muoverebbero verso Gondar;

2 Cfr. n. 459.

3 Cfr. n. 459, nota 4.

4) insurrezioni da provocarsi in Abissinia stessa, e segnatamente nell'Hamassen.

Risultato pratico e permanente della nostra azione militare dovrebbe essere l'occupazione del Bogos, e fors'anche di Asmara, in guisa da creare attorno a Massaua una zona nostra, che ci apra libera la via verso il Sudan orientale, e riduca all'impotenza l'Abissinia, con la quale sono oramai dimostrati impossibili (così ella pensa) rapporti d'amicizia, od anche solo di tranquilla e dignitosa vicinanza.

La S.V., poi, intravede, all'infuori di codesto risultato concreto, anche un più importante vantaggio d'ordine morale, consistente nell'influenza che, mercé la nostra posizione dominante nell'altipiano etiopico, largamente se ne diffonderebbe nell'Africa intera.

L'enunciazione sola di questi concetti, che mi sembra di avere fedelmente riprodotto dalla relazione di lei, basta a dimostrare quanti e quanto gravi problemi militari, economici e politici si racchiudano nel programma da lei additato.

Non mi farò a trattare l'argomento nelle sue attinenze d'indole militare. Da questo punto di vista, che spetterebbe essenzialmente al mio collega della guerra, mi basta solo di ricordare l'enorme sforzo e l'enorme dispendio della spedizione inglese in Abissinia, compiutasi in un tempo nel quale il Reame etiopico era ben !ungi dall'aver raggiunto, politicamente e militarmente, la potenza che attualmente possiede.

E neppure mi soffermerò a discorrere di considerazioni economiche, le quali, di fronte a quelle d'altra natura che ora s'impongono alla nostra sollecitudine, possono lasciarsi in seconda linea, quantunque giovi di non dimenticare che, nel promuovere l'impresa di Massaua, e nel giustificarla agli occhi del Paese, fu costantemente, e quasi esclusivamente, invocato il beneficio che poteva ridondarne ai nostri commerci ed alle nostre industrie.

Ma, anche conterminata nel campo politico e diplomatico la questione si presenta irta di difficoltà non lievi, tali da meritare severo e pacato esame.

Anzitutto, pongo come concetto fondamentale che, se dobbiamo accingerci ad una campagna in Abissinia, questa deve essere preordinata e condotta con mezzi così sicuramente efficaci e potenti da escludere ogni più remota contingenza di insuccesso. La storia ricorda alternate vicende di trionfi e di disastri militari, nelle quali vincitori e vinti ebbero pari l'onore delle armi; e, quantunque mi batta in petto cuore d'italiano e di soldato, ben posso concepire, senza vergogna per il Paese, tal giorno in cui non arrida fortuna alla nostra bandiera. Ma, se una nostra volontaria impresa in Abissinia non avesse la pienezza della vittoria, io stimo che sarebbe più d'una amara sventura, sarebbe fatale evento, che lungamente peserebbe sull'Italia.

Una spedizione in Abissinia non è quindi opera prudente se non si adoperino mezzi nostri -soldati, navi, danaro, -in così immensa copia che eliminino ogni alea o pericolo, o se, assieme con più limitati mezzi nostri, non si ricorra a quei sussidii di alleanze e cooperazioni varie a cui la S.V. stessa accenna. In altre parole,

o dobbiamo addirittura consacrare alla impresa abissina buona parte dei nostri apprestamenti militari e finanziarii, mentre si agitano in Europa questioni gravissime dalle quali dipende forse l'avvenire del nostro Paese, o dobbiamo impigliarci nel dedalo intricato e mal fido delle alleanze africane.

Né codeste alleanze si presentano così agevoli e semplici, come la S.V. parrebbe giudicarle.

Ben sa la S.V. quali e quante diffidenze abbiano suscitato, da parte dell'Inghilterra, le innocue ed oneste relazioni di commerci e di reciproco buon vicinato che avemmo, in questi ultimi tempi cogli habab, i tamariam, i beni amer e le altre tribù finitime coi nostri presidii. Non sarebbe certo facile còmpito l'indurre il Gabinetto di Londra a vedere favorevolmente una cooperazione effettiva di quelle tribù contro l'Abissinia, che il Governo britannico persiste a considerare come antemurale contro l'espansione della rivolta sudanese. Ma che penserebbe, che direbbe il Governo della regina se, ad un tratto, divenissero nostri alleati quei partigiani di Osman Digma che tennero in iscacco le truppe inglesi a Suakim, quei dervisch che espugnarono Kassala *per cui l'Inghilterra stessa implorava da ogni parte soccorso*, quei mahdisti che in Nubia, a El-Obeid e a Kartoum, inflissero i più fieri colpi che il nome britannico abbia patito in questi ultimi anni?

La S.V. parla che di alleati da ricercarsi nella stessa Abissinia, di malumori serpeggianti nell'Hamassen contro ras Alula, di capi insofferenti della tirannia del negus. Ed io voglio ora aggiungere, come cosa astrattamente concepibile, anche un efficace aiuto da parte di quel re Menelik che apparve finora nostro amico, e che, dopo la fortunata impresa nell'Harrar e la vasta espansione dei suoi dominii tra i galla, può più facilmente sentirsi tratto a scuotere l'alta sovranità di re Johannes. Ma anche queste combinazioni, rese incerte e difficili dalle mal note disposizioni dei ras etiopi e dello stesso re Menelik, che più d'una volta, e ancora in lettere sue del settembre, che ho sott'occhio si dichiarava fedele vassallo del negus, non possono, data la migliore delle ipotesi, riuscire a pronta conclusione. Le enormi distanze e le deficienti comunicazioni sono ostacolo che sfugge ad ogni sforzo e al quale conviene di necessità piegarsi.

Queste considerazioni, che qui venni succintamente esponendo, le danno ampia e chiara ragione della conclusione a cui, per ora, venne il R. Governo, e che le fu significata col telegramma del 2 febbraio 4•

Una immediata impresa contro l'Abissinia ci sembrò impossibile, sia perché le condizioni politiche in Europa ci avrebbero vietato di distrarre per codesto scopo una troppo grande parte dei nostri mezzi militari, sia perché quegli altri espedienti di alleanze e di aiuti locali, quando pure si chiarissero possibili, non sono suscettibili di sollecita attuazione. Di guisa che ogni nostra deliberazione, avente per obiettivo una campagna in Abissinia, necessariamente ci condurrebbe assai oltre quella stagione nella quale gli elementi stessi vieterebbero le operazioni militari, e la spedizione, interrotta a mezzo, non farebbe che ingigantire le difficoltà d'ogni maniera nelle quali si travagliano in estate i nostri presidii africani.

Miglior consiglio ci parve differire ogni risoluzione definitiva, e !imitarci a quanto fosse richiesto per premunire contro ogni pericolo Massaua e la zona fortificata che sta attorno. A ciò hanno provveduto i miei colleghi della guerra

521 e della marina con quella ampiezza di mezzi che stimarono sufficienti ed a cui credettero adeguato il fondo di cinque milioni appositamente sancito, previo unanime voto dei due rami del Parlamento, con la legge del 6 febbraio corrente.

I mesi che stanno innanzi a noi debbono essere tempo di vigile aspettazione e d'attento studio di quello che meglio convenga fare, non solo per l'incolumità di Massaua e il suo avvenire, ma anche nell'interesse generale del nostro Paese. Per questo, che è stretto còmpito del Governo, mi affido particolarmente alla collaborazione di lei, che ha oramai esperienza di uomini e cose in codeste regioni, e che sa di poter fare assegnamento, per quanto occoresse nel frattempo, sopra quella maggior copia di mezzi che ella stimasse proporzionata ai bisogni, secondo il preciso programma tracciato nel mio telegrama del 2 febbraio, il tenore del quale fu concordato col mio collega, il ministro della guerra.

Per tutto quanto possa giovare alla più sicura attuazione di codesto programma, così in uomini, come in armi e materiale di ogni genere, ella dovrà, naturalmente, rivolgersi al superiore Dicastero della guerra, che, non ne dubito, nulla le lascierà mancare di quanto ella sarà per richiedere 5 .

530 3 T. 124, non pubblicato 531 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 48-51 e, con varianti e l'omissione del brano fra asterischi, in L V 60, pp. 80-83.

531 4 T. 67, non pubblicato.

532

L'AMBASCATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 19 febbraio 1887, ore 3 (per. ore 6).

Le secrétaire d'Etat me donne avis que, d'après un télégramme du prince de Reuss, l' Autriche accepte tels quels les mots que vous proposez d'insérer dans le Traité italo-autrichien. L'empereur Guillaume ayant déjà approuvé le Traité italo-allemand, il faudrait, pour condescendre au désir de V.E., de supprimer la mention de Tripoli et du Maroc, et d'y substituer simplement les mots «sur les territoires nord-africains, vers la Méditerranée», revenir à la charge auprès de Sa Majesté, ce qui causerait retard et pourrait peut-ètre présenter quelques difficultés. J'ai insisté en alléguant, entr'autres, que cette rédaction n'implique en réalité aucune nouvelle charge pour l' Allemagne, disposée à nous prèter son appui en cas de guerre contre la France. J'a dit aussi que le secrétaire d'Etat devant revoir l'empereur pour la signature des pleins-pourvoirs, il aura l'occasion de parler sur ce point, et d'éviter ainsi un retard. Le comte de Bismarck m'a promis d'agir de son mieux. Il croit que nous pourrons signer samedi.

531 5 Con R. 958 del 12 marzo, non pubblicato, Genè si limitò a comunicare che si sarebbe conformato alle istruzioni ministeriali; omise tutte le ulteriori considerazioni svolte sull'argomento nella minuta.

533

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

T. S.N. Roma, 19 febbraio 1887, ore 11,45.

Nos rapports avec l' Autriche-Hongrie sont tels qu'après avoir fai t connaìtre à l' Allemagne le texte des deux notes il nous serait maintenant impossible de ne faire à Vienne qu'une demi-confidence en lui communiquant simplement la substance des deux procès. Du moment donc que lord Salisbury s'en remet à moi sur ce point, ce dont je vous prie de vouloir bien le remercier, je vais télégraphier à Nigra de communiquer à Kalnoky !es deux notes avec recommandation du secret le plus absolu.

534

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 19 febbraio 1887, ore 11,55.

Après accord pris avec lord Salisbury 1 je viens d'autoriser Nigra à communiquer à Kalnoky avec recommandation du secret le plus absolu, !es deux notes échangées à Londres le 12 de ce mois 2• Lord Salisbury en fait autant de son còté. Veuillez mettre en avant, à titre de suggestion personnelle, l'idée d'insérer !es deux notes comme annexe au procès verbal d'ensemb1e que je vous ai prié de proposer pour constater la simultaneité et la connexité des trois traités qu'on va signer à Berlin.

535

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 212. Pietroburgo, 19 febbraio 1887, ore 15,45 (per. ore 17).

A l'égard du télégramme de V.E. du 18 soir\ j'ai l'honneur de lui exposer que le langage tenu par M. de Giers, tout récemment, ne laisse pas supposer une

prochaine occupation militaire russe de la Bulgarie. Cette occupation deviendrait probable seulement dans le cas de troubles graves en Bulgarie ou de invasion en Macédoine.

534 1 Cfr. n. 533. 2 Cfr. n. 51 O, nota 2. 535 1 T. !25, non pubblicato ma cfr. n. 530.

536

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 19 febbraio 1887, ore 21,50 (per. ore 0,40 del 20).

La substitution des mots «sur !es territoires nord-africains» à une désignation nominative a été acceptée. Il a été jugé superflu d'ajouter «vers la Méditerranée». Cela vaut mieux, à mon avis, carelle s'étend à l'ouest jusqu'à l'Océan Atlantique. La chancellerie allemand est déjà occupée à préparer !es trois Traités qui seront signés demain, dimanche. Le prince de Bismarck signera lui-mème. J'ai préparé le projet de procès-verbal et je viens de le faire soumettre à l'approbation du chancelier. J'ai en mème temps fait la suggestion personnelle que !es notes échangées à Londres le 12 de ce mois fussent insérées comme annexe à ce procès-verbal 1 ; mais je doute fort que le Cabinet de Berlin y consente. Il exerce bien son ròle d'honnète courtier, mais ne voudrait point, par sa signature au procès-verbal, avoir l'air de prendre une position plus accentuée. Veuillez m'autoriser à expédier à Rome l'attaché militaire. Il apporterait !es trois Traités et rapporterait !es ratifications. Pour expliquer son absence, il la motiverait par des affaires de famille. C'est par erreur que j'avais télégraphié samedi, au lieu de dimanche, pour la signature des actes.

537

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALLE AMBASCIATE A BERLINO E A LONDRA E ALLE LEGAZIONI A MADRID E A TANGERI

T. 130. Roma, 20 febbraio 1887, ore 14, 15.

Le ministre d'Angleterre me di t que lord Salisbury pense qu'il vaut mieux de charger nos représentants respectifs à Tanger de rédiger, sauf approbation de leurs Gouvernements, la note collective destinée au Gouvernement marocain. Lord Salisbury demandant notre avis, j'ai répondu que je n'avais aucune difficulté à autoriser le ministre du roi à Tanger à se concerter, à cet effet, avec ses collègues.

(Per Tangeri) C'est ce que je fais par le présent télégramme. (Per gli altri) C'est ce que je viens de faire par un télégramme adressé à M. Sco vas so.

536 1 Cfr. n. 534.

538

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 20 febbraio 1887, ore 20,50 (per. ore 0,20 del 21).

Aujourd'hui, vers trois heures de l'après-midi, a eu lieu chez le chancelier la signature des trois Traités, dont le texte est conforme avec ce qui avait été convenu avec V.E. Le prince de Bismarck approuvait entièrement mon projet de procès verbal, dont je chiffre la teneur dans un télégramme à part 1 , mais il fallait s'assurer, à la dernière lìeure, du consentement du plénipotentiaire autrichien et Son Altesse m'avait prié de le pressentir à cet effet, en m'autorisant à déclarer qu'en sa qualité de plénipotentiaire allemand il y donnait pleine et entière adhésion. L'ambassadeur d'Autriche, après avoir pris connaissance de ce projet, m'a dit qu'il n'hésiterait pas à le signer, mais qu'avec un chef aussi méticuleux que le comte Kalnoky, il croyait nécessaire de solliciter au préalable son agrément. C'est ce qui sera fait dans le courant de la journée. En attendant, le prince de Bismarck et moi, nous avons signé le procès-verbal en le laissant ouvert pour la signature en suspens. Pour le motif indiqué dans mon télégramme d'hier 2 , Son Altesse a jugé préférable de ne pas donner suite à la suggestion d'insérer, comme annexe au procès-verbal, !es notes échangées le 12 courant à Londres. J'ai vivement remercié Son Altesse pour son action décisive pour amener une conclusion avec l'Autriche. Pour se rendre compte des résultats que vous avez obtenus, il faut se reporter au point de départ. Il y a eu un progrès très sensible, dont nous saurons tirer profit si !es événements s'y prètent et si V.E. reste au pouvoir. C'est mon meilleur souhait, c'est aussi celui du chancelier qui se réjouit beaucoup de ce que !es dernières nouvelles parvenues directement de Rome au Département des affaires étrangères indiquaient que !es chances tournaient en ce sens.

539

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 20 febbraio 1887, ore 21 (per. ore l del 21).

Voici le texte du procès-verbal en suspens: «Les soussignés viennent de procéder à la signature d'un traité additionnel prolongeant la durée du traité d'alliance conclu à Vienne le 20 mai 1882. Il a été signé en mème temps un Traité séparé entre l'Ita1ie et l' Allemagne et un Traité séparé entre l'ltalie et l' Autriche-Hongrie. Ces deux derniers actes, quoique distincts, ne répondent pas moins à l'esprit général de l'accord

538 1 Cfr. n. 539. 2 Cfr. n. 536.

précité de 1882 car aujourd'hui comme alors, les trois Monarchies visent essentiellement au maintien de la paix. La simultanéité des signatures apposées aux traités en date de ce jour démontre cette entente d'ensemble entre les Gouvernements respectifs, et les soussignés se plaisent à le constater en signant le présent et unique procès-verbal».

540

SECONDO TRATTATO DI ALLEANZA1 TRA ITALIA, AUSTRIA-UNGHERIA E GERMANIA

Berlino, 20 febbraio 1887.

Leurs Majestés le roi d'Italie, l'empereur d'Allernagne, roi de Prusse, et l'empereur d'Autriche, roi de Bohème etc. et roi apostolique de Hongrie, animés du désir de maintenir les liens établis entre leurs Etats et leurs Gouvernements par le Traité conclu à Vienne le 20 mai 1882, ont résolu d'en prolonger la durée au moyen d'un Traité additionnel et ont, à cet effet, nommé pour leurs plénipotentiaires, savoir:

Sa Majesté le roi d'Italie, le sieur Edouard comte de Launay, son ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire près Sa Majesté l'empereur d' Allemagne, roi de Prusse, Sa Majesté l'empereur d'Allemagne, roi de Prusse, le sieur Othon prince de Bismarck, son président du conseil des ministres de Prusse, chancelier de l'Empire,

Sa Majesté l'empereur d'Autriche, roi de Bohème etc. et roi apostolique de Hongrie, le sieur Emeric comte Széchényi de Sarvari Felso-Vidék, chambellan et conseiller intime actuel, son ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire près Sa Majesté l'empereur d'Allemagne, roi de Prusse,

lesquels, munis de pleins-pouvoirs, qui ont été trouvés en bonne et due forme, sont convenus des arti cles suivants:

Art. I.

Le Traité d'alliance conclu à Vienne le 20 mai 1882 entre les Puissances signataires du présent Traité additionnel, est confirmé et conservé en vigueur dans toute son étendue jusqu'au 30 mai 1892.

Art. II.

Le présent traité sera ratifié et les ratifications en seront échangées à Berlin dans le délai de quinze jours, ou plus tòt si faire se peut. En foi de quoi les plénipotentiaires respectifs ont signé le présent Traité additionnel et y ont apposé leur cachet.

TRATTATO SEPARATO TRA L'ITALIA E L'AUSTRIA-UNGHERIA

Berlino, 20 febbraio 1887.

Leurs Majestés le roi d'Italie, et l'empereur d' Autriche, roi de Boheme etc. et roi apostolique de Hongrie, jugeant opportun de donner quelque développement au Traité d'alliance signé à Vienne le 20 mai 1882 et dont la prolongation a été stipulée aujourd'hui par un acte additionnel, ont résolu de conclure un traité séparé qui tienne toujours mieux compte des intérets réciproques de leurs Etats et de leurs Gouvernements, et on à cet effet nommé pour leurs plénipotentiaires, savoir:

Sa Majesté le roi d'Italie, le sieur Edouard comte de Launay, son ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire près Sa Majesté l'empereur d'Allemagne, roi de Prusse;

Sa Majesté l'empereur d'Autriche, roi de Boheme etc. et roi apostolique de Hongrie, le sieur Emeric comte Széchényi de Sarvari Felso-Vidék, chambellan et conseiller intime actuel, son ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire près Sa Majesté l'empereur d'Allemagne, roi de Prusse;

lesquels, munis de pleins-pouvoirs trouvés en bonne et due forme, sont convenus des arti cles suivants: Art. I.

Les hautes parties contractantes, n'ayant en vue que le maintien, autant que possible, du statu quo territorial en Orient, s'engagent à user de leur influence pour prévenir toute modification territoriale qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires du présent Traité. Elles se communiqueront tous !es renseignements de nature à s'eclairer mutuellement sur leurs propres dispositions, ainsi que sur celles d'autres Puissances.

Toutefois dans le cas où, par suite des événements, le maintien du status quo dans !es régions des Balkans ou des còtes et iles ottomanes dans l'Adriatique et dans la mer Egée deviendrait impossible, et que, soit en conséquence de l'action d'une Puissance tierce, soit autrement, l'Autriche-Hongrie ou l'Italie se verraient dans la nécessité de le modifier par une occupation temporaire ou permanente de leur part, cette occupation n'aura lieu qu'après un accord préalable entre les deux susdites Puissances, basé sur le principe d'une compensation réciproque pour tout avantage territorial ou autre que chacune d'elles obtiendrait en sus du statu quo actuel, et donnant satisfaction aux intérets et aux prétentions bien fondées des deux parties.

Art. II. Les hautes parties contractantes se promettent mutuellement le secret sur le contenu du présent Traité. Art. III. Le présent Traité entrera en vigueur dès le jour de l'échange des ratifications et le restera jusqu'au 30 mai 1892. Art. IV. Les ratifications en seront échangées à Berlin dans un délai de quinze jours ou plus tòt si faire se peut. En foi de quoi !es plénipotentiaires respectifs ont signé le présent Traité et y ont apposé leur cachet.

TRATTATO SEPARATO TRA L'ITALIA E LA GERMANIA

Berlino, 20 febbraio 1887.

Leurs Majestés le roi d'Italie et l'empereur d' Allemagne, roi de Prusse, voulant, dans un esprit de bonne entente mutuelle, resserrer de plus en plus !es liens déjà établis entre leurs Etats et leurs Gouvernements par le Traité d'alliance conclu à Vienne le 20 mai 1882 et dont la prolongation vient d'etre signée aujourd'hui, ont résolu de stipuler un traité séparé qui réponde toujours davantage aux circonstances présentes, et ont, à cet effet, nommé pour leurs plénipotentiaires, savoir: Sa Majesté le roi d'Italie: le sieur Edouard, comte de Launay, son ambassadeur extraordinaire et plénipotentiaire près Sa Majesté l'empereur d'Allemagne, roi de Prusse; Sa Majesté l'empereur d'Allemagne roi de Prusse: le sieur Othon, prince de Bismarck, son président du Conseil des ministres de Prusse, chancelier de l'Empire, lequels, munis de pleins-pouvoirs qui ont été trouvés en bonne et due forme, sont convenus des arti cles suivants:

Art. I.

Les hautes parties contractantes, n'ayant en vue que le maintien, autant que possible, du statu quo territorial en Orient, s'engagent à user de leur influence pour prévenir, sur !es còtes et ìles ottomanes dans la mer Adriatique et dans la mer Egée, toute modification territoriale qui porterait dommage à l'une ou à l'autre des Puissances signataires du présent Traité. Elles se communiqueront à cet effet tous !es renseignements de nature à s'éclairer mutuellement sur leurs propres dispositions, ainsi que sur celles d'autres Puissances.

Art. II.

Les stipulations de l'art. I ne s'appliquent d'aucune manière à la question égyptienne, au sujet de laquelle !es hautes parties contractantes conservent respectivement leur liberté d'action, eu égard toujours aux principes sur lesquels reposent le présent Traité et celui du 20 mai 1882.

Art. III.

S'il arrivait que la France fit acte d'étendre son occupation ou bien son protectorat ou sa souveraineté, sous une forme quelconque, sur !es territoires nord-africains2, et qu'en conséquence de ce fait l'Italie crùt devoir, pour sauvegarder sa positions dans la Méditerranée, entreprendre elle-meme une action sur lesdits territoires nord-africains, ou bien recourir, sur le territoire français en Europe, aux mesures extremes, l'état de guerre qui s'en suivrait entre l'ltalie et la France constituerait ipso facto, sur la demande de l'Italie et à la charge commune des deux alliés, le casus foederis avec tous !es effets prévus par !es articles II et V du susdit Traité du 20 mai 1882, comme si pareille éventualité y était expressément visée.

Art. IV. Si les chances de toute guerre entreprise en commun contre la France amenaient l'Italie à rechercher des garanties territoriales à l'égard de la France pour la sécurité des frontières du Royaume et de sa position maritime, ainsi qu'en vue de la stabilité de la paix, l' Allemagne n'y mettra aucun obstacle et, au besoin et dans une mesure compatible avec les circonstances, s'appliquera à faciliter les moyens d'atteindre un semblable but. Art. V. Les hautes parties contractantes se promettent mutuellement le secret sur le contenu du présent Traité. Art. VI. Le présent Traité entrera en vigueur dès le jour de l'échange des ratifications et le restera jusqu'au 30 mai 1892.

Art. VII. Les ratifications en seront échangées à Berlin dans un délai de quinze jours ou plus tòt si faire se peut. En foi de quoi les plénipotentiaires respectifs ont signé le présent Traité et y ont apposé leur cachet.

PROTOCOLLO FINALE TRA L'ITALIA, L'AUSTRIA-UNGHERIA E LA GERMANIA

Berlino, 20 febbraio 1887.

Les soussignés viennent de procéder à la signature d'un Traité additionnel prolongeant la durée du Traité d'alliance conclu à Vienne le 20 mai 1882.

Il a été signé en meme temps un traité séparé entre l'Italie et l' Allemagne et un traité séparé entre l'Italie et l'Autriche-Hongrie. Ces deux demiers actes, quoique distincts, ne répondent pas moins à l'esprit général de l'accord précité de 1882, car aujourd'hui comme alors les trois Monarchies visent essentiellement au maintien de la paix.

La simultanéité des signa tures apposées aux traités en date de ce jour démontre cette entente d'ensemble entre les Gouvernements respectifs, et les soussignés se plaisent à le constater en signant le présent et unique procès-verbal.

540 1 Ed. in MARTENS, tomo X, n. 12: GP, vol. IV, nn. 858-859 (con l'eccezione del trattato separato itala-austriaco) e in A. F. Pribram, The Secret Treaties of Austria-Hungary 1879-1914, vol. I, Texts of the Treaties and Agreements, New York, H. Fertig, 1967, pp. 104-114.

540 2 MARTENS e PRIBRAM pubblicano la versione contenente ancora la specificazione: «soit du vilayet de Tripoli, soit de l'Empire marocain».

541

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 20 febbraio 1887.

En me référant à mes deux télégrammes de cette après-midi 1 , et conformément à l'autorisation de V.E., je confie au chevalier comte de Robilant, attaché militaire

541 Cfr. nn. 538 e 539.

à cette ambassade, lequel partira demain pour Rome, les trois exemplaires des Traités, destinés à l'Italie. Je n'ai pas besoin de mentionner qu'il faudra deux ratifications royales à échanger pour le renouvellement de l'alliance conclue à Vienne en 1882, une ratification du roi pour le Traité italo-allemand, et enfin une ratification de Sa Majesté pour le Traité italo-autrichien. Il est convenu que ces ratifications devront étre échangées à Berlin dans le délai de 15 jours, ou p1us tòt si faire se peut.

V.E. aura remarqué que les Hautes Parties contractantes des Traités séparés se promettent mutuellement le secret sur le contenu de ces Traités. C'est sur ma demande qu'il a été omis de s'engager explicitement à garder aussi le secret sur l'existence de ces accords. Il peut y avoir avantage à ce qu'il transpire dans le public qu'il s'est établie une ligue pour le maintien de la paix. Le prince de Bismarck partageait mon avis; il attachait d'ailleurs plus d'importance au fait méme de l'existence de ces Traités qu'à leur contenu, pour exercer un salutaire effet sur qui aurait l'arrière-pensée de troubler la tranquillité générale.

Nous voici donc au terme d'une longue et laborieuse négociation. J'ai vivement remercié le chancelier de son action décisive pour venir à bout des hésitations de l'Autriche. Un des arguments dont il s'est servi, c'est de rappeler à cette Puissance qu'illui avait en quelque sorte laissé carte bianche lorsqu'elle négociait le Traité de 1882, et qu'il avait à son tour quelque titre à invoquer une égale condescendance maintenant que les pourparlers étaient concentrés à Berlin. En présence de Son Altesse, j'ai donné !es éloges !es mieux mérités au secrétaire d'Etat qui n'avait pas cessé un seui instant de se montrer aussi actif qu'intelligent et plein de bonne volonté. Le prince ne pouvait trouver un meilleur interprète, une meilleure collaboration.

Dans la matinée, la nouvelle arrivait directement au Département des affaires étrangères, que !es chances de vous voir conservé parmi 1es conseillers de la Couronne, s'étaient accrues. Le prince de Bismarck en témoignait une vive satisfaction, et espérait bien qu'il en serait ainsi, surtout après la signature des actes importants et historiques qui portent la date de ce jour.

J'ai répondu que, dans l'intérét du roi et du Pays, je ne pouvais que m'associer à ce t espoir.

Personne n'est mieux à méme que V.E. de se rendre compte des résultats obtenus gràce à votre habile direction. Le casus foederis contre la Russie a été écarté. C'était une bien lourde charge, et il eùt été assez malaisé de la faire accepter par certains courants de notre opinion publique, peu ou point disposés à se préter à une guerre éventuelle pour des convenances qui sembleraient trop exclusivement autrichiennes. Nous avons stipulé certaines garanties pour le cas où le statu quo deviendrait impossible dans !es Balkans, vers !es còtes et ìles ottomanes dans l'Adriatique et dans la Mer Egée. Nous nous sommes prémunis contre de nouveaux envahissements de la France sur !es territoires nord-africains, désignation qui embrasse aussi la Régence de Tunis, pour l'éventualité où la France voudrait y changer en souveraineté territoriale son protectorat actuel. En cas de conflit, nous ne resterions donc pas isolés pour la sauvegarde de notre position méditerranéenne. En outre, si !es chances de toute guerre entreprise en commun contre la France, nous amenaient à rechercher des compensations territoriales à l'égard de la France, l'Allemagne n'y mettra aucun obstacle, et au besoin, et dans une mesure compatible avec les circonstances, s'appliquera à faciliter les moyens d'atteindre un semblable but. Nous savons qu'au fait et prendre, ces compensations ne nous seront pas marchandées d'ici, et que si le Cabinet de Berlin ne s'explique pas d'une manière plus catégorique, c'est qu'il ne veut pas, pour me servir d'un proverbe, vendre la peau de l'ours avant de l'avoir mis par terre.

Pour mieux apprecier la distance que nous avons franchie, il convient de se reporter au point de départ. En 1882, malgré nos efforts, il a fallu se contenter d'un minimum. Nous courions après une alliance qui ne nous était pas offerte. En 1887, il est attaché plus de valeur au concours de l'Italie. V otre présence au pouvoir inspire une entière confiance, et en tient compte, à Berlin surtout, dans une bien autre mesure, des propositions que nous étions invités à formuler nous-memes, lorsqu'on s'apercevait que nous tardions à en prendre l'initiative, que nous n'y mettions aucun empressement. L'accord est renouvelé, et a reçu un complément de correspectifs qui répondent mieux aux circonstances et à ce que nos propres conditions réclament. Si l'on met en regard de ces stipulations, !es notes échangeés à Londres le 12 février, qui se concilient avec !es actes signés à Berlin, cet ensemble constitue un progrès très notable dans nos relations avec !es deux Empires et avec l'Angleterre. V.E. en restant au pouvoir, et pour peu que !es événements s'y pretent, aura l'occasion d'en tirer parti en faveur du roi et de l'Italie, et si un jour nous entrons en !ice, nous saurons, je n'en doute point, tenir bravement et dignement notre piace.

542

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 20 febbraio 1887.

Aujourd'hui, dans la réunion des plénipotentiaires, la conversation devenait assez malaisée, car le comte Széchényi avait été tenu à l'écart des pourparlers. Hier seulement il recevait de Vienne ses pleins pouvoirs, en meme temps que le texte du Traité pour le renouvellement de l'alliance et de l' Accord séparé entre nous et l'Autriche-Hongrie. Ayant moi-mème préparé la minute et coordonné et collationné !es articles, je répondais, quand le chancelier nous demandait s'il fallait en donner lecture, que c'était superflu en ce qui me concernait, car je savais le tout par coeur. Mon collègue d' Autriche a désiré une vérification, qu'il sui vai t mot par mot sur l'exemplaire qu'il avait sous !es yeux. Il n'a pas été jugé à propos de lui soumettre le texte de notre traité séparé avec l' Allemagne.

J'ai profité d'un moment où le secrétaire d'Etat causait avec lui, pour dire quelques mots au prince de Bismarck sur nos récents pourparlers à Londres. Ainsi que je vous l'avais télégraphié le 17 février:

«D'après la manière de voir de lord Salisbury, entièrement partagée par Son Altesse, il serait très utile qu'il fUt donné confidentiellement connaissance au Cabinet de Vienne des notes échangées à Londres le 12 de ce mois. Si V. E. est également de cet avis, il conviendrait de nous entendre avec lord Salisbury sur la forme de cette communication. L'Autriche est, comme l'Italie et l' Angleterre, interessée dans la question, et une entente à trois, si on parvient à l'établir, offrirait de réels avantages pour la sauvegarde de la paix. C'est ce que le secrétaire d'Etat vient de me dire».

En date du 19, V.E. m'informait 1 qu'après vous ètre entendu avec Jord Sa1isbury, le comte Nigra avait été autorisé à communiquer au comte Kalnoky, sous le secret le plus absolu, les deux notes précitées, et que lord Salisbury agissait de mème de son còté. Le chancelier en marquait sa satisfaction. Il savait que j'avais suggéré, à titre personnel, l'idée d'insérer ces documents comme annexe au procès verbal que j'avais également proposé. Mais, ainsi que je le prévoyais (télégramme du 19 février), il me laissait entendre qu'il préférait s'abstenir; ce qui ne J'empèche pas de désirer que, de mème qu'à l'égard de la France, il se forme une ligue de la paix pour contenir au besoin la Russie, et que l'Autriche y puise quelque encouragement de résistance. Toutefois, dans sa position spéciale, il vaut mieux que le Cabinet de Berlin ne figure pas en quelque sorte, par la signature de son plénipotentiaire au procès verbal, comme «un témoin» de l'entente italo-anglaise, ou italo-anglo-autrichienne.

543

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 21 febbraio 1887, ore 14,12 (per. ore 17,45).

J'apprends de source très sure que, vu la réserve que V.E. démontrait au début des pourparlers à Londres, Salisbury s'est borné à communiquer comme nous à Vienne les notes échangées le 12 courant, mais il ne demanderait pas mieux que d'inviter le Cabinet autrichien à s'associer à l'entente si nous étions disposés à faire, en mème temps, de notre còté, une semblable invitation. Les trois Puissances ont des intérèts communs a sauvegarder dans la Mer Noire et les Détroits, la Turquie ne manquerait pas de se joindre à elles. Ce serait une ligue pacifique pour contenir la Russie, de mème qu'il existe une ligue pacifique contre la France.

544

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Vienna, 21 febbraio 1887, ore 14,20 (per. ore 16,50).

L'empereur, que j'ai rencontré hier au soir, m'a dit qu'il avait pris connaissance avec grande satisfaction des notes échangées entre l'Italie et l'Angleterre. Il m'a dit aussi qu'il ne croyait pas à une occupation russe en Bulgarie.

542 1 Cfr. n. 534.

545

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

T. 223. Suakin, 21 febbraio 1887, ore 17 (per. ore 17,40).

Massaua, 20 febbraio 1887. N. 87. *Profite khédiviale. Annoncer* Salimbeni retourne demain Asmara, porteur réponse à ras Alula, disant, sans relever autres questions, s'il veut réellement paix, qu'il délivre et renvoye Massaua Salimbeni et compagnons; impossible parler paix, pendant qu'ils sont prisonniers. Je confirme que ras Alula désire reprise commerce mais principalement recevoir armes et munitions de guerre; que combat Dogali fit impression très grande Abyssinie, notre avantage; *recevrez deux télégrammes par semaine; si utile, aurais prévenue recomandation confidentielle votre télégramme 15 courant2 , mais aucune arrivée eut lieu depuis la rupture de la paix. Giava est arrivé hier. *

546

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 21 febbraio 1887.

Pendant que le chevalier Riva est en train de copier les dépèches que j'ai préparées la nuit dernière pour les confier à votre neveu, je reprends ma correspondance particulière. Nous avons enfin abouti. Vous avez très habilement manoeuvré sur l'échiquier, et vous avez certes remporté des succès bien autres que ceux de 1882 où nous nous trouvions avec un ministre des affaires étrangères qui n'était pas de votre force et qui ne jouissait que d'une très médiocre confiance à Vienne et à Berlin. Je me réfère à l'un de mes rapports d'hier soir 1 où je fais ressortir cette différence. Nous avons risqué de semer en route l'Autriche, mais en somme il vaut mieux que nous l'ayons rattrapée dans le but surtout d'assurer nos communications avec l' Allemagne en cas de guerre con tre la France. D'ailleurs il est très important que nous ayons stipulé une entente préalable comme celle indiquée à l'artide l du Traité de renouvellement de l'alliance. Les mots ajoutés à la dernière heure «pour tout avantage territorial ou autre que chacune d'elles obtiendrait en sus du statu quo actuel», ont fait taire ]es préoccupations de Kalnoky à l'égard de la Bosnie et de l'Herzégovine lors mème que, d'après les explications données par nous à Berlin, ces

2 T. confidenziale 109, non pubblicato, col quale di Robilant dava istruzioni a Gené di trattenere a Massaua preti o notabili abissini fino ad ordine del Governo. 546 1 Cfr. n. 541.

mots résument la question dans le cas où !es provinces occupées devraient devenir des annexions. Si le Cabinet de Vienne visait peut-ètre à se mettre à couvert que nous lui demandions éventuellement un jour matière à compensation dans le Trentino, elle y a réussi. Mais il est évident que ce n'est pas au moment où l'on stipule un semblable traité que nous pouvions avo,ir l'arrière-pensée de nous dédommager en sollicitant un lambeau de territoire de l'allié.

Quand on est tombé d'accord pour écarter l'obligation de garder le secret seulement sur le contenu des traités, le comte Széchényi faisait la remarque que l'Opinione était déjà entrée dans la voie des révélations. l'ai di t que ce journal n'avait pas un caractère officieux et que dès lors le Gouvernement n'avait rien à voir à ce que cette feuille publiait de son propre estoc.

Il est de fait qu'il eùt mieux valu que l'Opinione se fùt bornée à parler en termes plus généraux. C'est à propos de cet incident que le chancelier partageait mon avis qu'il n'y avait pas d'inconvénient mais qu'il y avait intérèt au point de vue du maintien de la paix, que l'existence de l'alliance à trois fùt connue du public.

Si le secret doit ètre observé sur le contenu des traités, cela est peut-ètre encore plus indispensable pour l'entente entre nous et l'Angleterre, qui-on l'espère à Londres -s'étendra aussi avec l'Autriche, ce qui entrainerait l'assentiment de la Turquie.

Le courrier auxiliaire est arrivé aujourd'hui. l'ai trouvé dans le pii à mon adresse votre lettre particulière du 15 février 2 . Je vous remercie de vos confidences sur votre position, sur les motifs qui vous ont induit à présenter vos démissions et à les maintenir si le Cabinet n'est pas constitué sur de meilleures bases vis-à-vis du Parlement. Je sais que vous ne pensez qu'au plus grand bien du roi et du Pays. J'espère que dans l'intervalle depuis la date de votre lettre, la situation s'est améliorée quelque peu, et vous permettra de conserver les rènes à la Consulta. Maintenant que les traités sont signés, il faut veiller à leur exécution et en tirer tout le parti possible; vous seulle pouvez parce que votre caractère et vos convictions offrent des garanties solides à Berlin, Vienne et à Londres. Je me range entièrement à votre avis qu'il est regrettable que dans son dernier discours au Reichstag, le chancelier n'ait pas saisi le joint pour parler avec quelque chaleur en faveur de l'Italie. Je sais que lui mème estime qu'il aurait pu dire davantage, mais il était gèné par les négociations précisément en cours, et il était retenu par un certain sentiment de discrétion. Espérons que si l'occasion se présente de nouveau il ouvrira moins !es écluses. Quant à l'affaire du Giuba, elle a été, malgré mes conseils, mal emmanchée par Mancini; puis trainée en longueur. Nous aurions dù aller résolument de l'avant sans laisser le temps à la Société allemande de l' Afrique orientale de nous devancer. Kisimayou se trouve en connexion avec cette mème question. Nous subissons les conséquences des erreurs commises au début.

Courage, cher ami, s'il y a les vents contraires, luttez contre l'orage, tenez fermement le gouvernail. Vos succès dans !es négociations à Berlin, sont d'un bon augure; il sont une excellente préparation pour affronter !es complications qui pourraient se produire plus tòt qu'on ne le pense. Je ne le désire pas, mais si elles se présentaient ce serait une diversion heureuse aux embarras intérieurs causés par les

exagérations du parlementarisme. Le principe d'autorité ne se raffermit vraiment qu'à la suite des succès militaires; or chez nous la liberté danse la sarabande, tandis que le principe d'autorité ne marche que sur des béquilles.

J'espère qu'un télégramme m'annoncera bientòt que la crise rninistérielle est terrninée, et que vous conservez votre portefeuille, à la grande satisfaction des honnètes gens, des royalistes et de vos sincères arnis parmi lesquels je m'inscris en tète de liste.

P. S. Je suis bien aise que votre neveu ai t l'occasion de vous revoir. Je ne puis que confirmer les éloges que j'en ai déjà fait. Il chasse vraiment de race, et il m'est parfaitement agréable d'avoir à cette ambassade un vrai gentilhomme. Il est très apprécié ici dans le monde militaire et dans la société.

545 1 Ed., in italiano e con l'omissione dei brani fra asterischi, in LV 60, p. 84.

546 2 Non rinvenuta.

547

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 22 febbraio 1887, ore 15,40.

Une ligue pacifique contre les envahissements éventuels de la Russie en Orient serait sans doute chose excellente, mais les notes échangées à Londres ne me paraissent pas de nature à pouvoir devenir objet d'accession de la part de Turquie. Les clauses deux et trois sont telles que, si elles étaient connues à Costantinople, ce serait la fin du monde. Quant à l'Autriche, nous estimons avoir déjà assez fait en lui communiquant le texte des deux notes, alors que Salisbury, persistant dans une réserve que nous n'avions jamais partagée, voulait le borner à donner à Vienne simple connaissance du contenu. Mais si l'Angleterre prenait maintenant l'initiative d'inviter l'Autriche à accéder à l'entente, nous n'avions aucune difficulté à nous associer à une pareille démarche. Vous pouvez dire tout ceci au personnage qui vous a fait la confidence. Ce personnage me paraìt mediocrement renseigné. Si

V.E. n'est pas engagé au secret, il me serait peut-ètre utile d'apprendre son nom.

548

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 22 febbraio 1887, ore 20,30 (per. ore 1,10 del 23).

Je suis on ne peut plus touché de votre télégramme d'hier 1 . Je n'ai fait que mon devoir envers le roi et l'Italie. C'est vous, de toute manière, qui m'en avez

facilité l'accomplissement par vos instructions tracées de main de maìtre. C'est donc à vous qu'appartient le mérite du bon résultat des négociations. C'est à vous que reviennent les félicitations du plénipotentiaire de Sa Majesté ainsi que celles de votre ami tout dévoué. Le secrétaire d'Etat fera votre message au chancelier. En attendant il me charge de vous exprimer toute sa gratitude de ce que vous avez bien voulu lui faire dire si amicalement.

548 1 Non rinvenuto.

549

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, E ALL'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI

D. Roma, 22 febbraio 1887.

L'ambasciatore d'Inghilterra mi ha comunicato confidenzialmente un breve memorandum che sir R. Morier rimetteva, circa la questione bulgara, al signor di Giers fino dal 26 gennaio scorso. Questo documento, malgrado la sua data antica oramai di parecchie settimane, ha tuttavia importanza attuale; imperocché sir J. Lumley espressamente avverte essere rimasto immutato il programma del suo Governo, quale si desume dal memorandum del 26 gennaio.

Ecco, fedelmente, il contenuto del memorandum: «Sir W. White ebbe istruzioni così concepite: il Governo della regina desidera vivamente il componimento della vertenza sorta nella penisola dei Balcani. La sua azione si spiega sotto l'impero di questi tre criterii: l) il dovere suo come firmatario del Trattato di Berlino;

2) soddisfacimento dei suoi voti per la piena indipendenza e libertà del popolo bulgaro, voti conformi alla politica tradizionale della Gran Bretagna;

3) desiderio, subordinato però alla preservazione dei criterii precedenti, di dare ogni legittima soddisfazione alle aspirazioni del Governo russo.

Queste sono le istruzioni di sir W. White. A sir R. Morier è inoltre raccomandato di non perdere di vista che il Governo della regina non prenderebbe mai parte alla deposizione forzata della Reggenza bulgara, e che, in conseguenza, la sanzione unanime dell'Europa non potrebbe essere acquisita ad una nuova combinazione senza l'assenso del Governo presentemente insediato a Sofia».

Ho stimato utile di consegnare quanto precede nel mio carteggio con V.E., acciò ella abbia precisa notizia dell'atteggiamento del Gabinetto di Londra rispetto alla controversia bulgara.

550

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 892. Sofia, 23 febbraio 1887 (per. 1'8 marzo).

La Reggenza ha di nuovo ricevuto quest'oggi da Costantinopoli delle buone notizie. Secondo quanto telegrafarono i deputati bulgari pare che la Sublime Porta abbia fatto conoscere allo Zankoff che le sue proposte non potendo in modo alcuno condurre al desiderato accordo non si sarebbero proseguiti con lui ulteriori negoziati. Dopo tale comunicazione lo Zankoff domandò se avrebbe potuto lasciare Costantinopoli: ne ebbe però in risposta di non allontanarsi essendoché la di lui presenza potrebbe essere ancora necessaria. Il ministro degli esteri nel darmi queste notizie, mi lasciò intendere che il Governo sperava che si sarebbero ripresi fra non molto a Costantinopoli i negoziati interrotti, con l'intervento delle diverse ambasciate delle Grandi Potenze prendendo per base invece delle proposte dello Zankoff, la nota verbale del Governo di Sofia.

Pare che la Reggenza abbia ora in mente di non insistere sui vari particolari dell'accordo in via di stipulazione, ma di rimettere piuttosto in discussione la scelta di un candidato possibile al trono di Bulgaria. Così almeno suonano i discorsi tenuti dai reggenti ai rappresentanti delle Potenze. Codesto linguaggio potrebbe però essere dettato dallo scopo di far credere agli agenti che il Governo spera di riuscire ad una pronta soluzione, per poter meglio celare ciò che in realtà si intende di fare ove, il che pare probabile, le pratiche iniziate a Costantinopoli non conducono ad un favorevole risultato.

Si sa attualmente che i rappresentanti della Russia nelle varie capitali d'Europa si esprimono in modo ben diverso uno dall'altro intorno alla crisi bulgara. Il signor di Giers a Pietroburgo, il principe Lobanoff a Vienna ed il conte Schouvaloff a Berlino tengono un linguaggio moderato ed accennarono perfino che la Russia non sostiene lo Zankoff più della Reggenza ma che solo desidera l'accordo dei due partiti nell'interesse della pace nel Principato, ed il conte Schouvaloff andò tant'oltre da biasimare le condizioni poste dallo Zankoff per giungere alla formazione di un Governo misto. In opposizione a codesto contegno mite e diplomaticamente corretto il signor Nelidoff ambasciatore a Costantinopoli oltre che essere l'inspiratore delle proposte dello Zankoff ha personalmente insistito perché venisse imposta a Sofia la nomina di un ministro della guerra russo, ed ha preso una parte attiva ai tentativi fatti per corrompere il colonnello Nicholaieff ed il maggiore Popoff. Il signor Hitrovo poi a Bucarest fa ancor più del signor di Nelidoff, egli prepara addirittura una vera campagna di insurrezione contro il Governo del Principato.

Fra codeste correnti così diverse l'una dall'altra quale è la linea di condotta politica a cui si atterrà il Governo dello tzar? Vorrà esso seguire una politica di temperanza e promuovere un accordo con la Reggenza che permetta di ristabilire la quiete in questo travagliato Paese, ovvero vorrà giovandosi di qualsiasi mezzo e forse anche dell'opera degli ufficiali traditori, imporre la propria volontà in modo assoluto a rischio anche di far scorrere il sangue, e con la certezza di ripiombare la Bulgaria in guai e calamità senza fine? Vi è molta ragione per temere che la Russia si atterrà all'ultimo partito e che la temperanza di linguaggio di alcuni suoi agenti non abbia altro fine che di cullare in fallaci speranze la diplomazia europea.

Io non faccio che riferire quanto si dice intorno a me, convinto come sono che

V.E. conoscerà ben meglio la situazione politica per i rapporti e le informazioni delle varie ambasciate.

551

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 23 febbraio 1887.

Ti mando qui unite le copie autentiche delle note scambiate con lord Salisbury che mi chiedesti 1•

Io credo veramente che riuscimmo a fissare il Governo britannico sul maximum che poteva ottenersi nelle presenti congiunture imperocché, volendola troppo forzare, la corda avrebbe potuto spezzarsi. Né ti celerò che, una volta convenute le basi generali, affrettai quanto potei l'esecuzione dell'accordo, sia per paura che lord Salisbury potesse sfuggirmi, come il Gabinetto sembrò voler fare quando quello di Roma si dimise, sia pel vivo desiderio che questo importante atto diplomatico fosse, in ogni eventualità, compiuto dal generale Robilant. E debbo dire che lord Salisbury si prestò assai di buongrado alla soddisfazione di questo mio desiderio.

Il mio amico Goschen, assai ascoltato da lord Salisbury, mi giovò assai in questo affare. Il conte Hatzfeldt fu pure soddisfattissimo della soluzione, e quando si prese la risoluzione di comunicare le note al Governo austro-ungarico, che anch'egli fu contrarissimo all'idea di comunicargli solo la sostanza, espresse il vivo desiderio che esso venga in pensiero di partecipare all'accordo, e si riesca per tal via a riannodare le intime e positive intelligenze fra Roma e Vienna. Ma io non sono sicurissimo che lord Salisbury sarebbe disposto a fare analoga stipulazione coll'Austria-Ungheria.

Nel parlarmi ultimamente del Marocco, il conte Hatzfeldt m'osservava non bene spiegarsi il motivo per cui il R. Governo avesse freddamente accolte le manifestazioni fatte dalla Spagna per avvicinarsi a quello, allegando che, se questa non era una Potenza di prim'ordine, essa potrebbe tuttavia essere di non poca utilità in certe eventualità. Gli risposi non avere alcuna conoscenza del fatto.

Il corriere Signoroni mi portò la tua del 15 corrente 2 , per la quale ti ringrazio assai di cuore. Eppure, che vuoi? Io non credetti mai che ti lascierebbero abbandonare la Consulta in questo momento. Sarebbe come il malato che nel punto della crisi licenziasse il medico, nè il medico che ne ha intrapresa la cura può !asciarlo in

Cfr. n. 515.

538 asso. In fin dei conti, quale maggior soddisfazione al mondo che di rendere grandi servigi al proprio Paese, alla dinastia de' nostri padri? Ed il tuo nobile cuore deve sentirla. Continuerò dunque ad averti per padrone, e sia lodato Iddio.

551 1 Per il testo delle note cfr. n. 499.

552

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 24 febbraio 1887, ore 15.

M. Depretis à qui j'avais donné mon concours n'ayant pas pu réussir à constituer nouveau Ministère ayant plus large base parlementaire a du résigner entre !es mains de Sa Majesté le mandat qu'il en avait reçu. Le roi n'a pas fait connaìtre jusqu'à présent le personnage auquel il confiera la formation du Cabinet; mais je ne puis vous cacher que selon toute !es probabilités je resterai en dehors de toute nouvelle combinaison. En cet état de choses non seulement je ne puis plus faire ratifier par Sa Majesté !es traités que le capitaine Robilant m'a remis hier mais je prévois, que, vu la durée qu'aura encore la crise, une prolongation du terme pour l'échange des ratifications sera indispensable. Veuillez donc préparer le terrain à cet effet à la chancellerie d'Etat.

553

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 781 1 . Parigi, 24 febbraio 1887 (per. il 1° marzo).

Nel ricevimento ebdomadario d'ieri parlai degli affari del Marocco al signor Flourens, il quale mi disse, che di tutte le voci sparse intorno alla pretesa missione del signor Féraud, la sola vera stava nella conchiusione di un accordo per l'acquisto, per parte della Francia, di alcuni terreni appartenenti a sudditi marocchini e situati nel territorio francese sulla frontiera algerina fra i due Stati. Questa condizione di cose dava luogo a frequenti conflitti, per cui, per farli cessare, si era riconosciuta la necessità di addivenire al predetto accordo, del quale la Francia si varrà per stabilire lungo la suddetta frontiera dei blockhouses o fortini affine di impedire le scorrerie da ambe le parti. Non si è punto trattato della cessione alla Francia dell'oasi di Figuig la quale d'altronde si reputa indipendente dal Marocco e che la Francia non intende, almeno per ora, di occupare.

Queste sono le informazioni che ho potuto raccogliere per rispondere al dispaccio di V.E. del 17 corrente (serie politica, n. 1062)2. Esse sono confermate dal discorso testé pronunziato dal signor Moret nel Parlamento spagnuolo e dalle ultime notizie date dalla corrispondenza Havas. Questo ambasciatore di Germania di cui cercai d'indagare l'opinione in proposito, mi disse che non aveva ricevuto alcuna notizia o comunicazione relativa al Marocco 3 .

P. S. Dopo la compilazione di questo rapporto io ebbi l'occasione di vedere il conte Miinster, che mi confermò le precedenti notizie relative al Marocco.

553 1 Per errore questo rapporto ed il seguente recano lo stesso numero.

554

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 781 1 . Parigi, 24 febbraio 1887 (per. il 10 marzo).

Ieri al convegno ebdomadario ch'io ebbi col signor Flourens, la conversazione cadde su Massaua e sulle quistioni afferenti il Mar Rosso in generale. Quel signor ministro smentì le voci corse circa gli impacci che il console francese a Massaua, signor Soumagne avrebbe cercato di creare alla nostra occupazione. Egli mi disse che il signor Soumagne venne richiamato dietro la sua domanda già da qualche tempo inoltrata per motivi di salute, essendo egli affetto da una malattia di fegato la quale lo costringe a lasciare quel posto; accettai quelle spiegazioni per buone. Parlando poscia dell'eroico combattimento sostenuto dai nostri a Dogali, colsi l'occasione per ricordare di nuovo al signor Flourens che il generale Gené si considerava autorizzato ad occupare militarmente nei dintorni di Massaua le posizioni ch'egli credeva utili per la sicurezza di quella piazza, fra le quali Zula ed Arafali, poiché, senza voler pregiudicare alcuna quistione di sovranità, il signor de Freycinet egli stesso aveva riconosciuto il nostro diritto di occuparle per ragioni di difesa. La conversazione si volse poi sull'Egitto e particolarmente sull'abolizione delle corvées, dietro i suggerimenti dell'Inghilterra decretata dal khédive. Il signor Flourens trovava che gl'inglesi non avevano fatto esattamente i calcoli finanziarj prodotti per giustificare quella misura, ma riconosceva però che essa era imposta dalla trasformazione avvenuta nei sistemi di coltura in Egitto. Prima dell'introduzione di quella del cotone, della canna da zucchero, la corvèe era in certo modo relativamente mite, e lasciava ai fellah il tempo necessario per coltivare le proprie terre; ma ora questi sono assorbiti quasi interamente dai nuovi lavori che loro sono imposti per effetto delle nuove colture: per cui il sistema della corvée essendo divenuto intollerabile, un mutamento in esse era necessario. Non disse però che approvava il procedimento seguito dagl'inglesi.

3 Per la risposta cfr. n. 567. 554 1 Un estratto di questo rapporto è pubblicato in L'Italia in Africa. Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, pp. 52-53.

In occasione dell'Egitto e di Massaua dirò ancora che vidi il conte di Lesseps che si preoccupa assai della nostra posizione di fronte all'Abissinia, e ciò in un senso benevolo per l'Italia. Egli mi disse che, se avessimo intenzione di trattare col negus, la via più sicura per giungere a qualche risultato utile, è quella di rivolgersi, come ad intermediario, al patriarca copto al Cairo, il quale essendo capo della religione cristiana che si professa in Abissinia esercita grandissima influenza sul negus 2 .

553 2 Non pubblicato.

555

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 833. Atene, 24 febbraio 1887 (per. il 28).

Non ho ravvisata l'utilità, visto la loro minima importanza, di segnalare all'E.V. il plauso col quale è stata accolta da questi periodici la notizia dei dolorosi fatti di Sahati e Dogali e quindi delle dimissioni offerte a S.M. il Re dal Ministero. Né ho creduto tenerne discorso al signor Dragoumis in quanto che l'Hora, il solo giornale riconosciuto organo del Governo, si è sempre limitato a riprodurre i telegrammi relativi al triste caso senza il menomo commento.

Se non che, continuando il biasimo fino al punto di esprimere apertamente e con le più sconce frasi il più selvaggio giubilo per la sconfitta toccata alle armi italiane in Africa, ho profittato di una occasione propizia per chiedere al signor ministro degli esteri se siffatto atteggiamento ostile della stampa ateniese rispetto all'Italia fosse conforme ai sentimenti di una Nazione incivilita, che si dà vanto d'aver tratto il mondo dalla barbarie, ed ai veri interessi della Grecia; parlandogli sempre in forma affatto amichevole gli ho additato la funesta impressione che simili manifestazioni avevano prodotto in Italia verso la quale l'ellenismo, dopo le mie spiegazioni e dichiarazioni ampie e leali (veggasi dispaccio n. 416 1) dovrebbe invece rivolgersi con animo riconoscente e fiducioso; essere convinto che la parte eletta della Nazione non divideva una animosità altrettanto vile quanto ingiustificata; ma che intanto l'opinione pubblica dei due Paesi sarebbe certamente traviata e per opera unicamente della stampa greca.

S.E. alla quale avevo avuto cura di dichiarare che non intendevo muovere lamenti nè querimonie, ma soltanto di osservare quanta distanza corresse tra le benevoli e cordiali disposizioni del Governo del Re e le stolte declamazioni dei giornali ateniesi, non seppe nascondere la sua mortificazione e, deplorando l'irritazione dei suoi concittadini, che pur scusava per le misure coercitive esercitate dall'Italia nella scorsa primavera, condannava altamente l'atteggiamento assunto

555 1 D. 416 del 7 gennaio, non pubblicato.

dalla stampa locale, alla quale assicuravami aver già fatto esprimere tutto il ribrezzo ( dégout) onde era stato compreso.

Avendomi poi soggiunto che, per quanto fosse in suo potere, avrebbe cercato di far cessare simili sconcezze, non ho esitato a dirle che ne sarei stato felicissimo nell'interesse della Grecia più che dell'Italia 2 •

554 2 Per la risposta cfr. 568.

556

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 430. Tangeri, 24 febbraio 1887 (per. il 4 marzo).

A seconda delle istruzioni contenute nel telegramma di V.E. di data del 20 corrente 1 mi sono messo in relazione coi miei colleghi d'Inghilterra e di Spagna per formulare la nota collettiva da indirizzarsi al Governo marocchino circa l'impegno chiesto al sultano di non addivenire ad ulteriori cessioni di territorio senza il previo assenso delle tre Potenze.

Mi pregio di sottoporre all'E.V. il progetto di nota tra noi concordata, che invieremo al vizir Garnit tosto che ci pervenga l'approvazione dei nostri rispettivi Governi, riservandoci di fare presso il medesimo nuove istanze qualora, secondo le abitudini del Governo sceriffiano, la risposta si facesse tardare 2 .

ALLEGATO

I MINISTRI DI GRAN BRETAGNA, D'ITALIA E DI SPAGNA A TANGERI AL MINISTRO DEGLI ESTERI MAROCCHINO, GARNIT

PROGETTO DI NOTA. Tangeri, . . . 1887.

Aprés compliments.

Les soussignés, représentants de l'Espagne, de la Grande-Bretagne et de l'Italie, viennent de recevoir de leurs Gouvernements respectifs l'ordre de porter à la connaissance de S.M. Chériffienne que le maintien de l'indépendance et de l'intégrité territoriale de l'Empire marocain est l'objet de leur vive sollicitude.

Lesdits Gouvernements sont convaincus que le Sultan ne saurait méconnaìtre l'avantage que Sa Majesté aurait à s'assurer leur appui 3 pour arriver à ce but. Par conséquent

2 Per la risposta cfr. n. 581.

3 Annotazione soprascritta: «bons offices».

!es soussignés, agissant d'après !es instructions qu'ils ont reçues, ont l'honneur de demander, par l'entremise de V.E., que Sa Majesté s'engage formellement vis-à-vis de leurs Gouvernements respectifs à ne consentir dorénavant à aucune cession de territoire, ni à aucun arrangement territorial quelconque sans s'ètre préalablement concerté avec !es trois Gouvernements amis.

Les soussignés prient V.E. de vouloir bien leur transmettre dans le plus bref délai possible la réponse de S.M. Chériffienne afin qu'ils puissent en réferer à leurs Gouvernements.

555 2 Annotazione a margine: «Benissimo». Per la risposta, cfr. n. 569. 556 1 Cfr. n. 537.

557

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 431. Tangeri, 24 febbraio 1887 (per. il 4 marzo).

Con telegramma del 20 gennaio p.p. 1 informai V.E. come il sultano non sembrasse disposto ad addivenire alla conclusione del nuovo trattato di commercio se prima non fosse modificata la Convenzione di Madrid.

Ebbi cura, nei miei precedenti rapporti, di tenere informato codesto Ministero dell'andamento dei negoziati che si erano proseguiti a Tangeri fra i commissari del sultano da una parte, ed i ministri di Francia, di Germania e della Gran Bretagna dall'altra; non sarà tuttavia inopportuno che io li riassuma qui brevemente. Com'è noto a V.E. le relazioni commerciali tra il Marocco e gli altri Stati sono rette tuttora dalla Convenzione anglo-marocchina del 9 dicembre 1856, e dal Trattato ispano-marocchino del 20 novembre 1861; questi trattati stabiliscono: a) dei dazi doganali del 10 per cento ad valorem alla importazione; b) dei dazi specifici elevatissimi all'esportazione; c) la facoltà per il sultano di proibire l'esportazione di qualsiasi prodotto del suo Impero.

Lo stato di cose che ne è risultato è il seguente. All'importazione le merci, che in piccolo volume racchiudono gran valore come i panni fini, le seterie, i broccati, i velluti, i fili d'oro, l'ambra, il corallo, le collane e le perle ordinarie, affine di sottrarsi al dazio elevato del dieci per cento, hanno preso per la massima parte la via del contrabbando con gran pregiudizio degli importatori onesti, che si vedono chiusa intieramente la concorrenza.

Per l'esportazione, i dazi smisurati d'uscita ed il largo uso fatto dal sultano della facoltà !asciatagli dai trattati hanno costituito un sistema pressoché proibitivo. Così sono esclusi dall'esportazione i seguenti articoli: frumento, orzo, farine d'ogni specie, amido, paste, paglia, olio d'argan, sapone, vino, alcool, foglie di palma; legname d'araar, legname di quercia, legname di larice, sughero, carbone; animali d'ogni specie ad eccezione del pollame, burro dolce e salato, formaggio, miele, ossa di animali, letame; minerali. Riguardo poi all'esorbitanza dei dazi d'uscita, essi sono tali per alcuni articoli da uguagliare il valore che la merce ha in paese e quasi

superarlo. Per citare un esempio il prezzo medio del granone (cereale del quale l'esportazione è permessa) nei porti della costa è stato lo scorso anno inferiore a lire italiane 4.50 per quintale; ora il dazio di esportazione è in ragione di lire 4.60 per ogni quintale.

I negoziati dei rappresentanti di Francia, Germania e Gran Bretagna erano diretti a modificare radicalmente questo stato di cose, i loro sforzi tendendo essenzialmente ad ottenere che i diritti di importazione per gli oggetti sopra enumerati fossero tanto ridotti da sopprimere il contrabbando; che fosse tolto qualsiasi divieto di esportazione; che, infine, i dazi d'uscita fossero notevolmente diminuiti affine di lasciare un largo margine alla speculazione e permettere ai prodotti marocchini di competere vantaggiosamente coi prodotti analoghi d'altra origine sui mercati d'Europa.

Queste domande racchiudevano una vera rivoluzione economica per questo Impero; ed i tre ministri che negoziavano il trattato non si dissimulavano punto le difficoltà che essi avrebbero incontrate per farlo accettare dal Governo sceriffiano. Epperò, allorquando nel febbraio dello scorso anno, reduce dal mio congedo, fui da essi informato dello stato delle trattative e degli ostacoli da superarsi, mi feci a proporre che, per vincere la resistenza del sultano, gli si offrisse come compenso di modificare la Convenzione di Madrid collo abbandonare la protezione dei sensali indigeni adoperati dalle case di commercio straniere, e collo stabilire che la cittadinanza estera ottenuta da sudditi marocchini non potesse avere effetto al Marocco senza la previa autorizzazione del sultano; e si promettesse inoltre a Sua Maestà che, nel rimanente, la Convenzione di Madrid sarebbe d'ora innanzi scrupolosamente rispettata in ogni sua parte, e specialmente nell'obbligo che essa fa ai rappresentanti esteri di presentare ogni anno la lista dei protetti al ministro sceriffiano degli affari esteri. Sostanzialmente si rinunziava così all'abuso delle protezioni per ottenere l'apertura del Paese al commercio europeo.

I miei colleghi gradirono il suggerimento, ed allorquando sullo scorcio di marzo mi recai a Mogador per abboccarmi col sultano, ebbi da essi l'ufficioso incarico di adoperarmi per rendere il sultano arrendevole alle concessioni domandate, e l'autorizzazione di promettergli in loro nome che la rinunzia ai sensali protetti e l'esatta osservanza della Convenzione di Madrid sarebbero state il contraccambio dell'accettazione dei nuovi patti commerciali.

Nelle udienze che ebbi dal sultano il 4 ed il 6 aprile 1886 in Mogador, la conversazione si aggirò principalmente su questo affare dei trattati; mi sforzai di distruggere le prevenzioni di Sua Maestà la quale, facendosi interprete dell'opinione generale del suo popolo, temeva che dalla libertà di esportazione fosse per nascere un aumento considerevole nel prezzo delle derrate, e dalla diminuzione dei dazi di uscita una perdita sensibilissima per il tesoro; insistei sulla convenienza politica, che v'era per il Marocco di non alienarsi l'animo della Gran Bretagna e della Germania, le quali davano il loro appoggio alla Francia in questo negoziato; rilevai infine i vantaggi che all'autorità del sultano e del suo Governo sarebbero derivati dalle concessioni che, riguardo alle protezioni, io poteva promettergli a nome dei miei tre colleghi. Gli stessi argomenti io svolsi coi ministri del sultano, ed il risultato fu che il Governo sceriffiano, abbandonando l'atteggiamento di assoluto rifiuto da lui sino allora serbato, dichiarò di essere disposto a fare per tre anni l'esperimento della libertà di commercio che gli era domandata, togliendo la massima parte dei divieti che esistono all'esportazione; ma quanto alla diminuzione dei dazi di uscita il sultano si dimostrò irremovibile. L'esperimento inoltre era subordinato alla condizione che avessero effetto le promesse dei tre rappresentanti circa le protezioni.

Queste dichiarazioni erano contenute in una nota a me diretta dal vizir Garnit in data delli 8 aprile 1886, e per incarico avutone, tornato a Tangeri, io comunicai il 14 aprile questa nota ai miei colleghi di Francia, di Germania e d'Inghilterra. Essi mi ringraziarono caldamente per l'appoggio officioso da me dato alle loro trattative; mi informarono inoltre che sin dal 5 aprile avevano diretto al vizir Garnit una nota identica insistendo per la nomina di veri e propri plenipotenziari con i quali potesse essere discusso il nuovo trattato, e che conveniva ormai di aspettare la risposta ufficiale del Governo sceriffiano a tale nota identica.

Il sultano era nel frattempo partito per una spedizione nel Sus, e la risposta a questa nota giunse quindi con qualche ritardo. Essa ha la data del 25 luglio 1886, e contiene le osservazioni del Governo sceriffiano allo schema di trattato proposto dalle tre Potenze. Queste osservazioni sono sostanzialmente le stesse che erano state fatte a me in Mogador, ed il sultano persiste nel non voler fare altre concessioni all'infuori di quelle che officiosamente, per mio mezzo, già erano state comunicate ai tre rappresentanti.

In occasione della sua recente missione a Marocco il signor Féraud ebbe dai ministri di Germania e della Gran Bretagna l'incarico di far nuove istanze; ma anche queste rimasero senza frutto, come V.E. rileverà dalle note scambiate fra il ministro di Francia ed il vizir Garnit delle quali note invio qui unita la traduzione (annessi a e b)Z.

Se dovessi ora esprimere il mio pensiero sulle differenze che dividono il Governo sceriffiano ed i tre negoziatori non potrei a meno di confermare quanto già scrissi nei miei precedenti rapporti.

La dichiarazione del sultano che la modificazione della Convenzione di Madrid è condizione sine qua non di questa riforma economica s'impone a questo Governo, il quale teme, con ragione, di vedere la sua autorità completamente esautorata quando, per necessaria conseguenza dello svolgersi delle relazioni commerciali, si aumenti il numero dei sensali protetti, vale a dire il numero dei sudditi marocchini soggetti alla giurisdizione delle legazioni estere con sfregio del loro naturale sovrano.

Né parmi si possa combattere l'osservazione fattami da Sua Maestà, che, se tale riforma non fosse stipulata contemporaneamente ai nuovi trattati, nella occasione cioè di concessioni commerciali tanto desiderate dalle Potenze, non gli sarebbe poi possibile di ottenere il loro assenso, quando esse fossero già in possesso delle concessioni stesse. E su questo punto, qualora i tre Governi, che negoziano il trattato siano di buona fede, non dovrebbe essere difficile un accordo che riconosca le giuste domande del sultano.

Così parmi pure ragionevole che il nuovo regime da stipularsi abbia intanto la forma di un esperimento, poiché il Paese vede di mal occhio queste concessioni, e giova quindi prepararlo con accorte transizioni ad un sistema di libertà economica, che ora lo spaventa.

È invece da deplorarsi che il sultano persista nella risoluzione presa di mantenere, quali sono, i dazi d'uscita, poiché essi rendono quasi fittizia la libera esportazione concessa per taluni prodotti del Paese. Così, ad esempio, il dazio che l'attuale tariffa stabilisce riguardo al frumento, per il caso che l'esportazione ne fosse permessa, è di lire 9 al quintale, allorquando il prezzo di questo prodotto sul mercato di Genova era nello scorso gennaio di sole lire 20 per quintale. È del pari deplorevole che nella lettera diretta al signor Féraud il Governo sceriffiano abbia, per ciò che riguarda le trattazioni cogli indigeni, chieste restrizioni delle quali non era mai stata parola nel corso dei negoziati e che sono inammissibili, poiché costituirebbero un peggioramento dello stato attualmente garantito dai trattati, nei quali la libertà di transazione è esplicitamente stipulata (articolo I della Convenzione anglo-marocchina, e articolo XLIV della Convenzione ispano-marocchina).

Debbo ancora informare l'E.V. che, nei colloqui da me avuti col sultano durante il mio recente soggiorno a Marocco, quest'affare dei nuovi trattati fu spesso argomento dei no8tri confidenziali discorsi, ed io mi sforzai, ma invano, di persuadere Sua Maestà a consentire la diminuzione dei dazi di uscita.

Quanto alle modificazioni da recarsi alla Convenzione di Madrid, non potei a meno di riconoscere che le apprensioni del Governo sceriffiano erano legittime e fondate, né credei quindi di disapprovare la risoluzione presa di subordinare le concessioni in materia commerciale a tale modificazione.

Di ritorno a Tangeri rilevai dalla lettura dei documenti diplomatici (n. 403 della serie XL) 3 come all'E.V. «non sembri conveniente che da noi si insista presso il sultano, acciò di codesta revisione faccia una condizione preliminare per la stipulazione con l'Inghilterra e con la Germania dei nuovi accordi commerciali, che, richiesti da quelle due Potenze, abbiamo promesso di favorire e promuovere in ogni miglior modo». Mi dorrebbe ora che l'opinione ch'io ebbi a manifestare a tale riguardo a Sua Maestà (opinione d'altronde che non fu da me espressa se non in colloqui di carattere privato e confidenziale) non corrispondesse intieramente alle istruzioni del R. Governo. Ella mi consentirà tuttavia, signor ministro, che io avverta, a mia giustificazione, come, con dispaccio del 20 marzo n. 234 di questa serie\ ella approvasse il mio modo di vedere circa le concessioni da farsi al sultano riguardo alle protezioni quale corrispettivo dei nuovi trattati; che con dispaccio in data 11 maggio n. 238 4 ella approvava gli uffici da me fatti in tal senso presso il sultano, che, infine, con telegramma del 20 ottobre 18865, pervenutomi quando io già mi trovava alla Corte, l'E.V., aderendo al desiderio di codesto ministro di Spagna, mi ordinava di insistere presso il sultano acciocché, nei nuovi trattati, fosse ristretto il più che sarebbe stato possibile il numero dei protetti.

Di fronte a tali esplicite istruzioni io non poteva non consentire intieramente nelle intenzioni che a tale riguardo mi erano manifestate dal sultano, e mi lusingo, signor ministro, ch'ella non sarà per disapprovare il mio operato 6 .

4 Non pubblicato nel vol. XIX della serie II.

5 T. 865, non pubblicato.

6 Per la risposta cfr. n. 583.

557 1 T. 75, non pubblicato.

557 2 Non si pubblicano gli annessi.

557 3 Cfr. n. 250.

558

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 25 febbraio 1887, ore 21,10 (per. ore l del 26).

Je suis désolé de votre télégramme d'hier soir 1• Je me reprenais à croire, d'après les nouvelles toutes favorables des journaux, que les chances revenaient de vous voir conserver le portefeuille des affaires étrangères. Je me cramponne néanmoins à un dernier espoir. Je ne puis admettre que l'esprit de parti, à la Chambre, l'emporte sur le patriotisme et le dévouement au roi; autrement cette assemblée ne représenterait plus la véritable opinion du Pays, celle des honnètes gens, la seule qui compte et que, coùte que coùte, il faut faire triompher, vu surtout les conditions actuelles internationales. Il est heureux, en attendant, que les traités soient déjà signés, et qu'ils constituent un engagement pour un nouveau Cabinet, quel qu'il puisse ètre. Le cas est exclu qu'il veuille jamais se prévaloir de la réserve des ratifications royales pour détourner Sa Majesté de sanctionner l'oeuvre accompli à Berlin. Ce serait empiéter sur les droits de la Couronne. Il ne s'agit pas d'une catégorie de traités qui exigent l'approbation du Parlement. C'était déjà en pleine crise ministérielle que j'ai reçu l'ordre de signer des actes d'une manière en tout point conforme aux instructions dont j'étais nanti. Il ne reste qu'une formalité à remplir. Je ne comprends franchement pas pourquoi on se montrerait plus scrupuleux aujourd'hui qu'alors pour passer outre. Les ministres, lors mème qu'ils aient offert leur démission, se continuent pas moins à expédier les affaires jusqu'à la nomiriation des successeurs. Il y a plus. Les hésitations seraient de mise si l'on avait voulu imprimer à notre politique extérieure une nouvelle direction, si nous nous trouvions en février 1882, au lieu d'ètre en février 1887; mais les accords récents ne sont que la continuation, le développement des anciens arrangements visant essentiellement au maintien de la paix. Bref, je ne vois aucun motif de nous laisser retarder par une question de forme lorsque nous avons réglé la question de fond. Je n'ai pas moins glissé quelques mots afin de préparer le terrain à une prolongation du terme fixé pour l'échange des ratifications. Le secrétaire d'Etat déplorait qu'une cause semblable pùt amener un retard. Il espère, comme moi, qu'il se présentera encore quelque combinaison qui vous permette de rester au pouvoir dans l'intérèt des trois Monarchies alliées pour la défense de la bonne cause. Il parlait aussi au nom du chancelier qui avait déjà contresigné les actes de ratification, qui seront munis aujourd'hui mème de la signature impériale. Il avait fait hier votre message de remerciments à son père qui se montrait fort touché et qui répétait avec insistance que le moment serait des plus mal choisis pour vous retirer du Cabinet lorsque la situation d'Europe

présentait de si graves dangers. Vous avez mené notre barque à bon port, mais il faut la main du pilote habile et énergique pour la conduire au besoin, et à l'avantage de la dynastie et de l'ltalie en pleine mer, pour affronter la tempète. Le secrétaire d'Etat me disait spontanément ne pas arriver à comprendre pourquoi on se laisserait arrèter à la dernière heure par !es scrupules ci-dessus indiqués. Il préfère s'abstenir d'écrire à Vienne sur un retard possible parce qu'il compte bien qu'il ne [se] vérifiera pas. Il serait vraiment regrettable à tous égards que votre contresignature ne fiìt pas sur !es instruments de ratification. Je ne vois personne chez nous et dans notre diplomatie qui jouisse à l'étranger d'une confiance comme celle dont vous ètes entouré, et je me creuse vainement le cerveau pour trouver quel pourrait ètre, je ne dis pas votre remplaçant, mais votre successeur. Pour peu que votre fonction soit tenable, dans un nouveau Cabinet, vous devez vous résigner à en faire partie, et mème si elle offrait de prime abord des difficultés, vous réussiriez à !es surmontés par votre ascendant personnel. C'est l'ami qui vous parle à coeur ouvert. Continuez, au moins pour quelque temps encore, à monter la garde, contre vent et marée, parmi !es conseillers de notre souverain, qui, vous le savez, vous accorde, à si juste titre, toute sa confiance. Veuillez, en attendant après avoir de nouveau examiné la question, me donner avis qu'il n'y aura pas de retard dans l'échange des ratifications.

558 1 Cfr. n. 552.

559

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

T. 140. Roma, 26 febbraio 1887, ore 16,30.

L'agence Havas a annoncé, il y a quelques jours, que le consul 1 de France à Massaua allait ètre rappelé pour motifs de santé. Le général Gené nous télégraphie 2 , au contraire, que ce consul paraissait avoir l'intention de se rendre prochainement en Abyssinie. Sans avoir nullement l'air de formuler des griefs pour lesquels la correspondence du général Gené ne nous fournirait, d'ailleurs, pas assez d'éléments sùrs, mais vous appuyant exclusivement sur la nouvelle ci-dessus de l'agence Havas, vous pourriez, en passant et sans y attacher grande importance, demander au bon moment à M. Flourens quelles sont, à l'égard de M. Soumagne, !es intentions et !es dispositions du Gouvernement français.

559 1 Nota del documento: «Soumagne». 2 T. 225 del 21 (spedito da Massaua il 18), non pubblicato.

560

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 26 febbraio 1887, ore 17,1 5.

Pendant une crise ministérielle on ne doit point suspendre !es négociations en cours et j'ai pu ainsi autoriser V.E. à signer !es Traités ce qui n'engageait que ma responsabilité, mais la ratification royale engagerait la Couronne et l'Etat; et ceci ne peut se faire avec un Cabinet démissionnaire. Forcément donc il faut attendre pour !es ratifications qu'un nouveau Ministère soit constitué. Il n'y a pas de discussion possible à cet égard: veuillez je vous prie le fai re comprendre bien clairement tant au Cabinet de Berlin qu'à l'ambassadeur d'Autriche. Pour ce qui a trait à la solution de la crise, je regrette de ne pas pouvoir vous donner une indication quelconque jusqu'à présent Sa Majesté n'a pas encore fait connaìtre son intention sur le personnage qui devra composer la nouvelle administration.

561

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, ZANNINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 136. Belgrado, 26 febbraio 1887 (per. il 7 marzo).

Ringrazio l'E.V. in modo del tutto speciale per le informazioni sugli armamenti del Montenegro, ch'ella ha avuto la bontà di trasmettermi col rapporto della serie politica n. 35 in data 17 febbraio corrente 1 . Mi giunsero tanto più utili, in quanto che il Governo serbo, mentre s'interessa vivamente a tutto ciò che può tramarsi a Cettinje, non possiede colà nessun rappresentante né havvi relazioni dirette.

Le notizie mandate all'E.V. dal commendatore Macci6 coincidono con quelle qui da altre parti ricevute. Non v'ha dubbio che il Montenegro da molto tempo si prepara con ajuti che riceve dal Governo di Pietroburgo e con armamenti superiori alle sue forze a scendere in campo il giorno, quandocchessia, in cui scoppierà la guerra austro-russa; lo si destina a sollevare i Paesi slavi dell'Austria ed a paralizzare almeno un cencinquantamila uomini che questa Potenza, si calcola, dovrebbe impiegare contro di lui, l'Erzegovina e la Bosnia. Anzi mi rammento avermi il signor Franassovich in una conversazione avente carattere interamente privato, sulla fine dell'anno scorso, espresso l'opinione che probabilmente sarà il Montenegro quegli che darà il segnale della prima conflagrazione

orientale. La Russia, dissemi, tornerà a fare come nel 1876 quando spinse la Serbia e il Montenegro a cominciare da soli la guerra, ma questa volta vi spingerà il solo Montenegro; S.E. però ebbe cura di soggiungere non essere questa che una sua impressione personale sull'incerto terreno della politica congetturale. L'unico punto che par sicuro si è che il Montenegro, sia l'avanguardia o no della Russia, ne sarà l'alleato; ed alleato molto serio, perché chiunque prenda in mano la causa dell'indipendenza della Bosnia e dell'Erzegovina é popolarissimo in tutta la penisola balcanica. Anche in Serbia niuno sarebbe in grado di opporsi a un tal movimento nazionale, e persino i capi del partito che vi si appoggia sull'Austria non perdoneranno mai a questa Potenza di essersi annesse e di germanizzare le due province che sono «il più bel fiore» dei Paesi slavi. Lo stesso signor Garachanine in lunghe conversazioni confidenziali mi ha lasciato intendere, che a suo giudizio, se l'Austria farà un passo di più verso Salonicco la Serbia dovrà forzatamente, per non andare incontro a certa morte, schierarsi fra i suoi nemici.

L'attitudine però del Montenegro preoccupa il Governo serbo a un doppio punto di vista. L'uno è quello della politica generale nel caso di una guerra russo-austriaca, caso in cui la condotta del vicino Principato non è dubbia, e, come ho più volte indicato all'E.V., invece molto più incerta appare la decisione del Governo di Belgrado. Mi è avviso che quest'ultimo cercherà di schierarsi, purché riesca a farsi da lui accettare, col vincitore, e, potendo, ben volentieri unirebbe le sue sorti anche al Montenegro per farsi il campione della redenzione della Bosnia e dell'Erzegovina. L'altro punto di vista più ristretto, ma più urgente e che nelle circostanze attuali richiede una continua sorveglianza, si è quello della ostilità speciale che il Governo di Cettinje spiega verso la Serbia proteggendo i Karagiorgievic e le congiure colà ordite da fuorusciti serbi a danno della dinastia degli Obrenovic. Già all'E.V. riferii come qui siasi persino creduto in giugno dell'anno scorso a un principio d'esecuzione di una cospirazione le di cui fila sarebbero partite da Niksic. Negli ultimi tempi però siffatte minacce non sonosi più fatte vive. Anzi il prete Giurich, uno dei più influenti fuorusciti serbi, stabilito a Cettinje, ha in questi giorni abbandonato quella residenza per Costantinopoli coll'intenzione, supponesi, d'implorare l'intercessione del Governo turco per ottenere dal re Milano la grazia ed il permesso di rimpatriare. I preparativi militari che il Montenegro tempo fa stava facendo sul confine dal lato di Novi-Bazar mediante concentramenti di truppe per la distribuzione, diceva, dei nuovi fucili ed opere di terra delle quali stante le difficoltà delle comunicazioni non è stato possibile di stabilire l'entità, preparativi che qui avevano destato qualche inquietudine, hanno ora cessato da questa parte, e furono invece trasportati verso l'Albania, ciò che, come mi ha lasciato intendere lo stesso signor Franassovich, ha dileguato il sospetto che il Principato stia adesso preparando, consigliatovi dalla Russia, un colpo di mano contro l'attuale Serbia.

Il Governo di Berlino, che in queste questioni orientali fa le viste di disinteressarsi per meglio recitarvi la sua parte di mediatore tra interessi austriaci e russi, in fondo si preoccupa di ogni minimo particolare. Confidenzialmente posso riferirle che ultimamente ha chiesto particolareggiate informazioni su certa società detta del Santo Sava fondata l'anno scorso a Belgrado col concorso di numerosissimi soci per scopi letterari, ma col fine segreto di sussidiare maestri in Bosnia e in Erzegovina per ajutarli a lottare contro l'insegnamento tedesco, che, quantunque non ufficiale, pur va facendosi strada in quei Paesi; società la di cui propaganda non può essere però molto attiva per la ristrettezza dei fondi di cui finora dispone. Si è pure, mi risulta, non ha guari, specialmente preoccupato di certe conferenze frequenti del principe Nicola col rappresentante francese al Montenegro sospettandovi qualche intrigo politico.

Al Governo serbo non consta che da nessuna Potenza siansi chieste in questa ultima fase politica spiegazioni al Governo montenegrino sui suoi armamenti (in ogni caso non furono qui riferite), salvo una volta dalla Turchia sull'istanza appunto della Serbia. La risposta fu ch'esso infatti preparasi, per quanto può, a difendere nel caso di complicazioni europee i propri interessi, ma che siffatti armamenti non hanno attualmente nessuna direzione o scopo offensivo verso chichessia.

561 1 Non pubblicato.

562

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Pietroburgo, 26 febbraio 1887.

Con viva emozione lessi la cara tua delli 14 1 recatami dal corriere di Gabinetto ausiliario. Benché le ultime notizie date dai giornali annunzino che Depretis restituì al re l'affidatogli mandato per la ricostituzione del Ministero, pure io non posso ancora credere alla tua uscita dalla Consulta. Non dubito della tua voglia d'allontanartene, ma non dubito del pari della voglia di chi saprà trattenerti. Sono questi momenti solenni nei quali gli uomini di cuore e di mente debbono sapere sottostare ai più penosi sagrifici per il bene del Paese. Un voto nervoso del Parlamento non deve nè può porre a repentaglio tutto un Paese. Vi sono situazioni politiche al presentarsi delle quali un sovrano ha il dovere di ricordarsi che la costituzione istessa gli conferisce il diritto di dichiarare la guerra e di conchiudere la pace, quindi la facoltà di scegliersi gli uomini che egli riconosce i più adatti al doppio compito che gli spetta.

Il disastro di Dogali fece piangere l'Italia, ma asciugate le lacrime, possiamo contemplare con orgoglio quel campo di battaglia ove ogni cadavere rappresenta un eroe. Credi pure che il valore dei nostri soldati rivelò all'Europa a qual prezzo potremo porre la nostra alleanza.

La questione bulgara come tu mi dici, è ben lungi dal volgere al suo termine. La Russia si fece immobile forse in aspetto del verdetto che la Germania sta per pronunziare. Frattanto la raideur della Reggenza bulgara risveglia malcontento anche in quelli che sinora la sostennero. L'ambasciatore d'Austria dicevami pochi giorni sono che la Reggenza bulgara abusava delle simpatie che seppe acquistarsi

presso alcuni Governi. Osservai anzi tutto che la Reggenza cerca d'eliminare in modo assoluto l'iniziativa della Russia nella proposta di un principe. È questo uno dei punti ammessi da tutte le Grandi Potenze. Niuna di queste negò questa iniziativa alla Russia, del resto conciliabile colle disposizioni del Trattato di Berlino. Evidentemente la Reggenza mira a ricondurre in Bulgaria il principe di Battenberg oppure mira all'insediamento della repubblica, pure di fare qualche cosa di diametralmente opposto alle aspirazioni della Russia. Certamente tutte le Potenze si rifiuteranno di seguire la Reggenza su questo terreno, ogni qualvolta esse vogliano rimanere salde nel loro proposito di mantenere incolumi i patti di Berlino. La Bulgaria che tutto deve ad essi, deve per la prima rispettarli. Così ogni deviazione sua da questa linea, sarà imitata da quella Potenza che ha più interesse a discostarsene.

L'articolo del Nord tanto commentato dalla stampa europea, ha, al mio credere, perfettamente delineato l'atteggiamento della Russia, persistendo nel quale, questo Impero allontanerà, almeno per qualche tempo, lo spettro d'una guerra franco-germanica. L'opinione pubblica dimostrasi calma, ed indifferente al gridio dei giornali chauvinistes.

In questi ultimi giorni di carnevale ebbi assai frequente l'occasione d'osservare l'aspetto ilare dell'imperatore. Questi unitamente alla famiglia imperiale onorò colla sua presenza due giorni or sono nella occasione d'una rappresentazione drammatica, le sale del signor de Giers, al Ministero degli esteri. Questo fatto venne interpretato come una dimostrazione di fiducia all'indirizzo del ministro degli esteri ...

In questo punto ricevo il dispaccio delli 20 febbraio n. 402 2 in cui mi comunichi altro dispaccio diretto all'ambasciatore a Berlino. Ti posso assicurare che quivi non mi si fece allusione qualsiasi ad incoraggiamenti per parte nostra alla Reggenza bulgara perché resista alle aspirazioni della Russia. Solo alcuni giornali e dei più spinti, ci fecero qualche allusione. Del resto saprò né miei discorsi prevalermi, al caso, delle cose che tu mi riferisci, per constatare che da noi si vuole né più né meno di quanto è disposto nel Trattato di Berlino. È ormai giunto l'istante di chiudere la presente colla quale voglio sperare di non averti troppo tediato.

562 1 Non rinvenuta.

563

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

D. 222. Roma, 28 febbraio 1887.

Dopo che le ebbi scritto il dispaccio del 15 gennaio, n. 209 1 , mi è occorso di discorrere con l'ambasciatore d'Austria-Ungheria del tema cui quel suo dispaccio

si riferisce. Mi era venuto tra le mani il manifesto del comitato per l'esposizione artistica di Venezia, così che ebbi l'opportunità di fornire al barone de Bruck il modo di convincersi, con gli occhi suoi, nulla esservi, in codesto pubblico avviso, che potesse giustificare la inibizione onde era stato colpito a Trieste e, come seppi di poi, anche a Trento.

Nulla aggiunsi in quella circostanza. Nondimeno il barone de Bruck stimò di scrivere per sua propria iniziativa a Vienna. E jeri veniva S.E. alla Consulta e dicendo che il conte Kalnoky gli aveva spiegato la cosa con l'avvertenza che il manifesto era stato publicamente affisso in molte città dell'Impero a Gorizia fra le altre, ma che a Trieste e Trento erano state di contrario avviso le autorità locali, a cui il Governo centrale suole rimettersene, per consuetudine, in simili materie.

Così disse l'ambasciatore e non gli fu replicato.

Ora, però, osservo, per conto mio, che il procedimento tenuto dal Gabinetto di Vienna, in questa circostanza, non concorda affatto con le dichiarazioni del conte Kalnoky, riferitemi da V.E. nel rapporto 19 gennaio u.s., n. 178 2• Diceva allora S.E. che tra i due metodi da noi additati, gli sembrava preferibile quello consistente nel trattare col criterio della reciproca benevolenza e di una mutua cooperazione tanto le grandi quanto le piccole questioni.

Tale non sarebbe più il suo parere se per le controversie giornaliere è lasciata piena balia alle autorità locali.

Dopo la presente confessione del barone de Bruck, è meno che mai mio intendimento di muovere nuova doglianza a Vienna, o di insistere per la revoca dell'inibizione decretata dalle autorità di Trieste e Trento. Ma come potrà avvenire che in occasione di consimili fatti, anche da parte nostra si adotti analogo criterio, e si lasci, ad esempio, alle nostre autorità locali piena facoltà di permettere pubblicazioni, lapidi od altre manifestazioni, rispetto alle quali, non esitavamo in passato, ad intervenire nell'interesse dei buoni rapporti tra i due Governi, così stimai di recare la cosa e notizia di V.E., acciò ella si trovi in grado di somministrare, eventualemente, la spiegazione del nostro mutato contegno.

562 2 Non pubblicato. 563 1 Cfr. n. 425.

564

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

T. 251. Aden, l o marzo 1887, ore 13,15 (per. ore 15).

Massaua, 27 febbraio 1887. N. 64. Savoiroux arriva hier porteur lettre et message Alula, qui paraìt très désireux paix. Condition serait, livrer deux individus suspects, pour avoir combattu rangs Alula, Dogali, récemment venus Massaua.

564 1 Ed., in italiano e con l'omissione del brano fra asterischi, in LV 60, p. 84.

J'adhérerais, car Savoiroux et Alula certifient suspect. Pour l'autre, Barambaras Kafel, impossible le livrer; ferai mon mieux pour ai der prisonniers, hormis manquer honneur. Abyssinie paraìt embarrassée à cause de Metemma; mais offre paix, pourrait aussi viser gagner du temps, Savoiroux dit que Alula ne fera autres descentes, mais que prisonniers seront exécutés si nous avançons; certifie, à son tour, de visu, grandes pertes abyssiniens Dogali, car il pense pieusement nombreux blessés Asmara, malgré chaìnes dont Alula le charge. Désapprobation négus pour agissement Alula, confirmée de toutes sources. *Consul France renon ce aller Abyssinie, sui te ordre son Gouvernement *.

563 2 Cfr. n. 437.

565

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, l a marzo 1887, ore 17,20 (per. ore 21,10).

Les ratifications de l'empereur d' Autriche sont arrivées aujourd'hui. Lors mème qu'il ne puisse s'agir que d'un simple retard, auquel j'ai préparé le terrain, on regretterait vivement qu'il se produise un semblable retard. Permettez-moi de ne pas partager entièrement la manière de voir exprimée dans votre télégramme du 26 février 1 . Je comprends qu'un ministre démissionnaire n'ai t pas qualité pour contresigner un acte de cette importance. Mais si pour rendre parfait cet acte il faut la sanction souveraine, la Couronne et l'Etat ne sont pas moins engagés, à partir de la date de la signature du plénipotentiaire de sa Majesté munis de pleins pouvoirs. Quelle que soit la solution de la crise, la ratification ne saurait ètre refusée que dans le cas où ce plénipotentiaire aurait transgressé ces pouvoirs. Or on sait aussi bien à Rome qu'à Berlin et à Vienne, où vos instructions sont connues, qu'elles ont été scrupuleusement observées.

566

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 1070. Roma, 2 marzo 1887.

Ho ricevuto il rapporto confidenziale del 24 febbraio u.s., n. 7811, nel quale

V.E. mi riferisce una conversazione avuta col signor Flourens, nel ricevimento

settimanale del giorno precedente, intorno agli avvenimenti di Massaua ed agli affari d'Egitto. È manifesto che il signor Flourens non ha un concetto esatto né di ciò che accade sulla costa del Mar Rosso, né di ciò che avviene in Egitto. Intorno al signor Soumagne console di Francia a Massaua, V.E. riceverà precise istruzioni con altro dispaccio in data d'oggi 2 .

Rispetto poi al suggerimento del signor Lesseps (cui siamo grati delle amichevoli intenzioni) di rivolgerei al patriarca copto del Cairo nel caso in cui avessimo intenzione di trattare col negus dell'Abissinia, è da ritenersi presente che noi non intendiamo punto di chieder pace all'Abissinia ma, salva più matura deliberazione circa i modi, di condurre le cose in modo che essa ci chieda pace, offrendoci sicure garanzie contro nuove perturbazioni.

565 1 Cfr. n. 560. 566 1 Cfr. n. 554.

567

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 1071. Roma, 2 marzo 1887.

Le dichiarazioni del signor Flourens circa gli affari del Marocco, riferite da

V.E. nel rapporto del 24 febbraio prossimo passato 1 , non sono punto rassicuranti.

In primo luogo non si comprende come siasi trattato di semplice acquisto di proprietà private su territorio algerino, dal momento che col divisato accordo si è resa possibile, nella località accennata dal signor Flourens, la costruzione di blockhouses, che il Governo francese avrebbe potuto perfettamente costruire, se si trattava di territorio già suo, senza comprare i terreni.

In secondo luogo è grave la dichiarazione che l'oasi di Figuig si reputi indipendente dal Marocco.

È pur grave infine la formula adoperata dal signor Flourens, che cioè la Francia non intende, almeno per ora, di occupare quella oasi. Questa dichiarazione, anziché porgere certezza che non avverranno sorprese da quella parte, parrebbe invece diretta a preparare gli animi all'attuazione di quella contingenza.

Trattandosi di territorio assai lontano dalla costa, noi non abbiamo a preoccuparcene, se non in quanto potrebbero derivarne scosse e perturbazioni per l'interna compagine dell'Impero marocchino. Lasceremo quindi che in prima linea se ne preoccupino altre Potenze più direttamente interessate.

Il linguaggio del signor Flourens ci costringe però a raddoppiare di vigilanza. È un compito che dovremo particolarmente raccomandare al r. ministro a Tangeri.

566 2 Cfr. n. 568. 567 1 Cfr. n. 553.

568

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 1072. Roma, 2 marzo 1887.

Un recente telegramma del generale Genè c'informava che il signor Soumagne, console di Francia a Massaua 1 , ha, per ordine del suo Governo, rinunziato a partire per l'Abissinia, come pareva che ne avesse l'intenzione. Accennavo quest'ultima circostanza a V.E. nel telegramma del 26 febbraio scorso 2 , nel quale mostravo desiderio di sapere quali fossero le intenzioni e le disposizioni del Governo francese rispetto a questo suo agente.

Lo stesso generale Genè mi aveva informato, con rapporto 9 febbraio 3 giunto in questi giorni, che il signor Soumagne si era munito di un attestato medico per chiedere un congedo di sei mesi ed aveva speranza di recarsi in Francia verso la metà del prossimo aprile. Il signor Flourens, andando più in là, le diceva nel ricevimento settimanale, riferito nel dispaccio del 24 febbraio,

n. 781 4 che il signor Soumagne è stato richiamato, dietro sua domanda, inoltrata da qualche tempo, essendo egli affetto da una malattia di fegato che lo costringe a lasciare il suo posto.

È dunque prevedibile che, per le condizioni di sua salute, il signor Soumagne non possa far ritorno a Massaua. Ciò essendo, noi stimiamo che sarebbe miglior consiglio non sostituirlo. Dopo un anno e mezzo di regolare amministrazione, noi siamo in grado d'assumere la responsabilità che gli interessi e le persone, siano francesi come d'ogni altra nazione, saranno tutelati alla pari dei nostri. Un console francese a Massaua, il solo console che vi si trovi, non ha ragione d'essere, se il suo compito è la tutela degli interessi francesi.

Prego V.E. di farlo comprendere al signor Flourens alla prima propizia occasione.

Che se il Governo francese fosse di parere di dare un successore al signor Soumagne, ella dovrebbe dichiarare nettamente che resterebbe a esaminarsi fra i due Governi la questione dell'exequatur. È evidente che nelle mutate condizioni di fatto in cui si trova Massaua, non avrebbe per noi nessun valore un exequatur rilasciato dalla Turchia o dall'Egitto, e che Massaua, essendo piazza forte, l'esercizio di funzioni consolari dovrebbe esser ivi subordinato alla nostra accettazione e gradimento.

Cfr. n. 559. 3 R. 889, non pubblicato. 4 Cfr. n. 554.

568 1 Ed. in L"/talia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI. pp. 59-60.

569

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI

D. 423. Roma, 2 marzo 1887.

Ho ricevuto il pregiato rapporto di questa serie n. 833 che la S.V. illustrissima mi indirizzava il 24 febbraio scorso 1 per riferirmi il tenore di un colloquio testé avuto col signor Dragoumis cui ella non tacque il disgusto provato dalla lettura dei giornali ateniesi, i quali si valsero dei fatti recentemente occorsi in Africa (dove, com'è universalmente noto, i nostri soldati si sono diportati da veri eroi) per dar sfogo ai sentimenti più ostili verso l'Italia.

Ella ha variamente agito nel profittare della prima occasione offertasi per chiedere a codesto Ministero degli affari esteri se l'atteggiamento assunto dalla stampa ellenica rimpetto a noi fosse conforme ai sentimenti di una Nazione civile, rispondesse al ben inteso interesse dei due Paesi, e si trovasse in armonia colle benevoli disposizioni manifestate dal Governo del re.

Pienamente approvo il linguaggio misurato ma molto dignitoso tenuto dalla

S.V. in questa circostanza. Desidero anzi che ella non si lasci sfuggire l'occasione propizia, quando si presenti di far intendere, che, se la Grecia non mutasse la sua attitudine a nostro riguardo, potrebbe pentirsene, mentre gli amichevoli sentimenti che desideriamo mantenere inalterati fra i due Paesi potrebbero, per avventura, soffrirne se fossero continuamente esposti a una corrente manifestamente ostile, la quale non può, alla lunga, non produrre in Italia la più deplorevole impressione.

570

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 2 marzo 1887.

Ainsi que je le télégraphiais à V.E. en date du 21 février échu 1 , j'avais appris d'une source très sùre que le Cabinet anglais, si nous partageons le mème avis, ne demanderait pas mieux que d'inviter le Gouvernement austro-hongrois à s'associer à l'entente établie par !es notes échangées le 12 février entre lord Salisbury et le comte Corti. Les trois Puissances ont des intérèts communs à sauvegarder dans la Mer Noire et !es Détroits. Ce serait une ligue pacifique pour contenir la Russie, de mème qu'il existe une ligue analogue à l'égard de la France. J'ajoutais que la Turquie ne manquerait de se joindre à ces Puissances.

Par son télégramme du 22 février 2 , V.E. me disait que si l'Angleterre prenait maintenant l'initiative d'engager l' Autriche à accéder à l'entente, nous n'aurions aucune difficulté à nous joindre à cette démarche. Quant à la Turquie, la teneur des notes précitées ne vous semblait pas de nature à fournir l'objet d'une adhésion de cet Etat. Je me permettais de répondre qu'en effet ces documents, dans l'ensemble de leurs clauses, ne sauraient ètre soumis à son accéptation. C'est bien ainsi que je l'entendais. Mais il me paraissait que, dans la phase du moins où il s'agit de maintenir le statu quo en Orient, la Sublime Porte trouverait elle aussi un avantage à se piacer du còté des Puissances qui visent avant tout, parla stipulation n. l, à le conserver autant que possible. L'essentiel, en tout cas, est de s'assurer de l'accession de l' Autriche, moyennant une démarche commune, de Londres et de Rome, à Vienne. Tout porte à présumer, si le comte Corti en touche un mot avec le marquis de Salisbury, que Sa Seigneurie se montrera disposée à prendre une initiative auprès du Cabinet austro-hongrois. On aviserait ensuite, en ce qui concerne la Turquie, dans la mesure la plus appropriée aux circonstances.

Depuis lors, j'ai appris par le comte Széchenyi que le comte Kalnoky avait accueilli avec une vive satisfaction la communication des notes susdites et s'était exprimé de la manière «la plus encourageante». Le terrain est donc bien préparé pour faire à Vienne un pas de plus en avant.

En accusant réception et en vous remerciant, M. le comte, de votre dépèche réservée du 16 février 3 , ainsi que de ses intéressants annexes,

P.S. Ci joint une lettre particulière 4 pour V.E.

569 1 Cfr. n. 555. 570 1 Cfr. n. 543.

571

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATISSIMO 783. Parigi, 2 marzo 1887 (per. il 7 ).

Ieri l'altro il generale Boulanger, ministro della guerra, dava ai suoi colleghi del Ministero ed ai generali presenti in Parigi, un gran pranzo seguito da un ricevimento aperto, in cui cioè ogni individuo vestito decentemente poteva entrare senza invito speciale, ma consegnando soltanto il proprio nome alla porta. La folla di ufficiali e di persone di varie qualità e specialmente di membri del Parlamento di estrema sinistra fu immensa a punto tale che non si poteva penetrare nelle sale né uscirne una volta entrati, se non colla massima difficoltà. Il generale che accoglieva i visitatori con particolare gentilezza era oggetto, non che di curiosità, di quegli ossequiosi omaggi che sembrano indirizzarsi oltreché al capo dell'esercito, ad un futuro possibile dittatore. Quel fatto fu molto osservato e diede luogo a non poche riflessioni ed apprensioni benché il presidente della Repubblica, signor Grevy, cui poco tempo fa

Cfr. n. 574.

si accennava la crescente popolarità del generale ed i suoi istinti ambiziosi, rispondesse che sapeva come domarlo all'uopo. Intanto benché un poco di calma sia succeduta ai timori di guerra immediata, si continuano tuttora gli armamenti e gli altri preparativi militari colla massima alacrità per essere pronti ad ogni evenienza. Si crede sempre che la Germania abbia intenzione di attaccare per finirla una volta, in una lotta suprema, cogli appelli incessanti della Francia ad una riscossa per rivendicare l'Alsazia e la Lorena e forse per estendere la sua dominazione al di là di quelle provincie. Se la lotta avrà luogo essa sarà terribile ed a giudicarne da alcuni discorsi tenuti da persone che hanno in Francia altissime posizioni nell'esercito e nell'armata, non si rifuggirebbe dai mezzi più estremi per annientare il nemico. Così la marina non sarebbe trattenuta dalle leggi della civiltà per bombardare e distruggere tutte le città del litorale, anche quelle sprovviste d'ogni difesa. Le navi di commercio non sarebbero solo catturate, ma anche mandate a picco coi rispettivi equipaggi, passeggieri e carico, quando non si potessero ritenere. Parecchi mesi or sono riferii a V.E. una conversazione che io ebbi coll'ammiraglio Aube, che mi esponeva il suo sistema per attaccare e vincere l'Inghilterra su mare. Queste medesime idee egli, e probabilmente i suoi colleghi con lui, vorrebbero applicarle contro le città littoranee. Il nostro addetto navale, cavalier Mirabello, deve avere già riferito ciò che gli disse in proposito lo stesso ammiraglio Aube. Io credo che anche gl'inglesi non agirebbero in modo diverso. Parmi da qualunque parte la bufera si scateni contro di noi, dobbiamo pensare seriamente prima di tutto a difendere il nostro littorale e specialmente le città primarie così numerose sulle sponde del Mediterraneo e dell'Adriatico. Le fortificazioni attuali sembrano oramai impotenti per resistere ai mezzi di attacco di cui si dispone. La salvezza delle nostre coste dipende adunque dalle torpediniere e dalle altre navi equivalenti atte ad attaccare esse stesse le navi armate di artiglieria destinate al bombardamento delle città. L'esercito come è ora costituito basterà a respingere le invasioni che si volessero tentare.

570 2 Cfr. n. 547. 3 Con cui Robilant aveva comunicato vari documenti relativi al negoziato con l'Inghilterra.

572

IL REGGENTE IL CONSOLATO AD ADEN, V. BIENENFELD, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ

L. Aden, 2 marzo 188 7 (per. il 5).

Mille grazie per la di lei pregiatissima lettera del 26 febbraio 1 .

Comunicai al signor generale Hogg, che ras Alula aveva nuovamente mandato per trattare la pace il conte Savoiroux, ma che naturalmente egli si sente forte abbastanza cogli ostaggi che tiene per porre alcune condizioni che lei non trova ancor conveniente di accettare. Soggiunsi che tutto faceva credere che il negus non avesse approvato l'attacco contro di noi da parte del suo generale, ma che di fronte al fatto compiuto, ora non gli resta altro che di provvedere alla di lui difesa dubitando che, fallendo le trattative di pace, l'Italia possa piombargli addosso.

Mi ringraziò molto di queste informazioni e mi pregò continuargliele.

Essendo il duca di Connaught qui di passaggio, jeri trovandomi a colazione alla Residenza mi dava a tavola la sua destra e nell'informarsi dei fatti di Massaua, esprimeva egli pure il suo sincero dispiacere per tutte le noje che l'Abissinia ci procura, ma che spera di sentire in breve la vertenza appianata; soggiunse «che lei deve trovare delle grandi difficoltà nel trattare con simile gente».

È certo che la gran difficoltà sta nel potergli portar via i prigionieri, è possibile che, se si riuscisse a fare che il conte Savoiroux persuada ras Alula a mandarlo a Massaua col piccolo Piano, dicendogli che ciò che non possono ottenere essi grandi soli, potrebbe ottenere se accompagnato dal piccino, il quale saprebbe commuoverla.

L'arrivo a Massaua di questi due prigionieri credo le farebbe guadagnare la partita, perché gli altri due non correrebbero più rischio; mentre !asciandogli nelle mani quattro, potrebbe ben darsi che quell'infame ne uccida uno, per farle credere che è capace se lei non fa come lui vuole di uccidere anche gli altri, mentre non avendo che due non avrebbe numero sufficiente per far troppi esperimenti ed avrebbe maggiore convenienza tenerli in vita.

Gli armamenti di ras Alula e negus non mi meravigliano, era prevedibile che all'arrivo dei nostri rinforzi egli pensasse alla probabile invasione italiana e provvedesse alla difesa.

È certo però che resteranno sulla difensiva, sono persuasi di quello che sono capaci 400 soldati italiani per avventurarsi contro migliaia.

Ho l'onore di accluderle copia di mia lettera a S.E. il ministro degli esteri 2 .

Giorni sono S.E. mi telegrafò per conoscere 3 ciò che si passava all'Harrar e se era vero che l'ex emiro avesse scacciati gli abissini. L'interesse che prende il R. Governo ai fatti del re Menelik, mi fa supporre sia entrato in massima di trattare un serio accordo collo Scioa.

Sarò lieto se vorrà continuare a tenermi informato, assicurandola che i fatti di Massaua mi stanno molto a cuore ed apprezzo altamente tutte le enormi difficoltà che la S.V. Illustrissima deve incontrare nelle trattative in corso.

572 1 Non pubblicata.

573

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 316. Pietroburgo, 3 marzo 1887 (per. l' 8).

Destò molto rumore in tutti i circoli politici d'Europa una corrispondenza data da Pietroburgo ed inserta nel giornale che pubblicasi a Bruxelles, Il Nord, nel suo numero del 19 ultimo.

S'attribuì molta importanza agli apprezzamenti contenuti in quella corrispondenza stanteché il Nord è in fama di ricevere sovente le sue inspirazioni da questo Ministero imperiale degli affari esteri.

Dalle cose dettemi ieri dal signor di Giers risulta che i concetti espressi dal Nord in questa circostanza non corrispondono ai suoi se non sopra pochissimi punti, cioè quelli, a quanto credo, che riflettono la questione bulgara. Per lo contrario la politica di diffidenza verso la Germania che il Nord sembra consigliare alla Russia è assolutamente in opposizione alle mire del ministro degli esteri, il quale non ebbe ad usare gran sforzo per farne convinto il mio collega di Germania, che sul principio si mostrò assai allarmato per quella pubblicazione.

Debbo aggiungere a maggior schiarimento di quanto occorse, che il signor Jomini, alto ed antichissimo funzionario del Ministero degli esteri, le cui tendenze politiche non s'accordano sempre con quelle del signor di Giers, è quegli che ha cura di regolare le comunicazioni che da parte del Ministero imperiale si fanno ai corrispondenti esteri. Quindi la corrispondenza in discorso riproduce le idee personali del signor Jomini, che furono sempre poco favorevoli per la Germania.

Il signor di Giers mi disse poi che, per correggere l'impressione prodotta in Europa da questo incidente, aveva nel Journal de Saint-Pétersbourg del 27 febbraio fatto inserire il passaggio che qui riproduco. «De mème une vieille expérience nous a appris qu'il n'y a pas lieu de s'émouvoir outre mesure des vues et des projets que des journaux et des correspondants prètent souvent aux gouvernements avec une assurance d'autant plus grande qu'ils s'en savent plus éloignés, s'étonnant ensuite, eux les premiers de l'importance qui leur est attribuée et qu'il ne se connaissaient pas. Des journaux sérieux devraient cependant ètre à l'abri de ces ahurrissements et savoir que !es rapports entre de grands Empires alliés par des liens séculaires ne sont pas à la merci d'une ou de plusieurs correspondances plus ou moins fantaisistes ».

572 2 R. s.n. del 26 febbraio, non pubblicato. 3 T. 143 del 27 febbraio, non pubblicato.

574

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 3 marzo 1887.

Voici plus de trois semaines que la crise ministérielle dure, et comme soeur Anne au haut de son observatoire, je ne vois rien venir. C'est vraiment désolant à quelque point de vue qu'on se piace, sauf que !'imbroglio dont l'issue est encore incertaine jette beaucoup de discrédit sur les institutions parlementaires, et démontre toujours plus la nécessité d'en revenir à une saine et intelligente application des règles constitutionnelles. Autrement on marche droit à l'anarchie; on rendra presque illusoire l'exercice des prérogatives, des droits de la Couronne, sans parler des contradictions qu'offre un pareil régime. Un Ministère se démet en ayant la majorité; dans cette majorité les éléments disparates n'offrent pas de combinaisons pour une nouvelle administration, et il faudra peut-ètre recourir à la minorité pour sortir d'embarras. En attendant, la machine de l'Etat est arrètée dans ses rouages. Supposons le cas où la France prendrait une attitude menaçante à nos frontières, devrions nous rester les bras croisés parce que le Ministère est démissionnaire et ne peut engager ses successeurs? Tout cela est absurde et à la fois navrant. Vous avez rendu un grand service au roi et au Pays entre autres par les Traités du 20 février, et on ne peut parfaire les actes parce qu'un ministre démissionnaire ne peut apposer sa contresignature. Que notre bonne étoile vous conserve à la Consulta, mais si vous persistez à vous retirer, je ne puis admettre qu'un autre ministre quel qu'il soit pourrait s'aviser de détourner le roi de ratifier les accords récemment conclus. Ce qui est fait, a été bien fait. C'est un fait accompli. L'engagement existe pour la Couronne et le Pays à partir du jour de la signature du plénipotentiaire nanti d'un mandat régulier et qui a exécuté ponctuellement les instructions de Rome. Les ratifications ne sauraient ètre refusées; c'est déjà assez regrettable qu'elles soient retardées. Je ne voudrais pas non plus qu'après coup on soulevàt la question d'introduire des modifications par quelques articles additionnels. Nous avons obtenu tout ce qu'il était possible d'obtenir. Je craignais mème que nous devrions rabattre de nos demandes. Rouvrir maintenant des pourparlers, ce serait tout remettre en question et nous exposer à un refus catégorique de négociations ultérieures. C'est l'éventualité que, ad ogni buon fine, j'ai cherché à prévenir et vous l'aurez compris par mes télégrammes du 25 février et 1er mars 1 .

Ici on est très préoccupé de cette crise ministérielle surtout si elle avait pour effet de vous laisser en dehors d'une autre combinaison. En admettant mème que votre successeur fùt animé des meilleures intentions, il n'inspirerait pas la mème confiance pour le maniement des affaires. D'ailleurs et on a raison on aime voir un gentilhomme à la direction des rapports internationaux. La question a été agitée un instant si le prince impérial ne devrait pas se prévaloir de ses relations très amicales avec le roi pour lui écrire ou lui télégraphier combien l'on désirait ici votre maintien au pouvoir. Mais tout bien pesé, le prince de Bismarck a pensé qu'il valait mieux s'abstenir de tout ce qui aurait l'air d'une ingérence mème indirecte dans les affaires intérieures d'un Etat ami et allié. On sait d'ailleurs à Rome tout le prix que la Cour et le Gouvernement de ce Pays attachent à ce que vous gardiez en main la direction des affaires étrangères.

V otre disparition causerai t un si grand vide, que je me prends encore à espérer contre tout espoir. Pour peu que la situation soit tenable, je veux croire que vous continuerez à monter la garde au Quirinal. Si non je crains des conséquences fatales, et notamment que nos traités avec l'Allemagne et l'Autriche ne restent lettre morte dans leur application. Envoyez moi quelque bonne nouvelle. Je l'attends avec toute la sollicitude d'un ami qui vous est tout dévoué.

574 1 Cfr. nn. 558, 565.

575

IL MINISTRO A MADRID, BLANC, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Madrid, 4 marzo 1887, ore 12,20 (per. ore 16,45 ).

Ayant eu occasion de dire hier au soir à Moret, qu'ayant ordre d'ètre à Constantinople le quinze, je vais demander audience de congé à Sa Majesté, il m'a dit qu'à mon départ il remettra à la reine les documents de notre négociation réservée qu'il n'entend pas continuer avec mon successeur, et m'a prié de remettre de mème mes documents sur cette question à S.M. le Roi. Il a ajouté que je dois m'attendre que la reine me manifeste quelque surprise de voir le représentant du roi partir sans un mot de réponse aux communications personnelles qui lui avaient été faites en novembre. Quant à moi a conclu Moret ma politique était une entente avec l'Italie mème seule, mon pian échouant, je me retirerais. Il m'a prié de télégraphier tout ce qui précède à V.E. Sauf contreordre je partirai mercredi neuf.

576

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MADRID, BLANC

T. S.N. Roma, 4 marzo 1887, ore 23,15.

Le marquis Maffei ayant toute la confiance du Gouvemement du roi et méritant également celle du Gouvemement de la reine-régente, je ne m'explique pas pourquoi le simple remplacement du titulaire de notre légation à Madrid devrait avoir pour effet de supprimer la négociation confidentielle en cours. D'après nos renseignements de Berlin et de Vienne les pourparlers pourront bientòt ètre repris avec caractère essentiellement pratique. Je dois mème vous prier de ne partir de Madrid qu'après avoir mis votre successeur complètement au courant de l'affaire. Je crois que Maffei pourra se trouver à Madrid avant le 12 de ce mois. Veuillez dire, de ma part, ce qui précède à M. Moret dont je considère sa présence au Départemcnt dcs affaires étrangères comme un gage de la bonne et utile entente entre nos deux Gouvemements.

577

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 5 marzo 1887, ore 12,45.

Je fais sui te, pour vous, à mon télégramme circulaire de tout à l'heure 1 . Le Cabinet s'étant reconstitué en charge, je compte ètre en mesure de vous faire

parvenir ces jours prochains la ratification du roi. Je vous prie de vouloir bien le dire au secrétaire d'Etat, en proposant qu'on considère la prorogation du délai comme étant dès maintenant convenue bona fide entre les trois Cabinets, sauf à le sanctionner et à en fixer la durée précise par le protocole mème qui devra ètre, selon l'usage, donné à l'instar de l'échange des ratifications.

577 1 T. 156, non pubblicato.

578

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Londra, 5 marzo 1887, ore 21 (per. ore 0,30 del 6).

Salisbury vient de me dire que le Gouvernement austro-hongrois vient de proposer au Gouvernement anglais d'échanger des notes analogues à celle qui ont été échangées entre l'ltalie et l' Angleterre. Lord Salisbury a répondu qu'il préférait que le Gouvernement autrichien adhérftt aux notes et l'anglais accepterait volontier cette adhésion.

579

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 1076. Roma, 5 marzo 1887.

Ringrazio l'E.V. delle importanti informazioni fornitemi col rapporto del 25 febbraio scorso 1 circa i lavori che codesto Governo si proporrebbe intraprendere a Biserta ed in altre località del littorale della Reggenza.

È evidente che il Governo francese intende di provvedere, quando e come meglio gli piacerà, alla difesa militare dell'intera costa tunisina, compresa Biserta. Di queste disposizioni, contrarie ai trattati vigenti, gioverà prendere nota, senza che sia il caso di fare, per ora, osservazione alcuna.

Qualora, però, all'E.V. occorresse di discorrere di questo tema, ella vorrà tenere tale linguaggio che non possa mai venire invocato come acquiescenza, da parte nostra, su punti circa i quali intendiamo riserbare intero il nostro giudizio.

579 1 R. 782, non pubblicato.

580

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 6 marzo 1887, ore 15,34 (per. ore 17,20).

Je me suis empressé de porter à la connaissance du secrétaire d'Etat les deux télégrammes de V.E. d'hier 1 . Il m'a dit dans la soirée que de son còté il n'avait pas tardé à communiquer la «bonne nouvelle» à l'empereur, au prince impérial et au chancelier. Très vive satisfaction sur toute la ligne. Le chancelier parlait de l'habilité du roi dans le dénouement de la crise et s'exprimait dans les termes les plus flatteurs à l'adresse de V.E. dont le maintien au Département des affaires étrangères constitue une solide garantie en faveur de l'ordre, de la paix, aussi que des intérets communs à nos Etats. Le chancelier disait que ses nuits seraient plus tranquilles maintenant, délivré comme il l'est de sa préoccupation au sujet de nostre crise.

Il espérait que pour longtemps il ne se produira plus de pareilles alertes qui laissent planer de si pénibles incertitudes. La proposition contenue dans le second des deux télégrammes précités est acceptée ici. Il ne saurait exister aucun doute sur un égal assentiment à Vienne, et meme nous pouvons dès à présent le considérer comme étant acquis. Le roi et l'Italie n'ont qu'à le féliciter à tous égards de la reconstitution d'un Cabinet où vous conservez une piace que vous occupez si bien. J'en exprime, en voie officielle et privée, une entière satisfaction.

581

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A T ANGERI, SCOV ASSO

T. 160. Roma, 7 marzo 1887, ore 16,15.

J'approuve le projet de note collective annexé à v otre rapport du 24 février 1•

582

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 162. · Roma, 7 marzo 1887, ore 22,30.

D'après certains indices, qui me paraissent avoir du fondement, le Vatican, encouragé par le succès et par les démonstrations qu'il reçoit de Berlin, s'agiterait

581 Cfr. n. 556.

565 maintenant beaucoup pour jouer, entre l'Allemagne et la France, un ròle de haute politique. On m'assure, d'autre part, que M. Lesseps est en ce moment à Berlin, chargé officieusement de marchander la neutralité de la France, contre la compensation d'avantages que l'Allemagne devrait tàcher de lui obtenir en Egypt. V.E. est sans doute en mésure de me dire ce qu'il y a de vrai dans tout ceci 1 .

580 1 Cfr. n. 577 e 577, nota L

583

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO

D. 268. Roma, 7 marzo 1887.

La ringrazio dell'interessante rapporto del 24 febbraio u.s. 1 , che riassume in termini ben chiari e precisi la questione dei negoziati commerciali col Marocco.

Ciò che si volle e si vuole evitare è unicamente questo: che la previa revisione della Convenzione di Madrid non apparisca quale una condizione sine qua non posta da noi per la conclusione degli accordi commerciali. Ma se essa è posta dal Governo marocchino, anche agli occhi nostri apparisce troppo equa perché non la si debba appoggiare presso i governi interessati, ed ella ha piena facoltà di modellare sopra questo concetto il suo linguaggio in ogni opportuna circostanza.

Ci gioverebbe ora conoscere se il Governo marocchino intende prendere, a questo riguardo, un'iniziativa formale 2•

584

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Londra, 7 marzo 1887.

Non ho bisogno di dirti quanta tristezza m'abbia cagionato la tua del 28 febbraio 1 . E più dura di tutte mi riuscì l'idea che, lasciando la Consulta, avesse a sospendersi il nostro carteggio che per tanti anni fu per me sorgente di sì lusinghiere soddisfazioni. Io vo' ben sperare che questo non avverrà mai fin che viviamo, imperocché in qualunque posizione saremo per trovarci, continueremo sempre ad

eventuali disegni di mediazione del Vaticano ed aveva ricevuto, quanto a Lesseps, smentita di una sua presunta missione politica. 583 1 Cfr. n. 557.

2 Per la risposta cfr. n. 610. 584 1 Non pubblicata.

amare il re e la patria, a servirli coi mezzi che ci rimangono, a scambiare i palpiti dei nostri cuori. Ma per ora non riuscisti a scuotere le catene che ti avvincono. e ne sia lodato Iddio, ché l'Italia ha troppo bisogno di te nelle presenti congiunture.

Ieri ricevetti il telegramma2 pel quale mi significasti che il R. Governo è disposto ad adottare il concetto di lord Salisbury per la forma dell'adesione dell' Austria al nostro accordo. Io parlerò in questo senso a lord Salisbury, ma a me sembra che toccherebbe a Kalnoky a fare l'idonea comunicazione a Roma oppure al R. Governo, che ne prese l'iniziativa a Londra, di fare analoga proposta a Vienna. Non conoscendo esattamente in quali condizioni siano attualmente le nostre trattative con Vienna mi limiterò a far conoscere il contenuto del suo telegramma a lord Salisbury. Se di più brami fammelo sapere.

Ti prevengo che il Governo austro-ungarico ha già significato a questo che

S.M. l'Imperatore manderebbe l'arciduca Rodolfo a rappresentarlo presso S.M. la Regina nell'occasione del giubileo di Sua Maestà che sarà celebrato a Westminster Abbey verso il 20 giugno. Da Berlino naturalmente verranno i principi imperiali. Si parla pure vagamente della venuta dei re di Danimarca, del Belgio e di Grecia, non che d'un inviato della Repubblica francese. Di questo soggetto io avevo scritto alcuni giorni sono a Collobiano, suggerendo precisamente di domandare cosa s'intendeva fare a Vienna. Tu vedrai se non sia il caso, nel presente stato delle nostre relazioni coll'Inghilterra ed anche in presenza delle dimostrazioni d'amicizia dateci da S.M. la Regina, di prendere qualche risoluzione in proposito.

E ritornando ad un argomento trattato più sopra aggiungerò la mia impressione essere che la Germania suggerì di partecipare al nostro accordo, o quanto meno, vi ha fatto intendere tale essere il vivo desiderio di essa; e questa impressione io traggo dai colloqui intervenuti col conte Hatzfeldt, ai quali feci allusione in una delle mie precedenti.

582 1 Con T. 307 del 9 marzo, non pubblicato, de Launay rispose che il segretario di Stato ignorava

585

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

T. 294. Aden, 8 marzo 1887, ore 2 (per. ore 13,20).

Massaua, 6 marzo N. 65. Savoiroux parti premier courant avec ma réponse Alula disant livrerais etmano voleur ses [fusils]Z contre liberté nos prisonniers. l'ai autorisé Savoiroux informer Alula que Barambaras Kafel a quitté Massaua. Situation toujours égale. Négus Alula leur piace. Paraìt exclue toute concentration troupes ou opération contre nous 3 .

2 «Fusils» aggiunto a matita sopra «origines»; «fusils» anche in LV 60.

3 Nel registro dei telegrammi non è stata rinvenuta nessuna risposta a questo telegramma. Per il seguito della questione cfr. nn. 60 l, 604 e 612.

584 2 T. s.n. del 6 marzo, non pubblicato. 585 1 Ed., in italiano, in L V 60, p. 85.

586

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 8 marzo 1887, ore 17.

Je vais vous transmettre par un télégramme séparé 1 le texte du projet de traité que je proposerais de soumettre au Cabinet de Madrid. Je me bome ici à quelques remarques dont je vous prie de faire usage auprès du chancelier. l) Il m'a paru utile d'emprunter à notre traité de 1882 un préambule ayant pour effet de donner à l'accession de l'Espagne la couleur monarchique et conservatrice que nous avons tout intérèt à lui imprimer. 2) J'ai indiqué Rome comme lieu de la signature et de l'échange des ratifications. Cela me semble de nature à caractériser de plus en plus l'accord actuel et à donner satisfaction à l'Espagne qui veut entrer dans la ligue par «une porte latine». 3) Un arrangement complémentaire entre l'Italie et l'Espagne m'a paru inopportun. Il pourrait créer a Madrid, sur la possibilité d'entraìner l'Italie dans une action spéciale, des illusions qu'il ne nous convient certes pas d'encourager. 4) L'accession de l'Espagne à l'entente pacifique est stipulée de façon à ne mettre le Cabinet de Madrid dans le secret que tout juste ce qui est nécessaire pour ne pas froisser son amour propre et ne pas lui donner le soupçon qu'on veuille éviter d'avoir avec lui des engagements sérieux. 5) Les trois Puissances tirent du traité projeté un avantage réel en se prémunissant contre l'éventualité que l'Espagne cède, un jour, aux séductions, obsessions ou menaces de la France. Elles ne contractent à leur tour envers l'Espagne que des obligations coi:ncidant avec leurs propres intérets ou bien avec !es engagements déjà existants pour elles en vertu des accords renouvelés du 20 février. 6) La clause du secret est rédigée de façon a constituer, si elle était violée, un cas de caducité pour le traité tout entier. 7) J'ai préféré éviter toute allusion à nos accords avec l'Angleterre. Les précautions ne sont jamais excessives.

J'attends maintenant de connaìtre, sur le projet de traité, l'avis du chancelier, ainsi que celui du Cabinet de Vienne qu'on pourra, comme cela s'est fait jusqu'ici, interroger de Berlin. Après entente entre nous trois, je chargerai notre ministre à Madrid d'ouvrir la négociation sur la base du projet concerté. Comme, d'une part, le Cabinet de Madrid ténioigne déjà quelque impatience, et il n'y a d'autre part plus aucun motif de traìner !es choses en longueur je pense que le chancelier partagera avec mois l'avis qu'il faut désormais mener rondement et vite cette affaire. Votre réponse devrait donc ne pas trop tarder à m'arriver 2 .

2 Con R. riservato s.n. del 14 marzo, non pubblicato, de Launay riferì che Bismarck avrebbe preferito uno scambio di note tra Italia e Spagna, con l'adesione, in un secondo tempo, di Germania ed Austria secondo modalità e forme da determinare. Al riguardo cfr. n. 631.

586 1 Cfr. n. 587.

587

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY 1

T. S.N. Roma, 8 marzo 1887, ore 17,30.

*Vo ici mon projet de traité avec l'Espagne: *

«Leurs Majestés, etc. animées du désir d'augmenter !es garanties de la paix générale, de fortifier le principe monarchique et d'assurer, par cela mème, le maintien de l'ordre social et politique dans leurs Etats respectifs, sont tombés d'accord de conclure un traité destiné, par sa nature essentiellement conservatrice, à !es prémunir contre !es dangers qui pourraient menacer la sécurité de leurs pays et le repos de l'Europe, à cet effet, elles ont nommé, etc. lesquels, etc. sont convenus des articles suivants:

Art. I -L'Espagne accède à l'entente pacifique entre l'Allemagne, l' Autriche-Hongrie et l'Italie. Les trois Puissances acceptent cette accession.

Art. II -L'entente pacifique dont il est question à l'artide précédent a pour bases fondamentales:

l) interdiction absolue, pour chacune des Puissances associées, de se prèter, envers une tierce Puissance, à aucun traité ou arrangement quelconque contraire aux intérèts des autres Puissances associées;

2) abstention, envers !es tierces Puissances, de toute attaque non provoquée ainsi que de toute provocation; 3) aide mutuelle, entre !es Puissances associées, dans !es questions d'ordre général, pour autant qu'il n'y aurait pas entr'elles conflits d'intérèts.

Art. III -Les quatre Puissances associées s'engagent en vue de leurs intérèts dans la Méditerranée, et dans le but principalement d'y maintenir le statu quo actuel, à se tenir, sur ce sujet, en communication suivie se faisant part mutuellement de tout renseignement apte à !es éclairer sur leurs dispositions respectives ainsi que sur celles cles autres Puissances.

Art. IV -Le secret le plus absolu sur le contenu et sur l'existence du présent Traité est expressément stipulé comme une condition de son maintien en vigueur.

Art. V -Sauf la clause ci-dessus à l'art. IV le présent Traité reste en vigueur pour quatre ans à compter du jour de l'echange des ratifications.

Art. VI -Les ratifications du présent Traité seront échangées à Rome dans le délai de trois semaines, ou plus tot si faire se peut.

En foi de quoi etc.

Fait à Rome etc.

587 1 Ed., con l'omissione del brano fra asterischi, in CuRATO, La questione marocchina, cit., pp. 275-276.

588

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO RESIDENTE IN MONTENEGRO, MACCIO'

D. 118. Roma, 8 marzo 1887.

Le informazioni che mi pervengono da Belgrado 1 , circa gli avvenimenti del Montenegro coincidono in gran parte con quelle da lei favoritemi.

Nella capitale della Serbia si ritiene che il Montenegro si prepari a scendere in campo il giorno in cui dovesse scoppiare una guerra fra l'Austria e la Russia allo scopo di sollevare i Paesi slavi dell'Austria, e vuolsi che dal Principato debba partire il segnale della prima conflagrazione orientale.

L'attitudine del Montenegro preoccupò il Governo serbo al doppio punto di vista della politica generale e da quello degli interessi speciali della dinastia degli Obrenovic per la protezione accordata ad Caragiorgievic e le congiure ordite a Cettinje dai fuorusciti serbi. Però i preparativi militari che tempo fa si stavano facendo al confine montenegrino dal lato di Novi-Bazar sarebbero ora trasportati verso l'Albania.

Ho stimato opportuno che ella fosse informata dell'impressione che i provvedimenti militari del Principato avevano prodotto nel vicino Reame. Le sarò grato di tutte le notizie che su questo proposito, su questo importante argomento, le riuscirà procurarsi.

589

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL CONSOLE A SALONICCO, BRUNI

D. S.N. Roma, 8 marzo 1887.

Mi pervennero il suo telegramma 1 ed i suoi rapporti della presente serie in data 23 2 e 26 3 febbraio p.p. circa i maneggi del console francese a Massaua contro la sicurezza di quel nostro possedimento.

Le notizie da lei trasmesse, per le quali la ringrazio, confermano i sospetti che si avevano su quell'agente, e ci saranno utili al momento opportuno.

2 R. confidenziale s.n., non pubblicato.

3 Non rinvenuto.

588 1 Cfr. n. 561.

589 1 T. 243 del 26 febbraio, non pubblicato.

590

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO

T. 168. Roma, 9 marzo 1887, ore 17.

Je vous ai précisement télégraphié hier 1 qu'il faut substituer les mots « bons offices» au lieu et piace du mot «appui», qui figure dans le texte primitif du projet de note 2 .

591

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 309. Pietroburgo, 9 marzo 1887, ore 21,10 (per. ore 22,30).

L'ambassadeur d'Autriche ne m'a pas caché son mécontentement pour la conduite violente de la Régence bulgare et croit que désormais les démarches des Grandes Puissances devraient avoir pour but de la décider à se démettre.

592

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT,

R. 432. Londra, 9 marzo 1887 (per. il 13).

Tre giorni sono lord Salisbury parlando innanzi ad una riunione del club conservatore esprimevasi nei seguenti termini sulla situazione politica d'Europa.

«Non pretendo di penetrare il velo che copre l'avvenire d'Europa, né voglio scemare l'entità delle questioni che dividono l'Europa, o la sinistra importanza ed i pericoli dei vasti armamenti che si fanno concorrenza. Malgrado questi segni di cattivo augurio mi sembra tuttavia che la causa della pace vada guadagnando terreno, e, non solo secondo il mio giudizio, ma eziandio secondo quello delle persone colle quali mi trovo in contatto, e sono giudici competenti, la prospettiva di pace é decisamente più brillante che non era alcune settimane sono».

2 Scovasso comunicò con T. 341, non pubblicato, la trasmissione della nota collettiva, modificata come richiesto, al Governo marocchino. Il telegramma, spedito da Gibilterra il 17 marzo, venne inviato da Tangeri il 14 come si ricava dal R. 433 del 15 marzo, non pubblicato. La nota collettiva, nella sua versione definitiva è ed. in CuRATO, La questione marocchina cit., p. 293.

Le quali parole erano vivamente applaudite dai presenti; e producevano grande soddisfazione presso quelli che ogni mattino consultano la banderuola per sapere se spira vento di pace o di guerra.

Se non che questa impressione era grandemente scossa da un articolo che comparve jeri nello Standard, organo principale del partito che trovasi attualmente al potere. Dopo aver fatto menzione delle espressioni pacifiche di lord Salisbury, della posizione assunta dall'Italia fra le Potenze europee e della parte che essa probabilmente prenderebbe nelle eventuali complicazioni d'Europa, non che degli armamenti dell'Austria, l'articolo continua nei seguenti termini: «Ma il Paese può esser sicuro che un uomo di Stato nella sua posizione (lord Salisbury) si farà un'altra domanda. Supponiamo che lo czar violando i trattati esistenti, pieno di disprezzo e d'odio per la libertà della Bulgaria ed animato da un nuovo impulso dell'antica tradizionale ambizione della Russia, lanciasse in Oriente le furie di guerra; supponiamo che i bulgari facessero fronte, che i rumeni difendessero la santità del loro territorio, che l'Austria muovesse ad attaccare il fianco dell'aggressore, e finalmente che l'Italia offrisse di mandare centomila uomini in difesa degli interessi d'Europa. Tutto questo sarebbe opportuno. Ma non vi sarebbe un altra Potenza che sarebbe per cooperare in questa crociata contro il nefando e criminoso atto d'aggressione? E per parlar più chiaro, sarebbe la Nazione inglese per rimanere impassibile mentre l'Austria la Turchia e l'Italia, colla cauta approvazione della Germania, si opporrebbero alle onde invadenti della Russia? Non v'è che una sola risposta a siffatta questione. L'Inghilterra, dopo aver fatto tutto il possibile pel mantenimento della pace e per evitare la guerra, accetterebbe senza dubbio la sua parte nel difendere le libertà del popolo bulgaro ed evitare alla penisola balcanica la maledizione dell'annessiOne russa».

Io non credo che queste parole siano direttamente inspirate dal Governo, ma neppure credo che il giornale le avrebbe pubblicate se pensasse di far cosa sgradita ad esso. Per lo che ho giudicato opportuno di darne speciale contezza all'E.V.

Unisco al presente l'articolo stesso 1 ...

590 1 T. 164, non pubblicato.

593

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 923. Sofia, 9 marzo 1886 (per. il 21).

Ho l'onore di rendere grazie a V.E. del telegramma in data di ieri sera 1 , in cui, col riferirmi una comunicazione dell'ambasciatore russo a Roma, mi ordinava, tutto col rimanere nella riserva prescritta dal dovere di non mescolarsi negli affari

interni della Bulgaria, di dare a questo Governo dei consigli di moderazione e di prudenza. La sincera amicizia dell'Italia verso la Bulgaria faceva poi vivamente desiderare, che i consigli del r. rappresentante in Sofia fossero ascoltati ed apprezzati dalla Reggenza.

Io non mancai di parlare questa mane stessa in questo senso al signor Natchovitch, il quale accolse con molta gentilezza le mie parole, e mi disse: «I consigli dell'amica Italia sono sempre accolti da noi con gratitudine. Potete essere certo che io farò tutti i miei sforzi perchè nessuna nuova esecuzione abbia luogo, e so che il reggente Stambuloff concorda con me di parere come varii altri del Governo. Sapete quanto i bulgari sono contrarii alle esecuzioni capitali, e quale altro paese avrebbe traversato una crisi simile alla nostra con così pochi patiboli. Pensate che siamo in rivoluzione da 18 mesi e che da 6 mesi gli stranieri preparano ogni tentativo armato contro di noi. Circa poi ai maltrattamenti contro i carcerati politici i varii documenti, che vi ho rimesso (e che sono uniti ai precedenti miei rapporti) fanno fede che sono indegne calunnie dei nostri nemici».

Presi semplicemente nota delle parole di S.E. e senza nulla replicarle, nell'interno del mio cuore pensai, che come testimonio oculare di questi 18 mesi di rivoluzione e di trame continue, dovevo dargli ragione e che nessun altro popolo

o governo sarebbe stato capace di tanta pazienza e moderazione. Il signor di Burian parlò col signor Natchovitch nello stesso senso di me. Il barone di Thielmann, che già ieri ha telegrafato a Berlino, che non credeva

più a nuove esecuzioni capitali e che i maltrattamenti dei detenuti politici non erano considerati veri dalla gran parte dei diplomatici qui accreditati, ha avuto l'istruzione di unirsi ad un passo collettivo eventuale degli agenti per prescrivere la moderazione ed impedire nuove fucilazioni.

Questo mio rapporto conferma le varie notizie ch'ebbi l'onore di telegrafare 2 oggi a V.E.

592 1 Non si pubblica. 593 1 T. 165, non pubblicato.

594

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 10 marzo 1887, ore 21,50 (per. ore l dell'11 ).

J'avais eu soin de prévenir le chancelier d'Etat de l'arrivée du courrier extraordinaire. Il a été procédé aujord'hui mème à cinq heures à l'échange des ratifications chez le prince de Bismarck. Les trois plénipotentiaires ont signé le protocole relatif dont j'avais rédigé le texte d'après les instructions de V.E.

593 2 T. 305, non pubblicato.

595

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT,

R. CONFIDENZIALE 785. Parigi, 10 marzo, 1887 (per. il 13).

Questo ambasciatore di Germania, conte di Miinster, mi disse ieri di tenere da buona sorgente che in questi ultimi giorni la Russia aveva nuovamente offerto alla Francia di conchiudere con essa un alleanza in vista degli avvenimenti che possono turbare la pace dell'Europa. Di questa proposta si ebbe, non ha guarì, qualche sentore poiché si parlò di una convocazione del Consiglio dei ministri fatta in fretta per decidere una quistione importante. Pare che tale convocazione si riferisse alla proposta della Russia che non venne accettata. Ma ciò non toglie che qualche accordo esista tra quelle due Potenze rispetto alle cose di Bulgaria, giudicando dal contegno degli agenti francesi a Costantinopoli ed in Bulgaria e dai giornali francesi che si dicono obbedire alle influenze governative, esagerando le sevizie che il Governo bulgaro continuerebbe ad esercitare anche dopo di avere vinto la insurrezione che ne mise l'esistenza a repentaglio. Si assicura che parecchi giornali, fra altri Les Débats, il Figaro ed il Gaulois, sono sussidiati dalla Russia per sostenere quella tesi, e non sarebbe impossibile che siano da quel medesimo soffio ispirati gli articoli velenosi contro l'Italia che ogni giorno compaiono nei periodici, a proposito detta notizia sparsa che la Triplice Alleanza italo-germanica ed austriaca stia per essere conchiusa. Ciò che maggiormente desta l'irritazione in Francia è l'annunzio proveniente da alcuni giornali italiani stessi, cioè che in premio di quest'alleanza si attribuirebbe all'Italia qualche porzione del territorio francese. La viva immaginazione di questo popolo si agita a questo pensiero e rende talvolta difficili i rapporti sociali. Però debbo dire che nelle mie conversazioni cogli uomini del Governo, non mi fu mai fatta -allusione a questi rumori, anzi, nell'ultima conversazione che io ebbi ieri col signor Flourens, egli, benché si tenga sempre molto riservato, mi disse di non dissentire in sostanza da V.E. circa la risposta riferitami col di lei primo telegramma di ieri l'altro 1 , che ella dava a codesto ambasciatore di Russia, quando richiedeva il concorso del R. Governo per fare pervenire al Governo di Sofia consigli di moderazione e di prudenza. Ad ogni modo, ove le dicerie della Tribuna ed altri fogli italiani circa le condizioni della Triplice Alleanza rispetto alla Francia fossero infondate, sarebbe utile di smentirle in qualche modo, affine di rendere più facili i rapporti che i nostri due Paesi debbono per necessità avere di continuo fra di loro.

Ritornando alle cose di Bulgaria dirò che ultimamente il signor de Freycinet, parlando con una persona che mi riferiva la sua conversazione, esprimeva la persuasione che fra poche settimane, la Russia avrebbe occupato tutta o parte della Bulgaria 2•

595 1 T. 165, non pubblicato. 2 Per la risposta cfr. n. 605.

596

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL CONTE ANTONELLI 1

D. S.N. 2 Roma, 11 marzo 1887.

Alla lettera di re Menelik, relativa ai suoi ed ai nostri rapporti con re Giovanni d'Abissinia, risponde S. M. il Re con la lettera che qui acchiudo. Munita di copia, essa potrà da lei essere fedelmente tradotta, acciò codesto sovrano 3 ne abbia precisa conoscenza.

Ciò che è avvenuto di recente presso Massaua, ci impone di attentamente studiare ogni lato della questione prima d'impegnarci, con deliberazioni e provvedimenti, ad un'azione ulteriore. L'atteggiamento di re Menelik, in questa nuova fase della situazione, ha, agli occhi nostri, decisiva importanza; epperò non sarà mai soverchia, da parte di lei, diligenza ed accortezza perché non ci facciano difetto, a questo riguardo, tutte le desiderabili agevolezze, o quanto meno informazioni esatte, pronte e sicure.

Sopra ogni altra cosa, importa che, dei casi di Massaua, re Menelik sia informato secondo la giusta realtà dei fatti. Nella lettera qui acchiusa, S.M. il Re si riferisce, per le particolarità dei fatti, a ciò che ella sarà per dire; ed io, a mia volta, prego il generale Genè di farle pervenire, assieme con questo mio dispaccio, una relazion~ completa e veridica dei· fatti stessi. Intanto mi preme di mettere in sodo questi punti, sui quali gioverà che ella richiami in ispecial modo l'attenzione del sovrano di Scioa.

l. La nostra occupazione a Massaua fu, sin da principio e sempre si mantenne, di carattere essenzialmente pacifico. Volemno provvedere alla sicurezza del Paese e allo svolgimento dei commerci; mai non pensammo a suscitare conflitti con l'Abissinia, e meno ancora ad invaderne il territorio.

2. -L'avere collocato posti di basci-buzuk a Saati nell'agosto 1885, e a Uaà nel settembre 18864 , non ebbe altro scopo all'infuori di quello dichiarato dal comando superiore, quello cioè di meglio provvedere al servizio di scorta per le carovane attraverso a contrade infestate da ladroni e da fuorusciti abissini. 3. -Se, nel gennaio scorso, furono collocati soldati regolari a Uaà e a Saati, fu solo in seguito all'atteggiamento improvvisamente minaccioso di 5 ras Alula. 4. -Alla intimazione di ras Alula di sgombrare quei due punti, ed all'imprigionamento di pacifici viaggiatori italiani, l'uno accompagnato da un

2 Si pubblica la minuta conservata in ASMAI in luogo della copia su registro (come di consueto), riportando quest'ultime varianti dovute ad errore del copista, non presenti, salvo alcune eccezioni, né nella minuta né nell'originale. Quest'ultimo ci è noto attraverso copie autentiche redatte dal Commissariato civile ad Assab, tramite della corrispondenza tra il Ministero degli esteri ed Antonelli (così in D. 745 del 12 marzo, non pubblicato).

3 «Governo» nella copia su registro e nelle copie dell'originale di cui si è detto. 4 «Giugno 1885» e «novembre 1886», rispettivamente per l'occupazione di Saati e per quella di Uaà, nelle copie di cui a nota 3. 5 L V 66: «imprudente tenuto da».

giovamss1mo suo figlio, il generale Genè rispose, come era dover suo di soldato, fermamente, ma pur adoperando ancora parole di pace e di amicizia.

5. La responsabilità del sangue versato, dall'una e dall'altra parte, ricade tutta su ras Alula, il quale implicitamente ne fa ora confessione quando ammette d'essere stato tratto in errore, da rapporti menzogneri, sulle intenzioni degli italiani.

In questo punto si compendiano gli avvenimenti di Massaua, e non dubito che la S.V. saprà metterli convenientemente in luce. Quali che siano per essere le risoluzioni di re Menelik, non potrà, principe di mente elevata ed imparziale, non riconoscere che la ragione sta tutta dalla parte nostra. Sono disposizioni che importa far sorgere nell'animo di codesto sovrano, acciò possiamo giovarcene nel tempo e nel modo che le circostanze saranno per additare.

Qui acchiudo un dispaccio in cifra.

ALLEGATO I

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL CONTE ANTONELLI

D. CIFRATO. Roma, 11 marzo 1887.

Ogni decisione nostra rispetto al contegno da tenersi verso l'Abissinia, e più specialmente rispetto ad eventuali operazioni militari verso l'interno è rimandata a stagione più propizia. Importante elemento di giudizio sarà, per noi, l'atteggiamento di re Menelik. Desidero che la S. V. mi informi in proposito il più sollecitamente che sia possibile. La risposta di lei deve soprattutto riferirsi a questi tre punti.

· l. È disposto re Menelik a prestarci, nel momento opportuno, una effettiva cooperazione contro re Giovanni?

2. Quale sarebbe, eventualmente, l'effetto utile di tale cooperazione?

3. In difetto di cooperazione effettiva, possiamo fare assegnamento, da parte di re Menelik, sopra un atteggiamento tale da obbligare re Giovanni a tenere parte delle sue forze in osservazione verso il sud, o quanto meno sopra una assoluta neutralità nel conflitto?

ALLEGATO Il

IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, AL RE DELLO SCIOA, MENELIK II

L. Roma, 11 marzo 1887.

Con lettera in data 4 segueme 1878 6 , Vostra Maestà mi ha fatto note le ragioni per le quali le piacque che il conte Antonelli, mio suddito amatissimo, rimanesse ancora per qualche tempo presso la sua persona. Con la schiettezza d'una mutua ed inalterabile amicizia. Vostra Maestà mi porgeva, in questa circostanza, nuovo pegno del desiderio suo, che siano sempre meglio riconfermati e rassodati i rapporti di benevolenza felicemente esistenti tra i nostri

due Paesi. Come ebbero presso la Maestà Vostra costante favore e confidenza il marchese Antinori dapprima, ed ora il conte Antonelli, cosi sin da questo momento sappia Vostra Maestà che i suoi ambasciatori, tosto che giungano alla mia corte, troveranno la più cordiale accoglienza. Dolorosi avvenimenti si sono compiuti presso Massaua, dove il mio Governo aveva intrapreso opera di civiltà e di pace, che è mio fermo proposito di continuare. Il conte Antonelli dirà ogni cosa alla Maestà Vostra, secondo verità e giustizia. Desidero che la Maestà Vostra presti piena fede alle parole di così sperimentato e sicuro personaggio. Spetta alla Somma Provvidenza di scrutare i cuori e recare inappellabile giudizio sulle opere umane. Certo gravissima fu la colpa di chi provocò l'eccidio tra cristiani e cristiani, ed io sento non tanto il dolore per la perdita di valorosi soldati miei, eroicamente periti, quanto lo sdegno per l'ingiuria recata alle leali intenzioni del mio Governo. Però, quali che siano per essere le mie risoluzioni future, voglio ancora una volta dichiarare che, divenuti, per la occupazione di Massaua, finitimi i miei dominii con quelli del sovrano di Etiopia, non mai potei immaginare che avesse a sorgerne divergenza o conflitto. Vostra Maestà vide benedette le sue armi anche là dove altri sudditi miei, inermi viaggiatori, erano stati vittime di crudele assassinio. Desidero che con la Maestà Vostra sia pace ed amicizia perpetua. Così sia fatta la volontà del Signore e siano lungamente felici per Vostra Maestà gli anni di regno.

596 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo V, pp. 65-67 e, con varianti, in LV 66, pp. 260-262.

596 6 Cfr. l'allegato al n. 93.

597

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4352. Berlino, 11 marzo 1887 (per. il 14).

Dans un entretien avec le secrétaire d'Etat, j'ai fait allusion à certains bruits répandus parla presse, d'après lesquels le Vatican, encouragé par les démonstrations amicales dont il est l'objet à Berlin, s'agiterait maintenant pour s'attribuer un ròle de haute politique entre l'Allemagne et la France (télégramme de V. E. du 7 mars)l.

Le comte Herbert de Bismarck ignorait si, dans l'entourage du Pape, on caressait, entre autres, le rève de médiateur ou d'arbitre entre ces deux Puissances. Léon XIII est trop circonspect, trop rusé, pour se prèter à un semblable jeu. La note du cardinal Jacobini en date du 21 janvier, indiquant, parmi !es motifs qui induisaient la papauté à soutenir le Cabinet de Berlin dans la lutte électorale, celui de préparer la voie à une amélioration de la situation du pontife à Rome, a donné lieu à bien des commentaires dans les journaux. Quelques-uns allaient jusqu'à supposer une sorte d'entente pour le rétablissement du pouvoir temporel. Ils oublient complètement que l'Allemagne n'avait en vue que des inté"rèts particuliers à elle, concernant ses affaires intérieures. Et quant à revenir sur des faits accomplis, ce n'est plus chose de nos temps. Au reste vous savez, ajoutait le secrétaire d'Etat, de quelle nature sont les rapports d'amitié entre l' Allemagne et l'Italie, et si la presse pouvait s'en rendre mieux compte, elle ne commettrait pas de tels écarts dans ses appréciations.

J'ai répondu, que j'attachais si peu foi aux divagations des gazettes sur ce point, que je m'abstenais rigoureusement d'en parler; que d'ailleurs l'Italie faisait bonne garde pour la sauvegarde de ses propres intérèts.

De son còté, le chancelier me disait hier incidemment que Léon XIII avait rendu un grand service à l'Allemagne, et qu'il était dès lors nature! qu'une louange publique eùt mis en relief cette attitude des plus bienveillante de Sa Sainteté. En effet !es membres de la fraction du centre sont désormais dans la fausse position, s'ils persistent à ne pas écouter la voix de leur chef religieux, de passer pour rebelles à la fois au pape et à l'empereur.

S'il ne faut pas exagérer la portée des relations de confiance mutuelle établies entre Berlin et le Vatican, il ne convient pas non plus de n'en tenir aucun compte. Il nous importe, dans cet ordre d'idées aussi, de continuer à vivre en bons termes avec !es Cabinets de Berlin et de Vienne, car autrement ils disposeraient d'un grand levier pour nous susciter de sérieux embarras.

597 1 Cfr. n. 582.

598

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT,

R. 956. Massaua, 11 marzo 1887 (per. il 27 ).

Coi miei telegrammi, 9 1 e 11 2 corrente nn. 66-67, informai succintamente V.E. dell'arrivo in Massaua del signor maggiore Piano, del messaggio di cui era latore, e della decisione da me presa in proposito.

Qui accludo la traduzione della lettera 6 corrente di ras Alula, portatami dal maggiore Piano 3, e copia della mia risposta, che per lo stesso mezzo mando questa sera al capo abissino 3 .

Questi, nella sua missiva, dopo avere nuovamente accennato a barambaras Kafel ed a Hamed Kantibay, chiede la consegna di otto assaortini, seguaci di Etmanò, che lo avrebbero abbandonato dopo essere stati colle sue truppe a Dogali, ed i fucili del negoziante Vogt di cui è cenno in uno dei miei precedenti rapporti settimanali sotto la data del 15 gennaio p.p 4•

Nella sua lettera ras Alula non fa cenno alcuno della liberazione dei nostri prigionieri; però il maggiore Piano confermò ripetutamente quanto scrisse Savorioux, che il ras giurò «per la morte di Giovanni» -che è la formola più sacra di giuramento in Abissinia-che, se noi concedevano quanto chiedeva, egli li avrebbe lasciati in libertà.

Cfr. n. 604. 3 Non si pubblicano gli allegati. 4 Non pubblicato.

E la stessa assicurazione viene data, come già accennai, in un biglietto del conte di Savoiroux portatemi da Piano, di cui unisco copia 3 nel quale è notevole la frase «come vede, hanno paura e fanno i prepotenti». Ma sì Savoiroux che gli altri vedono ormai solo le cose dal punto di vista di prigionieri impazienti di essere liberati.

Per il cenno che nella lettera del conte Savoiroux si fa di altra del console francese vedasi mio rapporto in data 12 corrente n. 959 5 .

Al biglietto di Savoiroux andava unito uno schema della lettera che il ras avrebbe dovuto scrivermi, secondo l'accordo fatto dai prigionieri, del quale schema unisco copia 3 . In realtà, poi, Alula scrisse in modo assai differente. È assai meno esplicito per barambaras Kafel, cui accenna soltanto quasi con disprezzo, e non parla di accettazione di trattati per parte nostra, ma soltanto di pacificazione tra abissini e turchi, fatta per intervento degli inglesi.

Ed in ciò la lettera del ras è per noi migliore che non lo schema concordato coi prigionieri.

Mar per contro, nello scritto di Alula non si trova il benché minimo cenno di liberazione dei prigionieri, ed alla pace si fa solo una leggerissima allusione, dicendo essere preferibile l'amicizia con lui che con pastori di buoi, nella qual frase non manca una buona dose di orgoglio e di impertinenza.

Il maggiore Piano mi riferì che Savoiroux, giunto ad Asmara giovedì, 3 corrente, passando davanti alla sua tenda, gli disse che le loro speranze di liberazione erano aumentate per le concessioni che io mi mostrava disposto a fare.

Il ras chiese se i guardiani dei bufali e dei buoi, che io aveva concesso che il console di Francia facesse ritornare in Abissinia con Savoiroux, fossero stati messi in Massaua ai ferri; sulla risposta che noi non siamo usi a commettere tali barbarie, soggiunse che per lui sarebbe stato indifferente se anche li avessimo fatti uccidere.

I capi si dimostrano lieti delle concessioni che io era disposto a fare, ed il ras stesso pareva in buone disposizioni, avendo quasi deciso di mettere in libertà, il figlio del maggiore Piano. Ma poi, in seguito ad avergli il soldato, che accompagnava Savoiroux, detto che l'avevamo fatto partire da Massaua di notte, perché non vedesse le tende di barambaras Kafel, il ras manifestò la sua credenza che questi non fosse partito, ma si trovasse nascosto in città.

Piano conferma quanto scrive pure Savoiroux circa il rifiuto dei prigionieri di venire, qualcuno di essi, a Massaua per la questione se barambaras Kafel qui stava ancora, o no, e la specie di compromesso, cui poscia addivennero col ras, e che questo mantenne solo imperfettamente.

Il maggiore Piano mi riferì pure che, il 25 febbraio ultimo ras Alula, in presenza di Savoiroux, Salimbeni, e di tutti i suoi capi, disse il negus disapprovava la sua condotta, e che desiderano la pace a qualunque costo, e che il ras soggiunse pure essere venuto a Saati in un momento di collera, ma che anch'esso desiderava la pace. Si fu dopo ciò che il conte Salimbeni mi scrisse la lettera mandatami per mezzo del conte di Savoiroux e trasmessa in copia a V. E. col mio rapporto 27 febbraio p.p., n. 935 6 .

Per quanto mi riesca il dover cedere alle pretese del capo abissino, nullameno mi decisi a questo passo nella lusinga di poter infine togliere dalla triste posizione, in cui si trovano, i nostri connazionali, e non vedendo d'altronde altro mezzo per conseguire tale scopo.

Fui spinto anche a ciò del fatto che Salimbeni e gli altri si sono compromessi troppo; diedero l'arrivo dei fucili e degli assaortesi per così sicuro, che già era stato inteso che, nel mattino di domani (12), fra Ailet e Saati si sarebbe trovata la scorta abissina per sostituire la nostra che avrebbe accompagnato Piano.

Scrissi però al ras che doveva liberare Salimbeni, i suoi compagni ed i suoi servi e che, se non li liberava, la pace fra noi non sarebbe fatta.

Questa sera parte il maggiore Piano per Asmara, e con lui s'accompagna il signor Vogt, che porta ottocento fucili avancarica al ras, al quale fo consegnare eziandio cinque degli assaortini chiestimi.

Una scorta di baschi-buzuc accompagna tutta questa carovana sino verso ad Ailet, dove troverà la scorta abissina.

lo mi auguro che il maggiore Piano.ed i suoi compagni non siansi illusi nelle loro assicurazioni di ottenere la libertà col sacrifizio che ora siamo costretti a fare, ma temo ognora che non tanto facilmente il ras voglia privarsi di ostaggi sulla cui detenzione esso fa certamente grande assegnamento.

Unisco una relazione di quanto si potè sapere dai due soldati che accompagnarono il maggiore Piano, nella quale è specificamente degno di nota appunto come sia opinione in Abissinia che il ras vuole largamente sfruttare i nostri connazionali prigionieri per ottenere la pace, regali, armi e munizioni da guerra.

598 1 T. 317, non pubblicato.

598 5 Non pubblicato. 6 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia, Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 54-58.

599

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 12 marzo 1887.

Merci de vos deux lettres du 28 février et du 7 mars 1 . Vos prévisions se sont confirmées, le Ministère déjà affaibli par cette malencontreuse crise, a subi une rude attaque à la réouverture des Chambres, et le 34 voix de majorité sont descendues à 20. S'il ne survient pas quelque événement qui oblige !es partis à faire taire leurs rancunes, leurs ambitions, et à serrer !es rangs, nous glissons vers un Cabinet Crispi, dont M. Depretis a posé en quelque sorte la candidature espérant qu'elle servirait d'épouvantail. Mais cette manoeuvre n'a eu qu'un très mince succès. C'est la récompense pour notre bonne politique étrangère. Ainsi va le monde où !es ingrats ou !es oublieux forment légion. Comme vous gardez votre portefeuille par obéissance au roi, ce noble et patriotique sentiment vous

soutiendra au milieu des amertumes et des mécomptes inévitables dans la vie publique. En attendant ne désespérons pas encore qu'il s'élève quelque bon vent qui fasse mieux tourner notre moulin, et permette aux conseillers actuels de la Couronne de rester en piace.

Sans aller aussi loin que ceux qui affirment que dans un de ses discours le prince de Bismarck nous a traité un peu sous jambe, car il disait en substance, en nous plaçant sur la mème ligne que l'Angleterre, que nos rapports étaient excellents, sans admettre clone qu'il ait été parlé de nous avec un certain dédain, je reconnais que le langage aurait pu ètre plus chaleureux pour un allié, et qu'il en serait résulté quelque avantage pour notre opinion publique surtout en présence des démonstrations en faveur du Vatican. A deux reprises j'y ai fait des allusions, et insistè sur l'utilité dans un intérèt mutue! de faciliter votre tàche. Mes allusions ont été rapportées au chancelier. Il ne demandait pas mieux de s'expliquer à la Chambre dans des termes qui mettraient toujours plus en relief le haut prix attaché aux relations entre l'Allemagne et l'Italie, mais il faudrait que l'occasion se présentàt tout naturellement; et la faire naìtre n'est pas facile. Mais pour témoigner publiquement combien il tenait compte de l'Italie et de son ministre des affaires étrangères, il se proposait d'engager son souverain à vous conférer l'Aigle noire. C'est alors qu'il me faisait demander qu'avant d'en parler à Sa Majesté, il désirait entendre mon avis pour savoir si la chose vous serait personnellement agréable; dans le cas contraire il s'abstiendrait. Je n'ai pas hésité à répondre carrément oui pour les motifs que je vous ai télégraphié 2 •

Je crois moi aussi que l'arrivée du due d'Aoste à Berlin fournira une excellente occasion de conférer au comte Herbert le grand cordon de Saint-Maurice, et qu'il vaut mieux s'abstenir de tout échange. Je vous demande seulement de proposer au roi d'accorder les croix d'officier de la Couronne à M. Wollmann conseiller aulique chef du bureau centrai, et à M. Willisch conseiller intime aulique chef intérimaire du bureau du chiffre. Ces deux employés du Département impérial des affaires étrangères ont été spécialement occupés durant les négociations ici et entre Berlin et Vienne. Lors mème qu'en principe on n'admette pas ici la concession de décorations pour traités, congres, etc., il a été fait des exceptions à cette règle lorsque Berlin est le centre des négociations.

Dans ce cas quelques employés secondaires sont décorés. C'est ce qui a été pratiqué pour le Congrès de Berlin en 1878 et pour la Conférence africaine en 1885. Je sais d'ailleurs qu'on verrait ici avec plaisir que les deux fonctionnaires précités fussent distingués. Je vous en fais clone la proposition.

D'après le télégramme que je viens de vous adresser\ voilà Keudell dégommé. Mais aussi pourquoi se mettre mal avec Cappelli et Peiroleri pour l'affaire Pozzonelli? Au reste il branlait au manche depuis plusieurs mais. J'ai entendu plus d'une insinuation qu'un mot de notre part suffirait pour amener son rappel. J'ai toujours déclaré que je n'avais pas souci de nuire a la carrière de qui que ce fùt, et surtout d'agir en quelque sorte en traitre. J'ai fait la sourde oreille.

Peut-ètre en demandant à ètre mis «Zeitweilen im Rufenstand» a-t-il cru qu'on refuserait et que sa position ébranlée se consoliderait par là. Mais on l'a pris au mot. On ne serait pas étonné qu'il s'agitàt maintenant pour sumager, et qu'il mit tout en oeuvre pour rester à flot. Il me devait un peu sa nomination à Rome. Je ne pouvais contribuer à l'en éloigner. Bien loin de là j'ai placé par-ci par-là quelques mots en sa faveur. Je sais qu'en certaines circonstances il n'en a pas tenu compte. Mais il est un peu beaucoup dans la nature humaine de rendre le mal pour le bien. Je ne m'en préoccupe pas autrement, et je suis mon chemin comme si de rien n'était

Le grand-maitre de la Cour du due d'Aoste m'avait écrit que Son Altesse Royale serait ici le 22 vers midi. J'ai répondu que ce serait trop tard, les félicitations se faisant ce jour mème dans la matinée. Il me dit aussi que Son Altesse Royale ainsi que je l'avais conseillé vu les nombreuses arrivées de princes et les embarras que cela cause, déclinera la garde d'honneur à la gare. Cela n'empèche pas d'arriver en uniforme parce qu'il sera reçu à la station par l'un ou l'autre des princes de Prusse et conduit au chàteau dans les voitures de la Cour. Je crains seulement qu'il n'arrive à la gare en uniforme de général italien, se reservant d'endosser en suite celui de colone! de son régiment des hussards prussiens. Peut-ètre pense-t-il que venant ici représenter notre roi, il convient de paraitre au moins en arrivant avec la devise nationale. Mais il est de règle ici ou du moins usage de courtoisie, que le prince étranger se présente dès son arrivée avec l'uuiforme du régiment dont Sa Majesté l'Empereur l'a nommé colone! propriétaire. C'est ainsi qu'agissent les arciducs d'Autriche, le' grand-due de Russie et le prince de Galles. Tàchez, sans me nommer, de faire bien préciser au due d'Aoste ce qui comporte sous ce rapport l'étiquette à cette Cour. Je suis presque certain qu'il n'est pas au courant de nos accords avec l'Allemagne et l'Autriche. Veuillez, le pouvant, me télégraphier quelques mots à ce su jet 4 pour que je puisse en prévenir la Cour et le prince de Bismarck afin qu'ils sachent si et dans quelle mesure on peut toucher à cette corde.

Je reçois à l'instant votre télégramme 5 . Je me rendrai votre interprète auprès du chancelier et de l'empereur. Je suis bien aise que vous ayez accepté mes félicitations les plus cordiales, car il me passait par le cerveau que je m'étais peut-ètre trop avancé en outrepassant votre manière de voir sans avoir pu vous pressentir. Maintenant tous mes voeux sont que la Consulta vous conserve longtemps dans ses murs pour le grand bien du roi, du Pays et de notre diplomatie.

J'ai fait votre commission à votre neveu qui se rappelle affectuesement à votre souvenir. Pardon de cette écriture presque illisible. Je suis talonné par le départ du courrier. Je vous serre très cordialement la main tout hereux que vous continuiez à diriger notre politique étrangère.

599 1 Non rinvenute.

599 2 T. s.n. del IO marzo, non pubblicato. 3 Non rinvenuto.

599 4 Con T. s.n. del 16 marzo, non pubblicato, di Robilant invitava a mettere al corrente il duca d'Aosta in via generale del rinnovo della Triplice Alleanza. 5 Con T. s.n. dell'Il marzo, non pubblicato di Robilant aveva pregato di ringraziare il cancelliere e l'imperatore per il conferimento dell'Aquila nera.

600

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Londra, 13 marzo 1887, ore 23 (per. ore l del 14).

L'ambassadeur d'Allemagne vient de me dire qu'hier encore à Vienne on ne savait point que V.E. partageait l'avis de lord Salisbury au sujet du mode d'adhésion du Gouvernement austro-hongrois à l'accord italo-anglais. Le comte de Hatzfeldt est dans l'impression que le comte Kalnoky attend de recevoir cette information de Rome pour prendre une resolution à ce sujet.

601

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ

T. 179. Roma, 14 marzo 1887, ore 18,30.

Je crois moi-aussi que réoccupation Saati pourrait coùter la vie à nos compatriotes prisonniers mais, d'autre part, le sang v~rsé a Dogali demande una réparation; l'honneur de l'Italie l'exige; il ne peut donc s'agir que du moment plus ou moins prochain à choisir pour réoccuper Saati et livrer bataille à Alula s'il veut nous en déloger. Le Gouvernement du roi réserve donc encore là-dessus sa décision mais quant à un arrangement pacifique nous ne pouvons y penser qu'après avoir pris une révanche. Cachez vòtre jeu afin, s'il est possible, que les prisonniers soient délivrés mais ne vous engagez pas dans une véritable négociation de paix car notre intention bien arrètée est celle que je viens de vous faire connaìtre 1 .

602

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

T. S.N. Roma, 14 marzo 1887.

Je ne comprends pas trop ce que le comte Hatzfeldt vient de vous dire 1 . J'avais, depuis le 6 de ce mois, communiqué à Nigra votre télégramme du 52 , en lui

Cfr. n. 578.

adressant en mème temps, au sujet de la méthode suggérée par lord Salisbury, un télégramme textuellement identique à celui que je vous expédiais le mème jour3 . Nous ne pouvions naturellement pas imaginer que Kalnoky voulùt connaìtre nos intentions sans nous interroger, et nous ne nous considérions pas, d'autre part, autorisés à intervenir dans un échange de communications qui se faisait exclusivement entre Vienne et Londres. Si maintenant vous croyez que cela n'est pas jugé indiscret par lord Salisbury, je n'ai aucune difficulté à télégraphier à Nigra de faire part au comte Kalnoky de la confidence que le Cabinet de Londres vous a faite et de notre point de vue là-dessus, co!ncidant avec le point de vue anglais. J'attends votre réponse 4•

601 1 Si fa riferimento, probabilmente, al T. 175 del 12 marzo, non pubblicato, col quale di Robilant chiedeva se fosse già stato stabilito il blocco delle coste per impedire il commercio con l'Abissinia. 602 1 Cfr. n. 600.

603

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 788. Parigi, 14 marzo 1887 (per. il 18).

Prima che mi giungesse il dispaccio di V. E. in data dell'8 corrente (politico n. 1177/70) 2 , io aveva già avuto col signor Flourens un lungo colloquio relativo a Massaua e più particolarmente intorno al console francese signor Soumagne. In quella conversazione io tenni un linguaggio prudente, tale da non promuovere la menoma suscettibilità e quale lo desiderava il dispaccio posteriore anzi citato dell'8 corrente. Però non potei astenermi dal notare che il signor Soumagne, probabilmente per effetto della malattia di cui soffre, mostrasi talvolta inquietante, ma non potei accennare in modo esplicito che al fatto accennatomi da V. E. in un precedente suo dispaccio, quello cioè della velleità che una volta egli aveva avuto di invocare le capitolazioni per sottrarre un cittadino o protetto francese ai tribunali italiani di Massaua. lo colsi quella opportunità per fare conoscere l'ordinamento amministrativo giudiziario introdotto dal R. Governo in: Massaua e nelle dipendenze di quella piazza, notando anzitutto che dessa è piazza da guerra. Dimostrai che quell'ordinamento presentava tutte le garenzie desiderabili per gli stranieri e gli indigeni, pari a quelle per gli italiani stessi e non minori certamente di quelle di cui si gode in Tunisi sotto il regime vigente. Notai che le altre Potenze, ad eccezione della Francia, non avevano consoli a Massaua e mostrano piena fiducia nella imparzialità della amministrazione italiana. Per cui si poteva considerare come bastante a tutelare gli interessi francesi in Massaua il cancelliere del consolato, a cui il signor Soumagne, nel partire, doveva consegnare gli archivi del Consolato.

4 Con T. s.n. del 16 marzo non pubblicato, Corti asseriva che le impressioni di Hatzfeldt erano erronee e che l'ambasciatore d'Austria-Ungheria aveva ricevuto istruzioni di aderire alle note itala-inglesi. 603 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 68-69.

2 Recte D. 1077/70 col quale di Robilant dava istruzione a Menabrea di far comprendere, con «linguaggio meditatamente nebuloso», che la presenza di Soumagne a Massaua non era gradita.

Se poi il signor Soumagne non ritornasse più a Massaua (ciò che sembrava possibile attesa la cattiva condizione della sua salute) e se la Francia intendesse di surrogarlo con un nuovo console, vi sarebbe la quistione dell'exequatur da regolare.

Dichiarai, come opinione mia personale, non sembrarmi che il R. Governo potesse riconoscere un exequatur che fosse dato o dal Governo turco o dall'egiziano. Ed in vero, il sultano che per lo passato non ebbe che una autorità più nominale che reale su Massaua, cedette, non ha guari, i suoi diritti su quella piazza, al Khédive; questo a sua volta non aveva opposto difficoltà di fatto ed effettiva al nostro stabilimento in Massaua, alla occupazione di quella piazza per parte delle truppe italiane ed all'ordinamento di un'amministrazione completa in quella località, in sostituzione di quella egiziana che era ridotta ad uno stato rudimentario e d'impotenza; per cui io riteneva che l'exequatur non potrebbe essere dato che dalla autorità effettiva che regge quel brano di terra, cioe dal R. Governo. Quest'ultimo principio non fu contestato dal signor Flourens; egli stesso mi citava Madagascar dove, nel territorio occupato dai francesi, l'exequatur ai consoli è dato dal Governo della Repubblica. Citai a mia volta l'isola di Cipro, dove l'exequatur è dato dal Governo inglese; avrei potuto anche accennare all'Erzegovina e la Bosnia, attualmente in mano degli austriaci, che si trovano in condizioni simili. Pare adunque che su quel punto non vi sarà divergenza tra noi ed il signor Flourens. In quanto al signor Soumagne, egli sembrava ammettere che talvolta quest'ultimo ha potuto essere colto dal morbus consularis. Senza pronunziarsi sul rinvio del signor Soumagne a Massaua o sulla surrogazione con un altro console, egli ha riconosciuto che il nostro ordinamento pareva offrire ogni garanzia, e mi pregava intanto di fargli avere un esemplare della memoria sull'ordinamento politico-amministrativo di Massaua, che da oggi ho chiesto per telegrafo alla E. V. 3

Debbo dire che in sostanza il signor Flourens si mostrò molto arrendevole e desideroso di non urtare le viste di V.E. rispetto a Massaua.

602 3 Non pubblicato.

604

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, 1

T. 332. Suez, 15 marzo 1887, ore 17,15 (per. ore 17,55).

Massaua, 11 marzo 1887. N. 67. *Profite du «Polcevera» pour annoncer que * Piano partira demain soir avec quelques voleurs et un achat fusils, fait depuis longtemps par Alula et séquestré par nous, cause derniers événements. Le tout est demandé par Alula, pour la libération des prisonniers, qui selon affirmation Piano, serait assurée, et que je ne saurais obtenir autrement 2 .

604 1 Ed. in italiano e con l'omissione del brano fra asterischi in LV 60, p. 86.

Cfr. n. 612.

603 3 Non registrato nel registro dei telegrammi in arrivo.

605

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. PER CORRIERE 1082. Roma, 15 marzo 1887.

Ho ricevuto il pregiato rapporto di questa serie n. 785 1 che l'E.V. m'ha indirizzato il 10 corrente, riferendomi le notizie avute da codesto ambasciatore di Germania sulle offerte fatte dalla Russia al Governo francese in previsione agli avvenimenti che potrebbero turbare la pace dell'Europa. La ringrazio per così interessanti informazioni. L'E.V. ha pure richiamato nello stesso rapporto la mia attenzione sulle voci sparse per i giornali circa le nostre alleanze. Non sarebbe certo opportuno di occuparci delle fiabe che corrono sui giornali, sia perché le smentite, se ufficiali, ci impegnerebbero poi costantemente a smentire le voci ulteriori, il che potrebbe cagionare inconvenienti ed imbarazzi, sia perché nel caso presente, la Tribuna, cui l'E.V. particolarmente allude, ha successivamente smentite le sue proprie notizie.

Del resto, secondo informazioni aventi buon fondamento, le fiabe messe in giro, sopra certi giornali italiani intorno ad alleanze, compensi territoriali, ecc., sarebbero, direttamente ed indirettamente, di origine francese. Voglionsi creare impacci al presente nostro indirizzo di Governo? O sperasi, provocando rettificazioni, di giungere a più precisa conoscenza della situazione? Sia vera l'una o l'altra ipotesi, miglior partito è di non curarsi affatto di quelle elucubrazioni. Piuttosto mi piace di prendere nota del riserbo dimostrato, intorno a codesti argomenti, dal signor Flourens. Il quale riserbo riesce tanto più opportuno, in quanto che ben diverso è il contegno di questo signor ambasciatore di Francia.

Il conte de Mouy, scostandosi dagli usi costanti e dalle buone tradizioni della diplomazia, già più di una volta mi ha rivolto interrogazioni indiscrete, alle quali, poiché il mio interlocutore non sembrava intendere come desse mi apparissero singolari, ho dovuto alla fine rispondere con qualche vivacità. Non potei, fra le altre cose, trattenermi dal far capire al conte de Mouy che certi procedimenti, se possono giovare nelle relazioni con gli stati minori, non sono invece ammissibili affatto nei rapporti con le Grandi Potenze.

606

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4358. Berlino, 15 marzo 1887 (per. il 21).

Il m'a paru opportun de donner confidentiellement connaissance au secrétaire d'Etat de la note collective concertée entre l es représentants d'Italie, d'Angleterre et d'Espagne au Maroc, pour ètre remise au Gouvernement schérifien.

J'ai signalé la variante proposée par le Cabinet britannique et que nous avions acceptée, à savoir de substituer, dans la première phrase du deuxième alinéa, aux mots «leur appui» les mots: «leur bons offices».

Le comte de Bismarck m'a remercié de lui avoir lu ce document. Il me priait de lui en laisser copie. Je n'ai vu aucun inconvénient à condescendre à un semblable désir. Il nous convient au contraire de tenir le Gouvernement impérial au courant de la négociation.

605 1 Cfr. n. 595.

607

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 218. Costantinopoli, 15 marzo 1887 (per. il 22).

Un telegramma dell'Havas, partito (se non erro) da Parigi, dava giorni sono la notizia, che il nuovo trattato d'alleanza italo-austro-germanico stipulava in favore dell'Italia l'acquisto della Tunisia e della Tripolitania. Questa notizia commosse la Sublime Porta, che vietò la pubblicazione del telegramma; ma commosse ancor più il sultano, che fece tosto chiedere per telegrafo al suo ambasciatore a Roma delle spiegazioni sull'attendibilità della notizia data dall'Havas. Photiades pascià rispose che all'esistenza del trattato egli fermamente credeva, ma considerava la pretesa stipulazione relativa alla Tripolitania come una maligna invenzione di chi ha interesse a creare diffidenze e dissapori tra la Turchia e l'Italia.

Tutto ciò ho saputo in via confidenziale ed indiretta, ed è una nuova prova dei continui sospetti che qui si nutrono verso di noi ad onta delle nostre esplicite dichiarazioni riguardo a Tripoli. Questi sospetti facili a penetrare in un animo diffidente come quello del sultano, sono poi mantenuti vivi dalle insinuazioni di qualche rappresentante estero, che non cessa dall'attribuirci velleità di conquiste nel Mediterraneo.

608

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

T. S.N. Roma, 16 marzo 1887, ore 15,40.

Reçu votre télégramme de ce matin 1 . N otre acceptation de l'adhésion austrohongroise étant acquise a l'avance, ainsi que je vous l'ai déjà télégraphié 2 , il y aurait

608 1 T. s.n. del 16 marzo, non pubblicato. 2 T. s.n. del 6 marzo, non pubblicato.

avantage, selon moi, à ce que l'échange des pièces se fit à Londres simultanément entre !es trois Cabinets. Je désirerais seulement connaitre, avant que vous ne donniez votre signature, la partie substantielle du texte de ces pièces. Veuillez tàcher de vous concerter là-dessus avec l'ambassadeur d'Autriche et lord Salisbury.

609

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DEPRETIS 1

L. Roma, 16 marzo 1887.

Pervennemi ieri sera il telegramma che qui le unisco 2 .

Il fatto dell'invio dei fucili a ras Alula, è ai miei occhi talmente insensato, talmente grave, che credo non abbiamo che un mezzo solo per far tacere il grido d'indignazione che quella notizia produrrà oggi in Paese, e questo si è l'immediato richiamo del generale Gené, e la sua contemporanea sostituzione con altro generale.

Ho manifestato al collega Ricotti tale mio modo di vedere, da cui parmi egli non dissenta: siccome però una determinazione di tale natura necessiterebbe una deliberazione del Consigilio, così mi permetto pregare l'E.V. a volermi convocare per oggi, poiché ritengo indispensabile che al pubblico la notizia di Massaua non pervenga accompagnata da quella del provvedimento preso dal Governo.

610

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SCOV ASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 434. Tangeri. 16 marzo 1887 (per. il 25).

Mi onoro di segnar ricevuta a V.E. del dispaccio in data 7 marzo 1887 n. 268 di serie politica 1• Ella mi chiede, signor ministro, se il Governo marocchino intenda di prendere una iniziativa formale per ottenere la modificazione della Convenzione di Madrid. Se io mal non m'appongo, tale iniziativa fu già presa dal suddetto Governo colla nota ufficiale diretta dal vizir Garnit al signor Féraud il 25 dicembre 1886 della quale nota io le trasmisi copia col mio rapporto del 24 febbraio 1887 n.

431 di serie politica 2 . Senonché tale modificazione essendo chiesta dal Governo sceriffiano in occasione del nuovo trattato di commercio, l'iniziativa da esso presa rimane per ora limitata alle tre Potenze che stanno negoziando il trattato stesso, cioè la Francia, la Germania e la Gran Bretagna.

E qui mi occorre di rammentare, che i due documenti ch'io le trasmisi col mio rapporto n. 431 (la nota del vizir Garnit al signor Féraud e la risposta di quest'ultimo), non mi furono comunicati ufficialmente né ufficiosamente; e s'hanno a considerare come una comunicazione fattimi per ordine del sultano in via affatto privata e segreta 3 .

609 1 ACS, Carte Depretis. 2 Cfr. n. 604. 610 1 Cfr. n. 583.

611

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA1

D. 1085. Roma, 17 marzo 1887.

Mi pregio comunicarle confidenzialmente due rapporti che ricevo dal generale Genè, uno in data del 23 2 , l'altro del 24 febbraio scorso 3 . Da essi V.E. potrà trarre utili elementi nei suoi eventuali colloqui col signor Flourens intorno ai nostri affari del Mar Rosso.

Avendone propizia occasione, ella dovrebbe, in genere, porre il signor Flourens in avvertenza sulle complicazioni e difficoltà cui si esporrebbe la Francia se, per impegni contratti con l'Abissinia, venisse a trovarsi nell'alternativa o di mancare a quelli impegni o di entrare senza alcun suo interesse corrispondente, in collisione con l'Italia la quale invece si studia di rimuovere, dal canto suo, in quella regione, come in ogni altra, qualunque motivo di reciproco dissidio o contrasto.

Dal momento che gli avvenimenti hanno posto l'Italia di mezzo fra l'Abissinia e il mondo civile, ci sembra che le Potenze farebbero opera prudente astenendosi dall'entrare in rapporti speciali coll'Abissinia fin tanto almeno che questa abbia regolata la sua posizione verso l'Italia.

Per quanto concerne l'affermazione del conte Salimbeni accennata in fine del rapporto del 24 febbraio, d'aver cioè sentito in Roma da persona autorevolissima che la Francia ci aveva proposto la cessione di Massaua contro rimborso delle spese fatte sin qui, la notizia è così assurda che non vale la pena di rilevarla.

1 Con D. 271 del 26 marzo, non pubblicato, di Robilant ribadì la necessità di un'iniziativa di carattere ufficiale da parte del Governo marocchino per la revisione della Convenzione prima di qualsasi azione italiana. 611 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 70.

2 Non rinvenuto.

3 Cfr. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 53-54.

610 2 Cfr. n. 557.

612

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ 1

D. 761. Roma, 18 marzo 1887.

Mi giungeva, la sera del 18 di questo mese, il telegramma, in data del 12,

n. 67 2 col quale ella mi annunziava d'avere consentito a consegnare a ras Alula certi ladri abissini ed i fucili che, destinati al ras, erano stati trattenuti costì al sopraggiungere delle recenti complicazioni. Mercé questa consegna ras Alula avrebbe liberato i quattro italiani rimasti in suo potere, essendole assicurato dal maggiore Piano, reduce all'Asmara con la stessa carovana recante i fucili, che la promessa del ras sarebbe mantenuta.

L'idea di lasciar libero transito a fucili destinati a ras Alula non era da noi prima d'ora conosciuta. Forse, invece, V.S. aveva inteso farne cenno (come ora soltanto posso argomentarlo) nel suo telegramma dell'8 marzo n. 65 3 . Questo telegramma, decifratosi con molta difficoltà, conteneva le seguenti parole «livrerais Etmano voleur ses fusils» le quali parole furono interpretate nel senso che si trattasse di consegnare a ras Alula un ladro di fucili a lui involati. Certo non poteva, neppur per un istante, venirmi in mente che si trattasse propriamente della consegna di fucili.

La notizia, recatami dal telegramma del 12, mi riusciva adunque affatto inaspettata, e mi parve inoltre della più alta gravità.

Già era grave, materialmente, lo aver fornito a ras Alula un numero ragguardevole di fucili (il telegramma di lei non indica cifra; telegrammi privati parlano di 800 o di l 000 fucili), mercè i quali si troverebbe d'assai migliorata, in occasione di scontri ulteriori, la condizione dei combattenti abissini. Ma soprattutto la cosa mi appariva grave moralmente, imperocché, dovendosi prevedere anche l'ipotesi che i prigionieri non ci siano restituiti, ras Alula si confermerebbe nel pensiero di poterei far subire, mercé quegli ostaggi, quante più dure condizioni gli sembri di imporci. In ogni modo, poi, l'avere concesso, per il riscatto dei prigionieri, precisamente la consegna di fucili, apertamente contravveniva alle istruzioni che, circa il traffico delle armi, le erano state impartite, in termini molto tassativi col dispaccio del 5 febbraio 4•

Per queste considerazioni e di fronte alla responsabilità che il R. Governo si sarebbe assunta anche solo con una tacita acquiescenza, ho stimato mio dovere di sottoporre senza indugio il fatto al Consiglio dei ministri, il quale fu d'unanime parere che l'operato di lei non si potesse approvare e che della mancata approva

2 Reete dell' 11 marzo, giunto il 15. Cfr. n. 604.

3 Cfr. n. 585.

4 Con D. 714, non pubblicato, di Robilant ribadiva la pienezza di poteri conferita a Genè in materia di traffico d'armi e riconosceva all'«inibizione assoluta del commercio delle armi coll'Abissinia» carattere di «provvedimento affatto naturale, dovendosi, dopo i recenti fatti, considerare come destituito, per noi, d'ogni valore il trattato del 2 giugno 1884».

zione le fosse data sollecita notizia. Siffatta disapprovazione, in materia così importante e delicata, non essendo manifestamente conciliabile con la permanenza di lei nel Comando superiore in Massaua, fu anche deliberato, come necessaria conseguenza, il richiamo di lei ad altre funzioni. Il Consiglio approvò indi la proposta del ministro della guerra che a succederle fosse destinato il generale Saletta, come quegli che, conoscendo già i luoghi e lo stato delle cose in Massaua, meglio di chicchessia avrebbe potuto continuare, senza bisogno di nuovo tirocinio, l'opera di lei.

Dovendo, con questi provvedimenti, cessare i rapporti d'ufficio che ebbi finora con lei, è mio dovere dichiarare che la S.V. Illustrissima nel difficile compito di riordinare i vari servizi a Massaua e di farli convergere a scopi civili, rese distintissimi servizi pei quali più d'una volta ebbi a manifestarle il mio compiacimento, in termini altrettanto lusinghieri quanto ampiamente meritati. E debbo anche aggiungere, per quanto riflette, nel complesso, la missione politica a lei assegnata, che i procedimenti suoi, o conformi alle istruzioni ministeriali o dettati da opportuna iniziativa, riportarono sempre la approvazione del R. Governo. Né quindi l'attuale incidente varrebbe a menomare in me la stima che ebbi sempre di lei, e che i nostri reciproci rapporti, durante il comando sostenuto a Massaua, non fecero che confermare.

Lascio al mio onorevole collega della guerra la cura di provvedere a quanto concerne il passaggio del servizio militare dall'uno all'altro comandante. A me spetta di farle conoscere, col presente dispaccio, la deliberazione del Consiglio dei ministri, manifestandole altresì l'animo mio con piena schiettezza, e col convincimento che ella saprà accogliere l'annunzio con virile sentimento di soldato devoto al bene supremo del re e della Patria.

612 1 Ed., in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 73-74 e in LV 60, pp. 87-88.

613

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 221. Costantinopoli, 18 marzo 1887 (per. il 24).

Ad onta delle dichiarazioni pacifiche del Governo di Cettinje, la Sublime Porta ha preso in questi ultimi tempi tutte le disposizioni occorrenti per poter respingere, all'evenienza, un'invasione del territorio ottomano da parte del Montenegro. Fu rinforzato il corpo d'esercito in Albania perché quantunque un attacco da quel lato sia poco probabile, il fermento che esiste fra le tribù albanesi potrebbe ad ogni istante condurre a conflagrazioni; e furono mandati parecchi battaglioni ad aumentare i presidi dalle parti di Novi-Bazar, onde impedire che dette bande montenegrine possano traversare un territorio per gettarsi in Serbia.

Identiche misure sono state prese dall'Austria-Ungheria per quanto riguarda l'Erzegovina. Le ultime notizie avute alla Porta segnalano un sensibile rallentamento negli apprestamenti militari del Montenegro.

614

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

T. 349. Suakin, 19 marzo 1887, ore 15,40 (per. ore 18).

Massaua, 18 marzo 1887. N. 69. ·Entière mission Sa1imbeni, Savoiroux excepté, arriva hier Massaua délivrée. Espère élargissement Savoiroux ne tardera pas, * étant retenu pour autres requètes analogues. Télégramme 2 je vous ai parlé aucun blocus còtes établi, car actuellement inutile et mème opposé notre situation d'attente. Hier arrivé «Ville Gònes», «San Gottardo»* 3 .

615

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Londra, 19 marzo 1887, ore 20,50 (per. ore 0,50 del 20).

Le projet de note de l'ambassadeur d'Autriche commence par exprimer satisfaction et remerciment pour la communication de l'accord italo-anglais; dit qu'animé surtout du désir de contribuer au maintien de la paix, le Gouvernement autrichien trouve cet accord conforme aux traditions et aux intérèts de l'Autriche-Hongrie; il est aussi d'avis que dans la presqu'ile des Balkans et dans la Méditerranée il ne se produise des changements nuisibles à ses intérèts; et, comme sa coopération assurerait mieux le but de l'accord, il est prèt à y adhérer, et continue ainsi: «Bien que la question de la Méditerranée ne nous touche pas en première ligne, mon Gouvernement se plaìt à croire que l'Autriche-Hongrie et l'Angleterre ont le mème intérèt concernant l'ensemble de la question d'Orient et le mème désir de maintenir le statu quo en Orient et de s'opposer à toute extension de terriìoire et agiront de concert. Il prononce son adhésion». La réponse de lord Salisbury commence par exprimer satisfaction et félicitation, et continue dans ces termes: «C'est cependant plutòt dans la Mer Noire et l'Egée que dans la partie occidentale de la Méditerranée que la politique de l' Autriche est engagée, mais quant à ces còtes, l'état politique desquelles plus spécialement touche aux intérèts de l'Empire austro-hongrois, le but de la politique de l'Angleterre et de l'Autriche-Hongrie est le mème, et !es principes qui doivent la guider sont clairement indiqués dans la communication à laquelle le comte Kalnoky a exprimé sa disposition d'adhérer.

Sans déterminer d'avance le caractère que la coopération des deux Puissances devrait avoir dans ces circonstances spéciales, les efforts du Gouvernement de Sa Majesté seront constamment dirigés à assurer dans ces régions le maintien, autant qu'il sera possible, du statu quo, et si cela malhereusement cessait d'ètre possible, à empècher l'augmentation de toute nouvelle domination hostile aux intérèts des deux Pays». Quant à la forme ces notes peuvent encore subir quelque changement de la part du comte Kalnoky. J'irai plus tard voir lord Salisbury pour demander des éclarcissements sur le dernier paragraphe.

614 1 Ed. in italiano in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, p. 74 e, con l'omissione del brano fra asterischi, in L V 60, p. 88. 2 Sembra far riferimento ad un precedente telegramma riferentesi al blocco delle coste, non rinvenuto nel registro dei telegrammi in arrivo. 3 Per la risposta cfr. n. 618.

616

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 19 marzo 1887, ore 23,50 (per. ore 3 del 20).

Le com te Hatzfeldt télégraphie aujourd'hui que l' Autriche est d'accord pour accéder, à Londres mème, à l'entente que nous avons conclu avec le Cabinet anglais. Le projet de note que l'Angleterre propose de remettre à l' Autriche mentionne les «còtes» de la Méditerranée, tandis qu'elle indique les «régions de la Mer Noire et de la Mer Egée». Le comte Corti voudrait que le mot région fllt aussi appliqué en ce qui concerne la Méditerranée. Cet amendement paraìt pratiquement d'une utilité douteuse. Nos intérèts dans la Méditerranée sont déjà, dans une certaine mesure, sauvegardés par n otre traité spécial avec l'Allemagne. Il ne semble guère possible de modifier le statu quo dans les régions méditerranéennes de la còte africaine sans toucher les còtes elles-mèmes, tandis que des modifications très sensibles peuvent se produire dans l'intérieur des territoires tant à la Roumanie qu'à la presqu'ìle des Balkans, vers la Mer Noire. Il importe, d'ailleurs, dans les circonstances actuelles si l'amendement dont il s'agit devait rencontrer de la résistance de ne pas trop argumenter sur la valeur des mots. L'essentiel est d'assurer l'entente à trois. La force des choses se développera.

617

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

T. S.N. Roma, 20 marzo 1887, ore 14,15.

Reçu vos deux télégrammes d'hier soir 1 concernant les pièces à échanger pour l'adhésion de l'Autriche-Hongrie à l'entente italo-anglaise. La note autrichienne me

parait parfaite. Quant à la note anglaise, je dois bien avouer que je ne saisis pas seulement la portée des restrictions que lord Salisbury tient à y énoncer. Mais cela ne nous regarde pas, et nous aurions, d'ailleurs, mauvaise grace à objecter contre une note qui ne doit pas émaner de nous, et qui ne nous est pas adressée. Ce qu'il y a de mieux à faire est donc, à mon avis, que, en réponse à la note que l'ambassadeur d'Autriche vous adresserait en termes textuellement identiques à ceux de sa note à lord Salisbury, vous lui adressiez, à votre tour, une note portant au nom du Gouvernement du roi acceptation pure et simple de l'adhésion qu'il vous notifierait de la part de son Gouvernement. Vous pourriez tout au plus, et sans trop insister, tacher d'amener lord Salisbury à adopter lui aussi la méthode d'une acceptation pure et simple, dont les avantages sont évidents du moment surtout que l'Autrique-Hongrie adhère, de son còté, purement et simplement à notre entente, et qu'elle ne fait qu'affirmer un fait incontestable en constatant à cette occasion que l'entente de la Méditerranée ne la touche pas en première ligne.

617 1 Cfr. n. 615; T. s.n., non pubblicato.

618

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ 1

T. RISERVATO 198. Roma, 20 marzo 1887, ore 16.

V otre télégramme du 18, n. 69 2 et les nouvelles plus détaillées télégraphiées à la Tribuna par la mème occasion ont produit sur le Gouvernement et sur opinion publique, la plus pénible impression. Les concessions que vous avez fait à Aloula, en lui envoyant !es fusils dont nous ignorons encore le nombre que la douane avait séquestrés et l'extradition de ses réfugiés auxquels, à ce qu'on assure, il aurait fait trancher la tète aussitòt qu'ils furent en son pouvoir, sont incompatibles avec notre dignité, nuisent gravement à tous nos intérèts. Vous avez agi sans autorisation, sans instruction, je veux admettre que cela ait eu lieu sous l'empire de circonstances que j'ignore, qui m'échappent à cette distance, vu surtout la laconicité de vos télégrammes, mais il faut que vous vous arrètiez immédiatement sur la pente où vous ètes mis. Dorénavant vous laisserez donc sans réponse aucune toutes les communications de ras Aloula au sujet de Savoiroux. Bornez vous a ne pas le provoquer tant que vous n'avez pas instructions de le faire, mais si l'occasion se présente faites lui comprendre qu'il pourra faire ce qu'il voudra de son prisonnier sauf à subir !es conséquences de ses acts, mais que cela ne nous empèchera pas de faire tout ce que nous croirons nécessaire pour notre dignité, pour nos intérèts. Je vous réitère 3 puis, par le présent, l'ordre d'établir et de notifier le blocus effectif de la còte depuis Hanfile jusqu'aux habab et environs, afin surtout d'empècher tout passage d'armes.

2 Cfr. n. 614.

3 T. 175 del 12 marzo, non pubblicato.

618 1 Ed., in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 75.

619

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A PECHINO, DE LUCA

D. 141. Roma, 20 marzo 1887.

Mi è debitamente pervenuto il rapporto direttomi dal cavaliere Martin-Lanciarez in data del 7 febbraio scorso 1 . La prego di volernelo ringraziare.

Il metodo accennato dal signor Dunn per la definizione della materia relativa alla protezione ed ai passaporti per i missionari ci sembra precisamente essere il più opportuno e corretto. Esso corrisponde perfettamente al nostro pensiero, già più d'una volta espresso nel precedente carteggio.

620

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 323. Roma, 22 marzo 1887.

Il r. ambasciatore a Pietroburgo riferisce 1 che gli ultimi avvenimenti militari nel centro dell'Asia, tanto prosperi per le armi russe, hanno d'assai accresciuto il prestigio della Russia nella Persia, mentre diminuiva d'altrettanto quello dell'Inghilterra. Ciò venne ammesso dallo stesso rappresentante dello sciah a Pietroburgo, il quale confessò che l'isolamento in cui trovavasi la Persia, la predisponeva a subire l'influenza del più forte, ed ora Potenza più forte in Asia sarebbe a suo dire la Russia.

L'ambasciatore austro-ungarico poi, discorrendo col conte Greppi, su codesto argomento gli disse di avere letto nei rapporti d'uno del principali funzionari consolari d'Austria-Ungheria nelle Indie, che il prestigio inglese in quei possessi andava sempre più indebolendosi, tanto che la stampa locale, discuteva con la maggiore ampiezza quale durata avrebbe potuto avere il dominio britannico in quelle regioni.

621

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL REGGENTE IL CONSOLATO AD ADEN, V. BIENENFELD 1

D. S.N. Roma, 22 marzo 1887.

Ho ricevuto il rapporto in data 7 corrente 2 in cui ella mi riferisce le recenti notizie che le pervennero da Zeila e dall'Harrar.

620 1 R. 315 del 15 marzo, non pubblicato. 621 1 Ed., in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 78.

2 I vi, pp. 60-61: V. Bienenfeld esprimeva il timore di una futura occupazione francese di Zeila.

Mi limito ad accennarle, in risposta, avere noi ricevuto dal Governo inglese l'assicurazione che, sgombrandosi Zeila, questa sarebbe restituita alla Turchia e non mai lasciata in balia di altra Potenza.

619 1 Cfr. n. 488.

622

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. S.N. Monaco di Baviera, 22 marzo 1887 (per. il 24).

Ricorrendo oggi l'anniversario di nascita dell'imperatore Guglielmo tutta Monaco è imbandierata e prende parte di gran cuore alla gioia nazionale, lieta anche essa di festeggiare il novantesimo compleanno del fondatore augusto dell'unità germanica.

Non ci ha alcun dubbio che, malgrado i dissensi religiosi tuttora prevalenti fra il nord e il sud della Germania, l'idea unitaria prenda sempre maggior radice in Baviera. In proposito della ricorrente festività debbo però segnalare all'alta attenzione di V.E. un fatto che credo degno di nota.

Negli anni scorsi le missioni estere qui accreditate non solevano mai in tale giorno festivo per l'Alemagna prendere parte attiva ad essa inalberando le loro rispettive bandiere, siccome è uso di fare in occasione degli anniversari della real famiglia di Baviera. Nonostante i rapporti che dopo il 1871 legano la Baviera all'Impero germanico le missioni straniere avevano ritenuto che fosse dover loro in tale occasione di astenersi.

In quest'anno però il nunzio apostolico si è fatto promotore di una decisione diversa. Dirò di più che, a tale scopo, per la prima volta dopo cinque anni, monsignor di Pietro ha condisceso intrattenersi meco, come decano di questo corpo diplomatico, riconoscendo cosi implicitamente e in modo quasi uffiziale, la mia qualità di rappresentante del Regno d'Italia. Egli mi domandava se, in vista della circostanza tanto eccezionale della ricorrenza, io credevo che i rappresentanti esteri qui accreditati dovessero partecipare alle pubbliche manifestazioni inalberando le loro bandiere. Il nunzio chiamava in pari tempo a consiglio, su tale quesito gli altri colleghi, non tedeschi, qui residenti cioè i rappresentanti di Russia, Austria-Ungheria e Francia, trovandosi l'inglese assente in congedo.

Io risposi, pel primo, che posta una volta la questione da monsignor nunzio, mi sembrava che essa non potesse essere sciolta che in senso affermativo, epperò votavo pel sì. Seguirono nella stessa sentenza anche gli altri colleghi non eccettuato il rappresentante di Francia. Sicché oggi le legazioni estere sono tutte imbandierate in onore dell'imperatore Guglielmo.

Non debbo tacere, in tale occasione, che da qualche tempo in qua, monsignor nunzio addimostra la maggior deferenza verso la r. legazione, in forza, suppongo di superiori istruzioni ricevute in proposito; né ho bisogno di assicurare V.E. che, senza mostrarmi punto sorpreso di un tale mutamento di attitudine, io non manco dal canto mio di corrispondere con uguale deferenza alle gentilezze della nunziatura apostolica.

623

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 948. Sofia, 22 marzo 1887 (per. il 2 aprile).

I fogli d'Europa hanno riferito la voce che il re Milano molto lavorava in Sofia per farsi offrire la candidatura al trono bulgaro.

Ecco cosa mi disse al riguardo il reggente Stambuloff pochi giorni or sono. «Sappiamo che il re Milano molto desidererebbe tale candidatura ma dopo la guerra del novembre 1885 la sua persona è più antipatica al popolo bulgaro che quella dello stesso principe di Mingrelia, quindi non è venuto nemmeno al pensiero del Governo di studiare la possibilità di questa scelta».

D'altre attendibili persone mi venne riferito, in conferma dell'opinione espressa dal signor Stambulof, che infatti dopo la vacanza del trono di Bulgaria già varie volte S.M. il Re Milano ha fatto scandagliare in Sofia il terreno circa alla sua candidatura. Ma non si diede qui mai veruna soddisfacente risposta a queste entrature le quali furono tenute molto segrete. Inoltre nessuno nel mondo politico vi porse serie attenzioni sapendo quanto un prospero successo era improbabile per non dire affatto impossibile.

Il non volere pensare alla candidatura del re Milano al trono bulgaro non toglie però ai reggenti ed ai ministri il vivo desiderio di affermare intime relazioni fra il Regno serbo ed il Principato bulgaro, di cui si danno ogni giorno nuove prove.

624

IL REGGENTE L'AMBASCIATA A COSTANTINOPOLI, GALVAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 364. Costantinopoli, 23 marzo 1887, ore 19 (per. ore 20,30).

Ambassadeur de Russie a été reçu avant-hier en audience privée par le sultan, qui lui avait fait exprimer le désir de le voir. Sa Majesté a vivement insisté sur la nécessité que le Cabinet de Saint-Pétersbourg formule ses intentions au sujet de la question bulgare, et a prié Nélidov de télégraphier à son Gouvernement qu'à son avis la meilleure solution serait de procéder sans délai au choix et à l'élection d'un prince.

625

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 366. Berlino, 24 marzo 1887, ore 8,12 (per. ore 11,15).

Au dìner chez le chancelier à l'occasion de la fète de l'empereur, Son Altesse me racontait qu'il avait eu dans la matinée, la visite du délégué du pape. Le prince de Bismarck le voyant préoccupé par les récits de la presse, au sujet d'arrangements concertés entre l'Italie et les deux Empires, lui donnait assurance qu'il n'avait pas été question de Rome. Il a dit en outre au délégué, que l'entente entre le Cabinet de Berlin et le Vatican, ne concernait que des affaires intérieurs de l'Allemagne.

626

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO 18. Londra, 24 marzo 1887.

Il 16 del presente ricevetti il telegramma 1 pel quale l'E. V. mi faceva l'onore significarmi che, l'accettazione dell'adesione dell'Austria-Ungheria essendo per noi indubbia, sarebbe utile che lo scambio delle relative note si facesse a Londra simultaneamente fra i tre Gabinetti, all'E.V. basterebbe di conoscere, innanzi che vi apponessi la mia firma, la sostanza del testo di esse.

Non indugiai a far noto l'intendimento dell'E.V. all'ambasciatore austro-ungarico, il quale rispondeva essere privo d'istruzioni a questo riguardo ma ne telegraferebbe immediatamente al conte Kalnoky. Ed essendomi diretto al medesimo scopo a lord Salisbury, Sua Signoria mi significava approvare il provvedimento sul quale non avevo che ad intendermi col mio collega austro-ungarico. Di che ebbi l'onore di dare contezza telegrafica all'E. V. il 17 2 .

Il conte Karolyi non mi dava frattanto conoscenza dei progetti di note da scambiarsi fra lui e lord Salisbury, ma ne traevo qualche ragguaglio che mi facevo premura di telegrafare all'E.V. il 18 2 . Se non che la sera stessa, avendo nuovamente visto il mio collega austro-ungarico, egli mi informava avere nell'intervallo ricevuto l'istruzione di scambiar le note in discorso con me a Londra, e mi dava appuntamento per l'indomani affine di !asciarmi leggere i progetti di note a scambiarsi fra lui e lord Salisbury, de' quali però non m'offriva copia allegando che il conte Kalnoky aveva ancora a darvi l'ultima mano. Delle quali cose io dava immediatamente notizia telegrafica all'E.V. (18-19 2).

L'indomani mattina (19) presi infatti lettura di questi documenti e ne trascrissi anzi i passaggi che mi parvero avere la maggiore importanza 3 tantopiù che il conte Karolyi mi faceva intendere non accetterebbe da mia parte, a meno di ricevere nuove istruzioni, che una risposta conforme a quella che era stata concertata con lord Salisbury. Arrestava sopratutto la mia attenzione la frase verso la fine del progetto di risposta di lord Salisbury dove erano usate le parole «ces région» le quali nell'inglese dell'originale, «these regions», suonavano ancor più particolareggiate, riferendosi unicamente alle regioni citate innanzi. Ed avendo chiesto al conte

626 1 Cfr. n. 608. 2 T. s.n., non pubblicato.

Cfr. n. 615.

Karolyi qual fosse il significato di quelle parole mi diceva infatti riferirsi esse alle regioni che maggiormente interessavano l'Austria-Ungheria, vale a dire alle regioni dell'Egeo e del Mar Nero. Cui soggiunsi io non potrei certamente accettarle, poiché non mi sembrava opportuno di firmare un documento la cui conclusione si riferiva soltanto agli interessi di una delle parti. E nel dare all'E.V. contezza telegrafica

Dubitando tuttavia che lord Salisbury avesse potuto acconsentire a siffatta espressione mi trasferii presso Sua Signoria, la quale mi confermava l'interpretazione emessa dal conte Karolyi. Indirizzai quindi senza indugio un secondo telegramma all'E.V. per farle notare il carattere ristrettivo di quella frase, imperocché non conveniva a noi di riferire la conclusione della nostra risposta solo alle regioni che più interessavano l'Austria-Ungheria, né di formulare un concetto comparativo sopra quelle che maggiormente interessavano l'Italia.

Al quale l'E.V. si compiacque farmi per telegramma del 20 4 la risposta alla quale m'aspettavo: non essere il caso di fare obbiezioni al tenore della risposta di lord Salisbury, la quale non era a noi diretta, rispondessi puramente e semplicemente alla nota dell'ambasciatore austro-ungarico che il R. Governo accettava l'adesione dell'Austria-Ungheria; tutt'al più procurassi, senza insistere, istruzioni.

Ed all'ultimo momento l'ambasciatore austro-ungarico mi pregò d'aggiungere, alla fine della mia risposta, le parole, «ainsi que cette adhésion a été formulée dans la communication précitée de V.E.». L'aggiunta mi parve invero un pleonasma, ma non mi sembrò prezzo dell'opera d'arrestare il procedimento per sì lieve domanda, e vi aderii.

Lo scambio seguì infatti oggi alla regia residenza ed unisco al presente copie della nota dell'ambasciatore austro-ungarico, della mia risposta e della risposta di lord Salisbury 5 . Né ho bisogno di aggiungere che la nota austro-ungarica a lord Salisbury è identica a quella che è diretta a me.

Faccio partire stasera il corriere di Gabinetto Roero colla presente spedizione ....

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI BRITANNICO, SALISBURY, ALL'AMBASCIATORE D'AUSTRIA-UNGHERIA A LONDRA, KAROLYI

Foreign Office, 24 marzo 1887.

E' oggetto della più viva soddisfazione al Governo di Sua Maestà che lo scambio di vedute che ha avuto luogo fra l'Inghilterra e l'Italia, e che è stato comunicato al Gabinetto di Vienna ha incontrata l'approvazione di quest'ultimo che è stato riconosciuto da esso come tendente alla conservazione della pace europea ed al mantenimento del diritto pubblico.

Traduzione.

Il Governo della regina ricevette con un mio gradimento la notificazione che il Governo austro-ungherese è disposto ad aderire a quelle dichiarazioni d'amicizia e d'identità di vedute politiche che sono contenute nelle comunicazioni fra l'Inghilterra e l'Italia: ed esso concorre nell'opinione che le cordiali relazioni basate sopra una similarità d'interessi e di politica che hanno lungamente esistito fra i due Paesi saranno lungamente rinforzate e stabilite dal presente procedimento.

Esso è pienamente sicuro che in rispetto dell'avvenire politico dei territori che sono bagnati dal Mediterraneo e dai mari adiacenti, gli interessi dell'Austria-Ungheria sono strettamente in relazione con quelli della Gran Bretagna e dell'Italia. Egli è piuttosto però coll'Eusino e coll'Egeo che colla parte occidentale del Mediterranneo che la politica dell'Austria è impegnata.

Ma in rispetto ai territorii che confinano con quei mari la cui situazione politica tocca più specialmente agli interessi dell'Impero austro-ungarico, gli scopi della potitica inglese ed austriaca sono gli stessi, ed i principii che dovrebbero guidarla sono chiaramente indicati nelle comunicazioni alle quali il conte Kalnoky ha espresso il suo desiderio di aderire.

Senza determinare anticipatamente il carattere che la cooperazione delle due Potenze dovrebbe pigliare in una particolare congiuntura gli sforzi del Governo di Sua Maestà, in armonia con quelli del Governo austro-ungherese, saranno costantemente diretti ad assicurare in quelle regioni il mantenimento, per quanto sarà possibile, dello statu quo e se cio sventuratamente cessasse di essere possibile, ad impedire lo sviluppo di qualsiasi nuova dominazione ostile agli interessi dei due Paesi.

(19) del contenuto di questa nota credevo mio dovere di segnalare quelle parti del documento alla speciale attenzione dell'E.V.

626 4 Cfr. n. 617. 5 Si pubblica soltanto la nota di Salisbury a Kaloryi. Entrambe sono ed. in MARTENS, tomo X, n. 11/3 e n. 11/5 e in GP, vol. IV, nn. 905-906.

627

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI

D. 63. Roma, 25 marzo 1887.

Ho ricevuto e letto con molto interesse il pregiato rapporto di questa serie in data 22 corrente 1 con cui V.E. mi riferisce che ad iniziativa di codesto nunzio apostolico i rappresentanti esteri accreditati presso la Real Corte di Baviera, avevano deciso, a differenza di quanto si praticava in passato, d'inalberare le rispettive bandiere in occasione del natalizio dell'imperatore di Germania. E ciò v'ha di più notevole nelle notizie datemi al riguardo da V.E. si è che il nunzio dopo cinque anni di soggiorno a Monaco si è per la prima volta, a tal scopo, intrattenuto con lei, come decano del corpo diplomatico, riconoscendo implicitamente, com'ella opportunamente osserva, in modo quasi uffiziale, la sua qualità di rappresentante del Regno d'Italia.

Ella ha fatto benissimo di annuire alla opinione manifestata da monsignor

nunzio e mi è grato quindi pienamente approvare il contegno di V.E. in questa

circostanza.

627 1 Cfr. n. 622.

628

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. CONFIDENZIALE 384. Sofia, 26 marzo 1887, ore 18,20 (per. ore l del 27).

Les ouvertures mentionnées dans mon télégramme chiffré du 24 1 sur un candidai italien, ainsi que celles faites à d'autres agents diplomatiques sur d'autres candidats, sont déstinées à cacher le vrai prince, que les bulgares veulent, c'est à dire Alexandre l. Toutes les informations que j'ai a ce sujet, et qui ont été bien contròlées concordent dans ce sens. Les bulgares tàchent de savoir en s'adressant à Darmstadt si le prince Alexandre accepterait sa réelection. En cas affirmatif, on mettra en pratique, une partie de ce que j'ai écrit dans mon rapport n. 916 2 . On viendra probablement mettre l'Europe en présence d'un fait accompli. Ma correspondance en route, explique plus amplement situation actuelle des choses.

629

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ

T. 215. Roma, 26 marzo 1887, ore 18,55.

Votre télégramme du 23 mars n. 70 1 ne répond pas aux interrogations contenues dans le mien du 20 mars 2 , que vous aviez cependant reçu. Télégraphiez-moi immédiatement les indications suivantes: l) la quantité exacte des fusils que vous avez livré le 12 mars à Alula; 2) si et quels indigènes vous avez livrés à ras Alula, et quel a été le traitement que celui-ci leur a fait subir; 3) quelles sont les considérations qui vous ont amené à livrer les fusils et les indigènes. Veuillez charger le «Scilla» ou bien un autre vapeur plus rapide, de revenir immédiatement à Suez pour prendre à bord général Saletta, et de m'expédier votre télégramme en passant par Suakim sans s'y arreter 3 .

630

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

NOTA RISERVATA URGENTE 2029. Roma, 28 marzo 1887 (per. stesso giorno).

Pregiomi comunicare alla E.V. uno schema d'istruzioni di massima che avrei divisato d'inviare al comandante superiore in Africa maggiore generale cavalier

2 Non pubblicato. 629 1 T. 379, non pubblicato.

2 Cfr. n. 618.

3 Per la risposta cfr. n. 636.

Saletta con preghiera di volermi fare conoscere se al riguardo V.E. avesse qualche osservazione a fare 1 .

ALLEGATO

IL MINISTRO DELLA GUERRA, RICOTTI, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, SALETT A 2

SCHEMA D'ISTRUZIONI. Roma, ... marzo 1887.

Per conveniente norma della S.V. pregiomi comunicarle le seguenti istruzioni di massima.

Il Consiglio del ministri in seduta del 26 marzo 1887, dopo aver sentito i generali Ricci e Saletta, sulla proposta dei ministri della guerra, degli esteri e della marina, ha approvato il seguente indirizzo da darsi alle operazioni militari in Africa durante l'anno 1887.

l) Durante l'estate, cioè fino a tutto settembre '87, le truppe del presidio di Massaua saranno specialmente impiegate per la difesa della città e delle due penisole di Gherar e Abdel Kader dei forti di Otumlo, Moncullo ed Archico e del territorio fra i detti forti e la città.

2) Nello stesso periodo di tempo, della estate '87, il comando superiore potrà impiegare le truppe con piena libertà per escursioni oltre la linea dei forti, per occupazioni temporanee di posizioni all'infuori della stessa linea dei forti e lungo tutta la costa, senza obbligo qualsiasi di occupazioni permanenti di Saati, Ua-à, Zula ed Arafali.

3) Il Comando superiore farà prontamente al ministro della guerra quelle proposte che stimerà opportune per modificare l'attuale presidio di Massaua, onde assicurare nel miglior modo possibile la difesa della posizione contro i possibili attacchi degli abissini durante tutta l'estate, avendo pure presente le difficoltà dell'esistenza di un gran numero di truppe in quel luoghi ed in detta stagione, e le conseguenze igieniche che ne potrebbero derivare.

4) Il ministro della marina disporrà perché prima della fine di settembre siano impiantati a terra, in Massaua, due grandi distillatori, capaci ciascuno della produzione giornaliera di tonnellate di acqua.

5) Il Comando superiore dovrà, con la massima possibile sollecitudine, proporre al ministero l'occorrente in personale, quadrupedi e materiali d'ogni specie che dovrà essere concentrato in Massaua nell'ottobre prossimo venturo per poter iniziare nell'ottobre stesso, od al più tardi in novembre, operazioni offensive contro l'Abissinia. In questo progetto di operazioni offensive devesi però escludere il caso d'una vera invasione nell'interno dell'Abissinia, ma le operazioni stesse non dovrebbero in ogni caso essere spinte a distanza maggiore di cinque o sei giornate di marcia da Massaua, quale sarebbe l'attacco e l'occupazione temporanea di Asmara, od altro punto importante del territorio abissino ad uguale distanza da Massaua. Nello studio di questo progetto, il Comando superiore dovrà indicare i mezzi che stimerebbe preferibili per l'acquisto dei quadrupedi, la spesa presuntiva ed il modo di organizzare questo servizio di trasporti durante l'operazione offensiva.

628 1 T. 374, non pubblicato.

630 1 Con nota urgente s.n., pari data, non pubblicata, di Robilant rispose di non avere alcuna osservazione. 2 Ed. in CRISPI, La prima guerra d'Africa, cit., pp. 21-22. Saletta fu nominato il 18 marzo e prese possesso effettivo delle sue funzioni il 23 aprile.

631

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 28 marzo 1887.

Par un rapport en date du 26 mars, le prince Reuss a répondu à la communication qui lui a été faite de votre projet de traité avec l'Espagne. Le ministre austro-hongrois des affaires étrangères objectait que, du moment où il s'agissait de l'accession de l'Espagne à la Triple Alliance, son Gouvernement ne manquerait pas, pour savoir au juste à quoi il devrait adhérer, de demander d'ètre instruit de nos engagements mutuels dans tous leurs détails essentiels. Or il y aurait inconvénient à se rendre à cette prétention. Le mieux serait que l'Italie et l'Espagne suivissent le modus procedendi adopté à Londres, en échangeant entre elles des notes appropriées à la circonstance, notes qui seraient portées à la connaissance des deux Empires qui en prendraient acte ou y accéderaient, sous une forme à déterminer.

C'était là une combinaison dont le chancelier m'avait déjà parlé, et qu'il aura sans doute suggéré à Vienne. (Rapport du 14 mars) 1 . Rien de plus nature l, donc, qu'il s'y ralliàt.

Le baron de Holstein, dans une visite qu'il me faisait avant-hier, m'avait déjà fourni ces indications, en ajoutant que, du moment où de Vienne et de Berlin il se manifestait une répugnance insurmontable à conclure un traité avec l'Espagne, il conviendrait de tourner la difficulté en recourant à une nouvelle formule qui tiendrait compte de cette situation, et n'accorderait à la Puissance requérante que tout juste ce qu'il faudrait pour sauver les apparences de bon vouloir à son égard.

J'ai cru à propos, pour le cas où le secrétaire d'Etat, à notre prochaine entrevue, insisterait dans le mème ordre d'idées, de préparer un projet d'échange de notes ayant quelque chance d'acceptation.

J'ai vu aujourd'hui le comte de Bismarck, qui m'a parlé dans le mème sens que M. Holstein. L'empereur, au premier mot qui lui a été dit sur un pacte avec l'Espagne, se récriait en déclarant qu'il n'y aurait pas de réprocité réelle. Il y a quelques années déjà, le roi Alphonse promettait à Sa Majesté, durant les grandes manoeuvres d'automne dans les provinces rhénanes, que ses troupes se rangeraient du còté de l' Allemagne en cas de guerre con tre la France. Sa Majestè impériale ne put s'empècher de faire la remarque que, malgré les bonnes intentions de son interlocuteur, celui-ci se trouverait dans l'impossibilité de les réaliser. Son armée n'est pas assez nombreuse. Il pourrait tout au plus disposer de cent mille hommes, dont il faudrait mème défalquer plusieurs régiments pour la sauvegarde de la tranquillité intérieure. Le chancelier, de son còté, n'a qu'une fort médiocre estime pour les espagnoles. «Ils se sont conduits comme des fous dans l'affaire des Carolines; ce n'a été que gràce à notre patience, à un traitement dans le genre qu'on applique à des malades, que la crise a été conjurée. Ce serait trop prétendre

que le médecin s'unisse maintenant étroitement avec des aliénés». En tout cas, on ne saurait !es traiter sur le pied d'égalité. Ce serait !es encourager à se lancer dans !es aventures. Les renseignements de l'attaché militaire à Madrid représentent le triste état de l'armée; d'autre part le langage de la presse espagnole, sauf de rares exceptions, ne témoigne d'aucune symphatie pour l'Allemagne, tandis qu'il se dessine un assez fort courant vers la France.

le laissais entendre à mots couverts et sous la forme la plus courtoise, que ces observations venaient un peu tard. Si nous avions accueilli favorablement !es premières ouvertures du Cabinet de Madrid, nous avions été induits à le faire en suite de recommandations venues de Berlin. Le chancelier avait trouvé «parfaite» la réponse donné de prime abord par V.E., avec des réserves. Une de ces réserves consistait précisément à déclarer qu'il ne saurait ètre question d'accords spéciaux entre l'Italie et l'Espagne, si celle-ci n'était pas préalablement rattachée d'une manière quelconque au groupe des trois alliés.

J'ignorais si le Gouvernement du roi se prèterait à la combinaison mise en avant par !es Cabinets de Vienne et de Berlin. Mais sans engager en rien V.E., et dans le simple but de chercher un terme moyen entre !es vues encore divergentes, j'avais de ma propre initiative rédigé un projet de notes à échanger avec l'Espagne. le le transmets ci-joint. le me suis prévalu de votre rédaction sur plusieurs points, en évitant ceux trop explicites pour une accession à la Triple Alliance. Si la réponse à la demande espagnole, réduite à une dose très modeste, énonce un assentiment, il est accompagné d'une réserve qui nous laisse !es mains entièrement libres pour le cas où la question surgirait de procéder, ou non, à une entente ultérieure.

le donnais lecture de ces pièces et j'en laissais copie, ne flìt ce que pour fournir le joint à des contre-propositions, et je répétais sur tous !es tons que j'agissais de mon propre mouvement et n'étais pas du tout sùr de l'approbation de V.E.

Le secrétaire d'Etat me disait que, selon sa première impression, il serait disposé, en ce qui le concerne personnellement, à recommander l'acceptation d'un semblable accord, mais il se réservait d'en référer au chancelier, dont il me ferait connaìtre sous peu de jours la manière de voir.

Il me disait aussi que le com te Kalnoky pensai t qu'il serait bien que l' Angleterre entràt elle aussi dans cet arrangement, et qu'il fùt alors procédé sous la forme adoptée à Londres. Dans ce cas, l' Allemagne se tiendrait à l'écart. l'ai fai t observer que cette combinaison, surtout si le Cabinet de Berlin se plaçait en dehors, s'écarterait trop du désir de l'Espagne de se rallier au groupe des Puissances centrales. Ce serait compliquer !es choses. Le comte de Bismarck semblait pencher vers l'idée qu'on pourrait d'abord s'entendre avec l'Espagne sous une forme à convenir, et tàcher ensuite d'obtenir l'adhésion de l' Angleterre.

Il est à prévoir que cette négotiation trainera en longueur, si tant qu'elle aboutisse à un résultat qui ne soit pas négatif. Si, par exemple, il surgissait de nouveaux troubles dans la péninsule ibérique, il n'en faudrait pas davantage pour couper court aux pourparlers engagés de Berlin un peu à la légère. Pour mon compte, je persiste à croire que naviguer de conserve avec l'Espagne offrirait bien des inconvénients 2 .

ALLEGAT0 3

PROJET

NoTE DE L'EsPAGNE.

Le soussigné, envoyé extraordinaire et m1mstre plénipotentiaire d'Espagne a reçu de son Gouvernement l' ordre de porter à la connaissance de ... ce qui sui t:

Le Gouvernement de S.M. la Reine, animé du désir de rechercher une entente avec !es Gouvernements de ... à l'effet de fortifier toujours plus le principe monarchique et de contribuer au raffermissement de la paix générale, se prononce dès à présent pour l'acceptation des dispositions suivantes:

l) interdiction réciproque et absolue de se prèter, envers un tiers Etat quelconque, à aucun traité ou arrangement contraire aux intérèts communs des Puissances summentionnées; 2) abstention de toute attaque non provoquée, ainsi que de toute provocation;

3) en vue des intérèts engagés dans la Méditerranée, et dans le but principal d'y maintenir ou respecter le statu quo actuel, !es susdites Puissances se tiendront sur ce sujet en communication, en se faisant mutuellement part de tout renseignement apte à !es éclairer sur leurs dispositions respectives ainsi que sur celles des autres Puissances.

En exprimant l'espoir que !es présentes et secrètes propositions recevront l'assentiment du Gouvernement de ... le soussigné à l'honneur etc.

RÉSPONSE.

Le soussigné a reçu la note que Monsieur le Ministre d'Espagne lui a fait l'honneur de lui adresser en date du ... et il est autorisé à y répondre dans !es termes suivants: Le Gouvernement de S.M. le Roi d'Italie donne son assentiment aux dispositions énoncées, à titre de réciprocité, dans la note susdite.

Il se réserve en mème temps d'examiner, en plein accord avec ]es Gouvernements d' .... si et dans quelle mesure il y aurait lieu, selon !es circonstances, de se concerter ultérieurement avec le Cabinet de Madrid pour mieux assurer encore le but que lui aussi il se propose.

En attendant le Gouvernement de S.M. le Roi d'Italie prend acte de la communication susmentionnée, et considère comme entrant en vigueur dès aujourd'hui, et pour une durée de quatre ans, l'accord secret établi par le présent échange de notes.

Le soussigné saisit etc.

631 1 Non pubblicato, ma cfr. n. 586, nota 2.

631 2 Per la risposta cfr. n. 656.

632

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 398. Aden, 29 marzo 1887, ore 19 (per. ore 20).

Massaua, 27 marzo 1887. N. 72. Reconnais toute gravité ma résolution, mais indigènes livrés pas réfugiés, avaient combattu Dogali rang Alula et sévi sur bléssés,

selon affirmation leurs compagnons tribut 1 qui les avaient tout de sui te désignés comme espions à peine arrivé armes 800 fusils à capsule étaient un achat Alula qui devait passer lorsque arriva rupture. Abandon nos prisonniers aurait fait impression bien mauvaise Abyssinie. Malheureusement un est retenu, mais je ne désespère, malgré refus autres concessions. Je vais disposer blocus mais prie instamment concéder quelques jours par égard prisonnier.

631 3 Ed. in CURATO, La questione marocchina cit., pp. 277-278. Per le varianti concordate con Bismarck (aggiunte a matita al documento) cfr. n. 663.

633

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AGENTE E CONSOLE GENERALE A SOFIA, GERBAIX DE SONNAZ

T. 219. Roma, 29 marzo 1887, ore 22,35.

Je vous confirme, en vue de vos derniers télégrammes, les instructions et les avertissements contenus dans ma dépèche du 23 mars courant 1 . Veuillez ne pas cacher aux régents et aux ministres que le rappel du prince Alexandre nous mettrait dans la pénible impossibilité de continuer les rapports officiels avec le Gouvernement princier. Je sais que les mèmes conseils ont été donnés par le Cabinet de Londres.

634

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 4365. Berlino, 29 marzo 1887 (per. l' 8 aprile).

Entre le 15 et 20 janvier, il est arrivé à Madrid une dépèche du Cabinet de Saint-Pétersbourg qui, tout en se louant de ses relations d'amitié avec la Cour de Berlin, se livre à des critiques sur la conduite que divers Etats, cédant à des pressions parlementaires, croyaient devoir suivre à l'égard de la Bulgarie. La Russie ne modifiera pas pour autant son attitude expectante. Elle attend que le moment favorable soit venu pour réussir à faire accorder satisfaction aux légitimes réclamations qu'elle élève dans la péninsule des Balkans. D'autres circonstances politiques en Europe, lui conseillent en outre de se réserver une entière liberté d'action dans ses rapports internationaux. Le Gouvernement allemand a réussi à se procurer une copie de cette dépèche qui lui laissait l'impression que le Cabinet du tsar se dégageait

633 1 Con D. 341, non pubblicato, venivano date istruzioni circa la provocazione che avrebbe potuto recare l'elezione del principe Alessandro e l'atteggiamento delle Potenze restie ad assumersi la responsa bilità di scatenare verso la Russia un inevitabile conflitto.

de ses liens avec les deux autres Empires et jetait par dessus bard le pacte de Skiernevich, en trasformant le programme dont le prince de Bismarck avait établi les bases. Et cela d'autant plus que la presse, surtout à Moscou, prèchait dans le mème sens et continuait à faire la sourde oreille aux avertissements des autorités. S'il y a eu une pause de quelques jours durant les fètes pour le 9 ème anniversaire de la naissance de l'empereur Guillaume, le journal de M. Katkoff a repris sa campagne acharnée contre les allemands et les autrichiens, et n'a pas assez de mépris et de colères pour l'alliance des trois empereurs, qu'il appelle un contrat de dupes. Le chef des slavophiles, l'ami personnel du tsar, en révolte contre san maìtre! Voilà certes une nouveauté et un tournoi qui promet des péripéties intéressantes. On dit ici qu'il aurait été mandé à Pétersbourg ad audiendum verbum Caesaris. Peut-ètre que tout cela n'est qu'un trompe-l'oeil, que les ròles ont été distribués d'avances, et que le publiciste si populaire jouant l'avocat du diable, serait spécialement chargé de se montrer très-exigeant, déraisonnables et mème menaçant, afin d'obtenir de meilleurs conditions à Vienne, et surtout à Berlin. 11 rompt notamment des lances pour une entente intime avec la France. Or c'est ici la corde sensible. Le chancelier mettra tout en oeuvre pour empècher ce rapprochement. Il l'a prouvé, d'une part, par l'accueil fait à M. de Lesseps, pour qu'il rapportàt, de ses entretiens, la conviction et le répétàt à Paris, que la France n'est pas et n'a jamais été sérieusement · menacée par l' Allemagne. Il le croyait assez naiJ pour prendre cette eau bénite de chancellerie au grand sérieux. Il savait qu'il avait affaire à un homme vain et à reussi à l'enguirlander merveilleusement, à en juger par ses récits pleins d'exagérations et mème d'inexactitudes, qu'on s'est bien gardé de rectifier à Berlin, de crainte de trop mettre l'opinion publique en suspicion. Il est un point cependant sur lequel

M. de Lesseps déclinait de s'expliquer, et pour cause, quand on l'interrogeait sur ses impressions de voyage. Il cherchait, dans une de ses conversations, à ramener le prince de Bismarck au point de vue français dans ia question d'Egypte. Il lui a été répondu que dans l'état actuel des choses, le Gouvernement impérial «se garderait de jeter des pierres dans le jardin égyptien de l' Angleterre».

D'autre part, le chancelier se montrait d'une prévenance extrème pour le grand-due Wladimir, venu pour complimenter l'empereur Guillaume. Il lui donnait l'assurance la plus positive du très vif désir de l'Allemagne de conserver ses anciens et intimes rapports avec la Russie. De son còté, le grand-due affirmait que l'empereur Alexandre envisageait le maintien de ses relations d'amitié traditionelle avec la cour de Berlin camme un devoir dont l'accomplissement répond aussi aux intérèts de la Russie.

Bref, si ce n'était des notes discordantes de la presse russe, le courant pacifique reprend le dessus. Tel est l'avis du chancelier, lors mème qu'il ajoute que personne ne peut garantir contre des surprises, soit en Orient, soit à l'Occident. En Bulgarie la Russie officielle semble se tenir à l'écart, en laissant agir les clans panslavistes qui ne manqueront pas de favoriser une nouvelle révolution pour pousser à l'anarchie ces malheureuses contrées. La Turquie ne sait à quel sauveur se vouer. Sur le continent, la France, si pacifique qu'elle soit aujourd'hui dans sa majorité, ignare quelle sera san lendemain en présence des partis qui se disputent le pouvoir. D'un moment à l'autre la Russie peut-ètre entraìnée à un coup de tète, ne serait-ce que pour frayer une issue à ses embarras intérieurs.

Cette situation, malgré les assurances pacifiques ne laisse pas que d'ètre abscure. C'est camme un brouillard qui raccourcit l'horizon, où chacun ne marche qu'avec précaution, craignant de se heurter à quelque obstacle, et redoutant presque d'entendre le résonnement de sa propre voix. Il existe une autre ombre au tableau, c'est que les armements sont poussé partout avec une fiévreuse activité. Il est de fait que depuis la révolution de Philippopoli, le plus grave événement de ces deux dernières années, le monde politique, comme une balance affolée, n'a pas encore réussi à retrouver son équilibre.

Ayant rencontré le roi de Roumanie à une fete de Cour, il se montrait satisfait des impressions recueillies à Berlin. Je demandais s'il était, entre autres, rassuré sur les vents qui, après avoir traversé les plaines de la Russie, pourraient amener des oranges au delà de ses frontières. Ces vents, disait-il, avant d'atteindre les régions du Danube se calmeront, ou perdront de leur force en touchant dans leur parcours les territoires de l' Allemagne et de l'Autriche.

632 1 Recte tribu.

635

IL MINISTRO A TANGERI, SCOVASSO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. 438. Tangeri, 30 marzo 1887 (per. l' 8 aprile).

Ho ricevuto il dispaccio in data del 2 marzo n. 266 di questa serie 1 , al quale era annessa copia di un rapporto del generale Menabrea 2 e della risposta di V.E. 3 sulle cose del Marocco, e la ringrazio per questa importante comunicazione.

La dichiarazione del Signor Flourens, che l'oasi di Figuig è considerata dalla Francia quale indipendente, parmi difficile a conciliare col trattato dei confini del 18 marzo 1845 dove all'art. V è detto testualmente: «Les kessours qui appartiennent au Maroc sont ceux de Jche et de Fuguig». il linguaggio del signor Florens conferma quindi sempre più quale sia il rispetto che la Francia intende serbare a detto trattato.

Le notizie che sono oggi in gtado d'inviare a V.E. confermano l'altra dichiarazione del signor Flourens, che la Francia non intende per ora di procedere ad altre occupazioni oltre quella di Genan Borzig. Il vizir Garnit, al ministro d'Inghilterra, che lo aveva interpellato circa la cessione della zona compresa tra Magura ed Ain Sciair, ha risposto che tale voce non aveva fondamento; che il sultano non aveva fatta al signor Féraud alcuna concessione territoriale all'infuori di quanto si riferiva a Genan Borzig, rispetto al quale egli aveva ceduto se non dopo di essersi convinto che quel punto apparteneva realmente alla Francia. Dichiarazione questa difficile a conciliare coll'atteggiamento di quella popolazione, venuta ora a Marocco per protestare presso il sultano contro la fatta concessione.

Ad una formale interrogazione fatta prima d'ora dal signor Diosdado, ministro di Spagna, il signor Féraud rispose assicurandolo, che le frontiere tra l'Algeria ed

2 Cfr. n. 553.

3 Cfr. n. 567.

il Marocco continuavano ad essere le stesse che erano state stabilite dal Trattato del 1875. Ma il signor Féraud ha già dichiarato, che lo Sciott el Tigri appartiene alla Francia, ed ho dimostrato nei miei precedenti rapporti come questa pretesa non sia ammissibile di fronte ai termini del Trattato. Il quale Sciott el Tigri fu, nello scorso autunno, esplorato da una pretesa commissione scientifica francese.

Riassumendo, l'affare dei confini sembra essere entrato per ora in un periodo di sosta. La Francia non chiede pel momento al sultano cessione di territori, ma andrà occupando verso il sud-ovest quanto territorio le sarà possibile interpretando a suo modo il Trattato del 1845, ciò fino a tempo più opportuno. Ed in questa politica sarà maestrevolmente secondata dall'opera apparentemente conciliante del signor Féraud, del quale il Governo sceriffano, mirando solo all'oggi, si loda moltissimo, assicurando come egli si studi sempre di sciogliere all'amichevole tutte le questioni che insorgono, e particolarmente quelle che riguardano le scorrerie delle cabile marocchine della frontiera, le quali con un altro rappresentante potrebbero dar luogo a gravi controversie fra i due Governi.

Non trascurerò il còmpito di vigilanza, che mi è dall'E.V. particolarmente raccomandato. Come ella giustamente osserva si tratta di territori assai lontani dalla costa, che in se stessi sarebbero per noi di poco momento; ma gli avvenimenti, che ivi si compiono avranno un'infuenza capitale sulla conservazione di quest'impero, ed acquistiamo quindi una importanza di prim'ordine per le Potenze interessate al mantenimento dello statu quo nel Mediterraneo.

635 1 Non pubblicato.

636

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 412. Massaua, 31 marzo 1887, ore 15,30 (per. ore 23,55).

Massaua, 31 marzo 1887. N. 74. Répondant votre télégramme du 261, confirme mien n. 72 2• Nombre fusils 800 achetés depuis quelque temps par Alula, retenus Massaua cause rupture de la paix. Cinq indigènes livrés pas des réfugiés, mais gens résidente près Alula, qui combattirent contre nous Dogali, et le quittèrent après, emportant les armes qu'Alula leur avait données, et qu'à peine arrivés Massaua nous furent désignés pour espions par leurs compagnons de tribu. Le principal, certain Etmano, eut téte tranchée, les autres une main. Considération qui m'a décidé accéder fut conviction supreme nécessité arracher au plus tòt prisonniers Alula. Malheureusement un est retenu, contre assurance donnée, mais j'espère qu'il sera reUìché, malgré refus autres concessions. Informations récentes confirment Savoiroux toujours bien, continue soigner blessés et rien n'a pu donner motif bruit suicide.

«Calatafimi» rattrapa avant-hier Franzoi Piano hauteur cap Turrech et les obligea rebrousser Massaua. Ils s'étaient embarqués secrètement Emberemi, et leur démarche loin d'aider Savoiroux aurait eu résultat opposé.

636 1 Cfr. n. 629. 2 Cfr. n. 632.

637

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. RISERVATO S.N. Berlino, 31 marzo 1887.

J'ai rencontré hier soir le secrétaire d'Etat dans un raout. Le chancelier, après avoir pris connaissance du projet de notes annexé à mon rapport du 28 mars 1 , en approuvait la teneur, sauf èn ce qui concerne la clause n. l, relative a l'interdiction réciproque et absolue de se prèter, envers un tiers Etat quelconque, à aucun traité ou arrangement contraire aux intérèts communs des Puissances susmentionnées. L'Espagne pourrait donner aux mots «contraire aux intérèts communs» une interprétation qui ne serait pas la bonne, et s'engager dans une voie qui irait précisement à l'encontre de ces mème intérèts. On ne saurait trop se tenir en garde contre les écarts où les entraìnements de cette Puissance, lorsqu'elle croirait pouvoir compter sur une forte arrière-garde. Il conviendrait donc d'écarter cette clause, ou chercher une autre formule. Quant au modus procedendi, il y aurait à choisir: ou un échange de notes à quatre ou à deux entre l'Italie et l'Espagne, accord dont l' Allemagne et l' Autriche prendraient acte en y accédant. C'est ce second mode d'agir qui a toutes les préférences du prince, et qui lui semble le plus logique et le plus naturel, l'Italie et l'Espagne ayant entre elles des intérèts plus directs à sauvegarder. L'Italie servirait, dans une certaine mesure, de point de repère au ralliement de l'Espagne aux deux Empires. C'est là, en partie, ce que le Cabinet de Madrid désirait tout d'abord. Il n'a pas qualité pour prétendre davantage car il ne range point parmi les Grandes Puissances, et le groupe des trois alliés ne peut le traiter sur pied d'égalité. Il ne faut pas oublier d'ailleurs que des engagements de la part de l'Espagne sont fort sujets à caution. Ses forces insuffisantes sur terre et sur mer ne permettraient pas, au besoin, de compter sur une véritable réciprocité de concours.

J'ai répondu qu'il convenait d'abord de savoir si V.E. approuvait mon projet; que je n'avait pas sous les yeux le texte de la disposition n. l pour en discuter les termes, mais que dans le cas ou vous donneriez votre assentiment à cette nouvelle combinaison, on parviendrait certainement à trouver sur ce point une rédaction mieux acceptable.

Le comte de Bismarck me priait, de son còté, de ne pas considerer comme définitif ce qu'il venait de me dire, car il fallait encore obtenir le nulla asta de l'empereur et le consentement de Vienne. J'engageais le secrétaire d'Etat, et il me le

promettait, à attendre encore de Rome une réponse, que V.E. voudrait peut-ètre bien me trasmettre en voie télégraphique. ·

En rentrant chez moi, jai examiné quelle autre rédaction on pourrait donner à la clause n. l. Je soumettais aujourd'hui, au comte de Bismarck, la rédaction suivante:

«Interdiction absolue de se prèter envers un tiers Etat à aucun traité ou arrangement politique quelconque, sans une entente formelle et préalable de l'Espagne avec l'Italie (ou: avec les Puissances susmentionnées)».

Il m'a dit que le chancelier préférai que toute disposition de ce genre, quelle que soit la formule, fiìt éliminée. L'Espagne n'offre que fort peu de garanties; plus on restera avec elle dans le vague, mieux cela vaudra. Ce qui n'empèche pas que nous prenions nous-mèmes, avec elle, si nous le jugions à propos, des arrangements à cet égard, mais en ce cas l'Allemagne, dans sa note d'accession, devrait faire des réserves.

Je me suis reservé de solliciter des instructions de V.E. En attendant l'affaire restera en suspens 2•

637 1 Cfr. n. 631.

638

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

R. CONFIDENZIALE 4369. Berlino, 31 marzo 1887 (per. 1'8 aprile).

Durant les demières fètes, l'ambassadeur de France faisait allusion à des lettres particulières qu'il avait reçues de Paris. Elles parlaient sans aigreur, mais avec un sentiment de déception et à la fois de tristesse de l'entente établie par l'Italie avec les deux Empires, sur la base des compensations au détriment de la France. C'était là, du moins, une rumeur assez générale. Je laissais entendre, à mon tour, que le Gouvemement du roi n'était pas responsable des récits de haute fantaisie publiés dans les colonnes des joumaux; que le comte de Mouy à Rome aura sans doute été à mème d'en faire justice; qu'il ne m'appartenait pas d'entrer à fond dans la question. Mais ce dont je pouvais l'assurer, c'est que l'Italie voulait ètre un élément d'ordre et de paix en Europe. Moins elle serait isolée, et plus elle deviendrait à mème de réaliser ce programme, et de veiller à ce que le statu quo actuel ne se modifiàt pas contrairement à ses intérèts. Il fut un temps où, bien contre nos avis, nous donnions la préférence à la politique de réserver notre liberté d'action. A cette mème époque, lors du Congrès de Berlin, le Gouvemement français déclarait vouloir garder «les mains nettes». Ce qui ne l'a pas empèché de suivre une voie toute différente malgré les assurances qu'il nous prodiguait. Et pour ce qui nous concerne, notre liberté d'action équivalait alors à notre isolement, tandis que les autres

Puissances s'entendaient pour leur plus grand profit. C'étaient là autant d'avertissements pour mieux nous prémunir contre une pareille situation, et j'espérais que mon Gouvernement ne l'aura pas negligé.

M. Herbette croyant que mon langage se référait aussi à l'expédition de Tunis, ne se genait pas pour critiquer vivement, à ce sujet, la conduite du Gouvernement de la République. Il aurait dù se borner, comme nous, à s'intéresser au maitien du statu quo vers le nord de l'Afrique, au lieu de s'exposer à produire des mécontentements en Italie. Un administrateur habile, M. Cambon, a donné un regain de popularité à la politique coloniale dans ces parages. Mais il eùt certainement mieux valu ne pas mettre les doigts dans le guèpier.

Je me suis contenté de répondre que je ne pouvais que me rendre à bon raisonnement sur ce point, et j'ai brisé là-dessus la conversation.

637 2 Per la risposta cfr. n. 656.

639

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANTI

R. 795. Parigi, 31 marzo 1887 (per. il 3 aprile).

Al ricevimento di ieri ho consegnato ai signor Flourens, con una nota relativa, i due documenti in lingua araba che V.E. mi comunicava col suo dispaccio in data del 24 marzo u., n. 1093 di questa serie 2 . Questi documenti le erano stati mandati dal r. commissario in Assab che li aveva ricevuti da alcuni capi dei territori collocati sotto la nostra protezione, per essere quindi rassegnati a questo Ministero degli affari esteri. Io feci in modo da non lasciar supporre che io aveva cognizione del contenuto di quei documenti. Il signor Flourens mi disse di non conoscere la lingua araba, e si contentò di darmi l'incarico di ringraziare l'E.V. per quella comunicazione.

Colsi questa opportunità per consegnare al signor Flourens un'altra nota relativa alle proteste trasmesse al R. Governo contro le indebite occupazioni per parte di francesi di alcuni tratti di territorii che, in virtù di una Convenzione del mese di marzo 1883, costituiscono i nostri possedimenti nelle vicinanze di Assab. Quelle proteste dei capi di quelle popolazioni che trovansi sotto il nostro protettorato, ed ai quali si unisce anche il re Menelik, si riferiscono specialmente al lago salino Assai che somministra il sale a tutti i paesi circostanti ed anche allo Choa, lago che qualche speculatore francese tende ad appropriarsi per averne il monopolio. Siccome in una nota annessa al dispaccio di V.E. io era autorizzato a rimettere a questo Ministro degli affari esteri una copia a stampa del dispaccio stesso e degli annessi, dai quali era però tolta la lettera indirizzata a Sua Maestà dal re Menelik,

lvi, pp. 86-88.

mi limitai nella mia nota a compendiare le cose esposte nel detto dispaccio che consegnai al signor Flourens, il quale mi parve ignorare i fatti lamentati. Egli, senza entrare in discussione intorno ai medesimi, riconobbe con me che, in presenza delle popolazioni infide ed ostili di quelle regioni, sarebbe necessario che i Governi europei non si creassero reciproche difficoltà, che anzi era opportuno di procedere, per quanto possibile, concordi nel modo di comportarsi rispetto ad esse. Egli mi accennò come sarebbe desiderabile che i Governi europei che occupano posizioni sulla sponda africana del Mar Rosso s'intendessero per impedire l'importazione delle armi in quelle regioni affine di non metterle in mano di popolazioni barbare. Egli mi disse che simili accordi furono fatti tra la Francia e l'Inghilterra in alcuni paraggi dove francesi ed inglesi sono in contatto. Il signor Flourens mi espresse il desiderio che simile accordo si facesse tra la Francia e l'Italia per il Mar Rosso.

Non avendo istruzioni al riguardo, mi limitai a ringraziare il signor Flourens della sua comunicazione, e a dirgli che avrei riferito all'E.V. il desiderio da lui espresso. Egli soggiunse che, ove V.E. concorresse in quel pensiero, ero pronto a presentare un disegno di accordo per quello scopo 3 .

639 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 90-91.

640

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, l° aprile 1887, ore 16,45.

Je vous remercie pour votre télégramme de hier 1 je ferai part à Sa Majesté de ce que vous me dites à l' égard de la visite du due d'Aoste à Kassel. So n Altesse Royale a rendu compte au roi de tout son voyage et surtout de l'accueil qu'il a trouvé à Berlin dans !es termes !es plus satisfaisants et le roi se montre très content de la manière dont tout s'est passé appréciant hautement le tact si parfait avec !eque! comme toujours vous avez conduit le tout en cette circonstance aussi. La crise approche de sa fin mais nous n'y sommes pas encore. Le remaniement ministériel avec des éléments de gauche est une nécessité absolue de la situation mais le maintien de M. Depretis à la Présidence est une garantie absolue aussi que !es intérets dynastiques et ceux de nos relations internationales ne peuvent subir aucune altération. Ma conservation ou non au Ministère des affaires étrangères qui ne pourra je crois qu'etre décidée à la dernière heure ne saurait etre qu'un détail insignifiant vous pouvez en donner l'assurance au prince de Bismarck, en lui exprimant toutefois vivement ma reconnaissance la plus sentie, pour ces si sympathiques sentiments personnels qu'aussi en cette circonstance il veut bien me témoigner, et que j'apprécie au plus haut degré.

del Governo francese al riguardo. 640 1 T. s.n., non pubblicato.

639 3 Con D. 1097 del 4 aprile di Robilant comunicò la disponibilità italiana ad esaminare proposte

641

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 1° aprile 1887.

Je vous remercie de vos lettres du 15 et 23 mars 1 . La rougeur me monte au front en lisant dans !es journaux de quelle manière !es partis qui nous mènent à la ruine, à la déconsidération vis-à-vis de l'étranger, méconnaissent !es grands services que vous avez rendu au roi et au Pays. Je vois d'après !es agences télégraphiques que !es chances de Crispi et Zanardelli d'arriver au pouvoir gagnent de jour en jour. Le comte Herbert me disait avant-hier que !es bras tombaient à son père qu'un remaniement du Cabinet se fit au profit de la gauche avancée. C'était un pas vers la République. Si du moins vous pouviez rester au pouvoir! J'ai répondu que vous ne prendriez conseil que des intérèts de l'Ita1ie inséparables de ceux de la Couronne.

Le comte Herbert ajoutait que Crispi n'inspirait aucune confiance. Sans contredire cette assertion je rappelais qu'en 1877 après son entrevue a Gastein avec le chancelier, il affirmait qu'il jouissait de la confiance du chancelier. «Dans ce cas il se trompe fort. Il y a dix ans que cette entrevue a eu lieu, et mon père le juge un homme non sérieux et dangereux par ses principes. Sa nomination dans un Cabinet nuirait aux relations internationales si bien dirigées par vous».

J'ai fait valoir l'argument qu'il ne s'agirait pas de lui conférer le portefeuille des affaires étrangères, et que vous m'aviez autorisé à déclarer éventuellement que quel que fùt votre successeur, celui-ci ne s'écarterait pas de votre politique extérieure en conformité de la Triple Alliance. Le secrétaire d'Etat ne se montrait que fort médiocrement rassuré: «le successeur jouera du mème instrument, je veux bien l'admettre, mais il ne saura l'accorder au diapason du trio, et il faudra s'attendre à des notes discordantes».

Si toutes ces raisons pouvaient vous induire à faire une dernière tentative de vivre avec des gens qui ne sont pas de votre bord! C'est là mon meilleur voeu, mais d'après la teneur de vos lettres, je n'ai plus grand espoir; qui sait mème si celle-ci vous trovera encore à la Consulta. Si contre l'avis de tous !es honnètes gens, vous vous décidez à renoncer à votre portefeuille, vous le rendrez au roi avec la conscience, dans la position de ministre, comme précédemment dans celle d'ambassadeur, de n'avoir rien négligé pour le bien de Sa Majesté et de ses Etats. Il est vraiment dommage sous ce rapport que le publique ne puisse ètre édifié sur les accords secrets signés à Berlin et à Londres autrement chacun vous rendrait justice d'avoir conduit !es choses à un point où jusque là nous n'étions jamais arrivés. La seule chose arriérée ce sont nos pourparlers à propos de l'Espagne. Vous verrez par mes deux rapports de cette expédition, riservati alla persona 2 , que

Cfr. nn. 631 e 637.

votre projet n'a pas été gouté à Berlin et à Vienne parce qu'on ne se soucie pas de signer un traité proprement dit avec l'Espagne. Après nous avoir poussé en avant on recule maintenant pour les raisons que j'ai indiquées. L'on voudrait du moins se borner à un simple échange de notes, en adoptant le modus procedendi adopté dans nos arrangements à Londres. J'ai pris sur moi, en réservant bien entendu votre approbation, de fondre votre projet sous la forme de notes à échanger; j'ai éliminé en mème temps ce qui paraissait sortir des limites très restreints que d'ici et de Vienne on voudrait donner à de semblables arrangements. Sauf la suppression de la clause n. l, mon projet a trouvé bon accueil auprès du prince de Bismarck. C'est à vous qu'appartient maintenant la parole. Sauf l'argument de la solidarité monarchique, je ne vois aucune raison de nous associer à l'Espagne. Et mème ce motif est d'une valeur contestable en ce sens qu'une Monarchie qui ne sais ou ne peut se maintenir par ses propres forces ne se sauverait pas par l'appui de l'étranger.

La princesse impériale m'a dit que son mari vous avait télégraphié pour l'Aigle noir. Elle ajoutait qu'elle aussi s'était réjouie que cette distinction vous ait été accordée. «C'est une décoration qui sera bien portée».

Je suis bien aise que le due d'Aoste ait obéi au roi pour la question de l'uniforme des hussards. Il l'a revètu en chaque occasion durant son séjour à Berlin, comme à Cassel. Sa visite à son régiment a produit partout ici un excellent effet, et son toast a été fort apprécié. J'ai cru bien faire en lui conseillant de le compléter par la double qualification de «ami et allié».

Je suis plus que jamais, mon cher ami, de coeur et d'esprit avec vous. Je vous suis dans votre via crucis, et je forme tous les meilleurs souhaits pour qu'un vent quelque inespéré qu'il soit se lève et chasse d'autour de vous tous ceux qui voudraient vous renverser.

641 1 Non rinvenute.

642

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT 1

R. 983. Massaua, 2 aprile 1887 (per. il 16).

Il signor console francese cavaliere Soumagne, nel farmi ieri visita di congedo, mi disse di avere ricevuto l'incarico dal negus di trasmettere due lettere, delle quali una per il presidente della Repubblica francese, e l'altra per la regina Vittoria, giuntegli entrambe colla traduzione fatta dal padre Coulbeaux della missione lazzarista di Akrur.

La lettera al presidente della Repubblica francese riflette l'esposizione degli ultimi avvenimenti dal punto di vista abissino, cioè di violazioni del trattato Hewett,

ed, a quanto afferma il signor console, non chiede né interventi né aiuti; ma il negus dice di confidare nelle proprie forze e nell'aiuto di Dio per quanto fosse per sopraggmngere.

La lettera alla regina Vittoria ripete le già note recriminazioni circa all'inesecuzione del trattato Hewett e circa alla sostituzione nostra agli egiziani in Massaua, mentre anche Massaua doveva passare a lui.

Entrambe le lettere contengono la frase che ciascuno resti nei propri confini, e, senza che abbia potuto avere preciso schiarimento, pare che mentre l'Abissinia già intendeva che le nostre occupazioni dovessero limitarsi alle sole isole di Massaua, ora, invece, per limiti da noi oltrepassati intenderebbe solo Saati e Uaà.

642 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 91.

643

L'AMBASCIATORE A VI ENNA, NIGRA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT

T. 423. Vienna, 3 aprile 188 7, ore 16,17 (per. ore 18, 10).

Stoiloff n'avait pas vu, dit-i!, hier Kalnoky et il ne s'est pas encore présenté aux ambassades. Il a dit aux personnes qui l'ont vu, que sa mission est principalement de se rendre compte des dispositions des Cabinets et il continue à assurer que la Régence n'a aucune intention de mettre en avant la réélection du prince Alexandre, bien que cette idée soit populaire en Bulgarie.

644

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, GENÈ

T. 228. Roma, 3 aprile 1887, ore 23.

Le commandant Grillo est dans l'erreur s'il croit qu'une Puissance n'a pas le droit d'établir au besoin le blocus sur ses propres cotes 1 . Je consents toutefois à ce que la déclaration soit comme d'après la formule que vous proposez. Rarat et Assab sont, comme points extrèmes du blocus, des limites énormément exagérés. L'extension du blocus doit ètre réglée, d'une part par la rayon où le commerce abyssinien pourrait encore s'insinuer, et de l'autre part par la

praticabilité d'un service effectif de croisière. Quant au moment de la notification, nous pensons qu'au point de vue de l'effet qu'elle pourrait produire sur l'esprit de ras Alula, il y a maintenant avantage à la faire coincider avec la prise de possession du commandement par le général Saletta, dont ce serait le premier acte envers l'Abyssinie.

644 1 Con T. 417 del 2 aprile Gené riferiva: «Relativement blocus commandant Grillo observe que le notifier comme blocus serait infirmer nos droits indiscutibles de proprieté de Anfila à Massaua et nos prétentions jusqu'à Ras Kasar ... ».

645

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, DI ROBILANT, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, CORTI, A PARIGI, MENABREA, E AL CONSOLE A TAMATAVE, MAIGROT

D. Roma, 3 aprile 1887.

L'ambasciata britannica presso questa Real Corte m'informa che la concessione dell'exequatur ad un console inglese al Madagascar per parte del Governo ho va, ha provocato rimostranze dal ministro francese degli affari esteri, che arguiva dal trattato del 17 dicembre 1885. In pari tempo l'ambasciata suddetta domanda il parere del Governo del re su detto argomento.

Ho risposto che tale speciale questione non ci si è ancora presentata, e che neppure abbiamo avuto occasione di pronunciarci intorno al trattato franco-malgascio, il quale continua quindi ad essere per noi res inter alias acta. Se l'accennata questione ci si presentasse, ho soggiunto, stimeremmo di chiedere, per intanto, un riconoscimento di fatto ed officioso al funzionario che di fatto esercita l'ufficio di ministro degli affari esteri, salvo a fare la domanda formale per l'exequatur allora soltanto quando si trovi definito il punto tuttora controverso fra la Francia ed il Madagascar.

646

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE

T. 235. Roma, 5 aprile 1887, ore 14,30.

La situation parlementaire ayant amené une recomposition du Cabinet sous ma présidence, le roi vient de me confier le portefeuille des affaires étrangères. Je prends aujourd'hui la direction du département avec une entière confiance dans le zèle et le dévouement de mes collaborateurs, les représentants de Sa Majesté à l'étranger. Solidaire, comme président du Conseil, de la politique de paix et de conservation que mon prédécesseur a constamment suivi, je tiendrai à honneur de la continuer, lui donnant tout le développement que l'intérèt général européen, ainsi que l'intérèt particulier de notre Pays pourront comporter.

647

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL SENATORE DI ROBILANT

T. S.N. Berlino, 5 aprile 1887, ore 16,10 (per. ore 18,10).

Malgré les explications que j'ai données pour en atténuer l'effet la nouvelle de votre retraite a produit ici la plus fàcheuse impression parce qu'on avait pleine confiance en vous. Un Cabinet présidé par le chevalier Depretis offre certainement de solides garanties mais on se demande si c'est définitivement ou provisoirement que le portefeuille des affaires étrangères lui a été confié. Dans ce dernier cas quel pourrait-ètre le futur titulaire? l'ai entendu citer le nom de Tornielli contre lequel il existe encore à Berlin, à mon grand ''regret, des préventions augmentées par une demande qu'il aurait adressée il y a une dixaine de jours au ministre des affaires étrangères de Roumanie. Tornielli l'interpellait sur éventualité du passage de troupes russes à travers le territoire roumain, le Cabinet de Bukarest a été fort surpris d'une pareille interpellation motivé sans doute par le désir de renseigner à Rome mais qui avait eu l'air d'avoir été suggerée par M. Hitrovo le grande agitateur russe dans les Balkans. Je suis désolé de toute manière de votre retraite du Ministère, j'espère pour le roi et le Pays que ce ne sera qu'une disparition passagère.

648

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 431. Vienna, 5 aprile 1887, ore 17,40 (per. ore 20).

M. Stoiloff est venu me voir aujourd'hui, il m'a dit qu'il avait pour mission d'exposer au Gouvernement austro-hongrois, la situation de la Bulgarie et les idées de son Gouvernement, et d'explorer les dispositions des différents Cabinets, spécialement de celui de Vienne. A ce sujet le ministre bulgare m'a répété ce qu'il avait djt à Kalnoky, qu'il n'y a que trois alternatives à savoir: ou se jeter dans les bras de la Russie, ce que le Pays ne veut pas, ou convoquer l'assemblée et confirmer, en les étendant, les pouvoirs de la Régence, ou bien trouver et élire un candidat. Il a aussi émis l'idée de proclamer l'indépendance de la Bulgarie. Quant au prince Alexandre son choix serait très populaire, mais la Régence ne le proposera pas, surtout si, comme on doit s'y attendre, le prince fera connaìtre lui-mème son intention de ne pas accepter une nouvelle élection, soit par lettre, soit par une déclaration publique. Kalnoky a donné à Stoiloff des conseils de prudence; il lui a dit que la proclamation d'indépendance placerait la Bulgarie hors de la base solide du Traité de Berlin et lui attirerait l'hostilité de la Turquie et l'avversion des voisins. Quant au choix immédiat d'un candidat, il m'a dit, qu'il croyait qu'on n'en trouverait pas dans l'état actuel des choses. Kalnoky ne s'est pas montré contraire en principe à la convocation de l'assemblée et à la confirmation des pouvoirs de la Régence, cette matière étant plutòt une question intérieure sur laquelle il n'avait pas à se prononcer, mais il a conseillé de trouver possiblement un modus vivendi avec la Russie et il a laissé comprendre qu'on pùt faire des concessions sur les personnes devant composer la Régence. Tout ceci m'a été confirmé successivement par Kalnoky lui-meme, que j'ai vu également aujourd'hui. Je me suis bome à dire à Stoiloff, que, quant au Gouvernement du roi, il ne pouvait pas douter de ses sympathies pour la Bulgarie et que si j'avais un conseil à lui donner, c'était de ne pas abandonner la base légale des stipulations internationales.

649

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4371. Berlino, 5 aprile 1887 (per. il 9).

Dans ce Pays les circonstances parlementaires n'exercent pas, camme ailleurs, une influence décisive sur l'attitude gouvernementale, et dès lors on ne se rendait pas facilement compte des motifs qui ont amené en ltalie une crise ministérielle. On énonçait en outre quelques préoccupations sur son issue. Nos rapports étaient des plus satisfaisants, et chacun désirait qu'ils fussent maintenus sur le meme pied d'intimité. Le comte de Robilant inspirait, à juste titre, une entière confiance. Les bruits précurseurs de sa prochaine retraite, étaient accueillis avec un véritable regret et cela surtout lorsqu'on ignorait encore quel serait son successeur.

Les agences télégraphiques annonçaient ce matin la recomposition du Cabinet sous votre présidence, et que le roi vous confiait le portefeuille des affaires étrangères. Ainsi que j'ai pu m'en assurer dans l'après-midi au département impérial, cette nouvelle a produit ici un excellent effet. S'il voit avec déplaisir que le général de Robilant ne figure pas dans cette combinaison, il s'empresse de reconnaìtre que les antécédents d'un homme d'Etat camme V.E., fournissent de solides garanties pour la sérieuse exécution du programme de politique étrangère commun aux deux Monarchies en ce qui concerne essentiellement la conservation de la paix générale.

Dans la soirée, j'ai reçu le télégramme circulaire de V.E. 1 se prononçant dans ce meme ordre d'idées. J'en ai aussitòt transmis une copie au sous-secrétaire d'Etat (le secrétaire d'Etat s'est absenté pour quelques jours), en le priant d'en communiquer le contenu au prince chancelier.

Je n'ai pas besoin d'ajouter que je ne négligerai rien, sous votre sage direction, pour continuer à servir de mon mieux les intérets de Sa Majesté et de l'ltalie.

649 1 Cfr. n. 646.

650

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA 1

D. 237. Roma, 6 aprile 1887.

Con telegramma di ieri sera 2 , V.E. mi ha riferito un suo colloquio avuto, ieri

stesso, col signor Stoiloff, ministro di giustizia in Bulgaria, ed uno dei tre delegati

che, con mandato della Sobranje, visitarono, pochi mesi or sono, le capitali europee.

Passando in rassegna le possibili contingenze, il signor Stoiloff avrebbe anche

accennato alla eventuale proclamazione della indipendenza della Bulgaria. Soggiungeva, però, il ministro bulgaro che già il conte Kalnoky, a cui aveva del pari additato codesto concetto, gli aveva fatto osservare che un simile atto farebbe uscire la Bulgaria dalla solida base che le è procacciata dal Trattato di Berlino, facendola incorrere nella aperta ostilità della Turchia e nel sospetto degli Stati vicini. E V.E., a sua volta, pur ricordando le non dubbie simpatie del R. Governo per la Bulgaria, . non esitava a dichiarare che, se richiesto di consiglio, lo darebbe nel senso di una viva esortazione a non dipartirsi dal terreno legale delle stipulazioni internazionali.

Non esitai ad approvare, col mio telegramma di stamane\ il linguaggio da lei

tenuto col signor Stoiloff. Le mie idee circa la vertenza bulgara sono quelle stesse

dal mio predecessore più d'una volta, e molto chiaramente, enunciate. Amici sinceri

e disinteressati del giovane popolo, noi siamo e saremo sempre lieti di giovargli

nella ricerca di tale assetto che gli conceda pace degna e durevole. Però noi abbiamo

fermo convincimento che la Bulgaria si esporrebbe ad alea pericolosissima, sopra

tutto nelle presenti condizioni dell'Europa, se, per giungere alla mèta cui aspira, si

allontanasse dal Trattato di Berlino, e con le sue mani distruggesse quel titolo che,

invocato da essa stessa e dalle potenze amiche, preservò il Principato e l'Europa da

più gravi perturbazioni.

651

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 199. Vienna, 6 aprile 1887 (per. il 9).

La stampa austriaca fin da ier l'altro si occupa della ricomposizione del Ministero italiano. Mentre essa accompagna coll'espressione d'un generale rincrescimento

2 Cfr. n. 648.

3 T s.n., non pubblicato.

l'uscita dal Gabinetto del generale di Robilant e mette in evidenza l'aumento di autorità che questo uomo di Stato procurò all'Italia nei consigli dell'Europa, interpreta però in senso favorevole la ricomposizione e deduce dall'entrata del signor Crispi nel Ministero un notevole allargamento della maggioranza parlamentare su cui il Governo potrà contare in avvenire.

L'attribuzione del portafoglio dell'estero a V.E. ha specialmente rassicurato l'opinione pubblica di questo Paese, la quale cominciava ad inquietarsi seriamente in seguito alla durata straordinaria della crisi ministeriale.

La di lei presenza alla testa del Gabinetto è qui giustamente considerata come pegno di politica pacifica all'estero e d'ordine all'interno, e significa continuazione dell'indirizzo politico seguito finora dal suo predecessore. Il linguaggio della stampa viennese è dunque quasi unanime nell'apprezzare equamente e favorevolmente la nuova combinazione ministeriale al punto di vista della politica europea e delle alleanze.

Il fatto non è senza importanza e merita d'essere notato.

650 1 Ed. in LV 69, p. 105.

652

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC 1

D. 7. Roma, 7 aprile 1887.

D'un amichevole componimento con la Sublime Porta rispetto a Massaua teneva, una prima volta, discorso il commissario britannico sir H. Drummond Wolff al barone Galvagna nel colloquio che questi mi riferiva con rapporto del l o marzo 2•

Il barone Galvagna egregiamente rispondeva: il R. Governo avere fin da principio ammesso che l'argomento potesse trattarsi in tempo opportuno; il momento presente non sembrare, per verità, il più propizio a simili negoziati; la questione si affaccierebbe naturalmente nel giorno in cui, definiti tra l'Inghilterra e la Turchia i punti sostanziali della vertenza egiziana, se ne dovesse poi regolare anche la parte finanziaria.

Il linguaggio del barone Galvagna ebbe dal mio predecessore piena ed intera approvaziOne.

Dal rapporto di V.E. in data 26 marzo rilevo\ ora, che sir H. Drummond W olff ha ripreso a discorrere con lei dello stesso soggetto, facendole noto come il gran vizir, nel trattare con lui degli affari del Vicereame, avesse espresso la speranza che il Gabinetto di Londra, dopo regolata la questione egiziana, presterebbe al Governo ottomano la sua assistenza per definire coll'Italia la questione di Massaua.

2 R. 206, non pubblicato.

3 R. 224, non pubblicato (in realtà di Galvagna).

Assai giudiziosamente l'E.V. tenevasi, di fronte a questa nuova entratura del commissario britannico, in grande riserbo. Imperocché, dal momento che lo stesso gran vizir, come le fu detto da sir H. Drummond Wolff, riconosce non potersi trattare di Massaua che dopo composta la questione egiziana, riuscirebbe affatto prematura, da parte nostra, ogni enunciazione di pensiero. Del resto, il commissario britannico, che, prima di lasciare Londra, sul finire dello scorso anno, interrogava sopra questo tema il r. ambasciatore, non può aver dimenticato ciò che il conte Corti gli rispondeva per istruzione avutane. dal mio predecessore: doversi ben ponderare la cosa, e non potersene praticamente discutere se prima non precedesse, da parte della Sublime Porta, il riconoscimento del fatto compiuto (doc.

n. 701 4 e 703 5 , serie XXIII). Né quello che è indi occorso a Massaua mi sembra di tal natura da agevolare, da parte nostra, un negoziato già irto di cotante e così spinose difficoltà.

652 1 Ed. in L'Italia in Afi'ica, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 96-97.

653

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4374. Berlino, 7 aprile 1887 (per. l' 11).

Les nouvelles transmises de Vienne ne s'accordent pas avec celles de Constantinople (télégrammes de V.E. d'hier soir) 1 . Les premières, à en juger par le langage de M. Stoiloff au comte Nigra, n'écartent pas certaines éventualités non prévues par !es traités; tandis que !es secondes laisseraient entrevoir de meilleures dispositions à Sophia et à Pétersbourg pour un arrangement des affaires bulgares. Le Cabinet de Berlin forme des vceux pour l'exactitude de ces derniers renseignements; mais ils ne cadrent pas avec ceux parvenus jusqu'ici au Département impérial des affaires étrangères. Le Gouvernement bulgare est moins que jamais animé de sentiments de conciliation à l'égard de la Russie, et celle-ci ne varie pas dans ses déclarations qu'elle se refuse de traiter avec la Régence et la Sobranjé actuelles, et de faciliter d'une manière quelconque leur tàche.

Dans ces conditions le prince de Bismarck exprime l'avis que, selon le calcul des probabilités, les choses traìneront en longueur. Cet avis est ici assez généralement partagé. Nul doute que la Russie se tient aux aguets, en épiant l'occasion favorable de rentrer en scène, au moins diplomatiquement. Elle a renoncé à user de moyens violents. Elle semble, comme après la guerre de Crimée, se renfermer dans un certain recueillement, en faisant la sourde oreille aux excitations du parti moscovite qui voudrait, là et ailleurs, pousser à des mesures extremes. L'envie ne

5 D. 254 del 26 dicembre, non pubblicato. 653 1 T. 240 e T. 241, non pubblicati.

lui manquerait peut-ètre pas, mais elle ne peut ignorer qu'elle se trouverait alors, mème si la France se joignait à elle, en présence d'une coalition assez forte pour l'arrèter dans sa marche. Elle cherche à sauver les apparences en disant que la situation générale en Europe est telle que les affaires d'Orient passent en seconde ligne, et que son ròle principal aujourd'hui est de veiller aux événements qui se préparent à l'occident. Elle réserve sa liberté d'action. Le Gouvernement russe ne dénonce pas pour autant, d'une manière formelle, les accordes de Skiernewitch dont la base essentielle consistait dans l'engagement de s'entendre avec Vienne et avec Berlin, en vue du maintien de la paix, sur les questions d'intérèt commun, lorsque des divergences viendraient à surgir. Mais du moment où il veut garder les mains libres, cela équivaut à ne prendre conseil que de ses propres convenances, sans se préoccuper des deux autres Empires. Autrement il ne permettrait pas à des journaux influents d'attaquer avec tant de vivacité l' Allemagne et l' Autriche, et o n ne laisserait pas vilipender M. de Giers, qui représente une politique pacifique, par

M. Katkoff, en qui s'incarne la chauvinisme russe.

Le fait est que le chancelier, ainsi qu'il le disait naguères confidentiellement à un haut personnage, n'a plus aucune confiance envers son voisin de l'Est. Aussi surveille-t-il tous ses mouvements pour ne pas ètre pris à l'imprévu de ce còte, pas plus que du còté de la France. Seulement il procède avec plus de ménagements envers la Russie. Il se gene moins avec le Gouvernement de la Republique, et tout récemment encore des journaux officieux de Berlin prenaient sur un ton très-haut la prétendue connivence d'un employé à Paris avec un attaché militaire de l'ambassade allemande, employé qui aurait livré des secrets sur l'armée française.

652 4 R. 1448/358 del 21 dicembre, non pubblicato.

654

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 2. Costantinopoli, 7 aprile 1887 (per. il 13).

Da un rapporto segret1ss1mo, nella veracità del quale questo ambasciatore d'Inghilterra ha fiducia, risulterebbe che il conte di Montebello nell'udienza di ritorno dal congedo, avrebbe fatto al sultano dichiarazioni, che eccederebbero di molto il noto linguaggio ufficiale tenuto da quell'ambasciatore di Francia come dal suo Governo circa la questione egiziana. Egli avrebbe detto a Sua Maestà Imperiale che la Francia si asterrà d'intervenire nei pourparlers in corso fra l'Inghilterra e la Porta sull'Egitto, ma ch'egli ha l'ordine di dichiarare al sultano personalmente che a Sua Maestà Imperiale tocca pigliare l'iniziativa di rivendicare i propri diritti sull'intero Egitto, da dove si potrebbe minacciare la Mecca ed esporre il califfato ad altri movimenti come quelli dei wahabiti; in tale rivendicazione contro la preponderanza esclusiva dell'Inghilterra in Egitto, la Porta, se è risol\_\ta a spingerla sino agli estremi può contare sulla decisa assistenza della Francia. Alcuni dei miei colleghi, a cui pervenne pure questa notizia, dubitano che tale appunto sia stato il linguaggio del conte di Montebello; se non che essi credono di sapere essere affatto analoghe le insinuazioni che si vanno facendo al sultano dai fautori della politica francese al Palazzo.

Ciò nonostante i negoziati di sir H. Drummond Wolff procedono, secondo che egli mi disse, in modo da far sperare che in una conferenza da tenersi lunedì prossimo, si possano ottenere risultati quasi decisivi, sui quali egli mi annunziò spontaneamente confidenziali informazioni. L'ambasciatore di Germania accentuando sempre più il mutamento di contegno già assunto per effetto di istruzioni del suo Governo, presta in tale quistione un energico appoggio all'Inghilterra; e si ha sicura notizia che il sultano convinto oggi che le attuali alleanze dell'Europa centrale ]ungi dal minacciare il suo Impero, sono per esso una guarentigia di pace e di conservazione, ha dimostrato una marcata propensione a particolari intelligenze con quel gruppo di Potenze.

655

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS 1

L. PERSONALE. Londra, 7 aprile 1887.

Profitto della partenza del corriere di Gabinetto per sottomettere all'E.V. alcune considerazioni sulle presenti relazioni fra l'Italia e l'Inghilterra.

E primieramente mi permetta l'E.V. d'aggiungere alle comunicazioni ufficiali la particolare espressione della viva soddisfazione che provo nel trovarmi nuovamente sotto la saggia e benevola sua direzione, non che l'assicurazione che dal mio canto impiegherò tutte le mie deboli forze per servirla con zelo ed amore.

L'E.V. conosce come le pratiche da me intromesse presso questo Governo, in conformità delle istruzioni impartitemi dal generale Robilant; felicemente approdassero ad un accordo formulato in due note scambiate fra lord Salisbury e me.

L'Inghilterra non si impegnò invero in termini positivi ad una cooperazione militare, poiché tale impegno non gli era permesso né dalla tradizione della politica inglese, né dal presente stato dell'opinione pubblica. Ma l'accordo intervenuto ha tuttavia una somma importanza sia perché contiene la manifestazione della parte alla quale l'Inghilterra si associerebbe in caso di conflitti, sia perché, in questa eventualità gli impegni morali assunti, ed i suoi interessi, opportunamente fatti valere dagli alleati, la condurrebbero pure a cooperare in modo attivo. Dalle parole raccolte dal primo ministro si può anzi arguire che questa cooperazione sarebbe

piuttosto marittima che terrestre. E l'E.V. comprenderà di leggieri di quanta importanza sarà la cooperazione marittima dell'Inghilterra.

I quali negoziati ed il risultato di essi non hanno finora trapelato ne' circoli politici d'Europa e questo silenzio sta a cuore al Governo britannico affine d'evitare le inopportune interpellanze che altrimenti gli sarebbero mosse nella Camera dei Comuni, e che potrebbero nuocere agli effetti che ne debbono venire a suo tempo.

L'Austria-Ungheria starà indi all'accordo italo-inglese, ed i relativi atti furono pure scambiati a Londra fra il mio collega d'Austria-Ungheria e me, in pari tempo che fra lord Salisbury ed il conte Karolj?

L'entità di questo triplo accordo è poi grandemente aumentata dal fatto che il principe Bismarck, sebbene, per motivi facili a comprendersi, non abbia voluto partecipare direttamente ad esso, vi prese pure il più vivo interesse, e coadiuvò con fervore alla riuscita dei relativi negoziati imperocché questa sua ansietà dimostra chiaramente in quel campo egli intenderebbe schierarsi in caso di complicazioni, l'Inghilterra alleata dell'Italia e dell'Austria-Ungheria essendo pure l'alleata della Germania, di che si scorga già, fra gli altri, un segno nel nuovo atteggiamento assunto dalla diplomazia germanica a Costantinopoli.

Ne risulta dunque la formazione di un formidabile gruppo di quattro Grandi Potenze, il quale, mentre contribuisce indubbiamente al mantenimento della pace, potrà in ogni eventualità affrontare serenamente le vicende che si stanno maturando.

Qui v'è ora completa sosta in fatto di politica estera, ché il primo ministro, ministro degli affari esteri se n'è ito in campagna per una quindicina giorni.

655 1 ACS, Carte Crispi.

656

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 9 aprile 1887, ore 15.

J'ai très attentivement examiné vos rapports des 28 et 31 mars 1 concernant l'affaire espagnole. J'ai également étudié le dossier tout entier, dont la substance m'était, d'ailleurs, déjà connue. Voici ma conclusion, que je vous prie de soumettre, par l'entremise habituelle du secrétaire d'Etat, aux deux chancelleries. Au point où !es choses en sont arrivées, j'estimerais qu'une rupture de la négociation, ou bien une réponse ne donnant pas assez de satisfaction à l'amour propre espagnol, pourrait, malgré la faiblesse politique et militaire du Pays, nous ménager de sérieux inconvénients. Le projet d'accord, te! qu'il résulterait des deux notes dont vous avez préparé le texte, est donc, à mes yeux, un minimum au dessous duquel il me paraìtrait bien difficile de descendre. Si le prince chancelier trouve que la clause

n. l peut nous exposer, de la part de l'Espagne, à una interprétation et surtout à une application qui ne seraient point conformes à nos propres vues, je consent dès maintenant à tout amendement apte à écarter le danger que nous redoutons. Mais une suppression totale, veuillez le faire remarquer au secrétaire d'Etat, nous ferait perdre le seui bénéfice que nous puissions nous flatter de tirer de l'entente projetée, c'est-à-dire la certitude, pour autant que ce mot est de mise en politique, surtout en Espagne, que le Cabinet de Madrid ne se laissera pas entraìner, quoi qu'il arrive, dans le tourbillon de la politique française. Vous pourriez donc prier le secrétaire d'Etat de collaborer avec vous pour la recherche d'une nouvelle formule qui nous garantisse également contre la participation de l'Espagne, avec la France, à une action quelconque, politique ou militaire, qui serait dirigée contre les trois Puissances alliées. Quant à la question de forme, je ne fais aucune difficulté à accepter la méthode d'un échange de notes, du moment qu'à Berlin et à Vienne on juge que la méthode d'un traité donnerait à l'accord un caractère qui ne doit pas lui appartenir. Nous preférions naturellement que l'échange des notes se fit entre l'Espagne d'un part, et !es trois Puissances de l'autre. Mais nous admettrions également un échange italo-espagnol avec accessi o n subséquente de l' Allemagne et de l' Autriche-Hongrie, cette accession serait pure et simple, sans réserve ni restriction. Si tous les points ci-dessus sont réglés d'après la facon que je viens d'énoncer, le meilleur modus procedendi serait, à mon avis, de charger le ministre du roi à Madrid de soumettre au Cabinet de la reine-régente le texte des notes à échanger, avec déclaration, dans le cas où l'échange serait exclusivement italo-espagnol, que l'accession subséquente de l'Allemagne et de l'Autriche-Hongrie est acquise d'avance. Les représentants des deux Empires recevraient instruction d'appuyer la démarche de leur collègue italien. J'attendrais maintenant votre réponse m'indiquant la décision des deux Cabinets 2 .

656 1 Cfr. nn. 631 e 637.

657

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 257. Roma, 12 aprile 1887, ore O, 15.

Veuillez, je vous en prie, étre auprès du prince chancelier, l'interprète des sentiments que son message amicai me fait éprouver. Les vicissitudes du régime parlementaire m'ont fait succéder, comme ministre des affaires étrangères, à l'homme éminent qui a vu, sous sa direction, se caractériser par une cordialité de plus en plus intime !es liens qui unissent les deux Monarchies. Collaborateur du général de Robilant, partageant avec lui les convictions qui forment désormais la

base de la politique italienne, je n'ai qu'une ambition et qu'un programme bien arrèté: continuer, avec la mème réciprocité de confiance mutuelle entre !es deux Cabinets, l'oeuvre de mon prédécesseur, et la faire fructifier à l'avantage commun des deux Pays.

656 2 Si rispose con T. s.n. del 15 aprile, non pubblicato, ma cfr. n. 663.

658

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 459. Costantinopoli, 12 aprile 1887, ore l (per. ore 12,45) 1 .

Grand-vizir a prié hier sir Drummond Wolff de pressentir, en voie toute particulière et officieuse, mon opinion sur les dispositions éventuelles du Gouvernement du roi à réunir, dans des accords simultanés et similaires de l' Angleterre et de l'Italie respectivement avec Porte, les questions de Massaua et de l'Egypte. Sir Drummond Wolff a télégraphié à Salisbury cette ouverture de la Porte, et m'en a fait part à titre confidentiel comme objet d'étude. Ambassade d'Angleterre est réstée étrangère à cette communication en quelque sorte toute technique de Drummond Wolff, qui suppose que cette sorte d'affirmation du parallelisme des deux occupations pourrait nous convenir. J'ai accueilli cette communication comme simple information. Rapport détaillé partira demain par bateau «Rubattino» 2•

659

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 260 1 . Roma, 12 aprile 1887, ore 22,30.

Je vous ai écrit le 7 de ce mois au sujet de Massaua2• N otre conflit avec l'Abyssinie domine maintenant la situation, et il nous serait en ce moment bien difficile d'accepter là-dessus une négociation avec la Porte. Si des proposition nous étaient faites, nous devrions nous réserver de les examiner en temps opportun.

2 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 97-103. Per la risposta cfr. n. 659. 659 1 Risponde al n. 658.

2 Cfr. n. 652.

658 1 Sic.

660

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 5. Costantinopoli, 12 aprile 1887 (per. il 16).

Feci ieri la mia prima visita ufficiale alla Sublime Porta, ove ebbi colloqui successivamente col ministro degli affari esteri e col gran vizir.

Said pascià mi pregò di consentire come preludio di ulteriori rapporti di piena fiducia e cordialità reciproca, ad una conversazione affatto accademica e scevra di ogni carattere officiale sulla situazione generale creata all'Impero ottomano dal fatto, da lui considerato felice sotto ogni riguardo, delle intelligenze pacifiche e conservative confermatesi di recente fra l'Italia e i due Imperi centrali.

Egli mi espresse l'opinione sua personale che, sia al punto di vista diplomatico in tempo di pace, sia in caso di guerra, mancherà alle tre Potenze alleate una base d'azione indispensabile, se l'Impero ottomano rimarrà estraneo alle intelligenze medesime.

In questo stesso momento la mancanza di tali intelligenze è principale cagione della continuazione in Bulgaria d'uno stato di cose incerto e inquietante; e nell'eventualità in cui la Russia e la Francia minacciassero decisamente la pace, le forze, soprattutto marittime, delle tre Potenze centrali, non potrebbero far fronte con sufficiente efficacia a quelle delle due Potenze anzidette, senza che i Dardanelli fossero aperti agli alleati da accordi analoghi a quelli della guerra di Crimea.

Io dichiarando di non poter esprimere un'opinione bastevolmente competente sull'interessante quesito propostomi, risposi, anche in via semplicemnte accademica, che, secondo il mio parere, la Porta, per concorrere all'opera di pace e di conservazione cui si dedica costantemente il Governo del re, non può far meglio che addivenire alla più completa intelligenza possibile coll'Inghilterra.

Said pascià, ripigliando il discorso, disse non voler fare alcuna violenza alla mia riserbatezza, tanto più che le idee personali da lui svolte potevano rimanere prive di ulteriore svolgimento ufficiale; ma desiderare che io tenessi conto eventualmente di quelle idee nei miei apprezzamenti sulla situazione che si sta qui svolgendo.

Ebbi tosto dopo una conversazione col gran vizir, il quale anch'egli entrò nello stesso argomento delle alleanze, che sembra sia oggi la preoccupazione principale del sultano. Mi disse che la recente conclusione di accordi fra l'Italia e i due Imperi centrali era stata cagione della desistenza della Russia da un intervento armato cui già si accingeva in Bulgaria. La Russia ora, disse egli, non potendo sciogliere la quistione a proprio esclusivo vantaggio, cerca di tenerla aperta.

Alla domanda della Russia, che cessasse il Governo degli attuali reggenti, come illegale e non rappresentante tutti i partiti, il gran vizir ha cercato di dar soddisfazione col proporle d'incaricarsi della formazione in Bulgaria di un Governo, in cui sarebbero egualmente rappresentati i tre partiti principali. Ma tale proposta fu lasciata in disparte; e così alle difficoltà della scelta di un principe la Russia aggiungerebbe le difficoltà della scelta di nuovi reggenti, quando gli attuali cessassero dal potere.

Quel linguaggio del gran vizir non esclude la continuazione dei negoziati colla Russia. Anzi come telegrafai il 10 corrente 1 all'E.V., la circolare alle Grandi Potenze, la cui spedizione era stata decisa il 9, fu sospesa (non abbandonata però, a quanto si pretende alla Porta) appunto per evitare la rottura dei negoziati diretti tra la Turchia e la Russia, rottura che il signor Nelidoff dichiarò dover essere conseguenza della spedizione della circolare. Secondo le mie informazioni i negoziati tra la Porta e la Russia hanno presentemente per oggetto, non più l'eliminazione dei reggenti, ma una forma di elezione del principe che escludesse l'intervento dei reggenti nell'elezione stessa; si spera alla Porta che si possa così ottenere che la Russia consenta ad una intelligenza sulla scelta del principe.

Il linguaggio tenutomi sin dalla prima mia udienza da Said pascià sulla quistione delicata delle alleanze mi era sembrato, debbo confessarlo, un semplice tentativo di esplorare il terreno. Senonché dopo l'udienza, seppi dal signor di Radowitz, che il gran vizir gli aveva in via ufficiosa e preliminare espresso il desiderio di S.M. il Sultano di associarsi agli accordi esistenti fra le tre Potenze, entratura che solleva delicate e gravi questioni, mi osservò il signor di Radowitz; e fui inoltre informato dal mio collega d'Austria-Ungheria che il gran vizir gli aveva, ieri pure, tenuto un linguaggio intieramente identico a quello tenuto da Said pascià a me, con allusioni anche al bisogno che avrebbe l'Austria dell'assistenza della Porta quando, per ipotesi, la Germania essendo alle prese colla Francia, l'Austria-Ungheria si trovasse in lotta colla Russia.

Quelle entrature, più recise e compromettenti, che non usi farne la Porta, si possono attribuire al timore di diventare vittima di una politica di compensazione; e nell'accoglienza assai riservata che vi fecero i miei colleghi, so aver essi gelosamente evitato di confermare tali timori e di scoraggiare le velleità della Porta, per non rigettarla nel campo opposto.

Il linguaggio da essi tenuto si trovò essere in perfetta coincidenza col mio, benché senza alcun previo concerto fra di noi: essi consigliarono difatti alla Sublime Porta di addivenire alla più franca intelligenza possibile coll'Inghilterra 2 .

661

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA1

D. 1104. Roma, 13 aprile 1887.

La ringrazio delle indicazioni fornite con rapporto n. 798 del 9 corrente, nonché delle due copie di note verbali rimesse a cotesto signor ministro degli affari esteri il 30 marzo scorso 2 .

2 Copia di questo rapporto e della risposta (D. 11 del 18 aprile) furono inviati agli ambasciatori a Berlino, Londra e Vienna in data 18 aprile. 661 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 103-104.

2 R. 798, non pubblicato.

Trattandosi d'argomento assai delicato, non è fuor di luogo avvertire che non abbiamo inteso, com'è detto in una di quelle due note verbali, di chiedere alla Francia lo sgombo del territorio prossim,o al Gubet-Karab, che potrebbe dar luogo a difficoltà maggiori; ma solo la rinunzia ad ogni disegno od intrapresa sul lago Assai. Del Gubet-Karab non si preoccupano, né l' Anfari d' Aussa, né il re dello Scioa, e non ci conviene quindi sollevare, per tale località, una questione con la Francia.

È questa la ragione per cui, quantuque non ci mancasse titolo di reclamo anche pel Gubet-Karab, ce ne siamo appositamente astenuti nel dispaccio del · 24 marzo 3 .

Non è il caso oramai di tornare sull'argomento. Ma se il Governo francese, cedendo pel lago Assai, non volesse cedere pel Gubet-Karab, non sarebbe il caso d'insistere. Ciò che a noi preme è soltanto di contentare l' Anfari e soprattutto il re Menelik.

660 1 T. 452, non pubblicato.

662

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A MADRID, MAFFEI

T. S.N. Roma.. 15 aprile 1887, ore 15,10.

Nous avions en effet, Robilant d'abord, moi ensuite, retenu Dalla Valle à Turin dans l'espoir qu'une réponse de Berlin et de Vienne nous mettrait en mesure de vous faire parvenir, par son entremise, des instructions définitives sur l'accord projeté. Malgré nos sollicitations, que je viens de renouveler depuis quelques jours, cette réponse tarde encore à arriver; de sorte que j'ai dù, pour ne pas vous laisser sans collaborateur, consentir au départ de Dalla Valle pour lundi prochain. Si dans l'intervalle je ne puis pas, comme je le crains, conclure avec Berlin et Vienne, je trouverai, pour vous expédier mes instructions, un autre moyen également sùr et rapide de transmission. En attendant, je vous prie de donner à M. Moret la double assurance que rien absolument n'est changé dans notre politique extérieure depuis mon passage aux affaires étrangères, et que je ne négligerai personnellement rien pour faire aboutir à un résultat pleinement satisfaisant notre négociation confidentielle avec l'Espagne. J'ajoute, puis, mais pour vous seui, que je ne saisis pas la connexité entre l'entente qui doit rattacher l'Espagne au group des trois Monarchies centrales, et la médiation colombienne qui ne doit s'exercer que d'après le droit et l'équité.

661 3 D. 1092, non pubblicato.

663

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. RISERVATO S.N. Berlino, 15 aprile 1887.

En suite d'un nouvel entretien aujourd'hui avec le secrétaire d'Etat, je suis à meme d'informer V.E. que le chancelier trouve acceptables l'une ou l'autre des formules dontj'avais préparé la rédaction pour la clause n. l (rapport du 14 avril) 1 . A son avis, auquel je me suis rangé, elles pourraient etre combinées de la manière suivante:

«L'Espagne ne se pretera envers la France, en ce qui concerne entre autres les territoires nord-africains, à aucun traité ou arrangement politique quelconque qui serait directement ou indirectement dirigé contre l'Italie, l' Allemagne et l' Autriche-Hongrie, ou contre l'une ou l'autre de ces Puissances».

La modification que j'avais indiquée au deuxième alinea de la note italienne, a été agréée.

Le comte de Bismarck enverra demain à Vienne le projet de deux pièces à échanger entre l'Espagne et l'Italie, lesquelles, sauf les amendements ci-dessus, conservent une rédaction conforme à l'annexe de mon rapport du 28 mars 2 . Il pense que le comte Kalnoky, lui aussi, donnera son assentiment, mais encore faudra-t-il attendre la réponse.

La procédure à suivre serait celle-ci qui, à quelques nuances près, s'accorde avec celle suggérée par V.E.:

l) remise à Madrid, par notre ministre, du projet de notes à échanger entre l'Espagne et l'Italie. Notre représentant expliquerait de son mieux le retard mis à répondre aux ouvertures du Cabinet de la reine. Notre longue crise ministérielle et les temps nécessaire pour nous concerter avec Berlin et Vienne, sont des raisons assez plausibles. M. le marquis Maffei dirait, verbalement aussi, qu'il est autorisé à déclarer que l'accession de l' Allemagne et de l' Autriche est d'avance acqui se à l'accord ainsi formulé. Pour le cas où les représentants des deux Empires seraient interpellés sur ce point par M. Moret, ils recevraient l'instruction de confirmer cette déclaration. Dès lors, il ne serait pas nécessaire qu'ils appuyassent, tout d'abord et directement, la démarche de leur collègue d'Italie;

2) quand l'entente à deux aura été réglée à Madrid, V.E. transmettrait aux ambassadeurs du roi à Berlin et à Vienne les copies certifiées des notes échangées entre l'Espagne et l'Italie;

3) l' Allemagne et l' Autriche-Hongrie répondraient pour prendre acte de la communication, et énoncer simplement leur accession; 4) nous notifierons à Madrid ces accessions. Les pièces originales resteraient déposées dans nos archives.

Cfr. n. 631.

Je viens de télégraphier à V.E. dans le sens de ce rapport, en sollicitant son approbation3 .

Vu les quelques modifications introduites au projet annexé à mon rapport précité du 28 mars, je joins ici un copie rectifiée 4 .

ALLEGATO

PROJET DE NOTES A ECHANGER ENTRE L'ESPAGNE ET L'ITALIE

NOTE DE L'ESPAGNE.

Le soussigné, ministre des affaires étrangères d'Espagne, a l'honneur de porter ce qui suit à la connaissance de M. le marquis Maffei, envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire de S.M. le Roi d'Italie:

le Gouvernement de S.M. la Reine-Régente animé du désir de rechercher une entente avec le Gouvernement de S.M. le Roi d'Italie à l'effet de fortifier toujours plus le principe monarchique et de contribuer au raffermissement de la paix, se prononce dès à présent pour l'acceptation des dispositions suivantes:

l) l'Espagne ne se prètera envers la France, en ce qui concerne entre autres !es territoires nord-africains, à aucun traité ou arrangement politique quelconque qui serait directement ou indirectement dirigé con tre l'Italie, l' Allemagne et l' Autriche-Hongrie, ou contre l'une ou l'autre de ces Puissances.

2) Abstention de toute attaque non provoquée, ainsi que de toute provocation. 3) En vue des intèrèts engagés dans la Méditerranèe et dans le but principal d'y mantenir le statu quo actuel, l'Espagne et l'Italie se tiendront sur ce sujet en communication, en se faisant part de tout renseignement propre à s'éclairer sur leurs dispositions respectives, ainsi que sur celles des autres Puissances.

En exprimant l'espoir que ces présentes et secrètes propositions obtiendront l'assentiment du Gouvernement de S.M. le Roi d'Italie, le soussigné saisit etc.

RÉPONSE DE L'lTALIE.

Le soussigné, envoyé extraordinaire et ministre plénipotentiaire de S.M. le Roi d'Italie, a reçu le note que S.E. le ministre des affaires étrangères d'Espagne lui a fait l'honneur de lui adresser en date du ... , et il est autorisé à y répondre dans !es termes suivants:

le Gouvernement du roi donne son assentiment aux dispositions énoncées dans la note susdite, et s'engage à la réciprocité. Il se réserve en mème temps d'examiner, en plein accord avec !es Gouvernements de

LL. MM. l'Empereur d' Allemagne, Roi de Prusse et l'Empereur d' Autriche, Roi de Hongrie, si et dans quelle mesure il y aurait lieu, selon !es circonstances, de se concerter ultérieurement avec le Cabinet de Madrid pour mieux assurer encore le but que lui aussi se propose.

En attendant, le Gouvernement de Sa Majesté prend acte de la communication susmentionnée, et considère comme entrant dès aujourd'hui en vigueur et pour une durée de quatre ans, l'accord secret établi par le présent échange de notes.

Le soussigné saisit etc.

663 3 T. s.n. del 15 aprile, non pubblicato. 4 Per la risposta cfr. n. 666.

663 1 R. riservato s.n., non pubblicato.

664

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 4377. Berlino, 15 aprile 1887 (per. il 21).

J'ai donné lecture au secrétaire d'Etat de la dépèche ministérielle du 27 mars échu n. 2388 1 , contenant de nouvelles indications sur !es armements de la France dans l'ancien comté deNice. Il me remerciait de ces renseignements. Il était évident que ces voisins incommodes de l'Italie et de l' Allemagne ne ralentissaient pas leurs préparatifs militaires, et sur une bien plus large échelle vers l' Alsace-Lorraine. Sous l'impulsion du général Boulanger, on s'occupe, entre autres, vu !es effets destructeurs des substances explosibles récemment appliquées à l'artillerie, de prendre des mesures spéciales pour augmenter la résistance des places fortifiées. Il s'agirait de travaux de reconstructions en partie du moins, d'une quinzaine de ports, ce qui occasionnerait une dépense de trente à quarante millions.

Malgré tout, et sauf l'imprévu, il ne semblait pas au comte de Bismarck qu'il existait un danger prochain de guerre. Les intrigues secrets ne font certes pas défaut. Ainsi le général Obroutchew et un amiral auraient l'année dernière fait sonder le terrain à Paris sur un projet d'alliance; mais M. de Freycinet aurait répondu par des fins de non recevoir. Le général Boulanger voudrait aussi pousser à la roue dans le mème sens. Tout porte à croire que ce travail souterrain se fait à l'insu du tzar dans un Empire où le mécontentement est général, et où le manque de discipline laisse tant de marge aux écarts, mème chez !es hauts fonctionnaires. Dans le récit des interviews avec !es Jomini, Katkow, lgnatiew et Gurkow, s'il faut faire la part de l'exagération des correspondants du Figaro, ce qu'il en reste est toujours assez significati[. Néanmoins, et en dépit des ménagements usés à l'égard de M. Katkoff, l'empereur Alexandre ne manifeste aucune velléité de courir l'aventure avec la France républicaine. De son còté, celle ci n'est pas encore prète à une lutte, et la redouterait mème si elle l'entreprenait avec l'appui de la Russie. On ne doit pas ignorerà Paris combien de temps il faudrait à cet Empire pour masser ses troupes, tandis que l' Allemagne, secondée par l'Autriche et l'Italie, et avec son système de prompte mobilisation, aurait beau jeu pour vaincre la France avant que la Russie lui tende la main. L'alliance des deux Empires avec l'Italie offre sous ce rapport une sérieuse garantie pour le maintien de la tranquillité générale. En outre, pour ce qui regarde !es classes dirigeantes au délà des Vosges, elles doivent se rendre compte que l'élément civil serait balayé au premier signa! belliqueux. Or, comme elles tiennent à conserver le haut du pavé, elles se garderont de céder le pas à une dictature militaire.

Je demandais au secrétaire d'Etat où en était la question bulgare. Toujours au mème point, m'a-t-il répondu; la Russie cherche à gagner du temps, espérant que

dans l'intervalle il se dégagera quelque combinaison acceptable. En effet, ajoutait-il, les resources financières seront bientòt taries dans la Principauté, et des graves indices de mécontentement dans l'armée laissent présumer qu'une solution s'imposera d'elle-mème.

Je sais que le prince de Bismarck a dit que, selon les calculs de probabilité, l'année 1887 se passerait sans guerre. Un interlocuteur indiscret voulait savoir si on pouvait avoir le mème degré de confiance pour 1888. Son Altesse laissait comprendre que c'était trop lui demander, et que c'était déjà beaucoup que d'établir des prévisions pour l'année courante.

664 1 Non pubblicata.

665

IL MINISTRO A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 10. Madrid, 15 aprile 1887 (per. il 21).

Col mio rapporto confidenziale n. 4 della presente serie 1 , ho avuto l'onore di dar conto all'E.V. dell'animata discussione verificatasi alle Cortes, circa la situazione creata al Marocco dalla incessante propaganda che vanno esercitando gli agenti francesi in quell'impero, e non mancai eziandio di chiamare l'attenzione di lei sulle importantissime dichiarazioni fatte dal signor Moret, il quale, per un tratto di particolar cortesia, mi fornì poi alcuni ulteriori ragguagli di natura riservatissima, da me senza ritardo consegnati nel surriferito rapporto.

Il linguaggio vivacissimo in quella circostanza tenuto dal ministro di Stato in pien Parlamento, non poteva a meno di destar molto risentimento nel campo francese. Infatti, il Temps di Parigi ha pubblicato in questi giorni una lettera del suo corrispondente a Tangeri, la quale ha destato una vera emozione nella stampa spagnuola.

Non ignorandosi le relazioni che in Francia quell'influente periodico possiede col Governo, la lettera cui alludo può essere considerata come la risposta data alle cose dette dal signor Moret.

Il citato corrispondente, enumerando la gelosia ed i sospetti della Spagna, lamenta che la mancanza di un accordo fra le Nazioni europee renda impossibile un'azione civilizzatrice nel Marocco. Traendo argomento da ciò, eccita quindi il Governo della Repubblica affinché senza dilazione adotti (quasi ne facesse bisogno!) una politica attiva, in considerazione dei diritti superiori a quelli di tutti gli altri paesi, che la vicinanza dell'Algeria impone alla Francia.

Così si esprime il Temps intorno alle diffidenze della Spagna: «C'est surtout en Espagne que cette idée que nous étions en voie de porter atteinte à l'intégrité de

l'Empire marocain a pris le plus de consistance, et elle est mème devenue un instant une sorte de préoccupation publique, au point de faire l'objet d'un échange d'observations aux Cortes. Tout cela, en somme, parce que nous avons tenu à faire constater officiellement nos droits de propriété indiscutables sur un point de la frontière, que les marocains avaient un peu pris l'habitude de considérer comme leur, et sur lequel nous réclamions le droit de élever un fortin.

Les démentis officiels et officieux n'ont pas fait défaut à ces nouvelles fantasistes, mais je ne jurerai pas que ils aient convaincu beaucoup de monde, et je n'en veut pour preuve que ce propos d'un diplomat espagnol, me disant que toutes ces affirmations contraries ne sauraient détruire ce qui était devenu dans son esprit une visible convinction».

Dopo d'aver ciò detto, il corrispondente tangerino del Temps accenna alla necessità che il Marocco sappia a qual prezzo esso può cattivarsi l'amicizia della Francia: «Il faut que le Maroc comprenne que pour maintenir l'àmitié d'un pays comme la France, il faut lui faire les concessions qu'elle peut avoir à réclamer.

Plus que tout autre, l'arabe n'aime et ne considère réellement que ce qu'il craint un peu. D'autre part, il faut bien se persuader d'une chose; c'est que aucune concession, de quelque nature qu'elle soit, ne pourra jamais etre faite de son plein gré par le Gouvernement chériffien, tellement interessé au maintien rigoreux du statu quo.

Etant donné tout ceci, l'action diplomatique de la France ne sera pas stérile, si elle saura allier à propos l'attitude amicale, qu'elle a prise, à l'autorité et au prestige que possède une Grande Puissance comme elle».

Da quanto precede si può desumere: l) che i francesi contemplano ogni dì maggiormente il Marocco come un'altra loro naturale sfera d'espansione; 2) che, se ritengono già buona la politica da essi oggi seguita a Tangeri, nella loro opinione una politica di minaccia, bene ed opportunamente usata, sarà migliore ancora, dato il carattere arabo; 3) che perciò il Governo della Repubblica dovrà sapere far valere la sua amicizia, se brama avere una posizione preponderante nell'Impero sceriffiano.

Ora, non ho bisogno di dire all'E.V. come in !spagna si giudichi che la questione del Marocco solleva in Occidente, per tutta l'Europa, un problema di quasi altrettanto difficile soluzione che quello sollevato in Oriente dalla questione dell'Impero ottomano. In fatti, la questione del Marocco è strettamente connessa con la libertà di navigazione dello Stretto, e dell'equilibrio nel Mediterraneo.

Qui si è di parere che, se la Francia, per la possessione d'Algeri, si considera la Nazione che ha più diritto ad esercitare un'influenza sui destini del Marocco, la Spagna vanta uguali, e forse superiori titoli, sia perché i suoi possedimenti si estendono dalla bocca dello Stretto sino ai confini geografici della provincia di Oran; sia perché il Marocco costituisce sopra tutto illittorale di ambi i mari, una delle frontiere politiche della Spagna. Sarebbe per essa, dunque, un pericolo di vedere tutto o in parte siffatta frontiera occupata dalla Francia, la quale già tanto serra il passo a questa penisola colla estesa linea dei Pirenei.

Tali sono i riflessi che la recente corrispondenza del Temps ha ispirato alla stampa spagnuola, la quale poi soggiunge che anche l'Inghilterra, e l'Italia in particolar modo, sono interessate a impedire che l'entrata dello Stretto diventi un mare francese.

665 1 R. riservatissimo 4 del 28 marzo, non pubblicato.

666

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 16 aprile 1887, ore 19.

Je vous remercie de v otre télégramme 1 . J'approuve l es modifications proposées: la nouvelle formule pour la clause n. l et l'amendement à la note italienne; j'approuve également la procédure à suivre. J'attendrai maintenant la réponse de Vienne pour faire à Madrid, si elle est favorable, la démarche formelle dans le sens convenu. Un télégramme de notre ministre à Madrid, en date d'avant-hier 2 , me signale, chez

M. Moret, une reprise d'impatience. Mon impression est qu'on ne marchandera pas, à Madrid, sur le fond; mais je prévois une rude besogne avec la susceptibilité espagnole, qui va se cabrer devant la méthode d'un simple échange de notes, qu'on ne jugera pas assez solenne! pour fixer la situation de l'Espagne dans le concert européen. Une idée, que j'ai vu figurer au dossier, serait peut-ètre de nature à nous ménager, à cet égard, une bonne issue. Si l' Allemagne et l'Autriche-Hongrie partagent avec nous la conviction qu'il y aurait avantage à assurer à l'entente italo-espagnole, outre leur propre accession, l'accession aussi de l' Angleterre, l'ouverture que nous ferions, à cet effet et au préalable, auprès du Cabinet de Saint-James pourrait nous fournir l'occasion de lui demander, à titre de service amicai, de vouloir bien nous autoriser, pour vaincre les scrupules éventuels de M. Moret, à lui affirrner que dans un cas analogue l'ltalie et l' Angleterre ont exactement suivi la mème procédure. Veuillez consulter là-dessus le secrétaire d'Etat. Si le chancelier est consentant, le consentement de l' Autriche ne saurait ètre douteux. Mais une réponse, pour notre gouverne, devrait nous arriver là-dessus en mème temps que celle concernant le projet principal de la présente négociation 3 .

667

IL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. RISERVATO 116. Tripoli, 17 aprile 1887 (per. il 21).

Domenica scorsa il governatore generale recatosi, in occasione della pasqua, dal console di Francia lo intrattenne sulle fortificazioni che si costruiranno a Zerzis

2 T. s.n., non pubblicato.

3 Per la risposta cfr. n. 671.

e sull'accantonamento delle diverse guarnigioni lungo la frontiera tripolina. E su ciò il pascià, con senso di meraviglia, interrogò il signor Destrées chiedendogli se la Francia avesse il diritto di delimitare a quel modo la frontiera e costruire dei forti in luoghi ancor dubbi ed incerti, senza il consentimento del sultano. A tal domanda il console di Francia, con poco accorgimento, si mostrò irritatissimo e diede in tali escandescenze nel prendere le difese del Governo della Repubblica, che il pascià ne rimase attonito e quasi pentito di aver fatto quelle interrogazioni.

Il console di Francia, per voler meglio convincere il pascià, gli presentò dei piani topografici e carte geografiche della frontiera; ma il pascià fece notare che nulla ciò provava, non essendovi un documento che stabilisse ed accertasse un limite riconosciuto e determinato, e che le indicazioni e suggerimenti che lor potevano ricevere dai capi tribù degli argumma non erano punto sufficienti a stabilire tale o tale altro punto come limite di frontiera. Il console di Francia, volendo in ultimo mettere da parte la responsabilità della Francia, rivolse l'argomento dicendo che ciò facevasi per ordine del bey: al che il pascià rispose che il bey non è che uno schiavo (esclave) umilissimo del Governo francese. Il pascià infine esortava e consigliava il signor Destrées a che la Francia desistesse dal dare effetto a simili progetti e soggiungevagli che lui non essendo il sultano, e non potendo in nessun modo trattare con le autorità francesi della Tunisia, gli rivolgeva, a lui signor Destrées, a titolo semplicemente di amicizia, quelle osservazioni. L'insieme di quel colloquio mi fu riferito in confidenza da persona che merita tutta la fiducia ed alla quale il pascià avevagli fatto quella comunicazione e la stessa poi mi soggiungeva che il governatore generale messo sull'avviso di quanto il signor Destrées avevagli manifestato, è venuto nella determinazione di richiamare a poco alla volta tutti gli uomini della frontiera tripolina atti a portare le armi e tenerli per qualche tempo qui, perché imparino a conoscere il nuovo sistema dei fucili a retrocarica ed a saperli maneggiare. Su tale argomento ebbi l'onore d'informarne in succinto I'E.V. per telegramma, via Malta 1 .

666 1 Non pubblicato ma cfr. n. 663.

668

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS 1

T. 498. Londra, 18 aprile 1887, ore 18,22 (per. ore 20,50).

Salisbury vient de me dire qu'en effet 2 , par suite de la négociation pendante avec la France relativement à l'occupation, de la part de celle-ci, de Dungareta, Gouvernement français a proposé en dernier lieu arrangement ayant pour but de

668 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 107-108.

2 Risponde al T. 281 del 16 aprile: ivi, p. 104.

déterminer ligne au delà de laquelle les deux parties s'interdisaient mutuellement d'intervenir. Cette ligne partirait de la pointe sud-est de la baie de Tadjoura et irait jusqu'à Harrar, restant le nord à la France jusqu'à Obok et le midi à l'Angleterre. Gouvernement anglais paraìt disposé à accepter cette proposition. Ayant fait mention de l'incident de Zeyla Sa Seigneurie m'a dit que ce port était considéré par les autorités anglaises comme nécessaire pour la subsistance de Aden. Je pense que le Gouvernement anglais pourrait entamer avec nous des négociations pour le partage de l'influence respective dans la Mer Rouge 3 .

667 1 T. 497 del 18 aprile, non pubblicato.

669

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI 1

T. 235 bis 2. Roma, 18 aprile 1887, ore 23,45.

Veuillez remercier lord Salisbury 3 . Comme il s'agit d'une situation géographique assez compliquée, je présume qu'il n'aura pas de difficulté à nous faire exactement connaìtre, par un mémoire confidentiel, la proposition française qu'il serait disposé à admettre. Le point principal pour nous, à cause de nos rapports avec le Choa, est de savoir si la ligne de démarcation d'influence laisse Harrar du còté de l'Angleterre ou de la France 4•

670

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL SENATORE DI ROBILANT, A TORINO

L. PERSONALE. Berlino, 18 aprile 1887.

V otre lettre du ler de ce mois 1 , laissait prévoir la solution de la crise ministérielle que vous m'annonciez par votre seconde lettre du 71 . Il me tardait que votre sort fùt fixé, car cette longue incertitude devait vous peser et ébranler grandement vos nerfs au risque de compromettre votre santé. Je suis donc enchanté pour vous

669 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 108.

2 Nel registro dei telegrammi in partenza, dopo il T. 283 del 17 aprile, la numerazione riprende dal

n. 234. Ad evitare confusioni si è pertanto aggiunto un bis a questa seconda serie di telegrammi. 3 Risponde al n. 668. 4 Per la risposta cfr. n. 675.

que vous soyez sorti de vos péripéties. Je me rends compte des motifs qui vous ont induit à résigner vos fonctions. Je crois que, vu les nouveaux éléments introduits dans le Cabinet, si mème vous auriez consenti à y rester, la coexistence n'aurait pas tardé à devenir une impossibilité. Heureusement que vous avez pu conduire à bon terme les négociations avec l' Allemagne et l'Autriche d'une part et d'autre part avec l'Angleterre. C'est un beau legs que vous laissez derrière vous. Espérons que le successeur saura le faire fructifier. Tout cela n'empèche pas que tous les bons serviteurs du roi doivent profondément regretter votre absence de la Consulta, et faire des voeux pour qu'un vent favorable vous y ramène. Et j'ai l'intuition qu'il en sera ainsi. Pour peu que de nouveaux nuages menaçants se dressent à l'horizon, l'opinion publique vous réclamera pour reprendre en main la direction de notre politique étrangère. On sait que vous jouissez de la confiance nécessaire dans les relations extérieures, que vous avez un juste coup d' oeil et de la fermeté de caractère, que vous avez fait vos preuves, et on vous redemandera à grands cris quand des complications surgiront.

Le prince de Bismarck a été consterné de votre retraite. M. Depretis a envoyé des télégrammes très corrects 2 sur son programme qu'il déclare n'ètre que le votre; le comte Goltz a rapporté ses premiers entretiens avec S.E. Le tout a été soumis à l'empereur qui l'a trouvé satisfaisant, en ajoutant toutefois: «N'importe, il eùt certes mieux valu que le roi conservàt le comte de Robilant». Le souverain et son chancelier souhaitent de tout coeur votre prochain retour.

Au département impérial on a été un instant fort préoccupé des chances de Tornielli pour recueillir votre succession. On s'est un peu tranquillisé en voyant que tel n'était pas le cas. Maintenant on suppose qu'il pourrait ètre nommé secrétaire général et prendre dès lors sur M. Depretis le mème ascendant qu'il exerçait en la mème qualité sur M. Melegari. La presse trahit ici ces préoccupations, et il va de soi qu'on pense de mème à Vienne. Le fait est qu'un mauvais sort poursuit Tornielli. Les préventions sont persistantes sur son compte. C'est dommage car il a une rare intelligence. S'il y avait eu quelque poste d'ambassadeur vacant, à Constantinople surtout, on aurait pu l'y colloquer et faire ainsi prendre patience à son ambition, et laisser le temps aux préventions de se dissiper.

L'affaire espagnol marche nouvellement. Ni à Vienne ni à Berlin on ne veut d'un traité. Les bonnes dispositions d'un instant s'étaient beaucoup refroidies. On voudrait se borner à un échange de notes entre nous et l'Espagne, auquel l'Allemagne et l'Autriche accéderaient. l'ai fourni la formule de ces notes qui ont été approuvées à Rome et à Berlin 3 . On attend la réponse de Vienne. Sur ces entrefaits, il a été émis de la Consulta l'idée que pour faciliter l'acceptation du Cabinet de Madrid, il conviendrait peut-ètre de se procurer aussi l'accession de l' Angleterre 4 . Cette idée ne me sourit guère, je ne sais pas encore si elle sera accueillie par le chancelier.

Après une vie assez occupée que la votre, il est vraiment regrettable que vous n'ayez pas un travail obligatoire pour vous entretenir la main, et pour vous distraire

Cfr. n. 666.

des amertumes qu'on emporte toujours d'un stage sur les bancs ministériels. Je m'étais figuré que vous auriez le commandement d'un corp d'armée devenu vacant par l'entrée du generai Bertolé Viale dans le Cabinet. Il est vrai que ce qui n'est pas encore fait peut se realiser. En tout cas restez au courant de tout ce qui tient à la politique étrangère afin qu'au moment voulu et qui se présentera certainement, vous nous reveniez armé de pied en cap pour tirer le meilleur parti des événements. En attendant si mes fonctions me sont conservées, je veillerai de mon mieux à ce qu'aucun coup décisif ne soit porté dans nos engagements dont je suis aussi moralement solidaire, puisque j'y ai apporté quelques grains de sable.

Je n'ai rien pu faire pour Cappelli et Malvano. Lorsque j'avais pris une initiative vis-à-vis de vous, vous m'avez répondu qu'il valait mieux remettre la chose à une autre occasion, et c'est dans ce sens que cela a été compris ici, et l'on nous en sait gré, car le chancelier est carrément contraire à tout ce qui pourrait ressembler de près ou de loin à un échange de décorations pour des circonstances semblables. Merci d'avoir proposé des distinctions pour deux employés de second ordre du département impérial. Les décorations leur ont été remises.

Le comte Herbert vous remercie de votre bon souvenir et partage avec moi l'espoir que bientòt nous vous souhaitions le bienvenu pour votre retour à la Consulta. J'ai remis à votre neveu la lettre que vous m'aviez envoyé pour lui par votre lettre du ler avril. Il vous fai t honneur ici aussi. Il est très estimé à la Cour, dans le monde militaire et dans la société.

Mes hommages respectueux à la comtesse de Robilant. Madame de Launay me charge de vous dire ses remerciements pour votre bon souvenir, et que si pendant votre ministère vous ne m'avez fait aucune misère, elle n'i;i rien à oublier ou pardonner.

Si je puis prendre un congé qui m'amène dans votre voisinage, c'est de tout coeur que je viendrai vous serrer la main avec mon ancienne et fidèle amitié.

668 3 Per la risposta cfr. n. 669.

670 1 Non rinvenuta.

670 2 Cfr. nn. 646, 657. 3 Cfr. nn. 663, 666.

671

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. S.N. Berlino, 19 aprile 1887, ore 23 (per. ore 2 del 20).

Kalnoky accepte, lui aussi, le texte du projet des notes à échanger avec l'Espagne, ainsi que la procédure à suivre. Il ne met pas en doute l'assentiment de son souverain et se réserve de le notifier ici en voie officielle. L'idée suggérée par V.E., et les considérations à l'appui, dont je m'étais empressé de faire part au secrétaire d'Etat, n'ont pas été communiquées à Vienne-du moment où le chancelier préférait s'abstenir. Cette idée, quand elle a été une première fois émise, était subordonnée à ce qu'alors l'Allemagne ne figurerait plus dans l'accord. D'ailleurs, l'Angleterre elle-mème ne se soucierait pas d'y participer, car elle craindrait les indiscrétions du Cabinet de Madrid. Des ouvertures pour amener, outre l'accession de l'Allemagne et de l'Autriche-Hongrie, l'accession de l'Angleterre causeraient des retards sans fin à la conclusion; ce serait compliquer au lieu de simplifier !es choses. Le prince de Bismarck insiste donc pour qu'on s'en tienne à l'arrangement déjà concerté entre l'Italie et les deux Empires. Comme l'approbation de l'empereur François-Joseph peut dès à présent ètre considérée comme certaine, rien n'empèche que sans retard le ministre du roi à Madrid soit autorisé à préparer le terrain auprès de M. Moret et à lui remettre copie du projet des notes. Le chancelier compte bien que l'Espagne dira «oui». Lorsqu'en suite de vos instructions nettes et précises à notre représentant, don t l'habileté sont connues 1 ici aussi, le Cabinet espagnol saura que ce n'a été qu'après de longues et laborieuses négociations que les trois Puissances sont parvenues à s'entendre sur la manière de correspondre, dans la mesure du possible, au désir de l'Espagne, il ne saurait lui convenir de chercher à défaire l'oeuvre de ces Puissances, ni de demander des modifications qui entraìneraient de nouveaux pourparlers, au risque de s'éloigner, plutòt que de se rapprocher d'une solution. C'est ce que vient de me dire le secrétaire d'Etat au nom du chancelier. J'ajouterai que j'ai l'intime conviction, après tout mon labeur pour convertir le Cabinet de Berlin, qui s'était un istant désisté des bonnes dispositions manifestées au debut, serait peine perdu que de chercher à donner une plus grande extension de fond ou de forme à l'entente, telle qu'elle se présente aujourd'hui. C'est ce que le comte Maffei sans froisser en rien l'amour propre de l'Espagne, saura faire comprendre avec son tact habituel. Il n'est pas accordé à l'Espagne tout ce qu'elle visait à obtenir. Elle doit néanmoins envisager que c'est déja progrès notable que d'avoir une piace à còté, si non sur la mème ligne dès trois Grandes Puissances. Si elle s'en montre digne elle fera plus tard un pas de plus. Le comte de Bismarck se propose aujourd'hui de dire à mon collègue espagnol que la négociation après de longs et laborieux pourparlers, marche vers son terme et qu'avant la fin du mois le Cabinet de Madrid recevrait des communications par l'entremise du Cabinet de Rome.

672

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 7. Costantinopoli, 19 aprile 1887 (per. il 26).

Il gran vizir inviò pochi giorni or sono a sir H. Drummond W olff uno schema di convenzione sulle cose d'Egitto meno favorevole di quello che facessero prevedere le trattative anglo-ottomane sin qui verbalmente seguite. Ne riassumo qui i punti principali. Il termine per lo sgombro delle truppe inglesi sarebbe fissato ad un anno e mezzo con la facoltà per l'Inghilterra di mantenere per un altro anno alcuni

ufficiali al comando di truppe egiziane; sarebbe riservato alla Turchia sola il diritto d'inviare truppe in Egitto in caso di complicazioni interne; la cooperazione di truppe inglesi con truppe ottomane, sarebbe ammessa solo per l'eventualità di minacce dall'estero; sarebbe riservata facoltà all'Egitto di riconfermare il dominio di fatto sul Sudan. Mancano d'altronde nello schema stesso indicazioni precise sulla soluzione delle questioni relative all'amministrazione ed alle finanze dell'Egitto, non che al transito per il canale di Suez.

A tali proposte il negoziatore inglese rispose dichiarando cortesemente di considerarle come una base offerta per un componimento che non si poteva più oltre differire, la lentezza dei negoziati cominciando a produrre una spiacevole impressione presso le altre Potenze con pregiudizio degl'interessi della Turchia. E per dare lo sviluppo e la precisione indispensabili al componimento, che solo in germe esisteva nelle predette proposte, il negoziatore britannico comunicò alla Porta, in data di ieri, un progetto di convenzione in lingua francese, che è riproduzione identica del progetto inglese qui unito in copia, testualmente approvato dal Foreign Office 1 .

Il signor di Radowitz mi disse avere appoggiato presso la Porta, in seguito ad istruzioni ricevute dal proprio Governo, il progetto inglese nella sua integrità.

Il linguaggio degli ambasciatori di Francia e di Russia, oggi più che mai identico, sulla quistione egiziana come sulla quistione bulgara, continua a far temere a sir William White che all'ultimo periodo dei negoziati, quando cioè i risultati ne siano moralmente assicurati, la Francia vi opponga qualche atto di ostruzione simili a quelli, che per parte della Russia tengono sospesa la quistione bulgara. Sir H. Drummond W olff considera le spontanee e ripetute assicurazioni del signor di Florian, che, cioè, il Governo francese è disposto a contentarsi di ben poco, come semplici tentativi per penetrare il tenore preciso delle proposte fatte dall'Inghilterra alla Porta; poiché invitato il signor di Florian a spiegarsi francamente sulla frase «ben poco», rispose non poter essere ciò definito se non dal signor Waddington con lord Salisbury. Sir H. Drummond Wolff spera che il progetto di accordo comunicato ieri alla Porta non venga prematuramente recato a notizia dell'ambasciata di Francia.

Ma sembra ben poco sicura codesta speranza; poiché nella passata settimana varie circostanze fecero prevalere di nuovo le solite titubanze, la paura e la sfiducia nell'animo del sultano.

Difatti il signor di Radowitz aveva detto al gran vizir, circa le tendenze della Porta ad accordi speciali con le tre Potenze centrali, che conveniva evitare di precipitare con atti troppo spinti le eventualità stesse, che si ha in animo di prevenire. Inoltre un articolo della Kolnische Zeitung alludendo alle facilità che avrebbe la Russia d'avvicinarsi a Costantinopoli per l'Asia, anziché per i Balcani, fu interpretato in Palazzo come un segno che continuino quelle deferenze che la Germania usa verso la Russia sempre che si tratti di quistioni, in cui essa stessa mostra di non essere direttamente interessata. Cosicché negli ultimi giorni ripresero nuova attività i negoziati della Porta con la Russia circa la scelta e le modalità dell'elezione di un principe per la Bulgaria, ed il gran vizir dimostrò inaspettate velleità di tener conto delle disposizioni della Francia nelle trattative in corso con sir H. Drummond W olff.

Il mio collega d'Inghilterra è evidentemente dispiacente di tali altalene, che quasi autorizzerebbero la previsione che la politica dei riparti e dei compensi possa prendere il sopravvento in Oriente sulla politica di conservazione e di pace. Quest'ultima politica (tale mi pare essere il suo pensiero) non può essere efficace se non quando la Porta cooperi con l'Inghilterra e con l'Italia a stabilire l'equilibrio nel Mediterraneo. In allora diventerebbero possibili cooperazioni anglo-italiane che aggiungerebbero alla politica italiana un carattere più manifestamente nazionale. Quando l'Italia e l'Inghilterra, d'accordo colle Potenze centrali, potessero contare anche sul concorso della Spagna e della Turchia per assicurare contro ogni impresa perturbatrice le due estremità del Mediterraneo, verrebbe assicurata una pace che cesserebbe di apparire sterile per gl'interessi italiani. Se la Turchia non lascerà aperti i Dardanelli alle squadre britanniche nel caso di complicazioni minacciose, l'Inghilterra dovrà abbandonare questa Potenza alla propria sorte, e pigliarsi altrove facili compensi. L'Austria-Ungheria esperimenterà in allora se vi sia compenso per essa, fosse anche Salonicco, che possa equivalere allo squilibrio creato dai Balcani di una Bulgaria russa, che tendesse la mano al Montenegro ed agli altri slavi del sud; e l'Italia, a sua volta, avrebbe a considerare quale possibile compenso potrebbe bilanciare per essa le conseguenze di tali mutamenti risultanti sull'altro lato dell'Adriatico.

Ad ogni modo, convinto che gl'interessi pacifici e conservativi dell'Italia e dell'Austria-Ungheria sono particolarmente legati più che mai nelle presenti circostanze a quelli dell'Inghilterra, questo ambasciatore britannico ha attribuito più che gli altri colleghi speciale importanza alla eventualità di accordi d'ordine generale con la Porta; e so confidenzialmente da lui che avendo egli chiesto istruzioni al suo Governo per il caso in cui diventassero più consistenti le tendenze della Porta ad associarsi alle Potenze centrali, ricevette, con telegramma di lord Salisbury, l'esplicita autorizzazione di concertarsi in tal caso coi suoi colleghi d'Italia e d'Austria-Ungheria.

Pregando I'E.V. di considerare come riservatissime queste informazioni circa il modo di vedere di sir William White ... 2 .

671 1 Sic.

672 1 Non pubblicato.

673

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. S.N. Vienna, 20 aprile 1887, ore 14,45 (per. ore 17 ).

Kalnoky vient de me dire qu'après avoir pris les ordres de l'empereur il a donné son assentiment à l'échange des notes avec l'Espagne et au modus procedendi proposé par V.E. Cette décision a été notifiée hier au Cabinet de Berlin.

672 2 Per la risposta cfr. n. 689.

674

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 20 aprile 1887, ore 19,20.

Merci de v otre télégramme 1 . La mème nouvelle m'arrive de Berlin 2 . Sur le conseil de Bismarck, et pour éviter tout retard ultérieur, l'idée d'une accession subséquente de l'Angleterre est laissée pour le moment de còté. Une dépèche contenant, d'après ce qui a été convenu entre Rome, Berlin et Vienne, mes instructions définitives pour Maffei 3 part demain soir par occasion particulière pour Madrid où elle arrivera le 29 ou 30 de ce mois.

675

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 506. Londra, 21 aprile 1887, ore 19,44 (per. ore 22,25).

Je viens de voir Salisbury 1 Il ne saurait nous remettre un mémorandum

contenant une communication qui appartient à un autre Gouvernement. Il m'a toutefois dit que la ligne de démarcation commence à Harrar et finit à Ras-Gibuti. Il ne résulte donc point que Harrar soit plutòt dans une zone que dans l'autre et la France n'a jamais manifesté l'intention de prendre Harrar, mais bien une voie commerciale. Au reste Angleterre ne cède rien à la France; seulement les deux parties s'engagent à ne pas intervenir au delà de la ligne. Angleterre obtient de la sorte son but d'exclure la France de la còte au midi de Tadjura et les droits que des tiers pourraient avoir d'un còté ou de l'autre ne sont point entamés. Sur mon insistance toutefois Salisbury m'a promis qu'il aurait soin de ne rien introduire dans les arrangements qui touchent à la situation politique de Harrar.

2 T. s.n. del 20 aprile, non pubblicato.

3 Cfr. n. 677. 675 1 Risponde al n. 669.

674 1 Cfr. n. 673.

676

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. 13. Roma, 21 aprile 1887.

La ringrazio dell'interessante rapporto, in data 12 corr. 1 , intorno alla connessione, che la Sublime Porta intenderebbe stabilire fra l'occupazione inglese in Egitto e la occupazione italiana in Massaua.

Rispetto ai negoziati intorno alla questione egiziana, importerebbe che fossero ancora meglio chiariti questi due punti:

l) che cosa s'intende precisamente con la formula «abolizione delle capitolazioni in Egitto», da chi venga la proposta, in quali termini essa trovisi formulata e, segnatamente, se non avrebbe per effetto di far scomparire la così detta magistratura della riforma, istituendo una magistratura indigena a cui tutte le persone e tutte le cause in Egitto siano soggette;

2) se, ottenuta la dichiarazione convenzionale della neutralità in Egitto, il Governo inglese persisterebbe a chiedere, come è significato nel memorandum, che fu comunicato alle Potenze, un'esplicita e tassativa riserva di reintervento a favore dell'Inghilterra quando sopraggiungesse più tardi il bisogno di un'azione repressiva contro eventuali disordini.

Questi schiarimenti possono essere domandati allo stesso commissario britannico, il quale ha espressa istruzione, come già le si disse, di tenersi in comunicazione costante ed amichevole con V.E.

677

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A MADRID, MAFFEI 1

D. PERSONALE S.N. Roma, 21 aprile 1887.

Oggi soltanto, dopo parecchi mesi di paziente e laborioso negoziato, le si possono impartire concrete istruzioni circa l'accordo che, per desiderio ed iniziativa di codesto Gabinetto, dovrebbe stabilire un più stretto legame tra la Spagna e le tre Potenze associate nel fermo proposito di consacrare ogni loro sforzo al mantenimento della pace.

Porgendo ascolto al sentimento, soltanto, che fin dal primo istante ci fece propensi ad accogliere le entrature del Gabinetto di Madrid, già da gran tempo saremmo venuti a conclusioni. Però agli uomini che reggono costì la pubblica cosa

677 1 Ed. in CURATO, La questione marocchina cit., pp. 279-283.

non parrà soverchio l'indugio, quando vogliano tener conto della non lieve difficoltà di far coincidere gli interessi che la Spagna mira, con legittima sollecitudine, a tutelare, con quelli delle tre Potenze, le quali, mentre hanno comuni i lineamenti della loro politica generale, non possono pur tuttavia, per effetto della loro geografica postura e d'altre cagioni varie, considerare le singole questioni speciali con criteri assolutamente uniformi e con la stessa intensità di pensiero.

Questa medesima è la ragione per la quale l'accordo che le tre Potenze offrono alla Spagna potrà, a primo aspetto, apparire alquanto ampio ed indeterminato. Per quanto fosse vivo e schietto il buon volere delle tre Potenze, si è fatto tosto evidente, nelle trattative preliminari tra Roma, Berlino e Vienna, l'impossibilità di scendere a più minuti particolari senza toccare quel limite oltre il quale una identità di formola per tutte Ie parti contraenti diveniva insolubile problema. Dovendosi, in conseguenza, optare, in certa guisa, tra formula piuttosto generica bensì, ma identica per le tre Potenze, e formola specifica, ma varia per ciascuna di queste, non sembrò dubbio doversi dare la preferenza al primo partito, come quello che, insieme con le garantie direttamente derivanti dal patto, assegna alla Spagna il notevolissimo vantaggio di accostarla, non già a questa o a quella tra le Grandi Potenze, ma all'intero gruppo che sta a presidio della pace europea.

Per quanto concerne la forma del patto, si è concordemente riconosciuto, dopo maturo studio, doversi prescegliere quella di uno scambio di note. A questa conclusione conducevano due considerazioni, entrambe di manifesta efficacia. In primo luogo è noto che la forma di un trattato allora soltanto si suole, di consueto, adottare quando si vogliano fissare condizioni minute e spettanti a ben precisi argomenti; quando invece si voglia, in certo modo, definire convenzionalmente il carattere e l'indirizzo di una politica concorde fra due o più Stati, giova invece il metodo di uno scambio di note, come quello che meglio serve, per ciascuna delle parti contraenti, ad una franca enunciazione del proprio pensiero. In secondo luogo, è sembrato che uno scambio di note potesse meglio convenire a Governi retti, come l'Italia e la Spagna, a base parlamentare; imperocché per la contingenza di future interpellanze, riesce così più agevolmente conciliabile l'obbligo di una leale sincerità verso le Camere, con quello, non meno sacro ed imprescindibile, del segreto contrattuale. Confido che questa duplice riflessione valga a far tosto meco consenziente il signor Moret nel ravvisare la bontà e la correttezza del metodo che il principe di Bismarck ed il conte Kalnoky vollero preferire per il divisato accordo.

Qui acchiudo, senz'altro, il testo delle note da scambiarsi2 . Lo scambio avverrebbe fra la Spagna e l'Italia, con accessione immediatamente susseguente da parte della Germania e dell'Austria-Ungheria. Compiuti tutti gli atti, verrebbero così a trovarsi mutuamente unite ad unico patto, da un lato la Spagna, e dall'altro lato le tre Potenze centrali: Italia, Germania ed Austria-Ungheria. Giuridicamente, è come se la Spagna fosse simultaneamente contraente con le tre Potenze, queste essendo verso di esse solidariamente obbligate.

Base fondamentale dell'accordo che proponiamo alla Spagna è una reciprocità perfetta ed esplicita di diritti e di obbligazioni. Nelle due note da scambiarsi non si

contengono, per siffatti diritti e per le corrispondenti obbligazioni, enunciazioni diverse. La nota italiana e le susseguenti accessioni di Germania e d'Austria-Ungheria non fanno che assegnare alle tre Potenze oneri e vantaggi strettamente identici a quelli che la nota spagnola attribuisce alla Spagna.

In che questi oneri e questi vantaggi consistano apparisce adunque, per tutte le parti contraenti, dalla nota spagnuola. Basterà che di questa brevemente si discorra, essendone d'altronde assai chiaro ed aperto il testo.

Il preambolo addita il duplice scopo sostanziale del patto: rafforzare il principio monarchico e rassodare la pace generale. Il linguaggio costante del signor Moret e le dichiarazioni venienti da ancor più alto luogo, ci hanno da gran tempo procacciato la certezza che, per l'uno e per l'altro intento, la Spagna sta fedelmente a lato delle tre Potenze centrali.

Con una prima clausola si contrae dalla Spagna l'impegno di non prestarsi, verso la Francia, a trattato o componimento politico qualsiasi che sia rivolto, direttamente od indirettamente sia contro il gruppo delle tre Potenze, sia contro l'una o l'altra di esse. Naturalmente a questo impegno della Spagna corrisponderà identico obbligo da parte di tutte e singole le tre Potenze. Non nuocersi a vicenda, è condizione preliminare tra coloro che vogliano associarsi ad opera comune; non può essere dubbia l'accettazione di un patto che traduce in forma convenzionale codesto concetto. La formola adottata è tale che si applica a tutti conflitti che possano sorgere; nondimeno è fatto un più espresso riferimento alle contingenze che fossero per occorrere nei territori nord-africani. La Spagna vede così più direttamente e più efficacemente tutelati gli interessi che meglio le stanno a cuore.

La seconda clausola, l'inibizione cioè d'ogni aggressione non provocata e d'ogni provocazione contro terze Potenze, mira a ben determinare il carattere pacifico del patto.

La clausola terza ha due parti distinte: l'una afferma il comune proposito delle Parti contraenti di patrocinare i rispettivi interessi nel Mediterraneo, e di adoperarvisi per il mantenimento dello statu quo; l'altro addita il modo per raggiungere il duplice scopo, quello cioè di una costante e fiduciosa comunicazione reciproca d'ogni notizia atta a chiarire le proprie disposizioni o quelle delle terze Potenze. Non è escluso, ed è anzi espressamente contemplato nella risposta alla nota spagnuola che più tardi altri patti più precisi e tassativi possano stringersi in questa delicata ed importante materia. In questo momento, addentrarsi nei particolari sarebbe cosa prematura. Le circostanze del momento potranno meglio, a tempo debito, suggerire le giuste modalità di ulteriori accordi. Basti per ora, l'affermazione del principio, acciò l'azione delle Potenze contraenti ne tragga vigoria e sicurezza, a beneficio comune.

Tale è, nella sua sostanza, il patto da stipularsi. Ed ora diremo succintamente il modus procedendi, così come lo si sarebbe concordato tra Roma, Berlino e Vienna.

Le due note si scambieranno, come apparisce dal loro tenore, tra il ministro di Stato ed il ministro d'Italia a Madrid. Questi trasmetterà al ministero copia autentica dei due documenti. A mia volta ne farò l'invio ai rr. ambasciatori in Berlino e in Vienna, con istruzione di rimetterla, con note ufficiali, ai Governi presso i quali sono rispettivamente accreditati. I ministri degli affari esteri dei due Governi risponderanno con note di pura e semplice accessione, le quali, trasmesse a questo ministero, qui rimarranno in archivio, mentre, per mezzo del ministro di S.M. a Madrid, se ne darà officiale notizia al Governo della regina reggente.

Voglia, signor ministro, tosto che questo mio dispaccio le sia pervenuto, dare corso alle istruzioni in esso contenute, rimettendo a S.E. il signor Moret, con le avvertenze e spiegazioni qui enumerate, il testo delle note da scambiarsi, ed indicargli altresì il modus procedendi concordato fra le tre Potenze. I colleghi di lei, ministri di Germania e d'Austria-Ungheria, non hanno da intervenire nel negoziato; ma, se interrogati, hanno istruzione di appoggiare gli officii di lei, dichiarando il pieno consentimento dei loro Governi, sia rispetto alla sostanza, sia rispetto alla forma ed al metodo dell'accordo.

Soprattutto importa di far comprendere al signor Moret (e qui particolarmente mi affido all'intima cordialità di rapporti che senza dubbio la S.V. avrà già saputo procacciarsi) che la nostra attuale proposta, frutto di faticoso lavoro lungamente protrattosi fra i tre Gabinetti, non è tale che sia ancora suscettibile di ulteriore modificazione. I tre Gabinetti hanno la coscienza d'aver provveduto nella più ampia misura del possibile, alle legittime esigenze della Spagna all'atto in cui questa aspira ad ottenere in Europa quella situazione che meglio corrisponda ai suoi interessi ed alle sue aspirazioni. Riaprire la discussione, a nulla approderebbe; e potrebbe invece irremissibilmente compromettere il buon esito del negoziato. Il ministro di Stato, avezzo a considerare dall'alto le questioni che si agitano attorno alla Spagna, non può non ravvisare nell'accordo, preso nel suo complesso, tale un fatto storico, e di tale rilevanza per l'avvenire della Spagna, da indursi facilmente a subordinare ogni secondaria preoccupazione all'ottenimento d'un così importante risultato per il suo Paese.

Dovrei qui aggiungere un'ultima raccomandazione, se oramai non fosse superflua dopo le anteriori e reiterate avvertenze, e di fronte allo stesso preciso tenore del progettato accordo: questo è, e deve· rimanere assolutamente segreto, dovendosi in qualsivoglia circostanza, tenere celate così la sostanza come la esistenza del patto.

Desiderando che il signor ministro di Stato abbia esatta nozione del nostro pensiero, le dò facoltà di leggergli confidenzialmente questo mio dispaccio, .e di !asciargli pigliare quegli appunti che gli giovino a serbare più fedele ricordo delle considerazioni in esso svolte e delle conclusioni a cui siamo venuti.

676 1 Non pubblicato, ma cfr. n. 658 e nota 2.

677 2 Cfr. l'allegato al n. 663.

678

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. RISERVATO 19. Londra, 22 aprile 1887 1 .

Il corriere Roero mi portò il dispaccio (riservato alla persona) che l'E.V. mi fece l'onore di rivolgermi il 16 corrente 2 relativamente all'eventuale accessione della Spagna, entro opportuna misura, all'accordo fra le tre Monarchie centrali, e com

678 1 Manca l'indicazione della data di arrivo. 2 D. riservato personale s.n., non pubblicato.

parve indi il telegramma 3 pel quale essa mi significava che, tutto essendo convenuto coi Governi di Germania e d'Austria-Ungheria, sull'avviso del principe Bismarck e per evitare ulteriori indugi, erasi pel momento abbandonata l'idea della susseguente adesione dell'Inghilterra. Per le quali importanti comunicazioni prego l'E.V. d'aggradire i miei più distinti ringraziamenti.

Io naturalmente non farò alcuna menzione a lord Salisbury di queste trattative, fino a che l'E.V. creda opportuno d'impartirmi, anche per telegrafo, l'ordine di dargliene confidenziale e segreta contezza.

679

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 511. Costantinopoli, 23 aprile 1887, ore 11,42 (per. ore 12,50).

Nélidow ayant proposé au sultan qu'un régent remplace les régents actuels, compose un Ministère, fasse élire une nouvelle Sobranje et prépare l'élection d'un prince, le sultan à fait déclarer par le grand-vizir que cette base d'arrangement devait d'abord ètre soumise aux Grandes Puissances, ce à quoi M. Nélidow s'est opposé demandant d'abord une acceptation préalable de la Porte. Celle-ci s'y refuse jusqu'ici.

680

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 512. Pera, 23 aprile 1887, ore 11,45 (per. ore 13,15).

J'ai expédié mercredi dernier le texte du projet de convention sur l'Egypte, transmis le mème jour par sir Drummond Wolff à la Porte. Les négociations continuent sans relàche; une seule difficulté grave existe encore, celle relative à la date de l'évacuation que le sultan désirerait réduire à moins de trois ans. Sir Drummond Wolff en a référé à son Gouvernement. On espère arriver secrètement à une entente formelle avant que la France ou la Russie aient l'occasion d'intervenir dans les négociations. L'Allemagne continue à appuyer auprès de la Porte les propositions anglaises.

678 3 T. s.n. del 20 aprile, non pubblicato.

681

IL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, SALETTA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 517. Massaua, 23 aprile 1887, ore 17 (per. ore 7,55 del 24).

Pel blocco della costa, emanerei decreto come da seguente sunto. Considerata la mancanza nell'Abissinia della condizione morale che presiede alle guerre tra popolo civile 1 , la lealtà; considerato che questa Nazione non ha voluto conoscere, né ammettere il dritto delle genti; considerato che essa tratta come nemico qualunque sia individuo di Nazione nemica e che conserva ancora gli usi più barbari: l) è dichiarato il blocco della costa da Anfila sino al punto di fronte all'isola Dufnein. 2) È proibito qualunque commercio, corrispondenza, comunicazione con l'Abissinia o con abissini. 3) Ogni suddito abissino trovato nei paesi a noi sottoposti sarà prigioniero di guerra. 4) Ogni oggetto o proprietà appartenente all'Abissinia o proveniente da essa, sarà di buona presa. 5) Qualunque nave che porterà o esporterà alla costa contrabbando di guerra sarà confiscato 1• 6) Qualunque sia oggetto o merce considerato contrabbando di guerra. 7) La legittimità delle prese e confische sarà giudicata dal Governo italiano. Prego telegrafarmi se notificazione blocco alle Potenze interessate verrà fatta da codesto ministero 2. Questo comando si riserva di riferire per posta tutte le altre disposizioni che verranno date per esecuzione del blocco.

682

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO DELLA GUERRA, BERTOLÈ VIALE

NOTA S.N. Roma, 24 aprile 1887.

Dal generale Saletta ho ricevuto questa mattina l'acchiuso telegramma 1 , che, a' termini delle istruzioni recentemente impartite, per telegrafo, al Comando superiore2, avrebbe dovuto piuttosto rivolgersi a codesto dicastero.

In ogni modo, poiché a V.E. spetta di rispondere, mi permetto di aggiungere, circa l'argomento a cui il telegramma si riferisce, la notificazione cioè del blocco sulla costa attigua a Massaua, alcuna mia avvertenza, che sottopongo all'apprezzamento dell'E.V.

681 Sic.

2 Cfr. n. 682. 682 1 Cfr. n. 681.

2 T. 238 del 20 aprile, non pubblicato.

In primo luogo la formola di preambolo che il generale Saletta vorrebbe adottare, oltre che si scosta dalle consuetudini, mi sembra anche troppo vaga e tale da prestarsi ad inopportuni commenti. Meglio è adoperare, puramente e semplicemente, la formo la consacrata dall'uso: «considerato lo stato di guerra esistente di fatto verso l'Abissinia».

I numeri 3 e 4 della notificazione non hanno che fare col blocco. Non sembra quindi il caso di includerli nella notificazione di blocco, e potranno invece formare oggetto di altra separata notificazione del Comando superiore, di carattere puramente interno ed amministrativo.

I numeri 5 e 6 non sono concepiti in forma corretta. Il numero 5 pregiudica la questione, che deve invece in ogni singolo caso deferirsi alla Corte delle prede; il numero 7 attribuisce al Governo italiano la competenza spettante alla Corte delle prede. Sembra più regolare che si dica in un numero unico: «qualunque nave che contravvenga al blocco sarà deferita alla Corte delle prede da istituirsi a Massaua, che pronuncierà sulla nave e sul carico, secondo il diritto delle genti».

Il numero 6 è superfluo dal momento che si tratta di blocco, che colpisce ogni nave; e sarebbe anche difettoso non essendo in nostra facoltà di dichiarare contrabbando di guerra qualsivoglia merce.

Alla notificazione generale diplomatica provvederà questo ministero a fatto compiuto. Per le notificazioni speciali converrà che provveda il generale Saletta con opportune istruzioni ai comandanti dei regi legni incrociatori3.

683

IL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 118. Tripoli, 24 aprile 1887 (per. il 1° maggio).

Confermo all'E. V. il mio telegramma in data d'oggi spedito per via Malta 1•

I movimenti militari alla frontiera tunisina continuano giornalmente e vuolsi che fra otto giorni un distaccamento di truppe abbastanza forte partirà da Gabès per recarsi a Zarzis, od in qualche altro punto della frontiera ultimamente scelto.

Il giorno 15 del corrente una trentina di cavalieri arabi appartenenti alle tribù tunisine non ancora sottomesse all'autorità francese, fecero incursione fin nell'isola di Gerba, trucidando parecchi di quegli isolani e derubando molti camelli.

Sembra che tale fatto abbia provocato, come era giusto, la generale indignazione presso i pacifici abitanti di quell'isola. Non saprei dire se questa scorreria sia il principio di nuovi fatti d'armi fra le tribù delle due frontiere; certo si è: come io faceva notare all'E.V. in un mio

683 1 T. 521 (spedito da Malta il 25 aprile), non pubblicato.

rapporto del 6 scorso dicembre 2 , che la calma e la tranquillità, che regnava allora ai confini dei due territori coincideva coi propositi di riavvicinamento della Francia alla Turchia, mentre oggi il rinnovarsi di quei fatti, accadono appunto nel momento che la Francia desta i maggiori sospetti circa alle sue intenzioni fortificando Zarzis ed altri punti della frontiera.

682 3 Per la risposta cfr. n. 684.

684

IL SEGRETARIO GENERALE ALLA GUERRA, CORVETTO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

NOTA RISERVATA 693. Roma, 25 aprile 1887 (per. stesso giorno).

Ringrazio l'E. V. delle comunicazioni fattemi colla nota controdistinta 1 , circa la notificazione del blocco di Massaua, e mi pregio trasmetterle copia del telegramma da me redatto, in seguito ai verbali accordi presi su tale argomento, pel comandante superiore in Africa, e che gli ho jeri spedito.

ALLEGATO

IL MINISTRO DELLA GUERRA, BERTOLÈ VIALE, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, SALETTA

T. 55. Massaua, 24 aprile 1887.

Suo telegramma circa blocco doveva dirigerlo a me giusta istruzioni telegrafatele dal ministro esteri. Presi concerti col ministro esteri le significo che notificazione blocco deve essere redatta nei seguenti precisi termini: considerato lo stato di guerra esistente di fatto verso l'Abissinia: l) è dichiarato il blocco della costa da Anfila fino al punto di fronte all'isola Dufnein; 2) è proibito lungo la detta costa qualunque commercio o comunicazione con Abissinia o con abissini; 3) qualunque nave che contravvenga al blocco sarà deferita alla Corte delle prede da istituirsi in Massaua, che pronuncerà sulla nave e sul carico secondo il diritto delle genti. La prevengo che ministro esteri provvederà per la notificazione generale diplomatica a fatto compiuto. Per le notificazioni speciali converrà ella provveda con opportune istruzioni ai comandanti dei regi legni incrociatori. Soggiungo che gli emendamenti fatti al suo progetto di decreto sono motivati dalle consuetudini e da esigenze internazionali. I numeri 3 e 4 suo progetto non hanno che fare col blocco e potranno invece formare oggetto di altra separata notificazione di codesto Comando di carattere puramente interno e amministrativo. Accuso ricevuta.

683 2 R. 102, non pubblicato. 684 1 Cfr. n. 682.

685

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. RISERVATO 800. Parigi, 25 aprile 1887 (per. il 28).

L'arresto del signor Schnaebelé, commissario francese, eseguito a Pagny-surMoselle, dalle autorità tedesche, continua a fare oggetto delle discussioni dei giornali; ma un poco di calma è subentrata alla vivacità delle controversie che segnalarono il primo annunzio di quel fatto. Ora si sta discutendo sulla legalità dell'arresto; si fanno indagini per determinare se questo ebbe luogo sul territorio tedesco, oppure sul territorio francese. Alcuni, celiando, pretendono che i piedi del signor Schnaebelé, al momento in cui fu ammanettato, si trovavano su terra tedesca, mentre la testa riposava sul suolo francese. Insomma, la quistione è entrata nella fase giuridica, e dal risultato di quelle discussioni si saprà se l'arrestato debba rimanere nelle mani dell'autorità germanica, per sottostare ad un giudizio, oppure essere restituito alla Francia. Ognuna delle Potenze sembra, in apparenza, voler escludere dal romoroso incidente ogni pensiero di provocazione, poiché in Francia particolarmente si paventa qualsiasi complicazione che possa dar luogo ad una guerra.

Tuttavia, benché si desideri che la cosa passi blandamente senza ulteriori conseguenze, il fatto in sé dell'arresto d'un funzionario di polizia francese accusato di mene contro la sicurezza dell'Impero, è considerato come un grave avvertimento dato dalla Germania alla Francia, in seguito agl'incessanti e rumorosi eccitamenti che, da qualche tempo, vi si fanno per una riscossa affine di riconquistare l'Alsazia e la Lorena. Si attribuisce ad intrighi francesi il risultato, in quelle provincie, delle ultime elezioni in parte non favorevoli alla politica del principe di Bismarck. Si sa, od almeno si suppone, che in esse esistono focolari di agitazioni alimentate dalla Francia. La Germania fa intendere alla sua irrequieta vicina che è tempo di finirla con quelle provocazioni. La dimissione testé data dal signor Deroulède, il gran propugnatore della riscossa, dalla presidenza della Lega dei Patrioti, è considerata come una mise en demeure da lui fatta al Governo ed alla Nazione di agire, minacciando che si debba altrimenti applicare ai francesi questa sentenza di Maometto: «Allorché un popolo è vile, e si rifiuta a combattere, Dio lo castiga, e mette un altro popolo al suo posto». Il signor Deroulède spera così eccitare l'amor proprio dei suoi concittadini ed indurii a far un tentativo supremo per cancellare la disfatta del 1870-71.

Ma non pare che la gran maggioranza in Francia sia propensa a dare ascolto ad un tale appello; si teme una nuova guerra colla Germania, specialmente in questo momento, poiché si ha il sentimento che l'esercito non pare pronto ancora per sostenere una tale lotta, malgrado il movimento che, per prepararlo, si dà il generale Boulanger che a torto od a ragione, si suppone nutrire sentimenti più ambiziosi che veramente patriottici.

In mezzo agli svariati apprezzamenti che sorgono da ogni parte, l'opinione fra le persone politiche più ponderate, è che la Germania la vuole decisamente finita, colle incessanti provocazioni che partono dalla Francia. Il principe di Bismarck, che ha tanto contribuito alla creazione dell'Impero vuole, prima di lasciare la scena del mondo, vederlo definitivamente costituito e consolidato. Gli immensi preparativi guerreschi compiuti in Germania tendono a questo scopo; si assicura che dessa è preparata ad ogni evento, che sin d'ora centocinquantamila uomini sono schierati sulla frontiera francese e che oltre centocinquantamila altri vi si potrebbero concentrare in tre o quattro giorni. I francesi, a quanto pare, sono lungi dall'essere così apparecchiati; essi non avrebbero in questo momento più di settantamila uomini da apporvi, e ci vorrebbe più di una settimana per portare altri ottantamila uomini alla frontiera. Così essendo le cose, la quistione tra la Francia e la Germania si potrebbe ora, più che mai, porre in questi termi~i: o rinunzia assoluta per parte della Francia al recupero dell' Alsazia-Lorena, oppure scioglimento del dissenso colle armi.

'Questo è il terribile dilemma che preoccupa grandemente gli spiriti e che, mantenendo l'inquietudine nel mondo, è funesto alle condizioni finanziarie della Francia e della Germania non solo, ma di tutti gli Stati d'Europa; per cui il bisogno di una soluzione si fa di più in più stringente.

686

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. RISERVATO S.N. Berlino, 26 aprile 1887.

La dépèche de V.E. du 18 avril et ses annexes 1 m'ont fourni matière aujourd'hui à un entretien avec le secrétaire d'Etat. Lors mème que ces documents ne me fussent adressés que pour ma simple information, il m'a paru utile de lui révéler le langage tenu par le grand-vizir et par le ministre ottoman des affaires étrangères à M. le baron Blanc au sujet du groupe des Puissances alliées. Soit que ce fiìt l'expression sincère du désir de la Sublime Porte de ne pas rester en dehors de nos arrangements, soit que ce fiìt un artifice pour explorer le terrain. un pareil langage mérite de fixer l'attention, et cela d'autant plus qu'il se trouvait conforme aux ouvertures également faites aux représentants d'Allemagne et d' Autriche.

Le comte de Bismarck me remerciait de ces indications, sur lequelles il n'avait encore reçu aucun renseignement direct de Constantinople. Il estimait que notre ambassadeur, dans sa réponse verbale approuvé d'ailleurs par V.E., avait montré un tact parfait en suggérant à ses interlocuteurs que le meilleur moyen de concourir à l'oeuvre de paix et de conservation, le but essentiel de nos rapports avec les deux Empires de l'Europe centrale, serait d'eu venir à une entente aussi complète que possible avec l' Angleterre. La Turquie en suivant cette voie, ajoutait le secrétaire d'Etat, ferait en effet chose agréable et qui serait bien vue à Berlin et à Vienne, comme à Rome. Néanmoins l'Allemagne se tiendrait à l'écart de tout arrangement qui serait éventuellement conclu par l' Angleterre, l'ltalie et l' Autriche, séparement

ou collectivement, avec le sultan. Les questions orientales ne touchent que fort peu l' Allemagne. Il v aut mieux, pour son ròle pondérateur de ne pas prendre a priori une attitude trop accentuée en présence des intérèts en jeu dans differentes directions. Le com te de Bismarck se demandai t seulement si l' Angleterre se prèterait dans cette ordre d'idées à des stipulations formelles avec le sultan, dont le caractère est peu sùr et qui ne sait pas toujours garder le secret.

Je n'ai pas voulu pousser plus loin mes investigations sur un sujet aussi délicat. Il ne saurait ètre question de faire participer la Turquie à la Triple Alliance, récemment renouvelée. Cette Puissance voudrait la retourner bien plus contre la France. Il ne saurait s'agir de l'admettre dans l'un ou l'autre des accords séparés de l'Italie avec l' Allemagne ou de l'Italie avec l' Autriche, dans celui surtout où des compensations sont prévues, en principe du moins, pour le cas où le statu quo ne pourrait ètre conservé. Tout au plus, et encore, la Turquie serait-elle prédisposée à souscrire à la réponse écrite donnée par lord Salisbury, en date du 12 février dernier, à la demande que nous lui adressions le mème jour. Mais elle émettrait sans doute la prétention de connaìtre la demande aussi bien que la réponse, ce qui aurait pour effet de la détourner de tout rapprochement. D'un autre còté, comme il importe de ne pas la rejeter dans le camp opposé en ne donnant aucune suite à ses ouvertures,

V.E. jugera dans sa sagesse s'il ne serait pas opportun d'en faire la confidence au Cabinet de Londres, ainsi que de la réponse du baron Blanc. Lord Salisbury serait peut-ètre à mème de prendre une initiative et de présenter quelque formule acceptable, dans le genre de celle assez anodine qui va ètre soumise à l'Espagne. S'il devait résulter de cette combinaison une plus grande sécurité pour les intérèts ottomans entre autres vers la Mer Noire, la Turquie pourrait jusqu'à un certain point l'envisager comme une sorte de compensation à ses mécomptes en Egypte.

686 1 Cfr. n. 660, nota 2.

687

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 11. Costantinopoli, 26 aprile 1887 (per. il 30).

Mentre sir H. Drummond Wolff accoglieva, con le forme concilianti che riferii, le inaccettabili proposte turche circa l'Egitto, gli venivano dirette dal proprio Governo istruzioni assai recise, che l'autorizzavano a dichiarare alla Porta, nel caso che questa persistesse in tal contegno, che l'opinione pubblica inglese era stanca di simili ostacoli e non ravvisava inconvenienti nella consolidazione pura e semplice dell'attuale situazione di fatto in Egitto .

. Nei consigli tenuti, in questi giorni, in Palazzo ed alla Porta le tendenze ad arrendersi alle proposte inglesi guadagnarono sempre più terreno; e benché sia accreditata nel pubblico e presso la maggior parte dei miei colleghi la previsione che i negoziati abbiano a durare ancora parecchi mesi, potrebbe verificarsi una inaspettata conclusione, forse fra breve, sulla base di una qualche riduzione del termine dello sgombro delle truppe inglesi, concessa in ultimo, con l'alternativa di una rottura delle trattative, dal negoziatore inglese.

Interrogai sir H. Drummond Wolff sull'oggetto e sull'indole delle trattative circa l'Egitto, che seguirebbero presentemente fra il signor Waddington e lord Salisbury. Egli mi disse avere esse per ispeciale argomento la quistione del transito del canale, quale fu trattata nell'ultima conferenza europea; essersi dovuto usare alla Francia questo riguardo; ma non venire trattati col signor Waddington gli altri argomenti, quali sono le capitolazioni, la data dello sgombero, ecc., ecc.

688

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 528. Vienna, 27 aprile 1887, ore 20 (per. ore 20,50).

L'incident Schnaebelé est naturellement très commenté ici. Kalnoky m'a dit qu'il est parfaitement sùr qu'il n'y a pas rien d'intentionnel de la part du Cabinet de Berlin, et que celui-ci ne manquera pas de donner toute satisfaction au Gouvemement français, s'il résultera que les autorités allemandes sont dans leur tort. L'incident en lui-mème n'a donc rien de grave, mais ce qui parait plus sérieux à Kalnoky c'est l'état des esprits en France et en Allemagne, dont cet incident n'est qu'un symptòme.

689

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. 14. Roma, 27 aprile 1887.

Le porgo particolari ringraziamenti per l'interessante rapporto confidenziale dell9 corrente 1 col quale l'E.V. mi accompagnava l'ultimo schema di convenzione sulle cose d'Egitto, presentato alla Sublime Porta dal negoziatore britannico.

Questo progetto, che da noi sarà tenuto strettamente segreto, risponde in anticipazione ai quesiti formulati nel dispaccio ministeriale del 21 corrente 2 , circa la questione delle capitolazioni in Egitto, e circa un'eventuale rioccupazione del Vicereame da parte delle milizie britanniche. Non occorrono quindi più su questi due punti gli ulteriori schiarimenti, che le chiedevo.

Cfr. n. 676.

Nel suo rapporto I'E.V. accennava pure alle continue incertezze della politica ottomana, delle quali si mostrava assai dispiacente il suo collega d'Inghilterra, ritenendo questi giustamente che la politica di pace di conservazione non possa essere efficace se non quando la Porta cooperi con le Potenze centrali, e più ancora con l'Inghilterra e coll'Italia a preservare l'equilibrio nel Mediterraneo.

A questo proposito, io non posso che confermarle le istruzioni, che già ebbi occasione di impartirle con precedente dispaccio. Discorrendo coi ministri del sultano della politica più conforme agli interessi dell'Impero, il linguaggio dell'E.V. dovrà esser tale da incoraggiare la Sublime Porta ad accostarsi al gruppo delle Potenze centrali mediante un diretto ravvicinamento coll'Inghilterra.

Coi suoi colleghi di Germania, di Austria-Ungheria e d'Inghilterra il linguaggio di lei potrà essere ancora più esplicito: lasciando all'Inghilterra la scelta del modo e del momento, noi non esitiamo, fin d'ora, a considerare come altamente desiderabile, e quasi urgente, di fronte specialmente alle possibilità di perturbazioni venienti da altra parte, che il ravvicinamento fra l'Inghilterra e la Porta diventi un fatto compiuto, così che un gruppo compatto e potente assuma al più presto nel Mediterraneo la tutela efficace dello statu quo.

689 1 Cfr. n. 672.

690

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 4379. Berlino, 27 aprile 1887 (per. 1'8 maggio).

Les télégrammes de V.E. du 19 1 et 24 2 avril et sa dépèche du 22 3 du mème mois ont particulièrement fixé mon attention.

Je demandais hier au secrétaire d'Etat s'il avait reçu du consulat impérial à Tunis (I'Allemagne n'est pas représentée à Tripoli) quelque rapport sur des armements de la France vers la frontière tripolitaine. Aucun rapport n'était parvenu ici à ce sujet, et il se permettait de révoquer en doute que le Gouvernement de la République, qui a déjà assez d'affaires sur !es bras, songdìt actuellement à étendre davantage ses possessions ou protectorat vers !es territoires nord-africains. Il y a cependant un fait digne de remarque, c'est la réunion en ce moment de toute la flotte de la Méditerranée dans !es eaux de Toulon, flotte supérieure en nombre à celle que I'Angleterre fait stationner aujourd'hui dans cette mer. C'est ce que Iord Salisbury disait récemment au comte de Hatzfeldt, tout en ajoutant que I'on ne s'en préoccupait pas outre mesure à Londres, carla France se défie trop de I'Allemagne et a trop le sentiment de la force de son voisin, pour se risquer dans une voie aventureuse. D'un autre còté, la Turquie ne serait pas exposée à ètre prise au dépourvu. Elle est sur l'éveil et cherche à se prémunir

2 T. 247, in realtà del 25 aprile, non pubblicato.

3 D. 2402, non pubblicato.

657 de son mieux. Le pacha de Tripoli dispose, entre autre, de 17 bataillons de Nizams, troupes bien armées et bien disciplinées.

Il peut y avoir quelque chose de vrai dans ces appréciations, lors mème qu'elles semblent empreintes d'une certaine dose d'optimisme à l'égard de la France. Mais les enseignements du passé sont tels que nous ne devons pas cesser de surveiller de très près ses agissements, et de chercher à la gagner en vitesse si elle démasquait un jour ses arrière-pensées de faire une autre expédition dans le genre de celle de Tunis. Il appartiendrait sans doute en première ligne à la Turquie de lui disputer le terrain; mais de sa part les défaillances sont toujours à craindre. L'Angleterre est intéressée, comme nous, au maintien du statu quo dans ces parages. Elle l'était déjà également pour Tunis, et cependant elle n'a fait aucune opposition sérieuse. Il en a été de mème de la part de l'Espagne, qui se déclare satisfaite pourvu que le Maroc reste intact. Peut-ètre mème ne verrait-elle pas de mauvais gré la France s'engager vers Tripoli. Elle se ferait l'illusion de croire que des succès de la France vers l'Est, la détournerait de s'agrandir vers l'Ouest de l'Afrique. Je ne parle pas de l'Allemagne, don t l'attitude se réglerait selon l es circonstances et l es suites de n otre action. En tout cas, nous ne pourrions compter sur un appui que si nous adoptions une attitude résolue, afin de ne pas nous laisser surprendre par un fait accompli.

Il importe de nous mettre en garde contre l'éventualité d'une pareille et aussi désastreuse surprise. Il se pourrait que la France se berçàt de l'illusion, pour peu que les circonstances devinssent propices, qu'une fois encore elle réussirait à nous servir une édition d'une politique à la kroumir, et que nous nous bornerions à de stériles protestations. Le Gouvernement du roi saura s'expliquer franchement sur ce point, et ne laisser subsister aucun doute sur sa ferme et énergique résolution de ne reculer, au besoin, devant aucune mesure pour sauvegarder ses propres convenances.

D'après un télégramme en date d'aujourd'hui 4 et par lequel V.E. me communique ce que lui télégraphie notre consul général à Tunis, il résulte que M. le commandeur Malmusi ne confirme pas entièrement les nouvelles transmises par son collègue à Tripoli. Mais les considérations indiquées dans le présent rapport ne conservent pas moins leur à propos.

690 1 T. 236, in realtà del 18 aprile, non pubblicato.

691

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 539. Parigi, 28 aprile 1887, ore 18,50 (per. ore 21,20).

On attend incessamment la réponse de l' Allemagne au su jet de l'incident de Pagny-sur-Moselle. D'après des renseignements que j'ai eu de bonne source, j'ap

prends à l'instant que l' Allemagne veut avant-tout bien établir les faits. S'il y a eu violation de territoire et guet-apens, elle donnera toutes les satisfactions voulues en tel cas; mais si l'arrestation du commissaire français a été motivée par une trame de celui-ci, ourdie con tre la sécurité de l' Allemagne comme o n croit en avoir la preuve, on constatera le droit qu'a l'Allemagne de le punir, et on demandera à la France des garanties pour que de pareils faits ne se renouvellent pas. M. Flourens se plaignait hier avec moi de ce qu'il n'avait pas été averti par le Gouvernement allemand des agissements de M. Schnaebelé. Il se serait empressé de le faire déplacer, mais il paraìt qu'à Berlin on voulait découvrir la trame entière. Le commissaire français 1 a laissé des doutes sur sa manière d'agir, qui est loin d'ètre (?) 2 très claire. A Paris on accuse généralement le général Boulanger d'ètre la cause de l'incident, et on prétend que c'est lui qui donnait directement des instructions au commissaire français incriminé. Il ne serait pas impossible, en cette circonstance, qu'il se soit cru autorisé à agir en dehors de ses propres attributions de ministre de la guerre, se considérant comme en état de guerre; ce qui pourrait le faire croire, c'est le fait que vient de me dénoncer notre consul général à Lyon, où, en ce moment la gendarmerie, à la suite d'ordres directs du général Boulanger, procède d'une manière assez brutale, au dénombrement des italiens qui habitent cette ville. Ici on est très inquiet de ce qui fera suite à l'incident de Pagny, quand mème il sera clos, ainsi qu'il a été dit. M. le baron de Rothschild que j'ai rencontré ce matin, ne cache pas ses appréhensions. On accuse généralement le général Boulanger de la situation actuelle et on le rend responsable des malheurs, qui peuvent dans ce moment, frapper la France, prise au dépourvu avec une armée non entièrement réorganisée et qui ne possède qu'un armement très inférieur à celui de l'armée allemande, qu'est toute pourvue de fusils à répétition, tandis que les français n'en possèdent encore qu'un très petit nombre. Bien de journaux se font l'écho de ce qui se dit dans le monde, en déclarant que la retraite du général Boulanger serait le moyen le plus efficace pour rendre le calme au Pays.

690 4 T. 249, non pubblicato.

692

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE E ALLE LEGAZIONI AD ATENE, COPENAGHEN, LISBONA, MADRID, STOCCOLMA E WASHINGTON

T. 262. Roma, 1° maggio 1887, ore 15,15.

Veuillez annoncer, par note officielle, qu'en suite de l'état de guerre existant avec l'Abyssinie le général commandant nos forces d'occupation, à Massaua, a établi

Il punto interrogativo è del decifratore.

le blocus sur la còte depuis Amphyla jusqu'au point en face de l'ìle de Dufnein. La Cour des prises siègera éventuellement à Massaua.

691 1 <<AIIemand» per errore nel telegramma.

693

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 804. Parigi, l° maggio 1887 (per. il 5).

Ieri mi recai dal signor Flourens per ringraziarlo anzitutto del concorso prestato dal Governo francese per facilitare e rendere più solenne la funzione della esumazione della salma di Rossini ed il suo trasporto alla destinazione di Firenze. Colsi quell'opportunità per porgere al signor Flourens le mie felicitazioni per la liberazione del commissario francese signor Schnaebele, che mette fine al pericoloso incidente di Pagny-sur-Moselle, il quale destò tante apprensioni in tutta Europa. Lo scioglimento di quella questione è dovuto, da una parte alla arrendevolezza del principe Bismarck e dall'altra all'accorgimento del signor Flourens, che seppe suggerire il mezzo di togliere dai motivi della decisione da prendersi tutto ciò che potesse offendere l'amor proprio della Germania. Anziché protestare contro il tranello che fu argomento delle infuriate del giornalismo francese, il Flourens si appigliava ai principii giuridici del diritto delle genti in virtù dei quali un invito fatto ufficialmente di varcare il confine per regolare quistioni amministrative tra due Paesi contigui, deve essere considerato come un salvacondotto. Così venne eliminata l'accusa odiosa d'un agguato. Per altra parte è provato che il signor Schnaebelé non fu arrestato sul territorio francese, bensì sul germanico; però, pare dimostrata la di lui partecipazione a trame serie contro l'Impero. In generale il Paese sente un sollievo per quella soluzione. Benché alcuni giornali francesi tentino tuttora di aizzare le ire declamando che la Germania aveva dovuto sottostare ad un'umiliazione inflittale dalla Francia, tuttavia bisogna pur dire che non pochi altri giornali biasimano un tale eccesso di chauvinisme. Non potei trattenermi di fare amichevolmente sentire al signor Flourens che non bastava di avere ottenuta quella soddisfazione, ma che per il bene della Francia e dell'Europa in generale era necessario di porre un termine alle provocazioni che ogni giorno si fanno per eccitare due potenti vicini ad una terribile collisione. Il signor Flourens accusava la stampa di tali eccitamenti; ma io feci osservare che la stampa non era forse la sola provocatrice. Il signor Flourens non mi volle contraddire e mi sembrò, che egli si applicasse il nostro proverbio: «chi tace consente». L'irredentismo anche in Francia è un'arma di partito.

Credetti il momento opportuno per parlare al signor Flourens del censimento degli italiani che si farebbe in Lione dalla gendarmeria, dietro ordine di questo ministero della guerra, all'infuori dell'autorità politica e giudiziaria. Io gli dissi, celiando che se il fatto è vero sarebbe prova che il ministro della guerra considera la piazza di Lione, come già in istato d'assedio. Il signor Flourens mi rispose di ignorare completamente quel procedimento: se ne meravigliava assai e non se lo potrebbe spiegare. Egli si riserva di prendere informazioni in proposito.

Al momento in cui questo rapporto perverrà a V.E. il r. console generale di Lione avrà già probabilmente rassegnata, giusta il di lei desiderio espresso nel telegramma del 29 ultimo aprile 1 , una relazione particolareggiata sull'anzidetto censimento degli italiani abitanti in quella città.

694

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 553. Pera, 2 maggio 1887, ore 12,50 (per. ore 15,20).

Pirrone insiste pour envoi bàtiment. La Porte n'a pas pris, jusqu'ici, aucune disposition. M es collègues d'Allemagne et d' Autriche semblent se désintéresser. L'ambassadeur d'Angleterre est d'avis que son Gouvernement évitera d'imiter la précipitation du Gouvernement français, Marquessac ayant des tendances à compliquer la situation. Ces envois de navires à Candie et le décret rélatif au blocus de Massaua produisent une grave impression à la Porte.

695

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 267 bis. Roma, 2 maggio 1887, ore 19,35.

Veuillez remercier Said pacha d'avoir bien voulu donner à ses objections, concernant le blocus à Massaua, une forme officieuse. La mesure prise par le général Saletta, en vue de notre situation envers l'Abyssinie, n'a aucune connexité avec la souveraineté territoriale. Nous avons, d'après le droit public, notifié le blocus aux Puissances amies, dans l'intérèt des pavillons naviguant dans ces parages, et pour éviter, en cas de contravention, des contestations fàcheuses. Le texte de l'ordonnance de blocus vise, d'ailleurs, expressément le commerce et !es communications avec l' Abyssinie. Si, après ces éclaircissements amicaux, Sai d pacha persiste à préférer

de ne pas recevoir, là-dessus, une note écrite, une communication verbale nous suffit, pour ce qui nous concerne, à couvrir notre résponsaqilité.

693 1 T. 253, non pubblicato.

696

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA 1

D. lll9. Roma, 2 maggio 1887.

Facendo seguito al dispaccio del 3 scorso aprile 2 , credo bene informare la

E.V. per opportuna sua notizia, che, da rapporto del r. console a Tamatava in data del 18 marzo 3 , risulta avere il residente generale francese rifiutato di riconoscere in qualità di console britannico il signor Haggard, recentemente nominato, il quale chiese ed ottenne direttamente dal Governo malgascio il suo exequatur. Sembra che analogo conflitto sia prossimo a prodursi col console degli Stati Uniti, il cui nuovo titolare, signor Campbell, ha seguita la stessa via, e col console germanico aspettato.

697

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 570. Londra, 3 maggio 1887, ore 16 (per. ore 14,35 del 4).

Je viens de conférer avec lord Salisbury sur le contenu de votre dépèche en date du 26 avril 1 relative à la délimitation de la còte de la Mer Rouge et je lui ai remis une note là-dessus. Sa Seigneurie a fait bon accueil à nos ouvertures, mais il s'est réservé de demander l'avis de Baring. Je l'ai prié d'exprimer son avis favorablement, ce qu'il m'a promis. Il nous demandera peut-ètre d'insérer une clause contre la traite des esclaves. J'ai exprimé mon avis personnel que je n'y voyais point d'objection. L'accord anglo-français sur la délimitation de la còte somali a été conclu aujourd'hui. Il est conforme au contenu de mon rapport du 22 avril 2 . Salisbury m'a promis le texte aussitòt qu'il serait prèt.

Non rinvenuto. 697 1 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 109-112. 2 lvi, pp. 108-109; la sostanza del rapporto fu comunicata col telegramma al n. 675.

696 1 Analogo dispaccio venne inviato a Londra in pari data con il numero 365. 2 Cfr. n. 645.

698

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 275 bis. Roma, 4 maggio 1887, ore 11,15.

D'après un télégramme de notre consult, la situation s'améliore en Candie. Les attroupements de chrétiens armés dans les campagnes commencent à se disperser. Canée a repris son aspect ordinaire.

699

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 572. Parigi, 4 maggio 1887, ore 18 (per. ore 20,55).

Ministre des affaires étrangères vient de me dire qu'il va répondre à la communication du général Menabrea, relative à notre blocus sur la cote de la Mer Rouge, en énonçant une réserve quant au point de Zula. Dès que j'aurai reçu sa lettre, je télégraphierai à V.E. les termes de réserve t.

700

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A BERLINO, DE LAUNAY, E A VIENNA, NIGRA

T. S.N. Roma, 5 maggio 1887, ore 11,40.

L'affaire à vite cheminé à Madrid. Les notes ont été hier soir échangées entre le ministre d'Etat et notre ministre. Le texte est resté tel qu'il avait été arrèté entre les trois Cabinets t.

699 1 Per la risposta cfr. n. 70l. 700 1 Cfr. l'allegato al n. 663. Le due note sono ed. in MARTENS, tomo X, n. 13.

698 1 T. 568 del 3 maggio, non pubblicato.

701

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN

Roma, 5 maggio 1887, ore 23,20.

A propos de notre notification de blocus à Massaua, l'ambassadeur de France m'a fait, aujourd'hui, une allusion à Zula. J'ai alors rappelé que la France ayant sur ce point des prétentions que nous ne pouvions admettre, il avait été convenu, depuis les débuts de notre occupation, de ne pas nous engager, là-dessus, dans une discussion sans utilité pratique et de réserver, de part et d'autre, chacun sa propre appréciation. Cette réserve n'a pas empèché les mesures militaires que le Commandement de Massaua a dù prendre, à des époques successives, à Zula et aux environs, pour la sécurité de ces parages. Le blocus, qui n'a rien à faire avec la souveraineté territoriale, n'atteint nullement, maintenant, la réserve mutuelle, et ne modifie par conséquent pas la situation. C'est en ce sens que vous pourrez, le cas échéant, vous exprimer avec M. le ministre des affaires étrangères. Je désire, dans le cas où sa note contiendrait la réserve annoncée, que vous différiez votre réponse jusqu'à ce que je n'en aie le texte sous les yeux.

702

IL MINISTRO A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 579. Madrid, 6 maggio 1887, ore 2,45 (per. ore 6).

Aussitòt que le bruit s'est répandu de l'occupation espagnole, auquel fait allusion V.E. 1 , j'ai cru devoir demander à M. Moret une explication, que je n'ai pu recevoir que ce soir, et je m'apprètais à la transmettre précisément quand m'est arrivée la dépèche de V.E. Le ministre d'Etat m'a assùré que la version rapportée par !es journaux est fort éxagérée. Depuis longtemps le projet d'avoir un point de ravitaillement pour les navires espagnols dans la Mer Rouge existerait. Plusieures localités auraient été examinées. Des chefs indigènes seraient prèts maintenant à céder un petit territoire non loin de Tajura, mais aucune décision n'a été prise, et

M. Moret m'a dit que rien ne sera fait sans que le Gouvernement du roi n'en soit averti. Je demanderai encore des plus amples éclaircissements 2 •

702 1 Risponde al T. 280 del 5 maggio, non pubblicato.

2 Cfr. n. 704. Per la risposta cfr. n. 705.

701 1 Risponde al n. 699.

703

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. S.N. Vienna, 6 maggio 1887, ore 17,05 (per. ore 21).

Kalnoky m'a dit que le baron Calice lui a fait part de certaines velléités du Gouvernement ottoman pour entrer dans le groupe des Puissances alliées. Il a répondu qu'il ne croyait pas la chose possible pour le moment, mais il lui a donné pour instruction de ne pas décourager la Sublime Porte et de la pousser à s'entendre d'abord avec l' Angleterre sur la question égyptienne. Une fois celà fai t, on pourrait faire avec la Porte une espèce d'entente dans la forme qui a été adoptée avec l'Espagne, afin de fixer le sultan et de préparer un accord plus étendu et plus déterminé lorsque l'occasion s'en présenterait. Kalnoky a communiqué cette manière de voir à Berlin et à Londres, et par mon entremise il en fait part à V.E. Il m'a dit, en mème temps, qu'il croyait que l' Angleterre et la Turquie s'étaient mises d'accord sur la durée de l'occupation en Egypte.

704

IL MINISTRO A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 582. Madrid, 6 maggio 1887, ore 19,15 (per. ore 6 del 7).

Je viens d'avoir un nouvel entretien avec le ministre d'Etat, qui, ayant plus de temps à soi, a été plus explicite que hier. Le premier projet d'établissement dans la Mer Rouge remonte à quatre ans: c'était Tajura lui-mème qui avait été proposé, mais une crise ministérielle à Madrid, faisant avorter les négociations, permit à la France de s'en emparer. Plusieurs points furent alors mis en avant, mais l'officier espagnol, qui a été envoyé pour les examiner, se prononça d'une manière défavorable, et suggéra lui-mème un autre petit territoire toujours dans ces parages, qu'aurait pu convenir, et je crois qu'il a été autorisé à acheter la localité dont il s'agit. Cependant jusqu'à présent aucune nouvelle ne serait parvenue au Gouvernement espagnol. Ministre d'Etat m'a encore répété aujourd'hui que le besoin d'une station est absolument indispensable aux besoins de la navigation, laquelle, par le développement qu'elle a reçu et qu'elle va recevoir par le récent contrat avec la Compagnie transatlantique, se trouverait gravement compromise dans ses relations avec l'extrème Orient, sans un point de ravitaillement en temps de guerre, surtout le charbon étant objet sine qua non.

705

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A MADRID, MAFFEI

T. 286. Roma, 6 maggio 1887, ore 22,30.

Veuillez remercier M. Moret pour !es renseignements qu'il nous donne sur !es occupations projetées dans l'intérèt de la marine espagnole, ainsi que de sa promesse amicale de ne rien faire, à ce su jet, sans que le Gouvernement du roi en soit averti 1 .

M. Moret n'ignore sans doute pas que sur la còte africaine de la Mer Rouge notre occupation s'étend depuis le point au nord de Massaua où finit la domination égyptienne jusqu'au point où l'établissement français d'Obock limite, au sud d' Assab, le Sultana t de Raheita placé sous n otre protection. T out cela résulte très clairement du mémoire présenté à la Chambre par le général de Robilant le 30 juin 18862 . La légation possède ce mémoire dont elle peut mettre un exemplaire à la disposition de M. Moret.

706

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A MADRID, MAFFEI

T. 292. Roma, 8 maggio 1887, ore 18.

M. Moret, vous ayant dit, et votre télégramme du 61 m'ayant appris qu'il s'agit d'un territoire aux environs de Tadjura, je me suis cru autorisé à rassurer notre Chambre, lui déclarant que les projets actuels de l'Espagne ne visent pas la Mer Rouge, ni notre sphère d'action. Je vous répète d'ailleurs, et vous devez en toute occasion franchement déclarer à M. Moret, que la còte entière de la Mer Rouge est maintenant occupée, car au nord nous touchons la limite égyptienne, et nous arrivons au sud jusqu'à la limite française, le Sultanat de Raheita, dont la frontière meridionale n'est pas bien établie, étant cependant certainement contigue à Obock. L'engagement amicale pris par M. Moret nous rassure complètement. Il est désormais inutile de lui demander des renseignements plus précis, qu'il déclare, du reste, ne pas posséder. J'espère qu'il n'y aura pas, à Madrid, de commentaires à propos de mes déclarations. L'incident ici est épuisé. Je crois qu'on ne reviendra pas là-dessus, au moins pour le moment.

2 Memoria sull'ordinamento politico-amministrativo e sulle condizioni economiche di Massaua presentata alla Camera dei deputati dal ministro degli affari esteri (di Robi/ant) nella tornata del 30 giugno 1886, Roma, Tipografia della Camera dei deputati, 1886. 706 1 Cfr. n. 704.

705 1 Cfr. n. 702.

707

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS 1

R. 351/479. Londra, 8 maggio 1887 (per. il 12).

Sono venuti a mia conoscenza alcuni ulteriori dettagli sugli accordi intervenuti fra l'Inghilterra e la Francia riguardo alla costa dei Somali, che credo prezzo dell'opera di riferire all'E.V. La linea di delimitazione è quella che già ebbi l'onore di far conoscere all'E.V. pe' miei precedenti rapporti. È tuttavia convenuto che i francesi non toccherebbero la regione di eisa 2 , il Governo inglese avendo delle stipulazioni con quella tribù, e che nessun incaglio sarebbe frapposto al libero commercio con Harrar. Dimodoché, se si considera che la Francia già da tempo occupava Obock e Tagiura fino al fondo della baja, la concessione fatta dall'Inghilterra si riduce alla riva meridionale della baja di Tagiura, mentre questa si attribuisce l'occupazione della costa da Ras Gibuti fino a Berbera.

Nel segnar ricevuta all'E.V. degli ossequiati dispacci della presente serie nn. 368, 369 e 370, 371 in data 3 e 4 maggio, ...

708

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 353/481. Londra, 8 maggio 1887 (per. il 12).

Ebbi ieri incidentalmente l'occasione di parlare dei negoziati pendenti a Costantinopoli fra sir H. Drummond Wolff e la Sublime Porta, rispetto alle cose d'Egitto, col sotto-segretario di Stato il quale mi diceva procedere essi regolarmente e nutrire la speranza che sarebbero per approdare. Aggiugneva sir James Fergusson, il Governo britannico desiderare sinceramente di poter venire ad un componimento, che gli permettesse di sgombrare l'Egitto, sia perché il presente stato di cose era costante sorgente di difficoltà con altri governi, sia perché presso alcuni elementi politici inglesi esisteva il desiderio di sfuggire ai pericoli ed alle spese che l'occupazione traeva seco; il Gabinetto di San Giacomo tuttavia non acconsentirebbe a questa soluzione se non che quando le altre Potenze

fossero per accettare le condizioni che sarebbero convenute colla Sublime Porta, ed aggiungeva sembrare che il Governo francese fosse disposto ad accettare queste condizioni.

707 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 118. 2 «isa somali» in Documenti Diplomatici, serie XXIII, Mar Rosso ( 1887), Roma, Ministero degli esteri, s.d., p. 179.

709

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4388. Berlino, 9 maggio 1887 (per. il 13).

Dans une visite récente que je lui ai faite, le sous-secrétaire d'Etat me parlait des aides-mémoire dernièrement échangés entre V.E. et le comte de Goltz, au sujet de la révision de la Convention de Madrid relative à la protection au Maroc (dépèche ministerielle du 4 mai n. 2416) 1• Le comte de Berchem constatait avec satisfaction que nos vues se rencontraient sur cette question, doublement importante en ce que le sultan de ce Pays en fait dépendre la conclusion des nouveaux traités de commerce. Avant de pousser plus loin les pourparlers, le Cabinet de Berlin veut s'éclairer davantage sur les dispositions à Londres, et examiner la meilleure voie à suivre pour s'assurer aussi de l'assentiment de la France, car à défaut de son concours, on n'arriverait à rien de pratique.

Le Gouvernement impérial avait aussi sondé le terrain à Madrid, et comme de raison la réponse a été des plus favorables.

La réunion d'une nouvelle conférence faisant suite à celle de 1880, serait en effet, comme V.E. le suggère, tout à fait indiquée pour cette reuvre de révision, et il n'y a aucun doute que l'Espagne tiendrait beaucoup à ce que cette fois encore la conférence fùt convoquée à Madrid. Mais c'est là un point encore sur lequel il faudra, une entente préalable, nommément avec la France.

710

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 594. Costantinopoli, 10 maggio 1887, ore 18,55 (per. ore 19,20).

Le commandant des forces ottomanes en Crète insistant pour les renforces en vue des dispositions inquiétantes de la population crétoise, quatre bàtiments vont partir de Salonique avec des troupes pour la Suda.

709 1 Non pubblicato.

711

L'INCARICATO D'AFFARI A PARIGI, RESSMAN, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 598. Parigi, 11 maggio 1887, ore 18 (per. ore 21,15).

D'après ce que vient de me dire le ministre des affaires étrangères, je doute que la Chambre consente à voter les fonds nécessaires pour l'expérience de mobilisation d'un corps d'armée, proposée par le général Boulanger. Les frais prévus d'un pareil essai dépasseraient huit millions, et l'utilité en est douteuse. L'ambassadeur d'Allemagne en a entretenu amicalement M. Flourens, et ne lui a pas caché sa crainte qu'une pareille mesure ne produise en Allemagne une fort mauvaise impression, et ne rallume d'autres polémiques.

712

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 2423. Roma, 11 maggio 1887.

Ringrazio l'E. V. per avermi comunicato, con rapporto del 4 corrente 1 ; le notizie pervenute a codesto Gabinetto circa le condizioni dell'isola di Candia. Le nostre informazioni più recenti concordano nel presentare la situazione dell'isola come d'assai migliorata.

Tuttavia, come abbiamo voluto con la immediata presenza di un nostro legno a Candia affermare, anche in questa circostanza, la nostra particolare situazione nel Mediterraneo, così desideriamo che il Barbariga rimanga in quelle acque fino a che la tranquillità non sia perfettamente ristabilita.

713

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A MADRID, MAFFEI

D. 14. Roma, 12 maggio 1887.

Dal rapporto del 6 corrente (per il quale le porgo particolari ringraziamenti) 1 risulta essere esagerate le notizie pubblicate costì circa un'occupazione, da parte della Spagna, di un punto della costa ovest del Mar Rosso. Il signor Moret, mentre le dichiarava non spettare al Governo l'iniziativa del progetto, non dissimulava però che una stazione navale in quei mari, per deposito di carboni e di approvvigionamenti,

713 1 R. 15, non pubblicato, ma cfr. nn. 702 e 704.

costituisce oramai una necessità per la marina spagnuola. S.E., senza esser in grado di indicare con precisione il punto da occuparsi (trattandosi, per ora, solo di proposte e progetti), additava, in genere, i paraggi prossimi al golfo di Tagiura.

Il carteggio telegrafico che ebbi a scambiare, in questi giorni, con lei circa il presente tema, mi dispensa oramai dallo addentrarmi in maggiori particolari. Piuttosto gioverà che qui riassuma le conclusioni sostanziali del carteggio stesso.

In primo luogo, mi piace pigliare atto della spontanea ed amichevole dichiarazione del signor Moret, che, cioè, in caso di dubbio, nulla si farà dalla Spagna, che possa toccare alle nostre ragioni, senza previa intelligenza con noi. Così è eliminata ogni più remota contingenza di contrasto od incidente qualsiasi.

In secondo luogo, ci giova mettere ancora una volta in sodo, ad ogni buon fine, che lungo la costa africana del Mar Rosso propriamente detto non rimane alcun punto vacante e disponibile. Difatti, la nostra occupazione si protende, verso il nord, fino al punto donde comincia la dominazione turco-egiziana, e dalla parte del sud l'occupazione nostra, incluso il protettorato sopra Raheita, giunge fin là donde comincia il possedimento francese di Obock. La frontiera fra Raheita ed Obock non è, per verità, ben stabilita; ma non può cadere dubbio alcuno sulla reciproca ed immediata continguità dei due territorii, Obock essendo stato ceduto alla Francia appunto dal sultano di Raheita.

Se, poi, come parrebbe doversi desumere dal linguaggio del signor Moret, il punto che si vuole occupare è nei pressi di Tagiura, spetta alla Spagna di mettersi d'accordo con le altre Potenze aventi interessi e possedimenti in quella direzione. Però non conviene neppure che ella si impegni, a tale riguardo, con dichiarazioni troppo esplicite di disinteresse. Imperocché particolari diritti ci sono conferiti, anche in quella regione, da una convenzione stipulata, nel 1883, con uno degli sceik di colà, Mohamed Loeta; né sarebbe quindi prudente di precluderei, in modo assoluto, la via a considerare, a suo tempo, se e in quali termini ci convenga di invocare siffatti titoli rimpetto ad eventuale occupazione spagnuola.

Altra idea, avendone l'opportunità, ella dovrebbe piuttosto enunciare, come di sua propria iniziativa: che, cioè, l'Italia sarebbe lieta di offrire, od a Massaua, od a Assab, quella più larga ospitalità che la Spagna potesse desiderare con lo scopo di procacciarsi un deposito od emporio intermedio per le sue stazioni navali nei mari dell'estremo Oriente.

712 1 R. 4386, non pubblicato.

714

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. RISERVATO S.N. Berlino, 12 maggio 1887.

Le télégramme de V.E. du 9 mai 1 répondait à mon rapport réservé du 26 avril échu 2 , par lequel je mandais l'avis du secrétaire d'Etat et mes propres appreciations

sur des ouvertures faites par le grand-vizir et Sald pacha au sujet d'un rapprochement de la Turquie au groupe des Puissances de l'Europe centrale. Je m'étais permis de suggérer qu'il fùt donné connaissance à lord Salisbury de ces ouvertures, pour le cas où il croirait opportun de prendre l'initiative de proposer un arrangement dans le genre de celui aujourd'hui conclu avec l'Espagne, d'autres combinaisons me semblant hors de mise.

J'ai luce télégramme au comte de Bismarck. Après avoir remarqué qu'il n'y était pas mentionné dans quel sens lord Salisbury s'était prononcé dans son entretien avec le comte Corti, il m'a dit que si le comte Kalnoky se montrait en effet enclin à une sorte d'entente avec la Turquie sous la forme adopté envers l'Espagne, il s'était borné jusqu'ici à effleurer la question. Il craint qu'une indiscrétion du sultan ne puisse donner l'éveil à Pétersbourg et à Paris et créer de sérieux embarras. Mais, comme le comte Nigra en informe V.E., il estime qu'il convient d'abord de presser la Sublime Porte à s'entendre avec l'Angleterre à propos de l'Egypte. Un règlement, toutefois, de cette question ne paraìt pas imminent. Une transaction sera probablement bient6t admise, si elle ne l'est déjà, pour le terme de l'évacuation, mais les vues sont encore très divergentes au sujet d'une réoccupation éventuelle par les troupes britanniques. Le moment ne serait donc pas encore venu, d'après l'opinion du Gouvernement allemand, de s'occuper du modus procedendi pour un accord anglo-turc avec accession.

Au reste, le secrétaire d'Etat me répétait à cette occasion que le Cabinet de Berlin, verrait sans doute avec satisfaction l'Italie, l'Angleterre et l'Autriche se concerter avec la Sublime Porte aux mieux de leurs convenances réciproques, mais qu'il persistait à vouloir se tenir en dehors de tout arrangement. Il préfère également s'abstenir d'indiquer lui-mème la meilleure procédure à suivre à cet effet. S'il ne s'agissait que de contrecarrer la France, il n'userait peut-ètre pas d'autant de menagements, mais la Russie se trouve aussi en cause. Or pour des intérèts à lui secondaires en Orient, il ne voudrait point, par une attitude trop accentuée dans cette direction, risquer de compromettre des intérèts majeurs envers cette Puissance, sa voisine sur une frontière aussi étendue. Tel est le fin mot de sa conduite que nous saurons certainement apprécier, en gardant, à cet égard aussi, le secret le plus absolu.

En me référant à mon télégramme du 10 mai 3 , et en remerciant V.E. de celui qu'elle m'adressé le lendemain 4 ...

714 1 T. s.n., non pubblicato. 2 Cfr. n. 686.

715

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. 27. Roma, 13 maggio 1887.

Con rapporto del 6 di questo mese l, l'E.V. confermava e riassumeva il carteggio telegrafico che avevamo scambiato, in quei giorni, circa le obiezioni messe innanzi dalla Sublime Porta di fronte alla nostra notificazione di blocco, a Massaua.

4 Non pubblicato. 715 1 R. 17, non pubblicato.

Il mio telegramma del 2 maggio 2 esprime chiaramente il pensiero del R. Governo su questo argomento.

Il provvedimento preso dal generale Saletta in contemplazione del presente stato di cose, a Massaua, non ha connessione alcuna con la sovranità territoriale; tornerebbe quindi superfluo di rilevare l'osservazione che le fu fatta da Said pascià, non potersi, cioè, concepire, a Massaua, altra sovranità all'infuori di quella del sultano.

Stabilito il blocco, era nostro obbligo, secondo le prescrizioni, universalmente ammesse, del diritto delle genti, di diramarne agli Stati amici quella che suolsi chiamare notificazione generale, o diplomatica. La quale notificazione ha il duplice intento di mettere opportunamente in avvertenza le navi di bandiera neutra, e di eliminare anticipatamente ogni contrasto tra gabinetto e gabinetto, se mai alcuna nave neutra tentasse di contravvenire al blocco.

Come notai, del resto, nel mio telegramma del 2 maggio, l'ordinanza emanata dal generale Saletta dichiara espressamente che il blocco, quantunque stabilito su costa non abissina, mira solo ad interrompere, per iscopo di guerra, ogni comunicazione o commercio coll'Abissinia.

Questi schiarimenti amichevoli saranno certo stati accolti con eguale schiettezza dai ministri del sultano. In ogni modo, dal momento che non può cadere dubbio circa la piena conoscenza che la Sublime Porta ha oramai del provvedimento, non era più il caso di insistere ulteriormente, persistendo il ministro degli affari esteri a preferire che non gli fosse rivolta una comunicazione scritta.

Piuttosto, avendo Said pascià accennato, non vedrei con quale fondamento, che il Governo del re sarebbe responsabile di incidenti che, per il blocco, accorressero alla navigazione ottomana, l'E.V. dovrà, invece, far bene intendere che codesto è un errore, e che, avendo noi adempiuto alle formalità prescritte dal diritto pubblico, se mai un legno ottomano contravvenisse al blocco, la responsabilità sarebbe da dibattersi tra il comandante e il suo Governo, per negligenza del quale gli fosse mancata la notizia, ma non potrebbe mai imputarsi al R. Governo, che ha fatto scrupolosamente e correttamente il debito suo.

Non posso, poi, chiudere questo mio dispaccio senza compiacermi degli intendimenti concilianti espressi, anche nella attuale circostanza, dal ministro ottomano degli affari esteri. L'E.V. fece egregiamente corrispondendo alla cordialità del ministro con altrettanta cordialità di linguaggio, la quale è perfettamente conforme al pensiero che costantemente ci anima nei nostri rapporti con la Turchia.

714 3 T. s.n., non pubblicato.

716

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4389. Berlino, 13 maggio 1887 (per. il 21).

Les panslavistes voudraient rendre l'Allemagne responsable de tous les mécomptes que leur cause a subis en Orient. L'histoire façonnée en conséquence,

était en train de passer à l'état de légende. Le prince de Bismarck a jugé opportun de rétablir la vérité des faits par des révélations publiées dans la Norddeutsche Allgemeine Zeitung. Il y est établi que ni avant la guerre turco-russe, ni pendant le Congrès de Berlin, l' Allemagne n'a cherché à porter préjudice à la liberté d'action de la Russie. Ce fut cette Puissance elle-mème, qui par des arrangements sanctionnées en 1877, s'entendit directement avec l'Autriche touchant la Bosnie et l'Herzégovine, etc. Les organes du comte Andrassy ont opposé un démenti. Cela se comprend. Il s'agissait d'accords secrets. D'ailleurs cet ancien ministre des affaires étrangères se trouvait pris en contradiction avec le langage, qu'il avait tenu par devant les délégations à Pesth, comme si l'Autriche-Hongrie, sans aucun accord préalable avec Pétersbourg, n'occupait la Bosnie et l'Herzégovine qu'en vertu d'un mandat européen. Il importait que la neutralité de cette Puissance fiìt acquise à la Russie dans la guerre qu'elle s'apprètait à faire dans les Balkans pour se frayer la voie jusqu'à Constantinople. Et à cet effet elle a dù offrir des compensations à qui elle redoutait le plus de rencontrer sur son chemin. Il a fallu accumuler fautes sur fautes, pour laisser échapper l'occasion de réaliser son rève. Il lui répugne d'en convenir, et en rejette la responsabilité sur l' Allemagne qu'elle représente camme ayant dressé des embùches à chacun de ses pas. Or, notamment au Congrès de Berlin le prince de Bismarck -tous les plénipotentiaires peuvent en porter témoignage -a agi de son mieux pour ménager autant que possible la Russie dans l'reuvre de la révision du Traité de Santo Stefano.

Il est donc très explicable que le chancelier, au risque de déplaire au comte Andrassy, ait répondu aux attaques de la presse russe. Mais il avait un autre but en réagissant contre ce courant. Personne ne peut prévoir si, à la longue, le tsar résistera aux influences qui le poussent aux aventures. On tient ici à ce que l'opinion publique de ce Pays sache dès-à-présent que les provocations ne partent pas de l' Allemagne. Il se peut aussi que le prince de Bismarck, par cette polémique de journaux, visàt d'une part à fortifier, s'il en est temps encore, la position de M. de Giers dont Son Altesse apprécie le caractère, et d'autre part à éloigner les chances d'un retour du comte Andassy au pouvoir, car en pareille éventualité les rapports entre l' Autriche et la Russie empireraient et ne tarderaient pas à amener un conflit.

715 2 Cfr. n. 695.

717

IL MINISTRO A MONACO DI BAVIERA, ULISSE BARBOLANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 157. Monaco di Baviera, 13 maggio 1887 (per. i/15).

Il nunzio apostolico monsignor Di Pietro che, come sa V.E. è stato nominato a nunzio apostolico presso la Real Corte di Spagna, ha lasciato ieri mattina questa residenza.

La r. legazione ha mantenuto sempre con lui buonissimi rapporti ufficiosi. Negli ultimi tempi anzi, come ebbi a riferire nel mio rapporto del 2 maggio corrente, n. 156 di questa serie 1 , ebbi a notare in lui sempre crescenti migliori disposizioni a nostro riguardo.

Monsignor Di Pietro, dopo avermi fatto la sua visita di congedo, mi chiese un lasciapassare per le nostre autorità doganali di frontiera ad Ala, poiché egli recasi a Roma, per prendere verbali istruzioni prima di trasferirsi al suo posto di Madrid.

Sarebbe questa quindi, da parte di lui, la seconda implicita riconoscenza della mia qualità di rappresentante il Regno d'Italia. Non ho bisogno di far conoscere all'E.V. che mi affrettai subito a soddisfarlo in quanto mi aveva richiesto.

Il Governo bavarese, però, lo vide partire senza gran rammarico. Il ministro degli affari esteri, barone di Crailsheim, mi spiegò ieri più chiaramente il suo concetto relativamente alla poca energia che, come riferii già nel citato mio rapporto, monsignor Di Pietro avrebbe addimostrata nel disimpegno delle sue funzioni. Egli mi diceva che nel comunicare ai capi del partito del centro al Reichstag la nota del cardinale Iacobini favorevole al Governo imperiale germanico nella quistione del settennato militare, monsignor Di Pietro non aveva ben accentuato il volere del Santo Padre che tal nota fosse stata subito comunicata a tutti gli altri membri del Reichstag. Da tale mancanza erano sorte, secondo il barone di Crailsheim, tutte le tergiversazioni e renitenze mostrate da quella importante frazione di deputati.

718

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 609. Costantinopoli, 14 maggio 1887, ore 19,30 (per. ore 19,25).

Le projet de convention anglo-turque sur l'Egypte, modifié d'accord entre sir Drummond Wolff et la Porte, a été soumis aujourd'hui au sultan, et tout dépend maintenant de l'approbation personnelle de Sa Majesté. Les influences (?) 1 françaises ici ont cessé de se montrer défavorables à cet accord, et témoignent au contraire de l'intention qu'aurait le Gouvernement français de donner des gages à la politique de la paix et du statu quo, en ne contrariant pas l'oeuvre anglaise en Egypte. Cependant l'esprit du sultan est agité. Ces jours-ci on lui dénonce de prétendues conspirations des membres de sa famille, on l'excite à propos de Massaua et de la Crète. Son approbation de la convention avec l' Angleterre n'est pas encore certaine.

717 1 Non pubblicato. 718 1 Sic.

719

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4390. Berlino, 14 maggio 1887 (per. il 21).

Après les crises de mauvais bruits et d'alarmes qui se sont succédé à courts intervalles dans ces derniers mois, le calme rentre par degrés dans les esprits. Le prince de Bismarck ne prévoit pas, du moins pour cette année, de graves complications. Non pas qu'il soit pleinement rassuré sur ce qui se passe en France. Le ministère Goblet chancelle. Ce sera peut-ètre M. de Freycinet qui arrivera au pouvoir. Si les noms sont différents, c'est toujours à peu près la mème politique, dont l'unique secret est de chercher à faire un gouvernement avec des instincts anarchiques, avec des passions qui ont pour essence l'indiscipline agitée et agitatrice.

M. de Freycinet a personnifié dans son administration précédente le système de concessions aux radicaux dans l'espoir de les ramener à la majorité. Il est à présumer qu'il ne s'écartera pas de ce système, et qu'entre autres il n'aura pas le courage de congédier le général Boulanger, gagné-on le sait ici-à la cause de la revanche. Mais on sait également à Paris que l'Allemagne est de beaucoup en avance dans ses préparatifs militaires. Sa situation financière va en outre considérablement s'améliorer par l'adoption presque certaine au Reichstag des nouveaux impòts sur les alcools et sur le sucre, lesquels rapporteront au trésor environ 140 millions de marks. Dans ces conditions, il est bien permis de montrer quelque confiance relativement au maintien de la paix pour certain temps. Ainsi le chancelier ne s'émeut pas de la nouvelle d'un essai de mobilisation d'un corps d'armée français en octobre prochain. Son organe officieux, la Norddeutsche Allgemeine Zeitung, fait, il est vrai, observer que lors mème que ces troupes se concentreront vers l'ouest ou le sud de la France, c'est une manière de justifier les préparatifs de tous les commandants pour mettre chaque corps d'armée isolé à mème de se trouver immédiatement sur pied de guerre dans le cas où leur corps serait désigné. D'où il pourrait résulter qu'à cette époque toute la France se trouverait sur le pied de guerre, puisqu'aussi bien sur la frontièere nord-est elle l'est déjà et depuis longtemps. Soit dit en passant, il semble, d'après !es indications que V.E. veut bien me transmettre, que des armements se pratiquent aussi dans le département des Alpes-Maritimes. Néanmoins Son Altessse ne témoigne d'aucunes préoccupations. «Le projet de loi présenté par le général Boulanger n'est pas encore voté par la Chambre. Si vraiment la France se disposait à armer au-delà de la juste mesure, nous mobiliserions à notre tour pour ne pas ètre pris au déporvu».

En ce qui concerne la Russie, !es rapports officiels continuent à ètre satisfaisants. Le comte Schouvaloff, de retour depuis peu de jours à son poste, a rapporté au chancelier les meilleures assurances sur les intentions amicales et pacifiques de l'empereur. Tant que M. de Giers reste ministre des affaires étrangères, on a quelques garanties que la politique de casse-cou ne prévaudra pas à Saint-Pétersbourg. Mais il va de soi que le Cabinet de Berlin surveille de très près !es agissements des partis en Russie comme en France.

Il y a eu dans les dernières alarmes en Europe quelque chose de factice dont il faut faire la part. Ce qui reste de réel, c'est une situation où de tous còtés on a certainement besoin de mettre la prudence dans la conduite, la mesure dans les paroles autant que dans les actions.

720

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4393. Berlino, 16 maggio 1887 (per. il 20).

J'ai reçu hier soir les télégrammes de V.E. 1 relatifs à l'attitude plus qu'étrange de la Porte voulant, sous un simple prétexte, nous exclure d'un échange d'idées avec l' Allemagne, l' Autriche et l' Angleterre sur leurs dispositions relatives aux dernières propositions de la Russie concernant la Bulgarie. Qu'il me soit permis d'énoncer ici quelques considérations.

Je suis certain que dans son for intérieur le Cabinet de Berlin sera satisfait de voir que l es ambassadeurs d'Autriche et d'Angleterre ont vivement et avec succès réagi contre une exclusion de l'Italie. Mais il faut relever que le représentant de l' Allemagne s'est abstenu. Cette attitude est tout-à-fait conforme à celle de son Gouvernement qui se désintéresse des affaires de la Principauté. Il s'attribue un ròle de conciliation, surtout dans les divergences de vues, qui se produisent entre Vienne et Pétersbourg, et cela au risque, comme le disait le chancelier dans un de ses récents discours au Reichstag, de passer pour russe à Vienne, et pour autrichien à Pétersbourg, lors mème qu'il s'appliquera à tenir autant que possible la balance égale entre les deux Puissances. Il me paraìt donc difficile d'admettre que M. de Radowitz soit autorisé à se joindre à ses collègues pour une déclaration plus ou moins platonique, mais qui le placerait ouvertement en opposition avec la Russie. L'Allemagne se gardera d'ailleurs d'affirmer une solidarité à cet égard entre sa politique et celle des Cabinets de Rome, de Vienne et de Londres. Elle a pris une position distincte et entend la maintenir afin d'exercer, tantòt d'un còté, tantòt de l'autre, une influence favorable à la conservation de la paix. Mais ce dont je suis plus convaincu encore, c'est que le Cabinet de Berlin s'abstiendra d'invoquer l'argument de la libre volonté du peuple bulgare. Son autonomie est reconnue, mais non formellement garantie. S'il peut élire un prince de son choix, celui-ci doit ètre confirmé par la Sublime Porte avec l'assentiment des Puissances. En outre le Traité de Berlin lui a prescrit les dispositions, qui forment la base de son droit public avec maintes restrictions. La volonté populaire est donc limitée sur divers points, et mème ne le serait-elle pas, jamais les Gouvernements d'Allemagne et

d'Autriche ne consentiront à proclamer vers le Danube un pnnc1pe qu'ils n'admettent pas pour leurs propres Etats.

Je prie V.E. de m'excuser si j'ai peut-ètre commis quelque méprise en interprétant d'une manière inexacte les télégrammes précités, en suite du Jaconisme dont on ne peut se départir dans ce mode de correspondance.

720 1 T. 318 e T. 321 del 15 maggio, non pubblicati.

721

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL SENATORE DI ROBILANT

L. PERSONALE. Berlino, 16 maggio 1887.

Le temps me paraìt très long depuis que je ne reçois plus de vos nouvelles. Votre neveu en est aussi privé. J'espère que la lettre que je vous ai adressé le 18 avril 1 à Turin via Goito 5, vers la date où vous m'annonciez votre retour d'une course à Naples, vous est parvenue. Je comprends qu'après une rude campagne de 18 mois, vous éprouviez le besoin de reprendre haleine et de vous tenir à l'écart du monde et des affaires politiques. Mais quand vous vous serez retrempé à l'air nata!, j'espère bien que vous vous souviendrez d'un ancien ami qui regrette votre éloignement, quelque momentané qu'il soit, de la Consulta. Qu'il survienne quelque grave complication, on sentira la nécessité de replacer en vos mains la direction des relations extérieures. Vos adversaires eux-mèmes sont déjà forcés de reconnaìtre tout ce que vous avez fait de bien. En voulez-vous une preuve? Deux des nouveaux ministres ont témoigné le désir d'ètre renseignés sur nos stipulations avec les deux Empires. On a décliné de leur permettre de prendre lecture de la correspondance, mais M. Malvano a été chargé de leur remettre un mémoire sur les négociations et le résultat a été que ces messieurs se sont montrés on ne peut plus satisfaits de votre oeuvre et de la manière dont vous avez su servir les intérèts du Pays. Ces détails sont consignés dans le rapport du comte de Goltz. Il me revient aussi que !es français ont dépensé pas mal d'argent pour miner le terrain sous vos pieds, et que

M. de Mouy ne cachait pas sa satisfaction de votre retraite. D'un autre còté, ce sentiment était tempéré par !es vaines tentatives pour faire échouer les négociations avec Berlin et Vienne. Il me résulte aussi, comme vous l'aviez prévu, que les chances de voir confié à Tornielli le portefeuille des affaires étrangères, sont écartées. Et c'est fort heureux. l'incline à croire qu'il désapprouve nos récents accords, en supposant que Iorsque le casus foederis se présenterait l'Italie se regimberait à remplir des obligations contractées en dehors du Parlement. En outre il n'a qu'une médiocre confiance dans nos forces militaires et navales. Avec de telles impressions, l'application éventuelle des traités si elle était subordonnée à son avis, resterait illusoire, et ces traités, pourraient ètre rangés parmi les papiers à maculature.

721 Cfr. n. 670.

Nous sommes enfin venus à but de l'affaire espagnole. Un instant tout a failli échouer, mais j'ai réussi à remettre la barque à flot en rédigeant les notes à échanger entre l'Italie et l'Espagne. Je me suis prévalu de votre projet en élaguant seulement ce qui semblait ici trop accentué. Cette rédaction anodine a été acceptée à Berlin et à Vienne. La combinaison, à prendre ou à laisser, a été soumise à Madrid, et a été acceptée. Les notes ont été échangées le 4 mai. Des copies certifiées en seront remises par nous à Berlin et à Vienne, dans le courant de cette semaine. Et, comme il est déjà convenu, l' Allemagne et l' Autriche donneront par écrit une accession pure et simple. Le texte des communications à cet effet est déjà préparé et approuvé. J'ai travaillé à !es formuler.

Vous voyez que je continue à marcher de mon mieux dans le sens de vos anciennes directions. Je tiens beaucoup sous tous les rapports à maintenir la situation telle que vous l'avez laissée, c'est à dire en bonnes conditions, en sorte que lorsque vous reviendrez au pouvoir vous trouviez que rien n'as été compromis en votre absence. Or votre retour, je n'ai pas besoin de l'ajouter, est vivement désiré ici, on y compte mème pour peu que la situation se rembrunisse au point où l'Italie et l' Allemagne devront serrer davantage !es rangs pour sauvegarder leurs intérèts communs.

Ainsi préparez vous à remonter en selle à la grande satisfaction de tous !es vrais patriotes, et surtout de votre ancien ét tout dévoué ami.

722

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4394. Berlino, 18 maggio 1887 (per. il 22).

Je remercie V.E. de ses télégrammes des 15 1 et 17 mai 2 .

La chancellerie impériale a, de son còté aussi, reçu des nouvelles analogues sur la marche satisfaisante des négociations entre sir Drummond W olff et la Porte au sujet de l'Egypte. On ne met mème plus en doute que la signature de la convention soit imminente. Les influences contraires ne pouvaient se produire que de la part de la France soutenue par la Russie. Or le Cabinet de Paris, après avoir sondé le terrain à Pétersbourg, a eu le sentiment d'ètre délaissé par la Russie qui, pour le moment, ne veut pas se créer des embarras dans une question où l'Angleterre rencontre des dispositions favorables à Berlin, à Vienne et à Rome. V.E. connaìt par mes rapports les fins de non recevoir opposés par le Gouvernement impérial à M. Herbette et plus récemment encore à M. de Lesseps.

722 1 T. 314, non pubblicato. 2 T. 326, non pubblicato.

Dans ces conjonctures, il ne restait à la France d'autre parti à prendre que d'enrayer son mouvement. Au reste elle visait surtout à ce que le Cabinet britannique fixàt un terme à l'évacuation de ses troupes, sauf à reprendre ensuite son ancien jeu de chercher à exercer une influence prépondérante. Il est vrai que l' Angleterre, aux termes du projet d'arrangement, se ménage une grande marge pour conserver la haute main en Egypte.

723

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI

D. 432. Roma, 21 maggio 1887.

Il ministro di Grecia è venuto, oggi, alla Consulta con un telegramma del suo Governo concernente lo stato presente delle cose in Candia.

I deputati cristiani dell'assemblea cretese (questo era noto anche a noi mercè i telegrammi del r. console) hanno redatto e presentato, tanto al governatore generale, quanto al corpo consolare, una memoria con la quale principalmente si chiede che due terzi, invece della sola metà, degli introiti doganali siano esclusivamente assegnati ai bisogni dell'isola. La memoria dichiara che il popolo cretese rifiuterà il pagamento delle imposte fin tanto che la domanda non sia accolta.

Il Governo ellenico si rivolge al R.Governo (e presumo che del pari si sarà rivolto alle altre grandi Potenze) acciò si adoperi, presso la Sublime Porta, per indurla ad ammettere le giuste pretese dei rappresentanti la maggioranza dei cretesi, le quali certo non potrebbero trovare opposizione presso la minoranza. La soddisfazione che fosse data a codesta istanza gioverebbe all'interesse generale della pace, incoraggiando la popolazione a perseverare nel suo savio atteggiamento e ad assecondare così gli sforzi pacifici delle Potenze ed in ispecie della Grecia.

Rispondendo al signor Papparigopulo, non potei dissimulargli come mi paresse assai dubbia la òpportunità della presente iniziativa del suo Governo; né, per verità, saprei altrimenti spiegarmela, dopo le reiterate dichiarazioni degli attuali ministri del re Giorgio, se non con la apprensione che le agitazioni dell'isola abbiano, come altre volte accadde, a ripercuotersi nel regno.

Per quanto poi ci concerne, dissi schiettamente che potevamo bensì continuare, in genere, a porgere alla Sublime Porta, avendone propizia occasione, consigli di moderazione e prudenza, ma non stimavo di poter aderire al presente invito del Gabinetto di Atene. Imperocché, dato pure che in base ai trattati spetti alle Potenze un certo titolo ad ingerirsi per tal guisa nelle cose candi o te (di che è lecito dubitare), certo si susciterebbe, con la nostra intromissione, una questione di legittima suscettibilità; e ciò nel momento appunto in cui ci consta che proposte intese a regolare la materia daziaria in Creta sono state rassegnate alla Sublime Porta dal governatore generale dell'isola. Importa evidentemente lasciare che codeste proposte formino oggetto di libera e spontanea deliberazione da parte del sultano e dei suoi ministri.

Della mia risposta al ministro di Grecia ho voluto porgerle, poco dianzi, un cenno telegrafico che qui confermo 1 .

724

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL CONSOLE A SCUT ARI, TESI

D S.N. Roma, 21 maggio 1887.

Mi è regolarmente pèrvenuto il suo carteggio fino al n. 23 di questa serie.

Ringrazio V.E. per le informazioni favoritemi circa l'attiva propaganda che codesto consolato generale austro-ungarico va facendo fra le popolazioni cattoliche dell'Albania, giovandosi principalmente dell'influenza della missione francescana.

Certo a noi conviene favorire la conservazione, in Albania, dell'idioma italiano e dei rapporti di tradizionale amicizia col nostro Paese.

Se a raggiungere questo scopo la S.V. stimerà di prendere proposte concrete, queste verranno esaminate con cura e col desiderio di poterle accogliere. Però noi vogliamo soprattutto evitare che l'azione nostra possa mai trovarsi od apparire in contatto con quella dell'Austria-Ungheria, e perciò esorto vivamente V.E. ad uniformare la condotta a questo concetto direttivo della nostra politica in codesta provincia.

725

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 23. Costantinopoli, 21 maggio 1887 (per. il 26).

Il desiderio, che sir H. Drummond Wolff non mi aveva dissimulato (vedi mio rapporto 12 aprile) 1 , di ottenere che alcune intelligenze colla Francia facilitassero la conclusione e l'esecuzione dell'accordo anglo-turco, non era punto diviso, come riferii, da sir W. White, e neppure lo era, credo, dagli ambasciatori di Germania e d'Austria-Ungheria. Quei tre miei colleghi mi sembravano convinti che, se la questione di Massaua poteva, senza pregiudizio delle esigenze della nostra situazione militare, cessare di essere ostacolo ad una vera intelligenza tra l'Italia, l'Inghilterra e la Porta, complemento delle nostre alleanze, un tal fatto, nelle urgenti circostanze presenti, poteva essere di grande conseguenza per il successo della comune opera di

pace e di conservazione in Oriente, come accennava anche l'ossequiato dispaccio dell'E.V. n. 14 p.s. 2 .

Il nostro conflitto coll'Abissinia avendoci impedito di accettare un negoziato, fosse pur soltanto preliminare, colla Porta e coll'Inghilterra per una futura ed identica soluzione delle questioni di Massaua e d'Egitto, rimaneva la speranza che, ciononostante, l'Inghilterra avesse stimato non necessario di venire colla Francia a patti non del tutto a noi profittevoli, per ottenerne l'adesione anticipata ai progettati accordi anglo-turchi. Ma prevalse invece a Londra, come ora risulta, il concetto della necessità di un appoggio della Francia, in ricambio del quale l'Inghilterra consentì alla Francia la nota delimitazione di confini dalla baia di Tagiura all'Harrar, lo scioglimento ora assicurato, a quanto mi dice sir H. Drummond Wolff, della questione delle Ebridi, e la formale introduzione, che risulterà a suo tempo alle Camere francesi, del Governo della Repubblica nel negoziato anglo-turco per lo sgombro, la cui data, dietro domanda fatta dal signor Waddington a lord Salisbury il 4 corrente, fu ridotta a tre anni.

Il voltafaccia della politica francese si accentuò qui in modo alquanto strano. Secondo il linguaggio tenuto dal conte di Florian e dal signor Joubert, venuto a negoziare l'eventuale acquisto delle ferrovie Hirsch -linguaggio che fu ripetuto da sir H. Drummond Wolff, non solo a me, ma col mio collega d'Austria-Ungheria, e riferito, come è naturale, a Vienna ed a Berlino -la Francia intenderebbe dare alla Germania il solo pegno delle sue intenzioni pacifiche attualmente possibile, poiché non puossi trattare la questione dell'Alsazia-Lorena; sarebbe disposta, cioè, a provare le sue disposizioni concilianti, all'Inghilterra per l'Egitto, all'Italia per altro oggetto da determinare, affinché le due Potenze si facciano sue intermediarie per facilitare l'adesione della Francia alla politica delle Potenze centrali contro la politica russa in Oriente. Il mio collega d'Inghilterra è stato, credo, dispiaciuto che sir H. Drummond Wolff abbia giudicato degne di menzione simili effusioni di persone irresponsabili.

Intanto Riza pascià, il rappresentante intimo in palazzo delle opposizioni all'accordo anglo-turco, cadeva in disgrazia e mentreché il sultano aveva già da più giorni presso di sé il progetto di convenzione anglo-turco sull'Egitto, vennero ancora tra la Porta e sir H. Drummond Wolff concertate, a piena notizia e soddisfazione del signor de Florian, modificazioni al testo relativo al ritiro degli ufficiali inglesi a capo a cinque anni, essendosi voluto chiarire che il Khédive conservava il pieno suo diritto anteriore d'impiegare, dopo quel termine, nel suo esercito anche ufficiali stranieri. Furono inoltre arrecate alcune modificazioni di forma alla nota nella quale è dichiarato dal Governo inglese che la mancanza dell'adesione di qualcuna delle Grandi Potenze all'accordo sarà considerata costituire il pericolo esterno che può dar luogo alla continuazione dell'occupazione.

Oramai ogni negoziato è chiuso. Si suppone che la decisione del sultano non possa tardare al di là di pochi giorni.

I sintomi di riavvicinamento tra l'Inghilterra e la Francia meritano di essere tenuti in conto, in vista di quei negoziati tra Grandi Potenze, e di quel lavorio interno, in Egitto, ai quali darà luogo la conclusione dell'accordo anglo-turco; e ciò tanto più in quanto che, mentre la Francia si dimostra conciliante, non solo verso

l'Inghilterra in Egitto, ma verso noi stessi nel Mar Rosso, come scorgo dai documenti ministeriali, le influenze russe qui continuano a mostrarsi intransigenti contro l'accordo anglo-turco, che fanno apparire inaccettabile dalla Russia, e contro il blocco di Massaua, che lo stesso signor de Nelidov disse privatamente non potere, a parer suo, essere riconosciuto dalla Porta.

Notizie officiose comunicate ai giornali di Costantinopoli recano perfino, ignoro con quale fondamento, che la Russia avrebbe rifiutato di riconoscere il blocco di Massaua (vedi annesso) 3 .

La Porta non nasconde la propria soddisfazione per la risposta dei quattro ambasciatori da essa consultati circa la praticabilità della proposta russa per la nomina di un luogotenente principesco in Bulgaria. Essa ritorna ora al pensiero di emanare la circolare già preparata per invitare le Grandi Potenze ad esprimere il loro parere sui mezzi pratici di sciogliere le difficoltà in Bulgaria 4 .

723 1 T. 343, non pubblicato. 725 1 Cfr. n. 658 nota 2.

725 2 Cfr. 689.

726

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 646. Costantinopoli, 22 maggio 1887, ore 11 (per. ore 11,05).

L'iradé impérial approuvant la convention avec l'Angleterre sur l'Egypte, vient d'ètre envoyé à la Porte. La convention et ses annexes vont ètre signés. La circulaire longtemps suspendue de la Porte aux Grandes Puissances sur les affaires de Bulgarie va ètre expediée.

727

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4397. Berlino, 22 maggio 1887 (per. il 26).

A son retour de Paris, l'ambassadeur de France m'a fait visite. Il se montrait satisfait que l'incident Schnaebelé fùt aplani. Cet incident aurait été envénimé par la polémique de la presse en deça et au delà du Rhin. D'un còté, on avait dépassé toute mesure dans les attaques; d'un autre còté les français pensaient que l' Allemagne allai t entrer en campagne. Il a contribué de so n mieux à modifier ces appréciations. «Nos voisins, disait-il, ne prendront pas l'initiative d'une guerre,

725 3 Non rinvenuto in allegato al rapporto. 4 Per la risposta cfr. n. 737.

mais ils la feraient avec plaisir s'ils étaient provoqués». Ils se sentent prets à en affronter les chances. Ils croient à leur supériorité.

M. Herbette se félicitait aussi que le mandat de former un Cabinet eùt été confié à M. de Freycinet. Celui-ci saurait le composer d'éléments propres à rallier une majorité dans la Chambre. Ni lui, ni le président de la République, ne sont favorables au général Boulanger, et tout porte à supposer que l'ancien ministre de la guerre ne figurera pas dans la nouvelle administration. Il est par trop compromettant. Comme le disait M. Ferry, il était en train de devenir un Deroulède botté et éperonné.

Mais ce que M. Herbette ne prévoyait pas, c'est que 24 heures plus tard, M. de Freycinet devait échouer dans sa tàche. C'est cependant un grand charmeur, habile à tout apaiser, à tout assoupir momentanément, en pratiquant le système qui consiste à rendre la main au chevaux de l'Etat. Mais il semble que la décomposition des partis a fait trop de progrès pour lui permettre, dans la phase actuelle, de rentrer au pouvoir. Il y aurait M. Ferry, presque le seui des hommes d'Etat de la République, qui ait montré une certaine persévérance de volonté, le seui qui puisse foumir un ministère à poigne. Mais il ne serait pas encore redevenu possible à cause de ses essais malheureux de politique coloniale au Tonkin. En attendant, le Gouvemement glisse toujours plus sur la pente du radicalisme. On pourrait admettre que cette situation ne nuit pas directement au maintien de la paix, car partout à l'étranger, et meme chez les panslavistes de Moscou et de Pétersbourg, on ne saurait etre tenté de lier partie avec un pays qui offre si peu de garanties sérieuses. D'autre part, il est à craindre que le mal à l'intérieur arrive au point où l'on cherche pour sortir d'embarras inextricables, une diversion à l'étranger. Quoiqu'il en soit, on envisage ici les choses avec le calme que donne la force. Sauf deux joumaux, la Post et la Kreuz-Zeitung, écrivant de leur propre estoc des articles acrimonieux, la presse se tient sur un sage réserve. Le Cabinet de Berlin lui aussi observe la meme attitude. Il a prouvé par sa conduite dans l'affaire Schnaebelé une rare condescendance, lors meme qu'elle soit de nature à encourager les provocations des intransigeants en France, comme en Russie.

J'ai l'honneur de remercier V.E. de son télégramme du 19 mai 1 sur la crise ministérielle en France. Dans ses confidences à notre ambassadeur, M. de Flourens ne faisat pas mystère que l'existance du Cabinet était devenue impossible en suite des allures du ministre de la guerre. Ce ministre des affaires étrangères voulait sans doute par là faire, entre autre, allusion à la pression que le général Boulanger lors de l'incident Schnaebelé voulait exercer sur le Gouvemement pour l'autoriser à faire marcher vers la frontière de l'Alsace-Lorraine cinquante mille hommes. M. Goblet semblait déjà gagné à cette idée, dont la réalisation aurait amené la guerre. Mais M. Flourens s'est vivement opposé à cet acte de folie. Dans ces conditions, il va de soi que si le général Boulanger conservait son portefeuille, ce serait profondément regrettable pour le maintien de la paix. Quant à sa capacité, elle est fort contestée ici dans les cercles militaires. Avec sa manie de vouloir tout réformer, il n'aboutira qu'à la désorganisation sans créer rien de stable, et sous ce rapport on se prend à désirer qu'il continue son oeuvre.

Le comte de Miinster mande que le général Saussier, govemeur militaire de Paris, en suite d'une interpellation qui lui était adressé par le président de la République, a répondu qu'il se faisait fort de maintenir la tranquillité dans la capitale.

727 1 T. 337, non pubblicato.

728

IL CONSOLE A MALTA, LAMBERTENGHI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 654. Malta, 23 maggio 1887, ore 15,15 (per. ore 21).

Trasmetto a V.E. telegramma cifrato pervenutomi oggi, console Tripoli: «Je ne doute pas qu'il doit y avoir un accord entre la France et la Turquie, car on ne pourrait pas autrement expliquer la délimitation de la nouvelle frontière entre la Tunisie et la Tripolitaine. S ... Tl, Gemila et Uamia se trouvent dans la Tripolitaine ainsi que Uazzan Kassar, mentionnés dans le télégramme du jour 13 du journal Popolo Romano; ce dernier point est très-près de Nalut dans le Gibel Nafusa, de sorte que la ligne frontière serait déplacée du sud dans la Tripolitaine, de 30 milles géographiques sans compter que le lac de Biban appartiendrait à la Tunisie. Dans l'entrevue que j'ai eu ce matin avec le pacha, il m'a fait entrevoir que ces limites seraient conformes à la susdite nouvelle. L'occupation militaire de ces points serait très prochaine. Le général Gillon a fait une excursion jusqu'à Gemila avec le général Allegro et deux officiers du génie; ils sont repartis pour Tunis».

729

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 354. Roma, 23 maggio 1887, ore 18,30.

L'ambassadeur de Turquie est venu avec une circulaire de son Gouvernement concernant l'affaire bulgare. Après avoir succintement rappelé les efforts de la Sublime Porte pour la formation en Bulgarie d'un Gouvernement qui, donnant une juste participation à tous les partis, pùt ètre reconnu par toutes les Puissances, le ministre ottoman des affaires étrangères, conclut ai n si: «En expo san t à la juste appréciation du Gouvernement, auprès duquel vous ètes accredité, l'état exceptionnel de la question bulgare, que je viens de vous esquisser, et qui touche intimement à la paix générale, je vous prie d'attirer sa bienveillante et sérieuse attention sur la nécessité d'un échange d'idées mutuel entre les Grandes Puissances sur un modus procedendi propre à écarter les difficultés de la situation actuelle de la Principauté, et à presenter à l'élection de la population bulgare un ou deux candidats pour le poste princier, afin de satisfaire aux demandes que le Gouvernement provisoire ne cesse de nous faire à cet égard». L'ambassadeur ayant demandé une réponse pour la transmettre à son Gouvernement, je lui ai dit, que nous allions immédiatement nous mettre là-dessus en communication avec les autres Grandes Puissances.

728 1 Gruppo indecifrato. Si tratta con tutta probabilità di Sidi Said, citata al n. 735.

730

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI

D. 434. Roma, 24 maggio 1887.

È tornato oggi alla Consulta il ministro di Grecia con un terzo telegramma del suo Governo relativo alle cose di Candia.

Il signor Condouriotis riferisce al suo Governo che, in seguito alle sue istruzioni, aveva, tanto col ministro ottomano degli affari esteri, quanto con gli ambasciatori, dimostrato l'utilità che fossero accolte le domande cretesi; che gli ambasciatori avevano dato alla Sublime Porta consigli in questo senso; che Said pascià stesso non nascondeva tale essere la sua personale opinione, contrastata da quella del sultano e del gran vizir. In conclusione, il ministro ellenico pensava che la Sublime Porta cederebbe se gli ambasciatori avessero istruzione più energica d'appoggiare la causa cretese.

Il signor Papparigopulo rinnovava, quindi, caldamente le sue istanze acciò io mi inducessi a porgere codesta istruzione al r. ambasciatore a Costantinopoli.

Dissi al ministro di Grecia che apprezzavo la preoccupazione del suo Governo per il mantenimento della tranquillità in Candia, che non erano mai mancate opportune esortazioni da parte del r. ambasciatore quante volte avevano potuto giovare alla conservazione della pace in Oriente; ma che, rispetto al caso presente, io non potevo rimovermi dal divisamento già espresso.

Ho riassunto quanto precede in un telegramma che qui confermo 1 .

731

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 26. Costantinopoli, 24 maggio 1887 (per. il 29).

Sabato sera, 21 corrente, il gran vizir, d'ordine del sultano, fece avvertire l'ambasciatore d'Inghilterra che S.M. Imperiale preoccupandosi dei fatti di Creta, desiderava che il Governo britannico inviasse istruzioni ai suoi agenti nell'isola perché facessero intendere come le domande dei deputati cristiani non potrebbero a meno di venir sfavorevolmente pregiudicate da qualsiasi dimostrazione rivoluzionaria dei cretesi o da qualsiasi tendenza a ricorrere all'ingerenza dei rappresentanti delle Potenze. Il mio collega d'Inghilterra ha dato telegraficamente notizie al proprio Governo del desiderio del sultano.

Tali sono le disposizioni, che incontra qui la Grecia nell'atto che si accinge a fare quei passi, come V.E. si compiacque telegrafarmi 1 , nel senso d'impegnare le Potenze ad agire presso la Porta, perché accolga le domande dei deputati cristiani.

Interrogato sulle disposizioni della Porta verso le domande dei deputati cristiani, il gran vizir disse, che queste verranno esaminate; ma che non si ritiene possibile, né di abbandonare l'azienda delle dogane dell'isola, unico legame che rimane fra la amministrazione locale ed il Governo imperiale, né di accordare che la semplice maggioranza nell'assemblea basti, invece dei due terzi dei voti, nelle votazioni che importano ai diritti della minoranza musulmana.

Fu ventilato da qualche diplomatico il suggerimento che la Porta invitasse una delegazione dell'assemblea cretese a recarsi a Costantinopoli per trattare le quistioni sollevate nell'assemblea stessa; ma i ministri del sultano rifuggono da simili trattative dirette che impegnerebbero troppo le loro personali responsabilità verso il sultano e diventerebbero troppo facili pretesti d'intrighi per i loro nemici al palazzo.

730 1 T. 358, non pubblicato.

732

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 675. Pera, 25 maggio 1887, ore 11,/5 (per. ore 7 del 26).

Je sais par mes collègues d'Angleterre et d'Autriche, que Coundouriotis ne leur a pas plus parlé, aussi qu'à moi, de démarches à faire auprès de la Porte. Ils ignorent s'il en a parlè aux ambassadeurs de France et de Russie. Ambassadeur d'Angleterre, averti il y a quelques mois, par son Gouvernement, que l'amiral Marquessac avait laissé en Crète des germes de complications, avait cherché à savoir de la Porte, quelles mesures elle pourrait prendre, pour òter aux crétois tout prétexte d'agitation. J'ai informé avant-hier V.E. 1 du résultat nègatif de ces investigations. Grand-vizir est convaincu qu'il y a accord entre la France et la Grèce, pour un protectorat français, comme acheminement à la réunion de la Crète à la Grèce. Mes collègues d'Angleterre et d'Autriche me disent que surtout après que la Grèce a pris initiative d'un appel à l'ingérence de l'Europe, ils éviteront de donner à la Porte des conseils, qui pourraient ètre exploités, par ceux qui veulent grossir !es difficultés et ils supposent que !es Puissances pourraient bien avertir sérieusement la Grèce, dont dépend tranquillité des chrétiens crétois et qui, par ses démarches, tend à soulever une complication européenne.

731 1 T. 353 del 23 maggio. non pubblicato. 732 1 T. 652. non pubblicato.

733

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS 1

R. 4399. Berlino, 25 maggio 1887 (per. il 29).

Par son télégramme du 23 mai au soir2 , V.E. me communique en substance une circulaire de la Sublime Porte ayant pour objet de soumettre à l'appréciation des Puissances la situation actuelle de la question bulgare, et d'appeler leur bienveillante et sérieuse attention sur la nécessité d'un échange d'idées en vue de trouver le moyen d'écarter les difficultés. La Porte invite les Puissances à désigner aux bulgares un ou deux candidats au tròne, afin de tenir compte des demandes incessantes de la Régence.

Vous me faites connaìtre votre réponse provisoire à Photiades pacha, et vous désiriez en mème temps ètre au plus tòt possible renseigné sur Jes intentions du Cabinet auprès du quel je suis accrédité.

A cet effet, je me suis rendu hier chez le sous-secrétaire d'Etat. Il m'a dit que le document dont il s'agit lui était parvenu dans la matinée et qu'après y avoir été autorisé par le chancelier, il répondrait verbalement à Tevfick-bey, comme V.E. J'avait déjà fait, dans un sens dilatoire, en ajoutant toutefois le conseil que le Gouvernement turc cherche à s'entendre préalablement avec la Russie.

Le comte de Berchem avait le sentiment qu'en présence de I'attitude bien connue du Cabinet de Saint-Pétersbourg, cette nouvelle démarche n'aboutirait à aucun résultat pratique. Le Cabinet de Berlin, en ce qui le concerne, vise à ne pas se départir d'une ligne de conduite aussi réservée que possible.

*Je me réfère à mon télégramme du 24 mai 0 . Je me permettais à ce propos d'émettre l'avis que pour nous la meilleure voie à suivre serait celle de nous concerter tout d'abord avec J'Angleterre. Je partage du reste entièrement J'opinion du comte de Berchem qu'il n'y avait pas lieu de s'attendre à un résultat pratique de l'échange d'idées suggéré de Constantinople. Il est évident, quoiqu'il se soit abstenu de s'expliquer avec quelques détails, que la Russie opposera des fins de non recevoir tant qu'il n'aura pas été fait table rase de la Régence, du Ministère et de la Sobranjé. Il faut avant-tout que le peuple bulgare se rende à discrétion, qu'aux yeux de I'Europe il passe pour avoir été maté par J'omnipotence russe. Quand les pouvoirs établis auront été renversés comme des capucins de cartes, on daignera alors s'occuper serieusement, à Pétersbourg, d'une candidature princière. En attendant on affecte de se retrancher derrière le Traité de Berlin, comme s'il ne fallai t pas tenir compte des événements de ces deux dernières années. *

2 Cfr. n. 729.

1 T. 666. non pubblicato.

733 1 Ed. con l'omissione del brano tra asterischi in LV 69, p. 111.

734

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE

T. 370. Roma, 26 maggio 1887, ore 18,45.

L'ambassadeur d'Autriche-Hongrie m'a fait part confidentiellement de la réponse que le Gouvernement à faite envers les démarches de la paix pour l'affaire crétoise. Le comte Kalnoky dit que le représentant impérial et royal auprès de la Porte, est autorisé, en général, à donner des conseils de modération et d'apaisement, mais qu'une intervention de sa part, dans la présente circonstance, serait d'autant plus inadmissible qu'il s'agit d'une question intérieure dans laquelle, au surplus, la raison est du còté de la Turquie. Le comte Kalnoky ajoute que l'initiative de la Grèce est inopportune, parce qu'elle peut créer des défiances à Constantinople et des fausses espérances en Candie.

735

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA E PARIGI E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI

D. Roma, 26 maggio 1887.

Il r. console a T ripoli afferma 1 essere intervenuto un accordo fra la Francia e la Turchia per la delimitazione della frontiera fra la Tunisia e la Tripolitania.

La nuova linea di frontiera sarebbe portata a 30 miglia geografiche verso il sud, ed includerebbe Sidi Said, Gemila, Uania e Uezzan Kassar, vicino a Nalut, nel Gibel Nafura, località appartenenti alla Tripolitania, e così pure il lago di Biban sarebbe incluso nella Tunisia. L'occupazione militare di questi punti sarebbe prossima. Il generale Gillon venne recentemente fino a Gemila, col generale Allegro e due ufficiali del genio; ripartirono quindi per Tunisi.

Il governatore, in una sua conversazione col r. console, avrebbe lasciato intendere che la notizia dell'accordo, nei limiti sovrindicati, era esatta.

Queste notizie, qualora si confermassero, avrebbero particolare importanza, sopratutto come implicanti, da parte della Turchia, un riconoscimento del fatto compiuto in Tunisia.

735 1 Cfr. n. 728.

736

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. S.N. Roma, 27 maggio 1887, ore 23,30.

L'accord italo-espagnol avec accession subséquente de l'Allemagne et de l'Autriche-Hongrie étant maintenant un fait accompli, je pense que le moment est venu d'examiner s'il nous convient, et sous quelle forme, d'en donner connaissance à l' Angleterre. J'ai, pour ce qui concerne l'Italie, le sentiment qu'une communication est absolument indispensable, comme étant le seui moyen de constater l'identité de l'esprit qui a présidé à notre double entente avec l'Angleterre et avec l'Espagne au sujet des affaires de la Méditerranée, et de nous éviter, le cas échéant, le reproche d'avoir pris, sur le mème sujet, des engagements n'ayant pas mutuellement une colncidence absolue. C'est, d'abord, à Berlin que je désire demander s'il n'y a pas d'objection; après quoi, et après que de Berlin on aura demandé l'avis de Vienne, je demanderais à mon tour, le nihil obstat de Madrid. Votre télégramme du 19 avril 1 mentionnait le scrupule du prince Bismarck en vu d'une accession formale et anticipée de la part de l'Angleterre. Il ne s'agit maintenant que de donner avis à Londres du fait accompli. Probablement !es mèmes difficultés n'existent plus aux yeux de Son Altesse à l'avis de laquelle je déclare, d'ailleurs, ètre prèt à me ranger quel qu'il soit 2•

737

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. 40. Roma, 27 maggio 1887.

Segno ricevuta e ringrazio l'E. V. pel suo rapporto in data del 21 corrente\ relativo ai negoziati per l'accordo anglo-turco.

V.E. mi riferisce, tra le altre cose, l'opinione espressa dei suoi colleghi d'Inghilterra, Austria-Ungheria e Germania circa il nesso esistente tra la questione di Massaua e la questione egiziana, e lo spostamento delle alleanze che ha potuto derivare dalla mancata congiunzione dei due negoziati.

Per verità, non mi riesce facile lo ammettere che il non aver noi accettato per Massaua un negoziato simultaneo con quello che seguiva per lo sgombro dell'Egitto fra l'Inghilterra e la Turchia, abbia, col porre ostacolo ad una più intima intelligenza tra l'Italia, l'Inghilterra e la Porta, avuto per conseguenza di costringere l'Inghilterra a cercare, per riescire nel suo negoziato colla Porta, l'appoggio della Francia ed a farle concessioni verso il Mar Rosso, nella questione delle Ebridi, e nella stessa questione egiziana mercé la ammissione della Francia all'ultima parte del negoziato, quella relativa alla data dello sgombro.

Non può certo ignorarsi, a Costantinopoli -ed in ogni caso l'opera dell'E.V. varrà a rimovere ogni dubbio -che, se fummo e siamo restii a contrarre, per Massaua, impegni che ci vincolerebbero mentre appunto esigenze imperiose d'ordine militare ci fanno desiderare piena libertà d'azione. la nostra astensione nulla implica che sia meno amichevole verso la Turchia, con la quale desideriamo invece mantenere e rassodare i più cordiali rapporti. La nostra occupazione a Massaua non può quindi essere punto impedimento a che la Turchia si accosti al gruppo anglo-centrale. Né, d'altra parte, ci consta che l'Inghilterra abbia dovuto fare cotante concessioni alla Francia, fino al punto di ammettere il suo intervento nel negoziato affidato a sir Drummond Wolff, acciò questo negoziato potesse avere esito favorevole.

Sta invece, anche secondo le nostre informazioni, un mutamento d'atteggiamento, da parte della Francia, non tanto in genere verso l'Inghilterra, come V.E. propende a credere, quanto rispetto alla questione egiziana in ispecie, dovendosi, secondo i rapporti del r. agente in Egitto, argomentare che nella nuova fase iniziata collo sgombro delle forze militari inglesi, pattuito nell'attuale convenzione, la Francia miri a riconquistare nel vicereame una parte almeno della sua antica influenza.

Aggiungo un'altra osservazione. La notizia pubblicata dai giornali di Costantinopoli, che la Russia abbia rifiutato di riconoscere il blocco di Massaua è del tutto inesatta. V.E. l'ha potuto scorgere dal documento diplomatico n. 778, serie XXIII 2 .

736 1 Cfr. n. 671. 2 Per la risposta cfr. n. 743. 737 1 Cfr. n. 725.

738

IL MINISTRO A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 27. Madrid, 27 maggio 1887 (per. il 1° giugno).

Avant'ieri il signor Moret mi mandò ad avvertire che sarebbe passato da me, avendo qualche cosa di urgente a chiedermi. Infatti, poco dopo io ebbi l'onore di rassegnare per telegrafo alla E.V. 1 essere egli venuto a espormi che, nel caso la

convenzione tra la Gran Bretagna e la Turchia fosse sottomessa alle Potenze mediterranee, il Governo della regina bramerebbe invocare i buoni uffici dell'Italia, affinché la Spagna non venisse lasciata in disparte.

Nel portare quanto precede a conoscimento dell'E.V., mi feci ardito di raccomandare la favorevole accoglienza del desiderio statomi espresso con molta insistenza, parendomi esso assai fondato. Permettendocelo le relazioni di cordiale amicizia esistenti fra i nostri due Paesi, la Spagna ci sarebbe oltre modo gradita di appoggiare in questo le sue aspirazioni presso le altre Potenze.

Invero, l'Italia ha oggi davanti a sé a Madrid una rilevante posizione, cui non dipende che da essa sola dare, ogni giorno di più, ampio e proficuo sviluppo. I cambiamenti avvenuti nella politica europea hanno prodotto uno spostamento d'influenza a nostro benefizio. La Francia, per la propaganda repubblicana, che la sua vicinanza rende inevitabile in un Paese come la Spagna, è contemplata con un sospetto, reso ancora più sensibile dalla rivalità coloniale che fra loro esiste nel punto dell'Africa, ove il Governo della regina è più geloso dei suoi diritti e della sua supremazia. L'Inghilterra, eziandio, per molte cause non possiede più qui la preponderanza, che una volta aveva, e le rimanenti Grandi Potenze hanno obbiettivi troppo lontani e dissimili da quelli di questa penisola, per potere avere per la medesima quel peso che unicamente crea una vera comunanza di interessi.

Fu dunque di sommo compiacimento per me il ricevere istruzione col telegramma di ieri 2 di far conoscere al signor Moret, che, sebbene finora si ignorino le vedute della Gran Bretagna, circa la convenzione da questa conchiusa colla Turchia per gli affari d'Egitto, il Governo del re porrà con piacere nella presente circostanza i propri servigi a disposizione della Spagna, per procurare di corrispondere ai desideri di essa.

Non ho bisogno di dire con quanta soddisfazione il signor Moret abbia da me ricevuto siffatta comunicazione, per la quale egli mi incaricò di porgere all'E.V. i suoi più vivi ringraziamenti, secondo quanto m'affrettai telegrafarle poc'anzi 3 , informandola, pur anche, che questo signor ministro di Stato aveva per mezzo del rappresentante d'Inghilterra a Madrid cercato rendersi propizio il terreno a Londra 4•

737 2 R. 331 del 5 maggio dell'ambasciatore a Pietroburgo, non pubblicato. 738 1 T. 673 del 25 maggio, non pubblicato.

739

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

D. 305. Roma, 28 maggio 1887.

Debbo richiamare, in particolar modo, l'attenzione di V.E. sopra l'acchiuso rapporto del r. ambasciatore in Costantinopoli 1 e segnatamente sopra la parte del

3 T. 689, non pubblicato.

4 Per la risposta cfr. n. 748. 739 1 Cfr. n. 725.

691 rapporto stesso che si riferisce al ravv1cmamento avvenuto tra l'Inghilterra e la Francia nell'ultima fase del negoziato per lo sgombro dell'Egitto.

Gioverebbe che V.E. volesse indagare la precisa realtà del fatto. lmperocché, se veramente il ravvicinamento ha avuto luogo nella forma indicata dal barone Blanc, non si tratterebbe solo di cosa avente interesse retrospettivo, ma altresì di un elemento importante per lo svolgimento ulteriore della questione egiziana.

738 2 T. 365, non pubblicato.

740

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. 41. Roma, 29 maggio 1887.

Oramai abbiamo notizia abbastanza precisa dell'atteggiamento delle singole Potenze di fronte alla recente circolare ottomana per la questione bulgara.

Stanno in un contegno di riserbo e di aspettazione, -insieme con l'Italia, -l'Inghilterra, la Germania e la Francia. Hanno invece manifestato, in modo abbastanza chiaro, i loro intendimenti due Gabinetti soltanto: il Gabinetto di Vienna, ed il Gabinetto di Pietroburgo. Mi riferisco ai telegrammi che, sopra questo proposito, le diressi, a poche ore di distanza, nel giorno 26 di questo mese 1 .

Il Gabinetto di Pietroburgo, rispondendo alla circolare ottomana, ha dichiarato che il signor N elido v riceverebbe istruzione di rinnovare le precedenti considerazioni; che, cioè, anzitutto conviene eliminare l'attuale Reggenza in Bulgaria; dopo di che si potrà entrare in negoziati per definire, prima la questione della nomina d'un reggente, ed indi quella della candidatura principesca.

Il Gabinetto di Vienna, invece, dopo di avere riconosciuto che il contegno della Sublime Porta fu, rispetto alle cose di Bulgaria, costantemente leale e corretto, non esita a dichiarare che l'insediamento di un principe, al più presto possibile, sarebbe il miglior modo di giungere ad una soluzione. Il Gabinetto imperiale e reale è disposto a concorrere, per tale scopo, ad uno scambio di idee tra le Potenze, essendo suo convincimento che lo stabilire in Bulgaria uno stato di cose durevole, e conforme a trattati, è cosa desiderabile pel mantenimento della pace e della tranquillità in Oriente.

Non ho mestieri di rilevare quanto appariscano divergenti, per lo meno dal punto di vista delle intenzioni rispettive, i concetti dell'uno e dell'altro Gabinetto.

740 1 T. 364 e T. 369, non pubblicati.

741

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4405. Berlino, 31 maggio 1887 (per. il 7 giugno).

J'ai l'honneur de remercier V.E. de ses dépèches n. 2441 1 et 2444 2 des 26 et 27 mai sur un accord qui serait intervenu entre la France et la Turquie pour la délimitation de la frontière entre la Tunisie et la Tripolitaine.

Il m'a paru opportun d'en parler aujourd'hui avec le secrétaire d'Etat. Si les nouvelles qui nous parviennent à ce sujet sont exactes, elles prouveraient en effet, comme vous en faites la juste remarque, une grande condescendance du sultan, de mème qu'un changement bien surprenant de sa part dans l'attitude que Sa Majesté Impériale avait gardée jusqu'ici en présence des faits accomplis en Tunisie. Mais le comte de Bismarck me disait que ces renseignements ne s'accordaient pas avec les derniers rapports reçus ici de Constantinople. M. de Radowitz mande que dans un récent entretien avec le grand-vizir, le comte de Montebello ayant critiqué avec vivacité la convention signée entre la Turquie et l' Angleterre relativement à l'Egypte, Kiamil pacha laissait entendre à cet ambassadeur que la Sublime Porte serait disposée à prendre des arrangements semblables avec la France à propos de Tunis. Ce serait bien là une preuve qu'à Constantinople on ne reconnaìt pas le protectorat français sur cette Régence. Ce n'est certes pas l'ltalie, ai-je fait observer, qui verrait de mauvais oeil que les choses fussent ainsi envisagées par le sultan, et qu'il se maintìnt dans ces dispositions. Mais il se pourrait aussi que pour affaiblir l'impression pénible causée à Paris par certaines clauses de la convention sur l'Egypte, la Porte se fùt prètée à quelques concessions vers la Tripolitaine.

· C'est pour là un point important à éclaircir davantage. Les agissements de la France à l'ouest et à l'est de l' Algérie demontrent assez qu'elle vise à s'étendre toujours plus sur les territoires nord-africains, et que ce mouvement d'expansion continuera tant qu'il ne sera pas contenu par une énergique résistance. Ce qu'elle n'ose annexer en bloc, elle se l'accapare en détail et par étapes. La Turquie et le Maroc sont aux avant-postes et c'est à eux qu'il appartiendrait en prèmière ligne de mettre le ho là, et à défaut de leur concours l'Italie et l' Angleterre, sans parler de l'Espagne, sont aussi intéressées au maintien du statu quo, à ce que «la còte nord de l' Afrique reste dans l es mèmes mains qu'à présent». Il serait donc indiqué, le cas échéant, de le rappeler à Londres, en vue d'une coopération éventuelle dans ce but.

741 Cfr. n. 735. 2 Non pubblicato.

742

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 31. Costantinopoli, 31 maggio 1887 (per. il 4 giugno).

Ho l'onore di segnare ricevuta all'E.V. dei dispacci di serie politica sino al n. 35 del 24 di questo mese, al quale risponde specialmente il presente.

Il rammarico della Porta dell'essersi da noi declinato di trattare di Massaua in occasione dei negoziati anglo-turchi sull'Egitto sarebbe difficile a comprendersi, come accenna l'E.V., se non ci fosse stato fatto altro suggerimento di quello riferito dal barone Galvagna, il quale avrebbe resa definitiva la nostra posizione a Massaua, mercé il pagamento del tributo capitalizzato.

Ma di tale suggerimento, inaccettabile sotto ogni riguardo, non ebbi mai ad occuparmi, non essendosene fatta parola a me, di che, confesso, mi compiacqui; e non dubito che la nostra assoluta riserva di non impegnarci di più a Massaua sia qui cosa gradita. Quel che fu per la Porta argomento di rammarico, diviso, a quanto mi risulta, da sir W. White e da sir H. Drummond Wolff, e forse da qualche altro mio collega, è che non si sia potuto accogliere il suggerimento fatto a me dalla Porta e dal negoziatore inglese, e tratteggiato a lungo nel mio rapporto n. 6 dell2 aprile scorso 1 , suggerimento la cui accettazione, lasciando libere le operazioni militari opportune contro l'Abissinia, avrebbe ridotto i nostri oneri per Massaua almeno nella stessa proporzione in cui vengono dalla convenzione anglo-turca ridotti gli oneri dell'Inghilterra per l'Egitto.

È bensì vero che, se si volesse considerare come, non solo non solidali, ma neppur parallele le occupazioni e dell'Inghilterra in Egitto e dell'Italia in Massaua ~ se quest'ultima fosse, come la si considera a Parigi, l'appropriazione, per parte dell'Italia, d'un progetto francese di rientrare in Egitto per il Sudan per stabilire il controllo in tre; oppure se l'impresa di Massaua non fosse che la estensione della semplice impresa coloniale incominciata ad Assab, ~in tali casi sarebbe assai dubbio che l'Italia avesse a Massaua interesse a vincolarsi per tale territorio, anche nella misura ristretta dei legami che evidentemente rimarranno fra l'Inghilterra e l'Egitto.

Ma, come cercai di porre in chiaro nel mio rapporto del 12 aprile, la simultaneità e la conformità di accordi fra l'Italia, l'Inghilterra e la Porta, per l'Egitto e per Massaua, considerata come parte integrante dell'Egitto, erano destinate ad inaugurare una comunanza di efficaci intelligenze politiche, a rimediare gradatamente al rifiuto d'intervento a due, fatto dall'Italia nel 1882, ed a preparare la possibilità di esplicite cooperazioni o di dirette guarentigie reciproche dell'Italia e dell'Inghilterra per l'intero Egitto.

E così il rammarico della Porta e dei predetti miei colleghi si riferisce a quel che si considera un rifiuto nostro, non solo di esaminare anche in via preliminare l'idea di dare alla Porta, per Massaua, le assicurazionni datele dall'Inghilterra per il rimanente dell'Egitto, ma altresì di affermare sin d'ora una solidarietà fra le tre Potenze sul complesso della duplice questione 2 .

742 1 Cfr. n. 658, nota 2. 2 Per la risposta cfr. n. 755.

743

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. S.N. 1 Berlino, 1° giugno 1887, ore 21 (per. ore 0,30 del 2).

Le secrétaire d'Etat vient de me dire que le chancelier n'a rien à objecter à ce que nous donnions, nous-mèmes, connaissance à l' Angleterre de l'accorci italo-espagnol moyennant la remise d'une copie des notes du 4 mai, et que nous annoncions en mème temps verbalement l'accession subséquente de l' Allemagne, mais sans laisser copie des notes échangées à ce sujet ici et à Vienne. Il est bien entendu que le Cabinet de Berlin s'abstiendra, pour sa part, de faire une communication quelconque à Londres. Il nous en laisse entièrement le soin. Son Altesse tiendrait à ce qu'en mettant Salisbury dans la confidence des notes échangées à Madrid nous insistions sur ce que le secret le plus absolu soit observé et que le ministre britannique des affaires étrangères ne parliìt là-dessus, si possible, qu'à un nombre restreint de ses collègues. La chancellerie impériale va charger le prince de Reuss de notifier à Kalnoky le nihil obstat de l' Allemagne. Cet ambassadeur suggérera au ministre autrichien de renseigner directement Nigra de sa propre decision laquelle sera, comme il est à prévoir, conforme à celle du Cabinet de Berlin. Pour gagner du temps il serait bien que Nigra fùt mis au courant par V.E. et autorisé à se concerter avec Reuss. Notre ambassadeur serait de la sorte déjà prevenu lorsque Kalnoky lui parlera et à mème de vous communiquer directement la réponse de Kalnoky, sans que celui-ci pour arriver à Rome prenne le détour de Berlin.

744

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA 1

D. 1160. Roma, 1° giugno 1887.

Ella ha veduto, dal recente carteggio ministeria1e sugli affari di Massaua, e anche da un dispaccio in data d'oggi 2 , che il generale Sa1etta si lagna della continua ed indebita ingerenza del signor Mercinier, reggente il consolato di Francia a Massaua, e molte più lagnanze si sono ricevute di quelle che son passate sotto gli occhi di V.E. Il signor Mercinier non tralascia occasione di far dello zelo, con quanto imbarazzo per le autorità di Massaua, è inutile dire.

744 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 131-132 con il n. 1161.

2 D. 1161, non pubblicato.

Se egli si limitasse ad accordare la protezione francese ai suoi connazionali, la sua ingerenza si ridurrebbe a ben poco, in quanto che i cittadini francesi a Massaua si riducono a pochi missionari, a qualche monaca ed a 5 o 6 pjccoli negozianti.

Ma il signor Mercinier, come fa constatare il generale Saletta in un recente rapporto al Ministero della guerra, tiene nel suo ufficio un registro aperto a tutti coloro che vogliono farsi iscrivere come protetti. Così egli ha rilasciato patenti di protezione ai greci che sono i più numerosi, a persiani, a turchi, a siriani, a svizzeri e ad un nord-americano. E pare al Comando superiore che la sua protezione si faccia più sentire in favore di tutti coloro che ebbero e cha hanno ancora relazioni coi nostri nemici.

Questa facilità d'accordare protezioni è manifestamente abusiva. Manca la richiesta dei vari governi, necessaria ogni qual volta essi desiderano che i loro cittadini sian posti sotto la protezione di uno Stato estero, come manca la ragione di chiedere e d'accordare la protezione in una località, come Massaua, ove le nostre autorità militari e giudiziarie offrono a tutti desiderabile guarentigia d'indipendenza e di giustizia.

Ciò sia detto pei sudditi non musulmani. Quanto ai musulmani, conviene ricordare che, dopo il regolamento del 1865 mandato dalla Sublime Porta col consenso dei rappresentanti esteri a Costantinopoli, non esistono più, pel diritto pubblico ottomano, se non protetti temporanei, vale a dire guardie e dragomanni provvisori e servizio degli uffici consolari.

Sarebbe singolare che quel che non si solleverebbe in paese di capitolazioni, anche dove la loro applicazione è più larga, dovesse tollerarsi a Massaua sotto il regime della nostra occupazione.

Non avrei esitato a proporre all'onorevole ministro per la guerra d'ordinare al comandante superiore in Africa di non riconoscere siffatte protezioni abusive, se i procedimenti amichevoli che il Governo francese ha avuto la cortesia d'usarci nelle cose di Massaua non ci facesse come un obbligo di corrispondere con eguale cordialità.

Preferiamo dunque che la soluzione sia fornita da istruzioni che V.E. dovrà provocare dal Governo francese e delle quali ci gioverà avere un cenno immediato perché se ne possa dare sollecita notizia al generale Saletta.

743 1 Risponde al n. 736.

745

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 403/497. Londra, 1° giugno 188 7 (per. il 5).

Ieri ebbi l'onore di ricevere il dispaccio dell'E.V. del 28 maggio n. 3051, pel quale essa chiama la mia speciale attenzione sopra il rapporto del 21 maggio di

S.E. il barone Blanc, documento n. 2922 (XXX) 2 , e mi ordina d'indagare la precisa realtà dei fatti da esso riferiti.

Espone il barone Blanc essersi manifestato in questi ultimi tempi un ravvicinamento fra i Governi d'Inghilterra e di Francia, e cita in appoggio di questa tesi dall'una parte le concessioni fatte in ordine alla delimitazione della costa dei somali, il componimento della controversia relativa alle isole Ebridi e la formale introduzione, che risulterà a suo tempo alle Camere francesi, del Governo della Repubblica nel negoziato anglo-turco per le cose dell'Egitto, dall'altra l'accettazione eventuale della Convenzione anglo-turca.

Riservandomi di fornire all'E.V. i ragguagli che mi sarà fatto di ulteriormente raccogliere sulle relazioni fra l'Inghilterra e la Francia, credo frattanto mio dovere di sottomettere all'E.V. le seguenti considerazioni.

Io non sono d'avviso che il Governo britannico abbia fatta alcuna concessione alla Francia né nella questione della costa dei somali, né in quella delle isole Ebridi.

Quanto alla prima, siccome già ebbi l'onore di riferire alla E.V., la differenza nacque dal fatto, che i francesi avevano occupato la località di Dungareta, il che era in sommo grado dispiacente all'Inghilterra poiché la Francia si stabiliva, per tal modo, fra Zeila e Berbera occupati da quella. Seguirono fra le due parti i negoziati, i quali approdarono ad un accordo pel quale la Francia ritiravasi da Dungareta ed assumeva l'impegno d'astenersi da qualunque intromissione sulla costa situata al mezzogiorno della baja di Tagiura, e l'Inghilterra assumeva reciproco impegno lasciando alla Francia la baja di Tagiura e la costa fino ad Obock, posizioni che questa già occupava da tempo. Né credo l'accordo contenga alcuna stipulazione riguardo ad Harrar, sebbene l'Inghilterra abbia cessato di prendere alcun interesse alla sorte di quel Paese. Ed a me sembra che in queste trattative il Governo britannico non abbia avuto altro scopo che quello di sostenere e promuovere i propri interessi.

Altrettanto può dirsi della questione delle isole Ebridi. I francesi avevano sbarcato delle truppe in un punto di esse, in flagrante violazione degli accordi esistenti coll'Inghilterra. Il Governo britannico, sopratutto a motivo delle vive proteste delle colonie dell'Australia, reclamò lo sgombro del territorio occupato, e quello di Francia, mentre ammetteva le condizioni dell'accordo in vigore, pure sotto varj pretesti procrastinava l'esecuzione dei proprj impegni. Ora il componimento che, secondo quello m'è riferito da fonte autentica, sarebbe per essere convenuto, consisterebbe in ciò che i francesi ritirerebbero le loro truppe, e la sorveglianza delle isole sarebbe esercitata da una squadra mista di navi inglesi e francesi. E anche questo risultato mi sembra eminentemente propizio agli interessi inglesi.

La questione dell'Egitto è assai più grave, e l'atteggiamento tenuto dalla Francia riguardo ad essa fu sorgente di serj dissapori fra i due Governi. Però non v'ha dubbio che il Governo britannico sempre nutrì il desiderio di trovare un terreno sul quale potesse intervenire un mutuo accordo, imperocché esso provò bensì talvolta movimenti di viva irritazione per la condotta della Francia, ma non

fu mai animato da permanenti sentimenti d'ostilità verso di questa. E siffatto desiderio aveva naturalmente a farsi più vivo nel momento in cui il Governo di

S.M. la Regina stava per istabilire colla Potenza sovrana un accordo il cui carattere pratico dipendeva dalla susseguente accettazione di esso da parte di tutte le Potenze interessate, e perciò anche della Francia. Non è quindi a meravigliarsi se nel corso di negoziati intervenuti fra sir Henry Drummond Wolff e la Sublime Porta, e sopratutto allorché essi presentarono probabilità di approdare, il Gabinetto di San Giacomo facesse quelle pratiche che gli sembravano dover contribuire ad assicurare gli effetti reali delle relative stipulazioni. E di leggieri si comprende in pari tempo che sir H. Drummond Wolff, ansioso di condurre a buon fine l'importante missione che gli era affidata, si sia servito di quei mezzi che erano a sua portata e che stimò potergli giovare nell'intento. E grato doveva indubbiamente riuscire al Governo britannico se, sia in vista del positivo impegno che l'Inghilterra stava per assumere di sgombrare il vicereame in un tempo determinato, sia per le considerazioni di alta politica internazionale cui fa allusione il predetto rapporto del barone Blanc, sebbene io non credo sia da darsi grande importanza alle rivelazioni del conte di Florian, ito da Londra a Costantinopoli per esercitarvi temporariamente le funzioni di segretario d'ambasciata, il Governo francese potè mostrarsi meglio disposto ad accettare le condizioni contemplate nella convenzione anglo-turca.

Questa mi sembra essere la spiegazione più verosimile dei procedimenti in discorso, senonché è pure ammissibile che, mercé le mutue concessioni, le relazioni fra l'Inghilterra e la Francia possano provare qualche temporario miglioramento, il quale avrebbe il valore che è consentito dalle incerte e variabili condizioni politiche in cui versa la Repubblica.

745 1 Cfr. n. 739.

745 2 Cfr. n. 725.

746

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 832. Parigi, l° giugno 1887 (per. il 6).

In seguito al dispaccio di V.E. del 28 maggio ultimo (serie politica n. 1154) 1 , ho interpellato quest'oggi il signor Flourens circa la supposizione accennata a V.E. da codesto ambasciatore di Francia, signor conte di Mouy, di un disaccordo tra il Gabinetto di Parigi e quello di Londra sulla questione degli exequatur consolari a Madagascar.

Il signor Flourens mi disse che un tale equivoco proveniva da un dubbio emesso antecedentemente da lord Salisbury il quale, avendo acconsentito in mas

sima a sottoporre i consoli inglesi a Madagascar all'exequatur delle autorità francesi, si riservava però di dare una risposta definitiva tostoché avesse conosciute le opinioni in proposito delle altre Potenze, fra le quali notava l'Italia, talché si dubitava ancora a Londra che questa avesse aderito all'opinione del Governo francese. Ma ora l'equivoco è chiarito ed il signor Flourens si ricordò che, quando io gli parlai del diritto che competeva all'Italia di dare l'exequatur a consoli esteri in Massaua, egli non lo contestava, anzi accennava a Madagascar come essendo in una posizione consimile, per cui il Governo della Repubblica reclamava pure in favore delle autorità francesi la prerogativa di concedere l'exequatur nei territori da esse amministrati o posti sotto la loro protezione. Egli si rammentava inoltre che nel nostro colloquio si era addotto l'esempio degli austriaci che non avevano agito diversamente in Bosnia ed in Erzegovina e quello consimile degli inglesi in Cipro 2 .

746 1 Non pubblicato.

747

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AGLI AMBASCIATORI A COSTANTINOPOLI, BLANC, A LONDRA, CORTI, E A PARIGI, MENABREA

Roma, 3 giugno 1887.

L'ambasciatore di Francia è venuto, per istruzione del suo Governo, ad annunciarmi che il suo collega di Costantinopoli ebbe l'ordine di dichiarare alla Sublime Porta che, se il testo dell'accordo con l'Inghilterra circa l'Egitto corrisponde alle indicazioni pubblicate dai giornali, la Francia non potrebbe prestare la sua adesione.

Ad una interrogazione del conte de Mouy risposi che, dal canto mio, non avevo ancora avuto modo di esaminare il testo dell'accordo testé firmato a Costantinopoli.

Mi consta che analoga comunicazione fu fatta al conte Kalnoky dall'ambasciatore di Francia a Vienna, e che il ministro austro-ungarico degli affari esteri non ha taciuto, in questa circostanza, al suo interlocutore che il Governo imperiale e reale aveva provato compiacimento per il fatto dell'accordo intervenuto tra l'Inghilterra e la Sublime Porta circa l'Egitto.

Identico è, come V.E. non ignora, il nostro sentimento. Non ho creduto, però, opportuno di manifestarlo all'ambasciatore di Francia, col quale preferii tenermi nel più stretto riserbo.

747 1 Il dispaccio fu inviato con il n. 43 a Costantinopoli, con il n. 316 a Londra e con il n. 1165 a Parigi.

746 2 Per la risposta cfr. n. 763.

748

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A MADRID, MAFFEI

D. 27. Roma, 3 giugno 1887.

Segno ricevuta del rapporto del 27 maggio ultimo 1 . Riferendomi al precedente mio dispaccio relativo alle istruzioni impartite al

r. ambasciatore a Londra 2 , circa al desiderio espressole dal signor Moret di ottenere, mediante i nostri buoni uffici presso il Governo della Gran Bretagna, che qualora sia comunicata alle Potenze mediterranee la convenzione tra l'Inghilterra e la Turchia, non sia esclusa la Spagna, le confermo essere nostro vivo desiderio di fare in questa circostanza cosa gradita alla Spagna, la quale, del resto, ha in questa materia, con nostro sincero compiacimento, interessi ed intendimenti identici ai nostri.

749

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 34. Costantinopoli, 3 giugno 1887 (per. l'8).

L'ambasciatore di Francia, recatosi ieri alla Porta, dichiarò al gran vizir che la Francia non avrebbe potuto accettare la convenzione anglo-turca sull'Egitto, quale risulta attualmente concepita. Il Governo ottomano avrebbe fatto meglio, così si espresse il conte di Montebello, a rifiutarsi alla firma di un tal progetto di convenzione, specialmente in quanto concerne le condizioni della eventuale continuazione

o rinnovazione dell'occupazione inglese, condizioni che non possono dipendere dal solo apprezzamento dell'Inghilterra. Col rifiutarsi a tali concessioni, la Porta non avrebbe nulla arrischiato. Il gran vizir rispose a ciò, che il rischio sarebbe stato che succedesse per l'Egitto quel che è succeduto per Tunisi.

Sir H. Drummond W olff differirà alquanto la sua partenza. Egli mi pare essere disposto personalmente a credere che qualche ulteriore concessione alla Francia, la quale s'era mostrata del tutto favorevole nelle ultime fasi del negoziato, potrebbe riconciliare il Gabinetto di Parigi colla convenzione; ed egli spera che la dichiarazione dell'ambasciatore di Francia non abbia per iscopo di far pressione sul sultano perché non ratifichi la convenzione stessa.

748 1 Cfr. n. 738. 2 T. 366 del 26 maggio, non pubblicato.

Comunque sia, le influenze francesi si sono manifestamente associate di recente alle influenze russe per ottenere la caduta del gran vizir. Il sultano è alternativamente dominato da impressioni contradditorie; fu alquanto turbato dall'accoglienza fatta a Berlino alla circolare sulle cose di Bulgaria e ne argomentò la possibilità di gravi dissensi tra Berlino e Vienna; il linguaggio più conciliante, tenuto ultimamente dal signor di Nelidoff sulla questione bulgara, contribuì a renderlo esitante circa l'opportunità della politica di aderenza all'Inghilterra ed all'Austria-Ungheria, politica rappresentata dal gran vizir; vi è chi si sforza a persuaderlo che il Governo inglese finirà per rimanere isolato nella questione egiziana, l'Austria-Ungheria stessa non avendo interesse a prendere in tale questione un contegno troppo contrario a quello della Russia, in un momento in cui riapparisce possibile una transazione colla Russia nella questione bulgara.

Sir W. White suppone che tutte queste circostanze ispireranno al Gabinetto britannico la risoluzione di mantenere integralmente il testo degli accordi testé conchiusi sull'Egitto; di non sottoporli alle Potenze se non dopo che il sultano li avrà ratificati, e di fare avvertita la Francia delle conseguenze cui potrebbe condurre la sua subitanea condiscendenza alle obbiezioni russe contro l'accordo anglo-turco; potendosi, per esempio, far intendere al signor Rouvier, il quale crede forse l'accordo anglo-turco tanto effimero quanto il trattato di commercio franco-italiano da lui abbandonato, che l'Inghilterra dopo tutto potrebbe sempre proporre una conferenza nella quale venissero sottoposte insieme, all'Europa, le questioni di Egitto e di Tunisi.

750

IL MINISTRO A LISBONA, OLDOINI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. PERSONALE RISERVATO S.N. Lisbona, 3 giugno 1887 (per. il 16).

Non credo opportuno almeno per ora di scrivere officiosamente per un assunto cotanto delicato quanto quello concernente le parole proclamate di recente dal Sommo Pontefice per la pacificazione tra l'Italia e il Vaticano.

Mancherei però ad uno stretto dovere se non informassi particolarmente V.E. dell'impressione prodotta su questo signor ministro degli affari esteri dai detti del Santo Padre riguardo all'Italia e del vivo desiderio di S.E. che questa iniziativa pontificale possa essere efficacemente il punto di partenza per un fausto risultato.

Non ho d'uopo assicurare V.E. che mai mi sarei permesso prendere iniziativa di sorta senza previe istruzioni e senza neppure conoscere il pensiero del R. Governo in affare di somma importanza quale il miglioramento dei nostri rapporti colla Santa Sede. Anzi da oltre quindici giorni neppure aveva avuto l'onore di colloqui con questo signor ministro degli affari esteri perché S.E. ritenuto alle Cortes per difendere il nuovo Concordato osteggiato vivamente nelle due Camere dall'opposizione e da parte della maggioranza dei Pari ha sospeso i suoi ricevimenti ebdomadari, né io aveva comunicazioni urgenti da fare per chiedere udienza speciale.

Ieri ritornando io dal palazzo reale ove mi recai a congedarmi dalle Loro Maestà Fedelissime per andare a far la mia cura termale nel nord del Portogallo, incontrai il ministro che si recava dal re per la firma reale e Consiglio dei ministri.

S.E. fermò la sua carrozza ed io la mia. Conscio del prossimo arrivo di un dispaccio di V.E. per l'affare Lavorello e della impossibilità di trovare il ministro al suo ministero perché oltre la sua presenza alle Cortes egli è pure ministro interino della marina chiesi quando e dove potessi parlargli prima della mia partenza pei bagni di Felgueira.

Il ministro col quale sono vecchio amico non solo si compiacque vedermi ma mi permise accompagnarlo nella sua carrozza al palazzo reale (io la feci seguire dalla mia) e conversammo di politica portoghese e della situazione parlamentare oltremodo tesa per l'intransigenza e le interminabili discussioni che impediscono al Governo di fare approvare leggi importanti di utilità nazionale.

Ad un tratto il consigliere di Barros Gomes entrò in discorso circa l'allocuzione pontificate concernente l'Italia chiedendomi se l'avevo letta e se avevo letto il giornale Il Popolo Romano che passa per essere l'organo personale di V.E. Risposi aver letto il sunto della prima ma non il giornale, né io conoscevo affatto il pensiero del R. Governo, ma nella mia opinione personale non credevo possibili accordi taciti o palesi colla Santa Sede i quali distruggerebbero il passato e il presente ed il futuro italiano in benché minima parte né eravi sovrano o Ministero che potrebbe tentarli, per quanto stia a cuore a tutti la conciliazione politica e religiosa.

Il ministro rispose: «Avete perfettamente ragione; la stessa dinastia di Savoja firmerebbe la sua decadenza (sic) 1 con patti che intangessero l'Italia. Ma Leone XIII nel prendere l'importantissima iniziativa ha riconfermato colle parole l'incolumità italiana quella del re Umberto, Roma intangibile, quindi avvi manifestamente punto di contatto tra esse: fate dunque con questa buona base non un accordo ma un trattato da Potenza a Potenza colla Santa Sede e presentatelo all'approvazione del Parlamento».

Il consigliere di Barros Gomes parlò in tal guisa non da ministro ma da amico, ed il nostro colloquio prese fine perché, giunti in faccia al palazzo reale, io lasciai

S.E. per ritornare colla mia carrozza al palazzo della legazione.

Debbo aggiungere per norma di V.E. che il signor di Barros Gomes è il più influente ministro dopo il presidente del Consiglio, che questi nella sua lunga malattia lo incaricò sempre dell'alter ego, ed il re disse a me un giorno che il signor Barros Gomes aveva qualità per essere col tempo, occorrendo, presidente del Consiglio e Sua Maestà si compiaceva di consultarlo sovente.

Debbo per ultimo accennare senza per nulla avere la vana gloria di volermi ingerire in affare di cotanto rilievo e sì delicato, che il Portogallo è molto ascoltato al Vaticano, ed anche all'occasione del recente Concordato ne abbiamo prova, come l'ebbe ancor più l'Italia all'epoca della elezione di Leone XIII, nella quale io ebbi l'onore di essere incaricato dal marchese Visconti Venosta di fare accettare qui le sue basi italiane e il Portogallo a sua volta le fece prevalere in Spagna e in Austria

(Corti dette di veto al punto che i due ambasciatori di queste Potenze a Roma ebbero istruzioni di porsi d'accordo col marchese di Thomar ambasciatore di Portogallo per l'elezione pontificale).

Pongo fine a questa prolissa narrazione, chiedendone venia a V.E., ed assicurandola che senza istruzioni non avrei per certo osato, né l'oserò in futuro, entrare in alcun pourparler sopra il tema del quale questo ministro degli affari esteri ha preso l'iniziativa in amichevole colloquio.

750 1 Il sic è nel testo.

751

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 726. Berlino, 4 giugno 1887, ore 17,10 (per. ore 19,40).

En présence des agissements de la France et de la Russie contre la convention anglo-turque pour l'Egypte, lesquels rendent le sultan perplexe, l'ambassadeur d'Allemagne à Constantinople vient d'ètre autorisé, en confirmation à ses précedentes instructions, à tenir un langage de nature à combattre les indecisions de Sa Majesté Impériale. Il serait peut-ètre opportun que nous agissions de mème. Le Gouvernement impérial a pris dans cette question égyptienne une attitude très nette, en laissant comprendre, soit a Paris, soit à Pétersbourg, qu'il n'entendait pas créer des difficultés à l' Angleterre.

752

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 413/502. Londra, 4 giugno 1887 (per. il 7).

Facendo seguito alla riserva contenuta nel mio rapporto del 28 maggio 494 1 ho l'onore di ragguagliare l'E.V. che ieri intrattenni lord Salisbury del desiderio espresso dal Governo spagnuolo di ricevere a suo tempo comunicazione della convenzione recentemente stipulata fra l'Inghilterra e la Turchia relativamente all'Egitto. Esposi a Sua Signoria gli interessi che la Spagna aveva nel Mediterraneo, il motivo dei possedimenti orientali, l'opportunità di sostenervi il presente Governo. Sua Signoria

fece assai benigna accoglienza alle mie parole, e disse essere pure animata da sentimenti di simpatia per un governo che abilmente dirigeva gli affari dello Stato, e non suscitava difficoltà internazionali che non avevano fondamento di ragione; quando la convenzione anglo-turca fosse ratificata e potesse quindi essere notificata alle altre Potenze, essa non avrebbe abbiezione a comunicarla pure alla Spagna.

E questo discorso ci condusse a far menzione degli effetti di quell'atto, al quale proposito Sua Signoria disse non aspettarsi opposizione ad esso che da parte della Francia, e forse un rifiuto categorico dalla Russia. Non avevano alcun fondamento le voci corse della possibile riunione di una conferenza ad hoc, chè Sua Signoria preferiva di trattare la quistione da gabinetto a gabinetto, né all'eventuale rifiuto della Russia darebbe grande importanza, ed aggiunse credeva nessuna opposizione gli sarebbe fatta dall'Austria-Ungheria e dalla Germania; era riconoscente al R. Governo d'avere già manifestate le sue disposizioni favorevoli all'accordo stipulato.

Delle cose predette diedi jeri senza indugii contezza telegrafica all'E. V. 2 ••.

752 1 R. 392/494, non pubblicato.

753

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 405. Roma, 5 giugno 1887, ore 18.

L'attitude de notre ambassadeur au sujet de l'affaire égyptienne n'a certainement pas laissé, auprès de la Sublime Porte, le moindre doute, que notre assentement est acquis à la convention anglo-ottomane. Je vais cependant, conformément à votre conseil, donner instructions au baron Blanc de s'associer en toute circonstance opportune au langage de son collègue allemand.

754

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO A MADRID, MAFFEI

T. S.N. Roma, 5 giugno 1887, ore 23,50.

J'attends d'un moment à l'autre le courrier m'apportant les notes concernant l'accession de l' Allemagne et de l' Autriche. J'aurai précisement ces jours prochains

une occasion particulière et sùre pour vous faire parvenir ces pièces dont copie certifiée devra ètre remise par vous au ministre d'Etat. En attendant nous avons reconnu, d'accord entre Rome, Berlin et Vienne, qu'il y aurait avantage pour tous à faire part à l'Angleterre, en voie strictement confidentielle, de l'accord italo-espagnol, avec accession subséquente des deux Empires. Cette communication, don t l' Angleterre apprécierait assurément l'esprit érninemment amicai serait un gage de plus pour la solidité d'une entente visant le maintien de l'équilibre dans la Méditerranée, une mer où l' Angleterre occupe une position de premier ordre. D'après le conseil du prince de Bismarck, la communication se ferait par l'entremise du Cabinet italien, moyennant remise de copie des notes échangées à Madrid le 4 mai, avec notification verbale des accessions de l'Allemagne et de l'AutricheHongrie. Veuillez faire part de ce qui précède à M. Moret, le priant d'avoir la bonté de nous dire, après examen de la chose, s'il n'a pas de difficulté à ce que nous faisions la demande susdite, à Londres, dans la forme ci-dessus énoncée 1•

752 2 T. 722, non pubblicato.

755

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC 1

D. 44. Roma, 6 giugno 1887.

Il rapporto di V.E. del 31 maggio p.p. n. 31 2 , pervenutomi e pel quale la ringrazio, non muta il nostro convincimento.

Negoziare per Massaua con la Sublime Porta è contingenza che non è punto da noi assolutamente esclusa; e neppure la si escludeva col dispaccio del 21 aprile 3 .

Conviene che il negoziato s'inizi in momento opportuno. Tale non era il momento presente, come il fatto luminosamente dimostra. Imperocché il negoziare parallelamente con l'Inghilterra ci avrebbe condotti a questo: ad impegnarci a data fissa per lo sgombro di Massaua quando appunto a tale concetto si è chiarita avversa la grande maggioranza del nostro Parlamento, e ad aggiungere fin d'ora agli oneri nostri per Massaua anche quello non lieve del tributo a favore della Porta.

Preferiamo di gran lunga l'aver serbato piena libertà in questa materia, convinti, come siamo, che la nostra posizione particolare a Massaua non è tale da impedire il ravvicinamento, da noi sinceramente desiderato, della Porta al gruppo delle Potenze centrali.

2 Cfr. n. 742.

3 D. 12, non pubblicato.

754 1 Per la risposta cfr. n. 756.

755 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 132.

756

IL MINISTRO A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. S.N. 1 Madrid, 7 giugno 1887, ore 1,45 (per. ore 8).

J'ai fait part au ministre d'Etat des raisons de haute convenance qui conseillent de communiquer à l' Angleterre les termes de n otre accord. Puisque M. Moret approuve cette idée, il se réserve de me donner une réponse après en avoir parlé au président du Conseil 2•

757

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO DELLA GUERRA, BERTOLÈ VIALE 1

NOTA S.N. Roma, 7 giugno 1887.

Ho ricevuto dal conte Corti, r. ambasciatore a Londra, copia della nota indirizzatagli da lord Salisbury il 31 maggio p. p. 2 per significare l'accettazione delle nostre proposte circa il limite di sorveglianza della costa a nord di Massaua.

Mi pregio di trasmettere tre copie delle note scambiate con lord Salisbury\ pregando che ne sia data notizia al generale Saletta. Questi dovrebbe, al tempo stesso, ricevere precise istruzioni per l'esecuzione dell'accordo, segnatamente sui punti seguenti: l) si tratta d'accordo temporaneo, però di durata indeterminata. Durerà quindi indefinitamente, fino a denuncia;

2) è lasciata da parte la questione territoriale; *però il Governo inglese, per organo di sir E. Baring, agente britannico al Cairo, ha già dichiarato che* sulla costa lasciata alla nostra sorveglianza non si faranno dall'Egitto atti di sovranità, e sopratutto si rinuncerà al disegno di stabilire 4 dogane egiziane a Taklai od in altra parte di quella costa;

3) l'accordo si riferisce all'esercizio della sorveglianza e dell'influenza sulla costa. Ciò che s'intenda con queste parole apparisce dal telegramma che diressi al conte Corti il 21 maggio scorsoS, acciò potesse darne la definizione a lord Salisbury,

2 Con T. s.n. dell'8 giugno, non pubblicato, Maffei ipotizzava che Moret tardasse a rispondere per poter consultare anche la regina; al riguardo cfr. n. 765. 757 1 Ed., con l'omissione dei brani fra asterischi ed alcune varianti, in LV 60, pp. 121-122.

2 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 128-131 (progetto di nota); per la nota di Salisbury cfr. LV 60, p. 120.

3 Cfr. L V 60, pp. 115 e 120.

4 Da «e sopratutto» a «stabilire» sostituito in LV con «né si stabiliranno».

5 Cfr. LV 60, p. 114.

telegramma del quale detti comunicazione a V.E. con nota del giorno seguente, n. 490 6• Col reclamare la sorveglianza e l'influenza esclusiva sulla costa fino a Ras Kasar, noi vogliamo, si diceva, *lasciando da parte la questione territoriale*, assicurarci su questa costa la polizia marittima, con facoltà di regolarvi il regime commerciale secondo le circostanze e le nostre particolari convenienze. Si scartava l'idea d'una occupazione militare permanente o d'una installazione d'impiegati civili italiani a Taklai, o in altro punto qualunque della costa;

4) la sorveglianza deve da noi esercitarsi sopratutto con lo scopo di regolare, a nostro piacimento, e dal punto di vista dei nostri interessi, il commercio sulla costa degli habab fino a Ras Kasar. Però conviene che i regi legni abbiano istruzione di provvedere efficacemente anche alla repressione della tratta;

5) importa aver presente la facoltà di visita consentita agli incrociatori inglesi sopra i sambuchi uscenti da Taklai. È facoltà già stipulata nella convenzione anglo-egiziana del 1877 per la repressione della tratta, alla quale convenzione l'Italia aderì con dichiarazione del 21 dicembre 1885. Però, dal momento che il Governo britannico ne fece oggetto di espressa riserva, giova che sia espressamente rammentata;

6) l'accordo è stipulato tra l'Italia e l'Inghilterra; l'esecuzione ne spetta rispettivamente alle autorità italiane ed alle autorità inglesi. Però, come risulta dalla nota del conte Corti, in data 24 maggio p.p. (trasmessa in copia a V.E. con nota del 30 successivo n. 522) 7 , il comandante superiore deve in proposito mettersi e tenersi in comunicazione col comandante egiziano di Suakin, colonello Kitchener, la cui posizione è affatto speciale, connettendosi con la situazione nella quale trovasi attualmente l'Egitto rispetto all'Inghilterra;

7) il generale Saletta deve aver presente, nelle sue comunicazioni col colonnello Kitchener, il preciso tenore della suddetta nota del conte Corti, ove si dice, a tal proposito, che «i capi delle amministrazioni di Massaua e di Suakin riceverebbero l'istruzione di scambiare fra loro delle idee e delle informazioni tutte le volte che vi fosse da prendere delle decisioni relativamente al regime commerciale lungo la costa sottomessa alla rispettiva sorveglianza. In ogni caso ciascuna delle due amministrazioni darebbe all'altra avviso preventivo delle decisioni che sarebbero prese, affinché, quando pure le medesime non fossero identiche, si possa almeno coordinarle reciprocamente». Il generale Saletta deve essere scrupolosissimo nell'eseguire questo patto, abbondando in cortesia, con la fiducia d'aver piena reciprocità da parte del colonnello Kitchener;

8) l'accordo essendo stato stipulato principalmente nel nostro interesse, il generale Saletta deve prendere, egli stesso, l'iniziativa di dichiarare al colonnello Kitchener l'ordine ricevuto di mettersi in diretta comunicazione con lui, inziando il carteggio con la trasmissione dell'ordinanza relativa al blocco;

9) in occasione di futuri regolamenti od ordinanze circa la polizia marittima sulla costa soggetta alla nostra sorveglianza, il generale Saletta dovrà, salvo i casi d'urgenza, prima di prendere una definitiva risoluzione, scambiare in proposito le sue idee col colonnello Kitchener. Non intervenendo accordo, potrà nondimeno

7 Nota s.n., non pubblicata.

emanare le disposizioni che stimerà necessarie, dandone avviso al colonnello Kitchener con opportune spiegazioni, acciò possa quanto meno coordinare i regolamenti suoi coi nostri.

756 1 Risponde al n. 754.

757 6 Nota s.n., non pubblicata. Da «detti comunicazione» a «n. 490» sostituito in L V con «concordai il tenore con V.E.».

758

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 4413. Berlino, 7 giugno 1887 (per. l' 11).

Lors mème qu'il dùt se rendre compte que le terrain n'était rien moins que favorable à ses ouvertures (rapport n. 4410 du 4 juin)l, l'ambassadeur de France s'est décidé à notifier la déclaration faite au nom de son Gouvernement à la Turquie de ne pouvoir approuver la convention anglo-ottomane sur l'Egypte. Il en indiquait le mème motif allégué à Vienne (télégramme de V.E. du 6 juin) 2 , et demandait de connaìtre là-dessus l'avis du Cabinet de Berlin.

Le secrétaire d'Etat lui a dit qu'il serait prématuré de se prononcer avant que les Puissances eussent été saisies officiellement de la question. Mais il n'a pas caché à M. Herbette que le Gouvernement impérial, peu ou point intéressé dans cette affaire, se laissera influencer par ses sentiments d'amitié envers l' Angleterre, don t les bons procédés ne laissent rient à désirer. Il ne pouvait porter le mème témoignage à l'égard de la France. Depuis seize ans, il a dù se convaincre que ses efforts pour vivre en bons termes avec elle et mème pour lui ménager, au besoin, quelques avantages dans sa politique extérieure, n'avaient pas obtenu le but qu'il se proposait. Dans ces derniers six mois notamment, le Cabinet de Paris avait fourni bien des sujets de plaintes. Il était done assez nature! que l' Allemagne évitàt de faire chose désagréable à la Grande Bretagne, surtout quand cette Puissance s'était mise d'accord avec le sultan.

Le comte de Bismarck vient de me donner ces détails sur cet entretien avec M. Herbette, qui était revenu aujourd'hui à la charge pour connaìtre les intentions du Cabinet de Berlin. L'ambassadeur dissimulait mal son embarras d'avoir reçu une semblable réponse.

La convention dont il s'agit a été communiquée confidentiellement ici comme à Rome. Le secrétaire d'Etat a clairement laissé entendre à sir Edward Malet qu'après avoir pris connaissance de ces documents, il pouvait dès-à-présent lui dire que l' Angleterre ne rencontrera pas sur so n chemin le Gouvernement impérial; qu'il espère seulement que l'occupation anglaise durera assez longtemps pour que les intérèts financiers allemands, les seuls en cause en Egypte, fussent préservés de toute atteinte. Ce qui aurait presque l'air d'encourager à prolonger plutòt qu'à restreindre la durée de l'occupation.

758 1 Non pubblicato.2 T. 406. in realtà del 5 giugno, non pubblicato.

759

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 39. Therapia, 7 giugno 1887 (per. il 12).

Il mustechar che vidi ieri alla Porta in assenza di Said pascià, motivata dal Ramadan, mi disse che il contegno tanto amichevole del R. Governo nelle questioni di Bulgaria e di Creta, nonché le congratulazioni e gl'incoraggiamenti che, al pari del signor di Radowitz, io ero per l'appunto venuto ad esprimere al Governo ottomano per l'accordo anglo-turco, giungevano assai a proposito in una crisi che minaccia quest'impero. Il signor di Nelidow, mi disse egli, aveva creduto poter assicurare il proprio Governo, sulla fede di Riza pascià, che la convenzione con l'Inghilterra non sarebbe stata mai firmata; egli accusa ora il gran vizir, Said pascià ed il mustechar di aver ricevuto seicentomila lire sterline per conchiudere la convenzione: gli agenti dell'ambasciata russa spargono quell'accusa appo la popolazione musulmana, dicendo che il Governo ha venduto l'Egitto per tal somma; l'ambasciatore di Russia domanda formalmente la destituzione di quei tre personaggi, ed il primo dragomanno dell'ambasciata è andato a dichiarare a Palazzo che il sultano si è posto in una via senza uscita, poiché, se l'Inghilterra tenterà di farlo deporre se non ratificherà la convenzione, la Russia ne promuoverà la deposizione se la ratificherà. Così si espresse meco e con altri miei colleghi S.E. Artin effendi, il quale aggiunse aver rispettosamente chiamato l'attenzione del sultano sull'offesa così recata alla Maestà Sua, che emanò l'iradé per la firma della convenzione; ed intendere inoltre, egli come il ministro degli affari esteri, far osservare agli altri ambasciatori, sovratutto a sir W. White, quanto fossero sconvenienti verso di essi i mezzi adoperati contro un negoziato lealmente condotto e del quale le ambasciate di Francia e di Russia erano state fino alla conclusione messe a parte.

P.S. Ieri sera sir W. White e sir H. Drummond Wolff sono stati chiamati alla Porta, d'urgenza. Il gran vizir e Said pascià li pregarono vivamente di consentire a qualche modificazione della convenzione allo scopo di dare una soddisfazione al sentimento musulmano messo in causa dai passi di Nelidov e di Montebello; domandarono che almeno dichiarassero con nota alla Porta che la rioccupazione eventuale non avvenisse se non in nome della sovranità del sultano, e che la convenzione sarà sempre notificabile di comune accordo tra la Porta e l'Inghilterra. Sir W. White e sir H. Drummond Wolff risposero che ogni concessione, anche la sola dichiarazione chiesta, affatto superflua, non potrebbe che nuocere alla dignità dei due Governi, e specialmente a quello del sultano, il quale, davanti al sentimento musulmano, non può apparire intimorito dalle pressioni russe e francesi. Sembra possibile che sieno sacrificati il gran vizir e Said pascià.

Si suppone qui che le concessioni fatte dall'Inghilterra alla Francia per le Ebridi, l'Harrar, ecc., abbiano convinto la Francia che può far piegare l'Inghilterra coll'associarsi alle pressioni russe. Il conte di Montebello ha domandato un'udienza al sultano per fargli dichiarazioni importanti.

760

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 739. Berlino, 8 giugno 1887, ore 15,56 (per. ore 18,20).

Gouvernement impérial a fait bon accueil à la démarche de l'Espagne à l'effet d'appuyer à Londres son désir, que la Convention anglo-ottomane lui fiìt communiquée au mème titre qu'aux autres Puissances méditerranéennes. Comte de Hatzfeldt a été chargé de faire de bons offices dans ce sens.

761

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 741. Pietroburgo, 8 giugno 1887, ore 16,30 (per. ore 19).

Selon les appréciations de Giers sur la situation générale, celle-ci n'offre plus de symptòmes alarmants. L'empereur a déclaré qu'avec la France il veut rester dans les meilleurs termes sans, cependant, réserrer des accords particuliers. L'empereur veut aussi mettre énergiquement fin aux «tripotages» des journaux et de certains individus, qui veulent nuire aux bons rapports entre la Russie et l' Allemagne.

762

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 744. Therapia, 8 giugno 1887, ore 19,45 (per. ore 23,05).

Vulkovitch est venu me dire, en grand secret, que le Gouvernement du roi rendrait un grand service aux bulgares, s'il pouvait avoir de Berlin, la certitude morale, que l'Allemagne ne contrairait pas la combinaison suivante: le père du prince Alexandre serait élu par les bulgares, il viendrait, dans les formes les plus déférentes pour la Russie, réparer les erreurs de son jeune fils; l'héritier serait son fils ainé. Vulkovitch m'a prié de ne communiquer cette idée à aucun de mes collègues, et recommander à V.E. si elle ne croit pas pouvoir sonder le prince de Bismarck et de n'en faire aucun autre usage. J'ai dit à Vulkovitch que je réfléchirait sur la convenance, de ma part, de faire une telle ouverture à mon Gouvernement; d'autre part, je crois savoir que Herbert Bismarck a proposé à Londres Aleko pacha comme régent de la Bulgarie: celui-ci est revenu depuis quelque temps très russe; l'Allemagne rend en cela un nouveau service, au moins apparent, à la Russie. Ce n'est donc pas de Berlin, peut-ètre, qu'il serait opportun de parler de la combinaison de Vulkovitch. Je transmets ce qui précède à V.E. comme simple information très reservée.

763

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA

D. 1166. Roma, 8 giugno 1887.

Ho ricevuto il pregiato rapporto di V.E. in data l o corrente 1 , circa la questione degli exequatur consolari a Madagascar.

Mentre la ringrazio degli schiarimenti fomitimi, osservo che il mio dispaccio del 28 maggio ultimo 2 , non implicava che noi fossimo assenzienti alla tesi propugnata dal Governo francese in questa controversia; mirava solo ad escludere che da noi si fosse enunciata in proposito tale opinione che si potesse invocare contro quella tesi.

In realtà noi abbiamo interamente riservata la nostra opinione, trattandosi di questione che per noi non si è presentata, né probabilmente sarà per presentarsi così presto.

È da notare, ancora, che la situazione della Francia nel Madagascar non ci sembra paragonabile con la nostra a Massaua, con quella dell'Inghilterra a Cipro

o quella dell'Austria-Ungheria in Bosnia-Erzegovina. Italia, Inghilterra ed Austria-Ungheria occupano per vario titolo ed amministrano i territori occupati. Invece la Francia non accampa, nel Madagascar, che un diritto di protettorato e di rappresentanza verso l'estero. Fondandosi appunto su questa rappresentanza, la Francia vorrebbe che gli exequatur, per i consoli esteri, fossero rilasciati dalla regina di Madagascar; ma pel tramite del residente generale francese.

Ci preme di chiarire questo punto, acciò non abbiano a sorgere equivoci; ma è inutile che V.E. ne riparli al signor Flourens.

764

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 338. Pietroburgo, 9 giugno 1887 (per. il 15).

Nel corso della conversazione ch'ebbi jeri col signor de Giers questi si dimostrò assai soddisfatto dell'odierno aspetto della situazione politica in Europa.

763 Cfr. n. 746. 2 D. 1154, non pubblicato.

Toccò ai rapporti tra la Russia e la Francia ed a quelli della Russia colla Germania. In quanto ai primi, mi disse che, all'invero, essi erano cordiali, come del resto la natura stessa delle cose lo richiede. Vi ha quindi rassomiglianza di mire, rassomiglianza però affatto spontanea, sopra molte questioni in oggi all'ordine del giorno. Ma tra questa armonia di apprezzamenti ed un accordo positivo sopra un sistema di politica estera, correva un grandissimo spazio e l'imperatore era ben deciso a non volerlo sopprimere stante il suo allontanamento per un governo che, sia per la sua forma, sia per la sua versatilità, ripugna ai suoi politici convincimenti.

Il ritiro dal Ministero della guerra del generale Boulanger ha di molto alleggerito la situazione. Intorno a questo personaggio eransi annodati molti intrighi ai quali partecipavano russi e francesi, che nella alleanza dei rispettivi Paesi riponevano la speranza di un prossimo annullamento della Germania.

Ora l'imperatore sembra risoluto a porre un termine al sordo lavorìo d'una combriccola, la quale mirava ad imporre, esagerando e traviando i sentimenti particolari attribuiti all'imperatore, le proprie volontà al trono.

Così il generale Bogdanowitch, aggiunto al Ministero dell'interno, e noto per le sue tendenze panslaviste e per essere l'autore d'un opuscolo apparso varii mesi or sono col titolo l' Alliance franco-russe, ostilissimo alla Germania, venne dispensato dall'impiego. Il signor Sabourow, antico ambasciatore alla Corte di Berlino e che a compenso del suo richiamo era stato eletto senatore, è del pari accusato di essersi prestato ad intrighi orditi per nuocere ai buoni rapporti tra le Corti di Berlino e di Pietroburgo e sopratutto d'avere comunicato al signor Tatischew documenti diplomatici relativi ai negoziati che precedettero l'occupazione austriaca in Bosnia e nella Erzegovina. Anche contro costui sono probabili m1sure ngorose.

Da quanto mi venne fatto discernere dalle parole del signor di Giers, l'imperatore avrebbegli detto ch'era ormai giunto l'istante di troncare tutti questi tripotages. «Quali misure l'imperatore», aggiunse il ministro «intenda adottare per raggiungere questo intento, ecco ciò che ignoro».

765

IL MINISTRO A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. S.N. Madrid, 10 giugno 1887, ore 13.05 (per. ore 18,30).

M. Moret vient de me dire que la reine a approuvé avec infiniment de satisfaction la proposition de donner communication de notre accord à l' Angleterre. Cette idée repond complètement au désir de So n Al tesse qui a particulièrement insisté pour que sa reconnaissance soit esprimé à V.E. Le Gouvernement du roi peut donc faire, à cet effet, à Londres les démarches qu'il croirait les plus opportunes.

766

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

T. S.N. 1 Roma, 10 giugno 1887, ore 19.

Après entente avec Berlin, Vienne et Madrid, je viens prier de vouloir bien faire part, en voie strictement confidentielle, à lord Salisbury de notre accord avec l'Espagne, auquell'Allemagne et l' Autriche-Hongrie ont subséquemment accédé. Il a été convenu que l'Italie seule ferait cette communication, pour laquelle la méthode suivante a été concertée. V.E. va se rendre chez lord Salisbury et lui remettre copie des notes échangées, le 4 mai dernier, à Madrid, en ajoutant verbalement que l'Allemagne et l'Autriche-Hongrie ont subséquemment accédé à l'arrangement. Le langage de V.E., à cette occasion, doit marquer, en ce qui nous concerne, le désir de rattacher tout acte de notre politique dans la Méditerranée à notre entente de février dernier avec l' Angleterre, et n otre conviction que le Cabinet de Londres verra, dans l'accord italo-espagnol, renforcé par l'accession de deux Empires, une garantie de plus pour le programrne d'équilibre et de conservation dont nos deux Gouvernement s'appliquent également à poursuivre la réalisation. Lord Salisbury comprendra sans doute que le secret le plus absolu est strictement indispensable. Peut-ètre estimera-t-il, comme pour notre entente de février dernier, qu'il y a lieu de ne mettre dans la confidence qu'un nombre très restreint de ses collègues 2 .

767

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE 1

D. S.N. Roma, 10 giugno 1887.

Facendo seguito al mio dispaccio di ieri 2 , informo la S.V. che l'ambasciatore di Germania a Costantinopoli ha riferito al suo Governo la risposta ricevuta dal gran vizir, stato da lui interpellato, circa all'accordo che sarebbe intervenuto fra la Francia e la Turchia per la delimitazione della frontiera tra la Tunisia e la Tripolitania.

Kiamil pascià ha dichiarato al signor di Radowitz di non poter prestar fede a quanto si diceva a questo riguardo, poiché la Sublime Porta non è in nessun

2 Per la risposta cfr. n. 772. 767 1 Dispaccio analogo venne inviato a Costantinopoli in pari data e con n. 48.

2 D. s.n., non pubblicato.

modo disposta a prestarsi ad un accordo qualsiasi che implichi, per parte sua, un riconoscimento, anche indiretto, del protettorato della Francia sulla Tunisia, e disse che avrebbe tosto chiesto informazioni in proposito al governatore di Tripoli.

766 1 Questo telegramma venne trasmesso in pari data alle ambasciate di Berlino, Madrid e Vienna.

768

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4415. Berlino, l0 giugno 1887 (per il 14).

Je me réfère à mon rapport n. 4413 du 7 courant 1 età mon télégramme du 82 , relatifs à un entretien entre le secrétaire d'Etat et l'ambassadeur de France. Mon télégramme du 9 juin au matin 3, contient des détails ultérieurs sur le langage tenu en cette circonstance par ce diplomate, et que j'ai appris de source certaine. Il déclarait qu'en aucun cas la France ne saurait admettre une solution qui équivaudrait, malgré des limites apparentes, à un protectorat exclusif de l' Angleterre sur l'Egypte. La France estime que la question du protectorat devrait ètre replacée «sur le terrain européen». En d'autres termes, son Gouvernement n'y est pas opposé en principe, pourvu qu'une part lui soit réservé. La convention anglo-ottomane ne pourrait ètre adoptée que comme base de négociations entre les Cabinets des Grandes Puissances.

Je me permettais, à ce propos, de suggérer, dans le cas où V.E. aurait jugé opportun de faire donner connaissance, en voie confidentielle, à la Sublime Porte de cet entretien, qu'il serait utile de communiquer également les détails complémentaires. L'ensemble de ces renseignements est en effet de natur à démontrer, d'une part, le manque de désintéressement de la France, qui certes n'est pas animée d'un sentiment bien sincère de sollicitude pour les droits de souveraineté du sultan, et, d'autre part, l'impossibilité où la France et ses amis se trouveraient de réaliser leurs menaces, en présence de l'attitude prise par l' Allemagne, dont le caractère plus décidé encore qu'il ne l'avait été jusqu'ici, paraìt avoir causé à M. Herbette une surprise des plus désagréables. Le sultan, à moins d'une pusillanimité incurable, devrait comprendre qu'il peut, dans les conjonctures actuelles, résister sans danger à la pression de la France et de la Russie. Ce n'est pas seulement l' Allemagne, mais aussi l'Italie et l' Autriche qui voient de bon reil un accord entre la Turquie et l' Angleterre.

Ainsi que V.E. m'en donne avis, les deux télégrammes précités ont été communiqués, entre autres, à mon collègue à Constantinople, pour information personnelle et confidentielle. Mais vous hésitiez, M. le ministre, à l'autoriser à en faire

2 T. 743, non pubblicato.

3 T. 746, non pubblicato.

la confidence à la Sublime Porte. Il vous semblait qu'indépendamment de la chance d'un changement de Ministère pouvant tout-à-coup amener aux affaires des amis de la Russie et de la France, on ne saurait guères compter sur l'entière discretion du sultan et de ses conseillers, et que dès lors notre intervention, si indirecte qu'elle fùt, favoriserait peut-ètre le jeu des adversaires de la Convention anglo-ottomane.

Je viens de répondre par le télégraphe 4 que, si le baron Blanc ne s'était pas déjà associé à ses collègues d'Allemagne et d'Autriche pour encourager le sultan à ratifier la dite Convention (télégramme de V.E. du 7 juin)S, je comprendrais les hésitations de faire parler à la Porte, à la dernière heure, dans le sens de mes deux télégrammes, en omettant, bien entendu, la partie qui a trait à la conversation entre le comte de Bismarck et sir Edward Malet.

Mais en fournissant les détails dont il s'agit, à titre de renseignements et de manière à exclure toute intervention, notre ambassadeur se montrerait conséquent avec son attitude antérieure. Il rendrait en mème temps service à la Porte en l'éclairant sur les arrière-pensées de la France, et en lui confirmant les dispositions favorables de l'Allemagne à l'entente anglo-ottomane sur cette question. Ce serait moyen assez bien choisi pour chercher à contrecarrer le jeu des adversaires de la Convention. Il va sans dire que si, dans l'intervalle, il se produisait un changement de scène à Constantinople, le baron Blanc, avec son tacte accoutumé, s'abstiendrait de donner cours aux confidences. Certainement la discrétion du sultan et de ses ministres laisse parfois beaucoup à désirer. Il faut cependant reconnaìtre que le secret a été bien gardé pendant les négociations qui ont abouti à la signature de la Convention. Si, malgré tout, M. Nélidoff et le comte de Montebello obtenaient gain de cause et que les pourparlers dussent ètre repris pour chercher une nouvelle combinaison, l' Angleterre se retrouverait dans le régime provisoire qui ne l'a pas beaucoup gènée jusqu'ici, et qui la gènerait peut-ètre moins encore dans l'avenir. La France aurait alors un mécompte de plus.

768 1 Cfr. n. 758.

769

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. 423. Roma, 11 giugno 1887, ore 13,40.

J'ai hàte de répondre à votre télégramme d'hier soir 1 . V.E. sait combien j'apprécie ses bons conseils et sa haute expérience. Je chercherais donc à mieux expliquer mon scrupule. Pas d'hésitation alors qu'il s'est agi, soit de dire notre sentiment au sujet de l'entente anglo-ottomane pour l'Egypte, soit de maintenir le

sultan dans ses bonnes dispositions. Il s'agirait maintenant de toute autre chose. Il s'agirait de faire part aux ministres du sultan des déclarations et confidences qui se sont échangées à Berlin, entre l'ambassadeur de France et le secrétaire d'Etat. Devons nous nous charger d'un pareille besogne? L'abstention me paraìt préferable: ou bien M. de Radowitz a déjà tout dit, et notre intervention n'aurait en ce cas aucune utilité pratique; ou bien le Cabinet de Berlin n'a rien fait, et je ne verrais guère pourquoi nous devrions le remplacer dans un ròle qui n'a pas été de son gré, au double risque de voir la Porte se méprendre sur nos intentions, et de nous voir nous mème gràce aux indiscrétions habituelles à Stamboul, exposées à ètre dénoncés à la France, comme étant animés d'un esprit d'hostilité qui n'existe pas, et dont la simple supposition nous créerait bien des ennuis. Nous savons très bien, de part et de autre, que nous marchons, à Paris et à Rome, pour l'affaire égyptienne, dans des directions opposées. Nous avons eu la franchise de ne pas nous en cacher. Mais ceci est précisément pour nous un puissant motif de rien faire qui puisse donner de l'ombrage à la France et de nous efforcer d'ètre strictement corrects et irréprochables à son égard. Après quoi, je n'ai besoin d'ajouter que le baron Blanc continuera a coopérer le plus activement, avec ses collègues d'Allemagne et d' Autriche-Hongrie, pour assurer le maintien de la ratification de la Convention.

768 4 T. 758 del IO giugno, trascritto qui di seguito per intero e quasi testualmente. 5 T. 409 del 7 giugno, non pubblicato. 769 1 Cfr. n. 768, nota 4.

770

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 43. Therapia, 11 giugno 1887 (per. il 16).

Istruzioni telegrafiche di lord Salisbury permettono in termini generici a sir H. Drummond Wolff di dare ai sentimenti del sultano verso l'opinione musulmana quelle soddisfazioni che il negoziatore inglese stimi convenienti, ma escludono ogni modificazione dei patti convenuti per l'Egitto. Sir H. Drummond Wolff, convinto che ogni concessione non può attualmente se non provocare altre esigenze franco-russe ed altri scrupoli del sultano, si riserva, quando però le ratifiche sieno certe ed imminenti, di dichiarare che, se l'Inghilterra sarà in dovere di rioccupare l'Egitto, non lo farà se non come amica ausiliaria e per la conservazione dei diritti del sultano.

Il conte di Montebello ebbe ieri un'udienza dal sultano; non si sa finora quale sarà stata la comunicazione importante che avrà fatta. Mentre egli era a Palazzo, io aveva col gran vizir un colloquio nel quale gli comunicavo, con viva sua soddisfazione, le informazioni da Berlino telegrafatemi ieri l'altro dall'E. V. 1 Il gran vizir aspettava l'ambasciatore di Francia che aveva annunciato di doversi recare da lui dopo l'udienza sovrana.

Prima di ricevere l'ambasciatore di Francia, il sultano aveva avuto comunicazione personale di una memoria riservata dell'ambasciata d'Inghilterra, in cui era dimostrata l'importanza de~!a convenzione anglo-turca per gl'interessi del califfato e per l'integrità dell'Impero. In quel documento si citava la Germania e l'AustriaUngheria come Potenze disinteressate, amiche e altamente favorevoli alla convenzione; si omise, per non urtare il sultano, di menzionare l'Italia, perché l'occupazione di Massaua non permette che si citi l'Italia come Potenza disinteressata in Egitto. Quest'ambasciatore d'Inghilterra mantiene, d'altronde, con me il più leale e continuo scambio d'idee e di informazioni, e dimostra viva soddisfazione del concorso che, secondo le istruzioni di V.E., cerco di prestargli.

Lunedì giungeranno da Londra i documenti per le ratifiche, e so confidenzialmente che si stanno pure preparando alla Porta.

Appoggiato dalla Germania, dall'Italia e dall'Austria-Ungheria, il sultano si convincerà, a quanto sembra, che può resistere alle pressioni franco-russe senza pericolo diplomatico o militare; ma non è tanto facile scacciare dalla sua mente impaurita il fantasma evocato dalla Russia e dalla Francia di un altro pericolo, quello di essere abbandonato dai credenti per non aver adempiuto ai doveri del Califfato.

La politica francese qui è ultimamente discesa a regolarsi alla giornata sulle mosse russe. Contrariamente alle sue tradizioni costanti in quell'Egitto che tanto lavorò a sottrarre alla dominazione turca, la Francia, al pari della Russia, minaccia il ritorno di quel Paese alla barbarie mercé di qualche Mahdi, se il sultano lascerà l'Inghilterra compire sola in Egitto l'opera civilizzatrice iniziata dall'Europa. Il voltafaccia col quale la Francia, dopo aver lasciato compiersi la firma della convenzione, che le opposizioni attuali fatte in tempo avrebbero evidentemente trattenuto il sultano dal consentire, si sforza ora, con assai minori probabilità di successo, d'impedire le ratifiche, mette in piena luce che la Francia sacrifica ogni coerenza nella sua politica, ogni interesse comune, nell'Egitto riformato, colle Potenze mediterranee, all'interesse supremo ad ottenere una cooperazione russa contro la Germania.

Le intimidazioni tentate dalle due Potenze sul sultano sono sfortunatamente avvalorate da qualche segno di disordine nell'esercito ottomano: una rissa sanguinosa fra soldati avvenuta giorni sono, e l'uccisione d'un ufficiale perpetrata dai soldati per insubordinazione in un villaggio nei pressi di questa capitale.

770 1 T. 415, non pubblicato.

771

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 762. Therapia, 12 giugno 1887, ore 10,25 (per. ore 12,55).

Le sultan ayant reçu Montebello, l'a simplement prié de conférer avec le grand-vizir; celui-ci a demandé à l'ambassadeur si, en cas de non-ratification de la convention anglo-turque, la France garantirai t d'obtenir de l' Angleterre des conditions plus favorables pour la Turquie. Montebello n'a pu rien garantir, mais il a insistè sur la nécessité de maintenir le droit du sultan. Le grand-vizir alors lui a dit expressément que la France n'avait pas montré gran souci des droits du sultan à Tunis. La démarche française peut-ètre considérée comme ayant échoué.

772

L'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. S.N. Londra, 13 giugno 1887, ore 20,40 (per. ore 23,55).

Conformément aux ordres contenus dans votre télégramme du lO 1, je viens de remettre à lord Salisbury copie des notes échangées à Madrid le 4 mai et constituant l'accord italo-espagnol. Je lui ai, en mème temps, communiqué le télégramme de V.E. Sa Seigneurie a pris lecture de ces pièces, a exprimé sa reconnaissance pour la communication, et a declaré que l'objet de l'entente rencontrait toutes ses sympathies2 .

773

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO

L. PERSONALE. Berlino, 13 giugno 1887 (per. il 22).

Voici le fin mot de mes instances pour que la Sublime Porte fiìt informée des déclarations échangées entre M. Herbette et le secrétaire d'Etat.

Dans ma correspondance particulière avec le comte de Robilant, j'avais déjà indiqué et je pensais que ce fait vous serait conu, que M. de Radowitz ne jouissait pas ici d'une entière confiance. A tort ou à raison, il est soupçonné de tendances ultramontaines et de sympathies trop prononcées envers la Russie. On se tient donc en garde vis-à-vis de lui, dans un moment surtout où cette Puissance fait les yeux doux à Paris. Ainsi la chancellerie impériale s'est abstenue de lui communiquer, comme à ses collègues à Londres et à Vienne, la partie essentielle des déclarations

précitées. Il m'avait donc semblé util, vu l'esprit qui anime une politique commune à l'ltalie et à l' Allemagne. dans cette question, de chercher à contribuer pour n otre part à parer les coups que la France, secondée par la Russie, voudrait porter à la convention anglo-ottomane. Il me paraissait dès lors assez indiqué de révéler à Constantinople ce que le chancelier ne confiait pas à Radowitz mais dont il ne faisait mystère ni a nous, ni aux ambassadeurs à Vienne et à Londres. Il n'appartenait pas d'ailleurs à l'Allemagne, indirectement intéressée dans ces affaires d'Egypte, de se mettre elle-mème trop en avant. Elle laisse ce ròle aux Puissances plus engagées dans la question, et c'est déjà beaucoup qu'elle se soit déjà prononcée dans les termes que je vous ai signalés. Aller plus loin ce serait se mettre à dos deux voisins, tandis que nous n'avons à nous garder que d'un seui, qui certes ne nous a pas ménagé des désagréments sur plusieurs points de l' Afrique et qui, entre autres, s'est refusé dans le temps à ce qui l'ltalie prit piace en Egypte à còté de la France et de l'Angleterre. Si je comprends que nous cherchions à retarder aussi longtemps que possible une rupture, il ne faudrait pas non plus pousser les ménagements au point que la France pùt attribuer notre attitude à un sentiment de prudence excessive, ce qui l'encouragerait toujours plus à se montrer exigeante.

Vous jugerez peut-ètre à propos de renseigner en voie particulière le baron Blanc sur ce qui concerne M. de Radowitz. Il est bien de n'accueillir que sous bénéfice d'inventaire son langage, qui reflète parfois plus son opinion personnelle, que l'attitude qui lui est prescrite à Berlin. Ainsi un rapport du baron Calice dont on a eu connaissance ici, mentionnait que sir Drummond Wolff, mécontent de l'accueil reçu par l'ambassadeur d'Allemagne, déclarait qu'il ne remettrait plus les pieds chez ce diplomate. Le prince de Bismarck a donné l'ordre qu'un extrait de ce rapport fùt transmis à Radowitz pour qu'il eùt à expliquer sa conduite.

772 1 Cfr. n. 766. 2 Il contenuto di questo telegramma venne comunicato con T. s.n. del 14 giugno alle ambasciate a Berlino, Madrid e Vienna.

774

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4417. Berlino, 14 giugno 1887 (per. il 23).

Le secrétaire d'Etat m'a parlé aujourd'hui d'un entretien qu'il venait d'avoir avec l'ambassadeur de Turquie pour qu'il engage le sultan à ne pas tarder davantage à ratifier la convention anglo-ottomane, autrement on retomberait dans le régime d'un provisoire qui durerait indéfiniment, au risque de nuire toujours plus au prestige de la Puissance souveraine en Egypte. Tewfik bei s'est engagé à télégraphier dans ce sens à Constantinople. M. de Radowitz allait aussi recevoir en voie télégraphique l'instruction de faire entendre une fois de plus le mème conseil. Il lui sera en outre prescrit, dans le cas où M. de Nelidow en manifesterai t quelque désappointement, de rappeler que si l' Allemagne laisse en quelque sorte carte bianche à la Russie pour les affaires bulgares, le Cabinet de Berlin, là où cette Puissance n'a pas d'intérèts directs en jeu, s'est réservée sa liberté d'action, et qu'il n'entend pas, comme il l'a loyalement déclaré à Pétersbourg, contrarier la politique de l' Angleterre en Egypte, surtout quand elle est d'accord avec la Turquie.

En conformité de le dépèche de V.E. du 10 juin n. 2249 1 , je ne pouvais que répéter au comte de Bismarck que le baron Blanc avait déjà agi dans le mème but auprès de la Sublime Porte, et qu'il était autorisé à s'associer en toute circonstance opportune au langage de so n collègue d'Allemagne.

En me référant à mon télégramme d'aujourd'hui 2 , ••.

775

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 4418. Berlino, 14 giugno 1887 (per. il 23).

De son propre mouvement et avant la réception du télégramme de V.E. du 12 1 , arrivé dans la soirée, le com te Széchényi me parlai t de la dernière proposition russe pour l'envoi à Sophia d'un lieutenant-princier, agréé par les Puissances, non bulgare et n'étant pas lui-mème candidat au tròne, avec mission de rétablir l'ordre et de diriger les élections. Cette nouvelle m'ayant été donnée sans me reccomander le secret, j'étais à l'aise pour en toucher quelques mots dans mon entretien d'aujourd'hui avec le secrétaire d'Etat, à sa réception hebdomadaire.

Il ignorait que la Régence eùt déjà repoussé cette proposition, suggérée de Pétersbourg à Constantinople (telegramme de V.E. du 11 juin)2. Il ne lui resultait pas mème qu'une démarche ait été faite auprès de la Sublime Porte. Mais il me dit en voie confidentielle que le Gouvernement russe a, en des termes assez vagues, sondé ici le terrain sur le choix du général Ernroth, en laissant entrevoir le désir que le Cabinet de Berlin appuie un te! choix.

Le secrétaire d'Etat a répondu qu'il était disposé à le faire quand une proposition formelle aurait été présentée aux Puissances par la Russie. Il ne se soucie en aucune sorte de s'engager à la Jégère, car il doute jusqu'à un certain point de la sincérité russe. Il est à prévoir que l'opinion publique de ce Pays, si elle se met sur la trace de ce qui se prépare, critiquera vivement qu'au lieu de recourir à un fonctionnaire orthodoxe et russe pur sang, on jette !es yeux sur un général d'origine finlandaise et appartenant au culte protestant. On verrait peut-ètre se reproduire

2 T. 771, non pubblicato. 775 1 T. 427, non pubblicato.

2 T. 425, non pubblicato.

alors ce qui s'est passé en d'autres circonstances, à savoir l'accusation que l'Allemagne a desservi la cause de la Russie. Le Gouvernement du tsar se garderait probablement de rétablir la vérité des faits, de crainte, comme à l'occasion du Congrès de Berlin, d'aller à l'encontre des courants populaires. Le Cabinet allemand n'a nulle envie de s'échauder une foi de plus et de jouer le ròle que le fabuliste prète à Raton. Il préfère donc laisser la responsabilité première et l'initiative à la Russie, sauf, lorsque celle-ci aura fait des ouvertures formelles aux différentes Puissances, à piacer ensuite quelques mots en faveur. Il ne convient pas de décourager le Cabinet de Pétersbourg de ce qui semble, à ses yeux, un pas vers la conciliation.

Le général Ernroth est au reste bien connu par son honorabilité. Il a déjà été ministre de la guerre en Bulgarie, et a cru devoir se démettre de ses fonctions, parce qu'il lui répugnait de servir d'instrument au parti panslaviste. Il hésitera probablement à rentrer dans cette galère.

Il sera télégraphié aujourd'hui mème au prince Reuss que si le comte Kalnoky lui parle de ce candidat à la lieutenance, il engage le ministre austrohongrois à s'exprimere de la mème manière qu'à Berlin, c'est-à-dire qu'il n'y a pas opposition en principe, mais que la réponse définitive et éventuellement favorable est subordonnée à une proposition formelle et préalable de la Russie aux diverses Puissances.

En attendant, le comte de Bismarck en me communiquant ces détails pour les transmettre à V.E., recommandait le secret le plus absolu, surtout sur le nom du candidat à la Régence. La combinaison semblait assez recommandable, et il ne comprenait pas qu'elle pùt ètre rejetée à Sophia, aux termes du Traité de Berlin, comme si le spectacle auquel nous assistons en Bulgarie était strictement conforme à la lettre et à l'esprit de ce Traité.

J'ai déclaré à mon tour que notre concours était acquis à tout ce qui pourrait amener une solution équitable de la crise (télégramme précité de V.E. du 12 juin). Mais, d'après nos renseignements, le Gouvernement de la Régence ne se montrait aucunement disposé à accueillir une proposition dans cet ordre d'idées. Or, si mème cette proposition était accueillie par toutes les Puissances, la Turquie y comprise, elle ne pourrait dès lors devenir pratique sans l'emploi de mesures coercitives sur lesquelles on ne réussirait pas à s'entendre. D'ailleurs le lieutenant-princier ne sera qu'un paravent; les bulgares tiendront avant tout à savoir ce qui se cache derrière lui. Sauf un prince de Mingrélie, dont jusqu'ici la candidature n'a pas é catégoriquement retirée, aucun autre nom n'a été mis sérieusement sur le tapis, . pour cause, car aucun prince digne de ce nom ne voudrait, dans les conjonctures acteuelles, se mettre sur les rangs.

Le secrétaire d'Etat partageait aussi l'avis que s'il fallait aller aux voix pour aviser à la violence, l'unanimité ferait défaut et que dans ce cas le provisoire se prolongerait en Bulgarie.

En me référant à mes télégrammes d'hier et d'aujourd'hui ... 3 .

774 1 Non pubblicato.

775 3 T. 768, T. 771, T. 773, non pubblicati.

776

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA1

D. 1168. Roma, 15 giugno 1887.

Mi pervenne il pregiato rapporto n. 837 in data 9 corrente 2 , relativo al signor Mercinier, reggente il consolato di Francia a Massaua.

Prego V.E. di ringraziare il signor Flourens per la cordiale accoglienza fatta alle nostre osservazioni circa le protezioni concesse abusivamente da quell'agente, prendendo atto che il Governo francese già fin d'ora non riconosce regolare altra protezione all'infuori di quella di cui godono i greci, in virtù di formale e preesistente accordo fra i due Governi, ed anche per questa protezione il signor Flourens riconosce doversene, in ogni modo, subordinare l'esercizio alle nostre esigenze d'ordine militare.

Prego poi V.E. di voler farmi conoscere le istruzioni definitive che, a tal uopo, saranno impartite al signor Mercinier 3 .

777

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALV ANO, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, LONDRA E PARIGI E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A TUNISI

D. Roma, 15 giugno 1887.

Il r. ambasciatore a Costantinopoli 1 riferisce che, secondo le informazioni da lui raccolte, la notizia, data dal r. console a Tripoli, circa ai negoziati tra la Francia e la Turchia per la delimitazione della frontiera fra la Tunisia e la Tripolitania, non avrebbe alcun fondamento.

Da quanto fu assicurato al barone Blanc, fra la Francia e la Turchia non è occorsa fin qui alcuna occasione di toccare a quell'argomento. Si citano saltano due casi, in cui fra la Francia e la Turchia si fece parola di cose attinenti alla frontiera di Tunisi e di Tripoli. Il primo caso occorse nel maggio 1885, quando le truppe francesi, avanzatesi verso la frontiera tripolitana, ebbero l'ordine di retrocedere, in seguito a pratiche fatte a Parigi dall'ambasciatore ottomano. Il secondo caso ebbe luogo l'anno scorso, a proposito di operazioni di scandaglio eseguite dai francesi nelle acque della Tripolitania.

2 Non rinvenuto.

3 Per la risposta cfr. L'Italia in Ajrica. Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 149. 777 1 R. 40 del 7 giugno, non pubblicato.

Il ministro ottomano degli affari esteri nega recisamente, non solo che si sia mai trattato a Costantinopoli della delimitazione di confini fra la Tunisia e la Tripolitania, cui si alludeva nei rapporti del r. console a Tripoli, ma che alcuna tolleranza o facilitazione per le operazioni francesi sul confine tripolitano abbia potuto essere consentita personalmente dal governatore generale,

In quanto ad un riconoscimento qualsiasi dei fatti compiuti in Tunisia, la Porta continua a dimostrarvisi assolutamente avversa.

776 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 142.

778

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4420. Berlino, 16 giugno 1887 (per. il 23).

J'évite soigneusement de toucher à l'argument si délicat des relations entre l'ltalie et le Saint-Siège. Depuis les quelques phrases que j'ai échangées en mars échu avec le chancelier dans un entretien dont il prenait l'initiative (rapport n. 4370) 1 , aucune allusion, mème indirecte, ne m'a été fai te ni par le prince de Bismarck, ni par le secrétaire d'Etat. Mais je sais, en voie détournée, que le Cabinet de Berlin ne s'écarte pas de son attitude d'abstention. Ainsi il est inexact que l'allocution prononcée le 23 mai par le pape, et surtout les combinaisons mises à ce propos sur le tapis par des journaux plus ou moins autorisés, aient été jusqu'à un certain point le résultat d'une entente entre le Vatican et Berlin. Mais ce serait tomber dans l'absurde que d'admettre, comme le bruit en a couru, que le Gouvernement impérial aurait manifesté la velléité d'accepter un ròle de médiateur ou d'arbitre. Ce sont là des insinuations jetées en pàture à la crédulité publique par ceux qui ont un intérèt à rompre le faisceau de notre alliance avec les deux Empires, et font flèche de tout bois à cet effet. Ils visent à exciter la défiance contre notre principal allié, en comptant bien, après avoir atteint ce but, qu'ils nous détacheraient avec moins de peine de l'Autriche. De semblables insinuations se réfutent d'elles-mèmes. Il ne saurait, entre autres, s'agir d'une médiation ou mème de simples bons offices qui n'auraient pas été préalablement consentis par les parties en cause.

Ce sont des journaux français ou des organes de la presse étrangère inspirés et soudoyés de Paris qui publient de préférence, ou qui reproduisent avec commentaires, ces nouvelles à sensation.

Le Cabinet de Berlin verrait sans doute de bon reil, notamment dans les conjonctures politiques actuelles, qu'un accord s'établit de gré à gré entre la Papauté et le Royaume d'ltalie, du moment où Léon XIII en parlant de ses démèlés avec nous, n'a pas rappelé le pouvoir temporel. Le Gouvernement impérial, avec la perspective surtout d'affronter tòt ou tard une nouvelle guerre avec la France,

respire plus à l'aise en présence du rétablissement de la paix réligieuse en Allemagne. Dans le cas où le mème fait se produirait en ltalie, nous aurions nous aussi les coudées plus franches s'il survenait des complications à l'étranger. Il espère donc, comme S.E. le ministre de l'intérieur le laissait entendre à notre Chambre, que la conciliation s'op~rera par l'action du temps et par la force de l'opinion publique. Mais il ne vise point à en devancer l'ceuvre par une ingérence qui amènerait très probablement un effet contraire, et qui le mettrait en suspicion en ltalie. Il ne se soucie aucunement de tomber dans le piège que lui tendent ses adversaires. Il n'est pas moins vrai, si nous n'étions pas les amis de l' Allemagne, que cette question tant qu'elle reste ouverte pourrait lui fournir le joint de nous susciter de sérieux embarras. Et c'est là un motif de plus pour que l'esprit d'intransigeance, qu'il soit lai:que ou clérical ultramontain, n'ait pas gain de cause.

Je ne sais plus quel journal affirmait que, vu !es liens d'amitié noués à Madrid entre le nouveau secrétaire d'Etat de Sa Sainteté et le comte de Solms, cette considération avait décidé le pape et le prince de Bismarck à les réunir à Rome. Sur ce point, comme sur d'autres, on s'abstient d'opposer des démentis qui franchement ne seraient pas de mise. Mais j'ai tout lieu de croire que le comte de Solms a reçu l'instruction de ne jamais perdre de vue qu'il est accrédité à notre Cour, et d'éviter par conséquent, dans ses relations, nommément avec le cardinal Rampolla, tout ce qui pourrait donner lieu à des commentaires 2 .

778 1 Del 31 marzo, non pubblicato.

779

IL MINISTRO A BELGRADO, GALVAGNA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 19. Belgrado, 16 giugno 1887 (per. il 20).

Il nuovo presidente del Consiglio serbo venne ieri a restituirmi la visita da me fattagli il giorno innanzi. Egli mi disse di aver avuto poco prima un lungo colloquio col ministro d'Austria-Ungheria e di avergli manifestato assai chiaramente le proprie intenzioni. Il nuovo Ministero (così sarebbesi espresso il signor Ristich) desidera mantenersi in ottimi rapporti col Gabinetto di Vienna. Egli non dissimula la sua simpatia verso la Russia; è questo un sentimento tradizionale della Nazione serba; ma il voler coltivare l'amicizia della Russia non vuoi punto dire che s'intenda di schierarsi contro l'Austria-Ungheria; il vivere in buona armonia con l'una e l'altra Potenza non sarà né impossibile né arduo viste le relazioni d'amicizia che esistono tra Vienna e Pietroburgo. Del resto il Ristich ha la coscienza di non aver nelle sue amministrazioni anteriori compiuto alcun atto che significasse ostilità al Gabinetto di Vienna; fece bensì opposizione ai desideri dell'Austria-Ungheria nel campo

commerciale, ma ciò non può implicare disposizioni di sistematica malevolenza; l'Austria-Ungheria e la Germania da lungo tempo discutono sulla questione dei dazi doganali, e ciò non pertanto sono strettamente unite sul terreno politico. È bensì vero che tra l'Austria-Ungheria e la Serbia esiste una questione di gravissima importanza, la questione, cioè, della Bosnia, che la Serbia non cessa dal considerare come suo patrimonio; ma siffatta questione non è tale da potersi risolvere direttamente tra i due Governi, e dal suo canto il Gabinetto di Belgrado nulla farà e nulla lascierà fare che possa creare imbarazzi alla occupazione austriaca in quella provincia.

Dopo di avermi riferite le dichiarazioni da lui fatte al signor di Hengelmiiller, il signor Ristich toccò di volo della Bulgaria, manifestando il proprio rincrescimento che gli attuali reggenti persistano a voler mantenersi al potere, prolungando così una provvisorietà di cose che può ad ogni istante provocare nuove complicazioni nella penisola balcanica.

778 2 Per la risposta cfr. n. 789.

780

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 49. Therapia, 17 giugno 1887 (per. il 22).

L'ambasciatore di Russia diede ad intendere ieri l'altro alla Porta, dal suo primo dragomanno, che le ratifiche della convenzione anglo-turca condurrebbero ad una guerra, senza però spiegare fra quali potenze. Col signor di Radowitz, il signor Nelidov si lagnò della indifferenza della Germania per l'efficacia speciale attribuita dalle dichiarazioni inglesi all'adesione delle Potenze mediterranee alla convenzione osservando come si pregiudicasse così i diritti eguali delle Grandi Potenze nella questione egiziana. Il signor di Radowitz gli rispose che la Germania, non essendo neppure essa Potenza mediterranea, si trova, riguardo alla convenzione anglo-turca, nella stessa situazione della Russia, mentre ha, per altro, in Egitto interessi finanziari legati alla consolidazione dell'opera iniziata dall'Inghilterra.

Il signor di Radowitz mi disse ieri che, nella questione cretese, egli aveva schiettamente sconsigliato alla Porta di far qualsiasi concessione che potesse incoraggiare gl'intrighi in Creta (so dalla Porta che il principe di Bismarck disse che ai cretesi bisognava dare non oro, ma piombo). In quanto alla convenzione anglo-turca ha ordine di raccomandare alla Porta di procedere senz'altro alle ratifiche; e per le cose di Bulgaria mi confermò che la Germania continuava a serbare un contegno di speciali riguardi verso la Russia. Gli domandai se non fosse a temersi che la Porta venisse indotta a sospettare che la Bulgaria diventi oggetto di compenso per l'Egitto, e per quel motivo appunto rifiutasse di ratificare la convenzione. Il signor di Radowitz si limitò a rispondermi che non vi era ragione di connettere l'una e l'altra quistione.

Poche ore dopo, il conte di Montebello si recava alla Porta per farle una nuova comunicazione, anche questa anticipatamente annunziata, e fu che, quando la convenzione venisse ratificata, la quistione dei compensi verrebbe col fatto aperta per le altre Potenze; locché produsse tanto maggiore impressione, in quanto che il signor Nelidov aveva precedentemente fatto allusione alla Siria, a Tripoli e alla Creta, compensi che potevano tentar qualcuno se all'Inghilterra si abbandonava l'Egitto.

Il signor Drummond W olff, essendo sopravvenuto, trovò il gran vizir alquanto inquieto, e ne ricevette un progetto di nota improvvisata da Sua Altezza seduta stante, nel quale il Governo inglese avrebbe dichiarato che quando dopo tre anni, nel caso di un pericolo proveniente dall'opposizione di una Potenza mediterranea, le due Potenze contraenti abbiano a concertarsi sui mezzi di esecuzione dell'art. V, i provvedimenti da adottarsi non potranno né condurre ad un pregiudizio o sacrificio qualsiasi dei diritti del sultano, né rendere indefinita l'occupazione inglese in Egitto.

Sir H. Drummond W olff mi espresse confidenzialmente i suoi dubbi sulla possibilità di aggiungere nuove assicurazioni alle molte già date circa le leali intenzioni dell'Inghilterra verso i diritti del sultano sull'Egitto; e sir W. White m'intrattenne esso pure dello stesso argomento; la conclusione dei loro colloqui con me fu che la Porta avendo di mira non il solo Egitto, ma anche le pretese della Francia e della Russia a compensi, tale questione si poteva colla Porta stessa chiarire più francamente, riconoscendosi all'occorrenza che nel caso suddetto l'occupazione, dovendo non essere che temporaria e cessare col pericolo che l'avesse motivata, non potrebbe dar luogo, a vantaggio di qualsiasi potenza, a pregiudizi o sacrifizi dei diritti del sultano.

Tra le Potenze mediterranee che verranno invitate ad aderire alla convenzione, non è da annoverarsi la Grecia, perché sottoposta alla guarentigia di tre Potenze e perciò vincolata da circostanze eccezionali. La Spagna invece, secondo il parere personale dei miei colleghi d'Inghilterra, di Germania e d'Austria-Ungheria, potrà ricevere comunicazione della convenzione contemporaneamente alle Grandi Potenze, a meno che i rispettivi Gabinetti e la Porta muovano imprevedute obiezioni; intanto non sarà opportuno toccare qui tale questione, che potrebbe complicare una situazione già abbastanza difficile, se non quando sieno state scambiate le ratifiche.

781

IL CONSOLE A LA CANEA, PIRRONE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 300. La Canea, 18 giugno 1887 (per. il 28).

Ho l'onore d'informare l'E.V. che martedì scorso, 14 giugno corrente, è arrivata al Golfo della Suda la corvetta russa «Strelok» proveniente dal Pireo e ne riparte oggi stesso alla volta di Beirut.

A partire dal giorno in cui scoppiarono i torbidi in quest'isola, è questa la terza volta che un bastimento da guerra russo si fa vedere in queste acque. Una tale circostanza, avvicinata all'attitudine decisamente favorevole di questo console di Russia alla causa dei cristiani, non che, al fatto del frequente scambio di telegrammi tra questo consolato russo e l'ambasciata a Costantinopoli concernenti gli affari della Creta, dà maggior consistenza alla voce che il Governo di Pietroburgo prenda uno speciale interesse alla sorte dei cristiani e metta sotto il suo patrocinio la loro tendenza alla completa emancipazione.

782

IL MINISTRO A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 34. Madrid, 20 giugno 1887 (per. il 27 ).

Alcuni giorni sono il signor Moret mi fece vedere un rapporto confidenziale direttogli dal ministro spagnuolo a Berlino, nel quale questi rassegnava constargli in modo ufficiale che, al par di quanto succedeva pel Marocco, la Francia portava le sue vedute ambiziose anche sul territorio della Tripolitania, e che credevasi intervenuto un accordo fra il Governo della Repubblica e la Turchia, per una delimitazione favorevole al primo della frontiera tunisina.

Il conte di Benomar inviava sommariamente al signor Moret le stesse notizie che già avevo lette nei rapporti del r. console a Tripoli, trasmessimi nella serie dei documenti diplomatici. Io ne faccio cenno all'E.V. unicamente per informarla che, eziandio, il Gabinetto spagnuolo ha avuto la conferma delle comunicazioni costà mandate a simile riguardo dal r. ambasciatore a Berlino, secondo quanto scorgo dagli ultimi documenti pervenutimi della citata collezione; cioè, che la Francia, fino a che non sarà trattenuta da una energica resistenza, continuerà a compiere gradatamente all'ovest e all'est dell'Algeria tutti quei progressi che potrà.

All'onorevole generale di Bassecourt, il quale parte oggi per far ritorno in patria, rimetto il presente rapporto, con preghiera d'impostarlo appena oltrepassato il nostro confine.

783

IL MINISTRO A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 35. Madrid, 20 giugno 1887 (per. il 25).

Ringrazio l'E.V. del dispaccio confidenziale che si compiacque rivolgermi in data del 17 scorso maggio 1 , per informarmi delle benevoli disposizioni sempre dimostrate al signor conte Barbolani da monsignor Di Pietro, già nunzio apostolico a Monaco, ed ora nominato nella stessa qualità a Madrid, in sostituzione del cardinale Rampolla. Nel citato dispaccio ella esprimevami pur anco la speranza che io avrei saputo mantenere col nuovo rappresentante della Santa Sede in questo Paese i medesimi buoni rapporti che monsignor Di Pietro aveva costantemente avuto col ministro del re in Baviera.

I desideri: dell'E.V. sono sempre degli ordini per me, ed è superfluo assicurarla ch'io, anche in questa congiuntura, seguirò scrupolosamente gli ossequiati di lei cenni. La cosa mi sarà tanto più facile ché, fin dal mio arrivo a Madrid, ebbi cura di stabilire cordiali relazioni con questa nunziatura apostolica.

La prima occasione che io ebbi di intervenire ufficialmente alla Corte della regina reggente, dopo la consegna delle mie credenziali, fu precisamente il giorno in cui ebbe luogo l'imposizione della berretta cardinalizia a monsignor Rampolla. In quella circostanza non ebbi mezzo di farmi a lui presentare essendo stato, naturalmente, impossibile avvicinarlo. Siccome, però, quando lasciai Bruxelles monsignor Ferrata, nunzio colà, aveva scritto al suo collega di Madrid come io bramassi avere subito i migliori rapporti con lui, pregai questo introduttore degli ambasciatori di compiacersi informar il nuovo porporato quanto felice sarei stato d'andargli a far visita, cui S.E. rispose aver precisamente in animo di venire essa stessa la prima da me. Ma, occupatissimo io dalle cure inerenti all'esordire delle mie funzioni presso il Governo spagnolo, ed occupatissimo eziandio il cardinale dai preparativi della sua imminente partenza, il caso volle che avanti d'aver avuti con lui altri rapporti che quelli d'un semplice scambio di carte da visita, lo incontrassi nell'anticamera della regina Isabella, alla quale io dovevo essere presentato, e lui ricevuto in udienza di congedo.

Di brevissima durata era la dimora di donna Isabella a Madrid, ed il suo appartamento trovavasi in quel giorno affollatissimo. Tutti erano accorsi a fare atto di omaggio alla decaduta sovrana, che tanti aderenti conta, ancora adesso, nelle varie classi sociali, ma in ispecie fra quella antica aristocrazia altre volte più notoriamente avversa all'Italia, appunto per la questione religiosa. Si fu, dunque, al cospetto di tutti costoro, fra cui campeggiavano alti funzionari di Corte e il fiore della grandezza spagnuola, ch'io portando la divisa della mia carica, domandai d'essere presentato al futuro segretario di Stato pontificio. Appena questi seppe del mio desiderio, si avanzò verso di me e mi prese con effusione la destra fra le mani, esprimendomi le più lusinghiere cose sul conto mio e ripetendomi che avrebbe bramato egli medesimo di venire da me. Tutti si erano appartati e tenevano fissi gli occhi sopra di noi, mentre il rappresentante del Pontefice conversava meco per parecchi minuti nel modo più affabile, e chiedendomi persino se poteva essermi utile a qualche cosa in Italia. Dopo di ciò ci siamo mutualmente fatta una visita, disgraziatamente però senza più incontrarci, essendo il cardinale Rampolla quasi immediatamente partito.

Le condizioni in cui si verificò l'incidente che ho voluto narrare all'E.V., destarono a questa Corte una profonda impressione, e probabilmente il contegno tenuto con me dal porporato che oggi occupa una sì elevata posizione al Vaticano, sarà sorgente di soddisfazione per l'E.V., come prova evidente de' sentimenti di conciliazione, onde egli dimostra essere animato.

Nel partire il cardinale Rampolla non mi domandò un lasciapassare per le nostre dogane; ma tale preghiera mi era stata pochi giorni prima diretta dal marchese Giustiniani, guardia nobile del Santo Padre, che era qui venuto, latore della berretta cardinalizia ed io, naturalmente, vi acconsentii.

Ignoro quando monsignor di Pietro verrà a Madrid. Finora con tutti i nunci apostolici, coi quali mi sono trovato, mi sono sempre astenuto dall'intervenire al ricevimento ufficiale in uniforme, che hanno diritto di tenere al par degli ambasciatori, e mi sono limitato a cogliere il momento opportuno di farmi privatamente presentare. Ma, nelle attuali circostanze, date le buone intenzioni di monsignor Di Pietro, io non so se V.E. troverebbe conveniente che, dipartendomi io dalle consuetudini fin qui seguite, mi recassi cogli altri membri del corpo diplomatico al precitato ricevimento solenne, che avrà luogo al giungere di lui.

Se l'E.V. consentisse in questo pensiero, avrebbe forse mezzo di fare scandagliare su di ciò l'opinione di monsignor stesso, prima della sua venuta a Madrid. Sarei grato all'E.V. di fornirmi istruzioni in proposito e in difetto di esse continuerei a regolarmi come ho sempre fatto per lo passato.

783 1 D. 17, non pubblicato.

784

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 801. Berlino, 22 giugno 1887, ore 15,55 (per. ore 18,30).

En présence des atermoiements causés par l'attitude de la France et de la Russie, celle-ci menaçant mème de faire avancer des troupes de Kars vers le Bosphore, le secrétaire d'Etat exprimait hier l'avis, que la meilleure conduite à suivre par l'Angleterre, sera non plus de marquer une trop vive insistance pour la ratification de la convention anglo-ottomane, mais de se bomer à faire entendre à la Sublime Porte, que cet accord fabuleux est à prendre ou à laisser. Mon collègue britannique à télégraphié dans ce sens à Londres. L'attitude du Cabinet de Berlin ainsi que je m'en assurais hier auprès du comte de Bismarck, n'a pas varié ici comme à Constantinople. Il tient et fait tenir le mème langage favorable à l'Angleterre.

785

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 804. Berlino, 22 giugno 1887, ore 18,05 (per. ore 20,10).

Je me réfère à mon rapport du 2 mai de la série commerciale 1 . Me permettant de conseiller de ne pas dénoncer notre traité de commerce avec l'Allemagne, j'emettais la crainte que celle-ci n'en prìt l'initiative. Cette crainte m'est confirmé par un entretien que j'ai eu hier en voie privé avec le secrétaire d'Etat pour !es affaires intérieurs de l'Empire. La question est encore à l'examen, mais on penche fort vers

une dénonciation, accompagnée de l'assurances des meilleurs dispositions pour négocier le plus tòt possible un nouvel arrangement. Le traité actuel perdra aux yeux du Cabinet de Berlin presque toute sa valeur du moment où cessera d'ètre en vigueur le traité que nous avons dénoncé avec l' Autriche, la France et la Suisse et dont il profitait, ensuite des clauses du traitement de la Nation la plus favorisée. l'ai émis l'avis tout-à-fait personnel qu'on pourrait peut-ètre, d'un commun accord, et par un échange de notes, étendre au delà du ler février prochain les termes facultatifs de la dénonciation. On gagnerait ainsi du temps et dans l'intervalle les pourparlers de l'Allemagne avec l' Autriche et la Suisse, et les nòtre avec l' Autriche, France et Suisse, éclairciraient la situation et nous faciliteraient une entente. Le secrétaire d'Etat de l'interieur objectait que le traité, ayant été soumis au Reichstag, on ne saurait y apporter nulle modification sans son consentement. Qui peut d'ailleurs garantir résultat de nos négociations avec Vienne, Paris et Rome, et de celles de l' Allemagne avec Vienne? Il est de fai t qu'en cas de réussite nos deux Pays, en maintenant entre eux le statu quo, s'assureraient mutuellement et gratuitement les avantages obenu de tiers Etat, mais c'est là une chance encore incertaine, et il faudrait l'assentiment préalable des Chambres.

785 1 Non pubblicato.

786

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

T. 463. Roma, 23 giugno 1887, ore 11,35.

J'approuve votre réserve envers le grand-vizir au sujet de l'affaire égyptienne. Il est cependant, et sauf la question de procédure, bien entendu que V.E., d'accord avec les collègues d'Allemagne et d'Autriche-Hongrie, doit saisir toute bonne occasion pour faire comprendre à la Sublime Porte qu'elle a tout à gagner et rien à perdre en se maintenant fidèlement sur le terrain de l'entente avec l' Angleterre et avec le groupe des Puissances centrales.

787

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. CONFIDENZIALE 467. Roma, 24 giugno 1887, ore 13,45.

L'agent de Bulgarie à Constantinople d'abord, et ensuite le régent Stambuloff et le ministre bulgare des affaires étrangères, ont fait, le premier avec notre ambassadeur et les deux autres avec notre agent à Sophia, sous le sceau du secret, une allusion à l'éventualité que la prochaine assemblée de Tirnovo, proclame comme prince de Bulgarie le père du prince Alexandre de Battenberg. Comme il ne nous convient pas d'etre pris au dépourvu, je vous prie d'en toucher un mot très confidentiel, avec le secrétaire d'Etat e de me faire connaìtre, si possible, la pensée du chancelier là-dessus 1 .

788

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 814. Costantinopoli, 25 giugno 1887, ore 5 (per. ore 8).

D'après ce que Radowitz a dit à White et à moi, message du sultan lui a annoncé hier au soir que Sa Majesté refuse de ratifier la convention sans modifications et le prie de tàcher de les obtenir de sir Drummond Wolff. Radowitz a répondu au grand-vizir que la convention est à prendre ou à laisser et que la: responsabilité d'un refus sera à la charge de la Porte. Radowitz a ajouté à White, qu'en cas de refus de ratifier, on ne peut compter en rien sur la Turquie et que l'Angleterre peut faire ce qu'elle voudra de l'Egypte. White a répondu à Radowitz que cela ne changerait en rien l'intéret que l' Angleterre porte à l'intégrité de la Turquie. White m'a dit ensuite que jusqu'au dernier moment il s'efforcerait avec moi et Calice d'empecher la politique des compensations de prévaloir. J'avais rendez-vous avec le grand-vizir pour cette après midi. Sir Drummond Wolff m'a dit qu'étant à bout d'arguments sérieux et ne pouvant pas aborder les arguments tirés de l'intéret que notre groupe de Puissances porte à la convention, il me prie d'intervenir dans sa conférence avec le grand-vizir; ce que j'ai fait. Le grand-vizir a allégué la persistence du sultan à vouloir qu'on suggère 1 la clause que la réoccupation ne puisse avoir lieu, en cas de troubles intérieurs, que sur la démande de la Porte; Wolff a déclaré toute discussion dose, ajoutant que la non-ratification impliquerait aussi la cessation du régime de la convention du 1885 et la retraite de Mouktar pacha, et a proposé comme dernière garantie le texte d'une déclaration qui excluerait tout sacrifice des droits du sultan au profit d'une Puissance méditerranéenne quelconque. Grand-vizir a observé que le mot «méditerranéenne» pouvait etre supprimé, ce sur quoi sir Drummond Wolff a consenti à télégrafier à Londres. De mon còté, sur une remarque du grand-vizir, que rien ne pouvait assurer le sultan que l' Allemagne n'eùt pas des inclinations vers la Russie, et l'Italie vers la France, j'ai tenu le langage auquel m'autorisaient les derniers télégrammes de V.E. Sir Drummond Wolff croit que mes arguments ont été efficaces. Le

788 1 Punto interrogativo del decifratore dopo «suggère».

grand-vizir ne croyait pas que le sultan eùt pris décision finale et ira demain faire son rapport à Sa Majesté, sur notre conférence. Radowitz étant venu ensuite chez-moi, a approuvé que j'aie parlé au nom de tout notre groupe.

787 1 Cfr. n. 791.

789

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

D. 2457 bis. Roma, 25 giugno 1887.

Ringrazio in particolar modo l'E.V. per le interessanti informazioni favoritemi col rapporto del 16 corrente 1 circa il contegno di astensione che la Germania intende seguire nella questione dei rapporti del R. Governo col Vaticano.

I concetti del R. Governo in questa materia sono espressi nelle dichiarazioni fatte recentemente alla Camera dai ministri Zanardelli e Crispi. V.E. le avrà vedute riprodotte nel documento diplomatico n. 1097 (VIf.

790

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 818. Costantinopoli, 26 giugno 1887, ore 13,10 (per. ore 15,25).

D'après divers télégrammes arrivés hier, lord Salisbury a dit à Rustem pacha, que la Russie, voulant faire de la Mer Noire un lac russe, et la France de la Méditerranée un lac français, la Turquie doit s'appuyer franchement sur l'Allemagne, l' Autriche-Hongrie et l'ltalie. Que la non-ratification prouverait que la Turquie n'est plus une Puissance indépendante, et dispenserai t l' Angleterre de tout engagement pour l'Egypte. Rustem ayant observé que Radowitz semble froid, Salisbury a répondu que le prince impérial et Hatzfeldt, au contraire, l'assurent de l'appui énergique de l'Allemagne. Le sultan vient de recevoir de son ambassadeur à Berlin un télégramme direct, transmettant le conseil personnel du prince de Bismarck de ratifier sans hésitation; cependant Radowitz, tout en assurant sir Drummond Wolff et moi qu'il insiste dans ce sens auprès de la Porte, continue à montrer le doute

2 Si tratta di un estratto del rendiconto ufficiale della Camera dei deputati (tornata del 10 giugno), non pubblicato.

que la ratification ait lieu de si-tòt, et la prevlSlon en tout cas de la chùte du grand-vizir. White et Calice craignent que le nouveau délai, pour les ratifications, démandé à lord Salisbury par télégramme du grand-vizir à Rustem, ne donne le temps à la Russie de créer une diversion en Bulgarie et en Crète, où les choses semblent se gàter.

789 1 Cfr. n. 778.

791

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4427. Berlino, 26 giugno 1887 (per. il 30).

Je me réfère au télégramme confidentiel de V.E. du 24 juin 1 .

Le Cabinet de Berlin, ainsi que je viens de le télégraphier, n'a reçu jusqu'ici aucune confidence de source autorisée sur l'éventualité que l'assemblée prochaine de Tirnowa proclame le père du prince Alexandre de Battenberg comme prince de Bulgarie. Le bruit en avait couru à Berlin, et lundi dernier le secrétaire d'Etat en a parlé à l'empereur «sous forme de plaisanterie», car le prince Alexandre de Hesse, vu son àge, ne se soucierait pas sans doute, mème dans l'intérèt de sa famille morganatique, de s'embarquer en pareille aventure. Rien ne prouve d'ailleurs qu'un tel choix plairait à Pétersbourg. Ce serait en quelque sorte vouloir tenir la place chaude pour y installer, après lui, son fils aìné le prince Louis, capitaine de corvette au service de l'Angleterre. Tout ce qui rappelle les Battenberg, lors mème que le prince abdicataire ne paraisse plus en cause, ne ferait qu'irriter les nerfs du tsar. Il suffirait de son véto pour faire échouer la combinaison. Le Cabinet de Berlin, ainsi que le comte de Bismarck me le disait hier, répondrait éventuellement, à une semblable ouverture ou à toute autre, comme il l'a fait récemment pour une suggestion en faveur d'un prince apparenté à la Cour de Saxe-Weimar, qu'il convient préalablement de s'entendre avec la Russie.

Il me revient indirectement que, d'après des rapports arrivés au Département des affaires étrangères, la situation se complique en Bulgarie. Malgré les affirmations contraires, le désaccord existe entre la Régence et le Ministère, et pourrait aboutir à un éclat, si on tarde trop à sortir du régime provisoire. Tant qu'il s'agirà d'aller aux voix pour l'élection au tròne, on ne parviendra pas, dans les conjonctures actuelles, à réunir l'unanimité des Puissances. Il ne resterait qu'à procéder par un fait accompli; on ne voit pas surgir pour le moment le personnage hardi, qui, ne prenant conseil que de lui-mème et des intérèts d'une Bulgarie autonome, poserait sa candidature, en sautant pieds-joints sur quelques-unes des formalités prescrites par le Traité de Berlin. Il s'élèverait sans doute des protestations de la part de la

791 Cfr. n. 787.

Russie, mais il est fort problématique qu'elle s'opposerait de vive force, pourvu que le candidat ne fùt ni un Battenberg, ni un Aleko-Vogorides. Si le prince de Hohenzollern avait quémandé l'appui de l'étranger avant de se rendre en 1866 à Bukarest, où l'appelait un plébiscite, il ne serait pas aujourd'hui souverain de Roumanie. Certains gouvernements éprouvèrent d'abord un sentiment de mauvaise humeur, mais cinq mois plus tard le fait était reconnu par les Puissances.

792

IL COMMISSARIO CIVILE AD ASSAB, DE SIMONE, AL COMANDANTE SUPERIORE NEL MAR ROSSO, SALETTA

L. Assab, 27 giugno 1887.

Come mio dovere mi onoro rimettere alla S.V. Illustrissima una copia di lettera del conte Antonelli a me diretta ed arrivata coll'ultimo corriere da Scioa, il mattino del 23 corrente 1• Mi permetto rispettosamente far rilevare l'importanza di due periodi di essa ed il primo dei quali ebbi già l'onore di telegrafare alla S.V. Illustrissima.

Il primo cioè quello che dice della pace fatta coll'Italia ed annunziata dal negus al Menelik fa nascere spontanea la domanda, a quale scopo ha egli dato una notizia insussistente e pur tanto grave. Non si può supporre forse che il negus trovasi di fronte a quelle solite complicazioni politiche facili in Abissinia, prodotte dalla sfrenata ambizione di un capo al quale fortuna per un momento arrise. Ora egli sapendo il re Menelik in buone relazioni coll'Italia, non cerchi profittarne per tentare indirettamente far ventilare una simile notizia onde conoscere quali possano essere le nostre intenzioni a suo riguardo e anche per stabilire qualche preliminare di pace.

Tale supposizione potrebbe anche essere avvalorata se si rapporta questa seconda lettera del negus colla prima mandata al Menelik colla quale egli smentiva ras Alula dando la notizia delle perdite che avevano subìto gli abissini poco dissimili a quelle da me date al conte Antonelli cioè duemila morti tra cui ventisei capi e moltissimi i feriti.

Potrebbe anche darsi che egli voglia con tale notizia fare nascere delle speranze onde rallentare la nostra attività verso di lui.

Non sarebbe improbabile che, come dice l' Antonelli, egli voglia intimorire l'animo del Menelik ed arrestarne i preparativi di guerra supponendolo nostro alleato, ma mi sembra troppo puerile il mezzo escogitato.

Tali mie supposizioni mi permetto sottoporre all'alto giudizio c.;dla S.V. Illustrissima per quel valore che potranno avere.

Il secondo periodo poi tratta della non mai definita questione delle armi e mentre noi ci sforziamo a proibirne l'importazione vediamo che, a discapito delle nostre relazioni con lo Scioa, tutti, sia da una parte sia dall'altra, si fanno premura

di fornirgli armi e munizioni. Dico a nostro discapito imperciocché se lo Scioa sarà neutrale o alleato, è fornito dagli inglesi e francesi e non da noi. Se nemico, ciò che non diamo giustamente, danno gli altri.

Ora come dice il conte Antonelli 700 casse di cartucce Remington sono arrivate da oltre un mese allo Scioa. Chi le ha spedite? Ammettiamo i negozianti francesi. Dunque essi si ebbero il permesso dalle autorità inglesi residenti a Zeila?

Furono spedite da Berbera? Allora le stesse autorità vi furono direttamente impegnate. Qualcuno non mancherà di scusarsi dicendo che queste cartucce erano dello scacciato emiro, tale scusa non regge perché tutti sanno che ben pochi fucili aveva l'emiro di tale specie e quando anche fossero bottino di guerra, è certo che un capo, il quale non ha ancora bene affermata la sua podestà su di un popolo recentemente conquistato, vorrebbe privarsi di tali munizioni a suo discapito.

Mi fo in ultimo dovere di rendere noto alla S.V. Illustrissima che di tutte le lettere che giungono dallo interno, siano anco private (qualora abbiano particolari interessanti) ne rimetterò, (come feci sempre) copia alla S.V. Illustrissima ed al

r. ministero, imperciocché un subordinato deve concorrere in tutti i modi che gli sono possibili alla buona riuscita dell'opera dei suoi superiori. Non mancherò d'interessare il conte Antonelli per tentare di sapere con maggiori dettagli lo stato politico dell'Abissinia.

Copia della stessa lettera ho avuto l'onore di rimettere a S.E. il ministro della guerra coll'ultima posta.

792 1 Cfr. L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., pp. 166-168.

793

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 826. Costantinopoli, 28 giugno 1887, ore 10,50 (per. ore 12,55).

Un délai de huit jours vient encore d'ètre accordé par Salisbury pour la ratification. Aujourd'hui le grand-vizir et Said pacha ont consulté sépmément mes collègues d'Autriche-Hongrie, d'Allemagne et mois sur la valeur des menaces de nos deux collègues. J'ai adhéré entièrement ainsi que Calice, à une déclaration verbale rédigé par Radowitz portant que si des menaces ont été adressées à la Porte par les répresentants de France et de Russie, à cause de la convention anglo-turque, le Gouvernement de etc. croit d'après ses informations que cette attitude n'est pas conforme aux intentions des Cabinets de Paris et de Pétersbourg; le grand-vizir m'a dit qu'il combinera avec Drummond Wolff une rédaction qui fera dépendre du consentiment du sultan la réoccupation pour troubles interieures, mais qu'un engagement très secret établira que la réoccupation, mème en ce cas, pourra avoir lieu sur simple notification. Le grand-vizir et Said pacha désirent une entente avec l'Angleterre et l'ltalie, pour le statu quo méditerranéen, mais l'attitude de l' Allemagne fai t craindre au sultan que cet avantage ne soit payé par l'abandon de la Bulgarie à la Russie.

794

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 837. Berlino, 30 giugno 1887, ore 18,50 (per. ore 22.20).

Je me réfère à mon télégramme et à mon rapport commerciai du 22 juin 1• Il a été rendu compte au chancelier de mon entretien privé avec le secrétaire d'Etat de l'intérieur. Contrairement à ce que ce dernier laissait entrevoir, le prince a chargé le comte de Bismarck de me dire qu'il s'appropriait ma manière de voir; que mieux valait ne pas dénoncer le Traité de commerce. Il est parfaitement vrai que cet accord perd presque toute sa valeur pour l' Allemagne par effet de la dénonciation de nos traités avec les Etats limitrophes de l'Italie; mais Son Altesse piace au dessus des considérations économiques les intérèts concernants les rapports politiques entre l' Allemagne et l'Italie, et tient à éviter toutes fausses interprétations auxquelles pourrait donner lieu une dénonciation de la part du Gouvernement impérial. Si, comme il l'espère, nous partageons le mème avis, le present traité resterait encore en vigueur, lors mème qu'il nous assure des avantages assez considérables sans compensations assurées à l'autre partie contractante, et malgré les plaintes qui se font jour dans plusieurs centres commerciaux de l'Allemagne. Vu le manque évident de réciprocité, l'expédient de prolonger le terme facultatif de dénonciation, ne serait réalisable qu'avec l'approbation du Conseil fédéral et du Parlement de l'Empire. Celui-ci ne se réunira qu'en novembre ou décembre; ce serait soulever une longue discussion, ouvrir la voie à un refus, parce qu'il est à présumer que la majorité se montrerait contraire en présence des objections qui ne manqueraient pas de se produire.

795

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 841. Atene, r luglio 1887, ore 14,30 (per. ore 16,40).

Il y une vingtaine de jours, un grec provenant de Rome s'est présenté au plus influent des membres de ce comité crétois, et lui a dit que M. Crispi lui avait exprimé tous ses regrets à propos de l'attitude de l'Italie à propos du blocus, ainsi que le vif désir du Gouvernement du roi de rétablir les rapports

entre les deux Pays sur le pied de la plus cordiale intimité. Un autre député italien, qu'il n'a pas voulu nommer, lui aurait tenu le mème langage et encouragé à le répéter au comité crétois d'Athènes. Il a ensuite démandé à son interlocuteur quelques pièces relatives aux demandes actuelles des candiotes, et peu de jours après il a quitté la capitale sans annoncer son retour, ni mème prendre congé de la personne à laquelle il s'était adressé. Celle-ci n'a attaché aucune importance à la visite de son compatriote et s'est borné a lui laisser sa carte; elle ignore complétement l'existence d'un comité crétois à Rome et repousse, ainsi que ses collègues, toute tentative d'insurrection dans les circonstances actuelles. Le comité d'Athènes se bome à donner aux crétois des conseils de prudence et de modération, et à diriger en quelque sorte la conduite des députés chrétiens envoyés à Constantinople par l' Assemblée depuis bien des d'années. Ce comité ne possède plus ni un fusil ni une cartouche: comment aurait-il donc fait pour disposer de cinquante caisses de munitions? Si un jour il sera appelé à agir, il ne saurait se passer du concours du Gouvernement, qui, pour le moment du moins, ne se soucie pas de s'embarquer dans aucune aventure de ce genre; quant aux prétendus encouragements d'agents russes, ce nom seui suffirait pour inspirer chez les membres du comité la plus grande méfiance. Je n'hésiste point à affirmer la parfaite authenticité de ce qui précède.

794 1 Non pubblicato.

796

L'AGENTE E CONSOLE GENERALE A TUNISI, MALMUSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 847. Tunisi, 2 luglio 1887, ore 11,20 (per. ore 16).

Escadre française comptant 14 batiments de guerre, grands et petits, vient d'arriver à la Golette. Je donnerai détails par prochain courrier.

797

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 56. Costantinopoli, 2 luglio 1887 (per. il 6).

Lord Salisbury ha rifiutato di concedere altra proroga oltre quella di dopo domani 4 luglio per le ratifiche della convenzione per l'Egitto.

Sir H. Drummond Wolff ha telegrafato alla nave da guerra inglese Dreadnought ai Dardanelli di tenersi pronta per la fine della settimana ventura, oltre la quale egli non aspetterà più l'udienza di congedo già chiesta al sultano.

Il signor di Nelidov ed il conte di Montebello, mentre negano aver fatto minacce di ostilità e riserve di compensi, mantengono e confermarono a me che, secondo i loro Governi, con la convenzione anglo-turca viene alterata l'integrità dell'Impero e rotto l'equilibrio del Mediterraneo; e dissero a me e agli altri colleghi essersi !agnati alla Porta per avere questa attribuito alle dichiarazioni da loro fatte in tal senso l'indole di attuali minacce.

Sir H. Drummond W olff conversando col conte di Montebello gli confermò essere inesatto che la convenzione fosse destituita di valore, quando mancasse l'adesione di qualche Potenza, esprimendosi nel senso degli argomenti svolti al riguardo da me al conte di Montebello come già riferii.

Unisco qui in via riservata copia della convenzione in extenso, nonché degli annessi 1 ; riservandomi di spedire prossimamente il testo della dichiarazione, se verrà ammessa dal sultano nei termini proposti, relativa alla conferma dei suoi diritti contro ogni interpretazione inesatta della convenzione e contro ogni eventuale pretesa a compensi.

Mi risulta in via riservatissima che, secondo l'opinione personale dei miei colleghi d'Inghilterra, di Germania e d'Austria-Ungheria, la suddetta dichiarazione, una volta accettata dal sultano, potrebbe essere il punto di partenza per un accordo fra la Porta, l'Inghilterra e l'Italia, accordo cui eventualmente aderirebbero più

o meno formalmente i due Imperi centrali, nel senso e forse nei termini stessi indicati al principio dell'ultimo alinea del mio rapporto del 28 decorso giugno n. 55 s.p. 2 , la convenzione anglo-turca diventando così l'origine d'un positivo riavvicinamento della Turchia al nostro gruppo d'alleanze.

Quando il presente rapporto perverrà a V.E. la questione sarà entrata in una nuova fase, sia per il rifiuto sia per l'effettuazione delle ratifiche. Ieri un inviato del sultano è venuto a chiedermi segretamente, d'ordine di

S.M. Imperiale, il mio parere confidenziale sul da farsi per le quistioni di Egitto e di Bulgaria. Mi sono limitato a riferirmi al linguaggio che avevo tenuto col gran vizir e con Said pascià, circa l'urgenza di ratificare anzitutto la convenzione con l'Inghilterra, aggiungendo che, se il sultano desiderava che io dicessi di più a S.M. Imperiale personalmente, ero rispettosamente ai suoi ordini.

Seppi poi che lo stesso inviato è andato a fare analogo passo presso il mio collega di Germania, ma solo sulla questione d'Egitto e presso il mio collega d'Inghilterra, ma solo sulla questione di Bulgaria. Il signor di Radowitz rispose consigliando vivamente la ratifica immediata, e sir W. White disse non avere nuove informazioni, né avere nuovo parere da esprimere sull'affare bulgaro.

In questo momento vengo informato che lo stesso inviato si è recato pure a Bujukdéré presso il barone Calice e l'ha consultato circa ambedue le quistioni. Riferirò all'E.V. la partenza del corriere quanto avrò saputo circa il loro colloquio.

797 1 Non pubblicati. 2 Non pubblicato.

798

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4439. Berlino, 3 luglio 1887 (per. il 7).

Il a été fort remarqué que l'ambassadeur britannique à Vienne s'est longuement entretenu avec le roi Milan. C'était en suite des instructions du marquis de Salisbury. Le comte de Hatzfeldt avait été chargé de laisser entendre à Sa Seigneurie qu'il conviendrait sans doute aussi à l'Angleterre de s'employer à ce que rien ne fùt changé dans les rapports entre la Serbie et l' Autriche, et que dès lors il importai t de dissuader de toute manière le roi Milan de réaliser son projet d'abdication qui, surtout d;ms les conjonctures actuelles, pourrait amener de regrettables conséquences. Le chef du Foreign Office n'hésitait pas a répondre qu'il partageait entièrement cette manière de voir, et que sir A. Paget allait etre autorisé à tenir le meme langage que ses collègues d'Allemagne et d'Autriche. Le roi de Serbie a eu garde de ne pas céder à cette douce pression. Il a en meme temps prodigué les assurances que, malgré ses bonnes relations avec Saint-Pétersbourg, il est résolu à maintenir les meilleurs rapports avec le Gouvernement viennois. Les panslavistes ont chanté trop tòt victoire de l'arrivée au pouvoir de M. Ristich.

Il entrait dans les vues du Cabinet de Berlin, à l'époque de l'entrevue de Skerniewitch, que d'un commun accord il fùt réservé à l' Autriche une large part d'influence en Serbie, et à la Russie, en Bulgarie. Le Cabinet de Vienne prévoyait alors déjà qu'à la longue la Russie ne se contenterait pas de son lot, et le Cabinet de Berlin ne tardait pas à s'apercevoir de la justesse de cette prévision. Mais du moins cherche-t-il encore et aussi longtemps que possible, à conserver un certain équilibre entre les intérets rivaux. Il se désintéresse de la Bulgarie au profit de la Russie, mais en m eme temps il met un poids dans la balance pour que l' Autriche conserve sa zone d'influence.

Le colone! Villaume, attaché militaire à Saint-Pétersbourg, qui se trouve actuellement ici en congé, a rapporté l'impression que l'empereur Alexandre ne se soucie en aucune sorte d'occuper la Bulgarie, ou de risquer une guerre sur cette question, à moins qu'on ne le provoque par une restauration du prince de Battenberg. Sa Majesté n'a pas un tempérament belliqueux, et résiste à ceux qui voudraient pousser aux aventures. Au reste, les Katkow et consorts sont d'avis que la Russie doit réserver ses forces et ajourner ses projets jusqu'au moment où une guerre éclatera entre l' Allemagne et la France; ce qui est dans le cours nature! des choses.

799

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 58. Costantinopoli, 5 luglio 1887 (per. il 9).

Le cose di Bulgaria essendo state più volte toccate durante i negoziati per la convenzione anglo-turca, in senso sia contrario che favorevole alle ratifiche della convenzione stessa, stimo opportuno riassumere lo stato presente di detta questione, quale fu tratteggiata con la Porta dai miei colleghi d'Austria-Ungheria e d'Inghilterra, e da me, confidenzialmente, in relazione cogli interessi generali dell'Impero ottomano. In quanto al mio collega di Germania, egli continua a consigliare alla Turchia d'intendersi colla Russia, nello stesso modo, mi pare, che tempo addietro la Germania consigliava intelligenze colla Francia al Gabinetto Gladstone per l'Egitto ed al Gabinetto Canovas per il Marocco.

La quistione bulgara si avvolge in un circolo vizioso. La Porta ha trattato per mesi colla Russia per trovare, d'accordo con essa, un modo di soluzione da proporsi alle Potenze. La Russia non ha fatto che proposte negative, perché fossero eliminati anzitutto i reggenti attuali, prima che si entri in una via di soluzione. La Bulgaria si sarebbe prestata, secondo quanto si sa da Sofia, a rimpiazzare gli attuali governanti con altri, ed anche con un reggente solo, se avesse potuto sperare di giungere ad una pronta conclusione della crisi, e conoscere il nome del candidato principesco che riunisse i suffragi della Porta e degli altri firmatari del Trattato di Berlino.

Le fasi successive del negoziato sono rimaste infruttuose, la Russia domandando alla Turchia quello che la Turchia non può fare se non ponendosi fuori dei trattati, e le domande della Turchia e della Bulgaria fondate sui trattati essendo respinte dalla Russia.

Ciò stante, consigliare alla Turchia d'intendersi colla Russia equivale al consiglio di continuare tentativi dimostrati sterili.

Tuttavia non si può a meno di riconoscere che, come opina la Porta, una prossima soluzione è da desiderarsi, per spegnere un focolare di disordini che minaccia la tranquillità della penisola balcanica, e per esonerare la Turchia dalla necessità di tenere in piedi forze considerevoli che esauriscono le risorse dell'Impero. È necessario mirare a riporrre la Bulgaria in condizione normale, dandole un principe in conformità delle stipulazioni esistenti, stipulazioni che hanno consacrato l'alta sovranità del sultano, cui appartiene per conseguenza il diritto di prendere le iniziative indispensabili per l'effettiva esecuzione delle stipulazioni suddette.

L'Austria-Ungheria, l'Inghilterra e l'Italia sarebbero sempre pronte ad appoggiare gli sforzi che Sua Maestà Imperiale facesse a tale scopo; esse prendono il più vivo interessamento alla soluzione della questione bulgara, la quale abbandonata al caso, o lasciata in balìa d'influenze estranee agli interessi dell'Impero ottomano, potrebbero compromettere non solo la pace generale, ma l'avvenire della capitale e dell'Impero stesso.

La Porta acquisterebbe una poslZlone tanto più forte per uno scioglimento favorevole della questione bulgara, quando la convenzione coll'Inghilterra, che segna il principio di nuove guarentigie per lo statu quo del Mediterraneo, avesse eliminato i pericoli di complicazione per la, questione d'Egitto; potendosi confidare che, eliminata l'una delle due gravi questioni, l'altra non darà luogo ad opposizioni della Germania contro l'esercizio per parte della Porta dei suoi diritti in conformità del Trattato di Berlino, né ad ostilità effettive della Russia contro popolazioni slave.

800

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. 59. Roma, 8 luglio 1887.

Il r. agente in Sofia mi annunciava, con telegramma di ieri 1 , traendone la notizia dal Bollettino officiale del Principato, che ieri stesso l'assemblea nazionale, riunita a Tirnovo, aveva, alla unanimità, eletto il princpe Ferdinando di Coburgo Gotha a principe di Bulgaria.

Oggi, poi, mi giungeva il telegramma 2 col quale V.E. mi riferisce ciò che, intorno alla avvenuta elezione, le è stato esposto dal signor Vulcovich, agente di Bulgaria presso la Sublime Porta.

Comunicando alla Sublime Porta la elezione del principe di Coburgo, il signor Vulcovich le aveva fatto notare che le unanimi acclamazioni dell'assemblea all'indirizzo del sultano dimostravano la fiducia dei bulgari verso la potenza alto-sovrana. I bulgari confidano che il sultano non ricuserà di aiutarli a schermirsi da pericoli che minacciano, non solo la Bulgaria, ma la stessa Turchia, e chiederà senz'altro l'assenso delle Potenze in conformità del Trattato di Berlino; imperocché, se la Bulgaria, per effetto di mancato accordo fra le Potenze, avesse a rimanere senza principe, si vedrebbe obbligata, per uscire ad ogni patto dalla presente crisi, ad entrare in una via pericolosa.

Al signor Vulcovich, che le chiedeva il pensiero del R. Governo, l'E.V., al pari del collega britannico, rispondeva entrambi aspettare istruzioni.

Col mio telegramma di poco dianzi 3 ho approvato il riserbo di lei. Evidentemente, istruzioni non potranno esserle impartite se non quando la situazione si trovi meglio chiarita. Il che speriamo sia per essere in breve.

Agli occhi nostri è, intanto, desiderabile che bulgari, Sublime Porta e Potenze si attengano ai procedimenti segnati dal Trattato di Berlino.

2 T. 871, non pubblicato.

3 T. 507, non pubblicato.

800 1 T. 869, non pubblicato.

801

L'INCARICATO D'AFFARI A MONACO DI BAVIERA, DE NITTO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 165. Monaco di Baviera, 8 luglio 1887 (per. il 10).

Nella conversazione che ebbi ieri con questo ministro degli affari esteri sul supposto accordo intervenuto per Propaganda fu facile estendere il discorso amichevole alla maggior quistione sollevata dal Santo Padre della conciliazione con l'Italia. Mi pareva per lo meno singolare, io dissi, che avendo il pontefice di propria iniziativa messa sul tappeto detta quistione si facesse poi per mezzo dei suoi nunzi, come annunziano i giornali, a dichiarare che non intendeva transigere sui diritti temporali della Santa Sede: mentre ciò costituisce l'essenza stessa del conflitto col R. Governo, che si rende per tal guisa insolubile. S.E. il ministro mi rispose che era appunto ciò che egli aveva osservato al reggente di questa nunziatura venuto a leggergli la circolare della Santa Sede: «Il Santo Padre vuole la conciliazione col Regno d'Italia, ma nel prendere tale iniziativa egli deve aver pensato di venire innanzi con un mezzo d'accordo o transazione che possa essere ascoltato dall'altra parte, o per lo meno offrire speranza a trattativa. Invece mi dichiarate che intendete riservati i dritti della Santa Sede, o forse vorreste che vi si concedesse almeno la città di Roma, quando non ignorate che il Regno d'Italia non s'indurrà mai a tale concessione. È perfettamente logico il Governo italiano che non si lascia adescare a simili offerte generiche che non hanno alcuna base seria di negoziato». E monsignor Lovatelli, imbarazzato, gli aveva risposto che il Santo Padre si era limitato questa volta ad esprimere la sua disposizione d'animo a venire a conciliazione col Regno d'Italia, e così voleva che le Potenze amiche della Santa Sede si limitassero a prendere atto di detta sua disposizione. Quando verrà il momento di mettere innanzi il mezzo di conciliazione il Santo Padre saprebbe trarlo dal suo petto, dalla coscienza altissima che egli ha del bene delle anime e degl'interessi religiosi.

Ringraziai il barone di Crailsheim delle confidenze fattemi, e aggiunsi che senza pretendere a farmi interprete del concetto del R. Governo sulla iniziativa presa dal pontefice io poteva riferirmi ai due discorsi degli onorevoli ministri dell'interno e di grazia e giustizia che innanzi al Parlamento avevano dichiarato in termini netti e precisi l'attitudine del R. Governo verso la Santa Sede. Avendo a questa concesse le più estese prerogative e alla Chiesa in Italia libertà completa, quale essa non gode in alcun altro Paese, l'Italia poteva adagiarsi sul suo buon dritto. Né era a meravigliarsi che il pontefice, uomo non ordinario, si facesse ragione del valore di tale posizione e cercasse di conciliare colla stessa gl'interessi religiosi che deve tutelare.

Il barone di Crailshei~ mi ringraziò, e mi disse che egli poteva comprendere quest'attitudine giuridicamente e politicamente corretta, e d'altronde schiva d'ogni intransigenza, del R. Governo, ma non così l'altra che esprimeva desiderio di conciliazione, escludendo coll'abituale intransigenza ogni termine o mezzo pratico di venire alla conciliazione stessa.

802

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, PARIGI, PIETROBURGO E VIENNA

T. 510. Roma, 9 luglio 1887, ore 17,10.

Corti mande que Salisbury s'exprime en termes très favorables à l'égard de l'élection Cobourg.

803

IL MINISTRO A L'AJA, SPINOLA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. RISERVATO CONFIDENZIALE 9. L'Aja, 9 luglio 1887 (per. il14).

Monsignor Spolverini, internunzio di Sua Santità presso questa Real Corte, è stato destinato come nunzio a Rio Janeiro, e deve lasciar questa città tra pochi giorni. So in modo non dubbio che egli smentì la voce corsa di avere ricevuta una circolare nella quale sarebbe stato espresso il concetto che a levar di mezzo il funesto dissidio occorresse poca o molta restituzione del potere temporale. Non credo superfluo di aggiungere qualche ragguaglio positivo sui discorsi tenuti dal suddetto prelato in ordine al soggetto che, bene o male a proposito, è chiamato della conciliazione, e che è tanto dibattuto dappoi l'allocuzione del 23 maggio scorso.

Monsignor Spolverini ha avuto sempre cura di premettere che esprime idee personali, giacché ciò che vuole Sua Santità nessuno, o ben pochi lo sanno; che però è notorio, e in Vaticano e fuori, esser vivissimo nel papa il desiderio di veder stabilita la pace pel giorno del suo giubileo; che molto difficilmente si otterrebbe da altro pontefice quelle concessioni che Leone XIII è disposto a fare, sopratutto nella sovraindicata circostanza; che ormai pretendere una porzione qualunque di territorio italiano sulla quale il papa eserciti la propria sovranità è idea non attuabile e particolarmente francese; che quella della striscia di terra dal Vaticano al mare è un'utopia; che, a suo parere, Sua Santità potrebbe nominare in perpetuo il re d'Italia come suo vicario negli Stati che gli hanno appartenuto e riconoscere per tal modo la legittimità e la giustizia della costituzione del Regno d'Italia; che Roma dovrebbe pur sempre rimanere necessariamente la capitale nominale del Regno d'Italia, come Amsterdam lo è dei Paesi Bassi, retta da leggi e autorità nazionali; ma che per rendere incolume la dignità della fede apostolica, Roma dovrebbe considerarsi più particolarmente come residenza del pontefice; che senza attenuare la potestà civile dello Stato dovrebbero stabilirsi, tra re e papa, accordi speciali su quelle materie che riguardano egualmente società e religione. Questi sono i concetti espressi dall'internunzio. So bene che sono la ripetizione, in gran parte, di quanto è stato detto e scritto; ma con ciò credo mio dovere di riferirne all'E.V., non fosse altro per dimostrare che la mia attenzione è rivolta sempre a tutto quello che, in qualche modo, può interessare la politica dello Stato 1•

804

IL CONSOLE A TRIPOLI, GRANDE, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 126. Tripoli, 9 giugno 1887 (per. il 14).

Una frazione della tribù degli uarghamma tunisina che, anteriormente all'occupazione francese, abitava il territorio di Kasar-Medinine, loro capitale, passò all'epoca della spedizione del generale Lagerat nel territorio tripolino. D'allora in poi, or sono sei anni circa, quella tribù stabilitasi in prossimità del territorio dei Nuail tra Zuara e la linea di frontiera, si dedicò alla coltura delle terre ed alla pastorizia, essendo delle altre la più ricca in armenti. Pagò sempre e regolarmente al Governo di Tripoli il tributo, non molestò mai le circonvicine tribù, mentre invece fu depredata dai suoi confratelli e dagli uderna, che chiesero l'aman al generale Lagerat ed apparentemente, almeno, accettarono il nuovo ordine di cose stabilito nella Reggenza.

Tempo addietro da questo governatore fu ingiunto al loro capo di trasferirsi con l'intiera tribù nel loro antico territorio tunisino, ma essi temporeggiando fecero invece comprendere al valì che si sarebbero rifiutati a qualunque ordine di lasciare il territorio tripolino. Or sono cinque o sei giorni, il loro capo, scortato da venticinque anziani, venne in Tripoli e fece pervenire al governatore una lettera con la quale in termini rispettosi ed umili lo supplicava di ritirare l'ordine comunicatogli, non intendendo essi di far più ritorno nel loro Paese, ritenendo questo come il loro proprio. Ma la loro domanda ebbe invece l'effetto contrario, essendo stati avvertiti dal pascià di lasciare immediatamente Tripoli, che, in caso diverso, avrebbe fatto sequestrare i cavalli ed imprigionare gli uomini. E ricercati ed accompagnati dalle guardie di polizia, abbandonarono la città. Però tre di loro, ritornati nascostamente, si recarono dal ferik al quale esposero le loro lagnanze, soggiungendo che sarebbero anche pronti a telegrafare al sultano, perché accordasse loro la grazia di rimanere negli Stati di Sua Maestà. Il ferik, prendendo nota del loro reclamo, li esortò ad e!)sere fiduciosi nella giustizia del sultano, giacché egli lo avrebbe informato di tutto e sperava di riuscire ad accontentare i loro desideri.

Questi fatti mi sono stati riferiti da persona di confidenza ed ho ragione di credere che siano esatti tanto nell'insieme quanto nei particolari.

Da ciò si può ben desumere che il governatore generale appoggia, con o senza il consenso di Costantinopoli, questo console generale di Francia nonché la residenza francese di Tunisi, a far rientrare gli ultimi rifugiati tunisini nei loro territori e specialmente quelli degli uarghamma che son rimasti ostili mai sempre alla dominazione francese. Secondo, che le scissure tra il pascià ed il ferik, comecché in apparenza siansi riconciliati, perdurano tuttora; e questi poi si è quasi assunto la parte di difensore di coloro che sono dal pascià malvisi e maltrattati ed in questo fatto degli uarghamma, apparisce poi, rispetto a loro, come il sostenitore del diritto di asili, di fronte al pascià, che vorrebbe costringerli a sottomettersi al Governo francese in Tunisia, che tanto il sultano quanto la Sublime Porta dicono di non riconoscere.

803 1 Per la risposta cfr. n. 814.

805

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 4445. Berlino, l0 luglio 1887 (per. il 14).

Ainsi qu'il résulte de mon télégramme du 8 juillet 1 , le secrétaire d'Etat se montrait peu édifié des concessions qu'à l'instigation de sir Drummond Wolff, le Cabinet de Londres faisait, à la dernière heure, pour obtenir la signature du sultan à l'accord anglo-turc sur l'Egypte.

D'après ce que j'apprends d'une manière positive, on sait à Londres que l' Allemagne gardera une attitude expectante si l'Angleterre se trouvait engagée dans une guerre pour des intérèts méditerranéens, ce qui, indépendamment mème des dispositions favorables de l'Italie et de l'Autriche, n'est pas de nature à encourager la France à aller de l'avant.

Le marquis de Salisbury sait aussi que l'Allemagne ne permettrait pas à la France de faire une descente en Angleterre, comme aux temps des ducs de Normandie.

Si le premier et le second délai accordé au sultan pour ratifier, a produit ici une pénible impression, le Cabinet impérial s'explique moins encore le troisième sursis jusqu'au 15 juillet. Il est vrai que les dernières instances de la Sublime Porte ayant été recommandées par l' Autriche, le Gouvernement britannique a cru devoir consentir. Le chancelier re grette une semblable immixtion autrichienne. L' Angleterre ne fortifie pas de la sorte son prestige vers les rives du Bosphore, et donne aussi beau jeu à ses adversaires.

805 1 T. 873, non pubblicato.

806

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS 1

R. 4446. Berlino, 10 luglio 1887 (per. il 14).

Lors de sa dernière réception hebdomadaire du 5 juillet, le secrétaire d'Etat attendait les nouvelles de Bulgarie, et prévoyait qu'il s'y préparait quelque surprise. Le surlendemain, je faisais une autre visite au département impérial. L'avis de l'élection du prince Ferdinand de Saxe-Coburgo-Gotha n'est parvenu ici que dans le soirée du 7 courant. Aucune Puissance, sauf la Russie, préventivement, n'avait eu l'occasion de se prononcer sur ce choix. Cette occasion allait se présenter, si le sultan approuve et demande l'assentiment des autres Cabinets. Il fallait aussi savoir, ce que l'on ignorait encore à cette date, si le candidat était disposé à accepter. Mais, dès le 8 juillet, je télégraphiais 2 quelle serait l'attitude de l'Allemagne. Elle cède la parole au Cabinet de Pétersbourg. Quand on la pressentira, elle répondra donc qu'il faut d'abord s'entendre avec la Russie. *Ce qui n'empèche pas que le Gouvernement allemand ne se gendarmerait pas contre un fait accompli qui rallierait les suffrages de l'Italie, de l' Autriche et de l' Angleterre. Et cela lors mème que la Russie maintienne le parti pris de contester toute valeur aux actes de la Régence et de la Sobranjé. Le tsar ne fera pas la guerre pour cela. Il n'est pas mème prouvé qu'il résisterait à outrance à une restauration Battenberg. Si le prince Ferdinand a la perspicacité et le caractère qu'on se plait à lui reconnaitre, il peut, sans courir trop de risque, affronter la situation. *

Le comte de Bismarck ayant fait une course à Friedrichsruhe, je dois attendre son retour pour m'aboucher avec lui. Mais, hier et aujourd'hui encore, j'ai été à mème de constater que le mot d'ordre donné au Département des affaires étrangères est celui de répéter que l' Allemagne, désintéressée dans la question bulgare, persévère dans la ligne de conduite qu'elle s'est tracée dès le début de la crise, ainsi que cela résultait nettement déjà des déclarations du chancelier du Reichstag. Elle n'entend pas se brouiller pour autant avec la Russie. *C'est ce que je viens de télégraphier à V.E. 3 , en me référant à mon télégramme précité du 8 juillet. Tant que les intérèts bulgares seront seuls en cause, l'Allemagne prètera à la Russie un appui; celui-ci, bien entendu, ne sera que platonique.

Il appartient au nouvel élu de l'assembée de Tirnova, si sa candidature, à défaut de l'unanimité ds Puissances, rencontrait du moins l'approbation, ne fùt-ce que tacite, de quelques-unes d'entre elles, d'agir alors sous sa propre responsabilité, en se rendant, quand mème, à l'appel de la Bulgarie, sauf à chercher de régulariser

2 T. 872, non pubblicato.

3 T. 887, non pubblicato.

746 plus tard la position internationale. Il n'est pas à présumer qu'il se contente du ròle de prince in partibus de Bulgarie.

D'après les télégrammes de V.E., l'Angleterre témoigne les meilleurs intentions, et pour sa part l'Autriche ne soulèvera pas d'objection à l'election, du moment où elle obtiendrait une sanction conforme aux règles fixées par le Traité de Berlin. Il est évident que l'Italie ne peut qu'abonder dans le sens des dispositions favorables, et mème au besoin aller au delà, en se tenant en plein accord avec l' Angleterre. Il semble que le minimum devrait consister à entretenir des relations bienveillantes et officieuses avec le nouveau pouvoir de fait, jusqu'à ce que la reconnaissance devienne officielle et définitive. L'entente entre les Cabinets de Rome et de Londres, surtout si lord Salisbury s'en rend également l'interprète à Vienne, ne pourra qu'exercer une influence salutaire sur le comte Kalnoky. Un procédé analogue serait aussi de mise à Constantinople, où le langage du baron Calice, qui ne s'accorde pas entièrement avec celui de son chef, fournit à la Porte des motifs ou des prétextes de retomber dans l es indécisions dont elle est coutumière. *

806 1 Ed. con l'omissione dei brani tra asterischi in LV 69, 122-123.

807

IL SENATORE DI ROBILANT ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, CORTI

L. PERSONALE. Torino, 10 luglio 1887.

Di ritorno ieri a Torino dopo un soggiorno di un mese a Roma, rispondo alla tua lettera del 24 giugno 1 .

Presi assidua parte ai lavori del Senato e pronunciai anche un discorsetto, tanto per non restare sotto l'accusa lanciatami da Mancini di aver sciupato la sua splendida avventura africana.

Come di ragione frequentai molto la Società ed il mondo politico, e trovai a Roma festosissima accoglienza. M'incontrai soventi coi ministri, ma senza mai entrare in conversazioni di politica estera. Non chiesi poi udienza a S.M., nulla avendo a dirgli di particolare, e quindi sembrandomi pericoloso di dar pretesto ad inutili chiacchere. Dal Depretis non ci andai per considerazioni mie personali. Del resto il Depretis non è più che un nome, poiché egli è oramai in tali condizioni di salute da non dar più speranza possa riprendere il potere. Oramai il Crispi è e resterà capo del Gabinetto. Probabilmente prenderà egli pure il Ministero degli esteri a meno che si risolva ad affidarlo a Rudinì, conservandosene però lui l'alta direzione. Certo è ch'egli è uomo di molto valore e che non vi ha pericolo si lasci prendere la mano dalla piazza; ma quando sarà lui padrone assoluto potrebbe anche far correre dei seri pericoli alla nave dello Stato, poiché i colpi di testa sono sempre a temersi con un uomo del suo carattere.

Vi ha uomini politici, e non pochi anche, che desidererebbero che Crispi si unisse a me per affrontare lui le burrasche interne, lasciando a me di cavarmela all'estero. Questa soluzione preconizzata sotto la denominazione di un eventuale Ministero Crispi-Robilant, presenta però due gravissime difficoltà, che credo anzi insormontabili. La prima che Crispi osi gettare il guanto in faccia ai radicali venendo a cercare me. La seconda ... che io ricercato, mi associ ad un uomo che non sa, e non può che dominare. Aggiungi poi anche che io ho acquistato un vero disgusto per la vita politica. Se dunque ti ho fatto cenno di una delle tante voci che correvano mentre ero a Roma, si fu unicamente per prevenirti contro la credenza che avresti potuto prestarvi. Secondo ogni probabilità la mia vita pubblica è finita.

Ciò premesso non ti nasconderò che il nostro Ministero esteri, peggio di così non potrebbe andare. Il Malvano è il vero ministro, senza averne né l'autorità né la responsabilità. I diplomatici esteri accreditati a Roma non nascondono il loro stupore, che l'Italia rinunci così col fatto a rappresentare la sua parte di Grande Potenza, e so che non mancarono di richiamare su ciò l'attenzione di S.M. Ma il Paese non ci bada. Chi pensa alla politica estera... fino al momento in cui si verificasse un fatto che a torto od a ragione segnasse una catastrofe per la nostra influenza in Europa.

I miei rallegramenti pel ricevimento da te fatto al duca d'Aosta nella tua magnifica casa. La mia famiglia sta per partire per Teplitz dove io non tarderò a seguirla, tanto per cambiar aria. Suppongo che andrai presto a Karlsbad, non è dunque escluso che ci incontriamo in Boemia. In caso diverso ci vedremo probabilmente quest'autunno quando verrai in Italia.

807 1 Non pubblicata.

808

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 514. Roma, 11 luglio 1887, ore 13,30.

Le chargé d'affaires d'Autriche-Hongrie est venu me faire connaìtre la pensée de son Gouvernement au sujet de la phase actuelle de l'affaire bulgare. Le Cabinet de Vienne se piace au double point de vue, qu'on ne saurait contester aux bulgares, le libre choix de leur prince et que l'installation d'un prince à Sophia, est le seui moyen de resoudre la crise. Le Gouvernement royal et imperia! n'a rien fait pour la candidature du prince de Cobourg, ni pour son élection; il a au contraire mis en garde le prince sur les dangers auxquels il pourrait s'exposer. Mais aujourd'hui l'élection est un fait accompli; que le prince a notifié son acceptation en termes parfaitement corrects, et que l'élu remplit les conditions établies par le Traité de Berlin, le Cabinet de Vienne ne peut avoir d'objection pour sa part, et il est prèt à donner son assentissement, aussitòt que le moment serait venu de s'entendre entre la Porte et les Puissances.

809

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALV ANO, AL MINISTRO A MADRID, MAFFEI

D. 38. Roma, 11 luglio 1887.

Il ministro di Spagna è venuto, per incarico del suo Governo, a meco conferire dell'acquisto territoriale che il Gabinetto di Madrid avrebbe divisato di fare nei paraggi prossimi al Mar Rosso. Vi si vorrebbe, come ella stessa mi ha riferito, stabilire un deposito di carbone che premunisca i possedimenti spagnuoli dell'Estremo oriente contro la contingenza di impedimenti a cui per avventura avesse a soggiacere la navigazione attraverso il canale di Suez.

Il conte di Rascon, ripetendo la precisa affermazione già a lei fatta da S.E. il signor Moret, dichiarava, prima di ogni altra cosa, essere fermo proposito del Governo della regina reggente di nulla fare, in questa circostanza, che possa darci ombra o recare nocumento ai nostri interessi; anzi l'attuazione pratica del disegno è espressamente subordinata ad uno scambio preliminare di amichevoli spiegazioni col Governo del re. Tale era appunto, dicevami il conte di Rascon, l'oggetto della sua visita: quello, cioè, di porgermi le più esatte e minute indicazioni circa il progetto, e di procacciarsi così la certezza che quel progetto sia perfettamente conciliabile con le nostre ragioni in quegli stessi paraggi dove avrebbe a sorgere il progettato stabilimento spagnuolo.

Ciò posto in sodo, il ministro di Spagna procedeva a farmi conoscere la località per l'acquisto della quale il suo Governo stava trattando. Quando ne corse la prima notizia, parecchi mesi or sono, il signor Moret le aveva detto trattarsi di un punto fuori del Mar Rosso. Il signor di Rascon mi faceva ora notare che questa indicazione fu concepita forse in termini troppo assoluti, imperocché il punto scelto si troverebbe precisamente là dove il Mar Rosso finisce a Beb-el-Mandeb. Il territorio da acquistare sarebbe la zona litoranea compresa tra Ras Dumeira al nord (12° 44' lat. sud) e Ras Segian al sud (12° 31' lat. nord), d'una lunghezza di circa tredici miglia marittime. Venditore sarebbe Hummed, attuale sultano di Raheita, al quale dal capitano Pastorin, incaricato dell'acquisto, già sarebbe stato sborsato un primo acconto.

Poi che il conte di Rascon ebbe conchiuso il suo dire, stimai mio debito di esporgli schiettamente lo stato delle cose.

Feci anzitutto notare al ministro di Spagna che il sultano di Raheita non ha facoltà di alienare parte alcuna del suo dominio senza il consentimento del Governo italiano. Presa in mano la raccolta dei documenti diplomatici presentati alla nostra Camera dei deputati nella tornata del 12 giugno 1882\ pregai il conte di Rascon di voler legger meco la convenzione di protettorato conclusa con Berehan, sultano di Raheita, addì 20 settembre 1880, la quale figura in quella raccolta a pag. 51. In quella convenzione, di cui ho rimesso una copia al conte di Rascon (altra copia qui ne accludo) 2 , l'articolo 6° impone al sultano di Raheita l'obbligo «di non

vendere né alienare parte alcuna dei suoi dominii e territorii senza il consenso del

R. Governo italiano» (annesso 1). L'alienazione che ora il sultano di Raheita vorrebbe fare a favore del Governo spagnuolo non potrebbe quindi avere giuridica efficacia se non sia preceduta, mediante acconcio negoziato tra Roma e Madrid, dal formale consenso del Governo del re.

Senonché, indipendentemente da questa prima difficoltà, l'acquisto divisato dal Governo spagnuolo trova oramai altro impedimento nel recentissimo accordo tra il comandante francese di Obock ed il sultano di Raheita, mercé il quale questi, riconoscendo, dopo molti anni di contrasto, il valore letterale della convenzione stipulata, 1'11 marzo 1862, tra il ministro francese Thouvenel e parecchi capi dancali, ammette che il confine di Obock giunga fino a Ras Dumeira, includendo tutto il territorio che lo stesso sultano di Raheita avrebbe offerto al Governo spagnuolo. Per meglio chiarire la questione ho consegnato al conte di Rascon il testo del trattato Thouvenel dell' 11 marzo 1862 ed una breve memoria in cui è esposta in termini ben precisi la controversia per i confini tra Raheita e Obock; di questi due documenti accludo qui pure una copia (annessi II e III). Vedrà così la S.V., come lo potè meco vedere il conte di Rascon, l'atteggiamento di assoluto riserbo che, rispetto alla presente soluzione della controversia tra Raheita ed Obock, noi abbiamo stimato di adottare. Vorrà, invece, la Spagna impugnare l'accordo intervenuto tra il sultano Hummed ed il comandante Lagarde, ed impigliarsi nell'intricato dedalo delle cessioni territoriali largamente profuse, senza scrupolo alcuno, da capi dancali avidi di danaro ed immemori dei loro precedenti impegni?

Naturalmente non ispetta a noi di risolvere il delicato problema, che il Governo della regina reggente desidererà senza dubbio esaminare con ponderazione e pacatezza. Mi sono limitato a rammentare al conte di Rascon che, qualora la conclusione dello studio fosse negativa, ed il Gabinetto di Madrid, pur rinunciando al divisato acquisto, persistesse tuttavia nel pensiero di procacciarsi un deposito di carbone nel Mar Rosso, il Governo italiano, come già la S.V. ne fece al signor Moret l'offerta, che questi mostrò di gradire, sarebbe lieto di concedere al Governo spagnuolo la più ampia e cordiale ospitalità nel suo possedimento di Assab, od in quell'altro punto soggetto al nostro protettorato che meglio potesse costì convenire.

Il ministro di Spagna avrà certo riferito il nostro colloquio a S.E. il ministro di Stato. Ho creduto utile di qui riassumerlo per informazione di lei, e per norma del suo linguaggio.

809 1 Documenti diplomatici presentati alla Camera dal Ministro degli Affari Esteri (Mancini) nella tornata del 12 giugno 1882 ( Assab), Roma, Tipografia Eredi Botta, 1882. 2 Non si pubblicano gli allegati.

810

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC 1

D. 64. Roma, 13 luglio 1887.

Dai carteggi già venuti sotto gli occhi di V.E. apparisce l'atteggiamento che il R. Governo ha assunto rispetto alla nuova fase nella quale, mercé l'elezione del principe

Ferdinando di Coburgo-Gotha, è entrata da ultimo la questione bulgara. Stimo nondimeno utile di meglio chiarire, a tale riguardo, il mio concetto, acciò l'E.V. ne abbia, per ogni evenienza, opportuna regola di linguaggio, e ne possa anche trarre anticipata spiegazione di quelle istruzioni che più tardi le si dovessero impartire.

La questione bulgara non ci tocca direttamente. Ci tocca bensì come uno dei coefficienti della presente situazione in Europa; ed è principalmente da questo punto di vista che da noi la si è costantemente considerata e trattata. Nei criteri che, rispetto alla vertenza bulgara, diressero fin da principio la politica del

R. Governo, la nostra simpatia verso la giovane Nazione e la schietta nostra amicizia verso la Turchia si venivano, per tal guisa, contemperando con la legittima nostra sollecitudine per la preservazione dell'Europa da ogni contingenza di contrasto tra le Potenze.

Codesta norma direttiva ci giova ancora nello stadio attuale della controversia.

Avvenuta l'elezione del principe di Coburgo, non abbiamo creduto di affrettarci ad enunciare la nostra opinione. Ci parve conveniente di astenerci dal pregiudicare, con premature dichiarazioni, una questione rispetto alla quale una considerazione elementare di reciproco riguardo, e quasi di equità internazionale, suggeriva che si lasciasse anzitutto la parola alle Potenze aventi, nel problema che si agita in Bulgaria, un interesse più diretto ed immediato. Ad aspettare, poi, che meglio si chiarisse la situazione ci induceva anche la fiducia che, conosciuto l'animo dei governi più da vicino chiamati in causa, il sentimento nostro potesse manifestarsi in quel tempo e in quel modo che fossero meglio propizi ad appianare le difficoltà ed a rimuovere i conflitti. Infine, stando allo stretto rigore del diritto diplomatico, spetta alla Sublime Porta, secondo la lettera e lo spirito del Trattato di Berlino, di rivolgersi alle Potenze, se così stima di fare, acciò la conferma della elezione da parte sua sia preceduta dal loro consentimento.

Queste sono le ragioni di prudenza e di corretta procedura che ci consigliarono il riserbo finora tenuto. Però ci preme che la astensione nostra non sia fraintesa, e che non la si interpreti come se fosse effetto di indifferenza o di meno benevole disposizioni. Il nostro intimo pensiero, di fronte allo svolgimento della vertenza bulgara, è ora quello che fu sempre. Le Potenze amiche, la Turchia soprattutto, sanno oramai mercé le ripetute dichiarazioni nostre -e dal linguaggio di lei ne trarranno conferma -che il concorso dell'Italia è acquisito a tale soluzione della questione bulgara che soddisfaccia a queste due condizioni: libera espressione della volontà delle popolazioni; esatta osservanza del Trattato di Berlino.

810 1 Ed. in LV 69, pp. 118-119.

811

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 912. Atene, 14 luglio 1887, ore 21,40 (per. ore 22,35).

Malgré le démenti formel donné par le Popolo Romano à la nouvelle de mon prochain rappel, répandue par le Diritto et répétée avec beaucoup de complaisance par plusieurs journaux d'Athènes, un télégramme d'Agence Havas, daté d'aujourd'hui de Paris, vient donner un nouvel aliment à ce faux canard; j'ignore l'origine de cette comédie, mais je pense qu'il serait utile d'y mettre terme, dans l'intérèt de notre dignité. Aussi vu la rédaction haineuse, insolente de quelques feuilles d'ici, à l'égard de l'Italie et de ma personne, je soumet à l'appréciation de

V.E. l'opportunité de faire observer au Gouvernement héllenique, l'inconvénance de donner par son silence la force à des nouvelles tout à fait fantastiques sur mon compte, et de laisser publier impunément des injures contre le représentant d'une Puissance. Inutile d'ajouter que toutes les vilenies, dont je suis l'objet, se bornent esclusivement au «ròle indigné» joué par moi l'année dernière 1 .

812

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE A BERLINO, COSTANTINOPOLI, LONDRA E PIETROBURGO E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 529. Roma, 14 luglio 1887, ore 23,45.

D'ordre de son Gouvernement l'ambassadeur de Turquie est venu me faire la communication suivante. «Le Gouvernement provisoire bulgare, m'a-t-il dit, a notifié à la Sublime Porte l'élection, par l'assemblée générale à Tirnovo, du prince Ferdinand de Cobourg Gotha comme prince de Bulgarie. L'élection princière devant ètre l'object de l'assentiment des Grandes Puissances, la Sublime Porte désire, avant tout, connaìtre là-dessus leurs impressions et leur attitude». L'ambassadeur avait donc pour instruction de s'énoncer dans ce sens auprès du Gouvernement royal et de faire connaìtre à Constantinople notre manière de voir. Voici la réponse verbale que j'ai fait à Photiades pacha. «Dans l'intérèt de la Bulgarie, de la Turquie et de l'Europe entière, il est, à notre avis, grandement désirable que la crise bulgare aboutisse le plus tòt possible à une heureuse et définitive conclusion par l'installation, à Sophia, d'un prince et le rétablissement dans la Principauté d'un état de choses stables et normales. La Sublime Porte doit donc considérer notre concours, camme lui étant acquis pour telle solution qui, exprimant la libre volonté des populations en Bulgarie, se conformerait maintenant, dans son application pratique, aux préscriptions du Traité de Berlin». Vous pouvez, le cas écheant, régler votre langage d'après ma réponse.

SII 1 Depretis rispose con T. 528 del 15 luglio di cui si pubblica il segùente brano: «Je crois que le silence est la meilleure réponse ... ».

813

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 530. Roma, 15 luglio 1887 1.

L'ambassadeur de France me dit que l'ambassadeur d'Autriche-Hongrie à Paris ayant fait, auprès de M. Flourens, une démarche pour l'élection Cobourg, le ministre français des affaires étrangères a énoncé, sans insister, une observation au sujet du fait qu'outre les députés bulgares, les députés rouméliotes avaient pris part à l'élection; ce qui n'est pas conforme au Traité de Berlin. Sauf cette observation suggérée par le désir de préserver en Bulgarie aussi, contre toute atteinte, ce mème principe de l'integrité de l'Empire ottoman dont la France s'inspire également envers la question d'Egypte, M. Flourens a laissé comprendre que la France, n'ayant pas dans l'affaire bulgare un intérèt direct, se rangerait en définitive à l'avis unanime des Puissances.

814

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO, AL MINISTRO A L'AJA, SPINOLA

D. 4. Roma, 15 luglio 1887.

Ho ricevuto e letto con molto interesse il contenuto del pregiato rapporto confidenziale e riservato in data del 9 corrente 1 , relativo alle idee espresse da monsignor Spolverini sulla conciliazione fra l'Italia ed il Papato. Ringrazio sentitamente la S.V. per queste interessanti notizie e la prego continuare ad informarmi, ove occorra, sopra questo soggetto. Però continui del pari a tenersi in argomento nello stesso riserbo.

Il cpncetto nostro, espresso dai ministri in Parlamento, è semplice assai: noi abbiamo, in questa materia, leggi da osservare e da far osservare; non vediamo temi di negoziati o d'accordi.

813 1 Manca l'indicazione dell'ora di partenza. 814 1 Cfr. n. 803.

815

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALLE AMBASCIATE A COSTANTINOPOLI, LONDRA, PIETROBURGO E VIENNA E ALL'AGENZIA E CONSOLATO GENERALE A SOFIA

T. 533. Roma, 16 luglio 1887, ore 16,45.

Le chargé d'affaires de Russie est venu me parler de 1'affaire bulgare. L'élection du prince Ferdinand, m'a-t-il dit, a amené à Saint-Pétersbourg deux communications: une autrichienne et une turque. La réponse de M. de Giers repose toujours sur la mème base: l'élection n'a, à ses yeux, aucune valeur, puisqu'elle est, à son avis, illégale.

816

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 4450. Berlino, 16 luglio 1887 (per. il 23).

Le sultan, en recevant M. de Radowitz en audience de congé, lui a dit que pour un double motif il déclinait d'apposer sa signature à la convention anglo-ottomane relative à l'Egypte, dans sa forme actuelle. Des représentations très vives avaient été faites par quelques Puissances contre cet arrangement, et une agitation politique et religieuse d'un caractère dangereux se manifestait à l'intérieur, comme s'il voulait compromettre les droits inhérents à sa position de souverain et de calife. L'ambassadeur d'Allemagne émettait l'avis que la meilleure voie à suivre était que la Turquie se rattachàt au groupe des trois Puissances: l' Ang1eterre, l'Italie et l' Autriche. Dans so n télégramme, M. de Radowitz ne mentionne pas si ou comment

S.M. Impériale a répondu à cette insinuation. Le conseil est un peu tardif, car Abdul-Hamid a déjà cédé devant les menaces de la Russie et de la France, lors mème qu'il savait que le groupe précité, soutenu parla diplomatie allemande, ne le poussait certainement pas à faire acte de contrition. Quelle confiance peut d'ailleurs offrir un souverain qui désavoue la signature des négociateurs munis de ses pleins-pouvoirs? Il fallait sans doute sa ratification pour rendre l'accord parfait; mais c'est toujours chose grave de la refuser, tant qu'il n'est pas prouvé que les plénipotentiaires aient transgressé leurs instructions. Et pour mettre le comble au manque de respect aux convenances internationales, après avoir sollicité et obtenu des délais ainsi que d'autres concessions, et après avoir ajourné l'audience de congé de sir H. Drummond Wolff, il fint, sans le recevoir, par le laisser s'embarquer pour l'Angleterre (télégramme de V.E. de ce soir) 1 .

Tout cela ne serait peut-ètre pas arrivé, ou tout au moins l'Angleterre aurait montré plus de dignité pour elle-mème et pour les Puissances qui lui prètaient leur appui, si, dans les dernières phases des négociations, elle eùt procédé avec plus d'habileté, en évitant surtout de chercher des tempéraments à l'art. V sur l'éventualité d'une réoccupation. Elle en prendra son parti avec un certain sans-gène. Elle alléguera qu'elle remplit son devoir, qu'avec ou sans convention l'évacuation de l'Egypte ne sera ni précipitée, ni retardée. On retombe dans le statu quo ante. Matériellement, elle ne souffre aucun dommage; mais il n'est pas moins vrai qu'elle a subi un échec moral qui relève en Orient le prestige de la Russie épaulée par la France. Le contre-coup s'en fera nécessairement sentir. La Turquie s'est jétée dans les bras des deux Puissances, qui conspirent sourdement contre l'intégrité de l'Empire, qui invoquent le respect des traités pour mieux masquer leurs arrièrepensées et leurs convoitises. Le panslavisme et le chauvinisme se tendent la main.

Il est impossible que le chancelier ne se préoccupe pas de cet état de choses. L'alliance des trois Empires a fait son temps: la Russie du moins n'y occupe plus l'ancienne place. Il s'était constitué l'arbitre, le courtier nécessaire entre l' Autriche et la Russie. Il s'en servait pour enrayer celle-ci dans son action. Il s'en prévalait aussi pour contenir l'Autriche, pour l'empècher de pourvoir elle-mème à ses intérèts, en s'arrangeant directement avec les russes. Les préférences sont évidemment du còté de la première de ces Puissances. Les désillusions s'accumulent à l'égard de la seconde. La Russie vise à se ménager un allié sur les bords de la Seine pour accomplir ses grands desseins. Le Cabinet de Berlin, pour la retenir dans son giron, lui laisse carte bianche en Bulgari e, de mème que dans l' Asie centrale et vers la Perse. Elle paraissait s'en contenter, mais les prétentions ont grandi. Il faudrait que la lice lui fùt ouverte vers l' Autriche. A cette condition, le Cabinet de Berlin aurait les mains libres con tre la France. L'Allemagne ne veut pas déserter la cause de so n alliée. C'est alors qu'il a été laissé plus de liberté en Russie à des courants en faveur d'une alliance française, et qu'il a été usé de quelque tolérance pour des attaques dirigées con tre l' Allemagne. Malgré tout, le prince de Bismarck ne veut pas rompre en visière. L'intérèt général du maintien de la paix prédomine chez lui et surtout chez l'empereur Guillaume. Mais Son Altesse voit le danger d'ètre pris entre deux feux. Nous savons qu'il a déjà élevé plus d'une digue pour se prémunir, tout en conciliant ses propres convenances avec celles d'autres Etats, qui visent aussi à la conservation de la tranquillité générale. Sa politique de complaisance pour la Russie ne va pas jusqu'à l'aveuglement. Pour bien s'en rendre compte, il suffit de lire attentivement la presse officieuse, ou du moins les journaux les plus influents, qui parlent, il n'y a pas à en douter, en suite d'un mot d'ordre. C'est surtout à la France qu'ils s'en prennent; mais à l'occasion ils ne ménagent pas non plus la Russie. On maintient l'esprit public, non à l'état d'ébullition patriotique, mais à un degré de température, où il suffirait d'une dernière impulsion pour courir sus aux agresseurs.

En attendant, l'Europe, qui, en majorité, ne désire que la paix, voit des signes précurseurs de troubles. Elle se sent agitée, ou tout au moins assez incertaine sur le lendemain qui se prépare.

M. de Kiderlen, premier secrétaire de l'ambassade à Constantinople, remplira l'intérim durant l'absence de M. de Radowitz. Les journaux avaient erronément affirmé que cette tàche serait confiée à M. Busch, ministre d' Allemagne à Bukarest.

Il n'en a jamais été question. Le prince de Bismarck estime avec raison que l'intérim doit ètre attribué au premier secrétaire qui, étant déjà sur piace, a acquis une connaissance nécessaire des hommes et des choses, le mettant à mème de bien remplir ses fonctions.

816 1 T. 532, non pubblicato.

817

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 64. Therapia, 16 luglio 1887 (per. il 20).

Col mio telegramma del 10 corrente a V.E.l, e con un telegramma di sir W. White a lord Salisbury dello stesso giorno e nello stesso senso, veniva segnalato il fatto che, se le entrature già scambiatesi per intelligenze colla Turchia circa lo statu quo del Mediterraneo non possono approdare, la cagione è che la Germania sembra al sultano essere aliena quanto mai dall'escludere le pretese russe sulla Bulgaria e sull'Armenia.

Il 12 avevamo informazione dal gran vizir come gli ambasciatori di Russia e di Francia avessero fatto dichiarare al sultano che, ratificandosi la convenzione anglo-turca, la Russia potrebbe occupare l'Armenia e la Francia la Siria con l'offerta di identiche convenzioni; le quali dichiarazioni avevano indotto il sultano a non più ratificare la convenzione anglo-turca se non con modificazioni, all'art. V, che facessero dipendere dal suo consenso la rioccupazione dell'Egitto. Il gran vizir aveva in proposito osservato a Sua Maestà che, la Francia e la Russia non contentandosi se non di quelle precise condizioni che fossero inaccettabili per l'Inghilterra, la questione si riduceva ad accertare quali guarentigie di sicurezza possono offrire al sultano, sia le quattro, sia le due Potenze, rispettivamente. Così le ratifiche della convenzione diventavano cosa secondaria; la questione delle alleanze era intavolata. Il sultano, allora, accogliendo tale posizione della questione, si decideva a chiedere schiettamente spiegazioni in proposito al signor di Radowitz. Circa tale nuovo ed importante incidente io ed i miei colleghi d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria non telegrafammo ai nostri Governi, il signor di Radowitz avendoci pregato di riferirne solo per iscritto, sia per maggiore chiarezza, sia perché egli, di partenza oggi per Varzin, possa spiegare ogni cosa al cancelliere contemporaneamente all'arrivo dei nostri rapporti ai rispettivi Governi.

In un colloquio tenuto, il 14 corrente, dal signor di Radowitz con sir W. White e con me, ed in un altro colloquio col barone di Calice, egli c'informò di quanto segue.

Reschid pascià erasi recato all'ambasciata di Germania d'ordine del sultano; aveva pregato l'ambasciatore d'intromettersi presso sir H. Drummond Wolff per ottenere le concessioni domandate dal sentimento musulmano. Il signor di Radowitz aveva risposto essere inutile il suo intervento; i dubbi del sultano venire troppo tardi; l'occasione.di vantaggiose intelligenze con l'Inghilterra essere una volta di più passata, e forse irreparabilmente, per la Turchia; lord Salisbury non poter fare nessuna nuova concessione, il proprio partito già impaziente apponendovisi, col rischio d'un richiamo al potere del signor Gladstone, locché sarebbe funesto alla Turchia.

Reschid pascià lasciò intendere che il sultano non si dissimula essere vano sperare dall'Inghilterra altre modificazioni alla convenzione per l'Egitto; ha in mente un progetto di convenzione del tutto nuovo; desidera non appariscano rotti i negoziati; è inquieto della perfetta calma nella quale rimangono ora gli ambasciatori, che dianzi tanto fecero per raccomandare la ratifica; in conclusione aveva incaricato Reschid pascià d'interrogare il signor di Radowitz sul fondamento del linguaggio tenuto dall'ambasciatore d'Italia al gran vizir, nel senso che la Turchia doveva, a grande suo vantaggio, e con sicurezza di nulla perdere, mantenersi sul terreno delle intelligenze coll'Inghilterra e col gruppo delle Potenze centrali. S.M. Imperiale desiderava sapere se, a notizia del signor di Radowitz, l'Inghilterra e l'Italia fossero veramente disposte a conchiudere colla Turchia impegni che assicurassero l'integrità dell'Impero contro ogni minaccia; osservava che, ad ogni modo, non sarebbero bastati accordi relativi al Mediterraneo solo, l'Impero potendo essere minacciato nella Siria e nell'Armenia; e neppure sarebbero bastati accordi con l'Inghilterra e con l'Italia sole; la cui efficacia sarebbe insufficiente forse, senza l'adesione dell'Austria-Ungheria e della Germania.

Il signor di Radowitz replicò che aveva difatti, al pari degli ambasciatori d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria, ricevuto notizia confidenziale avere il gran vizir interrogato il barone Blanc e sir H. Drummond Wolff sulle assicurazioni ottenibili per la Turchia dalle Potenze mediterranee contro ogni pericolo derivante dalla ratifica della convenzione; essersi il barone Blanc dimostrato personalmente disposto, in considerazione delle ratifiche consigliate dal proprio Governo, e per deferenza al desiderio che ne venisse confermato per parte di S.M. Imperiale, a sottoporre al proprio Governo l'idea d'un a. cordo col quale i Gabinetti di Roma, di Londra e di Costantinopoli, ri:;onoscendo la comunanza dei loro interessi per il mantenimento della pace e la conservazione dello statu quo nel Mediterraneo, s'impegnassero a concertarsi sui mezzi di raggiungere quello scopo di pace e di conservazione quando venisse minacciata l'integrità dell'Impero ottomano, avvertendo inoltre l'ambasciatore d'Italia che, se tale formula preliminare fosse giudicata presentare lacune, non ispettava alla sua iniziativa indicare il modo di completarla. Essendo egli (Radowitz), al pari del suo collega d'Italia, senza istruzioni al riguardo, ma ritenere che la combinazione da quest'ultimo indicata non sarebbe contraria allo spirito della politica germanica; sembrargli che l'efficacia della formula d'accordo non si limiterebbe al Mediterraneo, ma si estenderebbe a tutto l'Impero; e poiché sembra che le preoccupazioni del sultano per la sicurezza dei Balcani, dell'Armenia e della Siria, inducano S.M. Imperiale a desiderare l'adesione delle altre Potenze alleate agli eventuali accordi con l'Italia e con l'Inghilterra, il sultano farebbe bene di dirigersi agli ambasciatori delle Potenze, per chiarire appieno le disposizioni di queste circa tutta la portata da darsi agli accordi in discorso.

Per assicurarsi intelligenze con le Potenze centrali la via per la Turchia era d'intendersi prima con l'Inghilterra; e per ciò la Germania aveva francamente consigliato la ratifica della convenzione anglo-turca. Considerando le relazioni speciali esistenti fra l'Inghilterra e l'Italia, il riavvicinamento a quest'ultima ne sarebbe risultato da sé. Ed in quanto all'Austria-Ungheria, il sultano può informarsi presso il barone di Calice; il signor di Radowitz non potendo se non esprimere l'intiero convincimento che quanto verrà risposto dall'ambasciatore di Austria-Ungheria non sarà in contraddizione colla politica della Germania.

Il signor di Radowitz ci disse inoltre che avrebbe tenuto lo stesso linguaggio al sultano, nell'udienza di congedo, che difatti ebbe ieri 2 .

P. S. Prego la S.V. di scusare la forma del presente rapporto che si dovette copiare in fretta alla partenza del corriere.

817 1 T. 888, non pubblicato.

818

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 67. Therapia, 16 luglio 1887 (per. il 20).

Le ultime impressioni di sir H. Drummond Wolff nel lasciare Costantinopoli mi parvero queste: che l'opposizione del Governo francese, principale cagione della non ratifica della convenzione anglo-turca, sarebbe cessata, quando si fosse anzitutto elaborato un progetto definitivo d'amministrazione finanziaria per l'Egitto, nel quale i portatori di titoli avessero trovati tanti vantaggi da essere indotti per i primi a reagire contro le intransigenze politiche del Governo della Repubblica. Ne è prova la reazione che comincia a manifestarsi contro l'operato del conte di Montebello. Non vi è tempo da perdere per preparare una combinazione che mirasse alla guarentigia del debito egiziano, ed alla sostituzione del voto a maggioranza, invece dell'unanimità, nella cassa del debito egiziano, diventata base dell'amministrazione finanziaria. Ritiene facile la dimostrazione che si possa, colla combinazione da studiarsi in tal senso, accrescere, forse del 20 per cento, il valore dei titoli egiziani senza sacrifizio di sorta da parte degli Stati interessati, e senza riaprir la via alle pretese politiche della Francia, che persistendo nelle sue ostruzioni rimarrebbe in minoranza. Il progetto di riforma definitiva dell'Egitto in tal senso formerebbe oggetto di un accordo confidenziale colle Potenze mediterranee amiche e verrebbe poi proposto all'accettazione della Francia.

Colla libertà di colloqui privati non dissimulai a sir H. Drummond Wolff che io mi auguravo, per il successo dell'opera a lui affidata in Egitto, che il Governo

della regina cercasse una base di azwne più ferma che non sieno le solidarietà finanziarie tra Londra e Parigi ed altri vestigi o reminiscenze del condominio anglo-francese; e che, fatta l'infelice prova del concorso della Turchia alla consolidazione dell'ordine di cose fondato sulla occupazione inglese, l'Inghilterra ritorni al concetto espresso nel 1882 dal Gabinetto di San Giacomo, che cioè l'Italia e l'Inghilterra, fiduciose nelle immancabili adesioni dei loro alleati, si assicurino a vicenda, per l'Inghilterra la tutela del canale di Suez, come via imperiale alle Indie, per l'Italia il mantenimento dell'ordine in Egitto. Non entravo nell'argomento del da farsi perché l'amministrazione del canale, con lauti compensi ed onori per la compagnia, si trasformi in modo da non più rappresentare un interesse politico eventualmente ostile. Limitandomi alla riforma dell'amministrazione egiziana, osservavo non veder ragione perché la prevalenza in Francia degli interessi finanziari sulle ambizioni politiche, sperata da sir H. Drummond Wolff, si verificherebbe più facilmente a favore dell'Inghilterra sola che non a favore d'una cooperazione anglo-italiana, questa peraltro potendo assicurare i due Imperi centrali contro un eventuale ritorno dei partiti in Inghilterra a transazioni d'ordine politico-finanziario colla Francia. Sir H. Drummond W olff mi aveva più volte parlato degli insormontabili ostacoli opposti all'amministrazione inglese in Egitto non dall'Italia, ma da quasi tutte le Potenze, non esclusa la Germania, durante il Ministero Gladstone; io non esitai ad esprimergli la previsione che simili impedimenti si rinnoveranno finché rimarrà un rischio che qualche altro Gabinetto inglese ritorni al condominio francese; rischio che l'Europa forse non riterrà irrevocabilmente escluso, se non quando vedrà l'Italia associata all'Inghilterra nella definitiva riforma del Vicereame.

Sir H. Drummond Wolff mi assicurò ripetutamente, nel congedarsi, che apprezzava l'importanza di tali considerazioni, le avrebbe esposte a lord Salisbury, e non avrebbe consigliato né fatto passo alcuno nella via delle riforme definitive in Egitto senza che fosse stato consultato il R. Governo prima d'ogni altro 1•

817 2 Per la risposta cfr. n. 832.

819

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 4452. Berlino, 17 luglio 1887 (per. il 23).

J'ai pu prendre connaissance aujourd'hui, au Département des affaires étrangères, du télégramme par lequel M. de Radowitz résume l'entretien qu'il a eu avec le sultan dans son audience de congé.

Je suis donc à mème de compléter les renseignements contenus à cet égard dans mon rapport n. 4450 1 .

Le sultan disait qu'indépendamment des représentations de la Russie et de la France, il se manifestait à l'intérieur un sentiment assez général contre la convention anglo-ottomane. Mouktar pacha, entre autres, mandait d'Egypte que la population musulmane était unanime dans son opposition à un accord qui aurait, à ses yeux, la signification d'établir une co-suzeraineté de l' Angleterre sur une province de l'Empire ottoman. Abdul Hamid tenait donc, avant d'apposer sa signature, à ce que la convention fùt modifiée en conséquence. Il espérait qu'un appui dans ce sens ne lui ferait pas défaut auprès du Cabinet de Londres de la part des Puissances amies. Sa Majesté Impériale laissait percer le désir d'une entente pour le statu quo méditerranéen. L'ambassadeur d'Allemagne, en conformité de ses instructions générales, a laissé entendre que la meilleure voie à suivre pour la Turquie serait de se concerter avec le groupe des trois Puissances: l' Angleterre, l'Italie et l' Autriche.

Je suppose que la conversation de M. de Radowitz avec le baron Blanc, dont un courrier de notre ambassade doit vous apporter le récit, se réfère à cette audience (télégramme de V.E. de cette nuit)Z. V.E. sait que le chancelier, lors mème qu'il veuille rester derrière !es coulisses, voit de bon ceil et mème favorise sous main !es tendances du groupe précité. En attendant, je vois, d'après !es instructions au baron Blanc, que le Gouvernement du roi est tout prèt à accueillir avec l'esprit le plus amicai des ouvertures qui nous viendraient de l'Angleterre dans cet ordre d'idées, et mème en vue d'une entente pratique et spéciale avec l'Italie.

Je mentionnerai à ce propos que, dès le 12 juillet, j'avais laissé tomber quelques mots, dans un entretien avec le secrétaire d'Etat, sur ce qu'il me semblait que les hésitations ou le refus du sultan de ratifier la convention amènerait tòt ou tard des accords plus particuliers encore entre l' Angleterre et l'Italie pour l'Egypte. Le comte de Bismarck se montrait assez favorable à cette combinaison.

818 1 Per la risposta cfr. n. 829. 819 1 Cfr. n. 816.

820

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 936. Costantinopoli, 19 luglio 1887, ore 16 (per. ore 15,20) 1 .

La Sublime Porte résume de nouveau le résultat de ses démarches: aucune Puissance n'a fait d'objections contre la personne du prince: mais deux Puissances contestent la légalité de l'élection; trois Puissances ont une attitude expectante; l'Allemagne reste entièrement passive. Le prince tient un langage correct. La Sublime Porte montre peu d'illusion sur la réussite de cette candidature. L'ambassadeur d'Autriche laisse la Sublime Porte à so n entière spontaneité.

819 2 T. 538 del 17 luglio, non pubblicato. 820 1 Sic.

821

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 68. Therapia, 19 luglio 1887 (per. il 23).

Il signor di Radowitz disse di aver tenuto al sultano, nella sua udienza di congedo, lo stesso linguaggio che a Rechid pascià e ad Artin effendi (vedi rapporto

n. 64) 1 , ma rimane dubbio che il sultano abbia inteso o voluto intendere la portata di tali dichiarazioni.

S.M. Imperiale fece chiedere a sir W. White di chiamare di nuovo sir H. Drummond Wolff quando questi era già ripartito da Tenedos sul dreadnought, e in ogni caso di entrare egli stesso in negoziati per una convenzione del tutto nuova sull'Egitto.

Sir W. White rispose non avere istruzioni per alcune trattative circa l'Egitto; e supporre che il Governo stimerebbe ormai di dover prendere concerti anzitutto sul corso ulteriore degli affari egiziani colle Potenze che gli avevano prestato un leale concorso nelle trattative testé abortite. Gli inviati del sultano osservarono che Sua Maestà non si spiegava come altre Potenze avessero ad ingerirsi in una quistione che concerne la Turchia e l'Inghilterra sole. Sir W. White replicò che la Russia, meno interessata di chicchessia, era ciononostante intervenuta colla Francia per fare abbandonare da S.M. Imperiale la convenzione già firmata; in seguito a che la questione è rimasta del tutto spostata e dovrebbe ora trattarsi tra le quattro Potenze.

Sir W. White mi aveva dimostrato, in colloquii affatto riservati, di aderire alle' considerazioni da me esposte a sir H. Drummond Wolff e dividere il mio parere personale che l'Egitto sia per l'Italia la sola base d'operazione politica sufficiente per ristabilire l'equilibrio del Mediterraneo, assicurare i futuri destini di Tripoli e di Tunisi, e far fronte all'impero africano della Francia. Era anzi di opinione essere venuto il momento di pratiche intelligenze tra l'Italia e l'Inghilterra per l'Egitto. Mi parve però ritenere che incomba l'iniziativa all'Italia, dopo i ripetuti rifiuti da essa opposti da dieci anni in qua alle varie offerte di cooperazioni anglo-italiane. Gli dissi, in conformità al telegramma dell'E.V. del 17 corrente 2 , che la situazione era ormai mutata e che il Governo del re è pronto ad accogliere collo spirito più amichevole le entrature eventuali del Gabinetto di Saint-James circa l'Egitto, sia per un'intelligenza col gruppo alleato, sia per una intelligenza pratica e speciale coll'Italia. Egli mi rispose che ignorava se lord Salisbury desiderasse che la questione venisse trattata tra lui e me; a che osservai che neppure io avevo motivo di credere che V.E. intendesse autorizzarmi ad entrare più avanti nell'argomento.

Rustem pascià intanto avea fatto a lord Salisbury la proposta che si negoziasse a Costantinopoli una nuova convenzione sull'Egitto, spiegando, in base ad un

821 Cfr. 817. 2 T. 538, non pubblicato.

761 telegramma della Porta, il rifiuto delle ratifiche alla convenzione Drummond W olff colle minaccie fatte ultimamente dalla Francia e dalla Russia d'invadere rispettivamente la Siria e l'Armenia.

Istruzioni telegrafiche giunte ieri a sir W. White declinano recisamente ogni negoziato a Costantinopoli sull'Egitto, dichiarando che l'occupazione si prolungherà ormai finché l'Egitto sia forte abbastanza da sfidare ogni pericolo interno ed esterno, e che la responsabilità di tale prolungazione è del sultano.

In attesa dello scambio d'idee che dopo la visita del signor di Radowitz a Varzin avrà forse luogo fra i quattro Gabinetti, l'ipotesi più probabile sulla vera situazione rimane questa: la Germania, per la sua posizione fra Francia e Russia, si ritiene costretta di lasciare ai suoi alleati più interessati nelle cose d'Oriente le iniziative richieste per la conservazione dello statu quo, compromesso dalla quasi abdicazione della Porta nelle mani della Russia e della Francia per le quistioni pendenti, riservandosi la Germania di rivolgere a vantaggio della propria politica lo spontaneo processo di dissoluzione quando le tre Potenze, con esitazioni, temporeggiamenti e timori di far il giuoco altrui, non riescano a salvare la Turchia malgrado se stessa.

Non potendosi sperare dal sultano decisioni positive, ma solo passive acquiescenze o resistenze, in qualsiasi senso, rimarrà assai limitato il campo d'azione mio e dei miei colleghi d'Inghilterra e d'Austria-Ungheria, finché le tre Potenze non procedano a più pratiche manifestazioni della loro comunanza d'intenti.

L'Inghilterra, per la posizione acquistata sul canale di Suez ed a Cipro, e l'AustriaUngheria, per il possesso della Bosnia e dell'Erzegovina, sono impegnate al positivo dovere di far rispettare le rimanenti autonomie che si vanno sviluppando nella penisola dei Balcani e nelle isole e coste del Mediterraneo; dovere verso l'Italia, che sola non ebbe compensi per le alterazioni già recate all'equilibrio generale; dovere verso se stesse, poiché senza l'appoggio dell'Italia potrebbero difficilmente consolidare tali acquisti. Ho potuto accertare che diffatti i miei colleghi di Austria-Ungheria e d'Inghilterra sono convinti quanto io stesso doversi far di tutto per precludere qualsiasi adito alla politica dei compensi; la quale, se prevalesse in un punto, fosse pur solo l'Armenia o la Siria, recherebbe dal Bosforo all'Adriatico contraccolpi disastrosi per tutti e specialmente per l'Italia. Questa, rimasta addietro assai delle sue alleate mediterranee, che già presero pegni per i propri interessi in Oriente, non può più commettere impunemente errori di omissione, essendo più interessata di altri a facilitare con ogni mezzo in Egitto il còmpito dell'Inghilterra per poter con essa influire con maggior efficacia nell'intiera penisola dei Balcani per soluzioni prettamente liberali. L'incapacità della Turchia di cooperare come nel 1854 alla propria conservazione rende il compito più difficile, sembrando perciò urgente una previdente attività per parte dell'Italia, cui si presenta nuovamente, secondo il mio convincimento, l'occasione d'inaugurare in Oriente una politica estera veramente nazionale.

La responsabilità che incombe alla nostra diplomazia nelle presenti circostanze può forse autorizzare gli agenti del Governo del re a sottoporgli i loro personali apprezzamenti sul fondo stesso del problema dei nostri interessi, raramente toccato di regola nelle corrispondenze col r. ministero; e V.E. scuserà che io, appunto perché meno autorevole di altri, senta il dovere quando non fosse se non per opportune rettificazioni da parte dell'E.V. di manifestare appieno le poche idee personali che mi guidano nell'obbediente interpretazione degli ordini ministeriali circa le cose sia dell'Africa che della penisola dei Balcani.

822

L'AMBASCIATORE A PIETROBURGO, GREPPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS 1

R. 345. Pietroburgo, 19 luglio 1887 (per. il 25).

Nell'assenza del signor di Giers, il quale, dopo alcuni giorni passati alla capitale, fece ritorno alla sua residenza estiva in Finlandia, conversai jeri col signor Wlangali.

Il discorso essendo naturalmente caduto sul voto dato dalla Sobranje in Tirnovo a favore del principe Ferdinando di Sassonia Coburgo, informai le mie parole al pensiero espresso dall'E.V. all'ambasciatore di Turchia nell'occasione che questi desiderò conoscere l'opinione del Governo del re sopra l'avvenuta elezione, e ciò feci in ossequio alle istruzioni impartitemi dal telegramma, che l'E.V. mi fece l'onore di dirigere nella giornata delli 15 corrente2 , istruzioni confermate nel dispaccio di questa serie n. 445 delli 15 corrente e pervenutomi poc'anzj3.

Il principe Ferdinando di Sassonia Coburgo non avendo precedenti per i quali gli si possa attribuire un carattere speciale, la Russia non ha, all'invero, da quanto sembrami rilevare, nulla da eccepire contro la sua persona, per cui essa trae i suoi motivi per respingere questa elezione, dal carattere illegale, a suo credere, dell'assemblea che la votò.

Da quanto mi disse il signor Wlangali fu precisamente su questo terreno che si pose il principe Lobanoff, ambasciatore di Russia in Vienna, nell'occasione che ricevette il principe Ferdinando, allorché questi venne ad esporgli il suo desiderio di recarsi presso allo czar, allo scopo d'acquistarsene il favore.

Il principe Lobanoff, il quale col detto principe di Sassonia trattiene rapporti di buona amicizia, avrebbe aggiunto che l'opposizione del suo Governo non era personale e lo affermava coll'osservare che non altrimenti questi agirebbe quando anche l'attuale Sobranje avesse eletto il principe di Mingrelia, suo candidato favorito.

Stando sempre alle notizie comunicatemi dal signor Wlangali, lo stato degli animi in Bulgaria non sembra volersi calmare per questo che fu acclamato un nuovo principe. Nelle sfere militari sarebbesi sviluppato un forte malcontento suscitato dal timore che, nel caso il principe Ferdinando dovesse prendere definitivamente le redini del Governo, possano trovarsi al suo seguito ufficiali austriaci, ai quali poi fossero concessi dei comandi nell'armata bulgara, ed a questo proposito il signor Wlangali mi osservava che già nel tempo in cui la Russia esercitava un'incontrastata influenza sulle cose bulgare, eransi palesati sintomi di insofferenza per l'introduzione nell'armata bulgara di ufficiali russi, al punto che anche senza gli avvenimenti che ne decisero il richiamo, il Governo imperiale avrebbe dovuto sensibilmente modi~care questa sua immistione militare.

2 Cfr. n. 812.

3 Non pubblicato.

*Nelle parole del signor Wlangali parvemi parimente discernere un nuovo risveglio delle antiche diffidenze verso l'Austria. Benché questo incaricato d'affari austro-ungarico abbia con tatto e moderazione fatto presente le circostanze per le quali al suo Governo sembrava che la scelta dell'assemblea bulgara non meritasse il biasimo con cui venne accolta, pure qui si volle attribuire un carattere particolare a queste pratiche austriache, interpretandole come prodotte dal malumore per il cambio ministeriale avvenuto in Serbia*.

822 1 Ed., con l'omissione del brano tra asterischi, in LV 69, pp. 135-136.

823

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY

T. PERSONALE 547. Roma, 20 luglio 1887, ore 11.

L'élection Cobourg a évidemment échoué. Si la continuation à Sophia du provisoire actuel doit ètre envisagé par .le groupe allié comme chose indifférente, il n'y a qu'à attendre tout tranquillement la suite des événements. Mais s'il nous convient au contraire de régler la question le plus tòt possible, il y aurait peut-ètre encore une tentative à faire. Ce serait de reprendre le projet Nelidoff et de faire aller à Sophia le prince de Cobourg non pas comme prince, mais comme lieutenant princier, sauf à lui de régulariser sa propre situation moyennant nouvelle Sobranje et nouvelle élection. Il y a de ceux qui pensent que la Russie veut à dessein tenir ouverte la plaie en Bulgarie. En ce cas le Cabinet de Pétersbourg ne se prèterait certainement pas à un arrangement, quel qu'il soit. Mais, si son opposition actuelle est bona fide, l'expédient ci-dessus pourrait tout concilier. Je serais bien reconnaissant à V.E. de me dire, d'après !es impressions dominantes à Berlin, centre nature! de notre groupe, son avis au sujet de cette idée, ainsi que sur le Cabinet qui lui paraìt le mieux indiqué pour prendre initiative 1 .

824

L'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 855. Parigi, 20 luglio 1887 (per. il 24).

Il signor Flourens, nell'ultimo colloquio ch'io ebbi con lui, mi domandò cosa vi fosse di vero circa una convenzione che si sarebbe conchiusa tra l'Inghilterra

e l'Italia per regolare l'occupazione del litorale occidentale del Mar Rosso. Io risposi che a mia conoscenza si era semplicemente parlato di un accordo per fissare il limite della giurisdizione rispettiva, delle autorità inglesi ed italiane, sul tratto del litorale compreso tra Suakin, attualmente sottoposto alle prime, e Massaua, che sottosta alle nostre. Io soggiunsi che una tale limitazione era necessaria per determinare fin dove si estendevano gli effetti del blocco che avevamo proclamato.

Il signor Flourens parve contentarsi di questa spiegazione e non insistette oltre.

823 1 Per la risposta cfr. n. 826.

825

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. CONFIDENZIALE 944. Londra, 21 luglio 1887, ore 2,16 (per. ore 6).

Le bruit ayant couru ici que Radowitz avait proposé au sultan de se concerter avec l' Angleterre, l'Italie et l' Autriche sur les questions méditerranéennes, Salisbury vient de me dire, qu'il s'était entretenu avec l'ambassadeur d' Allemagne à Londres à ce sujet, mais qu'il ne croyait pas que Radowitz eùt pu faire au sultan une telle proposition: il m'a fait remarquer qu'une entente avec la Porte ne pourrait avoir d'autre but, que d'engager les trois Puissances à défendre la Turquie en cas de guerre, et qu'il était sùr que ni Angleterre ni Italie ne voudraient conclure un pareil accord. Sa Seigneurie a ajouté qu'elle serait bien aise, le cas échéant, d'échanger des vues avec l'Italie et l'Autriche, mais non pas avec la Turquie.

826

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 951. Berlino, 21 luglio 1887, ore 18,25 (per. ore 6 del 22).

Je remercie V.E. de son télégramme d'hier 1 . L'expédient y indiqué ne me semble de mise, ni à l'égard de la Russie, ni du prince de Saxe Cobourg Gotha. Il ne répond mème pas entièrement au projet Nélidoff d'après lequelle lieutenant princier ne serait pas lui-mème candidat au tròne et dont la tàche devrait ètre limitée à régulariser la situation en Bulgarie et à préparer l'élection. C'est la Turquie qui désirait que le lieutenant fùt électif à la couronne, c'est à quoi la Russie se refusait. Comment sans perdre le peu de prestige qui lui reste en suite de ses tergiversations, le nouvel élu de l'assemblée actuelle pourrait-il d'ailleurs se présenter maintenant

avec un titre incomplet et se soumettre à un nouveau scrutin mème dans une autre assemblée? Et quant à la Russie ou plutot au czar, il y a chez lui plus que de l'entètement, c'est de l'opiniatreté il ne peut se résoudre par obstination à abandonner une opinion, si mème il en soupçonne la fausseté et en voit le danger. En laissant la plaie ouverte il se promet du temps et du cours des événements qu'il cherche à influencer par tous les moyens, une solution [conforme à ses propres convenances. Je ne pense pas que V.E. ait voulu parler du groupe de]Z l'Italie, l' Allemagne et l' Autriche, l es affaires bulgares n'y entrent pour rien; du moins en ce qui concerne l' Allemagne elle tient au contraire à affecter une grande indifférence, et à ne prèter son appui diplomatique et platonique qu'à la Russie tant que les seuls intérèts de la Principauté seront en jeu. C'est ce qui a été déclaré récemment encore à l' Autriche, mais j'ai lieu de croire qu'il lui a été laissé entendre en mème temps, que tel étant ici l'actitude, le Cabinet de Vienne aurait une autre voie à suivre, à savoir celle de s'entendre avec l'Italie et l' Angleterre. Il devait se souvenir que le Gouvernement allemand avait favorisé une entente austro-hongroise-anglaiseitalienne, qu'illa voyait de bon oeuil, et que certes il ne lui créerait pas d'embarras si mème il reste à l'arrière-plan, dans ce second groupe de Puissances. Ce ne serait pas le Cabinet de Berlin, lors-mème que au fond il ne la contrarierait pas, qui prendrait une initiative au su jet de l'expédient précité, mais l' Autriche pas plus que l' Angleterre, quoique pour des motifs différents, ne se soucieront pas de recommander une semblable combinaison. Je ne pense pas que l'Italie puisse s'en rendre directement l'organe à Pétersbourg, car nous y sommes devenus suspects, depuis les éloges que nous avons hautement prodigué au prince Alexandre. Je ne vois donc pas trop comment on pourrait donner, dans les conjonctures présentes, une suite pratique à l'idée énoncée dans le télégramme sous mentionné. Cela n'empèche pas que nous tachions de nous mettre d'accord avec l'Angleterre et de peser ensuite ensemble à Vienne pour que le Cabinet autrichien accentue d'avantage ses démarches à Pétersbourg pour la cessation du provisoire actuel à Sophia. Si dans le mème but il y avait quelque chance de s'assurer du concours de la Turquie, le groupe italo-austro-anglais aurait meilleur base d'action.

826 1 Cfr. n. 823.

827

L'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 523. Londra, 21 luglio 1887 (per. il 25).

In un colloquio ch'ebbi ieri con lord Salisbury, cadde il discorso sul suggerimento dato al sultano dal signor di Radowitz di venire ad un accordo con l'Inghilterra, l'Italia e l'Austria circa lo statu quo nel Mediterraneo. Lord Salisbury mi disse che

non appena ricevuta la notizia di quella pratica egli aveva avuto un lungo colloquio col conte di Hatzfeldt; ma che egli non credeva che il signor di Radowitz, benché ne abbia sparso egli medesimo la voce, avesse dato al sultano il suggerimento di cui si tratta. Soggiunse che un accordo colla Porta non poteva avere altro effetto che d'impegnare le tre Potenze menzionate a difendere la Turchia nel caso di una guerra; ed egli era ben certo che né l'Inghilterra né l'Italia (per non parlare dell'Austria), avessero in mente di stringere un simile accordo. Mi fece notare ch'era inoltre difficile e pericoloso per il Governo della Regina di stipulare, con qualsiasi Potenza, un accordo segreto per uno scopo speciale e determinato di gran momento, perché un'interrogazione di un membro del Parlamento sarebbe bastata a costringere il Governo a rivelarne l'esistenza. In conseguenza di ciò, proseguì lord Salisbury, allorquando è necessario di stipulare un accordo segreto, il Governo della Regìna si studia darvi una forma vaga ed indeterminata; e Sua Signoria citò di ciò qualche esempio.

Ritornando quindi al disegno d'un accordo fra le tre Potenze e la Porta (che mi disse essergli stato annunziato come un'idea italiana), lord Salisbury dichiarò che sarebbe ben lieto, quando fosse necessario, di avere uno scambio di pareri con l'Italia e con l'Austria, ma non già colla Turchia.

Ebbi l'onore di dar notizia di ciò all'E.V. col telegrafo 1•

Ricevo in questo momento in risposta un telegramma di lei 2 e mi pregio di farle noto:

l) che allorquando, come ebbi l'onore di telegrafarle, lord Salisbury parlò del suggerimento del signor di Radowitz al sultano come di una voce corsa e non come di un fatto accaduto, io avevo già ricevuti i telegrammi degli ambasciatori del re in Berlino ed in Costantinopoli da lei menzionati; ma non avevo né facoltà, né necessità alcuna di citarli;

2) che l'impressione ricavata dal colloquio con lord Salisbury fu che Sua Signoria desiderava, in sostanza, far consapevole il Governo del re che l'ambasciatore di Germania in Costantinopoli non aveva avuto autorità, per quanto concerne l'Inghilterra, di fare la proposta di cui si tratta.

Devo aggiungere da ultimo che lord Salisbury pone molta importanza che le cose da lui dettemi su tale materia rimangano segretissime.

826 2 Le lacune sono state integrate sulla base del registro dei telegrammi dell'ambasciata a Berlino.

828

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 953. Costantinopoli, 22 luglio 1887, ore 9,40 (per. ore 11,50).

On a cherché maintenant à persuader le sultan qu'il ne peut se fier à l'Italie et à l'Autriche pas plus qu'à l'Angleterre, si l'Allemagne n'engage pas en première

ligne sa responsabilité pour que la Turquie n'ait pas à donner des compensations aux trois Puissances. On cite à ce propos une dépèche de Photiades, qui ayant eu ordre de prendre des informations sur notre entente avec l' Angleterre, prétend avoir eu connaissance de documents, établissant qu'un traité d'alliance anglo-italien, donnant Tripoli à l'Italie, a été signé par le due d'Edimburg à qui Annonciade aurait été donné à ce propos. Mes collègues amis croient que Photiades sert les influences qui nous sont contraires au Palais.

827 1 Cfr. n. 825. 2 T. 550 del 21 luglio, non pubblicato.

829

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALV ANO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. 71. Roma, 22 luglio 1887.

Con rapporto del 16 corrente 1 l'E.V. mi riferiva una recente conversazione avuta con sir H. Drummond Wolff circa un progetto di assetto definitivo per l'Egitto, che dovrebbe formare oggetto di un accordo confidenziale tra le Potenze mediterranee.

Approvo intieramente il linguaggio da lei tenuto in questa circostanza al commissario britannico.

· Confermo, del resto, a V.E. ciò che già ebbi occasione di significarle con telegramma del 17 corrente 2 , che cioè il R. Governo è disposto ad accogliere, col sentimento più amichevole, qualsiasi proposta che, rispetto all'Egitto, l'Inghilterra stimasse di fare, sia per un accordo fra le quattro Potenze, sia per un accordo speciale e pratico coll'Italia.

830

IL MINISTRO A MADRID, MAFFEI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 958. Madrid, 23 luglio 1887, ore 21,15 (per. ore 7 del 24).

Ministre d'Etat yient de me dire que S.M. la Reine approuve complètement que l'Espa.gne accepte hospitalité de l'Italie sur un point de la cote d'Assab pour l'établissement d'un dépòt de charbon. L'idée est donc adoptée en principe avec reconnaissance par le Gouvernement espagnol. l'ai annoncé au ministre d'Etat que

829 1 Cfr. n. 817. 2 T. 538, non pubblicato.

j'allais partir en congé pour quelques semaines, et il m'a alors chargé de prier V.E. de faire l'étude préliminaire de la localité qui pourrait paraìtre convenable et qu'il y aurait puis le temps de lui communiquer, à mon retour, si V.E. a quelque observation à exprimer. Je l'informe que je compte partir mardi.

831

L'AMBASCIATORE A VIENNA, NIGRA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 235. Vienna, 23 luglio 1887 (per. il 27).

Ieri l'altro, monsignor Galimberti, nunzio apostolico presso questa Corte, ha dovuto dare al conte Kalnoky comunicazione della circolare del cardinale Rampolla che dà spiegazioni sul modo con cui dalla Santa Sede è compresa l'idea d'una conciliazione tra il Regno d'Italia ed il Papato.

Siccome io sono ben deciso a non ammettere in proposito né discussione né anche semplice conversazione col Governo austro-ungarico, così mi sono astenuto dall'interrogare su ciò il conte Kalnoky, il quale dal suo lato si astenne dal parlarmene.

Ho però ragione di credere che il conte Kalnoky, pure ascoltando le spiegazioni di monsignor Galimberti, evitò d'esprimere un'opinione sull'argomento.

832

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALV ANO, ALL'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC

D. 72. Roma, 24 luglio 1887.

Ringrazio l'E. V. delle indicazioni fornitemi col rapporto del 16 corrente 1 , circa le probabili conseguenze del rifiuto di S.M. il Sultano di ratificare la convenzione anglo-turca sulle cose d'Egitto.

Approvo i concetti svolti dall'E.V. rispetto ad un eventuale accordo tra l'Italia e l'Inghilterra per l'Egitto. Però dopo esserci dichiarati pronti ad accogliere con animo amichevole le eventuali proposte inglesi, ci sembra, nello stato attuale delle cose, di doverci astenere da una iniziativa che potrebbe non essere ravvisata a Londra come opportuna.

832 1 Cfr. n. 817.

833

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, MENABREA1

D. 1210. Roma, 25 luglio 1887.

Nel parlare col signor Flourens del recente accordo che abbiamo conchiuso coll'Inghilterra per determinare la zona della rispettiva sorveglianza fra Suakin e Massaua, V.E. ne adduceva a motivo la necessità di determinare fin dove si estendevano gli effetti del blocco che avevamo proclamato. Così è detto nel dispaccio in data 20 luglio n. 855, giuntomi testè 2•

Non posso a meno d'osservare che il nostro accordo coll'Inghilterra, come apparisce dai documenti diplomatici che si spediscono regolarmente a cotesta r. ambasciata, si riferisce in genere alla polizia marittima ed al regime commerciale della costa interposta fra Massaua e Suakin e non ha propriamente connessione diretta col blocco. In fatti il blocco termina al punto in faccia all'isoletta Dufnein, l'ultima al nord dell'arcipelago Dahlak; mentre la sorveglianza sulla costa è attualmente fino a Ras Kasar. Nondimeno sarebbe inopportuno di tornare col signor Flourens su questo argomento, tanto più che la cosa non concerne affatto la Francia.

834

MEMORIA CONFIDENZIALE1

Roma, 25 luglio 1887.

Sul finire di giugno e nei primi giorni di questo mese lord Salisbury, conversando amichevolmente col r. ambasciatore conte Corti, metteva innanzi, a due riprese, l'idea che l'Inghilterra potrebbe essere eventualmente intermediaria per ristabilire, a tempo debito, ed in termini per noi soddisfacenti, regolari relazioni tra l'Italia e l'Abissinia (vedi allegati l é 2)2.

Il conte Corti, ringraziato lord Salisbury, !imitavasi a riferirne al R. Governo. Della offerta fatta da lord Salisbury fu preso nota; non parve che se ne potesse trarre profitto nelle presenti circostanze. Partito il conte Corti in congedo, il r. incaricato d'affari cavalier Catalani riferiva (rapporto del 16 luglio) (vedi allegato 3) un colloquio da lui avuto con sir

E. Baring, agente d'Inghilterra in Egitto, autorevolissimo nelle cose del Vicereame e del Mar Rosso, venuto probabilmente a parlargli per volontà, od almeno con la

Cfr. n. 824. 834 1 Questa memoria fu preparata da Malvano come risulta dal documento al n. 836. 2 Non si pubblicano gli allegati.

acquiescenza di lord Salisbury. Sir E. Baring insisteva forte sulle enormi difficoltà di una impresa militare in Abissinia, sulla convenienza per l'Italia di addivenire ad onorevole componimento col negus, sulla buona disposizione del Governo britannico a farsi intermediario degli occorrenti negoziati.

Delle considerazioni ed avvertenze di sir E. Baring non si sarebbe per avventura tenuto maggior conto, almeno per il momento, se non fosse sopraggiunta tale circostanza di fatto che in certo modo ci costringe a prendere, nell'uno o nell'altro senso, una immediata deliberazione.

Il r. incaricato d'affari, infatti, veniva a sapere, in questi ultimi giorni, essere pervenuta alla regina Vittoria una lettera del negus, nella quale questi amaramente dolevasi del contegno degl'italiani, e conchiudeva chiedendo se l'opera degl'italiani avesse il consenso della regina. Al cavaliere Catalani, che dava contezza telegrafica della cosa (telegramma del 16 luglio) (vedi allegato 4), fu tosto replicato, che chiedesse in primo luogo copia della lettera del negus (telegramma del 17 luglio, ore 11 antimeridiane) (vedi allegato 5) ed in secondo luogo pregasse di differire la risposta della regina fino a previa intelligenza fra i due Governi (telegramma del 17 luglio, ore 6 pomeridiane) (vedi allegato 6). Il cavaliere Catalani riceveva, col telegramma stesso, istruzione di esprimere, come di sua propria iniziativa, ed in conseguenza senza punto impegnare l'opinione del R. Governo, questo concetto: che, cioè, la mediazione replicatamente offerta da lord Salisbury avrebbe potuto praticamente esplicarsi con l'indurre il negus, mercé la lettera della regina, a chiederci la pace e ad inviare a Massaua un suo personaggio con l'incarico di udire le nostre condizioni.

Il cavaliere Catalani puntualmente si conformava alle istruzioni ricevute. Chiedeva ed otteneva copia della lettera del negus (primo rapporto in data 21 luglio) (vedi allegato 7). Poi (secondo rapporto, anche in data 21 luglio) (vedi allegato 8) riferiva la conversazione da lui avuta intorno a questo argomento col ministro britannico degli affari esteri. Lord Salisbury ammette sostanzialmente che la risposta della regina al negus possa essere conveniente avviamento alla mediazione inglese; non stimando probabile che il negus s'induca a mandare un suo personaggio a Massaua, il nobile lord suggerisce che la regina proponga al re d'Abissinia di chiederci essa stessa le nostre condizioni di pace, promettendo di fargliele conoscere.

Mercé questo carteggio preliminare, il problema, perfettamente integro ed impregiudicato, si pone, per noi, in termini ben precisi e concreti.

Vogliamo noi giovarci della occasione, forse unica, che ora ci si offre, per ottenere che, accanto alla nostra azione militare, si svolga, da parte della Abissinia, e per iniziativa sua, tale negoziato che possa condurre a pace degna e soddisfacente? O vogliamo invece escludere qualsivoglia idea di negoziato, preferendo di imprimere alla nostra azione militare tale sviluppo e tale un'efficacia che ci assicuri, dapprima una giusta riparazione, e indi una pace conveniente?

Sopra questa grave alternativa conviene che il Governo si pronunci. Però non è fuori di proposito avvertire che la mediazione inglese, così come sarebbe avviata mediante la lettera della regina Vittoria, non sarebbe punto impedimento allo esplicarsi della nostra azione militare; la quale anzi dovrebbe essere pronta e vigorosa appunto perché possa opportunamente influire sull'animo del negus, mentre gli giungerebbe, o da poco gli sarebbe giunto, il messaggio della regina. Né è fuori di proposito l'avvertire altresì che, qualora la mediazione britannica procedesse tanto oltre da farci formulare, di fronte a richiesta del negus ansioso di ottenere la

pace, i nostri patti e le nostre condizioni, si otterrebbe ben anche il vantaggio di assegnare un obiettivo pratico e formale a quella nostra guerra di Abissinia che finora ne manca, sembrando da escludersi la conquista del Paese, e troppo vago concetto essendo quello d'una riparazione.

Se nei consigli del R. Governo prevale, di fronte alle presenti esibizioni del Gabinetto britannico, il partito della astensione, basterà ringraziare, e lasciare che la regina Vittoria risponda al negus così come la sua amicizia per l'Italia le ispirerebbe.

Se invece prevale il partito contrario, se cioè stimiamo di giovarci della offerta di lord Salisbury, converrebbe munire tosto il r. incaricato d'affari di acconcie istruzioni, il tenore delle quali si trae dalle considerazioni stesse che qui precedono. In breve, il cavaliere Catalani dovrebbe studiarsi di ottenere che la lettera della regina Vittoria ponga sotto gli occhi del negus questi concetti: la nostra occupazione a Massaua essersi fin dal principio veduta dall'Inghilterra con occhio favorevole; l'Italia esser venuta a Massaua con intenti di giustizia e di pace; la ragione nell'attuale conflitto, essere tutta dalla parte nostra; l'Italia essere ben risoluta ad avere soddisfazione per la ingiusta aggressione, convenire all'Abissinia di placarne lo sdegno e d'attenerne, mercé adeguata riparazione, eque condizioni di pace.

833 1 Ed. in L'Italia in Africa, Etiopia-Mar Rosso, tomo VI, cit., p. 164.

835

L'AMBASCIATORE A BERLINO, DE LAUNAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. CONFIDENZIALE 4462. Berlino, 26 luglio 1887 (per. il 30).

J'ai lu avec un vif intéret l'annexe à la dépeche de V.E. du 22 juillet, n. 2474 1• Je me suis prévalu de son contenu pour m'assurer des impressions du secrétaire d'Etat ad interim sur le récit que l'ambassadeur d'Allemagne à Constantinople, arrivé ici dans l'intervalle, n'aurait pas manqué de faire pour compléter le télégramme expédié la veille de son départ en congé, et dont j'avais communiqué un résumé par mon rapport du 17 de ce mois, n. 4452 2 .

Le comte de Berchem m'a dit que M. de Radowitz, sans remettre un mémoire détaillé sur ses différents entretiens, notamment avec le sultan, s'est borné à fournir des explications verbales, en tout point conformes à l'annexe précité. Ses déclarations ont été jugées correctes. Aussi le chargé d'affaires d'Allemagne à Constantinople a-t-il été autorisé, s'il était interpellé, à confirmer le langage de son chef à l'audience chez le sultan, langage s'accordant en substance avec celui tenu par lui, M. de Radowitz, au baron Blanc, à sir W. White et au baron Calice; mais M. de Kiderlen devait en meme temps se garder d'ajouter quoi que ce soit dépassant la meme mesure, car pour le moment la question relative à l'Egypte reste en suspens.

835 1 Dispaccio, non pubblicato, col quale si trasmette il rapporto al n. 817. 2 Cfr. n. 819.

Vu la disposition d'esprit du sultan qui, terrorisé par les menaces de la Russie, croit marcher sur un terrain semé d'embùches et ètre exposé à une révolte s'il cédait à l' Angleterre, il n'y a en effet rien à faire maintenant. Il n'est d'ailleurs pas à supposer que le Cabinet britannique se prète, de sitòt du moins, à renouer les pourparlers pour modifier la convention ou pour en préparer une autre sur de nouvelles bases. Il est à propos de rappeler, en ce qui concerne la France, que le comte de Montebello n'a fait que suivre l'impulsion donnée par M. de Nelidov. On commence à Paris à ne plus envisager la non-ratification, comme une victoire de la diplomatie française. Elle n'a obtenu qu'un résultat négatif qui rétablit le statu quo ante. M. Waddington, nommément, ne partageait pas tout-à-fait les vues de son Gouvernement emboìtant le pas avec la Russie, et il se rallie à la tendance qui semble se manifester à Paris, celle que la France devrait se montrer conciliante, du moment où ses intérèts seraient pleinement sauvegardés pour le Canal de Suez.

M. de Kiderlen a également l'instruction d'éviter tout ce qui pourrait laisser supposer au sultan qu'il existe ici le moindre froissement pour l'insuccès de l'appui donné à l' Angleterre, et rendre sa Majesté plus perplexe encore.

Le comte de Berchem me répétait à cette occasion que le Cabinet de Berlin verrai t sans doute avec satisfaction l'Italie, l' Autriche et l' Angleterre se concerter entre elles, et si possible et en temps opportun avec la Sublime Porte pour le maintien de l'équilibre en Orient et pour assurer l'intégrité territoriale de la Turquie; mais que, conformément à ses déclarations antérieures, il tenait à rester en dehors de semblables arrangements. En «faisant paroli» à la France, en paralysant ses mouvements, en se tenant en vedette, l' Allemagne rend déjà service par cette attitude au groupe de l'Italie, de l' Angleterre et de l' Autriche-Hongrie, don t la formation a rencontré toutes ses sympathies. Mais dans cet ordre d'idées aussi, il appartiendrait à l' Angleterre, l'Etat le plus directement intéressé, de prcndre, si elle le juge à propos, une initiative à Rome, à Vienne, et éventuellement à Constantinople. Il est vrai que vis-à-vis de la Turquie on ne saurait procéder avec trop de circonspection.

Le comte de Berchem ne s'est pas expliqué autrement sur ce dernier point. Il voulait évidemment laisser comprendre, malgré ses réticences, qu'il était fort chanceaux de s'engager envers la Turquie, en présence des intrigues qui se nouent et se dénouent au Palais, de I'indiscrétion du souverain, et des moyens d'influence dont la Russie use, per fas et nefas, pour contrecarrer l'action des autres Puissances. Les tergiversations de Sa Majesté impèriale dans les dernières phases des négociations pour l'accord anglo-turc, sans compter les burlesques inepties débitées à notre égard (télégramme de V.E. du 22 juillet)3 ne sont certes pas de nature à encourager le groupe sousmentionné des trois Puissances à lier parti avec la Sublime Porte. On dirait vraiment, en entendant ses prétentions, que l'Europe n'a d'autre tàche à remplir que de sauver «l'homme malade», lorsque celui-ci paraìt s'appliquer à dérouter tous les médecins, en n'écoutant que la Puissance qui convoite son héritage. Si pour mieux agir, le sultan attend, entre autres, que l' Allemagne non seulement rompe en VISiere avec la Russie à propos de la Bulgarie et de l'Arménie, mais mème s'associe à un pacte pour assurer contre toute menace l'intégrité des

possessions ottomanes, il se berce d'étranges illusions. Il devrait se contenter de voir que le Cabinet de Berlin s'est déjà placé sur la mème ligne que les Puissances qui, au su jet de l'Egypte, soutenaient l' Angleterre con tre les exigeances de la France et de la Russie. Le fait était déjà assez significatif. Vouloir davantage, ce serait dépasser le but que l'Allemagne se propose. Il faudrait d' ailleurs vérifier jusqu' où l'Angleterre irait de l'avant, si elle se résoudrait, au be so in, à exercer une bien plus forte pression que celle dont elle a usé récemment à Constantinople.

En attendant, il convient de ne nous avancer qu'a bon escient. Le groupe des trois Puissances est le meilleur juge des obligations à prendre mutuellement, en prévision surtout du cas où il ne serait plus possible de maintenir le statu-quo en Orient et dans la Méditerranée. Mais, si ce mème groupe se décidait aussi à négocier avec la Turquie, l'accord devrait ètre conçu en termes vagues, en laissant de la marge à une entente ultérieure sur les modifications que les circostances rendraient utiles ou nécessaires. Les stipulations devraient en quelque sorte ressembler à celles que nous jugerions à propos d'appliquer, par exemple, à l'Espagne, s'il nous importait de nous l'attacher, en l'empèchant de se jeter entre les bras de la France. Il me semble, à ce point de vue, que la formule esquissée par M. le baron Blanc, dans son rapport du 16 juillet4 , serait en situation. Elle établit le principe de la communauté d'intérèts pour le maintien de la paix et la conservation du statu quo méditerranéen, mais sans en préjuger définitivement l'application. Cette formule équivaut à un pactum de contrahendo.

M. de Radowitz a prié ses trois collègues de référer par écrit, et non par le télégraphe, à leurs Gouvernements respectif le langage qu'illeur avait tenu d'abord et ensuite au sultan, parce qu'il voulait se laisser le temps de s'expliquer sur toute chose a Varzin. Mais son désir était surtout motivé, parce qu'il n'avait pas l'entière certitude de l'assentiment du Gouvernement impérial. Ce diplomate entendait donc par là formuler une réserve pour le cas où l'approbation ferait défaut. Son attitude ayant été pleinement approuvée, sa course à Varzin devenait inutile. Peut-ètre le chancelier aura-t-il préféré qu'elle n'ait pas lieu, afin d'éviter les commentaires de la presse.

En me référant à mon télégramme de cette après-midi 5 , ...

835 3 T. 557, non pubblicato.

836

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS, AL MINISTRO DEGLI INTERNI, CRISPI

T. S.N. Stradella, 27 luglio 1887, ore 15.

Sorge all'estero grave incidente da tenere assolutamente segreto. Inghilterra ha offerta sua mediazione fra Italia ed il negus in seguito a una lettera del negus alla

regina Vittoria. Ma Inghilterra non considera che in Italia questione dominante è quella di dignità nazionale, onore militare. D'altronde se ne comprendono ragioni principali fra le quali questa che nemici della Inghilterra sono sudanesi e non gli abissini. Ad ogni modo ti prego di convocare Consiglio dei ministri presenti ministri della guerra e della marina per decidere questa questione, avendo cura farmi conoscere vostra risoluzione, giacché risposta è sollecitata. Ho fatto preparare e ti spedirò allo scopo relazione dettagliata di Malvano e tutti documenti 1 . Malvano è incaricato dare altre spiegazioni a voce 2 .

835 4 Cfr. n. 817. 5 T. 965, non pubblicato.

837

IL MINISTRO DEGLI INTERNI, CRISPI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS1

T. S. N. 2 Roma, 27 luglio 1887, ore 19.

Conoscevo notizia sino da qualche giorno, essendomi stata data dubitativa da un amico di Parigi. La tenni per me. Ministro della guerra è con Sua Maestà a Verona e ministro della marina non è ancora tornato da Livorno. Alloro ritorno convocherò il Consiglio dei ministri.

838

L'AMBASCIATORE A COSTANTINOPOLI, BLANC, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

T. 972. Therapia, 27 luglio 1887, ore 21,50 (per. ore 0,50 del 28).

Le prince de Cobourg ayant parlé à l'ambassadeur de Turquie à Vienne de l'urgence de le reconnaitre au moins comme régent pour ne pas laisser refroidir la confiance des bulgares, cette idée a été communiquée par le grand-vizir à Nélidoff, qui a déclaré que la Russie n'agréerait le prince de Cobourg, ni comme prince ni comme régent. Le grand-vizir a repliqué, qu'en ce cas il ne reste peut-ètre à la Sublime Porte que de proposer une conférence européenne.

836 1 Si tratta con tutta probabilità del n. 834. 2 Per la risposta cfr. n. 837. 837 1 ACS, Carte Depretis. 2 Risponde al n. 836.

839

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALV ANO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS 1

T. URGENTISSIMO S.N. Roma, 28 luglio 1887, ore 19.

Lord Salisbury torna solamente domani a Londra dalla campagna. Catalani chiede 2 quale risposta gli si potrebbe suggerire di fare alla interrogazione di lord Napier. Io credo che la migliore risposta sarebbe di dire la verità che cioè l'Inghilterra non ha ricevuto dal negus alcuna richiesta di mediazione ma che quando pure la ricevesse non potrebbe accoglierla che dopo essersi assicurata se e con quali condizioni la mediazione inglese potrebbe nelle presenti circostanze essere gradita dall'Italia. Prego V.E. di telegrafarmi d'urgenza se io debba così rispondere a Londra 3 .

840

IL CAPO DI GABINETTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, BERTARELLI, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALVANO

T. S.N. Stradella, 28 luglio 1887, ore 22.

Presidente stato molto grave. Impossibile comunicargli due telegrammi di oggi 1• Ieri ha telegrafato al ministro Crispi lei essere incaricato dare chiarimenti su affari mediazione 2•

841

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, MALV ANO, ALL'INCARICATO D'AFFARI A LONDRA, CATALANI

D. 356. Roma, 28 luglio 1887.

Con nota in data 25 corrente 1 , il signor Kennedy, incaricato d'affari d'Inghilterra, mi fa conoscere, in conformità dell'art. 34 dell'Atto generale della Conferenza

2 T. 975 del 28 luglio, non pubblicato.

3 Per la risposta cfr. n. 840. 840 1 Si pubblica soltanto il n. 839.

2 In seguito a tale telegramma Malvano comunicò il contenuto del documento n. 839 all'ambasciata a Londra con T. 575 del 28 luglio, non pubblicato. 841 1 Non pubblicata.

776 di Berlino relativa al Congo, che, per accordi intervenuti fra il suo Governo ed alcune tribù della costa dei Somali, il protettorato britannico in quelle regioni si estende da ras Gibuti, sulla costa meridionale della baia di Tagiura, a Bunder Ziadeh, situato al 49° di longitudine est del meridiano di Greenwich.

Come preambolo a questa notificazione, il signor Kennedy cita anche il recente accordo fra l'Inghilterra e la Francia, as to the limits of their respective protectorates on the coast in question.

Suppongo che sia per effetto di poco esatta redazione che l'accordo anglo-francese per la costa dei Somali ci viene ora indicato come se avesse per oggetto di delimitare i rispettivi protettorati su quella costa; mentre invece, come ci fu chiaramente significato da lord Salisbury, trattavasi di accordo puramente negativo, escludente cioè la rispettiva influenza al di là della linea di demarcazione.

Faccio cenno di questa inesatteza nel carteggio con cotesta r. ambasciata, perché possa risultare, all'occorrenza, che non ci è sfuggita.

839 1 ACS, Carte Depretis.

842

IL MINISTRO AD ATENE, CURTOPASSI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO E MINISTRO DEGLI ESTERI, DEPRETIS

R. 873. Atene, 28 luglio 1887 (per. il 2 agosto).

La notizia della fallita ratifica della convenzione anglo-turca relativa all'Egitto, per parte del sultano, ha destato presso questo Governo altrettanto giubilo, quanto a Parigi e Pietroburgo. Già prima, durante i lunghi e difficili negoziati, questi ministri non ammettevano la possibilità della ratifica, magnificando il minaccioso atteggiamento della Francia e della Russia ed ora, a fatto compiuto, sono felicissimi di parlare dello scacco subito dall'Inghilterra. A tal proposito dicevami il signor Dragoumis: «Il paraìt qu'au dernier moment M. de Radowitz s'est agité comme un possedé, mais il en a été pour ses frais»; quindi, ironicamente: «Nous regrettons plus que n'importe qui l'échec de sir H. Drummond Wolff, car ayant échoué, il sera probablement mis de còté, et dès lors, nous devrons lui servir de nouveau la pension de 500 livres anglaises comme ex employé des ìles ioniennes».

Trattandosi di conversazione affatto intima, ho espresso il dubbio al mio interlocutore se poi davvero il Gabinetto di Londra avesse a dolersi del rifiuto del sultano; per la riacquistata libertà di azione, l'occupazione dell'Egitto non avendo più limiti determinati, potrebbe, in certe eventualità, assumere altro carattere, con serio pregiudizio della Turchia e di coloro che la spinsero alla resistenza. La convenzione, quale è redatta, imponeva indubbiamente un termine alla presenza delle armi inglesi in quel Paese, mentre oggi, scartata questa contingenza, la terra dei faraoni potrebbe diventare un grosso pegno nelle mani di chi è oltremodo interessato a vedere risolvere in senso nazionale la questione bulgara.

E questa è la vera spina nel cuore del Gabinetto d'Atene che non cessa dal

paventare l'eventualità dell'indipendenza del Principato e di una insurrezione in

Macedonia, tutt'altro che favorevole alla Grecia.

Ho creduto mio dovere di narrare quanto precede all'E.V., acc10 appaiono, con chiarezza, le vere tendenze di questo Governo nelle attuali circostanze.

843

IL RE D'ITALIA, UMBERTO I, AL MINISTRO DELL'INTERNO, CRISPI 1

T. S.N. Verona, 30 luglio 1887, ore ... 2 (per. ore 9,25).

Riservandomi di provvedere sulla situazione creata dalla morte del compianto Presidente del consiglio prego intanto lei a voler comunicare a tutti i ministri suoi colleghi l'invito in nome mio di rimanere in carica 3 onde evitare interruzione nell'andamento dei pubblici affari. Quanto prima farò sapere da Monza ove giungerò oggi all'una il giorno del mio arrivo a Roma.

2 Manca l'indicazione dell'ora di partenza.

3 Risponde ad un telegramma non pubblicato, conservato in ACS, Carte Crispi, con cui Crispi aveva comunicato la dimissione dei ministri e aveva richiesto al re di designare il ministro ad interim degli esteri.

843 1 ACS, Carte Crispi.

<
APPENDICI

APPENDICE l

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(Situazione dal 26 luglio 1886 al 30 luglio 1887)

MINISTRO

NICOLIS DI RomLANT conte Carlo Felice, senatore, fino al 4 aprile 1887; DEPRETIS Agostino, presidente del Consiglio, dal 5 aprile al 29 luglio 1887.

SEGRETARIO GENERALE

CAPPELLI marchese Raffaele, deputato al Parlamento, fino al 7 aprile 1887.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI E DEGLI UFFICI AMMINISTRATIVI

MALVANO Giacomo, direttore generale; CoLLOBIANO ARBORIO conte Luigi, consigliere di legazione, in missione presso la direzione generale (segretario del ministro fino al 4 aprile 1887); TKALAC Emerico, interprete di prima classe; VALERGA don Pietro, interprete onorario per la lingua araba.

DIVISIONE POLITICA

(Sotto l'immediata dipendenza del direttore generale)

SEZIONE I

Corrispondenza politica -Corrispondenza particolare del ministro -Trattati politici -Pubblicazioni diplomatiche

BIANCHI DI LAVAGNA E DI CASTELBIANCO marchese Francesco, capo di sezione; BARDI Alessandro, segretario (dal 28 settembre 1886 capo sezione); MAYOR Edmondo, segretario; CUGNONI Guglielmo, segretario; CANONICO Edoardo, volontario (dal 30 giugno 1887 vice-segretario); HIERSCHEL DE MINERBI conte Oscarre, segretario di legazione di prima classe; BAGLIO Beniamino Arcangelo,

segretario di legazione di prima classe; FosSATI-REYNERI conte Giacinto, segretario di legazione di seconda classe, fino al 19 marzo 1887; CosTA DI TRINITÀ conte Paolo, addetto onorario fino al 2 settembre 1886; MARTUSCELLI Eugenio, addetto onorario, dal 19 ottobre 1886; MONROJ Ferdinando, marchese di Garsigliano, addetto onorario, dal 24 gennaio 1887; CicERO Carlo Federico, archivista; NEGRI Rodolfo, ufficiale d'ordine; FERRERO Camillo, ufficiale d'ordine.

SEZIONE II

Archivio -Biblioteca -Protocollo -Spedizione -Corrieri di Gabinetto -Trasmissioni -Revisioni della stampa periodica -Personale del Ministero -Personale diplomatico italiano -Personale diplomatico estero -Annuario diplomatico -Decorazioni nazionali -Decorazioni estere -Ordine della SS. Annunziata -Carteggio della R. Casa -Viaggi di principi e personaggi illustri -Cerimoniale -Servizio telegrafico -Servizio della cifra -Rilascio di passaporti diplomatici e distinti.

GORRINI Giacomo, capo di sezione, direttore degli archivi, del protocollo generale e della spedizione, dal 6 febbraio 1887; PASQUALUCCI Loreto, segretario, bibliotecario; BERTOLLA Giuseppe, archivista capo, calligrafo; ALINARI Enrico, archivista capo; GABUTTI Pasquale Pietro, archivista; CERQUETTI Claudio, ufficiale d'ordine; ZANETTI Luciano, ufficiale d'ordine; PASANISI Francesco, ufficiale d'ordine, spedizioniere; ANIELLI Eugenio, corriere di Gabinetto; SIGNORONI Elia Camillo, corriere di Gabinetto.

RAGIONERIA

Bilancio -Contabilità generale degli uffici diplomatici e consolari -Mandati -Rendiconti -Corrispondenza relativa

SANTASILIA Nicola, direttore capo di divisione di ragioneria; GuGLIELMINETTI Giuseppe, capo di sezione di ragioneria; BELLISOMI Ludovico, segretario di ragioneria; CALVARI Ludovico, segretario di ragioneria; BONAMICO Cesare, segretario di ragioneria; DE GREGORIO Francesco, ufficiale d'ordine.

ECONOMATO E UFFICI PASSAPORTI E DELLE VIDIMAZIONI

Spese d'ufficio -Contratti -Passaporti -Legalizzazioni Servizio interno del ministero

BROFFERIO Tullio, segretario; DE ANGIOLI Eugenio, archivista; SILVANI-LORENI Demetrio, ufficiale d'ordine.

DIREZIONE GENERALE DEI CONSOLATI E DEL COMMERCIO

PEIROLERI Augusto, direttore generale.

UFFICIO DEL PERSONALE

Corrispondenza riservata e confidenziale della direzione generale Personale consolare e dragomannale -Esami -Exequatur agli agenti consolari esteri

BARILLARI Federico, segretario; KocH Ernesto, vice segretario; ZAVEL DE LouviGNY Filippo Antonio, ufficiale d'ordine; PEROTTI Felice, ufficiale d'ordine.

DIVISIONE I

BIANCHINI Domenico, direttore capo di divisione.

UFFICIO I

Corrispondenza in tutte le materie non politiche né commerciali coi regi agenti diplomatici e consolari residenti negli Stati d'Europa e loro colonie, eccettuate la Turchia e la Grecia, e cogli agenti diplomatici e consolari di detti Stati in Italia, coi ministeri, colle autorità e coi privati -Scuole italiane all'estero

CAVACECE Emilio, capo di sezione (dal 31 marzo 1887, direttore capo di divisione); MIRTI DELLA VALLE Achille, segretario; V ACCAJ Giulio, segretario; FASSATI DI BALZOLA Ferdinando, segretario; DE GAETANI Davide, segretario; DURANDO Vittorio, segretario; SERRA Carlo, segretario; ANDREOZZI conte Pietro, vice segretario; LuccHESI PALLI Ferdinando, vice console di terza classe.

UFFICIO II

Corrispondenza in tutte le materie non politiche né commerciali coi regi agenti diplomatici e consolari residenti in Grecia, nell'Impero ottomano, in Asia, in Africa, America ed Oceania, e cogli agenti diplomatici e consolari di detti Paesi in Italia, coi ministeri, colle autorità e coi privati.

MARGARIA Augusto, capo di sezione; GAETANI n'ARAGONA DI CASTELMOLA Onorato, vice segretario (dal 31 marzo 1887, segretario); GIACCHI Giuseppe, vice segretario; P ASSERA Oscarre, segretario di legazione di prima classe; RoBECCHI Cristoforo, console generale di seconda classe; TESTA Luigi, vice console di terza classe; PREYER Giovanni, archivista; ANCARANO Alfredo, ufficiale d'ordine; OLIVIERI Luigi, ufficiale d'ordine; MORONE Vittorio, ufficiale d'ordine.

DIVISIONE II

ScHMUCKER barone Pompeo, direttore capo di divisione, fino al 21 marzo 1887; BoREA n'OLMO, marchese Giovanni Battista, direttore capo di divisione, dal 31 marzo 1887.

UFFICIO I

Corrispondenza relativa alla stipulazione ed esecuzione dei trattati e delle convenzioni commerciali di navigazione, di estradizione, consolari, monetarie, doganali, postali, telegrafiche, ecc. -Pubblicazioni ·commerciali -Bollettino consolare

BOREA n'OLMO marchese Giovanni Battista, capo di sezione, fino al 30 marzo 1887; PucciONI Emilio, capo di sezione; PELUCCHI Carlo, segretario; ROGERI DI VILLANOVA Filippo, segretario; PISANI Dossi Alberto, segretario, fino al 9 aprile 1887; CELESIA DI VEGLIASCO, barone Alessandro, applicato volontario, dal l o febbraio 1887; GALLINGANI Augusto, ufficiale d'ordine.

UFFICIO II

Corrispondenza relativa alle successioni dei nazionali all'estero ed agli

atti di stato civile fatti all'estero

ORFINI conte Ercole, capo di sezione; BERTOLLA Cesare, segretario; MINA BOLZESI Giuseppe, segretario; BARILARI Pompeo, segretario; LANDI VITTORJ Vittorio, segretario; VALENTINI Claudio, vice segretario; NOTARI Giosuè, applicato volontario, fino al 7 novembre 1886; ANIELLI Lorenzo, applicato volontario, dal lo febbraio 1887; BoNGIOVANNI Marco Federico, archivista; BENETTI Carlo, archivista; MONDINO Pietro, ufficiale d'ordine.

ISPETTORE GENERALE ONORARIO DEI CONSOLATI

NEGRI barone Cristoforo, console generale di prima classe in riposo, col titolo di inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

CONSIGLIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO PRESIDENTE

Nrcous DI ROBILANT conte Carlo Felice, ministro, fino al 4 aprile 1887; DEPRETIS Agostino, presidente del Consiglio e ministro degli esteri, dal 5 aprile fino al 29 luglio 1887.

VICE-PRESIDENTE

CADORNA Carlo, senatore del Regno, presidente del Consiglio di Stato.

SEGRETARIO

PuccrONI Emilio, capo di sezione del Ministero degli affari esteri.

CONSIGLIERI

ALFIERI DI SosTEGNO marchese Carlo, senatore del Regno; BIANCHERI Giuseppe, presidente della Camera dei deputati; BosELLI Paolo, deputato al Parlamento; CANONICO Tancredi, senatore del Regno, consigliere della Corte di cassazione di Roma; CAPPELLI Raffaele, deputato al Parlamento; CARACCIOLO DI BELLA marchese Camillo, senatore del Regno; CARUTTI DI CANTOGNO barone Domenico, consigliere di Stato; MAURIGI DI CASTEL MAURIGI marchese Ruggero; MICELI Luigi, deputato al Parlamento; MIRAGLIA Giuseppe, senatore del Regno, primo presidente della Corte di cassazione di Roma; PIERANTONI Augusto, senatore del Regno, professore di diritto internazionale nella regia università di Roma; SAREDO Giuseppe, consigliere di Stato; TABARRINI Marco, senatore del Regno, presidente di sezione del Consiglio di Stato.

COMITATO

BosELLI Paolo, CANONICO Tancredi, CARACCIOLO DI BELLA marchese Camillo, CARUTTI DI CANTOGNO barone Domenico, PIERANTONI Augusto, SAREDO Giuseppe, T ABARRINI Marco, PucciONI Emilio, segretario.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI DEL REGNO D'ITALIA ALL'ESTERO

(Situazione dal 26 luglio 1886 al 30 luglio 1887)

ARGENTINA

Buenos Aires -CovA Enrico, inviato straordinario e mmtstro plenipotenziario; FossATI-REYNERI conte Giacinto, segretario, dal 20 marzo 1887.

AUSTRIA-UNGHERIA

Vienna-NIGRA conte Costantino, ambasciatore; A VARNA DI GUALTIERI Giuseppe, segretario; BETTONI conte Vincenzo, segretario, dal 14 ottobre 1886; SERRISTORI conte Umberto, addetto, fino al 13 ottobre 1886; BONIN LONGARE conte Lelio, addetto, fino al 16 marzo 1887; PAULUCCI DE' CALBOLI marchese Raniero, addetto; Rossi ToESCA Vincenzo, addetto, dal 28 dicembre 1886; DE GREGORIO, marchese Paolo, addetto, dal 5 giugno 1887; BORROMEO ARESE conte Guido, addetto onorario, dal 17 marzo al 5 giugno 1887; CERRUTI Alberto, colonnello addetto militare.

BAVIERA

Monaco -UussE BARBOLANI conte Raffaele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE NITTO Enrico, segretario.

BELGIO

Bruxelles -MAFFEI DI BoGLIO marchese Carlo Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 9 marzo 1887; DELLA CROCE DI DoJOLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal l O marzo 1887; CANTAGALLI Romeo, consigliere; FRACASSI RATTI MENTONE conte Domenico, addetto; INCISA DI CAMERANA marchese Alberto, tenente colonnello, addetto militare (residente a Parigi).

BOLIVIA

DE GUBERNATIS Enrico, ministro residente (residente a Lima).

BRASILE

Rio de Janeiro -MARTUSCELLI Ernesto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MELEGARI Giulio, segretario.

CILE

Santiago -CARCANO Silvio, ministro residente, fino all'agosto 1886; MAGLIANO Roberto, vice console, reggente dal settembre 1886.

CINA

Pechino -DE LucA Ferdinando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTIN LANCIAREZ Eugenio, segretario, fino al 10 maggio 1887; NOCENTINI Ludovico, interprete.

COLOMBIA

Bogotà-SEGRE David, incaricato d'affari, fino al 4 settembre 1886; GLORIA conte Gaspare Michele, ministro residente, dal 5 settembre.

COSTARICA

GLORIA conte Gaspare Michele, incaricato d'affari, fino al 4 settembre 1886 (residente a Guatemala).

DANIMARCA Copenaghen -MAROCHETTI barone Maurizio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RANUZZI SEGNI conte Cesare, addetto. 788

FRANCIA

Parigi -MENABREA conte Luigi Federico, ambasciatore; RESSMAN Costantino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; POLACCO Giorgio, segretario; IMPERIALI DI FRANCAVILLA marchese Guglielmo, segretario; DE GREGORIO BRUNACCINI marchese Paolo, addetto, fino al 4 giugno 1887; F ALLETTI DI VILLAFALLETTO Paolo, addetto, fino al 14 agosto 1886; BoNIN LoNGARE conte Lelio, addetto dal 17 marzo 1887; QuARTO DI BELGIOIOSO Antonio, addetto, dal 15 agosto 1886; MENABREA conte Carlo Luigi, addetto onorario; BORROMEO ARESE conte Guido, addetto onorario, dal 6 giugno 1887; INCISA DI CAMERANA marchese Alberto, tenente colonnello, addetto militare; MIRABELLO Giovan Battista, capitano di vascello, addetto navale.

GERMANIA

Berlino -DE LAUNAY conte Edoardo, ambasciatore; RIVA Alessandro, consigliere; BOLLATI Riccardo, segretario; VINCI GIGLIUCCI conte Giulio Cesare, addetto; CuccHI BoAsso Fausto, addetto onorario; NrcoLis DI RoBILANT Mario, capitano, addetto militare.

GIAPPONE

Tokio -DE MARTINO Renato, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CASATI Luigi, interprete.

GRAN BRETAGNA

Londra -CoRTI conte Luigi, ambasciatore; CATALANI Tommaso, segretario; MALASPINA DI CARBONARA marchese Obizzo, segretario; PORCINARI marchese Filippo, addetto; SERRISTORI conte Umberto, addetto, dal 5 giugno 1887; BAROLI Carlo, addetto, dal 13 gennaio 1887; DESMÈ Giulio, addetto onorario; CANDIANI Camillo, capitano di fregata, addetto navale.

GRECIA

Atene -CURTOPASSI Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CALVI DI BERGOLO conte Giorgio Carlo, segretario; Rossi TOESCA Vincenzo, addetto, fino al 27 dicembre 1886; NOBILI Aldo, addetto, dal 28 dicembre 1886.

GUATEMALA

Guatemala -GLORIA conte Gaspare Michele, incaricato d'affari, fino al 4 settembre 1886.

HONDURAS

GLORIA conte Gaspare Michele, incaricato d'affari, fino al 4 settembre 1886 (residente a Guatemala).

MAROCCO

Tangeri -ScovAsso Stefano, inviato straordinario e mmrstro plenipotenziario; GIANATELLI GENTILE Agesilao, interprete; ToLEDANO Giuseppe, interprete.

MESSICO Messico -VIVIANI Giovan Battista, ministro residente.

MONTENEGRO Cettigne -MACCIÒ Licurgo, ministro residente.

NICARAGUA

GLORIA conte Gaspare Michele, incaricato d'affari (residente a Guatemala), fino al 4 settembre 1886.

PAESI BASSI

L'Aja -DELLA CROCE DI DoYOLA conte Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 9 marzo 1887; SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 6 maggio 1887; PANERAI Giuseppe, segretario, incaricato d'affari ad interim dal 10 marzo al 5 maggio 1887.

PERSIA Teheran -DE REGE DI DONATO Alessandro, incaricato d'affari.

PERU' Lima -DE GuBERNATIS Enrico, ministro residente. 790

PORTOGALLO

Lisbona -OLDOINI marchese Filippo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoTTA Francesco, segretario; SALLIER DE LA TouR Giuseppe, addetto, fino al 30 settembre 1886; DE NovELLIS Fedele, addetto, dal 27 ottobre 1886.

ROMANIA

Bucarest -TORNIELLI BRUSATI DI VERGANO conte Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VIGONI Giorgio, segretario; OuvoTTo Teodoro, interprete archivista; CERRUTI Alberto, colonnello, addetto militare (residente a Vienna).

RUSSIA

Pietroburgo -GREPPI conte Giuseppe, ambasciatore; GuAsco DI BISIO marchese Alessandro, segretario; BETTONI conte Vincenzo, segretario, fino al 13 ottobre 1886; F ABBRICOTTI Andrea, addetto onorario; RASPONI conte Giulio, addetto, onorario, dal 5 giugno 1887; DOGLIOTTI Giuseppe, maggiore di cavalleria, addetto militare.

SALVADOR

GLORIA conte Gaspare Michele, incaricato d'affari, fino al 4 settembre 1886 (residente a Guatemala).

SERBIA

Belgrado-GALVAGNA barone Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 6 aprile 1887; ZANNINI conte Alessandro, consigliere, incaricato d'affari ad interim fino al 5 aprile 1887; BERTI Emanuele, segretario, dal 20 febbraio 1887; DE NovELLIS Fedele, addetto, fino al 26 ottobre 1886; MARINOVICH Marco, interprete; CERRUTI Alberto, colonnello, addetto militare (residente a Vienna).

SIAM

DE LucA Ferdinando, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Pechino).

SPAGNA

Madrid-BLANC barone Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino all'11 marzo 1887; MAFFEI DI BoGuo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 12 marzo 1887; DALLA VALLE DI MIRABELLO marchese Alessandro Filippo, segretario; FRIOZZI Lorenzo, principe di Cariati, segretario, fino al 19 febbraio 1887; FRANCHETTI barone Edoardo, addetto, fino al 20 maggio 1887; QUARTO DJ BELGIOIOSO Antonio, addetto, fino al 14 agosto 1886; BRASCORENS DE SAVOIROUX conte Paolo, addetto onorario, dal 7 marzo 1887.

STATI UNITI D'AMERICA

Washington -FAVA barone Francesco Saveri o, inviato straordinario e mmtstro plenipotenziario; DE FoRESTA Alberto, segretario; FERRARA Enrico, segretario; BAROLI Carlo, addetto, fino al 12 gennaio 1887.

SVEZIA E NORVEGIA

Stacco/ma -SPINOLA marchese Federico Costanzo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 25 aprile 1887; BoTTARO COSTA conte Francesco, segretario, dal 28 dicembre 1886, incaricato d'affari ad interim dal 26 aprile 1887.

SVIZZERA

Berna -FÈ D'OsnANI conte Alessandro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BECCARIA INCISA Carlo Emanuele, segretario; BERTI Emanuele, segretario, fino al 19 febbraio 1887; FRIOZZI Lorenzo, principe di Cariati, segretario, dal 20 febbraio 1887; NOBILI Aldo, addetto, fino al 27 dicembre 1886; VISONE conte Vincenzo, addetto; SALLIER DE LA TouR conte Giuseppe, addetto, dal lo ottobre 1886; INCISA DJ CAMERANA marchese Alberto, addetto militare (residente a Parigi).

TURCHIA

Costantinopoli -GALVAGNA barone Francesco, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario reggente, fino al 27 marzo 1887; BLANC barone Alberto, ambasciatore, dal 28 marzo 1887; TuGINI Salvatore, segretario; GALLINA conte Giovanni, segretario; FRANCHETTI barone Edoardo, addetto, dal 21 maggio 1887; FALLETTI DI VILLAFALLETTO conte Paolo, addetto, dal 15 agosto 1886; BRUNO Luigi, addetto; CATALANO GoNZAGA Clemente, duca di Cirella, addetto onorario, fino al 14 gennaio 1887; VERNONI Alessandro, interprete; GRAZIANI Edoardo, interprete; BARONE Antonio, interprete; CHABERT Alberto, interprete; CANGIÀ Alfredo, interprete.

EGITTO

Cairo -DE MARTINO Giuseppe, agente e console generale per l'Egitto.

TUNISIA

Tunisi -MALMUSI Giulio, agente e console generale; JoNA Giulio, vice console; MARAZZI conte Gerolamo, applicato volontario, fin al 17 novembre 1886.

BULGARIA

Sofia -GERBAIX DE SoNNAZ Carlo Alberto, agente e console generale; AcTON Enrico, vice console; CuGIA Raffaele, capitano d'artiglieria, segretario; BoTTAuco Enrico, interprete; PESARO Armando, interprete.

URUGUAY

Montevideo -ANFORA m LICIGNANO duca Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GALLETTI-CAMBIAGI Arturo, addetto, fino al 22 marzo 1887.

VENEZUELA

Caracas-BENSAMONI Giuseppe, incaricato d'affari, dal 25 novembre 1886 ministro residente.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE PRESSO IL RE D'ITALIA

(Situazione dal 26 luglio 1886 al 30 luglio 1887)

Argentina -DEL VIso Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MONTERO J. Belisario, primo segretario; DEL VIso Antonio junior, secondo segretario; DEL VISO Felipe, addetto militare; SusiNI Antonio, colonnello, addetto militare.

Austria-Ungheria -VON LUDOLF conte Immanuel, ambasciatore, fino al 27 dicembre 1886; VON BRUCK, barone Karl, ambasciatore dal 28 dicembre 1886; VON RosTY Sigmund, consigliere, sostituito da VON GOEDEL-LANNOY Emil, consigliere; BLUDHORN Eugen, consigliere; EPERJESY VON SZASZVAROS UNO Ton Albert, segretario sostituito da VELICS VON LASZLOFALVA Alojos, segretario; VON WYDENBRUCK conte Christoph, segretario; VON SzEMERE Nikolaus, segretario; SzECHENYI conte Immanuel, addetto, sostituito da SzAPARY conte Peter, addetto; FORSTNER VON BILLAU Franz, colonnello, addetto militare.

Baviera -VON MoY conte Karl, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VON TucHER Heinrich, primo segretario.

Belgio -VAN Loo AuGUST, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; LE GHAIT Alfred, consigliere; DE BARÉ DE COMOGNE visconte Henri, segretario, sostituito da DE VIRECK DE DEux 0RP barone Charles, segretario.

Brasile-LOPEZ NETTO Felipe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE CARVALHO-MOREIRA Arturo, segretario; PEREIRA DA CosTA MoTTA José, addetto.

Cile -MATTA Guillermo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Cina -Hsu CHING CHENG, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Berlino); TcHING TcHANG, segretario; KREYER C.T., segretario interprete; SEN TIEN TsuNG, addetto interprete.

Danimarca -DE HEGERMANN-LINDENCRONE Johan Enrick, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Francia-DE MouY conte Charles, ambasciatore; GÉRARD Auguste, consigliere; DE LAVAUR DE SAINTE-FORTUNADE visconte Henri, primo segretario; PASTEUR Jean-Baptiste, secondo segretario; DE TENAILLE SALIGNY Xavier, terzo segretario; o'AssiER DE VALENCHES Maurice, terzo segretario; DECRAIS Jean, addetto, fino al 7 novembre 1886; DE Mouy visconte Roger, addetto dall'8 novembre 1886; DAMPIERRE barone Pierre, addetto; DE LA TouR barone Ernest, addetto dal 12 marzo 1887; GIRARD PINSONNIÈRE Félix, comandante, addetto militare; LE LÉON Eugène, tenente di vascello, addetto navale.

Germania -VON KEuoELL Robert, ambasciatore, fino al 19 giugno 1887; VON SoLMS SoNNEWALOE conte Eberhard, ambasciatore dal 20 giugno 1887; ARCO VALLEY conte Ludwing, consigliere, fino al settembre 1886; VON DER GoLTZ conte Karl, consigliere dall'ottobre 1886; HENKEL VON DoNNERSMARCK conte Viktor, segretario dall'pttpbre 1886; sostituito da HILBERG-GODEFROY Theodor, segretario; VON BOLOW Alfred, secondo segretario; voN ARNIM Hans, addetto, sostituito da VON ZEDLITZ UNO TRUTRISCHLER conte Robert, addetto; VON HALZAN conte Andreas, addetto; VON ENGELBRECHT Karl, maggiore, addetto militare.

Giappone -TANAKA Fujimaru, inviato straordinario e mm1stro plenipotenziario; KUROKAVA Seitiro, consigliere; DI SIEBOLD barone, segretario onorario, sostituito da AMANO Koziro, addetto; ICHIKU Massakata, addetto.

Gran Bretagna -LUMLEY sir John Saville, ambasciatore; KENNEDY John Gordon, primo segretario; DENYS sir Francis, secondo segretario; ADAM Frederic, secondo segretario; NELTHORPE Beauclerk William, secondo segretario; CLARKE THORNILL Bryan, terzo segretario; HOWARD E., addetto; COEY KANE Henry, capitano di vascello, addetto navale, sostituito da DoMVILLE William Henry, capitano di vascello, addetto navale.

Grecia -PAPARIGOPOULOS Michele J., ministro residente; KIRGOUSSIOS Joannis, primo segretario.

Messico-SANCHEZ-AZCONA Juan, ministro residente; HIJAR Y HARO Juan Bautista, primo segretario; COVARRUBIAS Miguel, secondo segretario; BALANDRANO Dario, addetto.

Monaco -BENTIVOGLIO-MIDDLETON conte Henri, incaricato d'affari; FURSE Edouard, segretario.

Paesi Bassi -VAN WESTENBERG Bernhard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; VAN EYS VAN LIENDEN I.C.N., segretario.

Perù-CANEVARO José Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 26 maggio 1886; SoYER Y LAVALLE Manuel, primo segretario; DE LA FUENTE Gustavo, secondo segretario; DE ALTHAUS Augusto, colonnello, addetto militare.

Portogallo -DE CARVALHO Y VASCONCELLOS Mateu, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE SouzA PREGO Ezequiel, secondo segretario; DE SÀ NOGUEIRA Miguel, addetto militare.

Romania -DE PLAGINO Aleksandru, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RossETTI-SOLEsco Giorgio, primo segretario; PERTICARI Demetriu, secondo segretario.

Russia -D'UXKULL GYLLENBANDT barone Karl, ambasciatore; DE MEYENDORFF barone Ernest, consigliere; BERATOV principe Nikolaj, primo segretario; DE STACKELBERG barone Aleksander, secondo segretario, sostituito da BAGGOVOUT Victor, secondo segretario; DE WAGNER Eugenij, addetto; BouTOURLINE conte Pjotr, addetto, sostituito da NoviKOW Nikolaj, addetto; FERSEN conte Nikolaj, addetto, RosEN barone Grigorij, colonnello, addetto militare; DE LUTKE conte Konstantin, agente navale.

Serbia -PAVLOVIé Giorgij, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CHRISTié Milan, segretario.

Siam -PRISDANG principe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario (residente a Londra); PHRA DARUM Raksa, primo segretario.

Spagna -RASCON conte Juan Antonio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEL ARCO Luis, primo segretario, fino al l o di novembre 1886; GIL DE URIBERRY Ramiro, primo segretario, dal 2 dicembre 1886; ARROYO Juliàn, secondo segretario, fino al l o agosto 1886; PASTOR Y BADOYA Manuel, secondo segretario, dal 2 agosto 1886; LEAL Julio, terzo segretario; CARVAJAL Manuel, addetto, fino al 30 giugno 1887; DE AGUIRRE Ernesto, colonnello, addetto militare.

Stati Uniti d'America -STALLO John Bernard, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DouGHERTY C.A., segretario.

Svezia e Norvegia -LINDSTRAND Francesco Teodoro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Svizzera -BAVIER Simon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PIODA Jean Baptiste junior, consigliere; SERMENT Albert, segretario.

Turchia -PHOTIADES Yanko pascià, ambasciatore; MIHRAN effendi, consigliere; PHOTIADES Stephanaki bey, primo segretario; HALID bey, secondo segretario; EMIN bey, segretario; CHAKIR bey, maggiore, addetto militare; ALì RIZA effendi, capitano di marina, addetto navale.

Uruguay -ANTONINI Y Dmz Paulo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROVIRA Enrique, segretario; ARTEAGA Juan Antonio, addetto; CASALIA Y GINESTRA Josè, addetto.